La legge delle conseguenze involontarie
 

Tutto sta nel grafico qui sopra.

Come si vede, la soglia del 5% è stata superata giovedì scorso, immediatamente dopo l’intervento di Jerome Powell.

Le ragioni di questo fatto, e degli altri fatti che le accompagnano, Recce’d le ha con chiarezza illustrate qui nel Blog.

Fin dal mese di gennaio 2023, e poi a partire dal Post dello scorso 3 giugno con cadenza quasi settimanale.

Recce’d aveva pubblicato il 3 giugno, un Post dove avevamo già scritto ai nostri lettori che è stata fatta una scelta politica, di tirare una corda fino a che non sarà spezzata; spiegando poi che è stata scelta con decisione la strada del “fare finta di non capire e non vedere”, come altre volte nel passato recente. Di tollerare, di continuare a sperare, e di spargere “ottimismo”.

Avevamo scritto, il 3 giugno, che proprio a causa di questa scelta politica oggi tutti gli investitori (che non siano decisamente distratti, malissimo informati … oppure un po’ semplicioni) si trovano davanti un solo scenario possibile, e stiamo tutti andando verso questo esito con massima velocità.

Il solo scenario possibile metterà in massima evidenza la differenza tra la ricchezza “soltanto sulla carta” e la “vera ricchezza”: questo noi di Recce’d lo avevamo già chiarito sette giorni prima. Ed in aggiunta a questo vi avevamo anticipato già il 24 giugno che “ci aspetta un’estate calda (caldissima) e poi un inverno freddo (freddissimo): ma soprattutto, un agosto indimenticabile”, ed è andata esattamente così.

Come avevamo scritto in data 10 giugno scorso, oggi dovrebbe esservi chiaro che il “punto di svolta” è stato ampiamente superato: ormai, siamo già tutti dentro quello scenario che noi anticipammo appunto il 3 giugno.

Ma se per caso non vi è stato sufficiente tutto questo nostro lavoro, allora il 5 agosto scorso siamo arrivati noi, a ricordare al lettore … come si previene l’insolazione. Ed è proprio in quel Post (se lo leggete con attenzione ed un pizzico di arguzia) che trovate le indicazioni su che dovete fare del vostro portafoglio e dei vostri investimenti sui mercati finanziari.

In estrema sintesi, oggi vi ripetiamo che, come tutti voi lettori sicuramente ricordate, Recce’d con massima chiarezza il 3 giugno vi aveva avvisati:

attenzione, da oggi rimane UN SOLO SCENARIO possibile, sia per i mercati finanziari, sia per le economie reali.

Lo scenario di cui Recce’d allora scriveva è quello che vedete leggendo stamattina il vostro giornale. Tra settembre ed ottobre, tutti i Post ruotano proprio intorno a questo scenario, che rimane il solo scenario possibile.

Gratuitamente a tutti i nostri amici lettori abbiamo anche anticipato le ricadute sui mercati finanziari. E non quelle che leggete oggi: bensì quelle delle prossime settimane e mesi.

Possiamo dunque immaginare che tutti i nostri lettori siano perfettamente informati.

Resta il problema dei portafogli titoli: quanti tra i nostri lettori hanno MODIFICATO la loro asset allocation a inizio 2023? Quanti hanno modificato la asset allocation il 3 giugno scorso? E quanti sono soddisfatti dei risultati ottenuti fino a qui?

Ma soprattutto: guardando avanti di sei mesi, oppure un anno, che cosa si aspettano i nostri lettori dal loro portafoglio titoli, così come è fatto oggi?

Perché il periodo è complicato, molto complicato.

Se non lo avete ancora fatto, correte a dare un’occhiata alla vostra performance: a un anno, a due anni, dal 2020, negli ultimi cinque anni.

Nel corso dell’ultima settimana, noi di Recce’d abbiamo affrontato con ogni nostro Cliente, grazie ad un ampio lavoro di analisi, i risultati dei nostri portafogli modello, facendo una serie di confronti (con i dati che vedete rappresentati nei grafici, ed anche con molti ALTRI dati).

Noi qui sopra pubblichiamo una selezione di dati. Altri dati e commenti di recente noi li abbiamo pubblicati anche alla pagina TWIT - TWOO del sito.

Le performances sono informative, e meritano tutto il tempo che ni di Recce’d dedichiamo all’analisi. Ma al tempo stesso, le performances raccontano il PASSATO.

Ogni investitore, nel mese di ottobre 2023, e dati i segnali in arrivo dai mercati finanziari proprio in queste settimane, deve domandarsi: quanto possono rendere nei prossimi 12 - 24 mesi, le singole posizioni che oggi ho nel mio portafogli?

Ma soprattutto: nel su insieme, il mio portafoglio che cosa promette di rendere? E con quale volatiltà? Qule è il massimo ribasso che devo prendere in considerazione oggi?

Per fare questo lavoro di stima, sono indispensabili:

  • informazione completa

  • analisi approfondita

  • competenze e conoscenze adeguate

  • un modello matematico/probabilistico di stima affidabile per il rendimento futuro e per il rischio sul downside.

Questo è ciò che Recce’d mette a disposizione dei Clienti, che per questa ragione riconoscono a Recce’d le commissioni per il lavoro fatto: che nei risultati e nella performance, oggi li mettono davanti a tutti.

Un ampio approfondimento sta per essere pubblicato alla pagina SCELTE DI PORTAFOGLIO del nostro sito.

Il punto di partenza, di questo lavoro di analisi e di stima di rischio e rendimento futuri, è ovviamente capire … in che Mondo stiamo oggi.

Diceva la banca UBS giovedì scorso che:

“oggi è il mercato delle obbligazioni a guidare la Borsa”

come Recce’d vi scriveva più di un mese fa, ed al tempo stesso (come si legge nell’immagine) ripeteva ancora che lo scenario più probabile oggi rimane il “soft landing”.

Ritornando indietro, di poche settimane, diciamo la fine del mese di luglio e l’inizio del mese di agosto, era questo il modo di pensare di “tutti”. Oggi, se guardiamo al comportamento dei mercati, è soltanto una minoranza che la vede in questo modo.

Sull’argomento, Recce’d scriveva ciò che scrive oggi già a fine luglio, ed anzi già a gennaio, e per questa regione oggi non le ripeteremo. Potete trvare tutto in un recente Longform’d che vi sarebbe utilissimo rileggere.

Ai nostri amici lettori, oggi diamo questo suggerimento: di ripartire da ciò che è scritto nell’immagine più in alto, dove si spiega che oggi il rialzo dei rendimenti delle obbligazioni:

  • non dipende dalle aspettative per il futuro dell’inflazione; e

  • non dipende dalle aspettative di “recessione”; e

  • non dipende dalle aspettative sul futuro dei tassi ufficiali di interesse.

Ma allora, amici lettori, che cosa fa salire, oggi, i rendimenti delle obbligazioni?

Come fate, oggi, nel mese di ottobre, a fare scelte adeguate e premianti, se non avete capito che cosa sta succedendo sotto ai vostri occhi?

E purtroppo, oggi sono in tanti, a non avere compreso assolutamente nulla.

E allora muovetevi. Svegliatevi dal sonno. Smaltite la sbronza. La festa, ragazzi e ragazze, è finita da un pezzo.

Datevi da fare, oggi stesso.

Fate una ricerca, fate una vostra analisi, oppure chiedete al vostro financial advisor, al vostro wealth manager, al vostro private banker. Lui, sicuramente, lo sa che cosa è che muove i rendimenti delle obbligazioni. E vi darà una spiegazione adeguata, per il più ampio crollo dei prezzi delle obbligazioni da 150 anni a questa parte.

Ve ne siete resi conto, non è vero?

Non è che, per caso … avete comperato quei BTp al 4% …

Approfondite anche il tema del “premio per il termine” ovvero term premium: che cosa è? Come si misura? Perchè oggi è importante, ma due anni fa veniva ignorato da tutti?

Approfondite poi anche il tema del “tasso naturale di interesse”: perché oggi se ne parla così tanto, mentre solo due anni fa veniva del tutto ignorato? E come si stima? Ricordate i grafici, che noi abbiamo presentato in decine di occasioni, sulla “regola di Taylor”?

Fatelo con il vostro financial advisor, il vostro wealth manager, il vostro private banker. Lui, sicuramente, vi aiuterà a comprendere, e dopo anche a decidere che cosa fare.

Ricordate che lui NON è solo un venditore, lui è anche “consulente”, approfittatene ora, quando vi serve davvero!

Un secondo suggerimento, legato ai dati del grafico che segue: ragionate a lungo sulla rapidità con la quale siamo passati da

“i tassi di interesse non saliranno MAI”

ad una situazione nella quale

“i tassi di interesse non SCENDERANNO mai”.

Questo profondo, e drammatico, cambiamento di scenario è avvenuto in meno di 24 mesi: ed ha rimesso in moto le cose, tanto che è ragionevole attendersi, come conseguenza, altri cambiamenti profondi nello scenario, per altre classi di attività. Ed in meno di 24 mesi.

In fasi di rapido e profondo cambiamento dello scenario, come è questa, l’investitore deve prendere in considerazione tutte le possibili reazioni dei mercati, incluso il panico.

Numerosi investitori, a fronte di questa eventualità, scappano via dai mercati, e si rifugiano nel “cash”: in settimana ce lo ha detto anche il sondaggio di Bank of America.

Il nostro terzo suggerimento oggi è di riflettere con attenzione anche su questo.

Come tutti i lettori ricorderanno, Recce’d per molto tempo ha suggerito ai suoi lettori di stare FUORI dai mercati, e quindi anche di stare in “cash”: ma in quei mesi, il pubblico era tenuto sotto pressione dalla “bolla di tutto”, e una buona parte degli investitori allora pensava che “tutti gli investimenti rendono moltissimo”, e quindi allora questa nostra indicazione operativa rimase inascoltata.

Ma il “cash” è una alternativa valida, e da prendere seriamente in considerazione, quando lo S&P 500 sta a 4800 punti. E quando il BTp rende lo 0,50% sulla scadenza decennale.

Un buon investitore pensa al “cash” proprio in quel momento.

Oggi, invece, il “cash” potrebbe NON essere una valida alternativa. Anzi, oggi il “cash” potrebbe essere una scelta disastrosa.

Questo perché oggi, e finalmente, sui mercati finanziari iniziano a vedersi autentiche opportunità di investimento. Di investire sul VALORE delle cose.

Ne scriveremo con maggiore dettaglio, anche alla pagina NEL MOTORE DELLA PERFORMANCE alla quale si accede dalla pagina MERCATI di questo sito.

Queste opportunità di investimento, però, si possono individuare e cogliere unicamente se si è in grado di comprendere la realtà nella quale viviamo ed investiamo oggi.

Che è una realtà diversa, in tutto e per tutto, dal passato recente.

E che impone, a noi investitori, di NON ragionare del portafoglio titoli come si faceva cinque anni fa, dieci anni fa, quindici anni fa, venti anni fa.

La Nuova Era, il Nuovo Paradigma, dei quali noi di Recce’d abbiamo scritto in decine di occasioni, anche in pubblico sul nostro sito (ed anche in questo Blog) oggi è davanti ai vostri occhi: dopo una lunga fase nella quale gli investitori si sono illusi di avere eliminato il fattore “rischio” dal problema delle scelte di investimento, ora siamo passati ad una situazione nella quale il fattore “rischio” ritorna ad essere importante.

Si passerà, poi, alla fase nella quale il fattore “rischio” sarà la sola cosa che conta.

Ed il cash, in quella fase, sarà la scelta peggiore di tutte, per il vostro portafoglio di investimenti finanziari.

Chiudiamo questo Post con un ultimo suggerimento.

Se davvero volete comprendere ciò che sta succedendo al vostro portafoglio di investimenti finanziari (ed immobiliari).

Se davvero volete fare rendere nel futuro i vostri investimenti finanziari (per gli immobiliari, c’è zero possibilità, oggi).

Se davvero volete proteggere il vostro risparmio dalle future oscillazioni e dal cambiamenti di scenario.

Allora lasciate perdere i siti Web (escluso questo di Recce’d, naturalmente).

Lasciate perdere le chat. Lasciate completamente perdere le community. Quello che dice l’amico del bar. Quello che dice il collega in ufficio. E tutte le fonti di false informazioni, a partire da CNBC.

Smettetela, di perdere il vostro tempo.

