Detox: il rischio della crisi finanziaria

A leggere articoli come quello che segue (firmato da Ferruccio De Bortoli e pubblicato venerdì 21 marzo dal Corriere della Sera) si prova una sensazione di disagio: e non per l’ottimo contenuto, ovviamente.

Si prova disagio perché si è costretti a dubitare della propria lucidità. Si è costretti a domandare a sé stessi: ma tutto questo debito, tutta questa montagna di debito, di cui l’articolo denuncia la gravità, tutta questa massa di debito si è formata in sole quattro settimane?

Leggiamo insieme.



Il debito mondiale, dei governi e delle imprese, ha superato i 100 mila miliardi di dollari. L’85 per cento del Prodotto globale. Una percentuale che è il doppio del 2007. Certo, ci sono state nel frattempo alcune crisi, tra cui la pandemia. Costose e dimenticate. Il rapporto dell’Ocse, pubblicato ieri, riguarda 35 Paesi e si deve, in particolare, all’impegno del rappresentante italiano, Carmine Di Noia. L’organizzazione, che raggruppa i principali Paesi industriali e ha sede a Parigi, avverte che circa un terzo del debito mondiale scadrà nei prossimi tre anni. Il costo del rifinanziamento sarà decisamente più alto. Il tono del rapporto non è però particolarmente preoccupato. 

La sua diffusione segue la storica decisione tedesca di fare un’eccezione al freno costituzionale sul debito (ridotto grazie all’austerità degli scorsi anni e ai benefici dei tassi negativi) per finanziare investimenti soprattutto nella Difesa. Voto del Bundestag accolto con un rialzo dei rendimenti dei titoli tedeschi che ha trascinato all’insù il costo dell’indebitamento di tutta l’Eurozona

Al Tesoro italiano non è certo piaciuto. Il nostro debito è tra i più alti al mondo e la prudenza del ministro Giorgetti è del tutto giustificata. L’eccesso di liquidità è come l’acqua alta. Nasconde eventuali fragilità nazionali (la nostra per esempio). E riduce i tassi di default. Si fallisce di meno. I Paesi emergenti, si evince sempre dalla lettura del rapporto Ocse, faticano però ad accedere al mercato dei capitali internazionale, dal quale soprattutto gli Stati Uniti drenano le risorse necessarie per sostenere il loro gigantesco debito. 

Le nuove sfide, non soltanto sul tema della sicurezza ma anche e soprattutto sul versante della transizione energetica, richiedono grandi investimenti e nuovo debito. La lezione che si apprende dall’Ocse è che sarà sempre più importante, per la sostenibilità del debito, dimostrare di concentrare le spese in investimenti realmente produttivi. E colpisce che siano state molte le imprese private a non essere particolarmente sagge in questa direzione. Hanno premiato di più, con prestiti obbligazionari e acquisti di azioni, i propri assetati azionisti e manager, a discapito degli investimenti. Una piccola, significativa, tirata d’orecchi.

Le cose che scrive De Bortoli sono ovviamente scritte bene e soprattutto condivisibili.

Però.

Nel 2021, nel 2022, nel 2023, e nel 2024, di che cosa si occupavano, il De Bortoli ed il suo quotidiano? Di quali temi, di quali argomenti hanno sentito l’esigenza di scrivere con questi toni allarmati?

Perché, in quegli anni, non si trovava una sola riga, su questo tema del debito? I numeri, un anno fa o due, erano identici a quelli di oggi, nella sostanza.

Per quale ragione, in quegli anni, non stava sulle prime pagine di Repubblica, Il Sole 24 Ore, e Milano Finanza?

Per quale ragione, in quegli anni, il tema del debito non fu mai neppure accennato, da Fideuram e Mediolanum, da Banca Generali e da Allianz, da Fineco e da Azimut?

Forse, questo tema del debito non è importante, per i loro Clienti e per la stabilità del loro risparmio?

Non è quello che si ricava leggendo De Bortoli oggi.

Eppure, chi (come noi di Recce’d) ne scriveva nel 2021, nel 2022, nel 2023, e nel 2024, si sentiva rispondere che

  • il debito oggi non conta più

  • ogni problema di debito verrà risolto dalle Banche Centrali

  • chi parla di debito è un pessimista di professione

  • con il pessimismo non si va da nessuna parte

  • chi fa il pessimista vuole solo distinguersi per mettersi in evidenza

  • chi fa il pessimista sembra più intelligente, ma chi è ottimista diventa ricco (che va poi completata con: chi ripete frasi come questa è un povero fesso, the “greatest fool”).

Oggi però, come si legge sui quotidiani, le cose sono drammaticamente cambiate: ed infatti, sulla prima pagina del Corriere della Sera, si scrive di debito come di una cosa di grande importanza. Per tutti, ma ovviamente soprattutto per i risparmiatori e gli investitori, come noi.

Non è ancora “allarme debito”: ma è proprio lì, dove stiamo andando.

Di debito ha scritto, proprio ieri, anche un secondo quotidiano, il Giornale, che di fatto agisce da portavoce della coalizione politica che oggi governa l’Italia.

Vi facciamo leggere anche questo articolo, qui di seguito.


Criticare la Germania va bene, ma non equivale a santificare il nostro debito pubblico. La Germania ha votato per poter creare più debito pubblico da impiegare per la difesa, secondo il nuovo filone della politica di Bruxelles. Anzi, tanto per mettere le cose nel giusto ordine, è da Berlino che è partita l'inversione di rotta che poi la Commissione ha fatto sua. La filosofia precedente, ispirata dai verdi tedeschi ed eseguita dall'olandese Timmermans, ha asfaltato l'industria manifatturiera leader in Europa e con essa quelle che ne dipendono, ad esempio l'Italia, la cui produzione industriale è in calo da due anni. Avevano bisogno, la Germania e l'Europa tutta, di una ragione accettabile per dare benzina all'industria. Fortunatamente, è arrivata la doppia mossa americana, tanto avversata eppure tanto opportuna. Da un lato si è sfilata dal sostegno all'Ucraina, lasciando intendere che magari la strategia precedente fosse non dell'America tutta ma del suo presidente e forse del figlio, ma chissà? Questa mossa ha messo l'Europa in prima fila davanti alla guerra. Dall'altro, ha iniziato a minacciare sui contributi alla Nato. Il combinato disposto ha dato vita a un piano di spesa da 800 miliardi da decidere e realizzare in fretta, senza le solite lungaggini di Bruxelles, quasi che non aspettassero altro. Quindi, quell'industria che prima era da eliminare con le auto elettriche sull'altare della de-carbonizzazione adesso è da salvare con i carri armati diesel. Su quale altare? Beh, quello della pace, ovvio.

La Germania prima ha steso la Grecia, per un problema all'inizio di 30 miliardi, poi ci ha imposto la cura-Monti per abbassare lo spread che la Deutsche Bank aveva gonfiato e adesso si aggiusta le regole come le fa comodo. Insomma, se hai potere fai come ti pare.

Un'altra martellata al muro dell'ipocrisia, che ne sta ricevendo diverse in questi mesi e magari è la volta che viene giù. La questione di fondo è se il potere e il diritto vadano assieme, ovvero siano uno l'antagonista dell'altro. Tutti desideriamo che sia il diritto a tenere a bada il potere, i romani sostenevano il contrario, la storia passata e recente manda segnali almeno controversi. Il Vangelo, una delle opere umane di maggior saggezza, ha risolto la cosa dislocando il potere in Terra e il diritto nel Regno dei Cieli e quindi di sicuro non la risolviamo in queste poche righe.

Tornando dunque alle nostre miserie, quale che sia la sua filosofia la Germania ha un debito al 63% del Pil e molto inferiore anche in valore assoluto al nostro, che resta un fardello negativo e nocivo. Negativo perché il suo servizio assorbe decine di miliardi di euro sottratti alla spesa sociale e agli investimenti infrastrutturali.

Nocivo perché alimenta una spesa pubblica in buona parte inefficiente, che spreca risorse guadagnate a fatica dai contribuenti. Insomma, il debito è come la Nutella per i bambini: va dosata non perché ce n'è poca o lo dice la mamma, ma perché se ne mangi tanta sul momento sei felice e poi stai male.

La parte conclusiva è dedicata alla Nutella (divertentissima, ma poco centrata: oggi, noi risparmiatori, ed i mercati finanziari tutti,

ci facciamo il bagno, dentro la Nutella, ed dovremmo preoccuparci di non affogare).

Nutella a parte l’articolo in questione è poco o per nulla chiaro. Non si capisce che cosa voglia dire: hanno fatto bene, i tedeschi, a fare nuovo debito? Sarebbe una scelta nell’interesse di tutti? Oppure soltanto l’interesse di qualcuno? E per i risparmiatori, per chi oggi ha BTp nei portafogli, questa notizia è favorevole?

L’articolo in questione (al di là del solito, penoso, attacco alla Germania, che … avrebbe creato lei, la Germania, il debito italiano al 140% del PIL! incredibile leggere nel 2025 ancora simili sciocchezze!) non ci offre alcuna conclusione. Non si capisce che cosa voglia dirci.

