Il tempo è dalla nostra parte
 

Il tempo è dalla nostra parte: ed anzi, per essere precisi, sta dalla parte di ogni investitore.

Di ogni investitore che scelga il ragionamento sull’emozione e la consapevolezza sull’euforia.

Il tempo ripaga, sempre, questi investitori: e punisce gli altri.

Spesso noi per i Post del nostro Blog abbiamo utilizzato il nostro archivio, molto ampio, molto ordinato e molto selezionato: spesso lo abbiamo fatti riportando alla mente dei nostri lettori fatti che i nostri lettori avevano dimenticato, rimosso e messo da parte.

Autorevoli scienziati hanno dimostrato che la mente umana ricorda in modo selettivo: ricorda più facilmente le cose piacevoli, e tende a rimuovere quelle meno piacevoli.

Quando si parla di investimenti, la cosa risulta molto più evidente che in altri ambiti. Molto più evidente, persino clamorosa.

Fatti di uno, due, tre anni fa vengono del tutto rimossi: l’investitore retail, ma pure una buona fetta di investitori professionali, preferisce pensare che “sì, è vero, è successo: ma oggi non potrebbe più accadere”.

Perché? Nessuno lo sa spiegare. E’ semplicemente così: si preferisce pensare che il futuro è semplice, che tutto è facile, che “per investire basta un minuto”. Come ripete una pubblicità TV martellante.

Ovvio che la realtà è lontana un milione di miglia da questa rappresentazione, zuccherosa ed anche un po’ ridicola.

Cosa ci ha suscitato questa serie di riflessioni?

Prenderemo come spunto iniziale un lavoro, che loro chiamano “ricerca” ma che noi invece chiamiamo “materiale di marketing”, di Generali Investments.

La scelta di Generali Investments va spiegata: nella produzione di materiali “di ricerca” Generali è in Italia uno dei campioni, uno dei nomi più qualificati. la nostra scelta riflette quindi la considerazione che Recce’d ha per i lavori “di ricerca” di Generali Investments.

Dobbiamo altresì chiarire subito che ciò che dice Generali Investments si scosta molto poco, e molto raramente, dal cosiddetto “consenso”.

Oggi, tra gli operatori del settore del risparmio, sono pochissimi quelli in grado di sostenere il rischio di una visione indipendente e non allineata al cosiddetto “consenso”. Tutti la devono vedere allo stesso modo: tutti devono ripetere, sempre quello che dicono le grandi banche di investimento. Le quali, a loro volta, devono obbligatoriamente sposare la visione di quelli che oggi sono i loro maggiori Clienti ed alleati. Ovvero, la Federal Reserve e la BCE.

Fatte queste due premesse, torniamo indietro al dicembre 2020, e rileggiamo una piccola parte di un documento di Generali Investiments.

Tra poche settimane inizieranno ad arrivare sulle scrivanie dei gestori di Fondi Comuni, ma anche e forse soprattutto sulle scrivanie delle redazioni di quotidiani i documenti che si chiamano “Outlook 2022”, ovvero i documenti riassuntivi delle previsioni per il nuovo anno. Non c’è una sola banca globale di investimento, e neppure una sola Casa di gestione di Fondi Comuni, che rinuncia a questo esercizio. Quasi come se stampare un documento con le previsioni a novembre sia più importante, rispetto ad un documento datato magari marzo o luglio.

Noi per anticipare questa ondata di “Outlook” oggi abbiamo appunto scelto di ritornare a quelli di dieci mesi fa, e tra i cento che abbiamo in archivio (tutti che dicono, come anticipato, le medesime cose: lo possiamo dimostrare) abbiamo scelto, per le ragioni già citate, Generali Investments.

Perché abbiamo scelto un Istituto italiano, e non le più famose Goldman Sachs, Morgan Stanley, UBS oppure BNP Paribas oppure un’altra di quelle?

Perché eravamo alla ricerca di una cosa in particolare.

Siamo andati alla ricerca di quello che vedete nella casella di colore rosso.

Che sono le previsioni di Generali Investments, e di tutti quanti, al dicembre 2020, per i rendimenti dei BTp decennali a fine 2021: ovvero, ad oggi.

Come vedete, si scrive di rendimenti tra 0,50% e 0,65%. Non è andata così.

Ovviamente, su questo specifico dato ha pesato l’andamento dell’inflazione: nella tabella che segue, potete leggere le previsioni di marzo 2021, ovvero di sei mesi fa, della BCE per l’inflazione in Eurozona.