Dedicate invece un po’ del vostro tempo alla lettura dell’articolo che segue.

L’articolo che segue e chiude il Post vi parla della legge delle conseguenze non desiderate. Delle conseguenze involontarie.

Ed è una descrizione perfettamente adeguata alla situazione che tutti noi e tutti voi oggi ci troviamo a vivere.

Esiste una sola vera legge della storia, ed è la legge delle conseguenze involontarie.

All’inizio degli anni ’20, l’economista dell’Università di Chicago Frank Knight fece una famosa distinzione tra rischio calcolabile e incertezza inconoscibile. Ha trascurato un terzo ambito: l’involontarietà – dove ciò che accade non è ciò che avrebbe dovuto accadere. Coloro il cui compito è gestire il rischio oggi tendono a concentrarsi sugli aspetti a cui possono essere collegate le probabilità e ad alzare le spalle su tutto il resto. Potrebbero fare di meglio se presumessero semplicemente che la maggior parte dei grandi progetti andranno storti.

Prendiamo l’improvviso aumento dei tassi di interesse nominali e reali a cui stiamo assistendo, che ha visto il rendimento di un titolo del Tesoro statunitense a 10 anni salire dallo 0,66% nell’aprile 2020 al 4,88% questa settimana. L’ultima volta che il rendimento del decennale si è mosso così tanto nell’arco di tre anni è stato nel 1979-82 – quando il presidente della Fed Paul Volcker stava uccidendo il drago dell’inflazione degli anni ’70 – un periodo che ha visto non una ma due recessioni.

Un aumento dei rendimenti degno di Paul Volcker

Non sono l’unico a provare quella brutta sensazione degli anni ’80. La settimana scorsa il mio collega di Bloomberg Opinion, John Authers, stava facendo gelare il sangue agli investitori ricordando il modo in cui un aumento comparabile dei rendimenti obbligazionari fu seguito dal crollo del mercato azionario del Black Monday nell'ottobre 1987 - "ancora il giorno più terrificante nella storia del mercato" (che è un po’ dura nelle giornate nere dell’ottobre 1929).

Eppure vale la pena guardare più indietro nella storia. In termini di rendimenti totali, si tratta del più grande crollo del mercato obbligazionario degli ultimi 150 anni. L’anno scorso è stato infatti l’anno peggiore per gli investitori obbligazionari statunitensi dal 1871, con un rendimento totale di meno 15,7%, addirittura peggiore dell’annus horribilis del 2009. Per il 2023, il rendimento da inizio anno è stato quasi del meno 10%; annualizzato, ovvero meno 17,3%, addirittura peggio del 2022. Stiamo osservando i due anni peggiori per gli investitori obbligazionari in un secolo e mezzo.

La storia è simile per gli investitori in gilt britannici. I rendimenti nel 2022 (meno 22%) sono stati peggiori rispetto al 1916, il punto più basso delle fortune della Gran Bretagna nella prima guerra mondiale (meno 20%), anche se il 2023 non è stato così negativo.

Tutto ciò è una notizia terribile per le banche che detengono grandi quantità di titoli del Tesoro nei loro bilanci. È una notizia terribile per il gran numero di aziende le cui obbligazioni investment grade – per un totale di oltre 400 miliardi di dollari – scadranno l’anno prossimo. È una notizia terribile per chiunque voglia rifinanziare un mutuo. Per tutti questi diversi gruppi, gli oneri finanziari aumenteranno.

Ma le conseguenze maggiori ricadranno sul più grande mutuatario, vale a dire il governo degli Stati Uniti. Come ha affermato Greg Ip sul Wall Street Journal di giovedì, “L’aumento dei tassi di interesse significa che i deficit alla fine contano”. Non è una coincidenza, ha affermato, che “il recente aumento dei rendimenti obbligazionari è avvenuto quando Fitch Ratings ha declassato il suo rating creditizio statunitense, il Tesoro ha aumentato le dimensioni delle sue aste obbligazionarie, gli analisti hanno iniziato a rivedere al rialzo il deficit federale di quest’anno e il Congresso ha quasi chiuso alcune parti del governo per la mancata approvazione delle leggi di spesa”.

La politica fiscale statunitense si trova da tempo su una traiettoria insostenibile – da più di 20 anni, in realtà. Ma sotto il presidente Joe Biden lo squalo è saltato. Sembra che il deficit federale supererà il 7% del PIL nell’anno fiscale 2023, dopo che il Congressional Budget Office si sarà adeguato ai capricci della politica sulla remissione del debito studentesco. Si tratta di un numero davvero scioccante per un’economia che si sta avvicinando alla piena occupazione. E, come ho sottolineato qui un mese fa, non esiste scenario che il CBO possa ideare in cui il debito totale rispetto al PIL non continui a crescere, con la spesa spinta in parte dal crescente onere del pagamento degli interessi.

Il problema principale, come ha sottolineato Brian Riedl del Manhattan Institute, è che la scadenza media del debito federale è di soli 76 mesi. Quindi, anche se il CBO avesse ragione e i tassi di interesse a lungo termine fossero in media del 4% nei prossimi tre decenni, il risultato sarebbe comunque un aumento del deficit di bilancio fino al 10% del PIL. E ogni punto percentuale aggiuntivo sui tassi di interesse aggiungerebbe ulteriori 2,8 trilioni di dollari di costi per il servizio del debito in 10 anni.

Questo risultato disastroso è un perfetto esempio della legge delle conseguenze indesiderate.

Nella letteratura economica, la “mano invisibile” di Adam Smith è un esempio ben noto, per cui l’individuo, perseguendo il suo meschino interesse personale, è guidato “da una mano invisibile a promuovere un fine che non rientrava nelle sue intenzioni”.

Tuttavia, tali conseguenze benigne e indesiderate sembrano essere l’eccezione piuttosto che la regola, soprattutto quando si tratta delle intenzioni dei politici pubblici.

In “The Unanticipated Consequences of Purposive Social Action” (American Sociological Review, 1936), Robert K. Merton propone cinque possibili ragioni per cui gli schemi meglio congegnati di politici e pianificatori così spesso vanno male:

  1. Conoscenza parziale: “il paradosso che, mentre l’esperienza passata è l’unica guida per le nostre aspettative sul presupposto che certi atti passati, presenti e futuri siano sufficientemente simili da essere raggruppati nella stessa categoria, queste esperienze sono in realtà diverse”.

  2. Errore: “il presupposto fin troppo immediato che le azioni che in passato hanno portato al risultato desiderato continueranno a farlo”.

  3. L’“imperiosa immediatezza dell’interesse” – “casi in cui la preoccupazione primaria dell’attore per le conseguenze immediate previste esclude la considerazione di ulteriori o altre conseguenze dello stesso atto”.

  4. “Valori fondamentali” – “casi in cui non si prendono in considerazione ulteriori conseguenze a causa della sentita necessità di determinate azioni imposte da determinati valori fondamentali”. L’esempio fornito da Merton è l’etica protestante di Max Weber e lo spirito del capitalismo, dove la gratificazione differita aveva la conseguenza involontaria di accumulare capitale e, in definitiva, di erodere l’ascetismo calvinista.

  5. Profezia autodistruttiva: "Le previsioni pubbliche sui futuri sviluppi sociali spesso non sono sostenute proprio perché la previsione è diventata un nuovo elemento nella situazione concreta... [in modo che] la condizione 'a parità di altre cose' tacitamente assunta in tutte le previsioni non è soddisfatta”.

Molto prima di Merton, o anche di Smith, il filosofo politico inglese John Locke ha fornito un esempio molto rilevante per la nostra situazione. In “Alcune considerazioni sulle conseguenze dell’abbassamento degli interessi e dell’aumento del valore del denaro” – un saggio aggiornato che inviò in una lettera a un membro del Parlamento, Sir John Somers, datata 7 novembre 1691 – Locke espose brillantemente le conseguenze indesiderate dei limiti artificiali sui tassi di interesse.

Stava scrivendo tre anni prima della fondazione della Banca d’Inghilterra, che aveva lo scopo di porre fine allo scioccante record di default della corona inglese (ad esempio, lo Stop of the Exchequer del 1672, quando Carlo II sospese i pagamenti sui debiti del suo governo). Era un periodo in cui i funzionari inglesi avrebbero volentieri allentato la pressione a cui erano sottoposti riducendo gli interessi pagati per prendere in prestito.

Potrebbe “il prezzo del noleggio di denaro… essere regolato dalla legge?” chiese Locke. La sua risposta è stata dura:

È evidente che non può. … Sarà impossibile, con qualsiasi espediente legale, impedire a uomini esperti nel potere che hanno sui propri beni e sui modi di trasmetterli ad altri, di acquistare denaro da prestare loro, a qualunque tasso le loro occasioni renderà loro necessario averlo; poiché è da ricordare che nessun uomo prende in prestito denaro, o paga l'uso, per mero piacere: è la mancanza di denaro che spinge gli uomini a quel problema e all'onere di prendere in prestito; e in proporzione a questo bisogno, così ciascuno l'avrà, qualunque sia il prezzo che gli costerà. In tal modo gli abili, dico, si comporteranno sempre in modo da evitare il divieto della vostra legge e tenersi fuori dalla sua punizione, fate quello che potete.

Quali sarebbero, si chiedeva Locke, le conseguenze indesiderate di una legge volta ad abbassare i tassi di interesse?

Renderà la difficoltà di prendere e concedere prestiti molto più grande, per cui il commercio (il fondamento della ricchezza) sarà ostacolato.

Non sarà un pregiudizio per nessuno, se non per coloro che hanno più bisogno di assistenza e aiuto; Intendo vedove e orfani, e altri non istruiti nelle arti e nell'amministrazione di uomini più abili...

Aumenterà enormemente il vantaggio dei banchieri, degli scrivani e di altri broker esperti...

Temo di poter considerare come una delle probabili conseguenze di una tale legge il fatto che probabilmente causerà un grande spergiuro nella nazione; un crimine, rispetto al quale nulla può essere impedito con maggiore attenzione da parte dei legislatori...

Locke concluse che era “vano, quindi, cercare di ridurre effettivamente il prezzo degli interessi mediante una legge; e puoi razionalmente sperare di fissare un tasso fisso sull'affitto di case o navi, come se fosse denaro.

È un peccato che l’economia attualmente insegnata nelle principali università americane, dove vengono formati i futuri economisti della Fed e del Tesoro, ora ometta in gran parte la storia del pensiero economico. Un po’ di Locke avrebbe potuto mettere in guardia i sostenitori del “quantitative easing” e della “forward guidance” che i loro sforzi per manipolare i tassi di interesse prima o poi avrebbero avuto conseguenze indesiderate.

Esistono, ovviamente, esempi più memorabili e non economici di conseguenze involontarie. (Per qualche ragione, quasi tutti coinvolgono animali.) Durante gli episodi di peste bubbonica, come la Grande Peste che colpì Londra nel 1665, cani e gatti randagi furono uccisi in gran numero. La conseguenza involontaria è stata quella di ridurre il numero di predatori nella popolazione di ratti portatori delle pulci che trasmettevano la malattia.

In Cina, durante il Grande Balzo in Avanti, ironicamente chiamato, il Partito Comunista ha preso di mira i “Quattro Parassiti”: ratti, mosche, zanzare e passeri. Ma la campagna “smash passeri” ha trascurato il fatto che i passeri mangiano insetti oltre al grano. Con la drastica riduzione della popolazione dei passeri, la popolazione delle locuste aumentò vertiginosamente, con risultati catastrofici: non un grande balzo, ma una grande carestia.

L’esempio più recente è la fornitura gratuita di zanzariere agli abitanti dei villaggi africani poveri da parte di organizzazioni no-profit. La conseguenza involontaria in questo caso è stata che le persone usano le reti non per proteggersi dalle zanzare ma per catturare i pesci, portando alla pesca eccessiva perché la maglia fine cattura anche gli avannotti più piccoli. Vuoi saperne di più sulle conseguenze indesiderate? Chiedi a qualsiasi australiano dei rospi delle canne.

In un certo senso, le nostre conseguenze non intenzionali sono iniziate con una specie invasiva: il virus SARS-CoV-2 che ha causato la pandemia di Covid-19. Come descritto nel mio libro Doom, i politici di tutto il mondo occidentale sono stati persuasi a tentare un lockdown in stile cinese. La protezione minima dei più vulnerabili è stata ottenuta a costi enormi, non solo sotto forma di aiuti alle persone costrette a disoccuparsi, ma anche sotto forma di enormi disagi alla vita educativa e sociale dei giovani. Ma (come ci ha ricordato recentemente Nate Silver) sono stati solo i vaccini a funzionare davvero.

