Abbiamo appena superato il punto di svolta
Proprio nella settimana nella quale tutti hanno letto, parlato, scritto e commentato della Borsa a New York, Recce’d apre il suo nuovo Post con i tassi.
Per quale ragione? Vogliamo evitare l’argomento Borsa? No, assolutamente no.
Ma la Borsa oggi conta nulla: meno di zero, per la gestione dei vostri e dei nostri portafogli.
La Borsa oggi è solo un “di cui”. Lo avrete sicuramente notato anche voi. Perché su muove oggi la Borsa? Solo, unicamente e sempre per le variazioni dei tassi (attesi per il futuro).
Ecco spiegato il perché, invece che di scrivere di Borsa, 0DTE ed altre opzioni, MOMO e FOMO, e naturalmente Nvidia e anche Tesla (che vi farebbero solo perdere del tempo) Recce’d scrive ed analizza l’andamento dei tassi di mercato. Noi temi del genere li lasciamo agli impreparati, a chi non sa gestire ma si propone come gestore esperto, e a tutti gli ingenui che si fanno riempire gli occhi dallo “straordinario andamento dei titoli della Tecnologia”.
E’ già successo in passato, e noi di Recce’d sappiamo alla perfezione come reagire, durante queste fasi di emotività che sfiora l’isteria collettiva. La nostra esperienza passata ha sempre visto i Clienti premiati dalle nostre scelte di portafoglio, ed in particolare proprio nelle fasi di “bolla” quando “i titoli della Tecnologia volano”.
Ritorniamo quindi alle cose serie ed alla professione del gestore di portafogli modello esercitata in modo competente: parlando di tassi.
Tutti voi amici lettori siete messi di fronte a un dato di fatto, che è quello del grafico che apre il nostro Post. Intorno a questo dato di fatto, oggi, 17 giugno 2023, ruota praticamente tutto: anche se (per ora) non fa titolo sul Sole 24 Ore, sul Corriere, su MF, su CNBC. Ed anche (soprattutto) se a voi il financial advisor oppure wealth manager oggi (ma durerà poco) non ne parla.
Vediamo i fatti (nel grafico): la curva dei rendimenti, in tutti i Paesi Occidentali sviluppati, resta fortemente invertita.
Da sempre, da quando esistono i mercati finanziari, questo è un sicuro è un segnale di recessione dell’economia.
Ma oggi? Oggi la recessione … non c’è più: lo dice Powell, poi lo ripete Lagarde.
E quindi: sono diventati tutti matti? No. Possiamo garantirvi che si tratta di persone perfettamente razionali e lucide. Qui NON è come in Borsa.
Ma allora? Come si spiega?
La spiegazione migliore tra le migliaia che abbiamo letto, è la seguente:
i 100 punti base di inversione (1% di differenza tra corto e lungo) si spiegano come una media; la media è tra zero (non cambierà nulla nei tassi a breve) e 400 (i tassi a breve crolleranno a causa di un crash); le probabilità sono quindi 75% e 25%; ad oggi, ovviamente
Le cose possono cambiare: ovvio. Lo scenario cambierà: è sicuro. ma intanto, quello che tutti gli investitori devono realizzare, ciò che tutti noi dobbiamo avere chiaro, è che il rischio di un crash viene prezzato sui mercati. E, come vedete (dal calcolo delle probabilità) si tratta di un crash improvviso, e molto violento.
E adesso torniamo al gennaio del 2022.
In quel gennaio 2022, tutti la vedevano in una certa maniera, e tutti erano tranquilli. Poi … senza una ragione, le cose sono cambiate.
Noi di Recce’d nel corso dell’anno 2022, ci siamo sentiti ripetere la frase che avete appena letto almeno un migliaio di volte.
A parlare, erano investitori individuali, ma pure investitori professionali, come anche financial advisors e private bankers.
Alla ricerca di una scusa, di una via di fuga, di un angolo nascosto e protetto,
La nostra risposta: per tutti la medesima ovvero
“No, non tutti”.
La cosa si ripeterà: proprio nel 2023.
La frase ritornerà, sicuramente: e ritornerà perché oggi, a metà 2023, a molti piace di illudersi che “tutti la vedono allo stesso modo”, quando chiaramente non è così. Le cose non stanno così, e la realtà dei fatti NON è quella che raccontano quelli di “tutti la vedono allo stesso modo”.
Facciamo immediatamente un esempio concreto. E qualificato.