Se la BCE, sei mesi fa, dice al Mondo che a fine anno l’inflazione in Europa sarà allo 1,6%, nessuna Istituzione bancaria, e ancora meno Generali Investments, può osare contraddirla.

Nessuno quindi potrà affermare che è prevedibile un aumento dei rendimenti dei BTP, se no … la BCE si arrabbia e poi si vendica con la Generali di turno che avesse osato, molto semplicemente, di ragionarci un po’ sopra.

Lasciateci sottolineare, in questo contesto, il ruolo della stampa quotidiana e delle TV: che è il ruolo della cinghia di trasmissione. Anche qui ci è di grande aiuto il nostro archivio, dove siamo andati a ritrovare un titolo del Corriere della Sera, il maggiore quotidiano d’Italia, che risale alle settimane successive all’insediamento del Governo Draghi. Lo vedete qui sopra nell’immagine.

E poi anche in un secondo titolo, sempre del Corriere della Sera, molto più recente (ed anche in questo caso, precisiamo subito che il Corriere della Sera, in fatto di stampa quotidiana, è “il meglio che c’è”, figuratevi il resto). Lo leggete qui sotto nell’immagine.

Oggi l’inflazione in Europa non sta allo 1,6% e neppure allo 2,6%, bensì sta al 3,6%. Ma soprattutto (quello che è importante per tutti noi investitori) il rendimento del BTp a 10 anni non sta allo 0,50%.

Venerdì 29 ottobre 2021, il rendimento del BTp decennale ha toccato, per la seconda volta nel 2021, il livello massimo appunto del 2021, a 1,35%, per poi chiudere la seduta a 1,18%.

In termini di analisi di mercato, scriviamo qui molto sinteticamente ciò che con dettaglio molto maggiore abbiamo chiarito al Cliente nel corso dell’ultima settimana. Ovvero che il dato forte, di questo rialzo, è che non avviene in un momento in cui salgono i rendimenti dei Treasury negli Stati Uniti (fermi al 1,6% circa), né in un momento in cui salgono i rendimenti sui Bund della Germania.

E quindi … ragionateci.

Ma lo scopo di questo Post è un altro. E lo abbiamo chiarito in apertura.

Il tempo è il migliore alleato di un investitore che sia consapevole di ciò che sta facendo e di ciò che accade nella realtà: perché arriva sempre il momento in cui la realtà prevale, su tutto.

Noi non abbiamo idea di ciò che si muove dietro le quinte, con una violenza tale da determinare il rialzo che vedete nel grafico qui sopra.

Sappiamo però, con certezza, che per dire al tuo Cliente che i rendimenti dei BTp resteranno fermi per 12 mesi allo 0,50% devi essere in alternativa molto scarso come analista (e certamente non è il caso degli amici di Generali Investments) oppure pesantemente condizionato tanto da essere obbligato ad un tono “fiducioso ed ottimista” che neppure prende in esame le difficoltà che potrebbero presentarsi.

Rifletteteci, quando leggerete degli “Outlook 2022”, e rifletteteci guardando il vostro attuale portafoglio.

E’ nella vostra convenienza, rifletterci: dallo 0,50% di rendimento allo 1,30% di rendimento, una obbligazione a 10 anni perde sul prezzo ben 8 punti. Quel titolo obbligazionario che vale 100 lire quando siamo allo 0,50% di rendimento, ne vale poi solo 92 se il rendimento sale a 1,30%.

E adesso, chiedetevi dove potrà andare nei prossimi 12 mesi.

(Inciso finale: nella tabella di Generali Investments che avete visto più sopra, ci sono anche altre due caselle, una di colore blu ed una verde. Molto interessanti. Fate le vostre valutazioni. Noi, se i mercati ce ne daranno il tempo, torneremo su quella tabella nelle prossime settimane: tanto, come ormai sapete, Recce’d a fine anno non produce alcun Outlook, risparmiando così le proprie risorse ed anche il tempo dei nostri amici lettori).

Mercati oggiValter Buffo
Quelle crepe nel muro
 

La pandemia è stata sfruttata, con grande abilità, dai Governi in carica e dalle altre Autorità politiche, incluse le Banche Centrali, per lasciarsi tutto alle spalle.

