A leggere articoli come quello che segue (firmato da Ferruccio De Bortoli e pubblicato venerdì 21 marzo dal Corriere della Sera) si prova una sensazione di disagio: e non per l’ottimo contenuto, ovviamente.
Si prova disagio perché si è costretti a dubitare della propria lucidità. Si è costretti a domandare a sé stessi: ma tutto questo debito, tutta questa montagna di debito, di cui l’articolo denuncia la gravità, tutta questa massa di debito si è formata in sole quattro settimane?
Leggiamo insieme.
Il debito mondiale, dei governi e delle imprese, ha superato i 100 mila miliardi di dollari. L’85 per cento del Prodotto globale. Una percentuale che è il doppio del 2007. Certo, ci sono state nel frattempo alcune crisi, tra cui la pandemia. Costose e dimenticate. Il rapporto dell’Ocse, pubblicato ieri, riguarda 35 Paesi e si deve, in particolare, all’impegno del rappresentante italiano, Carmine Di Noia. L’organizzazione, che raggruppa i principali Paesi industriali e ha sede a Parigi, avverte che circa un terzo del debito mondiale scadrà nei prossimi tre anni. Il costo del rifinanziamento sarà decisamente più alto. Il tono del rapporto non è però particolarmente preoccupato.
La sua diffusione segue la storica decisione tedesca di fare un’eccezione al freno costituzionale sul debito (ridotto grazie all’austerità degli scorsi anni e ai benefici dei tassi negativi) per finanziare investimenti soprattutto nella Difesa. Voto del Bundestag accolto con un rialzo dei rendimenti dei titoli tedeschi che ha trascinato all’insù il costo dell’indebitamento di tutta l’Eurozona.
Al Tesoro italiano non è certo piaciuto. Il nostro debito è tra i più alti al mondo e la prudenza del ministro Giorgetti è del tutto giustificata. L’eccesso di liquidità è come l’acqua alta. Nasconde eventuali fragilità nazionali (la nostra per esempio). E riduce i tassi di default. Si fallisce di meno. I Paesi emergenti, si evince sempre dalla lettura del rapporto Ocse, faticano però ad accedere al mercato dei capitali internazionale, dal quale soprattutto gli Stati Uniti drenano le risorse necessarie per sostenere il loro gigantesco debito.
Le nuove sfide, non soltanto sul tema della sicurezza ma anche e soprattutto sul versante della transizione energetica, richiedono grandi investimenti e nuovo debito. La lezione che si apprende dall’Ocse è che sarà sempre più importante, per la sostenibilità del debito, dimostrare di concentrare le spese in investimenti realmente produttivi. E colpisce che siano state molte le imprese private a non essere particolarmente sagge in questa direzione. Hanno premiato di più, con prestiti obbligazionari e acquisti di azioni, i propri assetati azionisti e manager, a discapito degli investimenti. Una piccola, significativa, tirata d’orecchi.
Le cose che scrive De Bortoli sono ovviamente scritte bene e soprattutto condivisibili.
Però.
Nel 2021, nel 2022, nel 2023, e nel 2024, di che cosa si occupavano, il De Bortoli ed il suo quotidiano? Di quali temi, di quali argomenti hanno sentito l’esigenza di scrivere con questi toni allarmati?
Perché, in quegli anni, non si trovava una sola riga, su questo tema del debito? I numeri, un anno fa o due, erano identici a quelli di oggi, nella sostanza.
Per quale ragione, in quegli anni, non stava sulle prime pagine di Repubblica, Il Sole 24 Ore, e Milano Finanza?
Per quale ragione, in quegli anni, il tema del debito non fu mai neppure accennato, da Fideuram e Mediolanum, da Banca Generali e da Allianz, da Fineco e da Azimut?
Forse, questo tema del debito non è importante, per i loro Clienti e per la stabilità del loro risparmio?
Non è quello che si ricava leggendo De Bortoli oggi.
Eppure, chi (come noi di Recce’d) ne scriveva nel 2021, nel 2022, nel 2023, e nel 2024, si sentiva rispondere che
il debito oggi non conta più
ogni problema di debito verrà risolto dalle Banche Centrali
chi parla di debito è un pessimista di professione
con il pessimismo non si va da nessuna parte
chi fa il pessimista vuole solo distinguersi per mettersi in evidenza
chi fa il pessimista sembra più intelligente, ma chi è ottimista diventa ricco (che va poi completata con: chi ripete frasi come questa è un povero fesso, the “greatest fool”).