Una previsione confermata anche il premio Nobel per l’Economia e docente all'università Sda Bocconi di Milano, Michael Spence, a margine dell’incontro organizzato da Centromarca: «Nei prossimi due anni lotteremo ancora contro l’inflazione. A livello internazionale avremo una crescita lenta e probabilmente bassa. Guardando a un orizzonte più esteso, ci troveremo a vivere in un mondo con tassi d’interesse più elevati e in cui l’inflazione sarà una minaccia ancora maggiore rispetto a oggi».
Questo, che leggete, NON è quello che oggi ci raccontano quelli che … “tutti la vedono allo stesso modo”. Non lo trovate sul PLUS del weekend, su MF, su CNBC, non lo sentite dal financial advisor: e quindi, a causa di questo vi ritrovate col portafoglio … che avete oggi.
Nel sintetico resoconto giornalistico che avete appena letto, c’è invece la nuova realtà. La realtà che tutti noi investitori oggi dobbiamo affrontare.
Si tratta di una realtà che è “nuova” soltanto per chi si affidava fino ad un mese fa alla “visione di consenso”. Chi segue il nostro Blog è cosciente di questo stato delle cose da due anni.
La grande novità del giugno 2023 è che questo, adesso, sta diventando il “nuovo consenso”: ce lo raccontano i Premi Nobel, ma pure la Federal Reserve e pure la BCE. E l’Amministratore Delegato di Banca Intesa.
I mercati finanziari? Cosa fanno le Borse? E le obbligazioni? Che cosa vedono quelli di “tutti la vedono allo stesso modo”?
Beh … loro non vedono ancora quello che viene raccontato dal “nuovo consenso”. Per il momento. Nei prezzi di obbligazioni ed azioni oggi ancora non si vede.
Per voi lettori quindi diventa molto utile tenere a mente, in un momento come quello attuale, che i mercati non hanno importanza, nell’immediato, in una fase decisiva (ed anche storica) come quella attuale: la realtà fuori dai mercati invece ha tutta l’importanza, per noi investitori.
I cambiamenti di prezzo sui mercati che abbiamo visto in giugno (inclusi i rialzi della Borsa a Wall Street) sono reazioni a caldo di persone esasperate (disperate), che sono vittima della loro stessa confusione mentale. Ne abbiamo scritto anche qui, nel Blog, il giorno 3 giugno e poi il giorno 10 giugno.
Quei movimenti di brevissimo termine, per una gestione di portafogli che porti risultati duraturi, significano nulla. I prezzi di mercato devono ancora allinearsi al “nuovo consenso” che avete letto più in alto, e lo faranno all’improvviso ed in misura molto ampia.
Ogni investitore che abbia a cuore i risultati del proprio patrimonio investito deve per conseguenza avere la capacità di distaccarsi da un giorno-per-giorno che al 90% è soltanto noise ed andare alla ricerca di ciò che costituisce un autentico signal.
L’investitore dovrebbe domandarsi se le SINGOLE posizioni che oggi ha nel proprio portafoglio sono coerenti con il quadro che è stato tracciato, proprio questa settimana, sia da Powell sia da Lagarde, e che in apertura vi abbiamo sintetizzato. I prezzi delle obbligazioni nel portafoglio titoli sono già coerenti con lo scenario? E quelli delle azioni? E le valute? E l’oro ed il petrolio? Quali correzioni arriveranno?
L’investitore consapevole deve sfruttare questa ottima occasione che gli si presenta proprio oggi: adesso (finalmente), il quadro è chiaro. Si tratta della “economia a due facce”, per usare una espressione del Corriere della Sera. Ovvero stiamo andando a ricadere (a piombo) negli Anni Settanta.
“Lasceremo correre l’inflazione, almeno per un paio di anni, senza contrastarla davvero, per lasciare che la crescita del PIL rimanga almeno a zero e non vada sotto zero”. Come si fece negli Anni Settanta.
La politica, di destra, centro e sinistra, esulta ovviamente: la politica si preoccupa solo delle prossime scadenze elettorali, e non del baratro che c’è dietro l’angolo.
Gli Anni Settanta? Li ricordiamo tutti.
Nel 2023 - 2024 non si ripeteranno ESATTAMENTE gli Anni Settanta: è impossibile, perché oggi la situazione è diversa, nei suoi dati fondamentali. Secondo Recce’d (che con voi parla di Anni Settanta dal 2020) questa volta le cose sono molto, molto, molto più complicate, e difficili da risolvere.