Si è trattato di una imperdibile occasione per tirare una riga su tutto: la situazione è stata azzerata, e si è ripartiti da zero. Per loro fortuna, la pandemia è arrivata proprio nel momento nel quale stavano diffondendosi, con crescente rapidità, i dubbi sull’efficacia delle loro scelte.

Esattamente per questa ragione, la scelta è stata: GO BIG: che vuole dire, mettiamo in atto un insieme di misure e di interventi come mai prima nella storia economica del Mondo, regaliamo denaro a tutti e tutto, e stimoliamo l’ottimismo, con la attiva collaborazione di quotidiani, TV, e soprattutto di tutte le banche e di tutte le Reti di promotori.

Come zelanti muratori, i private bankers, i wealth managers, i personal bankers, i promotori finanziari in generale si sono prestati come manovalanza per la costruzione di un altissimo muro.

Il muro serve ad impedire al pubblico dei risparmiatori di vedere la realtà. Deve mantenere il pubblico dei risparmiatori nell’illusione, deve sostenere la convinzione che tutte le misure “di stimolo” varate nel 2020 e nel 2021 erano, effettivamente, misure nel loro interesse, nell’interesse del pubblico, finalizzate a “stimolare la crescita delle economie.

Come leggete qui sopra, il Fondo Monetario Internazionale in effetti dice che c’è la crescita.

Le Banche Centrali dicono che c’è la crescita.

I Governi, anche loro dicono che c’è la crescita.

Le banche di investimento? Anche loro, dicono che c’è la crescita.

E il private banker? Che cosa volete che dica?

Ed il vostro wealth manager, che cosa potrebbe mai dire?

Naturalmente, anche il robot con l’algoritmo dice che c’è la crescita.

Tutti d’accordo, e tutto a posto, quindi.

Con una sola eccezione. Fanno eccezione i dati. I dati NON dicono che c’è la crescita.

Qui sopra e poi qui sotto vedete quale drammatico cambiamento è intervenuto, in particolare nei mesi estivi appena conclusi, per le previsioni della crescita nelle due maggiori economie Occidentali.

Della Cina, abbiamo scritto ampiamente anche nel Blog, in una serie di Post precedenti, e molto è stato scritto anche sui quotidiani.

Poi giovedì 28 ottobre abbiamo visto il dato per il PIL degli Stati Uniti tra luglio e settembre, che è cresciuto del 2%. Ma questo è il dato annualizzato, mentre in valore assoluto è cresciuto dello 0,4%.

Un dato buono? Cattivo? Dipende.

In tempi normali, sarebbe un dato che si potrebbe definire discreto. Ma dopo soli sei mesi, 180 giorni, dal varo della più grande “manovra di stimolo” nella storia degli Stati Uniti … beh, qualche domanda è obbligatorio farsela.

E se il vostro private banker, il vostro wealth manager, il vostro promotore finanziaria non ve ne ha ancora parlato, i casi sono due: o è molto, molto in ritardo, oppure è poco, ma poco, competente.

Il punto dove sta? Sta tutto in questo: le previsioni che oggi vengono fate dalle Autorità e dalle Banche centrali (e quindi, poi, dalle varie Goldman Sachs) sono credibili tanto quanto erano credibili, 6 mesi fa, ovvero 180 giorni fa, le “previsioni ufficiali” per l’inflazione? Tipo quelle di Goldman Sachs che leggete nell’immagine qui sotto (attenzione alle date)?

Ci permettiamo di suggerire ai nostri lettori di riflettere: sei mesi fa, avrebbero fatto bene ad ascoltare ciò che diceva Recce’d, a proposito dell’inflazione. E a non dare importanza, invece alle previsioni della BCE e di Goldman Sachs: quelle che ogni volta vi racconta il wealth manager, il promotore finanziario e persino il robot.

Oggi, noi crediamo, fareste bene a stare a sentire ciò che Recce’d ha da dirvi sulla crescita delle economie.

E quindi, sulla crescita, oppure de-crescita, del valore del vostro portafoglio in titoli.

Contattarci attraverso il sito è molto semplice, e noi restiamo a vostra disposizione. E’ nel vostro interesse.

Mercati oggiValter Buffo
Documento riservato
 

La Banca Centrale USA, ovvero la Federal Reserve, di tanto in tanto riceve pareri da operatori di mercato, che fanno parte di un apposito Advisory Commiteee, un Comitato di Consulenza.

