Guadagni favolosi con la Borsa 2021
 

In chat, al bar o al ristorante, negli ultimi mesi c’è sempre qualcuno che racconta dei suoi “guadagni di Borsa nel 2021”.

Nuova auto, nuova barca, nuova casa, e tutto pagato dalla Borsa che sale (oppure, magari, dal Bitcoin).

Non è la prima occasione nella quale noi ci troviamo ad affrontare, da professionisti, una situazione come questa: nel passato, ce ne furono altre e noi le ricordiamo perfettamente.

Mai, non oggi e non nelle precedenti occasioni, questi “vincitori della Lotteria” hanno documentato le loro favolose “vincite”, almeno davanti a noi.

Molti sono invece quelli che, in passato, davanti a noi hanno piano (lacrime vere) sulle perdite che poi sono maturate.

Non parliamo qui di minusvalenze, bensì di perdite. Sono due cose diversissime.

E proprio per questo, anche questa volta, invece di credere a quello che ci viene raccontato in chat oppure al bar, noi di Recce’d utilizziamo la nostra capacità di giudizio chiedendoci se quelle “vincite alla Lotteria della Borsa” non siamo piuttosto soldi che derivano da una truffa di massa allo Stato (quella dell’immagine qui vicino, e che tutti voi bene conoscete).

Quando uno Stato mette in atto manovre cosiddette “di stimolo a pioggia”, ma non ha poi ovviamente le risorse, ed il tempo, per controllare, ci si trova poi sempre di fronte a notizie come queste.

Si poteva prevederlo..

E tutto questo allo scopo di “fare credere in una ripresa che non c’è”. Come di recente è stato scritto molto lucidamente, proprio in merito agli stimoli al settore immobiliare italiano, anche dall’ex Ministro del Tesoro Tremonti.

Torniamo ai “guadagni da favola”: anche il vostro, cugino, il collega ed il vostro vicino di casa, nel 2021, hanno fatto “favolosi guadagni” in Borsa e con il Bitcoin, non è vero?

E’ molto facile, raccontare al bar di favolosi guadagni, quando c’è lo Stato che regala i soldi a pioggia. Che siano stati fatti in Borsa, o con le truffe, quello non è possibile verificarlo, dal bar.

Il 2022, lo avete già visto con i vostri occhi, genera minore entusiasmo collettivo: il vicino ed il collega (almeno, fino ad oggi) nel 2022 non hanno cambiato la macchina, non hanno comperato la barca, non hanno cambiato casa.

Auguriamoci che adesso, che ci sono da pagare le tasse, lo Stato faccia pagare queste tasse (che aumentano ed aumenteranno) a questi vostri amici e colleghi, e proprio con i loro favolosi guadagni: magari, perché no, rinunciando alla loro barca ed alla loro casa nuova. Purtroppo, la “tassa” dell’inflazione invece la dobbiamo pagare tutti noi, e non soltanto quelli che hanno fatto per conto nostro scelte sciagurate e dannose, mal calcolate e imprudenti, spregiudicate e sbagliate, come questo Blog affermava 24 mesi fa..

Purtroppo, per pagare tutte queste tasse nel 2022 (ma pure nel 2023) non si potranno più utilizzare quei “favolosi guadagni” sul Bitcoin e su Tesla.

Ma attenzione: sicuramente nel 2022 ci saranno alcuni investitori che guadagnano, e molto bene. Ma di certo non saranno le medesime persone che ci raccontavano dei loro “favolosi guadagni 2021”.

Guadagni che … forse, però, non ci sono mai stati, davvero.

Guadagni … solo al bar.

Mercati oggiValter Buffo
"La vicenda Ucraina non creerà problemi ai mercati finanziari"
 

Chiariamo subito che quello che dice il titolo qui sopra non è il pensiero di noi in Recce’d: è invece quello lo dicono TUTTE le banche globali di investimento, e tutte le Reti che in Italia vendono polizze UCITS e Fondi Comuni (come Mediolanum, Fideuram, FINECO, Generali, Allianz, Azimut e tutte le altre).

Il titolo del Post non riporta quindi il nostro pensiero, è il pensieri degli altri, o meglio dell’industria dei Fondi Comuni e delle banche di investimento: un modo di pensare che merita la nostra e la vostra attenzione, perché ci è utile per ragionare ancora con i lettori del Blog sul tema della “narrativa dominante”, come noi abbiamo fatto qui nel Blog più di una volta, ed anche nel corso del 2022.

L’ucraina ci fornisce un eccellente esempio, e noi abbiamo preso, come caso da analizzare, un articolo, molto ben scritto e molto interessante, pubblicato proprio questa settimana dal New York Times, il quotidiano più autorevole al Mondo.

Di Ucraina noi abbiamo già scritto, ed ogni giorno, nel corso della settimana appena conclusa, ai nostri Clienti nel nostro quotidiano The Morning Brief. Dove è stato citato anche questo articolo, che qui riportiamo per intero.

Vi lasciamo alla lettura integrale dell’articolo, nella sua lingua originale. Riconosciamo subito, che si tratta di un eccellente inquadramento della questione “che cosa fare dei propri investimenti dopo che la Russia ha invaso l’Ucraina”. Vengono toccati (quasi) tutti i punti di rilievo per le scelte di investimento da fare oggi (ieri).