Ma a noi ed ai lettori di Recce’d, non serve di capire questo articolo: c’è ben altro, per noi investitori, di cui occuparci.

L’articolo mantiene, tuttavia, una sua rilevanza, ed è per questo che noi vi abbiamo chiesto di leggerlo. La rilevanza dei due articolo dove sta? Sta nel fatto che solo 30 giorni fa, sia per il Giornale sia per il Corriere, oppure per il Sole 24 Ore e per Milano Finanza, il debito non era (assolutamente!) un tema da trattare. Tutto sotto controllo, in fondo non è così grande, e poi “risolve tutto la BCE”.

Oppure no?

Recce’d. con voi ha trattato del debito, delle sue dimensioni, e del suo peso sulle future condizioni economiche di ognuno di noi, con grandissimo anticipo, ed in decine di occasioni. Lo abbiamo fatto quando, per gli investitori, sarebbe stato importante, ed anzi decisivo, dedicare al debito più attenzioni.

Guardando soltanto al 2025, Recce’d ha trattato del tema scelto da De Bortoli e dal Giornale in numerose occasioni, tra le quali vi ricordiamo

  1. il Post datato 11 gennaio 2025, dove vi abbiamo anticipato che “la crisi finanziaria è già iniziata” (più di due mesi fa)

  2. il Post datato 9 febbraio 2025, dove vi abbiamo anticipato le considerazioni che oggi leggete sulle politiche di emissione dei Titoli di Stato USA

  3. il Post datato 22 febbraio 2025, dove vi abbiamo segnalato alcune possibili alternative alla vostra attuale asset allocation per affrontare con successo questa nuova fase dei mercati

  4. uno dei due Post datati 15 marzo, dove potete leggere le nostre valutazioni in merito alla profondità della crisi che è in corso

  5. un secondo Post datato 15 marzo, dove potete leggere dell’impatto della crisi sui vostri portafogli di investimento.


I mercati finanziari internazionali, fino a poche settimane fa, sembravano ignorare, intenzionalmente, questo argomento. Il problema del debito? Non è proprio il caso di perderci del tempo.

Attivamente aiutati, a mantenere questo atteggiamento negligente, dai media, dai quotidiani, dai TG e dai GR.

Aiutati, a fare finta che il debito non esistesse, dalla BCE e dalla Federal Reserve.

Supportati, giorno dopo giorno, in questa negligenza da banche come BNP Paribas, Morgan Stanley, JP Morgan, Goldman Sachs, UBS.

Insieme a Mediolanum e Fineco, e da Banca Generali e Allianz, e da Mediolanum e Fideuram, e da tutte le altre Reti di promotori finanziari.

Per tutti questi, non era proprio il caso di scrivere e parlare di debito.

E di crisi finanziaria? No, La crisi finanziaria non esiste, non si può neppure citare, non si deve proprio valutare. E’ assurdo. E’ fuori da ogni logica

E quindi, poi ripartiva la tarantella, quella che dice:

  • il debito oggi non conta più

  • ogni problema di debito verrà risolto dalle Banche Centrali

  • chi parla di debito è un pessimista di professione

  • con il pessimismo non si va da nessuna parte

  • chi fa il pessimista vuole solo distinguersi per mettersi in evidenza

  • chi fa il pessimista sembra più intelligente, ma chi è ottimista diventa ricco (che va poi completata con: chi ripete frasi come questa è un povero fesso, “the greatest fool”).

Poi, in un giorno di marzo 2025, qualcuno si rende finalmente conto dello stato della realtà: ed è il Ministro del Tesoro degli Stati Uniti.

Chi è allora il pessimista, adesso? Chi è il menagramo? E Bessent, lui, sarebbe quello che “sembra solo intelligente, ma non diventa ricco”?

Ci sarebbe da chiederselo: se non fosse che la risposta ce la hanno già data i fatti.

Il Segretario al Tesoro Scott Bessent ha detto domenica che l'amministrazione Trump è concentrata sulla prevenzione di una crisi finanziaria che potrebbe essere il risultato di una massiccia spesa pubblica negli ultimi anni.

"Quello che posso garantire è che avremmo avuto una crisi finanziaria. L'ho studiato, l'ho insegnato e se avessimo mantenuto questi livelli di spesa, tutto sarebbe stato insostenibile", ha detto Bessent a "Meet the Press" della NBC. "Stiamo ripristinando e stiamo mettendo le cose su un percorso sostenibile".

Il Presidente Donald Trump ha fatto della messa in ordine della casa fiscale del governo una priorità sin dal suo insediamento. Ha creato il cosiddetto Dipartimento per l'efficienza governativa, guidato da Elon Musk, per guidare i tagli al lavoro e gli incentivi al pensionamento anticipato in più agenzie federali.

Tuttavia, il problema del debito e del deficit degli Stati Uniti è peggiorato durante il primo mese di mandato di Trump, poiché il deficit di bilancio di febbraio ha superato la soglia di 1 trilione di dollari.

Bessent ha osservato che non ci sono "garanti" che non ci sarà una recessione. Il mercato è stato in un periodo tumultuoso ultimamente, poiché le tariffe diffuse di Trump hanno sollevato preoccupazioni sull'inflazione e il rallentamento economico. Giovedì l'S&P 500 è sceso in una correzione del 10% dal suo massimo di febbraio, mentre la volatilità è aumentata.

Bessent ritiene che ritiri come quello in cui si trova il mercato in questo momento siano benigni e che le politiche pro-business di Trump stimoleranno il mercato e l'economia nel lungo periodo.

"Sono nel settore degli investimenti da 35 anni e posso dirti che le correzioni sono sane. Sono normali", ha affermato. "Quello che non è sano è che si ottengono questi mercati euforici. È così che si ottiene una crisi finanziaria. Sarebbe stato molto più sano se qualcuno avesse messo i freni nel 2006, 2007. Non avremmo avuto i problemi nel 2008".

"Non sono preoccupato per i mercati. Nel lungo termine, se mettiamo in atto una buona politica fiscale, deregulation e sicurezza energetica, i mercati andranno alla grande", ha aggiunto Bessent. "Dico che una settimana non fa il mercato".

Il Segretario del Tesoro Scott Bessent non è preoccupato per il mercato azionario, ma non escluderebbe la possibilità che gli Stati Uniti possano entrare in recessione.

Bessent ha detto a NBC News Meet the Press domenica che le correzioni di mercato, il termine usato quando un indice è in calo del 10% rispetto al suo picco recente, sono "normali". L'S&P 500 è entrato in territorio di correzione la scorsa settimana e, sebbene abbia chiuso in rialzo venerdì, l'indice ha perso il 5,9% dall'insediamento del Presidente Donald Trump a gennaio.

"Quello che non è sano è che si ottengono questi mercati euforici. È così che si ottiene una crisi finanziaria",

ha detto Bessent a NBC. "Quindi, non sono preoccupato per i mercati. Nel lungo termine, se mettiamo in atto una buona politica fiscale, deregolamentazione e sicurezza energetica, i mercati andranno alla grande".

 

Un nuovo sondaggio della NBC afferma che gli elettori disapprovano le prime prestazioni lavorative di Trump, con il 54% che afferma di disapprovare la sua gestione dell'economia contro il 44% che ha affermato di approvarla. E il 55% ha affermato di disapprovare la gestione dell'inflazione e del costo della vita da parte di Trump, contro il 42% che ha affermato di approvarla.

 Le azioni stanno calando mentre la fiducia dei consumatori cala tra le preoccupazioni sugli effetti della guerra commerciale di Trump. David Rosenberg di Rosenberg Research ha definito la lettura di venerdì della fiducia dei consumatori del Michigan pari a 57,9 come la peggiore dalla crisi finanziaria.

 "Le aspettative su tutto, dal mercato azionario all'occupazione ai redditi, sono finite nel cassonetto e i timori per l'inflazione e i tassi di interesse si stanno agganciando in modo molto preoccupante", ha scritto Rosenberg venerdì. "Il settore delle famiglie, almeno in questo sondaggio, sta dando alla Casa Bianca un voto F per le sue politiche economiche in questi primi giorni. Forse è il momento di tornare al tavolo da disegno, ma l'ideologia non si lascia andare così facilmente".

Ma Bessent ha detto alla NBC News domenica che una settimana non fa il mercato. "Avremo una transizione e non avremo una crisi".

Ma alla domanda se potesse garantire che non ci sarebbe stata una recessione, Bessent ha risposto "non ci sono garanzie".

Voi, amici lettori, parole come queste dove le avete lette anche soltanto qualche settimana fa?

Qui, nel Blog di Recce’d. Questo è certo. E poi?

Le avete ascoltate dal vostro promotore finanziario? Dal consulente “pagato con le retrocessioni”? Le avete ascoltate dal vostro wealth manager? Dal family banker? Dal direct banker? Dal personal banker? Dal financial advisor?

Le avete lette da Morgan Stanley, da UBS, da BNP Paribas, da JP Morgan, da Goldman Sachs?