I blocchi hanno avuto molteplici conseguenze indesiderate. Il presidente Donald Trump non è riuscito a ottenere la rielezione in parte perché sembrava incapace di gestire l’emergenza, ma anche perché i lockdown hanno implicitamente concesso la legittimità del grande governo. Joe Biden lo ha sconfitto solo di poco, il suo partito ha ottenuto una stretta maggioranza al Congresso, ma i suoi consiglieri credevano che avrebbe dovuto emulare Franklin Roosevelt e Lyndon Johnson con spese stravaganti. Dato che i vaccini, oltre agli stimoli del 2020, avevano già stimolato la ripresa dell’economia americana, ciò era prevedibilmente inflazionistico, come ha giustamente sottolineato l’ex segretario al Tesoro Larry Summers. Un’ulteriore conseguenza non voluta è che gli elettori ora non danno a Biden alcun merito per la riduzione dell’inflazione che abbiamo visto quest’anno.

Trionfando sul suo collega repubblicano, ex presidente della Camera Kevin McCarthy, la scorsa settimana, il deputato Matt Gaetz ha dichiarato: “Non penso che votare contro Kevin McCarthy sia caos. Penso che 33mila miliardi di dollari di debito siano il caos. Penso che affrontare un deficit annuale di 2,2 trilioni di dollari sia il caos”. Non tutti gli elettori vedranno questa posa di rettitudine fiscale per la grottesca ipocrisia che è.

L’impennata degli oneri finanziari è la conseguenza involontaria di molte buone intenzioni. La decisione della Federal Reserve di ignorare le spie sull’inflazione e di restare a guardare fino al 2021 e fino al 2022 era senza dubbio ben intenzionata. I governatori volevano che gli americani tornassero al lavoro, e velocemente, dopo la pandemia.

Ma poi il presidente Jay Powell si è reso conto tardivamente del suo errore e ha iniziato ad aumentare i tassi a breve termine e a ridurre il bilancio della Fed, nel disperato tentativo di riconquistare credibilità ed emulare Paul Volcker. Al simposio economico di Jackson Hole in agosto, Powell ha descritto il suo compito come “navigare tra le stelle sotto cieli nuvolosi”. Ma la sfida è ancora più grande se si salpa consapevolmente per Capo Horn.

Allo stesso modo, Trump e Biden non avevano torto nel pensare che la Cina rappresentasse una crescente minaccia economica e strategica per gli Stati Uniti. Ma le misure adottate da Washington dal 2017 – prima le tariffe, poi le sanzioni tecnologiche volte a contenere la crescita della Cina – hanno involontariamente aumentato la pressione al rialzo sui tassi di interesse, tagliando di fatto gli Stati Uniti fuori dal capitale cinese.

Similmente, gli sforzi occidentali per ridurre le emissioni di gas serra sono stimolati dalle migliori intenzioni. Non abbiamo sbagliato a pensare che dovremmo abbandonare collettivamente il consumo di idrocarburi e abbracciare le fonti di energia rinnovabile per rallentare o arrestare il riscaldamento globale. Ma la conseguenza involontaria è stata che la Cina ha inondato i mercati occidentali con celle solari e veicoli elettrici, tutti prodotti con quantità crescenti di elettricità generata dal carbone.

Non possiamo prevedere per quanto tempo continuerà la tendenza al rialzo dei rendimenti obbligazionari. Forse ci sarà un crollo stile 1987 che costringerà la Fed a cambiare rotta e a tagliare i tassi.

O forse il mio brillante ex studente Paul Schmelzing avrà ragione. Su Bloomberg la scorsa settimana, è stato riportato che prevedeva un ritorno piuttosto rapido a tassi di interesse reali bassi e addirittura negativi. Il libro di storia dei tassi di interesse di Schmelzing, di prossima pubblicazione, indica una tendenza al ribasso sostenuta dei tassi reali che risale al XIV secolo, anche se con periodi di volatilità al di sopra e al di sotto della linea di tendenza.

“C’è un’inversione di tendenza in atto attorno a quella linea di tendenza secolare”, ha detto. “Ma entro un certo arco di tempo, il costo globale del capitale ritorna sempre su quella linea di tendenza. E quella… linea ha una tendenza al ribasso”. È vero, guerre e pandemie sembrano far deragliare la tendenza al ribasso. Ma secondo Schmelzing questi shock svaniscono presto. Se “tipicamente… ci vogliono circa quattro anni perché metà dello shock [come quello del Covid] si inverta… [allora] entro il 2024 dovremmo essere a metà strada verso quella linea di tendenza”. Ed entro il 2050, i tassi reali dovrebbero tornare in “territorio profondamente negativo”.

Paul, spero che tu abbia ragione. La mia preoccupazione è che tu stia sottovalutando la tendenza che una conseguenza non intenzionale ne porti a un'altra in una vera e propria cascata di non intenzionali. Schmelzing sottolinea la relativa “assenza di conflitti” nel recente passato, che ha sicuramente contribuito alla grande disinflazione seguita alla fine della Guerra Fredda.

Ma il periodo tra le due guerre è finito. È iniziata una nuova Guerra Fredda. La guerra calda che infuria in Ucraina non accenna a finire presto. Con l’assalto di Hamas a Israele, è scoppiata una nuova guerra in Medio Oriente. E nubi temporalesche continuano ad addensarsi su Taiwan.

Sono abbastanza sicuro che Biden non abbia intenzione di farsi coinvolgere nella terza guerra mondiale.

Ma non aveva intenzione di presiedere il peggior mercato obbligazionario dell’ultimo secolo e mezzo.

La legge delle conseguenze indesiderate è così. Non è una legge ferrea. È una legge ironica.

Valter Buffo
Uno sguardo ai numeri: ottobre 2023
 

Come si individua il VALORE sui mercati finanziari?

Cosa deve guidare le scelte di investimento, la composizione del portafoglio, il timing delle diverse operazioni, quando entrare e quando uscire?

E’ necessario avere una capacità: quella di individuare e selezionare, separando le cose SOTTO valutate da quelle SOPRA valutate.

Sulle cose sottovalutate si mettono i soldi, mentre quelle sopravvalutate si vendono.

Semplice, no?

E quindi, oggi? Che cosa è sopravvalutato? Che cosa è sottovalutato? E quando entrare, muoversi, quante operazioni fare sul proprio portafoglio titoli?

E quali sono, i fattori che ci dicono se un asset finanziario è sopravvalutato oppure sottovalutato?

Oggi, il fattore determinante è uno solo, e lo hanno capito tutti.

Negli ultimi mesi i tassi di interesse sono aumentati su tutta la curva, anche se il ciclo di rialzi sembrava sempre più concluso. I tassi sono aumentati moderatamente a breve termine poiché è diventato meno chiaro se il calo dell’inflazione sarà sufficiente per indurre tagli in tempi brevi. E i tassi sono aumentati notevolmente più all’esterno della curva poiché gli investitori hanno dedotto dalla forte performance dell’economia con un tasso sui fondi federali superiore al 5% che il tasso di interesse neutrale o di equilibrio potrebbe essere molto più alto di quanto ampiamente ipotizzato nell’ultimo ciclo, quando i mercati abbracciavano la stagnazione secolare. ipotesi.

La principale implicazione dell’ulteriore inasprimento delle condizioni finanziarie portato dall’aumento dei tassi è che il freno alla crescita del PIL durerà più a lungo. Ora stimiamo un impatto sulla crescita di circa -½ punti percentuali nel prossimo anno, un risultato significativo ma molto inferiore a quello dello scorso anno e troppo piccolo per minacciare una recessione.

Il passaggio a un regime di tassi più elevati comporta anche altri rischi. Nell’ultimo ciclo, la convinzione che i tassi reali sarebbero rimasti prossimi allo zero in futuro ha contribuito a razionalizzare alcune importanti tendenze economiche che altrimenti sarebbero apparse più discutibili: le elevate valutazioni delle attività rischiose nei mercati finanziari, la sorprendente sopravvivenza di imprese persistentemente non redditizie nei mercati finanziari. settore aziendale e ampi deficit che si sono aggiunti al debito federale già storicamente elevato nel settore pubblico. Esploriamo quali potrebbero essere le conseguenze economiche se queste tendenze dovessero iniziare a rilassarsi.

Nei mercati finanziari, il rischio principale è che le misure di valutazione confrontate con i tassi di interesse siano ora più elevate per alcuni asset, soprattutto le azioni. Stimiamo che se il premio per il rischio azionario scendesse al suo 50° percentile storico, il colpo sulla crescita del PIL nell’anno successivo sarebbe di 1 punto percentuale. Se scendesse al livello medio degli anni pre-GFC, il danno sarebbe di 0,75 punti percentuali.

Nel settore aziendale, gli investitori potrebbero esitare a continuare a finanziare società non redditizie che sperano possano ripagare bene in futuro, ora che il costo opportunità è aumentato. Ciò potrebbe costringere queste aziende a chiudere o a tagliare il costo del lavoro in modo più aggressivo, come hanno fatto in passato quando sono state colpite da shock sui tassi di interesse. Un aumento del 50% del loro tasso di uscita imporrebbe un freno di circa 20.000 sulla crescita mensile delle retribuzioni e un impatto di circa 0,2 punti percentuali sulla crescita del PIL.

Nel settore pubblico, le proiezioni della spesa per interessi reali e del rapporto debito federale/PIL appaiono molto peggiori rispetto a solo un paio di anni fa, quando ci si aspettava che il tasso di interesse sul debito pubblico (r) rimanesse ben al di sotto della crescita del PIL nominale ( G). Riteniamo improbabile che le preoccupazioni sulla sostenibilità del debito portino a un accordo sulla riduzione del deficit in tempi brevi. Ma se alla fine dovesse realizzarsi, un accordo di portata simile all’aggiustamento fiscale del 1993 implicherebbe un impatto sulla crescita del PIL di circa ½ punto percentuale all’anno per un certo numero di anni.

Sebbene questi rischi siano significativi, probabilmente non sono abbastanza grandi individualmente da innescare una recessione, a meno che non si verifichino in modo improvviso, aggressivo o simultaneo. E in questi scenari, riteniamo che la Fed probabilmente effettuerebbe tagli dei tassi in grado di compensare gran parte dell’impatto.

Oggi 14 ottobre abbiamo fatto una scelta (per noi) insolita.

Abbiamo aperto il nostro Post citando Goldman Sachs.

E lo abbiamo fatto allo scopo di documentare, a chi ci legge, come la vedono quelli che la vedono diversamente da noi.

Il brano che avete appena letto è l’introduzione ad un più ampio documento, di qualità più elevata della media (per Goldman Sachs), che non possiamo sicuramente riportare per intero qui nel Post. Chi fosse interessato, però, può scriverci attraverso la pagina CONTATTI del sito, e riceverà una copia integrale del documento originale di Goldman Sachs.

Il documento di Goldman Sachs si chiama “I rischi di un regime di tassi più alti”.

Si tratta del tema di mercato di questa fase dei mercati finanziari internazionali.

Per la verità, si tratta del tema di mercato degli ultimi due anni: anche se proprio l’industria delle banche globali di investimento ha tentato di farvi pensare ad altro, senza riuscirci. Perché esiste solo questo. Perché la realtà è questa.

Il tema è quello centrale. Il solo tema centrale.

E Goldman Sachs mette tutte le sue energie al servizio del loro scopo, che è quello … di farvi credere che, se domani ci fosse un qualsiasi problema, la Federal Reserve è lì a disposizione per tagliare i tassi e permettere a Goldman Sachs di fare grandi utili.

Ed ora, vi invitiamo a mettere a confronto la frase che abbiamo evidenziato sopra e il grafico che segue.

Come vedete, non richiede alcuno sforzo dimostrare che ciò che Goldman Sachs scrive, nell’introduzione che abbiamo riportato, è semplicemente falso.

Il tono rassicurante, positivo ed ottimista, ma pure insistente, ottuso e ripetitivo, di Goldman Sachs non deve sorprendere.

Questa grande banca internazionale, insieme con tutte le altre grandi banche internazionali, ha una lunga storia. Che parla.

Negare la realtà è il loro mestiere.