Questa volta, non è detto che se ne uscirà in 15 anni, come accadde tra il 1968 ed il 1982.
La somiglianza forte con gli Anni Settanta sta in questo: la scelta di NON affrontare i problemi, di procedere mese-per-mese, e di convincere il pubblico degli investitori che “2 + 2 può fare 5”. Ma non può fare 5.
Vediamo di calare queste considerazioni introduttive nella realtà dei fatti, ed in modo particolare dei fatti dell’ultima, caotica e convulsa settimana dei mercati finanziari.
Condividiamo il giudizio di Donato Masciandaro nell’immagine qui sopra: viene tristezza, e la nostra è una tristezza motivata. E’ la tristezza che colpisce tutti quelli che sono consapevoli della destinazione. Che sanno dove porta la strada appena imboccata.
Masciandaro parla della BCE ma noi con voi vogliamo rivedere i fatti relativi alla Federal Reserve, perché hanno maggiore peso sul futuro di obbligazioni, azioni, valute e materie prime.
Nell’immediato, dice l’immagine, i mercati finanziari sono “andati a vedere” (nel senso che è del poker) il bluff di Powell, e questo perché i mercati non credono alla determinazione della Federal Reserve nel combattere l’inflazione.
La reazione dei mercati, se viene letta in questo modo, ci riporta alla tristezza di Masciandaro.
La reazione dei mercati è condivisibile: ed ora prendiamo in esame il caso che i mercati abbiano ragione. Che effettivamente la Fed non abbia la forza e la risolutezza per combattere seriamente l’inflazione.
Se effettivamente questa è stata la scelta della Fed, si tratta di una “buona notizia” oppure di un (altro) “policy error”?
Secondo l’ex Presidente della Fed Reinhart (immagine) si è trattato di un (altro) “policy error”:
come si può allo stesso tempo venedere al pubblico la storia della “pausa” ed aumentare le previsioni dei futuri rialzi di 50 punti base?
Si può, evidentemente, perché lo hanno fatto. Ma si tratta di una mossa che rende le cose più semplici? Migliora la situazione? Oppure la peggiora?
Come leggete nel commento di David Rosemberg (immagine), anche il modo nel quale Powell ha motivato la “pausa” non convince tutti: e già nella precedente immagine, avevate letto che Reinhart ha parlato di “errore di comunicazione”.
Altri dubbi sono stati espressi dall’ex Ministro del Tesoro USA Larry Summers: leggiamo.
Nel commento di Summers si fa largo una spiegazione, che potrebbe motivare i tanti “errori” (sia di politica monetaria, sia di comunicazione) fatti questa settimana.
Summers ha parlato giovedì 15 giugno di “dinamiche politiche interne alla Federal Reserve”: noi di Recce’d invece con voi, ieri nella pagina TWIT - TWOO, ci siamo spinti fino a parlare di politica-politica. Non politica monetaria, non politica interna alla Fed oppure alla BCE.
E’ arrivato il momento nel quale è necessario parlare di politica-politica: la politica dei partiti e dei Parlamenti. Di maggioranze, di opposizioni, di movimenti sociali, di movimenti sindacali, di sondaggi di opinione.
Il “dorato isolamento” delle Banche Centrali è finito, e lo vediamo tutti nel caos che si manifesta attraverso le decisioni e soprattutto le comunicazioni, come si ripete anche nel commento all’immagine che segue. le pressioni della politica-politica sono la causa di questa situazione caotica.
Il tema (politica economica e politica-politica) è molto ampio, e merita un approfondimento: lo faremo quindi in un Post interamente dedicato a questo argomento, e non ora.
Ora, invece, ritorniamo ai fatti dell’ultima settimana.
Come potete vedere nel grafico che segue, i prezzi sui mercati hanno immediatamente incorporato il nuovo scenario più in alto e più a lungo.
Nel grafico sopra, vedete come sono cambiate le previsioni, così come sono espresse oggi dal mercato delle obbligazioni.
Ma sui media, per il momento, l’attenzione si è concentrata sul mercato delle azioni, ed in particolare sul mercato di Wall Street, dove (ci spiegano i titoli) è iniziato un nuovo bull market.
Questa parte della storia è quella che a noi interesse meno: perché è la MENO importante per ciò che riguarda la gestione dei nostri portafogli modello.