Il punto, come vedremo, è che tutti vengono toccati nel modo più sbagliato: per noi investitori.

Più in basso vi proponiamo alcune nostre osservazioni a questo proposito3.

By Jeff Sommer

Feb. 22, 2022

Global markets usually weaken as wars approach, strengthen long before wars end and treat human calamity with breathtaking indifference.

That’s been a common historical pattern, anyway. And, with some important caveats, it seems to be playing out with Russia’s latest aggression toward Ukraine.

President Vladimir V. Putin of Russia has already rattled stock, bond and commodity markets around the world. On Tuesday, U.S. stocks stumbled, with the S&P 500 falling 1 percent, into what Wall Street calls a correction — a decline of least 10 percent from the most recent high.

The escalating conflict has shifted the value of mutual funds and exchange-traded funds in millions of retirement accounts, even for people who have not thought deeply about Eastern Europe and who have never invested directly in oil, gas or other commodities.

Mr. Putin’s announcement on Sunday that he was recognizing the sovereignty of two Russian-dominated breakaway Ukrainian regions and ordering the dispatch of Russian troops represented a serious increase in the risks of a much wider war.

Where the conflict may be heading exactly isn’t clear, but the short-term market implications are. “The near-term consequences for markets are relatively simple,” said Claus Vistesen, chief eurozone economist for the research firm Pantheon Macroeconomics. “Energy prices will keep rising, and equities will keep falling.”

Pockets of profit

Not all stocks have been falling, of course. Rising oil and gas prices have bolstered the S&P 500’s energy sector, the best performer this year, with a return of 21.8 percent through Monday. This came even as the overall index, which often serves as a proxy for the entire stock market, has fallen 8.8 percent.

Energy companies like Halliburton, Occidental Petroleum and Schlumberger are leading the S&P 500. And American investors have nearly $140 billion stashed in commodity E.T.F.s, mainly those focused on energy, like the $35 billion Energy Select SPDR Fund, which has returned 23.4 percent through Monday.

But the overall stock market has been afflicted by multiple troubles: fears of rising interest rates, sizzling inflation and continuing supply-chain bottlenecks. Russian threats to Ukraine are likely to whipsaw the market further.

Even so, long-term investors with well-diversified portfolios of stocks and high-quality bonds — whether held directly or through low-cost mutual funds and exchange-traded funds — will probably be able to ride out this crisis, as they have so many others.

While stocks often fall amid global turmoil, U.S. Treasury bonds tend to rally as investors seek havens and drive up their prices. Bond prices and yields move in opposite directions, and because interest rates are rising, Treasuries have declined in value this year. But in a major stock downturn, they usually provide a short-term buffer for portfolios that contain them.

Riding out a storm in the stock market has been a good strategy over the long term. One year after the 1941 bombing of Pearl Harbor, the S&P 500 gained 15 percent. A year after the U.S. invasion of Iraq in 2003, it was up 35 percent. History shows that just one year after most stock-market-shattering crises, the S&P 500 stock index has risen.

The stock market during the Cold War

The Russian hostilities in Ukraine could be the start of something much bigger: a geopolitical shift that plunges the world into a 21st-century version of the Cold War. But even if that’s the case, the hard numbers suggest that the financial implications for prudent, diversified investors who live far from immediate danger zones may not be all that severe.

The Cold War was destructive and debilitating for vast populations, but it was an excellent period for stock investors. Even during recessions and regional wars, the Dow Jones industrial average turned in an outstanding performance.

Here are the numbers, which I calculated over the long Presidents’ Day weekend:

From President Truman’s March 17, 1948, speech to Congress criticizing what he called the Soviet Union’s expansion of Communism in Eastern Europe, until the end of December, 1991, when the Soviet Union ceased to exist, the Dow returned 10.05 percent, annualized. In the roughly 30 years since then, through Friday, the Dow returned 10.77 percent, annualized, a bit better than during the Cold War, but not by much.

The immediate market effects

The price of oil is already steep: approaching $100 a barrel, from about $65 a year ago. It is likely to soar higher, especially if Russia mounts a full-scale invasion and, in return, faces harsh financial sanctions by the United States and its allies.

Oil prices are already painful for consumers. They are reflected in the most salient marker of inflation in the United States, the cost of gasoline, which already averages $3.53 a gallon, according to AAA. Inflation is already 7.5 percent, a 40-year high in the United States.

As Caroline Bain, chief commodities economist for the research firm Capital Economics, wrote on Feb. 16: “Much would depend on whether Western sanctions are placed on Russian energy companies and/or Russia decides to withhold energy supply to the West.” In a worst-case outcome, she said, “oil and gas prices could easily double temporarily and the impact on gas prices could last for longer.”

That said, Capital Economics and many other analysts view so severe an outcome as unlikely. Even if energy prices continue to spike — largely because of speculation in financial markets — they are likely to decline quickly, based on fundamental supply and demand, said Edward L. Morse, global head of commodities research at Citigroup and a former deputy assistant secretary of state for international energy policy.

He said it was unlikely that there would be a significant, long-term “disruption in supply of Russian oil or natural gas,” essentially because cutting off the flow of Russian exports is not in the interest of either Russia, European consumers or the United States.