Le avete ascoltate dal giornale radio? Oppure al TG? Ne ha mai parlato uno solo degli intervistati su CNBC?

E perché? Amici lettori, vi siete chiesti la ragione di tutti questi silenzi? Soltanto noi, in Recce’d, ce ne eravamo resi conto? Vi pare possibile?

E voi, amici lettori: ve lo chiediamo in modo diretto, voi sulla base di che cosa fate, ed avete fatto, le vostre scelte di investimento? Sulla base di quali elementi, avete scelto la vostra asset allocation? Come avete deciso la vostra strategia presente e futura, per investire i vostri risparmi, ed evitare di perderli?

Se può esservi utile, noi anche oggi gratuitamente a tutti i nostri lettori forniamo una indicazione pratica, concreta.

Disorientati e confusi come siete oggi, siete alla ricerca di un punto di appiglio, di un ancoraggio per le vostre aspettative, di un punto di partenza per le vostre valutazioni.

Nessun aiuto vi viene fornito, in questa situazione, dal vostro financial advisor, dal vostro “promotore pagato a retrocessioni sui Fondi”, dal vostro private banker. Non è che lo fanno apposta, è che mancano i requisiti professionali, mancano le fondamenta. Loro, pensano a vedervi “la roba”.

Eccoci quindi qui, noi di Recce’d, pronti a supplire a questo deficit di professionalità, come in centinaia di precedenti ocacsioni.

Noi oggi 22 marzo 2025 vi diciamo questo: ci sono poche, pochissime cose oggi che contano davvero, che hanno la forza di dare una direzione ai mercati finanziari, alle Borse, ai Titoli di Stato, ai BTp, al cambio tra dollaro ed euro.

Tra queste poche cose che contano, attenzione, NON ci sono le tariffe, e NON c’è il destino dell’Ucraina, e NON c’è il Risiko delle banche, e NON c’è la spesa militare. per la gestione di un qualsiasi portafoglio, oggi nel marzo del 2025 queste cose contano zero. tanto quanto esattamente tre anni fa, contavano “il petrolio a 200$ ed il crollo della Russia”.

Come già vi avevamo anticipato, oggi c’è ragione di fare grande attenzione: sui mercati finanziari, le cose accadono sempre allo stesso modo, ovvero “prima niente niente, e poi tutto insieme all’improvviso”.

Proprio come accade in altri ambito, come ad esempio l’Ucraina, la NATO, la spesa bellica in Germania.

Fate grande attenzione, amici lettori, e non fate fare al vostro portafoglio titoli la fine di Zelenskyy. Voi non avete di certo vinto la battaglia, ma cercate soprattutto di non perdere la guerra.

Per evitare di perdere la guerra, come dicevamo, è indispensabile fare le proprie scelte guardando alle poche cose che contano davvero.

Una (ce ne sono alcune altre) è quella che viene ben descritta nell’articolo che segue. Dove abbiamo evidenziato le due frasi cruciali. Va detto, per amore di verità, che si tratta di cose che noi abbiamo già messo in evidenza qui nel Blog, nel 2022, e poi nel 2023, e poi nel 2024. E’ il cambio di paradigma. E’ questo, che Bessent ci racconta, ciò che Recce’d ha definito “la Nuova Era” dei mercati finanziari. Appunto, nel 2022.

Quindi, vi abbiamo dato lo spunto iniziale: quello decisivo. E quindi, buon lavoro, e buona fortuna. E se ritenete possa risultarvi utile, contattateci alla pagina CONTATTI del nostro sito.


Prima di entrare in carica, lui e alcuni altri consiglieri economici di Donald Trump hanno criticato la gestione del mercato dei Treasury da parte della sua predecessora Janet Yellen. Yellen aveva spostato il mix di emissioni di Treasury verso titoli a breve termine e lontano dalle obbligazioni a lungo termine. Si trattava di "quantitative easing con un altro nome", hanno affermato i critici.

In un documento ampiamente diffuso, il presidente entrante del Council of Economic Advisers Stephen Miran ha sostenuto che l'emissione di più titoli del Tesoro a breve termine abbassa artificialmente i rendimenti a lungo termine, consentendo al governo di accumulare deficit maggiori e stimolare l'economia senza spaventare i detentori di obbligazioni.

Ma a due mesi dal suo mandato, Bessent sta facendo esattamente ciò che ha fatto Yellen. In una recente intervista, ha affermato che avrebbe mantenuto la propensione verso i titoli e che i cambiamenti nella scadenza del profilo del debito sarebbero stati "dipendenti dal percorso". In effetti, sta raddoppiando. Le proiezioni del Tesoro prevedono che il dipartimento mantenga la quantità in dollari di debito a lungo termine di Yellen in futuro, piuttosto che solo la quota di emissione, anche se si prevede che il debito crescerà.

"Proporzionalmente, emetterà ancora meno debito a lungo termine di Yellen", afferma Darrell Duffie della Stanford Graduate School of Business.

Ci sono due interpretazioni della decisione di Bessent.

  • La prima è che emettere una quota maggiore di debito a breve termine non è mai stato un grosso problema, come molti hanno sostenuto.

  • La seconda è che le sue critiche a Yellen erano valide, ma Bessent ora è sottoposto alle stesse pressioni di cui era sottoposta lei. È probabile che l'amministrazione Trump dovrà espandere i prestiti quest'anno per pagare i tagli fiscali. Bessent potrebbe voler usare la strategia di Yellen per mantenere calmo il mercato mentre ciò accade.

Ma qui c'è tensione. Gli investitori sono preoccupati per l'entità del deficit, che è aumentato rapidamente mentre i pagamenti degli interessi sono aumentati a dismisura.

Se il deficit non scende, o se l'inflazione torna a salire per qualche altro motivo, è possibile un trend secolare di rendimenti crescenti dei Treasury.

In effetti, questo è ciò che molti analisti si aspettano, non solo per gli Stati Uniti ma per la maggior parte delle nazioni ricche. Se così fosse, il Tesoro si pentirebbe di non aver emesso più debito a lungo termine ai tassi odierni. E c'è uno scenario potenzialmente peggiore. Se ci fosse una situazione di stallo politico sulla politica fiscale o gli acquirenti di obbligazioni si opponessero ai piani fiscali di Trump (qualcuno ha detto vigilante?), potrebbe esserci un forte aumento dei rendimenti obbligazionari. Ciò potrebbe accadere proprio perché il Tesoro ha bisogno di emettere debito rapidamente per evitare il default.

Se così fosse, si troverebbero ad affrontare costi di prestito ancora più elevati.

In sintesi, se credi che Yellen e Bessent abbiano fatto "QE con altri mezzi", credi che abbiano mantenuto i rendimenti più bassi nel breve termine, a costo di non bloccare un finanziamento stabile a lungo termine a quelli che potrebbero rivelarsi tassi interessanti. È possibile che Bessent abbia già le mani legate. Se dovesse passare a emissioni a lungo termine, il mercato potrebbe ribellarsi: gli investitori stanno attualmente fuggendo dalla duration.

Anche Bessent sta lavorando sotto pressione temporale. Il Tesoro sta rapidamente bruciando il suo conto presso la Fed, che potrebbe esaurirsi quest'estate. Ma finché il tetto del debito non verrà sollevato o sospeso, non potrà essere emesso nuovo debito. Ciò significa che una volta superato il tetto, dovranno seguire molte nuove emissioni. Questa sarebbe una buona opportunità per estendere il profilo di scadenza del debito nazionale, se il mercato lo tollererà.

Valter Buffo
Hard landing: per i Clienti delle Reti di promotori
 

La peggiore settimana del mercato azionario di New York dal 2023.

Abbiamo toccato i 5500 punti.

Che sta succedendo?

Come abbiamo già scritto, nel Post pubblicato proprio prima di questo che ora leggete, il Presidente americano Trump, lui ha capito. Ed ha anche agito di conseguenza.

Prima di voi, ha capito.

Prima di Goldman Sachs, di UBS, di JP Morgan e di Blackrock, di BNP Paribas. E quindi di Mediolanum, di Fineco, di Fideuram, dell’esercito dei promotori finanziari pagati con le retrocessioni sui Fondi Comuni e le GPM.

Trump ha capito: ed ha anche deciso che a lui, il Presidente, importa nulla delle JP Morgan, delle Goldman Sachs, delle varie UBS e BNP Paribas, e Blackrock e Amundi del Pianeta.

Perché lui, Trump, ha ben compreso che tutte quelle persone, così come le Fideuram e le Fineco, le Mediolanum e le Generali e le Allianz, hanno perso il contatto con la realtà.

Ma pure, hanno del tutto perso il controllo del loro stesso business.

Sono il passato.

Trump lo ha capito prima di loro. Sta scritto qui sotto nell’immagine.



Ma leggere questa immagine, oggi a che serve?

Ormai, questa storia la raccontano i fatti.

La gestione del risparmio non guarda all’oggi: la gestione del risparmio sta nel fare ieri, oppure l’altro ieri, tutte le scelte che vanno fatte per guadagnare oggi.