Oggi però, come si legge sui quotidiani, le cose sono drammaticamente cambiate: ed infatti, sulla prima pagina del Corriere della Sera, si scrive di debito come di una cosa di grande importanza. Per tutti, ma ovviamente soprattutto per i risparmiatori e gli investitori, come noi.
Non è ancora “allarme debito”: ma è proprio lì, dove stiamo andando.
Di debito ha scritto, proprio ieri, anche un secondo quotidiano, il Giornale, che di fatto agisce da portavoce della coalizione politica che oggi governa l’Italia.
Vi facciamo leggere anche questo articolo, qui di seguito.
Criticare la Germania va bene, ma non equivale a santificare il nostro debito pubblico. La Germania ha votato per poter creare più debito pubblico da impiegare per la difesa, secondo il nuovo filone della politica di Bruxelles. Anzi, tanto per mettere le cose nel giusto ordine, è da Berlino che è partita l'inversione di rotta che poi la Commissione ha fatto sua. La filosofia precedente, ispirata dai verdi tedeschi ed eseguita dall'olandese Timmermans, ha asfaltato l'industria manifatturiera leader in Europa e con essa quelle che ne dipendono, ad esempio l'Italia, la cui produzione industriale è in calo da due anni. Avevano bisogno, la Germania e l'Europa tutta, di una ragione accettabile per dare benzina all'industria. Fortunatamente, è arrivata la doppia mossa americana, tanto avversata eppure tanto opportuna. Da un lato si è sfilata dal sostegno all'Ucraina, lasciando intendere che magari la strategia precedente fosse non dell'America tutta ma del suo presidente e forse del figlio, ma chissà? Questa mossa ha messo l'Europa in prima fila davanti alla guerra. Dall'altro, ha iniziato a minacciare sui contributi alla Nato. Il combinato disposto ha dato vita a un piano di spesa da 800 miliardi da decidere e realizzare in fretta, senza le solite lungaggini di Bruxelles, quasi che non aspettassero altro. Quindi, quell'industria che prima era da eliminare con le auto elettriche sull'altare della de-carbonizzazione adesso è da salvare con i carri armati diesel. Su quale altare? Beh, quello della pace, ovvio.
La Germania prima ha steso la Grecia, per un problema all'inizio di 30 miliardi, poi ci ha imposto la cura-Monti per abbassare lo spread che la Deutsche Bank aveva gonfiato e adesso si aggiusta le regole come le fa comodo. Insomma, se hai potere fai come ti pare.
Un'altra martellata al muro dell'ipocrisia, che ne sta ricevendo diverse in questi mesi e magari è la volta che viene giù. La questione di fondo è se il potere e il diritto vadano assieme, ovvero siano uno l'antagonista dell'altro. Tutti desideriamo che sia il diritto a tenere a bada il potere, i romani sostenevano il contrario, la storia passata e recente manda segnali almeno controversi. Il Vangelo, una delle opere umane di maggior saggezza, ha risolto la cosa dislocando il potere in Terra e il diritto nel Regno dei Cieli e quindi di sicuro non la risolviamo in queste poche righe.
Tornando dunque alle nostre miserie, quale che sia la sua filosofia la Germania ha un debito al 63% del Pil e molto inferiore anche in valore assoluto al nostro, che resta un fardello negativo e nocivo. Negativo perché il suo servizio assorbe decine di miliardi di euro sottratti alla spesa sociale e agli investimenti infrastrutturali.
Nocivo perché alimenta una spesa pubblica in buona parte inefficiente, che spreca risorse guadagnate a fatica dai contribuenti. Insomma, il debito è come la Nutella per i bambini: va dosata non perché ce n'è poca o lo dice la mamma, ma perché se ne mangi tanta sul momento sei felice e poi stai male.
La parte conclusiva è dedicata alla Nutella (divertentissima, ma poco centrata: oggi, noi risparmiatori, ed i mercati finanziari tutti,
ci facciamo il bagno, dentro la Nutella, ed dovremmo preoccuparci di non affogare).