Mr. Morse projects a decline in oil prices by the end of this year to less than $65 a barrel, with extra supplies probably coming from Iraq, Venezuela, the United States, Canada and Brazil. And a U.S.-Iran diplomatic deal could add more than one million barrels a day.

If the Federal Reserve and other central banks go ahead and tighten monetary policy to curb inflation, the economy will cool off, reducing demand for energy, all of which would add to the momentum of a reduction in energy prices, Mr. Morse said.

Hedge your bets

The economic damage caused by the conflict could spiral in unexpected ways. “The biggest danger, of course, is the unintended consequences that we’re bound to see,” Mr. Morse said.

Russia isn’t just a heavyweight in energy production, where it ranks third in petroleum (behind the United States and Saudi Arabia) and second in natural gas (behind the United States), according to the U.S. Energy Information Administration.

It is also one of the world’s most important producers of minerals and metals like platinum, nickel, aluminum cobalt, copper and gold and diamonds. Prices of these commodities have been rising, but that’s the least of it. Shortages of Russian commodities could cause further supply-chain bottlenecks in the United States.

Russia ranks No. 1 in production of palladium, for example, a critical component of the catalytic converters required to reduce emissions in gasoline-powered cars, whose rising prices have already contributed to a surge in American inflation. Much of Russia’s palladium is mined by Norilsk Nickel, which could be included on Western sanctions lists.

On Tuesday, Chancellor Olaf Scholz of Germany put a stop to the Nord Stream 2 natural gas pipeline linking Germany to Russia. But it will be challenging for policymakers to calibrate further sanctions and monetary policy in a manner that satisfies Western geopolitical objectives without damaging the global economy.

Economics aside, Russia’s grievances with the West have already led to a partial rapprochement with China. If that evolves into a strong alliance, it would shift the balance of global power in a direction that generations of Western strategists have tried to prevent.

“This crisis is a trip back to the future,” Ian Bremmer, president and founder of the risk consultancy firm Eurasia Group, said in a video conversation from the Munich Security Conference last week. Russia’s actions have moved the world closer to a great-power military conflict than at any time since the end of the Soviet Union.

The possibility of a confrontation between NATO forces and Russia, with its nuclear arsenal, raises the risks of the Ukraine crisis beyond rational calculation.

Even so, the markets will perform those calculations anyway.

History tells us that the worse things get, the more valuable cash and Treasuries seem. And it also says that Cold Warriors who stuck with the stock market ended up with big fat portfolios.

That’s likely to be the case in the future, too. But it’s impossible to be certain of it.

Allo scopo di confrontarci con i nostri lettori sui contenuti di questo articolo del New York Times, che ben rappresenta la “narrativa dominante “ sul tema “Ucraina e mercati”, ne abbiamo tradotti per voi due brani, che a noi sono sembrati i più significativi.

Ecco qui di seguito il primo dei due brani tradotto in italiano.

I mercati globali di solito si indeboliscono con l'avvicinarsi delle guerre, si rafforzano molto prima che le guerre finiscano e trattano le calamità umane con un'indifferenza mozzafiato. Questo è stato un modello storico comune, comunque. E, con alcuni importanti avvertimenti, sembra che si stia svolgendo l'ultima aggressione della Russia nei confronti dell'Ucraina.

Il presidente Vladimir V. Putin della Russia ha già sconvolto i mercati azionari, obbligazionari e delle materie prime in tutto il mondo. Martedì, le azioni statunitensi sono inciampate, con l'S&P 500 in calo dell'1%, in quella che Wall Street chiama una correzione: un calo di almeno il 10% dal massimo più recente. L'escalation del conflitto ha spostato il valore dei fondi comuni di investimento e dei fondi negoziati in borsa in milioni di conti pensionistici, anche per persone che non hanno riflettuto profondamente sull'Europa orientale e che non hanno mai investito direttamente in petrolio, gas o altre materie prime.

Non è chiaro dove possa dirigersi esattamente il conflitto, ma lo sono le implicazioni di mercato a breve termine. "Le conseguenze a breve termine per i mercati sono relativamente semplici", ha affermato Claus Vistesen, capo economista dell'eurozona per la società di ricerca Pantheon Macroeconomics. "I prezzi dell'energia continueranno a salire e le azioni continueranno a scendere".

Ma il mercato azionario in generale è stato afflitto da molteplici problemi: timori di aumento dei tassi di interesse, inflazione frizzante e continui colli di bottiglia nella catena di approvvigionamento. È probabile che le minacce russe all'Ucraina colpiscano ulteriormente il mercato. Anche così, gli investitori a lungo termine con portafogli ben diversificati di azioni e obbligazioni di alta qualità - detenuti direttamente o tramite fondi comuni di investimento a basso costo e fondi negoziati in borsa - saranno probabilmente in grado di superare questa crisi, poiché hanno così molti altri.

Mentre le azioni spesso cadono in mezzo alle turbolenze globali, i buoni del Tesoro statunitensi tendono a salire mentre gli investitori cercano rifugi e fanno salire i loro prezzi. I prezzi e i rendimenti delle obbligazioni si muovono in direzioni opposte e, poiché i tassi di interesse stanno aumentando, il valore dei Treasury quest'anno è diminuito. Ma in un'importante flessione dei titoli, di solito forniscono un buffer a breve termine per i portafogli che li contengono.