Nella gestione del risparmio, fare le scelte oggi su ciò che accede oggi è fallimentare.

Oggi, le scelte di portafoglio devono essere fatte su ciò che accadrà domani, e dopodomani.

Non sarà che, per caso, a voi serve un consulente per impiegare con successo e risultati i vostri risparmi?

Non sarà che, a voi invece non serve qualcuno che vi vende cose?

Cose come Fondi Comuni di Investimento, GPM, Certificati, polizze assicurative: non sarà che, a voi, non servono, per nulla?

Non sarà poi che un “consulente” non fa di mestiere il venditore porta-a-porta?

Non sarà magari che il consulente, se davvero è un consulente, a voi deve anticipare situazioni come questa di oggi? Sempre che sia davvero un consulente, e non un venditore?

Facciamo alcuni esempi molto pratici, e molto concreti.

Voi dove eravate, quando nel 2022 Recce’d scriveva e spiegava queste cose, che leggete nell’immagine?

Per voi, avevano “nessuna importanza”. Voi eravate occupati a seguire “quello che fa Tesla”, che era sempre in prima pagina sui quotidiani.

“L’uomo più ricco del Mondo”, come raccontavano tutti i financial advisors ed i promotori finanziaroi. Eccitatissimi.


Voi dove eravate, quando nel 2022 Recce’d scriveva e spiegava queste cose?

Forse voi vi siete fatti influenzare, e per tre anni, da quelli che spiegavano che “il debito ormai non conta più nulla”. Come viene raccontato ancora oggi, un po’ da tutti, al Salone del Risparmio di Milano.


Voi dove eravate, quando nel 2022 Recce’d scriveva e spiegava queste cose?

Forse voi eravate occupati a leggere in quell’anno 2022 che “il petrolio non può che salire fino a 200$: me lo ha scritto un amico in chat, e poi lo ho anche letto nella mia community, e poi sta scritto anche sui canali social, dove c’era uno ieri che urlava come un ossesso”. Vero che è così?

Voi dove eravate nel 2022, quando Recce’d metteva in evidenza questi dati?

Voi eravate concentrati sui Magnifici Sette: “i soldi oggi si fanno coi Magnifici Sette”, dicevano tutti alla Gintoneria di Milano, durante alcune divertentissime serate di baldoria.

In quelle medesime ore, noi di Recce’d via avevamo detto: “si deve stare sempre concentrati sulla realtà. Concentrati sull’economia reale”.

Proprio come dice oggi Scott Bessent.

Voi dove eravate, quando nel 2022 Recce’d scriveva e spiegava queste cose?

Forse voi eravate occupati a seguire “la nuova riserva di valore assoluta, il Bitcoin che protegge il valore contro il debasement del dollaro USA”. Anche questo, stava scritto “sui social”. Il “debasement”, dicevano allora: ieri il dollaro USA scambiava a 1,0850 conto euro.

Voi dove eravate, quando Recce’d scriveva di mercati finanziari “distorti, dopati, drogati ed intossicati”?

Voi, che cosa stavate facendo, quando Recce’d ripeteva che sarebbe stato inevitabile, un periodo di disintossicazione? Di detox?

Quando Recce’d scriveva, anche qui nel Blog, che “ci sarà un generale re-pricing, di tutti gli asset finanziari”?

Ed operava in modo conseguente sui portafogli modello?

Forse, voi allora eravate abbagliati davanti al rialzo di Nvidia, come storditi di fronte ai siti Web, ai siti di “fai-da-te”, alle chat ed ai social.

Oggi, voi che cosa state facendo?

Anche voi la pensate come il Ministro del Tesoro americano, a proposito dei vostri risparmi?

Voi volete “un periodo di sofferenza” per andare, dopo, verso traguardi più alti?

E’ questo, che voi volete, che voi desiderate, per il vostro risparmio?

E i dati, almeno quelli, li leggete? E fate l’analisi di questi dati? Chi ve la fa?

Oppure aveste preso la vostra residenza su una nuvola?

Avete già perso tempo. Avete già perso soldi. State per perdere ancora altri soldi.

Non sarà, per davvero, che a voi serve un consulente?

Capace di spiegarvi, come minimo, la rapidissima svolta degli indici che avete visto più sopra?

La serie di dati della settimana scorsa, che leggete sopra nell’immagine?

Capace quanto meno di illustrarvi, in modo specifico e concreto, la catena degli eventi come la potete leggere qui sotto?

Da lunedì anche questo lo trovate, ogni mattina, in The Morning Brief.

Non vi servirebbe, forse, un autentico consulente? Un consulente vero?

Che, come minimo, vi spieghi l’impatto sui mercati finanziari dei nuovi dati pubblicati ogni giorno?

Come minimo: perché questo è proprio il minimo, se voi siete interessati a comprendere (come minimo) che cosa sta accadendo al vostro risparmio.

Un consulente capace, come minimo, di parlare con voi di quanto oggi leggete nelle immagini qui sopra? Ma non oggi: no. Che con voi ne parli prima-, quando a voi serve davvero.

Capace di parlarne con voi nel momento in cui, al TG, sui quotidiani, nei social, nelle chat, nelle community, e nelle Reti di promotori finanziari, si parla soltanto di petrolio a 200$, e poi di Nvidia, e poi di Bitcoin, e poi di Tesla, e poi di Fondi Comuni ESG, e di tagli dei tassi ufficiali, e di obbligazioni “destinate a salire per anni ed anni” e di “inflazione transitoria” e del “soft landing, che ormai è una certezza” almeno secondo Goldman Sachs e JP Morgan e compagnia di burattini?

Intanto però, Putin invade l’Ucraina. E dopo tre anni, vince la guerra. Questo, non ve lo avevano detto.

A voi, sono proprio così simpatici, quelli che cercano di farvi fessi?

Non sarà poi che al vostro fianco serve un vero consulente?

Valter Buffo
Chiodo scaccia chiodo. Follia scaccia follia.
 

La peggiore settimana dal 2023 per la Borsa di New York. Si chiudono due anni di isteria collettiva.

Alla Borsa che guida tutte le Borse del Mondo.

Che cosa sta succedendo, oggi?

Il Presidente americano Trump, lui ha capito. Ed ha anche agito di conseguenza.

Prima di voi, ha capito.

Prima di Goldman Sachs, di UBS, di JP Morgan e di Blackrock. E quindi di Mediolanum, di Fineco, di Fideuram, dell’esercito dei promotori finnziari pagati con le retrocessioni sui Fondi Comuni e le GPM.

Trump ha capito: ed ha anche deciso che a lui, il Presidente, importa nnulla delle JP Morgan, delle Goldman Sachs, delle varie UBS del Pianeta.

Perché lui, Trump, ha ben compreso che le Fideuram e le Fineco, le Mediolanum e le Generali e le Allianz, hanno perso il contatto con la realtà.

Ma pure, hanno del tutto perso il controllo del loro stesso business.

Sono il passato.

Sta scritto qui sotto nell’immagine.

Il messaggio, forte e chiaro, è stato lanciato: l’avviso ai naviganti.

Dallo stesso Trump, e poi anche dal suo Ministro del Tesoro, Scott Bessent, due giorni fa.

Bessent ha detto di piantarla di correre dietro alle stupidaggini che scrivono le banche di investimento, e che poi ripetono i financial advisor ed i promotori finanziari.

Guardate alla realtà ed all’economia reale, ha detto Bessent. Prendendo a prestito uno degli slogan utilizzato ogni giorno da noi in Recce’d, come sapete.

Il Segretario al Tesoro Scott Bessent ha detto giovedì che l'amministrazione Trump è più concentrata sulla salute a lungo termine dell'economia e dei mercati e non sulle oscillazioni a breve termine.

"Siamo concentrati sull'economia reale. Possiamo creare un ambiente in cui ci siano guadagni a lungo termine nel mercato e guadagni a lungo termine per il popolo americano?" ha detto Bessent su "Squawk on the Street" della CNBC. "Non mi preoccupa un po' di volatilità in tre settimane".

I commenti arrivano con i mercati in uno stato di agitazione incentrato in gran parte sulle mosse quasi quotidiane del Presidente Donald Trump sui dazi contro i principali partner commerciali degli Stati Uniti come Canada, Messico e Cina. Le principali medie si sono spostate verso il territorio di correzione, poiché il Dow Jones Industrial Average ha perso oltre il 7% nell'ultimo mese.

Mentre Bessent ha affermato che l'amministrazione è attenta ai movimenti del mercato, ha previsto che sia l'economia reale che i mercati prospereranno nel tempo.

"Il motivo per cui le azioni sono un investimento sicuro e ottimo è perché si guarda al lungo termine. Se si inizia a guardare a micro orizzonti, le azioni diventano molto rischiose. Quindi ci concentriamo sul medio e lungo termine", ha detto nell'intervista con Sara Eisen della CNBC. "Posso dirvi che se mettiamo in atto politiche adeguate, getteremo le basi sia per guadagni di reddito reale che per guadagni di posti di lavoro e guadagni di asset finanziari stabili e continui".