Nutella a parte l’articolo in questione è poco o per nulla chiaro. Non si capisce che cosa voglia dire: hanno fatto bene, i tedeschi, a fare nuovo debito? Sarebbe una scelta nell’interesse di tutti? Oppure soltanto l’interesse di qualcuno? E per i risparmiatori, per chi oggi ha BTp nei portafogli, questa notizia è favorevole?
L’articolo in questione (al di là del solito, penoso, attacco alla Germania, che … avrebbe creato lei, la Germania, il debito italiano al 140% del PIL! incredibile leggere nel 2025 ancora simili sciocchezze!) non ci offre alcuna conclusione. Non si capisce che cosa voglia dirci.
Ma a noi ed ai lettori di Recce’d, non serve di capire questo articolo: c’è ben altro, per noi investitori, di cui occuparci.
L’articolo mantiene, tuttavia, una sua rilevanza, ed è per questo che noi vi abbiamo chiesto di leggerlo. La rilevanza dei due articolo dove sta? Sta nel fatto che solo 30 giorni fa, sia per il Giornale sia per il Corriere, oppure per il Sole 24 Ore e per Milano Finanza, il debito non era (assolutamente!) un tema da trattare. Tutto sotto controllo, in fondo non è così grande, e poi “risolve tutto la BCE”.
Oppure no?
Recce’d. con voi ha trattato del debito, delle sue dimensioni, e del suo peso sulle future condizioni economiche di ognuno di noi, con grandissimo anticipo, ed in decine di occasioni. Lo abbiamo fatto quando, per gli investitori, sarebbe stato importante, ed anzi decisivo, dedicare al debito più attenzioni.
Guardando soltanto al 2025, Recce’d ha trattato del tema scelto da De Bortoli e dal Giornale in numerose occasioni, tra le quali vi ricordiamo
il Post datato 11 gennaio 2025, dove vi abbiamo anticipato che “la crisi finanziaria è già iniziata” (più di due mesi fa)
il Post datato 9 febbraio 2025, dove vi abbiamo anticipato le considerazioni che oggi leggete sulle politiche di emissione dei Titoli di Stato USA
il Post datato 22 febbraio 2025, dove vi abbiamo segnalato alcune possibili alternative alla vostra attuale asset allocation per affrontare con successo questa nuova fase dei mercati
uno dei due Post datati 15 marzo, dove potete leggere le nostre valutazioni in merito alla profondità della crisi che è in corso
un secondo Post datato 15 marzo, dove potete leggere dell’impatto della crisi sui vostri portafogli di investimento.
I mercati finanziari internazionali, fino a poche settimane fa, sembravano ignorare, intenzionalmente, questo argomento. Il problema del debito? Non è proprio il caso di perderci del tempo.
Attivamente aiutati, a mantenere questo atteggiamento negligente, dai media, dai quotidiani, dai TG e dai GR.
Aiutati, a fare finta che il debito non esistesse, dalla BCE e dalla Federal Reserve.
Supportati, giorno dopo giorno, in questa negligenza da banche come BNP Paribas, Morgan Stanley, JP Morgan, Goldman Sachs, UBS.
Insieme a Mediolanum e Fineco, e da Banca Generali e Allianz, e da Mediolanum e Fideuram, e da tutte le altre Reti di promotori finanziari.
Per tutti questi, non era proprio il caso di scrivere e parlare di debito.
E di crisi finanziaria? No, La crisi finanziaria non esiste, non si può neppure citare, non si deve proprio valutare. E’ assurdo. E’ fuori da ogni logica
E quindi, poi ripartiva la tarantella, quella che dice:
il debito oggi non conta più
ogni problema di debito verrà risolto dalle Banche Centrali
chi parla di debito è un pessimista di professione
con il pessimismo non si va da nessuna parte
chi fa il pessimista vuole solo distinguersi per mettersi in evidenza
chi fa il pessimista sembra più intelligente, ma chi è ottimista diventa ricco (che va poi completata con: chi ripete frasi come questa è un povero fesso, “the greatest fool”).
Poi, in un giorno di marzo 2025, qualcuno si rende finalmente conto dello stato della realtà: ed è il Ministro del Tesoro degli Stati Uniti.
Chi è allora il pessimista, adesso? Chi è il menagramo? E Bessent, lui, sarebbe quello che “sembra solo intelligente, ma non diventa ricco”?