Superare una tempesta nel mercato azionario è stata una buona strategia a lungo termine. Un anno dopo il bombardamento di Pearl Harbor nel 1941, l'S&P 500 guadagnò il 15%. Un anno dopo l'invasione americana dell'Iraq nel 2003, è aumentato del 35%. La storia mostra che solo un anno dopo la maggior parte delle crisi sconvolgenti del mercato azionario, l'indice azionario S&P 500 è aumentato.

Trovate, nell’articolo del New York Times, sintetizzata alla perfezione la classica “retorica del promotore finanziario”, laddove si dice che “nel lungo periodo, le azioni salgono sempre”, ed anche che “per proteggersi dai rischi, bisogna aumentare le obbligazioni in portafoglio” e poi che “nel breve periodo ci saranno ribassi delle azioni, ma soltanto temporanei”.

Perché a voi vengono raccontate queste cose, offerte come certezze?

Il promotore finanziario (wealth manager, family banker o robot advisor) l’importante è vendere. Vendere a voi. Ormai lo avete ben compreso. E per Goldman Sachs o Morgan Stanley, il compito è vendere: ma loro vendono ai private bankers ed alle loro Reti di vendita.

Il singolo private banker non ha la minima idea di quello che succederà: in Ucraina, sui mercati o nelle economie. Lui sa che deve vendere, assolutamente: il suo reddito si basa sulla vendita.

E quindi, arriva a casa vostra con tanti grafici colorati sugli ultimi cinquanta o cento anni delle Borse.

Chi tra di voi è bene informato, e ragiona ancora con la sua testa in modo autonomo dalla “narrativa dominante”, ha sicuramente colto tanti segnali che dicono che siamo arrivati ad un punto di svolta: sicuramente, molti di voi hanno capito che guardare agli ultimi cinquanta anni, dei mercati e non solo, per immaginare i prossimi cinquanta anni, è totalmente sbagliato.

Ma soprattutto, oggi, nel mercato di oggi, è del tutto sbagliato ragionare su un orizzonte “di lungo termine” per i propri investimenti. Noi non siamo del parere che si guadagnano soldi facendo trading on line (e i dati supportano da sempre la nostra opinione), ma allo stesso tempo siamo certi che ragionare “sui prossimi dieci anni” nella costruzione del proprio portafoglio di investimenti finanziari è oggi un errore gravissimo.

Le ragioni, ve le abbiamo già fornite in precedenza, anche attraverso questo Blog che state leggendo: sono ragioni forti, sulle quali è basata per intero la nostra strategia di investimento: che sicuramente non è “la strategia di una giornata”, o una settimana, o un mese, ma neppure una strategia “per i prossimi dieci anni”.

Quando la fase di mercato che attualmente è in corso si chiuderà (e non dipende, per nulla, dall’Ucraina), noi chiuderemo tutte le posizioni, con profitto per il Cliente. E poi, il portafoglio lo si rifarà partendo da zero: senza un vincolo a una pre-definita asset allocation, bensì guardano alla nuova realtà.

A questo proposito, di quello che fecero le Borse, oppure le obbligazioni, dopo Pearl Harbor, a noi sul piano dell’operatività oggi importa tanto quanto sapere che cosa successe ai Buoni del Tesoro francesi dopo Waterloo. Ovvero: nulla.

Passiamo poi alla lettura di un secondo brano che abbiamo tradotto, sempre dall’articolo del The New York Times.

Nel brano che segue, il New York Times richiama (a nostro giudizio opportunamente) la vostra attenzione di lettori sull’equilibrio geopolitico globale, che è in una fase di profonda trasformazione. Ma non c’è solo questo: a noi risulta molto significativo il fatto che noi gestori di portafoglio (professionali o privati) facciamo ogni giorno un lavoro, a volte estenuante, per conciliare eventi irrazionali con mercati finanziari che alla fine rimangono sempre il prodotto di calcoli razionali.

E’ proprio questa, detta in estrema sintesi, l’attività che ogni giorno fa Recce’d: è proprio questo il servizio, di elevata qualità, che ogni giorno noi di Recce’d produciamo a favore dei nostri Clienti.

Da questo lavoro derivano i risultati, sia di rischio sia di rendimento, che noi abbiamo prodotto e produrremo anche in futuro.

Più sotto, come chiusura, noi vi parliamo del tema (secondario) dell’Ucraina.

Economia a parte, le lamentele della Russia con l'Occidente hanno già portato a un parziale riavvicinamento con la Cina. Se ciò si evolvesse in una forte alleanza, sposterebbe l'equilibrio del potere globale in una direzione che generazioni di strateghi occidentali hanno cercato di impedire. "Questa crisi è un viaggio nel futuro", ha affermato Ian Bremmer, presidente e fondatore della società di consulenza sui rischi Eurasia Group, in una conversazione video della Conferenza sulla sicurezza di Monaco la scorsa settimana.