Le azioni sono state di nuovo volatili nelle contrattazioni mattutine, con le medie intorno a 0,000 mentre Bessent parlava.

In mattinata, il Bureau of Labor Statistics ha riferito che l'inflazione all'ingrosso è rimasta invariata a febbraio, ben al di sotto delle aspettative di Wall Street per un aumento dello 0,3%. Ciò ha fatto seguito a un rapporto di mercoledì che indicava che anche il tasso dei prezzi al consumo era sceso, fornendo una buona notizia tra le preoccupazioni che i dazi di Trump avrebbero aggravato l'inflazione.

"Forse l'inflazione sta prendendo il controllo e il mercato avrà un po' di fiducia in questo", ha detto Bessent.

Quindi, nel 2025, Trump e la sua Amministrazione hanno copiato la linea che da sempre noi di Recce’d mettiamo in pratica nei nostri portafogli modello per i Clienti.

In questo Post, noi vogliamo spiegare al lettore del sito il perché. Come si è arrivati a questo.

La spiegazione più sintetica, e semplice, la leggete nell’immagine qui sotto:

“… proprio come per un’Azienda privata, queste sono perdite”.

E’ proprio così. Semplicemente, è così. Davvero tanto semplice: ma lo capito soltanto Donald J. Trump.

Potremmo fermarci qui. Ma non lo facciamo: faremo ancora uno sforzo, per aiutare i nostri lettori.

Come sapete, solo fino a qualche settimana fa, parlare di debito era “vietato”: chiunque chiamasse in causa il debito, chiunque dicesse che gli Stati Uniti sono già oggi in una grave crisi, veniva subito zittito, ed accusato di “pessimismo” e di “catastrofismo”. Veniva tacciato di “cercare di mettersi in vista andando controcorrente”.

Persino il Corriere della Sera, non più tardi di qualche mese fa, scrisse che “chi assume atteggiamenti pessimisti lo fa soltanto per interesse proprio”, nel senso che detiene nei portafogli posizioni SHORT.

Poi, improvviso, il cambiamento di rotta. A 180 gradi. Oggi, persino il Corriere della Sera scrive che negli Stati Uniti c’è un problema di debito.

Lo scrive Ferruccio de Bortoli, lo scrive Federico Rampini, lo scrive Federico Fubini

Ora, tornate a inizio anno 2025. Nessuno di questi signori scriveva di debito. Anzi, proprio non importava … un bel tubo di nulla.

Tornate anche a fine 2024: gli outlook delle banche internazionali. C’era qualcuno che richiamasse la vostra attenzione sul debito? Anche solo 30 giorni fa? Metà febbraio? Uno solo tra i soliti nomi?

Non JP Morgan.

Non UBS

Non BNP Paribas

Non Morgan Stanley

Non Bank of America

Non Goldman Sachs

Non Barclays.

Non Mizuno.

L’elenco potrebbe continuare.

Potremmo aggiungere ovviamente Fideuram, e Mediolanum, e Fineco, e Banca Generali. Anche Allianz e decine di altre Reti di promotori finanziari, che a voi vendono le GPM, le polizze, i certificati ed ovviamente i Fondi Comuni al 3% di commissioni annue (se va bene).

Nessuno, insomma, tra questi “massimi esperti dei mercati internazionali” anche se il Corriere della Sera li intervista sempre: come se ne sapessereo qualche cosa di più.

Non sanno nulla: devono solo vendere.

Vi ricordate questi nomi? Sono quelli della “inflazione transitoria 2021”. I medesimi nomi, e le medesime logiche: “negare, negare, negare anche di fronte ai dati di fatto”.

Donald J. Trump quindi se la è capita da solo, la situazione.

Proprio lui: l’uomo che è l’emblema di tutto ciò che è “erratico”, “non consequenziale”, “casuale”, persino “pazzo”, “folle”.

E’ chiaro: c'i vuole solo un pazzo, per scacciare gli altri “pazzi”, quelli che la massa ed il pubblico fino all’altro ieri giudicavano “normali”. Ed anzi, “infinitamente affidabili”: non erratici, conseguenziali, saggi, e capaci di prevedere il futuro. Almeno fino alla “inflazione transitoria”.

Tutti quelli che ci hanno messo sulle spalle (e sulle spalle delle future generazioni) il peso di questo disastro finanziario. Bernancke, Draghi. Yellen, Lagarde, Powell.

In questo Post, noi di Recce’d spieghiamo al lettore che cosa ha capito Donald J. Trump..

L’immagine sopra spiega perché “la crisi del debito è la più grande crisi a cui nessuno presta attenzione.”

Prestava. Oggi tutti prestano attenzione.


La Federal Reserve, insistendo da anni sul “soft landing” (per ragioni di sua, non vostra, convenienza) è stata costretta a negare l’esistenza di questa crisi, come leggete sopra.

Dove si dice che “la recessione potrebbe essere la sola via di uscita”.


Da qui la domanda: l’Amministrazione Trump oggi vuole una recessione?

Risparmierebbe sugli interessi da pagare ai creditori dello Stato.


I tagli annunciati dal DOGE con una enorme fanfara sui social e sui media sono finalizzati a ridurre le spese dello Stato.

Ma potrebbero anche provocare la recessione, come si dice sopra.

Ma potrebbe anche non essere così semplice.

Sarà utile tenere a mente che, durante una recessione:

  • aumentano le spese dello Stato

  • mentre diminuiscono le entrate dello Stato

La medesima cosa si può affermare per i prezzi dell’energia, presi di mira da Donald J. Trump.

L’inflazione in Occidente oggi dipende dai costi dell’energia?

A nostro giudizio, per niente.

Non è soltanto nostra, questa opinione: è condivisa anche da molti altri osservatori ed analisti, che si basano sui dati e non sulle dichiarazioni della Federal Reserve.


Ed è a questo punto che entra in gioco il mercato di Borsa.

mercato al quale, dice Trump, oggi la Amministrazione non presta la benché minima attenzione.


L’analista, ma pure l’investitore, deve prendere buona nota del fatto che i recenti cambiamenti di scenario sono stati molto rapidi e molto ampi, come si dice qui sotto.

Sui mercati finanziari, va da sempre così: prima niente-niente, poi tutto all’improvviso.

Soltanto chi ha capacità e competenze per gestire questo tipo di andamento oggi può gestire con successo i risparmi e gli investimenti finanziari.

Si tratta di un cambiamento duraturo?

Per rispondere, Recce’d a voi suggerisce di seguire una sola variabile: la spesa per interessi dello Stato americano e degli Stati in Europa.

Sarà possibile sostenerla, quella spesa?

Il problema è aggravato dalle scelte, rischiosissime e potenzialmente disastrose, messe in pratica da Janet Yellen, ed ampiamente commentate mesi fa proprio qui nel Blog di Recce’d, sulle scadenze del debito degli Stati Uniti.

Allora, mesi fa, eravamo gli unici a metterle in evidenza.

E questo ha fatto il bene dei nostri Clienti.

Adesso, a mesi di distanza, il tema incendia anche i social ed i “fenomeni” del web.

I quali non ne capivano nulla già allora.

E continuano a non capire anche oggi.

Inevitabilmente serve ad ogni investitore una previsione per la recessione: quanto è probabile?

Per rispondere, serve l’analisi. Un lavoro di analisi. tanta analisi. Con metodo. Con competenze,. Con dati aggiornati ogni giorno.

Il dato certo, il punto fermo, è che tutto è cambiato in tre settimane.

Come ha commentato El Erian, abbiamo assistito ad una svolta a 180 gradi, come leggete nell’immagine qui sotto.


I mercati finanziari hanno assistito a un cambiamento radicale che sta capovolgendo le consensual trade che hanno dominato fino all'inizio di febbraio di quest'anno.

I cali delle azioni statunitensi e la loro sottoperformance rispetto ad altri paesi riflettono un notevole cambiamento nelle opinioni degli investitori sulle prospettive economiche per America ed Europa, e in misura minore per la Cina. Ciò che è meno chiaro è se il mix risultante di tutto ciò sia favorevole o sfavorevole nel lungo termine. E questo è molto importante per il benessere globale, l'inflazione e la stabilità finanziaria.

Tre fattori chiave sostengono la recente svolta di 180 gradi nelle opinioni consensuali su azioni, obbligazioni e valute: crescenti preoccupazioni per l'economia statunitense;

  1. un potenziale "momento Sputnik" in Europa guidato da un possibile cambiamento in Germania sulla politica fiscale e sui finanziamenti europei; e accenni a una risposta politica più determinata da parte della Cina.

  2. La fiducia nell'eccezionalismo americano è stata erosa non solo con il calo delle azioni statunitensi, ma anche con il calo dei rendimenti obbligazionari a causa delle preoccupazioni sulla crescita e dell'indebolimento del dollaro. Dopo aver affrontato un sentore di stagflazione, i mercati stanno soffrendo un buon vecchio spavento di crescita a causa di un significativo attacco di volatilità politica degli Stati Uniti.