La loro storia è la storia di Istituzioni che mettono tutto il loro sforzo per fare entrare nella testa del pubblico una realtà … di fantasia. Per piegare la mente degli investitori verso uno scenario che renda massimo il loro risultato economico (e non quello dell’investitore: ATTENZIONE).

Per “piazzare la merce” è necessario che la mente sia esaltata, che l’ottimismo sia massimo, che le difficoltà vengano cancellate dalla mente dell’investitore.

L’investitore non deve ragionare: l’investitore medio deve credere. Avere fede. Deve confondere la speranza con la realtà: deve usare la speranza come strategia di investimento.

Mettete a confronto il tono, ed il contenuto, del brano che avete letto sopra ed i dati della tabella qui sotto.

L’intero brano che avete letto sopra nega l’esistenza dei dati della tabella che avete appena letto: in Goldman Sachs non trovate il più piccolo accenno al “più grande bear market obbligazionario di ogni tempo”. Ed alle implicazioni, alle ricadute, alle conseguenze. Non esiste, per loro. ma esiste, nei fatti.

Goldman Sachs, nel brano qui sopra, scrive come se la cosa non fosse mai avvenuta. Scrive ai lettori che “tutto è normale, tutto a posto, e se ci saranno difficoltà, la Fed taglierà il costo del denaro”.

Non vi sorprendere, leggere ogni settimana sempre le medesime cose? Da due anni, ogni settimana, leggere “The Fed is done”? Leggere che “La Fed ha concluso il suo ciclo di rialzi”? Proprio non vi fa venire in mente nulla, il fatto che c’è chi sente la assoluta necessità, ogni settimana, di scrvere cose che non sono vere, ma semplici invenzioni della fantasia?

Il grafico qui sopra dovrebbe, come minimo, farvi un po’ ragionare su questo aspetto della realtà.

Anche nella settimana appena conclusa, per i primi tre giorni, sui mercati dominava un argomento che più o meno diceva (immagine sopra):

la Federal Reserve ha finito con i rialzi del costo del denaro, perché l’aumento dei rendimenti delle obbligazioni ha già fatto il lavoro per conto della Fed.

La cosa è durata quanto deve durare una cosa del genere: tre giorni (immagine sotto).

Ma non è finita qui: ci riproveranno: ci riproveranno di sicuro, e molte volte.

Perché non hanno alternative. E per questo, sono disperati. Senza il “soft landing”, loro sono … “fottuti”, come dicono gli attori americani nei film di successo.

Va detto che un certo numero di investitori, e di osservatori, e di analisti, a questo punto ha capito “il giochetto” (immagine sotto).

Resta però il gregge delle pecore.

Non stupitevi di questa situazione, che vi abbiamo appena documentato: non stupitevi del fatto che c’è una massa di persone che ancora nel mese di ottobre 2023 va dietro a queste cose.

E’ una condizione della mente umana che viene studiata da molto tempo: alla mente umana, piace farsi raccontare cose piacevoli. Anche quando non sono vere.

Poi viene il risveglio.

Questa del 2023 al tempo stesso è una situazione da prendere molto sul serio: è la prova di un profondo squilibrio, e quindi per noi investitori di una opportunità molto grande, nel mercato finanziario più difficile di tutta la sua storia (immagine che segue). Forse questa di oggi è davvero l’opportunità di una vita?

Una opportunità grande quanto, e forse più, di quella del 2021, quando il BTp rendeva lo 0,50% e a voi lettori spiegavano che “i tassi di interesse non saliranno mai più”. Ricordate? Due anni fa, 24 mesi fa, ovvero … l’altro ieri.

C’è una spiegazione semplice, di questo stato delle cose. Una spiegazione che Recce’d ha già fornito sette giorni fa: “Se Dio non voleva che le pecore fossero tosate, non avrebbe creato le pecore”. Le pecore hanno nel loro destino di essere tosate.

E saranno, infatti, tosate. Anche questa volta.

Ad esempio: una parte del pubblico ancora oggi ragiona come se una “crisi finanziaria” sia qualche cosa che viene anticipato dai titoli dei quotidiani: “se sul mio giornale non c’è scritto che c’è una crisi, allora non c’è una crisi”. E ci penseremo poi, dopo, più tardi.

“Tanto, c’è la Federal Reserve che salverà sempre tutti e tutto”.

La gestione di un portafoglio di investimenti sui mercati finanziari è una cosa totalmente diversa da questo. E’ l’opposto di questo.

La gestione di un portafoglio titoli produce risultati unicamente quando il gestore è capace di vedere in anticipo le situazioni che si creeranno in futuro.

Questo mestiere della gestione è una cosa pratica e concreta. Terra-terra. E’ una professione di fatti e di dati, di numeri realizzati e non di “quello che si poteva fare”.

Non di “idee”, di “fantasie” e di “ipotesi”.

Non è il mestiere della “ricerca di Goldman Sachs” ma di risultati dei Fondi di Goldman Sachs, dove ci hanno messo i soldi e dove hanno fatto scelte concrete, pratiche e riscontrabili.

A differenza di quelle, inventate, che trovate nelle chat e nelle community.

Nel grafico qui sopra, vedete i risultati ottenuti dal Fondo Flessibile Globale di Goldman Sachs negli ultimi 5 anni.

Lo abbiamo messo a confronto con l’indice italiano dei Fondi Comuni Bilanciati Moderati italiani.

E abbiamo anche evidenziato (nel riquadro rosso) i valori di questi investimenti nel gennaio 2020, l’inizio della fase di mercato che stiamo vivendo. Ed ovviamente anche, nel riquadro giallo, i valore ad oggi per i Clienti che ci hanno investito il loro risparmio.

Chiediamo al lettore di pensare a tutti gli alti e bassi di questi cinque anni. A tutti i titoli che abbiamo letto, sui giornali e sui siti, a proposito dei Big Tech, A tutti i titoli dei TG oppure di CNBC su Tesla ed Nvidia. E a tutti quegli articoli sul boom del petrolio.

Vi suggeriamo di rivedere, nella vostra mente, tutti questi episodi, di ripensare a tutte quelle parole. Vi suggeriamo di ripensare a tutti quei “possibili, e favolosi, guadagni”.

Perché nelle performances dei più qualificati competitors non le troviamo? Perché qui NON ci sono? Perché NON esistono nella realtà?

Molto, molto, molto semplice: perché se fai 5 di guadagno da una parte e poi 15 di perdita da un’altra parte, il risultato è MENO 10 in cinque anni, proprio come ha fatto in questo caso Goldman Sachs.

Questa è la professione, la sostanza: i dati. Il resto sono chiacchiere da chat e da community: ovvero tempo buttato via.

Ed è proprio per questo motivo, che conviene investire con i portafogli di Recce’d: perché Recce’d è molto, molto, ma molto meglio di questo (nonostante il fatto che … “la Fed ha concluso il ciclo dei rialzi” già almeno un centinaio di volte).

Questo mestiere si fa sapendo nel 2021 che cosa fare dei BTp allo 0,50% (e che cosa fare nel mese di ottobre del 2023). Tutto il resto, sono chiacchiere da salotto. Lo dicono i dati che avete appena letto, e i dati di performance dei nostri portafogli modello, che vengono spedite in queste ore a tutti i Clienti di Recce’d.

E che nel caso specifico, sono meglio di … questa roba qui.

Torniamo in chiusura alla gestione dei vostri denari oggi. Trovate nel brano che segue, del Fondo Monetario Internazionale, una serie di spunti, e se siete interessati ad approfondire questi spunti (e le loro implicazioni per i nostri portafogli modello) non avete che da utilizzare la nostra pagina CONTATTI del sito.

Il FMI ha esortato le autorità di regolamentazione ad affinare il loro controllo sulle minacce derivanti dall’aumento dei rendimenti obbligazionari, poiché un continuo aumento dei costi di finanziamento globali innesca un “aumento del rischio” nei mercati finanziari. "Quando si vedono movimenti ampi e molto rapidi, c'è un maggiore potenziale per innescare instabilità, perché i partecipanti al mercato devono riposizionarsi e ci sono questi acceleratori nel sistema che potrebbero entrare in azione", Tobias Adrian, direttore dei mercati monetari e dei capitali del fondo ha detto il dipartimento al Financial Times. “Se tutto va bene, ad un certo punto prevarrà la calma, ma il rischio [ora] è certamente maggiore”.

Le osservazioni arrivano in un periodo di settimane di volatilità del prezzo dei titoli di stato statunitensi. I rendimenti sul debito statunitense a 30 anni hanno toccato il massimo degli ultimi 16 anni, superando il 5% la scorsa settimana, dopo che i dati positivi sul mercato del lavoro hanno aumentato la prospettiva che i tassi di interesse di riferimento della Federal Reserve rimangano elevati per un lungo periodo di tempo. Adrian era particolarmente preoccupato per l’esposizione delle banche, soprattutto quelle duramente colpite dall’implosione della Silicon Valley Bank all’inizio di quest’anno.

Sebbene la recente svendita non si sia ancora tradotta in spread creditizi significativamente più ampi, ciò “potrebbe ovviamente innescarsi ad un certo punto”. “Ci saranno sempre più tensioni sulle banche”, ha detto. A marzo, le banche regionali negli Stati Uniti hanno dovuto affrontare una crisi che in seguito si è estesa alle istituzioni più grandi, intrappolando anche uno dei maggiori istituti di credito europei, Credit Suisse. Le banche che hanno vacillato hanno subito specifici fallimenti gestionali, inclusa la mancanza di un’adeguata protezione contro l’aumento dei tassi di interesse. Ma l’episodio ha messo in luce quanto le istituzioni potessero essere suscettibili a correzioni improvvise. “Un’azione di vigilanza vigorosa può davvero fare la differenza”, ha affermato.

Le osservazioni di Adrian al FT fanno eco agli avvertimenti delineati nell’ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria globale del FMI, pubblicato martedì all’inizio degli incontri annuali del prestatore multilaterale con la Banca Mondiale, che si terranno quest’anno a Marrakech.

Nel rapporto, il FMI mette in guardia contro “circoli di feedback negativi” innescati da un improvviso inasprimento delle condizioni finanziarie che potrebbero “mettere nuovamente alla prova la resilienza del sistema finanziario globale”. Ha inoltre sottoposto a stress test quasi 900 istituti di credito a livello globale. La maggior parte dei finanziatori potrebbe gestire il cosiddetto scenario “base” di crescita globale modesta e rallentamento dell’inflazione, anche se 55 istituti di credito, compreso un gruppo di banche regionali statunitensi, sarebbero esposti a perdite di capitale “significative”. Tuttavia, una dolorosa recessione globale e una ripresa dell’inflazione che porti le banche centrali ad aumentare ulteriormente i tassi metterebbero a rischio 215 istituzioni, che insieme rappresentano il 42% delle attività bancarie globali.

Secondo il Fondo monetario internazionale, sarebbero interessate diverse istituzioni di importanza sistemica in Cina, Europa e Stati Uniti. Nonostante queste vulnerabilità, Adrian ha esortato le banche centrali a “mantenere la rotta per riportare l’inflazione al target in modo duraturo”. Ha osservato che le autorità monetarie sono ben attrezzate per gestire periodi di instabilità finanziaria con altri strumenti. A marzo la Fed si è affrettata ad arginare le ricadute dello stress bancario con uno strumento di prestito di emergenza. Riuscì comunque ad aumentare i tassi di un altro quarto di punto la settimana successiva. “In realtà accade solo in situazioni estreme, come la crisi del 2008, dove c’è una forte interazione tra politica monetaria e stabilità finanziaria”, ha affermato Adrian. “Siamo abbastanza lontani da questo.”

Tuttavia, ha affermato che la lezione di marzo è che i fallimenti di alcune istituzioni possono avere un impatto significativo su un piano più ampio e che è meglio che i regolatori “si prendano cura di queste cose preventivamente”. Tra le altre preoccupazioni segnalate dal FMI martedì c’era l’accumulo di posizioni con leva finanziaria, soprattutto nei mercati dei titoli di stato statunitensi, per cui gli investitori acquistano titoli del Tesoro e vendono il contratto futures associato, cercando di intascare il differenziale di prezzo tra di loro. “L’attuale posizionamento degli investitori con leva finanziaria potrebbe essere messo alla prova da un improvviso attacco di volatilità del mercato obbligazionario, costringendoli a liquidare le posizioni e vendere obbligazioni proprio mentre i prezzi di questi titoli scendono”, afferma il rapporto.