La settimana scorsa, uno dei partecipanti di questo Comitato, un gestore molto noto e di fama mondiale di nome William Ackman, ha fornito alla Federal Reserve un proprio parere scritto, che noi siamo in grado di mettervi a disposizione qui.

Il documento non contiene dal punto di vista di Recce’d elementi di particolare novità. Si tratta di dati e valutazioni che abbiamo già affrontato negli ultimi mesi, e che in una buona parte noi condividiamo.

Detto questo, noi vi suggeriamo di leggerlo con attenzione: contiene concetti e valutazioni molti diverse da quelle che vi vengono proposte, a tutto oggi, dal wealth manager, dal private banker, dal robo-advisor, dal promotore finanziario. Le conclusioni sono molto distanti da quelle a cui arrivano, a tutto oggi, UBS, Goldman Sachs, BNP Paribas e Morgan Stanley. Non troverete argomenti come questi leggendo Il Sole 24 Ore oppure il Corriere Economia.

Insomma, una ventata di aria fresca tra i vostri pensieri, ed insieme un valido supporto ad una analisi della situazione attuale che non sia del tutto schiacciata sulla “prevalente opinione della massa”.

Un esempio? Ackman mostra in una tabella i dati per l’inflazione USA che tutti voi conoscete: ma nella tabella vengono “riletti” in una chiave che sicuramente sarà utile anche a voi lettori, una chiave molto, molto distante da quella “ufficiale” che ancora oggi viene proposta dalla Federal Reserve e dalla BCE. Una chiave più vicina alla realtà,

In una seconda tabella, Ackman racconta poi delle precedenti fasi di “stretta monetaria”, e fornisce una comparazione tra i dati che potrebbe esservi utile, soprattutto anche in questo caso per rendervi conto di quale è la realtà delle cose oggi.

Infine Ackman sottolinea alcune delle più recenti prese di posizione, su questi temi della Banca di Inghilterra: le medesime cose che noi di Recce’d scrivevamo alcuni mesi fa, suscitando in alcuni scetticismo e perplessità, quasi come se noi di Recce’d si volesse sempre vedere le cose in chiave negativa, con uno spirito catastrofista.

Mentre al contrario, già alcuni mesi fa, Recce’d era semplicemente realista, e gli altri semplicemente dicevano cose sbagliate.

Proprio come fanno anche oggi.

Mercati oggiValter Buffo
Ancora su ottimisti e pessimisti
 

Già sei anni fa, in questo Blog, noi di Recce’d abbiamo scritto che la definizione di “ottimisti” e “pessimisti” nel mondo dell’investimento non ha senso.

Il mondo dell’investimento non consente di essere ottimisti o pessimisti: c’è solo chi vede le cose nel modo giusto, e chi invece vede le cose che non esistono. Fine di tutti i discorsi: la differenza poi si vede sempre nelle performances.

Nel mondo dell’investimento, non ci sono due investitori, non è vero che a seconda dei momenti un po’ hanno ragione questi ed un po’ quelli. E’ falso: hanno ragione sempre e solo quelli che vedono con un ceryo anticipo … come andrà poi a finire, ma nella realtà, non nei sogni ad occhi aperti.

Ottimisti e pessimisti non esistono: c’è solo chi vede la realtà e chi rincorre una fantasia.

Questo tema, oggi, nei mercati dell’ottobre 2021, è il tema centrale.

A questo tema, la scorsa settimana, noi abbiamo dedicato la nostra Sezione Analisi, nel quotidiano The Morning Bref che i nostri Clienti ricevono ogni mattina.

In particolare, abbiamo dedicato la Sezione Analisi ad una data specifica: il 23 marzo del 2020.

Nei mercati finanziari dell’ottobre 2021, noi siamo certi che proprio quella data ha una significativa importanza.

Il modo migliore, per analizzare e comprendere i mercati finanziari dell’ottobre 2021, è ricordare precisamente ciò che è successo in quella data, e come ragionava la mente di ognuno di noi, il 23 marzo del 2020.

Noi di Recce’d, sul piano operativo, riteniamo che proprio quella data è oggi il più utile punto di riferimento. Vi suggeriamo di ripensare attentamente a ciò che la vostra mente vi diceva in quella data, e di metterlo (fate bene attenzione) a confronto con ciò che la vostra mente vi diceva soltanto 60 giorni prima, il 23 gennaio 2020.

Ve lo ricordate?

Cosa diceva il promotore finanziario, il 23 gennaio 2020? Il private banker? Il wealth manager? Il robo advisor?