  3. Le incertezze associate alle tariffe a intermittenza sui principali partner commerciali e alleati degli Stati Uniti come Canada e Messico sono state aggravate dalla preoccupazione per l'impatto sull'occupazione e sul reddito dei tagli in corso al settore pubblico.

I funzionari del governo degli Stati Uniti sostengono che queste "perturbazioni" sono piccole e dovrebbero essere viste come parte di un viaggio accidentato verso una destinazione molto migliore: una di commercio internazionale più equo, grande efficienza del settore pubblico, ridotto predominio fiscale e lo scatenamento di un'imprenditorialità e attività del settore privato più potenti.

In effetti, secondo loro, è solo questione di tempo prima che il viaggio stesso migliori grazie a prezzi energetici più bassi, tagli fiscali e significativa deregolamentazione. La preoccupazione è che il viaggio accidentato possa portare a una destinazione diversa e meno favorevole.

  1. La recente ondata di imprevedibilità degli USA rischia di privare gli USA di uno dei suoi importanti e distintivi "vantaggi": la fiducia degli investitori a lungo termine nel quadro politico e nel processo decisionale. La politica degli USA è anche responsabile del repentino cambiamento di opinione dei mercati sull'Europa, che ora vede finalmente il potenziale per un drammatico cambiamento di politica economica.

  2. Scossa dal trattamento riservato dall'America alle alleanze di sicurezza di lunga data e dal cambiamento della sua politica sull'Ucraina, la Germania sta improvvisamente contemplando un allentamento dei suoi vincoli fiscali di lunga data. Ciò potrebbe tradursi in una maggiore spesa per la difesa, maggiori investimenti infrastrutturali e maggiori finanziamenti regionali.

  3. Nel frattempo, la Cina sta segnalando un passaggio verso un mix più potente di stimoli e riforme. I mercati lo considerano essenziale per contrastare la crescente minaccia della giapponesizzazione dell'economia cinese, evidenziata nuovamente nei dati di domenica con prezzi al consumo e alla produzione in calo a febbraio.

Sulla carta, questa confluenza di fattori presenta due possibili scenari di convergenza tra ciò che in precedenza era il buono (Stati Uniti), il cattivo (Cina) e il brutto (Europa) dell'economia globale.

  • La visione ottimistica prevede una convergenza verso l'alto della crescita globale, con Europa e Cina che accelerano per avvicinarsi alle prestazioni finora eccezionali dell'economia statunitense. Ciò si tradurrebbe in un livello complessivo più elevato di crescita globale poiché una decelerazione statunitense a breve termine è più che compensata dalla ripresa in Cina e Germania.

  • La prospettiva più pessimistica sarebbe una convergenza verso il basso caratterizzata da stagflazione. Questo scenario sarebbe dovuto ai ritardi nell'attuazione delle politiche della Germania; alla continua lotta della Cina per bilanciare stimoli e riforme; e a un'economia statunitense che decelera verso una velocità di stallo tra bassa fiducia dei consumatori, insicurezza lavorativa, un approccio attendista aziendale sugli investimenti e le pressioni stagflazionistiche dei dazi.

Sebbene non sia ancora chiaro quale strada prenderà l'economia globale, i livelli dei prezzi assoluti e relativi nei mercati suggeriscono aspettative leggermente più orientate verso una convergenza favorevole nel lungo termine. Ciò implica la convinzione nella capacità dell'Europa di superare la sua inerzia fiscale, nella capacità della Cina di superare le sue sfide politiche e nella resilienza dell'economia statunitense nonostante le sue attuali perturbazioni. La scommessa è che l'economia globale probabilmente riuscirà ancora a sfuggire alle grinfie della stagflazione e a raggiungere una traiettoria di crescita più equilibrata e sostenibile.

Dovremmo tutti sperare che sia giusto.

Come avete letto, l’unica certezza che noi investitori oggi abbiamo, è la volatilità.

Noi di Recce’d, già mesi fa, abbiamo approfondito: ed abbiamo spiegato ai nostri lettori che non si tratta di semplice volatilità, bensì di un generale re-pricing di tuti gli asset finanziari.

Un detox necessario, per disintossicare i mercati dal doping delle Banche Centrali e dalla droga della spesa pubblica, droga per cui dobbiamo ringraziare Bernanke e Draghi, e Yellen e Powwell e Lagarde.

Nel marzo, aprile, maggio, giugno del 2025, i gestori vincenti sono quelli che (come Recce’d) hanno da anni buttato via tutti i metodi e gli strumenti tradizionali per la gestione degli investimenti, e che oggi sono quindi in grado di fare grandi guadagni per i propri Clienti gestendo la Nuova Era ed il cambio di paradigma.

Proprio come Recce’d mise in pratica, ad esempio, nel 2020.

Ora chiudiamo il Post facendovi leggere i suggerimenti operativi di altri gestori.

I nostri, come sempre, li potete conoscere scrivendoci alla pagina CONTATTI del nostro sito.

L'autore è fondatore e amministratore delegato del gestore patrimoniale Capstone Investment Advisors

Era solo questione di tempo prima che segnali contrastanti sulla politica negli Stati Uniti si traducessero in una maggiore volatilità.

Quando i dazi commerciali sono accesi, poi spenti, poi di nuovo accesi, ad esempio, i mercati devono adattarsi alla strana realtà in cui viviamo. Il Vix, un indicatore delle aspettative degli investitori sulla volatilità dell'indice S&P, è aumentato notevolmente da metà febbraio. Dati i rischi di uno smantellamento sistematico della fiducia tra le nazioni, la volatilità dell'indice potrebbe essere aumentata ancora di più. Alcuni partecipanti al mercato attivi nel trading della volatilità hanno previsto da tempo un simile cambiamento, in particolare dato che la dispersione dei singoli movimenti azionari, il lato oscuro nascosto della volatilità dell'indice, si stava intensificando.

La performance delle Magnifiche Sette società tecnologiche che dominano il mercato azionario statunitense e di altre grandi aziende aveva mascherato una divergenza più ampia tra i titoli.

L'amministrazione del presidente Donald Trump potrebbe essere una buona cosa per gli asset a lungo termine e una buona cosa per la crescita agli occhi di molti partecipanti al mercato. Ma non possiamo ignorare che la volatilità delle singole azioni, in funzione del rischio idiosincratico, è in costante aumento rispetto alla volatilità dell'indice. Non è solo il contenuto dei recenti ordini esecutivi della Casa Bianca a creare oscillazioni più ampie, o i sospetti più comunemente citati, come il conflitto geopolitico, l'inflazione e l'interruzione della catena di fornitura. L'imprevedibilità deriva in parte dal modo in cui vengono comunicate le decisioni politiche. Non ho dubbi che l'avvento di piattaforme di social media come Truth Social e X sia una considerazione significativa nel modo in cui gli investitori affrontano la ricerca. Non da ultimo ora, quando le decisioni vengono comunicate più frequentemente tramite questi canali.

La tendenza di Trump a commentare settori, aziende, eventi e azioni specifici di altri stati nazionali è una forza trainante per il sentiment degli investitori. Ciò che si ricava dalle sue opinioni altera il corso del destino di determinati settori, in particolare quelli più esposti al sostegno governativo sotto forma di sussidi o vantaggi fiscali, come l'energia rinnovabile. E una maggiore incertezza, e quindi dispersione, non è solo una questione di comunicazione. Ci sono alcune questioni fondamentali. Prendiamo ad esempio i veicoli elettrici. C'è una chiara tensione tra l'obiettivo dichiarato di Trump di ricostituire la tradizionale industria automobilistica americana e gli interessi di Tesla, la più grande azienda automobilistica per capitalizzazione di mercato. Ciò che potrebbe essere positivo per Tesla potrebbe non esserlo per le case automobilistiche tradizionali e viceversa. Inoltre, Elon Musk, l'uomo che gestisce questa azienda, ha anche il compito di ridurre drasticamente la spesa pubblica e sembra avere l'orecchio del presidente.

Allo stesso modo, l'intelligenza artificiale è stata una delle favorite del mercato negli ultimi due anni, ma gli investitori devono ancora fare i conti con le sue implicazioni per il mercato del lavoro. Come risponderanno gli elettori se i tagli di posti di lavoro dovuti all'automazione dell'intelligenza artificiale aumenteranno in modo significativo? E come risponderà Trump a queste preoccupazioni, soprattutto se espresse da persone che hanno votato repubblicano nel 2024?

Queste domande potrebbero dover trovare risposta prima di quanto gli investitori pensino.

E che dire di sanità, edilizia e trasformazione alimentare? Questi settori potrebbero avere difficoltà a trovare lavoratori se vengono emanate politiche per limitare il lavoro dei migranti. Se la forza lavoro in quei settori si contrae, i prezzi per i servizi sanitari, gli alloggi e il cibo potrebbero aumentare, danneggiando le tasche dei consumatori. L'amministrazione dovrà quindi fare delle difficili scelte politiche che avranno dei vincitori e dei perdenti chiari. Per gli investitori, la dispersione vorticosa sotto l'S&P 500 è significativa anche per altri motivi.