Alla domanda sui problemi incombenti nel mercato immobiliare commerciale, Adrian lo ha descritto come un problema “lento”, che difficilmente si farà sentire per un altro anno o due fino a quando non arriverà un'ondata di rifinanziamento. “Il pessimismo è già scontato, ma sarà doloroso vederlo svolgersi”.

Valter Buffo
Se Dio non le voleva tosate, non avrebbe creato le pecore
 

Oggi, giorno 7 ottobre del 2023, nel panorama dei mercati finanziari internazionali, quale è la cosa che somiglia al BTP di due anni fa, nel settembre del 2021, quando rendeva lo 0,50% circa?

Il nostro Post di oggi risponde a questa domanda. Ma va letto con attenzione.

Partiamo dall’immagine qui sopra: come diventa improvvisamente semplice, con il senno del poi, spiegare quello che sta succedendo. Persino il BTp al 5%, diventa una cosa ovvia, scontata, neppure da commentare.

Eppure, soltanto 24 mesi fa, ricordate?

Allora, 24 mesi fa, era una cosa “impossibile”. Da “gufi”. Da “pessimisti”. Da “catastrofisti”.

Ancora qualche settimana fa, erano moltissimi quelli che lo escludevano del tutto. “The Fed is done”. “L’inflazione sta scendendo”.

Noi ora riportiamo il nostro lettore indietro di quattro mesi. Era il giorno 3 giugno del 2023. In questo nostro Blog, pubblicammo quel giorno un Post molto esplicito.

Era stato pubblicato, da meno di 24 ore, il dato per occupazione e salari, negli Stati Uniti. Il dato che si chiama NFP, proprio come quello pubblicato ieri.

Noi di Recce’d, allora, il 3 giugno, scrivemmo proprio quello che leggete nell’immagine di apertura e che Goldman Sachs ha scritto solo tre giorni fa (lo leggete nell’immagine che segue).

E non basta! Non è tutto. Quel giorno decidemmo anche di regalare tutti i nostri lettori un utile suggerimento pratico.

Scrivemmo in quel Post: è rimasto, a questo punto, soltanto uno, tra i tanti scenari possibili. Tutti gli altri scenari (soft landing incluso) vanno messi da parte. E da quello, dall’unico scenario che rimane in piedi, si deve partire, per rifare il portafoglio titoli.

Chi allora ne approfittò, modificando il suo portafoglio sulla base di questa indicazione (e di quelle dei Post successivi del mese di giugno 2023), ha certamente fatto un buon affare. Un ottimo affare.

Adesso, dopo quattro mesi, che cosa siamo qui a scrivervi, dopo il dato NFP di venerdì 6 ottobre?

Ovviamente, le considerazioni che scrivemmo allora oggi sono ancora valide: ma a che cosa servono, in pratica?

Tutti lo vedono anche solo camminando per strada, parlando con i colleghi in ufficio, leggendo il Sole 24 Ore, scrivendo in chat oppure nella community, e guardando il TG, che lo scenario è esattamente quello che noi descrivemmo il 3 giugno.

Per conseguenza, parlarne oggi, a che serve?

Dobbiamo girare pagina e guardare avanti, se vogliamo renderci utili al nostro lettore.

Quindi, dobbiamo rispondere alla domanda: che cosa ci attende tra quattro mesi? Che cosa è, oggi, che equivale allo 0,50% del BTp di 24 mesi fa?

A differenza del 2 giugno, questa volta abbiamo deciso di essere MENO espliciti: amici lettori, dovrete anche … aiutarvi un po’ da soli. E’ divertente, secondo molti, gestire azioni ed obbligazioni, un passatempo, un hobby: e allora, quale migliore occasione di questa?

E d’altro canto: negli ultimi quattro mesi, grazie al nostro ampio lavoro di analisi delle informazioni e dei dati, e grazie ad un contatto quotidiano, noi di Recce’d abbiamo già anticipato al Cliente che cosa ci attende, sia sui mercati finanziari, sia per le economie, nei prossimi quattro mesi.

Nel Post che state leggendo, noi non abbiamo il medesimo spazio, non abbiamo le medesime risorse da impiegare … e non abbiamo neppure la voglia di farlo.

Al tempo stesso, per ringraziare i lettori che seguono questo Blog, come sempre presentiamo spunti molto concreti. dai quali potranno partire e (divertendosi) fare questa volta le scelte vincenti.

Proprio come facemmo a gennaio, quando grazie al nostro lavoro quotidiano ed approfondito tutti i nostri lettori, in modo gratuito, hanno saputo con grandissimo anticipo sulla massa che il 2023 non sarebbe stato “l’anno delle obbligazioni” ed hanno allo stesso tempo saputo da noi che non ci sarebbe stato il “soft landing”.

Un bel vantaggio, sulla massa degli investitori. Un grande vantaggio. E del tutto gratuito. Mica male …

Oggi spostiamo quindi l’attenzione sui prossimi quattro mesi: come sarà intorno a voi lo scenario dei mercati finanziari e delle economie a febbraio 2024? Che cosa sarà, nei prossimi quattro mesi, a fare la strada che ha già fatto quel BTp allo 0,50%?

Il periodo qui indicato (ottobre - febbraio), come facilmente capirete, è decisivo.

Ora passiamo alle indicazioni concrete: una, in particolare, la leggete nell’articolo che segue, dove vi viene spiegato che la PAURA non è (a differenza di quello che vogliono farvi credere) il NEMICO dell’investitore. Al contrario, è un amico prezioso.

Quell’amico che vi spiega perché salire in ciabatte sul Monte Bianco è una grossa, grossissima sciocchezza.

Il mercato obbligazionario, da questo punto di vista, da sempre è un AMICO di noi investitori finali. Ci insegna come evitare di scivolare nei burroni.


I mercati obbligazionari, notoriamente, possono spaventare tutti. E se non sei ancora spaventato da quello che sta succedendo a loro, forse dovresti prestare maggiore attenzione.

In meno di tre mesi, i tassi di interesse a lungo termine sono aumentati di quasi un intero punto percentuale negli Stati Uniti, trascinando verso l’alto gli oneri finanziari per governi, aziende e famiglie in tutto il mondo.

E non accennano ancora a fermarsi. Martedì 3 ottobre, il rendimento dei titoli del Tesoro USA a 10 anni, il punto di riferimento mondiale per il capitale a lungo termine, è aumentato di altri 0,11 punti percentuali raggiungendo un nuovo massimo in 16 anni, dopo un’altra serie di dati sorprendentemente forti provenienti dal mercato del lavoro statunitense, che ha costretto gli operatori di mercato a respingere ancora una volta le loro aspettative di una recessione americana. In Europa, la sua controparte tedesca, il Bund a 10 anni, rende ora quasi il 3%, un livello che non vedeva dal 2011.

Come ha sottolineato lo stratega della Deutsche Bank Jim Reid, l’accordo del fine settimana per evitare lo shutdown del governo statunitense ha, se non altro, peggiorato le cose nel breve termine per le obbligazioni, “poiché ha eliminato un rischio tangibile per l’economia” e ha reso più facile per il governo La Federal Reserve continuerà ad aumentare i tassi di interesse. I mercati ora ritengono più probabile un altro rialzo della Fed prima della fine dell’anno.

Ma questa è solo metà della storia. Normalmente, l’aumento dei tassi a lungo termine (espressi dai rendimenti dei titoli di Stato) va di pari passo con una crescita economica più forte e con le aspettative di inflazione futura. Questa volta non è così. Sia l’economia europea che, nonostante i dati sul mercato del lavoro, quella statunitense stanno sostanzialmente rallentando, e ciò sta rendendo più difficile per la Cina, la seconda economia più grande del mondo, generare qualsiasi tipo di slancio economico proprio. L’aumento dei tassi di interesse in un momento di crescita debole o vacillante comporta doppi problemi per i governi, che di conseguenza devono pagare di più per coprire i propri deficit di bilancio.

Ciò che va, torna

Questa è la tanto attesa sbornia economica della pandemia. Dopo aver investito denaro per risolvere i problemi causati dal Covid-19, l’Occidente è ora costretto a frenare l’inflazione che esso ha causato. Negli Stati Uniti, nell’Eurozona e nel Regno Unito, le banche centrali stanno drenando liquidità dal sistema finanziario, rendendo il denaro più scarso e spingendone il prezzo fino a livelli mai visti dal 2007.

Ma allo stesso tempo, i governi sono ancora a corto di liquidità: il solo Tesoro americano prevede di prendere in prestito 1,85 trilioni di dollari dai mercati nella seconda metà di quest’anno, per ricostituire le proprie casse dopo un grave stallo sul tetto del debito e per finanziare un enorme gap di bilancio.

Due delle tre maggiori economie dell’Eurozona, Francia e Italia, hanno presentato la scorsa settimana progetti di bilancio per il 2024 che hanno ampiamente superato le stime precedenti, e martedì il Tesoro francese ha pubblicato dati che mostrano che il gap di finanziamento del settore pubblico finora quest’anno è aumentato del 25%. rispetto all’anno precedente, a 188 miliardi di euro.

E mentre è la Federal Reserve statunitense a dettare il passo per quanto riguarda l’inasprimento delle condizioni finanziarie globali, è in Europa e nei mercati emergenti che gli effetti si fanno sentire più forti, poiché il rialzo del dollaro spinge nuovamente il prezzo del petrolio e di altre importazioni essenziali. a livelli estremi.

“Nel tentativo di far fronte alla stretta della Fed e di proteggere le loro valute, alcune banche centrali – in particolare in Europa – sono state indotte ad aumentare i tassi in modo troppo aggressivo”, ha detto Dario Perkins, responsabile della ricerca macro globale presso TS Lombard, in una recente nota ai clienti. “La festa post-COVID degli Stati Uniti è diventata una sbornia europea, un’altra puntata degli esorbitanti privilegi americani”.


Siamo sicuri che, per ognuno dei nostri lettori, il linguaggio del precedente intervento è chiaro e comprensibile.

Così come siamo sicuri che i nostri amici lettori sono in grado di fare da soli: sanno prendere le osservazioni appena lette, e tradurle in una strategia di gestione del loro portafoglio titoli che risulterà efficace, produttiva, e capace di controllare i rischi.

Ma se proprio ci fosse qualcuno, magari qualche caso isolato, che giudica utile confrontarsi con un professionista, per affrontare con successo questo passaggio che abbiamo di fronte (proprio come si fa con il medico specialista, quando si ha un problema da risolvere: oppure chiedete un suggerimento al vostro verduriere?) ecco che allora noi di Recce’d abbiamo qualche soluzione da presentarvi, molto pratica e decisamente affidabile, come già sapete visto che seguite da anni il nostro sito Web.

Se ci volete contattare, è semplicissimo: il nostro sito Web mette a disposizione più di una modalità.

Con grande piacere ci metteremo a disposizione, per confrontare le vostre attuali posizioni con le prospettive (a quattro mesi, ma pure a quattro anni) per il dollaro USA, il petrolio, l’oro e le azioni. Ed ovviamente anche per i tassi.

Prospettive che (ormai ve ne siete resi conto) NON sono quelle che vi aveva raccontato a gennaio 2023 il financial advisor, il wealth manager, il private banker ed il robo advisor, il sito Web, la chat, la community, il TG, PLUS del Sole 24 Ore.

Come accade regolarmente, ogni anno.

Intanto, oggi 7 ottobre, Recce’d vi suggerisce molto concretamente … di occuparvi di pecore.

Di pecore si scrive, infatti, nell’utile articolo, che è anche molto brillante, che leggete di seguito

Dalle nostre parti, tra gli amici ed i Clienti di Recce’d, non ci sono pecore, ma neppure una. Non pecore e non agnelli sacrificali..

Dalle vostre parti, come sono le cose? Se vi guardate intorno, nei paraggi, vedete pecore?

Chiudiamo il nostro Post più in basso, con una velocissima considerazione finale.

Quando pensiamo al calo dei valori patrimoniali, tendiamo a concentrarci sui prezzi delle case, sulle azioni e persino sulle belle arti, sul vino e sui mobili antichi.

Ma che ne dici di questo, a proposito di “crollo dei prezzi degli asset”: quando emesso meno di due anni fa, il Gilt indicizzato del marzo 2073 aveva un prezzo di circa £ 330 per unità di azione; il prezzo attuale è di sole £ 62, ovvero meno di un quinto del suo valore al momento della vendita iniziale.