Ci sarebbe da chiederselo: se non fosse che la risposta ce la hanno già data i fatti.
Il Segretario al Tesoro Scott Bessent ha detto domenica che l'amministrazione Trump è concentrata sulla prevenzione di una crisi finanziaria che potrebbe essere il risultato di una massiccia spesa pubblica negli ultimi anni.
"Quello che posso garantire è che avremmo avuto una crisi finanziaria. L'ho studiato, l'ho insegnato e se avessimo mantenuto questi livelli di spesa, tutto sarebbe stato insostenibile", ha detto Bessent a "Meet the Press" della NBC. "Stiamo ripristinando e stiamo mettendo le cose su un percorso sostenibile".
Il Presidente Donald Trump ha fatto della messa in ordine della casa fiscale del governo una priorità sin dal suo insediamento. Ha creato il cosiddetto Dipartimento per l'efficienza governativa, guidato da Elon Musk, per guidare i tagli al lavoro e gli incentivi al pensionamento anticipato in più agenzie federali.
Tuttavia, il problema del debito e del deficit degli Stati Uniti è peggiorato durante il primo mese di mandato di Trump, poiché il deficit di bilancio di febbraio ha superato la soglia di 1 trilione di dollari.
Bessent ha osservato che non ci sono "garanti" che non ci sarà una recessione. Il mercato è stato in un periodo tumultuoso ultimamente, poiché le tariffe diffuse di Trump hanno sollevato preoccupazioni sull'inflazione e il rallentamento economico. Giovedì l'S&P 500 è sceso in una correzione del 10% dal suo massimo di febbraio, mentre la volatilità è aumentata.
Bessent ritiene che ritiri come quello in cui si trova il mercato in questo momento siano benigni e che le politiche pro-business di Trump stimoleranno il mercato e l'economia nel lungo periodo.
"Sono nel settore degli investimenti da 35 anni e posso dirti che le correzioni sono sane. Sono normali", ha affermato. "Quello che non è sano è che si ottengono questi mercati euforici. È così che si ottiene una crisi finanziaria. Sarebbe stato molto più sano se qualcuno avesse messo i freni nel 2006, 2007. Non avremmo avuto i problemi nel 2008".
"Non sono preoccupato per i mercati. Nel lungo termine, se mettiamo in atto una buona politica fiscale, deregulation e sicurezza energetica, i mercati andranno alla grande", ha aggiunto Bessent. "Dico che una settimana non fa il mercato".
Il Segretario del Tesoro Scott Bessent non è preoccupato per il mercato azionario, ma non escluderebbe la possibilità che gli Stati Uniti possano entrare in recessione.
Bessent ha detto a NBC News Meet the Press domenica che le correzioni di mercato, il termine usato quando un indice è in calo del 10% rispetto al suo picco recente, sono "normali". L'S&P 500 è entrato in territorio di correzione la scorsa settimana e, sebbene abbia chiuso in rialzo venerdì, l'indice ha perso il 5,9% dall'insediamento del Presidente Donald Trump a gennaio.
"Quello che non è sano è che si ottengono questi mercati euforici. È così che si ottiene una crisi finanziaria",
ha detto Bessent a NBC. "Quindi, non sono preoccupato per i mercati. Nel lungo termine, se mettiamo in atto una buona politica fiscale, deregolamentazione e sicurezza energetica, i mercati andranno alla grande".
Un nuovo sondaggio della NBC afferma che gli elettori disapprovano le prime prestazioni lavorative di Trump, con il 54% che afferma di disapprovare la sua gestione dell'economia contro il 44% che ha affermato di approvarla. E il 55% ha affermato di disapprovare la gestione dell'inflazione e del costo della vita da parte di Trump, contro il 42% che ha affermato di approvarla.
Le azioni stanno calando mentre la fiducia dei consumatori cala tra le preoccupazioni sugli effetti della guerra commerciale di Trump. David Rosenberg di Rosenberg Research ha definito la lettura di venerdì della fiducia dei consumatori del Michigan pari a 57,9 come la peggiore dalla crisi finanziaria.
"Le aspettative su tutto, dal mercato azionario all'occupazione ai redditi, sono finite nel cassonetto e i timori per l'inflazione e i tassi di interesse si stanno agganciando in modo molto preoccupante", ha scritto Rosenberg venerdì. "Il settore delle famiglie, almeno in questo sondaggio, sta dando alla Casa Bianca un voto F per le sue politiche economiche in questi primi giorni. Forse è il momento di tornare al tavolo da disegno, ma l'ideologia non si lascia andare così facilmente".