Il fatto che le direttive politiche essenziali siano presentate sui social media senza essere prima seguite dai media tradizionali significa che per superare la tendenza del mercato, o alfa, è necessario monitorare i feed personali del presidente e di alcuni dei suoi confidenti. I dati devono essere raccolti in un modo diverso, da fonti discrete che sono difficili da standardizzare. La crescente importanza della dispersione sui rendimenti ha anche le sue ripercussioni sulla costruzione del portafoglio.

Gli investitori dovrebbero prendere nota dei rischi nascosti associati all'eccessiva dipendenza e all'esposizione a particolari categorie di azioni. Le azioni sensibili alle tariffe sono la punta di una gamma sempre più ampia di categorie di settori estremamente sensibili al cambiamento delle politiche. E, mentre ci saranno molte aziende di successo con la testa fuori dall'acqua, il profondo torpore nelle correnti sotterranee degli indici viene ignorato a rischio.

Valter Buffo
Paradigm shift: la Nuova Era e come gestirla
 

La settimana scorsa, in questo Blog, Recce’d pubblicava due Post.

Il primo dei due Post anticipava ai lettori alcune delle cose che oggi approfondiremo, e che trovate sulle prime pagine dei quotidiani, dei settimanali, e dei TG.

Il secondo dei due Post di fatto si occupava del medesimo tema, ma lo affrontava da una diversa angolazione, ovvero quella geopolitica.

Una settimana prima avevamo offerto gratuitamente a tutti i lettori una serie di pratici suggerimenti per la gestione del proprio risparmio e del proprio portafoglio titoli (inclusi i BTp, ovviamente). Particolarmente azzeccati, alla luce dei fatti delle ultime due settimane.


Recce’d peraltro, aveva con ampio anticipo messo in evidenza, attraverso una serie di Post, il tema del debito come tema determinante, per tutte le performances nel 2025 e negli anni a venire. E lo potete leggere qui:

  1. già il 30 novembre scorso, noi di Recce’d abbiamo anticipato gratuitamente a tutti i lettori il tema di investimento che oggi è centrale;

  2. il 7dicembre Recce’d in un Longform’d spiegava nel dettaglio il perché oggi per un investitore tutta intera l’America è una gigantesca bolla

  3. il 14 dicembre il nostro Post ha anticipato alcuni aspetti del tema che ritrovate oggi nel nuovo Post che state leggendo; tema che è diventato adesso, anche per la Amministrazione Trump il tema centrale

  4. il 21 dicembre abbiamo fornito attraverso il nostro Post concrete indicazioni su come importare la strategia di gestione del portafoglio per il 2025, ordinando per importanza i fattori decisivi

  5. il 28 dicembre il nostro Post abbiamo offerto a tutti i lettori il nostro classico “reality check” aggiornato alla fine del 2024 alla luce dei dati e dei fatti che commentiamo in questo Post

  6. il 31 dicembre (Longform’d) abbiamo spiegato per quale ragione … ne è valsa la pena, di aspettare il 2025

  7. ed il giorno 1 gennaio 2025 il nostro Post ha illustrato il grande lascito del 2024 per tutti noi investitori

Va riconosciuto che Trump stesso aveva illustrato chiaramente le sue intenzioni a fine gennaio.

Trump è un uomo che capisce poco di finanza, e quasi nulla di economia, ma ha un intuito potente, ed è scaltro: ha capito alla perfezione (e ben prima delle Elezioni) che il problema da affrontare, il rischio che potrebbe mettere lui e la sua Amministrazione in ginocchio, è uno ed uno solo, e va affrontato subito ed a qualsiasi costo.

Trump lo ha capito, molto prima di Goldman Sachs, JP Morgan, Morgan Stanley, UBS, BNP Paribas, Blackrock ed Amundi. Molto prima dei financial advisor, dei wealth managers, dei “consulenti pagati a retrocessioni”, dei promotori finanziari. E molto, molto prima del mondo dei social, delle chat, dei siti di trading-on-line.

Poi la di recente il Ministro del Tesoro americano ha confermato tutto.

Già a fine gennaio, e non solo per noi, era chiaro che si trattava di una scelta deliberata.

E pensate, che … persino il pubblico dei social di recente se ne è reso conto. Dopo una forte sbronza, qualcuno ha recuperato parte della lucidità.

La settimana scorsa, poi, lo stesso Presidente americano ha rafforzato il messaggio a tutti gli investitori: dichiarando quindi il suo obbiettivo.

Obbiettivo confermato a distanza di ore anche dal (potente) Ministro del Commercio estero americano.


Per renderci utili ai nostri lettori, dal punto di vista pratico, noi ora mettiamo da parte la politica, e ci concentriamo sui mercati finanziari: ma oggi, il nostro sguardo si concentra sulle Borse.

Quali sono, le prospettive degli investimenti azionari, in questa nuova Era?

Abbiamo scelto di selezionare, e tradurre per i lettori del Blog un’analisi di queste novità: per una ragione specifica, abbiamo scelto le analisi ed i ragionamenti di uno dei più noti analisti tra quelli che spingono (anche contro ogni ragione e buon senso) la Borsa al rialzo sempre e comunque.

Abbiamo scelto, quindi, di proporvi in lettura l’analisi di un notissimo personaggio, Ed Yardeni, che si colloca molto, molto distante da Recce’d: un promotore della Borsa sempre e comunque, un fan della Borsa (nel senso di “fanatico”) con atteggiamenti che sono vicini a quelli delle curve da stadio.

E che si colloca, da sempre, anche vicino alle posizioni di Donald Trump in materia di economia, e lo ha sostenuto da sempre.

Ma che oggi, persino lui, è costretto a fare un passo indietro: ed in qualche modo, a rielaborare, modificare, correggere e cambiare i toni e la scelta delle parole. Allo scopo di non perdere del tutto la faccia e la credibilità, ed allo stesso tempo però mettere i propri followers di fronte all’evidenza che “i tempi sono cambiati”.

Leggiamo insieme qui sotto.


Di Ed Yardeni ed Eric Wallerstein

Invece di accordi commerciali rapidi, Trump ha innescato una guerra commerciale

Stiamo aumentando le probabilità di una recessione indotta dai dazi dal 20% al 35%.

La raffica di ordini esecutivi, licenziamenti e dazi del presidente Donald Trump ha scosso gli investitori, scosso la fiducia nell'economia statunitense e infiammato i timori di inflazione. Il dolore di queste azioni decisive si sta facendo sentire ora, mentre i benefici delle sue altre politiche sono più lontani.

Di conseguenza, stiamo rivedendo le nostre probabilità soggettive di due delle nostre tre prospettive. Non stiamo cambiando il 55% probabilmente assegnato al nostro scenario di base "Roaring 2020s", ma ora vediamo meno possibilità di uno scenario di crollo/crollo del mercato azionario (10%) e maggiori probabilità di una recessione e di un mercato ribassista (35%).

Non abbiamo dovuto cambiare le nostre probabilità soggettive per i nostri tre scenari economici alternativi per un bel po' di tempo. Potremmo doverlo fare più frequentemente nei prossimi mesi, o addirittura nelle prossime settimane, in reazione alla natura volatile del processo decisionale sotto Trump. Gli spiriti animali iniziali di Trump 2.0 sono stati superati dall'incertezza scatenata dal "Trump Turmoil 2.0".

L'amministrazione è in carica da meno di due mesi. Il turbine di tariffe imposte ai principali partner commerciali dell'America, i tagli al lavoro federali attuati dai ragazzi del "DOGE" e il capovolgimento dell'ordine mondiale sono stati da capogiro.

Abbiamo rimandato il cambiamento delle nostre probabilità perché ci aspettavamo che Trump, il maestro "dell'arte dell'accordo", avrebbe ottenuto un accordo con Canada e Messico che gli avrebbe consentito di dichiarare vittoria e di seppellire la sua minaccia di imporre tariffe del 25% sugli unici due vicini e maggiori partner commerciali dell'America. Infatti, il 28 febbraio, il Segretario al Tesoro degli Stati Uniti Scott Bessent ha affermato che il Messico aveva proposto di adeguarsi alle tariffe di Washington sulla Cina e ha esortato il Canada a fare lo stesso, segnalando un potenziale percorso per Messico e Canada per evitare imposte sulle proprie esportazioni nei prossimi giorni.

"Penso che una proposta molto interessante che il governo messicano ha fatto sia forse quella di adeguarsi agli Stati Uniti sulle nostre tariffe sulla Cina", ha detto Bessent a Bloomberg Television. "Penso che sarebbe un bel gesto se lo facessero anche i canadesi, così in un certo senso potremmo avere una 'Fortezza Nord America' dal flusso di importazioni cinesi".


Ecco una rapida cronologia degli eventi correlati da allora:

1. Lunedì 3 marzo, Trump ha detto che "non c'era spazio per ritardi" e ha implementato i dazi su Canada e Messico il 4 marzo. Trump ha detto che i dazi sono mezzi per diversi fini: costringere i due vicini degli Stati Uniti a intensificare la loro lotta contro il traffico di fentanyl, fermare l'immigrazione illegale, eliminare gli squilibri commerciali delle Americhe e spingere più fabbriche a trasferirsi negli Stati Uniti.