Le azioni della Russia hanno avvicinato il mondo a un conflitto militare di grande potenza che mai dalla fine dell'Unione Sovietica. La possibilità di un confronto tra le forze NATO e la Russia, con il suo arsenale nucleare, solleva i rischi della crisi ucraina oltre ogni ragionevole calcolo.

Anche così, i mercati eseguiranno comunque quei calcoli. La storia ci dice che più le cose peggiorano, più il denaro contante e i buoni del tesoro sembrano preziosi. E dice anche che i Cold Warriors che sono rimasti con il mercato azionario si sono ritrovati con grandi portafogli grassi. È probabile che sia così anche in futuro. Ma è impossibile esserne certi.

Chiudiamo sull’Ucraina: non vorremmo che anche un solo e isolato lettore del Blog si sentisse autorizzato a credere che noi cerchiamo di evitare l’argomento.

E allora: che cosa pensiamo dell’Ucraina, sulla base dei fatti che tutti abbiamo visto ad oggi, 26 febbraio 2022?

Vogliamo rispondere nel modo più chiaro possibile: per questo noi, qui sotto, facciamo rispondere a Morgan Stanley.

Mercati oggiValter Buffo
Il tetto va sistemato d'estate quando c'è il sole
 

Non è nelle nostre capacità di scrivere una più concisa, più chiara e più utile descrizione dello stato dei mercati finanziari globali nel febbraio 2022 di quella pubblicata sul Financial Times da Mohamed El Erian, che vi riproponiamo in lettura qui di seguito, senza aggiungere commenti che non sono necessari.

Più in basso, riprendiamo il nostro discorso con altri argomenti.

The writer is president of Queens’ College, Cambridge, and an adviser to Allianz and Gramercy

It is tempting to pin the recent volatility in markets only on the fluidity of the Russia-Ukraine situation. After all, every day we seem to get competing indications of a stand-off that confronts Europe with the highest possibility of an armed conflict with Russia since the collapse of the Soviet Union.

After an initial flurry of activity, markets settled into mostly trading the conflict within a range bounded by the hope of an eventual diplomatic resolution and the more protracted period of “no peace and no war”. This has accounted for most of the daily volatility in the main US stock indices in the past few weeks when we have seen swings of 0 to 1.5 per cent.

The stronger moves occurred when markets sensed the possibility of a decisive move towards one of these bookends. After all, depending on which scenario is in play, the global economy would either benefit from a sharp reduction in commodity prices or, at the other end, deal with a major stagflationary shock.

But this should not blind us to two important structural issues that will be with us for a while, almost regardless of how the conflict plays out.

First, markets are losing the anchor of abundant and predictable liquidity provided by central banks. This unifying theme proved an extremely powerful driver to repress volatility, insulating markets from a wide range of worries while driving asset values higher. With a US Federal Reserve belatedly seeking to tackle high and persistent inflation, markets must now navigate a fundamental shift in their liquidity regime. This involves not only higher interest rates but also a contraction in the Fed’s $9tn balance sheet. Equity valuations may be more attractive than they were a few weeks ago but have not reached the level needed to constitute an obvious standalone and generalised investment case to buy stocks.

This is not to say that markets are without anchors. Solid corporate earnings and behavioural conditioning of investors tempted to ‘buy the dip’ are still in play.

But these are inherently less strong and highly sensitive to the Fed being able to deliver an economic soft-landing. The likelihood of this has been significantly undermined by the extent to which the Fed first mischaracterised inflation and then dithered in adjusting policies. Even today with 7.5 per cent consumer price inflation, the Fed is still injecting liquidity into the economy.

I would estimate the probability of a comfortable soft landing for the economy and markets over the next 12 months at 10 per cent, well below three other macroeconomic scenarios.

  1. One is that economic growth is severely damaged by a late Fed that is forced into slamming on the policy brakes in response to persistently high inflation (40 per cent probability).

  2. Another is a Fed that gives up for now on its inflation objective in the hope that exogenous favourable developments will emerge such as a productivity surge or fast-healing supply chains, helping to accommodate rising labour costs (30 per cent).

  3. A third scenario is stagflation (20 per cent), the most worrisome outcome for livelihoods, financial stability and policy effectiveness.

The second structural factor overhanging markets is the structural erosion of market liquidity. The past decade has seen a significant reduction in the risk absorption capacity of markets as intermediaries have been both less able and less willing to expose their balance sheets. This has coincided with an enormous expansion in the size of asset holders who deal through those intermediaries. As such, this mismatch in supply and demand can lead to big market moves. or ‘price gapping’, whenever there is a change in conventional wisdom, a phenomenon that has been visible not only for individual stocks but also for other market segments. Now lacking a strong unifying theme and navigating a wide range of potential macro scenarios without a first best Fed policy option, stocks will remain sensitive not just to the vagaries of the news on Russia-Ukraine, but also other factors such as competing remarks by central bankers and data releases that are significantly different from the median forecast.

This requires investors to anticipate more unsettling volatility and have a strong stomach for dealing with it (remember, many of the major investment mistakes occur at such times). It also warrants favouring individual name selection over indices, and subjecting holdings to granular quality reviews on a much higher frequency basis than has been warranted in recent years.

Tutto spiegato in modo semplice, chiaro, ed efficace. Nulla da aggiungere, a questo proposito: per noi investitori, c’è ben altro a cui guardare OLTRE gli eventi in Ucraina, nel 2022.