Ma Bessent ha detto alla NBC News domenica che una settimana non fa il mercato. "Avremo una transizione e non avremo una crisi".
Ma alla domanda se potesse garantire che non ci sarebbe stata una recessione, Bessent ha risposto "non ci sono garanzie".
Voi, amici lettori, parole come queste dove le avete lette anche soltanto qualche settimana fa?
Qui, nel Blog di Recce’d. Questo è certo. E poi?
Le avete ascoltate dal vostro promotore finanziario? Dal consulente “pagato con le retrocessioni”? Le avete ascoltate dal vostro wealth manager? Dal family banker? Dal direct banker? Dal personal banker? Dal financial advisor?
Le avete lette da Morgan Stanley, da UBS, da BNP Paribas, da JP Morgan, da Goldman Sachs?
Le avete ascoltate dal giornale radio? Oppure al TG? Ne ha mai parlato uno solo degli intervistati su CNBC?
E perché? Amici lettori, vi siete chiesti la ragione di tutti questi silenzi? Soltanto noi, in Recce’d, ce ne eravamo resi conto? Vi pare possibile?
E voi, amici lettori: ve lo chiediamo in modo diretto, voi sulla base di che cosa fate, ed avete fatto, le vostre scelte di investimento? Sulla base di quali elementi, avete scelto la vostra asset allocation? Come avete deciso la vostra strategia presente e futura, per investire i vostri risparmi, ed evitare di perderli?
Se può esservi utile, noi anche oggi gratuitamente a tutti i nostri lettori forniamo una indicazione pratica, concreta.
Disorientati e confusi come siete oggi, siete alla ricerca di un punto di appiglio, di un ancoraggio per le vostre aspettative, di un punto di partenza per le vostre valutazioni.
Nessun aiuto vi viene fornito, in questa situazione, dal vostro financial advisor, dal vostro “promotore pagato a retrocessioni sui Fondi”, dal vostro private banker. Non è che lo fanno apposta, è che mancano i requisiti professionali, mancano le fondamenta. Loro, pensano a vedervi “la roba”.
Eccoci quindi qui, noi di Recce’d, pronti a supplire a questo deficit di professionalità, come in centinaia di precedenti ocacsioni.
Noi oggi 22 marzo 2025 vi diciamo questo: ci sono poche, pochissime cose oggi che contano davvero, che hanno la forza di dare una direzione ai mercati finanziari, alle Borse, ai Titoli di Stato, ai BTp, al cambio tra dollaro ed euro.
Tra queste poche cose che contano, attenzione, NON ci sono le tariffe, e NON c’è il destino dell’Ucraina, e NON c’è il Risiko delle banche, e NON c’è la spesa militare. per la gestione di un qualsiasi portafoglio, oggi nel marzo del 2025 queste cose contano zero. tanto quanto esattamente tre anni fa, contavano “il petrolio a 200$ ed il crollo della Russia”.
Come già vi avevamo anticipato, oggi c’è ragione di fare grande attenzione: sui mercati finanziari, le cose accadono sempre allo stesso modo, ovvero “prima niente niente, e poi tutto insieme all’improvviso”.
Proprio come accade in altri ambito, come ad esempio l’Ucraina, la NATO, la spesa bellica in Germania.
Fate grande attenzione, amici lettori, e non fate fare al vostro portafoglio titoli la fine di Zelenskyy. Voi non avete di certo vinto la battaglia, ma cercate soprattutto di non perdere la guerra.
Per evitare di perdere la guerra, come dicevamo, è indispensabile fare le proprie scelte guardando alle poche cose che contano davvero.
Una (ce ne sono alcune altre) è quella che viene ben descritta nell’articolo che segue. Dove abbiamo evidenziato le due frasi cruciali. Va detto, per amore di verità, che si tratta di cose che noi abbiamo già messo in evidenza qui nel Blog, nel 2022, e poi nel 2023, e poi nel 2024. E’ il cambio di paradigma. E’ questo, che Bessent ci racconta, ciò che Recce’d ha definito “la Nuova Era” dei mercati finanziari. Appunto, nel 2022.