L’effetto è stato quello di trasformare un rendimento negativo del 2,5% in uno positivo dell’1,13%.

Nessuno sa cosa abbia spinto gli acquirenti originali a pagare un prezzo così gonfiato. Anche quando furono emessi, era ovvio che si stava preparando un grave periodo di inflazione.

La risposta, suppongo, è che se Dio non avesse voluto che fossero tosate, non avrebbe creato le pecore.

Anni di tassi di interesse estremamente bassi avevano condizionato gli investitori a pensare che i tassi sarebbero rimasti bassi per sempre. Qualsiasi inflazione sarebbe transitoria, presumevano. Le lezioni vengono nuovamente faticosamente reimparate.

Gli acquirenti sarebbero stati principalmente fondi pensione britannici che intendono detenere le azioni fino alla scadenza per scopi di allineamento delle passività, quindi si potrebbe giustificatamente sostenere che, almeno per loro, qualsiasi volatilità del prezzo nel frattempo non ha molta importanza.

Eppure si tratta di soldi veri, e anche le perdite sono abbastanza reali; Quasi inosservati al di là delle pagine finanziarie, negli ultimi due anni i titoli di stato hanno vissuto un mercato ribassista di proporzioni drammatiche.

Il Linker 2075 a lunga scadenza potrebbe rappresentare un caso estremo, ma nessun titolo gold è rimasto indenne, poiché il governo sta riscontrando a sue spese la liquidazione in grande perdita del programma di acquisto di asset di “quantitative easing” della Banca d’Inghilterra.

Le azioni acquistate nella parte superiore del mercato vengono, stranamente, scaricate nella parte inferiore, con il contribuente costretto a farsi carico delle perdite.

La scorsa settimana, il sell-off del mercato obbligazionario si è riacceso, alimentato dall’idea che, sebbene i tassi di interesse possano ora aver raggiunto il picco, le banche centrali probabilmente li manterranno a livelli elevati più a lungo di quanto si pensasse in precedenza – “Table Mountain” piuttosto che il profilo saliscendi assunto un tempo dal Cervino.

Se questo fosse stato il mercato azionario o immobiliare, il crollo in corso di oggi sarebbe stato regolarmente notizia in prima pagina, ma al di fuori degli intenditori della finanza, è stato a malapena notato.

Ciò che ovviamente è stato notato è il rapido aumento dell’inflazione e dei tassi di interesse; il crollo del mercato obbligazionario è solo il rovescio della medaglia di questa storia più ampia. Quando i tassi di interesse salgono, i prezzi delle attività scendono.

Tuttavia, il crollo dei valori serve anche a ricordare fortemente che non esiste qualcosa come un “asset privo di rischio”, un’idea che tuttavia continua a sostenere i mercati dei titoli di stato ed è in primo luogo l’unica ragione per cui gli investitori li acquistano.

Quando si investe in un titolo di Stato, si ha almeno la certezza che alla scadenza ripagherà integralmente il suo valore nominale, presupponendo che nel frattempo il governo non vada in default, cosa che almeno in Gran Bretagna non è mai accaduta. Lo stesso, tra l’altro, non si può dire della Germania, della Francia e nemmeno degli Stati Uniti.

Il rischio principale è tuttavia l’inflazione, che è una sorta di default legale e backdoor, e se si tratta di un acquirente straniero, anche quello del deprezzamento della valuta. Questi due fattori possono distruggere valore con la stessa efficacia di qualsiasi volatilità dei prezzi.

Siamo già stati qui. La situazione fu ancora peggiore negli anni ’70 e all’inizio degli anni ’80, quando generazioni di risparmiatori furono spazzate via dall’esposizione ai titoli di Stato. Mentre l’inflazione aumentava, abbiamo assistito a qualcosa di simile a uno sciopero degli acquirenti, causando un’ulteriore impennata dei tassi.

Poi arrivò Paul Volcker con quello che oggi può sembrare ovvio buon senso ma che all’epoca era un pensiero completamente rivelatore: se la Federal Reserve non avesse iniziato a fissare tassi di interesse al di sopra del tasso di inflazione, gli investitori avrebbero smesso del tutto di acquistare titoli di stato.

La Fed ha agito di conseguenza e, guarda un po’, l’inflazione ha cominciato a diminuire, innescando un mercato rialzista dei titoli di Stato durato quasi 40 anni. Alla fine i governi scoprirono che potevano prendere in prestito per quasi nulla.

E con poche eccezioni, in effetti lo hanno fatto, culminando in un’orgia di nuovi prestiti durante la pandemia, quando le banche centrali compiacenti erano pronte a riacquistare il debito non appena poteva essere emesso.

È una costante fonte di stupore che non ci sia già stato un danno al sistema maggiore a causa di questo periodo di abietta follia. Gli unici esempi evidenti finora sono la crisi degli investimenti guidati da responsabilità, interamente autoinflitta, durante la breve presidenza di Liz Truss, e il crollo della Silicon Valley Bank negli Stati Uniti, dove i depositi erano stati investiti nella svalutazione dei titoli del Tesoro statunitense.

Deve esserci una litania di altri casi simili nascosti nell’ombra, in particolare nel settore bancario ombra. In ogni caso, dopo una simile correzione ci si aspetterebbe una carneficina ancora più grande. Klaas Knot del Financial Stability Board ha recentemente lanciato un’indagine sulle potenziali vulnerabilità, ma potrebbe essere già troppo tardi.

E così arriviamo alla domanda da 64mila miliardi di dollari. Il crollo del mercato obbligazionario ha ormai ampiamente fatto il suo corso? La risposta dipende dalla traiettoria futura dell’inflazione.

I mercati continuano a scommettere pesantemente sull’idea di un “atterraggio morbido”, ovvero di una riduzione costante dell’inflazione fino al livello target, ma senza un aumento significativo della disoccupazione o una riduzione della produzione. Storicamente ciò non si verifica quasi mai. Quasi invariabilmente, le banche centrali esagerano con l’inasprimento e finiscono per far crollare l’economia.

Ciò che è veramente diverso questa volta, tuttavia, è il mercato del lavoro ancora vivace. Ciò ha mostrato recenti segnali di indebolimento in Gran Bretagna e in Europa, ma sta ancora avendo successo negli Stati Uniti.

Anche il prezzo del petrolio ha ripreso a salire, alimentando i timori di un’altra crisi energetica invernale. In altre parole, non è ancora del tutto chiaro se il drago inflazionistico sia stato ucciso.

Tuttavia, se i tassi di interesse si sono effettivamente stabilizzati, allora si può presumere che anche i prezzi dei titoli di Stato abbiano ampiamente toccato il fondo e potrebbero addirittura essere considerati di nuovo in grado di offrire un valore decente.

I prezzi delle obbligazioni in genere iniziano a salire circa tre o quattro mesi dopo che i tassi ufficiali hanno raggiunto il loro picco. Ma non possiamo ancora essere certi di essere a quel picco. Le banche centrali tengono i mercati nel dubbio. È questo il top o solo una pausa per riprendere fiato?

I governi e gli investitori sui mercati obbligazionari di tutto il mondo pregheranno che si verifichi la prima ipotesi, e forse questa è la strada da scommettere.

Ma non aspettarti che le cose tornino come prima. Ricorda la regola di Volcker: l’unica garanzia di stabilità dei prezzi è che i tassi di interesse siano sempre superiori al tasso di inflazione. Ecco come dovrebbe essere la normalità, non il contesto di tassi di interesse a zero del decennio pre-pandemia.

L’immagine di Giulio Tremonti, che vedete qui sopra, a noi di Recce’d serve per chiudere il Post ricordando al lettore una importante verità.

Dopo, è tutto semplice: spiegare ciò che accade, è facilissimo.

Dopo, diventa tutto … evidente.

Anche il BTp, quando stava allo 0,50% di rendimento, era “del tutto normale” e destinato a durare “per sempre”. Oggi, dopo soltanto 24 mesi, sta al 5%: e di nuovo, sono molti gli interlocutori che lo trovano “normale”.

Era molto difficile, invece, affermare le cose che si leggono nell’immagine anche soltanto nove mesi fa: allora, erano “di nessuna importanza”, e si aggiungeva che “non interessano nessuno”.

Chi è bravo, chi è competente, chi ha le necessarie capacità professionali, ANTICIPA questi fatti.

Noi di Recce’d lo abbiamo anticipato: ed è soltanto in questo modo, che si garantisce al Cliente di un servizio di qualità superiore, e risultati decisamente superiori.

Tutto il resto, in questa professione, è solo contorno, è solo decorazione, è soltanto FUFFA.

Valter Buffo
Quanto costa la sufficienza?
 

L’attualità dei mercati si commenta da sola, è noi non troviamo molto da aggiungere.

Cogliamo questa settimana uno spunto marginale, per arrivare poi con voi d una serie di considerazioni di carattere più generale.

Il mercato USA delle opzioni da questa settimana tratta opzioni “put” allo 8% di rendimento del decennale. In pratica, da questa settimana è possibile acquistare (o vendere) opzioni di tipo put che coprono chi le acquista da un aumento del rendimento del Titolo di Stato decennale USA allo 8% (con conseguente crollo del prezzo della medesima obbligazione).

Come scritto poco sopra, al momento in cui scriviamo si tratta di un fatto marginale: la sua importanza è, prima di tutto, psicologica. Ci aiuta a capire che cosa passa per la testa della gente, oggi, che invece non passava per la testa della gente a inizio agosto.

Osservate il commento nell’immagine: associa un rendimento allo 8% al notissimo film di Fantascienza che si chiama Mad Max.

Si tratta di un film che descrive un Mondo post Apocalisse nucleare, poverissimo ed in mano a violente bande di vagabondi. Un film che descrive la realtà dopo la catastrofe.

La catastrofe, nel caso in questione, sarebbe causata dal rendimento che sale allo 8%.

Proprio questo risvolto psicologico ci ha fatto tornare alle mente le (tantissime) considerazioni che ci è capitato di leggere, nel corso dell’ultimo decennio, a proposito del fatto che

esiste una grande Mano Santa che dall’alto protegge i mercati finanziari

nel senso che ormai tutte le economie Sviluppate sono costrette a sostenere sempre e spingere sempre verso l’alto i prezzi delle Borse e delle obbligazioni, perché se fossero lasciati a sé stessi la conseguenza sarebbe la fine della nostra civiltà.

Chi sostiene questo modo di vedere il futuro, vuole convincerci del fatto che Banche Centrali, Istituzioni Internazionali e Governi, alla fine, metteranno sempre i soldi che servono, e ci sarà sempre alla fine il “salvataggio”.

Perché, negli anni, si è diffusa e rafforzata questa credenza popolare? Su che cosa è fondata?

Probabilmente, sulla tradizione dei tre Arcangeli protettori.

Il culto Cristiano celebrava lo scorso 29 settembre i tre Arcangeli protettori, Michele, Gabriele e Raffaele.

Gli investitori hanno adattato questa immagine iconografica alla realtà dei mercati finanziari, e rassicurano sé stesso auto-convincendosi del fatto che dall’alto qualcuno è sempre pronto ad intervenire per salvare “tutti”.

Rispettiamo, ovviamente ogni convinzione e credo, della religione cristiana e di ogni altra.

Siamo però decisamente contrari agli atti di fede applicati alla gestione dei propri investimenti finanziari. L’investimento, in Recce’d, non lo vediamo come atto di fede ma come scelta razionale che deve essere, sempre, adeguatamente valutata e calcolata.

L’esistenza degli Angeli salva-tutto è una credenza che si è diffusa soltanto di recente: esiste una storia dei mercati ben più lunga, e racconta di una (lunga) serie di eventi nei quali questi Angeli … non si son presentati, oppure non sono stati in grado di rimediare a nulla.

Oggi? In che situazione ci troviamo?

Del tutto evidente è il fatto che, nella misura in cui la credenza popolare è fondata sulla premessa che “in caso di crisi, loro ci mettono altri soldi”, allora oggi non sta in piedi.

I soldi sono finiti (a causa delle megalomani operazioni di espansione del debito, tra il 2020 della pandemia ed il 2022 dell’Ucraina). I soldi, non ci sono. Se lunedì ci fosse anche la più drammatica delle crisi, al Mondo nessuno potrebbe dire “ci metto tutti i soldi che sono necessari per fermarla”. Neppure gli Stati Uniti, la più grande economia del Pianeta: che appunto ha finito i soldi.