Proseguiamo però in questo Post, e portiamo alla vostra attenzione un secondo, altrettanto recente, articolo del medesimo autore, allo scopo di completare per voi il quadro: il precedente contributo vi è stato utile come perfetta descrizione dello stato attuale dei mercati finanziari e delle economie, mentre qui ci occupiamo delle prospettive.

Noi, delle prospettive così come El Erian le qualifica oggi, ve ne avevamo scritto sei mesi fa nel Blog (ed ovviamente, ai nostri Clienti ne abbiamo illustrato tutte le implicazioni per la gestione ottimale del portafoglio di investimenti finanziari).

Ovviamente il nostro amico El Erian scrive meglio di noi, ed è più autorevole di noi: quindi, per quelli tra i nostri lettori che sei mesi fa non avevano prestato la giusta attenzione al nostro argomento, ecco che la lettura dell’articolo seguente, che è un secondo articolo del medesimo autore, pubblicato la settimana scorsa, sarà sicuramente di una grande utilità pratica.

Vi sarà utile perché mentre il vostro private banker, il vostro family banker, il vostro promotore finanziario, il vostro robo-avisor cercherà di convincervi che “tutto dipende da quello che succede in Ucraina”, voi sarete in grado di spostare il vostro sguardo verso quello che davvero a voi interressa. verso i fattori che possono farvi guadagnare soldi oppure perdere soldi, nel 2022 e nel 2023 e nel 2024.

By

Mohamed A. El-Erian

22 febbraio 2022, 11:46 CET

“Fix the roof while the sun is shining.” This often-repeated advice from Christine Lagarde, then managing director of the International Monetary Fund, wasn’t heeded by enough policy makers in the years before the current rise in Russia-Ukraine tensions. Now, the global economy has less policy flexibility to deal with a possible stagflationary shock, and central banks have few good options to counter possible financial market malfunction that would amplify economic challenges.

The Federal Reserve, the world’s most powerful central bank, is a leading example of this syndrome of limited policy flexibility. Having missed multiple windows for orderly normalization, it finds itself in the midst of rising geopolitical strains with already very low interest rates and a bloated balance sheet. Making things more challenging, the Fed has eroded its inflation credibility and lost control of the monetary policy narrative.

This is a most unfortunate situation in the face of a possible stagflationary shock that would weaken global growth and give another impetus to inflation should a more significant armed conflict erupt between Russia and Ukraine — one that would likely lead to a spike in prices of energy and some other commodities, a proliferation of economic and financial sanctions, and a decline in both household and business confidence. It would be even worse if the functioning of financial markets were to be stressed — regrettably, a material risk for at least three important reasons:  

  • First, conditioned by massive and predictable injections of liquidity, risk-taking has been significant, with quite a few investors venturing far and wide in search of higher returns.

  • Second, the last decade has witnessed a growing imbalance between the increasing size and diversity of asset holders and the reduced ability of the system to accommodate a sudden generalized shift in the markets’ conventional wisdom.

  • Third, the QE-induced shift of “safe assets” from markets to central bank balance sheets has limited investors’ ability to “self-insure” in a timely fashion.

The risk of disruptions to the smooth functioning of financial markets is not accompanied by Fed policy flexibility to act. Rates are still floored at zero and the ever-growing balance sheet is already near $9 trillion. As all this coincides with worrisome inflation numbers, be it  7.5% for CPI or 9.7% for PPI. The Fed must also worry about its damaged inflation-fighting credibility. 

Lacking proper guidance from the Fed, Wall Street has sprinted to call for, and price, a growing number of interest rate hikes this year. Some have urged for these to be front-loaded. A few have gone as far as to advocate an emergency intra-meeting interest rate increase.

Regrettably, this unfortunate policy context is of the Fed’s own making, both short- and longer-term. Just within the last 12 months, for example, it mistakenly downplayed the severity and persistence of inflation. When the central bank finally acknowledged the need to “retire” its “transitory” inflation call — a gross mischaracterization — it hardly adjusted its policy stance to counter the risk of a de-anchoring of inflationary expectations.

This has weakened its policy reputation and involved the Fed missing one opportunity after another to rebuild resilience. As such, the central bank’s limited tools to counter market malfunction also involve a heightened risk of collateral damage and unintended circumstances. The alternative, of relying on government measures, is far from reassuring given the extent of policy polarization.

Mercati oggiValter Buffo
Turbolenza in arrivo sull'Italia
 

Non siamo stati tra quelli che hanno visto nel Governo Draghi la “soluzione di ogni problema” per l’Italia: atteggiamento che, invece, è stato adottato da una buona maggioranza dei media in Italia un anno fa.

A distanza di 12 mesi, possiamo affermare che ci avevamo visto giusto. Noi, e non loro.

Non è troppo presto, per tirare le somme: anche se riconosciamo che per qualsiasi Governo 12 mesi sono un periodo molto breve.

Ma qui noi non lamentiamo l’assenza di risultati definitivi, quanto il mancato effetto di “stabilizzazione” del quadro politico e sociale che gran parte della stampa, della politica e dell’economia italiana avevano immaginato come “effetto immediato” dell’avvento di Draghi alla Presidenza del Consiglio.