Che cosa dicevano Morgan Stanley e Goldman Sachs il 23 gennaio 2020?

Che cosa dicevano le Banche Centrali il 23 gennaio del 2020?

Che cosa diceva il Governo in Italia in Europa e nel Mondo il 23 gennaio 2020?

Che cosa diceva il Tg ed il quotidiano il 23 gennaio 2020?

Non ricordate? davvero? Non vi pare di ricordare che … vi spiegavano tutti che “le Borse salgono sempre”? Anche in quel 23 gennaio 2020? E di restare assolutamente, assolutamente, assolutamente tranquilli, e mai vendere nulla?

Se lo sforzo vi riesce, se riuscite a ricostruire, allora avrete subito una serie di indicazioni sulle scelte da fare oggi stesso.

Vi potrà essere utile rileggere, allo stesso tempo, quello che noi di Recce’d pubblicammo il 26 gennaio 2020. Attenzione alla data: era il 26 gennaio del 2020, il tema “pandemia” per la grandissima maggior parte dei private banker e delle banche globali di investimento e dei robot advisors e dei TG e delle Banche Centrali, semplicemente, NON esisteva.

E poi, vi invitiamo anche a leggere quello che noi scrivemmo, in pubblico, il 2 febbraio 2020, nel secondo Post di quella medesima serie, che poi arrivò ad un totale di 8 Post sul medesimo tema, che tutti potete recuperare proprio qui in questo Blog.

Vi auguriamo una utile ri-lettura: sono trascorsi soltanto 20 mesi. Vedrete, è un tempo che spenderete bene e nel vostro interesse.

E se vi fosse utile riparlarne, noi siamo ovviamente più che disponibili al confronto. Utilizzate la pagina “contatti”.

Mercati oggiValter Buffo
La politica è andata oltre ai limiti: rientrare nei limiti sarà doloroso
 

Recce’d ha portato all’attenzione dei propri lettori più volte, nel corso del 2021, il ruolo crescente della politica sull’equilibrio dei mercati finanziari.

Grazie alla pandemia, la politica si è allargata moltissimo. ha esteso il proprio ruolo, diventando una specie di garante, e non solo, anche di macchinista e guidatore, dell’intero sistema economico e finanziario.

Uno sviluppo delle cose che (e lo abbiamo già detto e poi scritto) a noi non piace ed anzi preoccupa: a noi mette paura il fatto che qualcuno, da una stanza in un palazzo, si arroghi il diritto di decidere per tutti, affermando di “saperne di più” in merito a cosa deve succedere nel sistema economico e sui mercati finanziari.

Noi sappiamo, e tutto voi lo sapete (c’è una storia ad insegnarlo) che nessuno ha quella capacità, e che quindi nessuno deve esercitare quel potere, sulla base della falsa affermazione che “lui ne sa di più, su come deve funzionare il mercato”.

Quel tipo di arroganza ha sempre creato enormi disastri.

In questa seconda parte del 2021, ci sono numerosi politici (i banchieri centrali fanno parte di quella categoria, sono uomini politici) che ci raccontano che “l’inflazione fa bene” quando tutti noi sappiamo, e ricordiamo, che l’inflazione fa malissimo, all’economia, alle imprese ed ai consumatori.

I richiami e gli allarmi che si sono letti in questa seconda metà del 2021 sono numerosi, e qualificati (immagine sotto). Noi di Recce’d ne scrivemmo già 14 mesi fa: oggi, ne scrivono tutti ed in tutte le sedi. El Erian qui sotto averte di “importanti ricadute socio-politiche ed istituzionali” dell’inflazione.

Dovreste rifletterci con grande attenzione, nell’interesse vostro e dei vostri investimenti.

2021_Jan_1290.png

Con questo Post, noi tentiamo di allargare l’orizzonte, e guardare non soltanto all’inflazione bensì a tutte le ricadute della politica che Janet Yellen definì nel 2020: “Go Big”, ovvero della politica che punta tutto sulla dimensione abnorme degli interventi monetari e fiscali, così da creare uno shock all’economia.

Shock che in effetti c’è stato, ma in una serie di direzioni che Yellen non aveva immaginato e che appena oggi sta cominciando a comprendere.

L’articolo che vi offriamo qui sotto in lettura mette insieme temi tra loro strettamente legati, il cui impatto combinato avrà sui vostri e nostri portafogli in titoli una ricaduta che molti investitori oggi neppure riescono ad immaginare. Lo si dice chiaramente anche in chiusura di questo articolo del Financial Times.