Federal Reserve inclusa: che potrebbe stamparli … ma purtroppo NON può più stampare.

Ma questo lo sapete tutti. Noi di Recce’d con questo Blog vogliamo invece accendere un riflettore su un fatto: il fatto è che

a nessuno importa di “prevenire la fine della nostra civiltà così come la conosciamo”. Quello è solo un luogo comune, senza senso.

Moltissimi investitori negli ultimi anni hanno assunto atteggiamenti di compiacenza, che vuole poi dire sufficienza: “tanto, alla fine, qualcuno interviene, e ci protegge dalle perdite, e quindi perché non riempirci di rischi, di titoli spazzatura, di tesla, di Italia?”. nella versione meno aggressiva e più moderata, la cosa funziona come segue: “daranno un colpo al cerchio, un colpo alla botte, e si tirerà avanti ancora an altro po’…”.

Come quelli che vivono nella casa con il tetto che perde acqua, e sanno che non può continuare così, ma pensano che alla fine, ancora per quest’anno, magari qualche mese, potrebbe reggere.

Oppure, anche no.

Tutti questi investitori commettono un errore grave: quello di credere che alla fine prevale sempre una cosa che si chiama “il bene comune”.

Amici investitori, se la pensate in questo modo, vi state sbagliando del tutto (e la Storia lo insegna): il mercato è fatto, tutto quanto, di persone … che sono proprio come voi, e che ragionano proprio come voi. D’accordo sul “bene comune”, ma più importante ancora è non perdere soldi sul PROPRIO portafoglio titoli.

Che sia grande, grandissimo, oppure piccolo o piccolissimo, fa nessuna differenza: nessuno ci sta a perdere: ricordatelo. E, su questa base, tenete bene a mente che

se il mercato deve andare allo 8% oppure al 10% di rendimento, il mercato ci va: ai mercati finanziari, importa NULLA di quel cosiddetto “bene comune” oppure di Mad Max, nessuno accetta di perdere per il “bene comune”.

Ma bello viene adesso.

Il bello arriva quando il pubblico comprende che (questo in pochissimi lo hanno ancora capito) le stesse Banche Centrali … se ne fregano, di quel cosiddetto “bene comune”.

Gli abnormi acquisti di Titoli di Stato, ed altre obbligazioni, negli anni successivi al 2011 e fino ad oggi, non sono MAI stati finalizzati ad un generico “bene comune” ed ancora meno a prevenire “la fine della nostra civiltà per come la conosciamo”.

Le Banche Centrali sono Istituzioni in cui operano esseri umani come voi e noi che rispondono a specifiche istanze.

Nel 2008, il sistema bancario internazionale era fallito. Fu deciso di salvare le banche dal fallimento con denaro del pubblico. Poi nel 2011 fu chiaro che il rischio di fallimento restava presente. Fu deciso di rendere gli interventi permanenti. Grazie alla pandemia, fu poi sfondato ogni “tetto” e fu rimosso ogni “limite”. Janet Yellen disse nel 2021 il suo famoso “Go Big”, ovvero “dobbiamo esagerare”.

Non era allora, nel 2021, e non è mai stata una politica a protezione della “nostra civiltà così come la conosciamo”, bensì la protezione pubblica a favore di specifiche persone con nomi e cognomi e specifiche istituzioni con nomi molto noti al pubblico.

La storia però, la storia del Mondo nel quale noi viviamo, operiamo, ed investiamo, ci presenta un grande numero di episodi nei quali questo tipo di operazioni “di salvataggio”, il cui scopo è esclusivamente quello di proteggere chi in quel momento è in posizione dominante, sono del tutto fallite.

A volte, queste operazioni hanno successo. Altre volte, falliscono, e qualche cosa sfugge di mano.

Non sempre hanno successo.

Notate: non è arrivata la “fine della civiltà” nel passato, e non arriverebbe pure nel 2023.

Quella che chiamate “la civiltà”, al contrario, si è evoluta proprio grazie a questo tipo di stravolgimenti.

Tornando ora dal generale al particolare del settembre 2023, il lavoro di Recce’d in queste settimane per i portafogli modello sei Clienti è concentrato proprio sugli aspetti che vengono citati qui sopra nell’immagine, e precisamente:

  • il valore dei titoli obbligazionari che erano stati utilizzati come collaterale per operazioni di finanziamento

  • le cosiddette “margin calls” che tutti ricordano (quanto meno) per il film di successo

  • il funzionamento dei mercati “REPO” ovvero “pronti-contro-termine”

  • i valori nei bilanci delle banche

  • il funzionamento delle “stanze di compensazione” (clearinghouses)

  • il grado di “leva finanziaria” dei consumatori

  • il grado di “leva finanziaria del settore delle “non banche”

  • il grado di “leva finanziaria” del settore immobiliare

In questo Post non abbiamo spazio e tempo per approfondire, ma non mancheranno approfondimenti la settimana prossima in The Morning Brief e se faremo in tempo anche attraverso il nostro sito.

Per chiudere il cerchio vi segnaliamo che anche il linguaggio dei “gruppi Ultras” è già stato adattato: proprio le medesime persone e banche di investimento che in gennaio, solo nove mesi fa, scrivevano che “il 2023 sarà uno degli anni migliori di sempre per le obbligazioni” adesso scrivono che “i dati ci confortano nel credere che i tassi nn possono salire per sempre”, come leggete sotto nell’immagine.

Ma quella è gente che, davvero, ne capisce poco. Diciamo nulla.

La sigla GS sta per Goldman Sachs, una delle sigle dei “Gruppi Ultras”.

I “gruppi Ultras” oggi sono tutti già pronti a ricominciare con la tiritera del soft landing, e sono già d’accordo con i media per sostenere che “quello è l’unico scenario possibile”.

Tutta quella gente ha da tempo messo il cervello “in pausa”. Fa marketing al 100%.

Con alcune eccezioni, che meritano di essere quindi evidenziate. Facciamolo.

L’intervista che leggete qui di seguito è piena di “buon senso comune” mentre mancano del tutto le novità. Chiamiamola una marcia indietro, con due anni di ritardo.

Unico scivolone: lo trovate evidenziato da noi nel testo, e parte da quel “Naturalmente”.

I contanti sono il posto più sicuro in questo momento, secondo Marko Kolanovic

Uno dei principali strateghi dei mercati di JPMorgan Chase & Co. sta esortando i clienti a evitare sia le obbligazioni che le azioni a favore del contante dopo aver individuato le sfumature del 2008 nell’economia americana contemporanea.

Nella sua ultima nota ai clienti, Marko Kolanovic di JPM, che si è guadagnato il soprannome di “Gandalf” dopo una serie di preveggenti richiami al mercato nel 2015, ha avvertito che l’economia americana sembra sul punto di scivolare in una recessione punitiva mentre i tassi di interesse e i rendimenti obbligazionari salgono. Né le azioni né le obbligazioni sono sicure, ha affermato, e ha esortato i clienti a conservare la propria liquidità e a godere di rendimenti del 5% + relativamente privi di rischio.

Kolanovic ha affermato di vedere sfumature del 2008 nell’aumento dei fallimenti e delle inadempienze sui prestiti al consumo, che hanno coinciso con l’erosione del cuscino di liquidità del COVID-19 che ha contribuito a isolare molti dagli effetti dell’aumento dei costi di finanziamento.

Ma il “ritardo” della politica monetaria che finora ha aiutato l’economia americana a evitare una recessione sta svanendo. Ora, Kolanovic si sta concentrando sull’aumento dei costi di finanziamento, che sono aumentati in misura ancora maggiore da quando la Federal Reserve ha iniziato ad aumentare i tassi di interesse lo scorso anno rispetto a poco prima della crisi finanziaria.

L’aumento dei tassi non è l’unico problema che affliggono azioni e obbligazioni. Secondo Kolanovic, un previsto rallentamento della spesa fiscale potrebbe aggravare i problemi dell’economia statunitense, mentre le tensioni che coinvolgono Cina, Russia e altre nazioni creano nuovi rischi geopolitici che potrebbero potenzialmente innescare esplosioni di volatilità.

A suo avviso, i venti contrari che affliggono i titoli azionari si sono solo intensificati dall’inizio di quest’anno, quando Kolanovic ha mantenuto la sua posizione ribassista anche mentre l’S&P 500 e il Nasdaq Composite erano in rialzo mentre la forza di entrambi i mercati e dell’economia statunitense ha colto di sorpresa molti a Wall Street. .

Anche se non è esattamente analogo, il contesto economico negli Stati Uniti “fa rima” con gli anni precedenti la crisi finanziaria, ha detto Kolanovic, poiché l’aumento dei tassi minaccia di punire consumatori e imprese sovraesposti.

"Quindi l'attuale variazione dei tassi di interesse è circa cinque volte maggiore rispetto all'aumento del 2002-2008. Naturalmente, i bilanci dei consumatori e la leva finanziaria nei mercati immobiliari e nel settore finanziario erano più elevati nel 2008, ma gli investitori dovrebbero monitorare attentamente la propagazione dei tassi di interesse. lo shock dei tassi di interesse nei mercati e nei diversi segmenti dell’economia", ha affermato Kolanovic.

Ha anche espresso scetticismo sull’impatto a lungo termine della mania dell’intelligenza artificiale che ha contribuito a rilanciare l’S&P 500 e il Nasdaq Composite quest’anno, anche se la maggior parte dei componenti dell’S&P 500 rimangono stabili o leggermente al ribasso dal 1° gennaio.

"Può l'intelligenza artificiale cambiare l'economia e compensare l'impatto negativo dell'inflazione e dei tassi di interesse? Pensiamo di no. L'intelligenza artificiale potrebbe rilanciare il mercato azionario in modo speculativo come ha fatto all'inizio di quest'estate. Parte dell'effetto ricchezza derivante dalle elevate valutazioni del mercato azionario potrebbe passano anche nell’economia attraverso il sentimento generale dei consumatori, che potrebbe aver introdotto ulteriori ritardi, ma che potrebbe altrettanto rapidamente scomparire", ha detto Kolanovic.

All'inizio di settembre è trascorso il quindicesimo anniversario del crollo di Lehman Brothers, che ha inaugurato il periodo più caotico della crisi finanziaria. Da allora alcuni a Wall Street hanno avvertito che l’aumento dei rendimenti obbligazionari sta gettando una luce scomoda sul sistema bancario dopo il collasso della Silicon Valley Bank e di molti altri istituti di credito statunitensi a marzo.

Valter Buffo
Come affrontare il quarto trimestre 2023?
 

Come tutti i nostri lettori sanno, nel corso del terzo trimestre 2023, Recce’ ha:

  1. prodotto ogni giorno l’aggiornamento della pagina MERCATI del sito

  2. prodotto quotidianamente un numero superiore alla media di nuovi contributi INFORMATIVI attraverso la pagina TWIT - TWOO del sito

  3. prodotto due nuovi aggiornamenti per la pagina NEL MOTORE DELLA PERFORMANCE che è dedicata alle scelte operative per i portafogli titoli

  4. per i propri Clienti, in esclusiva, prodotto aggiornamenti puntuali ed approfonditi delle analisi

  5. che sono stati poi quotidianamente inviati al Cliente attraverso The Morning Brief

  6. insieme con le necessarie indicazioni che traduco o tradurranno poi il lavoro di analisi in operatività sui portafogli modello

In aggiunta, i nostri Clienti hanno ricevuto, 19 agosto 2023 e poi anche il 15 settembre, due nuovissime Lettere al Cliente, tutta dedicata all’operatività ed alla performance dei portafogli modello.(messe a confronto con i risultati delle GPM, ei Fondi omuni dei Fondi Hedge)

Tutto questo lavoro di analisi, a che serve?

Serve per arrivare il 30 settembre, e non essere sorpreso, di nulla.

Non solo: in aggiunta, serve per arrivare al 30 settembre ed avere le idee chiarissime sulle prossime mosse.

Questi due risultati, che sono molto concreti dato che si traducono in performance.

Senza una analisi quotidiana, e di qualità elevata, è impossibile ottenere risultati dai mercati finanziari.

Per Recce’d è stato possibile produrre tutto questo output in tempo reale grazie ad:

  • un metodo di lavoro consolidato e testato sul campo

  • un database articolato e sperimentato

  • una struttura pronta a reagire in ogni momento

  • un bagaglio adeguato di conoscenze

  • l’eperienza maturata attraverso decenni

  • un modello proprietario di valutazione di tutti gli asset finanziari che rientrano nel nostro universo investibile.