Lo stesso Mario Draghi, qualche giorno fa, ha messo all’attenzione dell’opinione pubblica tre sfide che l’Italia deve affrontare proprio in questo febbraio del 2022: è facile notare che si tratta di sfide a tutto oggi ben lontane dalla loro risoluzione.

Che cosa salta all’occhio, leggendo le parole qui sopra?

A noi salta all’occhio il fatto che non era vero quello che si leggeva soltanto pochi mesi fa: ovvero che grazie al Pnrr saremmo stati messi al riparo “da ogni possibile problema” ed in grado di portarci sulla strade della “vita ideale”. La “transizione verde” oggi sembra un problema più distante, nel tempo ma pure nella scala di priorità.

In quanto italiani, ed in quanto gestori di portafoglio, ci sentiamo quindi perfettamente legittimati a chiedere al Presidente del Consiglio: caro Mario, oggi le sfide sono tre, non sarà che tra tre mesi poi saranno sei o sette?

Non sarà per caso, caro Mario, che certi toni utilizzati fino a pochi mesi fa erano molto molto distanti dalla realtà delle cose?

Con questo Post, e proprio per guardare negli occhi la realtà, Recce’d intende mettere all’attenzione dei lettori una quarta sfida che già oggi e davanti a tutti noi italiani: sfida che va a toccare la persona stessa del Presidente del Consiglio in carica.

Frasi irritate, come quella di Draghi stesso che leggete nel titolo qui sopra, sono la conferma più esplicita del fatto che il clima di “generale benevolenza” verso la figura del Presidente del Consiglio nello spazio di 12 mesi è svanito: nessuno, in Italia, oggi, si affida più senza condizioni alla figura di Mario Draghi.

Per questo sopra abbiamo scritto che, anche soltanto dopo 12 mesi, ed al di là del giudizio che ognuno di voi può dare sugli specifici provvedimenti del Governo in carica, è andata persa quell’ispirazione che molti hanno chiamato “unità nazionale intorno agli obbiettivi del Governo”.

Ovvia conseguenza: sono molti a chiedersi a che cosa serve, a questo punto, un Governo come il Governo Draghi.

Lo stesso Draghi, nell’ultima settimana, è uscito allo scoperto, ed ha preso in considerazione in modo esplicito l’eventualità di una propria uscita di scena.

Tutto questo a noi ovviamente interessa con particolare riferimento agli investimenti finanziari, e quindi ai BTp ed alla Borsa di Milano.

Siamo posizionati, all’interno dei nostri portafogli modello, su entrambe le due classi di asset, e siamo molto soddisfatti della nostra attuale posizione, in ragione delle prospettive del nostro Paese sia nel breve, sia nel medio termine, e non soltanto con riferimento al ruolo di Draghi e del suo Governo.

Non abbiamo bisogno di inventarci chissà quale argomento, per spiegare la nostra posizione attuale: è più che sufficiente, in questo febbraio 2022, guardare alla realtà dei fatti anziché affidarsi alla “narrativa dominate” dei media.

Ognuno di voi, semplicemente scendendo in strada per fare una spesa, può rendersi conto non solo di dove stiamo oggi, ma pure di dove stiamo andando, come economia ma soprattutto come Paese.

Se avete interesse nell’approfondire sulle nostre posizioni, siamo disponibili per voi attraverso i contatti di questo stesso sito.

Mercati oggiValter Buffo
Turbolenza in arrivo sulla "narrativa"
 

In numerose precedenti occasioni, noi di Recce’d abbiamo illustrato in questo Blog che cosa si intende quanto si parla di “narrativa” con riferimento ai mercati finanziari, spiegando anche quale ruolo gioca ed ha giocato questa “narrativa” dominante, in particolare nel corso del 2020 e nel 2021, modificando il modo di pensare e di valutare di una grande parte degli investitori.

Alla maggior parte degli investitori, è stato per molti mesi fatto credere nell’esistenza di qualche cosa che (come tutti oggi vedono) non esisteva e non esiste.

Proprio per questa ragione, è decisivo seguire giorno dopo giorno dopo giorno il modo nel quale la “narrativa” dominante si evolve: e ci sono periodi, come quello attuale, nei quali la la narrativa cambia con rapidità estrema.

Prendiamo la recente prima pagina del Wall Street Journal che vedete qui sotto.

Trovate, nello spazio ristretto della prima pagina, notizie che riguardano la grande volatilità delle Borse nel 2022, ed anche il forte rialzo dei tassi (costo per il Cliente) sui prestiti garantiti da immobili, o mutui, e infine trovate notizie sulla spesa dei consumatori americani, spesa che rimane elevata per beni voluttuari come viaggi e beni di lusso. Si legge “spending with a vengeance” che in italiano potremmo tradurre come “spendono per prendersi una rivincita” (implicito: sulle restrizioni derivate dalla pandemia).

Convivono, in questa prima pagina, temi legati al recente passato (la spesa senza freni dei consumatori) ed atteggiamenti che invece guardano al futuro (le oscillazioni delle Borse, in contrato con i rialzi quotidiani del 2021).