Per quale motivo è la meno importante? Il motivo è il seguente: ormai da due anni, abbiamo anticipato al Cliente di Recce’d che ci troviamo in una situazione dove “si ragiona per estremi” e quindi dove “i mercati si muovono per eccessi”.
Il mercato di giugno, alla Borsa di New York, è chiaramente un eccesso, e questo eccesso ha una origine chiarissima, ovvero il ritorno dei comportamenti del 2021. Tra questi, l’utilizzo delle opzioni, documentato da Recce’d con il grafico qui sotto.
Queste fasi di eccesso sono, e saranno, senza conseguenze durature per i nostri portafogli modello (come per i portafogli di ogni investitore): e questi eccessi si possono realizzare proprio grazie all’atteggiamento, già ampiamente descritto sopra, delle Banche Centrali, atteggiamento che è possibile documentare con dati molto concerti, come quelli del grafico che segue.
Sopra, potete leggere che l’utilizzo della liquidità messa a disposizione della Fed per le banche che sono a rischio di fallimento ha raggiunto il livello massimo di sempre proprio la settimana scorsa. Sotto, leggete che le banche commerciali hanno smontato, la settimana scorsa un ammontare record di operazioni di Reverse Repo. In concreto: le banche si sono fatte dare indietro la liquidità.
In concreto: le Banche Centrali NON stanno facendo la lotta all’inflazione, se non con le dichiarazioni.
I mercati lo capiscono, e nei primi giorni “esplodono”.
Non appena risulteranno evidenti le CONSEGUENZE di queste scelte, e dei fatti che abbiamo appena dimostrato con i grafici, allora sarà evidente anche il parallelo con gli Anni Settanta (grafico visto più in alto).
Non ci sorprende (per nulla) che la reazione immediata dei mercati sia distorta dal “non avere capito bene”: a tutto oggi, è ampio il numero di investitori che “non hanno capito bene” in che Mondo agiscono ed investono.
Portiamo subito un esempio concreto, con l’immagine che segue. Nel 2023, c’è ancora chi “scopre” che “nel 2020 le Banche centrali hanno monetizzato il debito pubblico”. Ben arrivato tra noi!
Se voi, in quanto investitori, siete ancora oggi fermi su questo tipo di ragionamento, allora … voi oggi siete fregati. Quelle, erano cose da capire e utilizzare due o tre anni fa. Oggi, c’è altro da fare.
Oggi, per un investitore che punti a un rendimento positivo in un contesto di rischio di portafoglio controllato, i temi sono altri. E prima di tutto, quello del nostro titolo: siamo già oltre il punto di svolta più importante del 2023.
Di che cosa parliamo? Nella parte alta dell’immagine qui sotto. Si tratta di un annuncio fatto da Lagarde giovedì 15 marzo, che NESSUNO ha notato, nessuno ha ripreso, e nessuno ha commentato. Eppure è questo, il punto al centro di tutto: le Banche Centrali adesso sono COSTRETTE a tagliare il loro bilancio di titoli, perché NON hanno altra scelta.
E come si vede molto chiaramente dal grafico, fino ad oggi NON hanno neppure cominciato.
Avendo in mente ciò che diceva l’immagine qui sopra, capirete subito la rilevanza dell’immagine qui sotto.
In chiusura del nostro Post, vi proponiamo di leggere un articolo.
L’interesse di questo articolo sta in un fatto: che l’articolo è stato scritto PRIMA e non dopo la riunione della Fed e la conferenza stampa di Powell del 14 giugno 2023.
E’ notevole il fatto che la lettura dell’articolo risulta altrettanto utile dopo che prima.
La Federal Reserve degli Stati Uniti ha tre opzioni principali per i tassi d'interesse quando il suo massimo comitato politico si riunirà questa settimana. Nessuna di esse è ottimale, e quella che la Fed ha guidato i mercati ad aspettarsi potrebbe potenzialmente essere la meno desiderabile. Inoltre, tutte e tre riflettono sfide più ampie che richiedono un significativo miglioramento dell'economia dal lato dell'offerta e riforme istituzionali. Sulla base delle indicazioni di un alto funzionario della Fed, le aspettative del mercato sono che la banca centrale "salti", mantenendo i tassi invariati con la propensione a riprendere i rialzi nella successiva riunione di luglio (analogamente a quanto hanno fatto Australia e Canada). Questo approccio è visto come un modo per fornire ai funzionari più dati per valutare gli effetti della serie di rialzi dei tassi più concentrata degli ultimi decenni. Di conseguenza, la probabilità implicita di mercato di un rialzo a giugno è oscillata intorno al 20-30% nell'ultima settimana, dopo aver raggiunto un picco superiore al 70% prima dell'ultima guidance.