Nessun operatore italiano, che agisca nel settore dei “servizi che riguardano la gestione del risparmio”, ha fatto altrettanto.

Non in termini di quantità.

Ancora meno in termini di qualità

E sicuramente non in termini di risultati, come viene documentato nelle due più recenti Lettere al Cliente.

Tutti i lettori del Blog senza dubbio ricordano che Recce’d aveva pubblicato il 3 giugno, un Post avevamo già scritto ai nostri lettori che è stata fatta una scelta politica, di tirare una corda fino a che non sarà spezzata; spiegando poi che è stata scelta con decisione la strada del “fare finta di non capire e non vedere”, come altre volte nel passato recente. Di tollerare, di continuare a sperare, e di spargere “ottimismo”.

Abbiamo scritto, il 3 giugno, che proprio a causa di questa scelta politica oggi tutti gli investitori (che non siano decisamente distratti, malissimo informati … oppure un po’ semplicioni) si trovano davanti un solo scenario possibile, e stiamo tutti andando verso questo esito con massima velocità. Oggi vi è sufficiente guardare ai prezzi sui mercati.

Il solo scenario possibile metterà in massima evidenza la differenza tra la ricchezza “soltanto sulla carta” e la vera ricchezza”: questo noi di Recce’d lo avevamo già chiarito sette giorni prima.

Ed in aggiunta a questo vi avevamo anticipato già il 24 giugno che ci aspetta un’estate calda (caldissima) e poi un inverno freddo (freddissimo): ma soprattutto, un agsto indimenticabile.

Come avevamo scritto in data 10 giugno scorso, oggi dovrebbe esservi chiaro che il “punto di svolta” è stato ampiamente superato: ormai, siamo già tutti dentro quello scenario che noi anticipammo appunto il 3 giugno.

Ma se per caso non vi è stato sufficiente tutto questo nostro lavoro, allora il 5 agosto scorso siamo arrivati noi, a ricordare al lettore … come si previene l’insolazione.

Ed è proprio in quel Post (se lo leggete con attenzione ed un pizzico di arguzia) che trovate le indicazioni su che dovete fare del vostro portafoglio e dei vostri investimenti sui mercati finanziari.

In sostanza, vi avevamo già detto con anticipo tutto ciò che oggi è necessario per sfruttare in modo profittevole la nuova situazione dei mercati finanziari: che cosa ci rimane, alla fin del terzo trimestre, da aggiungere, di concreto, utile e pratico?

Prima di tutto, ripetiamo l’invito a contattarci: come la settimana scorsa, anche la settimana prossima noi di Recce’d saremo al nostro posto, disponibili a chiarire alcuni dei vostri dubbi e ad aiutare chi ritiene sia arrivato il momento della decisione.

In secondo luogo, questa occasione ci offre uno spunto per ricordare ai nostri lettori che la gestione del portafoglio titoli impone, a chi se ne prenda la responsabilità (sia professionalmente, sia individualmente), di distinguere ciò che conta davvero da ciò che, al contrario, conta nulla.

Vi ricordiamo ciò che era stato scritto (e a noi pubblicato) a Ferragosto)

I titoli azionari e obbligazionari sono scesi in settimana a causa dei dati economici positivi che hanno spinto a pensare che la Federal Reserve manterrà i tassi di interesse più alti ancora a lungo, anche se i prezzi si sono stabilizzati venerdì.

Dopo aver toccato giovedì il livello più alto dal novembre 2007, il rendimento di riferimento del Tesoro americano a 10 anni è tornato sotto il 4,3%, ma ha comunque registrato la quinta settimana consecutiva di guadagni. Il costante aumento dei rendimenti rende nervosi gli investitori perché le passate impennate si sono talvolta rivelate destabilizzanti per i mercati.

Con il rendimento decennale ancora ben al di sotto del livello dei tassi a breve termine fissati dalla Fed, alcuni analisti vedono un margine di crescita per il tasso di riferimento.

Allora, a metà agosto, come oggi, a fin trimestre, tutto sta nl sapere distinguere: e cogliere, tra l migliaia di storie false quelle poche che contengono l vero.

Distinguere ciò che è vero da ciò che è falso non è gratis e non è facile.

  • richiede tempo

  • richiede attenzione

  • richiede risorse

  • richiede capacità di analisi.

Sono numerose (lo ricorderete) le occasioni nelle quali noi di Recce’d abbiamo chiarito, nell’interesse di chi ci legge e ci segue attraverso il sito, che investire

  • non può essere improvvisato

  • non può essere condotto come un hobby

  • non può essere affidato a figure professionali la cui principale qualifica è quella di 2sapere vendere i prodotti”

In due parole: investire è un’altra cosa: non è un hobby, non è il fai-da-te del Brico OK, non è una serie di fortunate intuizioni, ma soprattutto non è, né mai sarà, un’attività che può essere svolta dai venditori “di prodotti finanziari” che non hanno mai fatto gestione del portafoglio (e non sanno di che cosa si tratta.

Questo, molto semplicemente, per la ragione che non sono in grado di distinguere ciò che davvero conta, ciò che davvero è rilevante per il risultato e la performance (ma pure per il rischio), da ciò che non lo è.

Voi, amici lettori, come avete impiegato il vostro tempo durante il terzo trimestre 2023?

Vi siete interessati di Intelligenza Artificiale, e di inflazione “che cala”, e di soft landing, e dello “anno dei bonds”, e delle “riaperture post COVID in Cina”, su “Nvidia”, su “Tesla”?

Spiamo spiacenti: ma siamo costretti ad informarvi che avete buttato via il vostro tempo. E probabilmente, anche dei soldi, dei vostri soldi.

Sono anni, che noi di Recce’d ve lo scriviamo: smettetela di pensare che “tutto ritornerà come prima”.

A meno che … il vostro “prima” non sia un “prima di prima”.

Spieghiamo meglio: le probabilità di un ritorno dei mercati finanziari agli anni 2009 -2021 sono pari a zero, e forse sotto zero. Ma ci sono altri periodi, del passato dei mercati finanziari, che possono farvi da utile riferimento.

Di questo, nel Post abbiamo già scritto, in decide di occasioni: chi ha voluto cogliere, ha già colto, e chi invece non ha voluto cogliere … non coglierà mai.

Qualche lettore, arrivato a questo punti, vorrebbe forse chiedere: “si ok, capito, ma voi oggi che cosa state facendo?”

La risposta è (ovviamente) riservata al Cliente di Recce’d, come è giusto che sia.

Noi come sempre vogliamo, in ogni caso, dire al lettore qualche cosa di concreto. A questo scopo, vi chiediamo di leggere con attenzione l’articolo che segue.

Scorretelo con attenzione, e fatevi portare alle conclusioni finali.

Tutta l’attenzione di noi di Recce’d e di tutti i gestori competenti, in questo momento, è concentrata sul finale, e non sull’inizio, di questo importante articolo.

Mercoledì 20 settembre, i funzionari della Federal Reserve hanno sorpreso i mercati segnalando che i tassi di interesse non scenderanno tanto quanto precedentemente previsto.

La modifica potrebbe essere più importante di quanto sembri. Nelle loro proiezioni e commenti, alcuni funzionari suggeriscono che i tassi potrebbero rimanere più alti non solo per un periodo più lungo, ma per sempre.

In termini più tecnici, è aumentato il cosiddetto tasso neutrale, che mantiene stabili nel tempo l’inflazione e la disoccupazione.

Ciò è importante per qualsiasi investitore, azienda o famiglia i cui piani dipendono dai tassi di interesse per un decennio o più.

Ciò potrebbe spiegare perché i rendimenti dei titoli del Tesoro a lungo termine sono aumentati notevolmente negli ultimi mesi e perché le azioni sono in difficoltà.

Il tasso neutrale non è letteralmente per sempre, ma questo cattura l’idea generale.

Nel lungo periodo la neutralità è una funzione di forze che si muovono molto lentamente: i dati demografici, la domanda globale di capitale, il livello del debito pubblico e le valutazioni degli investitori sui rischi di inflazione e crescita.

Il tasso neutrale non può essere osservato, ma solo dedotto dal modo in cui l’economia risponde a particolari livelli di tassi di interesse. Se i tassi attuali non rallentano la domanda o l’inflazione, allora il neutrale deve essere più alto e la politica monetaria non è restrittiva.

Mercoledì 20, infatti, il presidente della Fed Jerome Powell ha ammesso che uno dei motivi per cui l’economia e il mercato del lavoro rimangono resilienti nonostante i tassi tra il 5,25% e il 5,5% è che il tasso neutrale è aumentato, anche se ha aggiunto: “Non lo sappiamo per certo”.

Prima della recessione e della crisi finanziaria del 2007-2009, gli economisti ritenevano che il tasso neutrale fosse compreso tra il 4% e il 4,5%. Dopo aver sottratto il 2% di inflazione, il tasso neutrale reale era compreso tra il 2% e il 2,5%. Nel decennio successivo, la Fed mantenne i tassi di interesse vicino allo zero, ma la crescita rimase lenta e l’inflazione al di sotto del 2%.

Le stime di neutralità hanno cominciato a scendere. La stima mediana dei funzionari della Fed del tasso dei fondi federali a lungo termine – il loro proxy per la neutralità – è scesa dal 4% nel 2013 al 2,5% nel 2019, o allo 0,5% in termini reali.

Mercoledì la stima mediana era ancora del 2,5%. Ma cinque dei 18 funzionari della Fed lo stimano al 3% o più, rispetto a soli tre funzionari a giugno e due a dicembre scorso.

Nel 2026, i funzionari prevedono che l’economia crescerà al tasso di lungo termine dell’1,8%, la disoccupazione al suo livello naturale di lungo periodo del 4% e l’inflazione al suo obiettivo del 2%. Tali condizioni sarebbero normalmente coerenti con tassi di interesse neutrali. In realtà, i funzionari ritengono che il tasso dei fondi federali chiuderà l’anno al 2,9% – un altro indizio che secondo loro il neutrale è aumentato.

Ci sono molte ragioni per un livello neutrale più elevato.

Dopo la crisi finanziaria globale, le imprese, le famiglie e le banche hanno ripagato i debiti invece di contrarre prestiti, riducendo la domanda di risparmio e frenando al tempo stesso la crescita e l’inflazione. Con l’attenuarsi della crisi, si sono attenuate anche le pressioni al ribasso sui tassi di interesse.

Un altro è l’inchiostro rosso del governo: il debito federale detenuto dal pubblico ammonta ora al 95% del prodotto interno lordo, in aumento rispetto all’80% all’inizio del 2020, e i deficit federali sono ora al 6% del PIL e si prevede che continueranno a crescere, da meno di 5. % prima della pandemia.

Per convincere gli investitori a detenere una quantità così maggiore di debito probabilmente è necessario pagarli di più. La Fed ha acquistato obbligazioni dopo la crisi finanziaria e di nuovo durante la pandemia per abbassare i tassi di interesse a lungo termine. Ora sta perdendo quelle partecipazioni obbligazionarie.

L’inflazione non dovrebbe, di per sé, influenzare il tasso neutrale reale. Tuttavia, prima della pandemia la principale preoccupazione della Fed era che l’inflazione rimanesse al di sotto del 2%, una situazione che rende difficile stimolare la spesa e può portare alla deflazione, ed è per questo che ha mantenuto i tassi vicini allo zero dal 2008 al 2015.

In futuro si preoccuperà maggiormente del fatto che l’inflazione persista al di sopra del 2%, e peccherà dalla parte dei tassi più alti con scarsa propensione a tornare a zero.

Altri fattori stanno ancora spingendo verso la neutralità, come l’invecchiamento della popolazione mondiale, che riduce la domanda di case e beni strumentali per attrezzare i lavoratori.

Quindi il neutrale è probabilmente aumentato dal 2019, ma non al livello precedente al 2008. In effetti, i mercati dei future fissano i tassi tra un decennio a circa il 3,75%.

Naturalmente tutto questo è solo una previsione. Se l’inflazione dovesse scendere in modo indolore nel prossimo anno, se la crescita rallentasse bruscamente, o se i rendimenti dei titoli del Tesoro crollassero, anche le stime di neutralità diminuiranno. Per ora, l’evidenza suggerisce che il pubblico dovrebbe abituarsi a tassi più alti a perdita d’occhio.

Valter Buffo