Un quadro decisamente diverso, rispetto a qualche mese fa: gli organi di stampa e le televisioni hanno per molto tempo promosso una narrativa dell’ottimismo, che spingeva il pubblico a pensare ad un futuro senza problemi.

Oggi, la comunicazione di massa di giornali e televisioni è costretta a rappresentare un futuro più complicato, e per un gran numero di ragioni, come leggete (in estrema sintesi) qui sotto.

Il quadro che ci viene presentato dai media, come vedete, non è più uniforme ed ottimistico: è più articolato e complesso rispetto a qualche mese fa.

Tra gli elementi problematici, ovvio che il rischio di un conflitto in Europa oggi occupa uno spazio rilevante nei pensieri degli investitori, ed occupa a buon diritto anche molto spazio sulle prime pagine dei quotidiani.

Come viene fatto osservare nell’immagine che segue, per il momento l’atteggiamento dei mercati finanziari è quello di non attribuire una probabilità elevata allo scoppio di una vera e propria guerra.

Vogliamo ripetere anche in questa occasione che a nostro giudizio la vicenda che riguarda l’Ucraina NON sarà una delle variabili decisive per determinare il rendimento ed il rischio degli asset finanziari nel 2022.

Nel contesto di questo Post, tuttavia, l’Ucraina è rilevante perché testimonia di un cambiamento di narrativa, dal generale ottimismo del 2021 al riconoscimento che in effetti qualche problema esiste.

Noi però, e lo ripetiamo, non siamo del parere che l’Ucraina sia uno dei fattori determinanti per la costruzione e la gestione del portafoglio di investimenti nel 2022.

Più importante dell’Ucraina, ad esempio, è senza dubbio il fattore inflazione.

Ma in una chiave diversa da quella che oggi domina la narrativa sui mercati finanziari: la chiave che noi riteniamo corretta, quando si analizzano le implicazioni dell’inflazione 2022, è quella evidenziata nell’immagine che segue.

Charlie Munger, da sempre partner di Warren Buffett in Berkshire Hataway, ci ricorda qui sopra che l’inflazione mette a rischio la pace sociale, prima ancora che la stabilità del sistema economico.

Una affermazione a nostro giudizio molto appropriata, che ne ricorda una seconda che noi avevamo evidenziato nel Blog già la settimana scorsa, e che riproponiamo qui sotto.

Dal punto di vista della narrativa dominante sui mercati finanziari, queste sono novità di grande significato, rispetto alla retorica dell’ottimismo senza condizioni e senza ostacoli del 2022.

Naturalmente, in aggiunta a quanto dicono Munger e Dalio, ci sono anche le implicazioni dell’inflazione per la “narrativa delle Banche Centrali”: su base quotidiana, da qualche settimana, ci siamo tutti abituati a leggere titoli e frasi come quella dell’immagine qui sotto (“la fine della liquidità abbondante”).

Noi ricordiamo alla perfezione che soltanto 12 mesi fa in molti opponevano alla nostra visione delle cose il seguente argomento: “la liquidità delle Banche Centrali resterà per sempre come è oggi: la fine dello easy money non arriverà mai”.

Pochissimi, oggi sono rimasti su quella posizione, mentre noi di Recce’d siamo oggi sulla medesima posizione di 12 mesi fa. E di 24 mesi fa.

E questo fatto, ne mondo degli investimento e della gestione del portafoglio, paga sempre e paga molto molto bene.

Per questa specifica ragione, con l’immagine che trovate qui sotto vi facciamo notare che oggi circolano titoli come “The Fed Is The Biggest Risk”, titoli che presentano argomenti che chi segue questo Blog ha letto fin dall’agosto 2020.

La gestione del portafoglio titoli ha successo unicamente se si è capaci di basarla su capacità come queste. Capacità documentate e documentabili.

Completiamo questo Post, dedicato ai rapidi cambiamenti nella narrativa dominante nel corso del 2022, precisando ai nostri lettori che a nostro giudizio nel 2022 l’Ucraina NON sarà il fattore decisivo, ma pure l’inflazione NON sarà il fattore determinante per il successo di una strategia di investimento, come invece vorrebbe la narrativa dominante.

Se volete investire con successo, con risultati positivi e senza assumere rischio in misura eccessiva, dovete sempre avere sotto controllo la narrativa dominante, e sapervi anche proteggere: dovete evitare di farvi prendere in braccio e portare a spasso.

Nel 2022, la narrativa dominante sta cambiando a velocità molto elevata, ed il cambiamento non è ancora completato.

Il cambiamento decisivo, che sarà poi il fattore dominante per le performances di portafoglio del 2022, è già visibile, ma NON viene evidenziato nella narrativa dominante (e non lo sarà, almeno fino a che sarà possibile tenerlo nascosto).

Lo trovate scritto ad esempio nell’immagine che abbiamo scelto per chiudere il Post. Siete in grado di inserirlo nel vostro scenario per il 2022? Siete in grado di utilizzarlo, per fare le scelte corrette nella gestione dei vostri investimenti? Lo sapete come cambieranno i mercati finanziari mano a mano che la narrativa dominante verrà rivista e modificata?

Noi siamo qui, disponibili per aiutarvi in questo delicatissimo passaggio, che è un vero e proprio capovolgimento di scenario.

Mercati oggiValter Buffo