Con questo articolo, dunque, Recce’d vi invita a riflettere sulla combinazione dei seguenti eventi:

  1. l’inflazione

  2. i colli di bottiglia nel settore produttivo

  3. il rincaro del costo dell’energia

  4. le dinamiche nei Paesi in Via di Sviluppo

  5. ed anche per ultimo il calo della popolarità dei Governi in carica, che in Italia risulta a tutti evidente (meno che ai quotidiani) e che negli Stati Uniti è testimoniato dai sondaggi (immagine di chiusura di questo Post)

Quali rendimenti vi aspettate, nei prossimi mesi, dai vostri asset finanziari in questo scenario? E quale è, secondo voi, lo spazio di ribasso che dovete mettere in conto?

In questo tipo di calcoli, noi di Recce’d possiamo esservi molto utili, ed offrire (finalmente) una visione non convenzionale.



Around the globe, macroeconomic challenges are mounting, from higher inflation to multiplying shortages of goods and labour.

The impact on advanced economies and China has been much debated. There has been less attention though paid to the vulnerability of a significant group of developing countries. This goes well beyond the short term.

When combined with other forces in play, the most exposed developing countries risk being knocked off a secular global convergence process that many in development economics and finance have taken for granted for years. An increasing number of economists and policymakers are internalising the new reality of high and more persistent inflation, after too many months of dismissing the phenomenon as “transitory”.

We no longer live in a world where the main macroeconomic challenge is one of weak aggregate demand. Instead, insufficient supply is causing “everything shortages”. Together with both energy uncertainties and labour market frictions in matching workers to an ample demand for them, this is pushing up both cost and price inflation. It can no longer be assumed that technological innovation will continuously lower costs and increase supply responsiveness.

This is especially the case given current supply chain problems. The focus on what all this means for advanced economies and China is understandable. They account for much of the global economy’s growth engines and flows of capital, and they determine what is pursued seriously on the multilateral agenda. Yet the implications for commodity-importing developing countries in general, and the lower-income economies in particular, are much more consequential.

Combined with the broader impact of Covid-19, the current problems risk derailing the longer-term process in which more countries steadily climb the economic development ladder, pull citizens out poverty and establish financial and institutional resilience. As growth slows down in China and the US in the face of stagflationary winds blowing through the global economy, the challenges to these countries’ wellbeing and financial viability increase.

The pressures come as the classical growth model for them — that of export-led, labour-intensive manufacturing — has already lost potency. Being net food importers, many developing economies face higher import costs that also fuel food insecurity. Higher energy costs are threatening to lead to power outages that would cripple industrial production. Developing economies are also likely to be on the receiving end of disruptive financial market trends. In recent years, the prolonged pursuit of ultra-loose monetary policies in the US and Europe had “pushed” substantial capital to the developing world in search of higher returns. Should the US Federal Reserve continue to lag inflation realities and subsequently be forced into a sudden policy tightening, the greater the likelihood of large outflows and increased capital costs.

There is no silver bullet to ensure an immediate and substantial reduction in these risks. Instead, what is needed is a multi-measure approach. This should be centred on increasing the supply of Covid vaccines. As Gita Gopinath, the IMF Research Director said last week, 96 per cent of the population in low-income countries remains unvaccinated. Crippling debt-servicing problems should also be pre-empted through early, orderly restructurings that involve fair burden sharing among both public and private creditors.

In addition, the flow of concessional financing from multilateral sources needs to be increased. Such measures need to be combined with credible, homegrown efforts to re-energise domestic growth models in developing countries and increase internal financial resilience.

Advanced economies should note that troubles in the developing world will also affect them. The more that developing countries risk being knocked off the convergence process, the greater the likelihood of surges in migration, global financial instability and geopolitical threats. There are also implications for investors. Succeeding in emerging-market investing is becoming less about riding the global liquidity wave using passive products. Instead, investors increasingly have to go back to detailed credit analyses, smart structuring, proper pricing of liquidity — and, for some, an understanding of debt-rescheduling risk. The more they delay in making this fundamental transition, the more likely they will be shocked into portfolio adjustments that fuel contagion across markets. This would also complicate an already challenged outlook for global prosperity and social wellbeing.

2021_Jan_1308.png
Mercati oggiValter Buffo