Questo approccio presenta due problemi.
In primo luogo, è improbabile che un mese in più di dati possa migliorare significativamente la comprensione da parte della Fed degli effetti di uno strumento politico che agisce con ritardi variabili.
In secondo luogo, i dati recenti favoriscono un rialzo per una banca centrale che ha ripetutamente insistito sul fatto di essere "dipendente dai dati".
Non c'è da stupirsi che altri funzionari della Fed siano favorevoli a un rialzo questa settimana. Il loro punto di vista si basa su una serie di dati sorprendenti, tra cui, di recente, l'aumento dei posti di lavoro vacanti e la robusta creazione mensile di occupazione, oltre al venir meno delle preoccupazioni immediate relative al tetto del debito statunitense e all'instabilità bancaria.
Tuttavia, almeno un funzionario della Fed ritiene che il rialzo dei tassi di maggio potrebbe già essere stato eccessivo, poiché alcuni indicatori anticipatori dell'attività economica hanno segnalato debolezza. Secondo questa opinione, una pausa sarebbe seguita da un taglio dei tassi come prossimo cambiamento. Molto è stato scritto sul perché la Fed si trovi in questa scomoda situazione.
Il motivo più comunemente citato è che la Fed ha valutato male la minaccia dell'inflazione per la maggior parte del 2021 e del primo trimestre del 2022, prima di essere costretta a 10 rialzi successivi dei tassi. Di conseguenza, la Fed ha subito una significativa erosione della sua posizione pubblica e della sua credibilità politica. Si è verificata una prolungata discrepanza tra le comunicazioni della Fed sul percorso dei tassi per il 2023 e le aspettative dei mercati.
Inoltre, è sorto un pubblico disaccordo tra il presidente della Fed e lo staff della banca centrale in merito alla probabilità di una recessione.
La reputazione della Fed è stata ulteriormente minata da costosi errori nella vigilanza bancaria, dalla mancanza di un quadro strategico adeguato, dalla debolezza della responsabilità e dalla suscettibilità al pensiero di gruppo.
Date le molteplici cause, è improbabile che la Fed riesca a risolvere le sue difficoltà in tempi brevi.
Inoltre, a meno che i dati sull'inflazione CPI previsti per martedì non mostrino una debolezza significativa, la linea d'azione proposta - il "salto" - finirebbe per essere una confusa opzione intermedia, rendendo le decisioni future ancora più difficili.
Se la Fed è veramente dipendente dai dati e realmente impegnata a raggiungere l'attuale obiettivo di inflazione del 2%, dovrebbe aumentare i tassi di 0,25 punti percentuali e lasciare la porta aperta a ulteriori rialzi. Le recenti sorprese dei dati, insieme all'equilibrio dei rischi associati alle politiche della Fed, suggeriscono che questa strada è preferibile a un "salto".
Tuttavia, se la Fed ritiene, come me, di operare con un obiettivo di inflazione obsoleto a causa di cambiamenti significativi sul lato dell'offerta dell'economia - e che la modifica dell'obiettivo richiede un processo lungo e delicato - allora dovrebbe optare per una pausa con una propensione a tagliare quando appropriato. Ciò consentirebbe agli effetti dei precedenti rialzi dei tassi di permeare l'economia, riducendo la probabilità di danni indebiti alla crescita economica e di instabilità finanziaria.
Ricordiamo che gli errori di politica della Fed negli ultimi due anni e le sue debolezze istituzionali non sono gli unici fattori che ne hanno minato l'efficacia.
Il cambiamento dei modelli di globalizzazione, la ristrutturazione delle catene di fornitura aziendali, la transizione energetica e gli squilibri del mercato del lavoro indicano che la Fed sta operando con un obiettivo di inflazione probabilmente troppo basso per un benessere economico duraturo. In questo contesto, l'attuale inquadramento del dibattito politico è eccessivamente limitato.
È più probabile che confonda le cose piuttosto che stimolare il tipo di deliberazioni che possono ricostruire le basi affinché la Fed possa contribuire a una crescita inclusiva elevata e alla stabilità finanziaria.