Quindi, vi abbiamo dato lo spunto iniziale: quello decisivo. E quindi, buon lavoro, e buona fortuna. E se ritenete possa risultarvi utile, contattateci alla pagina CONTATTI del nostro sito.
Prima di entrare in carica, lui e alcuni altri consiglieri economici di Donald Trump hanno criticato la gestione del mercato dei Treasury da parte della sua predecessora Janet Yellen. Yellen aveva spostato il mix di emissioni di Treasury verso titoli a breve termine e lontano dalle obbligazioni a lungo termine. Si trattava di "quantitative easing con un altro nome", hanno affermato i critici.
In un documento ampiamente diffuso, il presidente entrante del Council of Economic Advisers Stephen Miran ha sostenuto che l'emissione di più titoli del Tesoro a breve termine abbassa artificialmente i rendimenti a lungo termine, consentendo al governo di accumulare deficit maggiori e stimolare l'economia senza spaventare i detentori di obbligazioni.
Ma a due mesi dal suo mandato, Bessent sta facendo esattamente ciò che ha fatto Yellen. In una recente intervista, ha affermato che avrebbe mantenuto la propensione verso i titoli e che i cambiamenti nella scadenza del profilo del debito sarebbero stati "dipendenti dal percorso". In effetti, sta raddoppiando. Le proiezioni del Tesoro prevedono che il dipartimento mantenga la quantità in dollari di debito a lungo termine di Yellen in futuro, piuttosto che solo la quota di emissione, anche se si prevede che il debito crescerà.
"Proporzionalmente, emetterà ancora meno debito a lungo termine di Yellen", afferma Darrell Duffie della Stanford Graduate School of Business.
Ci sono due interpretazioni della decisione di Bessent.
La prima è che emettere una quota maggiore di debito a breve termine non è mai stato un grosso problema, come molti hanno sostenuto.
La seconda è che le sue critiche a Yellen erano valide, ma Bessent ora è sottoposto alle stesse pressioni di cui era sottoposta lei. È probabile che l'amministrazione Trump dovrà espandere i prestiti quest'anno per pagare i tagli fiscali. Bessent potrebbe voler usare la strategia di Yellen per mantenere calmo il mercato mentre ciò accade.
Ma qui c'è tensione. Gli investitori sono preoccupati per l'entità del deficit, che è aumentato rapidamente mentre i pagamenti degli interessi sono aumentati a dismisura.
Se il deficit non scende, o se l'inflazione torna a salire per qualche altro motivo, è possibile un trend secolare di rendimenti crescenti dei Treasury.
In effetti, questo è ciò che molti analisti si aspettano, non solo per gli Stati Uniti ma per la maggior parte delle nazioni ricche. Se così fosse, il Tesoro si pentirebbe di non aver emesso più debito a lungo termine ai tassi odierni. E c'è uno scenario potenzialmente peggiore. Se ci fosse una situazione di stallo politico sulla politica fiscale o gli acquirenti di obbligazioni si opponessero ai piani fiscali di Trump (qualcuno ha detto vigilante?), potrebbe esserci un forte aumento dei rendimenti obbligazionari. Ciò potrebbe accadere proprio perché il Tesoro ha bisogno di emettere debito rapidamente per evitare il default.
Se così fosse, si troverebbero ad affrontare costi di prestito ancora più elevati.
In sintesi, se credi che Yellen e Bessent abbiano fatto "QE con altri mezzi", credi che abbiano mantenuto i rendimenti più bassi nel breve termine, a costo di non bloccare un finanziamento stabile a lungo termine a quelli che potrebbero rivelarsi tassi interessanti. È possibile che Bessent abbia già le mani legate. Se dovesse passare a emissioni a lungo termine, il mercato potrebbe ribellarsi: gli investitori stanno attualmente fuggendo dalla duration.
Anche Bessent sta lavorando sotto pressione temporale. Il Tesoro sta rapidamente bruciando il suo conto presso la Fed, che potrebbe esaurirsi quest'estate. Ma finché il tetto del debito non verrà sollevato o sospeso, non potrà essere emesso nuovo debito. Ciò significa che una volta superato il tetto, dovranno seguire molte nuove emissioni. Questa sarebbe una buona opportunità per estendere il profilo di scadenza del debito nazionale, se il mercato lo tollererà.