2. Trump aveva già imposto un dazio del 10% sulle importazioni dalla Cina a febbraio. Il tasso è stato raddoppiato al 20% questa settimana. Invece di accordi commerciali rapidi, gli Stati Uniti hanno innescato una guerra commerciale. Il Canada ha imposto dazi di ritorsione agli Stati Uniti martedì. Il Messico annuncerà misure simili questo fine settimana.

3. Il 4 marzo, un portavoce del Ministero degli Esteri a Pechino ha avvertito: "La Cina combatterà fino alla fine di qualsiasi guerra commerciale". La Cina è uno dei maggiori acquirenti di prodotti agricoli statunitensi come pollo, manzo, maiale e soia, e ora tutti questi prodotti saranno soggetti a una tassa del 10%-15%, che entrerà in vigore il 10 marzo. La risposta relativamente limitata di Pechino suggerisce che i cinesi vorrebbero negoziare con gli Stati Uniti sulle questioni commerciali. Pechino non sta intensificando la sua retorica o le tariffe nello stesso modo in cui ha fatto nel 2018, durante l'ultima amministrazione Trump. Allora, ha imposto una tariffa del 25% sulla soia statunitense.

4. Lo scorso fine settimana, l'investitore Warren Buffett ha fatto un raro commento sulle tariffe di Trump, mettendo in guardia sui loro effetti negativi sulla spesa dei consumatori. "[A]bbiamo avuto molta esperienza con [le tariffe]. Sono un atto di guerra, in una certa misura", ha detto Buffett. "Col tempo, sono una tassa sui beni. Voglio dire, la fatina dei denti non li paga! ... E poi cosa?"

Ricalibrare le probabilità: ora che Trump ha iniziato una guerra commerciale, questa potrebbe intensificarsi, o potrebbe attenuarsi. In entrambi i casi, l'incertezza è aumentata in modo significativo, come dimostrato dal forte calo dei prezzi delle azioni all'inizio di questa settimana. I tassi di interesse hanno continuato il loro recente calo, poiché sono aumentate le probabilità di ulteriori tagli dei tassi della Federal Reserve, a dimostrazione del fatto che l'inflazione rimane bloccata al di sopra dell'obiettivo del 2,0% della Fed e che i dazi probabilmente aumenteranno l'inflazione, almeno inizialmente.

Nei commenti recenti, abbiamo minimizzato la probabilità di una recessione nel 2025. Infatti, negli ultimi giorni, abbiamo osservato che la revisione al ribasso del modello di monitoraggio GDPNow della Fed di Atlanta dal 2,3% (q/q SAAR) di giovedì a una stima di meno 2,8% per il primo trimestre riflette due fattori temporanei: un'impennata delle importazioni di gennaio, dovuta alle tariffe anticipate degli importatori, e il gennaio più freddo dal 1988, che ha depresso la spesa dei consumatori. Ci aspettiamo che questi grandi freni al PIL saranno invertiti a febbraio e marzo. Quindi prevediamo che il PIL reale aumenterà di almeno l'1,5% durante il primo trimestre. Tuttavia, le conseguenze negative delle politiche di Trump 2.0 si stanno verificando prima di quelle positive. Tariffe, deportazioni e tagli di posti di lavoro nel governo federale stanno pesando sull'economia. Un'estensione dei tagli fiscali del 2017 deve ancora avvenire. La deregolamentazione aziendale si sta sviluppando lentamente. L'onshoring è in corso e sempre più aziende si stanno impegnando ad aumentare la spesa in conto capitale negli Stati Uniti.

Considerando quanto sopra, stiamo ricalibrando le nostre probabilità soggettive per i nostri tre scenari:

1. "Roaring 2020s" (55%, invariato): la nostra probabilità soggettiva del nostro caso base rimane la stessa al 55%. Stiamo ipotizzando che la guerra commerciale non si intensifichi. Stiamo continuando a scommettere sulla resilienza dell'economia e su un aumento guidato dalla tecnologia nel tasso di crescita sia della produttività che del PIL reale.

In questo scenario, l'economia continua a crescere, un picco di inflazione correlato ai dazi si rivela transitorio e il mercato azionario rimane instabile durante la prima metà dell'anno, con l'S&P 500 SPX che rimane al di sotto del suo massimo storico del 19 febbraio. L'indice riprende la sua ascesa in territorio record durante la seconda metà dell'anno, raggiungendo quota 7.000 entro la fine dell'anno.

2. Meltup/meltdown (10%, in calo dal 25%): presumibilmente, c'è già stato un meltup in alcune aree del mercato azionario; si stanno sciogliendo da metà febbraio. Combinando le probabilità di questi due scenari rialzisti si riducono le probabilità che il mercato rialzista rimanga intatto, senza una correzione o un mercato ribassista nel 2025, al 65% dall'80%.

3. Bucket ribassista (35%, in aumento dal 20%): negli ultimi tre anni, abbiamo assegnato una probabilità soggettiva del 20% alle varie prospettive che potrebbero andare male per l'economia statunitense, con conseguente recessione e un mercato ribassista per le azioni. La stiamo aumentando al 35%. Nel 2022 e nel 2023, la nostra preoccupazione principale era che le crisi geopolitiche (tra cui la guerra tra Russia e Ucraina e la guerra per procura tra Israele e Iran) avrebbero fatto salire alle stelle i prezzi del petrolio, costringendo la Federal Reserve statunitense a mantenere una posizione monetaria restrittiva e costringendo i consumatori a ritirarsi. Ciò sembra meno probabile, poiché il prezzo del petrolio è rimasto debole.

Negli ultimi due anni, anche il rischio di una crisi del debito del governo federale è aumentato alcune volte insieme ai rendimenti obbligazionari. Ma ora il rendimento del Tesoro statunitense a 10 anni BX:TMUBMUSD10Y è sceso da un recente massimo del 4,79% del 13 gennaio al 4,27% attuale, nonostante i segnali che i dazi di Trump 2.0 stiano già aumentando l'inflazione prevista e effettiva. Gli investitori obbligazionari stanno dando più peso alle componenti "stag" rispetto a quelle "flation" di uno scenario di stagflazione. Stiamo facendo lo stesso aumentando le probabilità di una recessione indotta dai dazi dal 20% al 35%.

I dazi di Trump e i tagli di posti di lavoro imposti dal DOGE stanno deprimendo la fiducia dei consumatori. Trump ha mantenuto la promessa di fermare l'immigrazione illegale. I prezzi del petrolio stanno calando come promesso, anche se ciò potrebbe avere più a che fare con la debole domanda che con una maggiore offerta. I tassi dei mutui stanno calando. Tuttavia, Trump ha anche promesso di abbassare i prezzi al consumo; invece, i suoi dazi faranno aumentare questi prezzi.

Stiamo ancora scommettendo sulla resilienza dei consumatori e dell'economia. Tuttavia, Trump Turmoil 2.0 sta testando in modo significativo la resilienza di entrambi. Ecco perché abbiamo ricalibrato le nostre probabilità soggettive.

Ed Yardeni è presidente di Yardeni Research Inc., un fornitore di analisi e raccomandazioni di strategia di investimento globale e allocazione delle attività. Eric Wallerstein è il capo stratega di mercato di Yardeni Research. Questo articolo è tratto dal "Morning Briefing" di Yardeni Research del 5 marzo 2025 - "I disordini di Trump aumentano le probabilità di una recessione".

Gli argomenti di Yardeni che avete appena letto, così come le sue conclusioni, sono come già detto molto distanti dal nostro modo di vedere le cose.

In particolare lo scenario che Yardeni chiama “Roaring 20s” a noi sembra privo di supporti nella realtà attuale, e costruito in tutto e per tutto con finalità commerciali (“pompare” la Borsa).

Gli scenari che Recce’d presenta, ogni mattina, ai propri Clienti in The Morning Brief, sono del tutto diversi da questi, fondati sulla realtà, ed eleborati al solo scopo di CREARE VALORE nei portafogli modello per i nostri Clienti.

Noi di Recce’d non abbiamo nulla, ma proprio nulla, da “pompare”: non i Fondi Comuni di Investimento, non polizze assicurative, non certificati, e non GPM.

Offriamo, qui si seguito, un secondo punto di vista, che è meno lontano dal nostro modo di leggere la realtà dei mercati nel marzo 2025.

Se avete interesse a conoscere con maggiore dettaglio la nostra visione, e come viene applicata ai portafogli modello, è molto facile contattarci (attraverso la pagina CONTATTI del nostro sito) e parlare con noi di tutte le componenti del vostro attuale portafoglio titoli, delle opportunità enormi che si presentano in questa nuova Era dei mercati finanziari, e dei rischi nascosti nella vostra attuale asset allocation.

Inclusi i Bund, e ovviamente i BTp.


I trader stanno iniziando a valutare la possibilità che l'economia statunitense possa entrare in recessione, e un veterano di Wall Street afferma che potrebbe essere effettivamente il piano dell'amministrazione Trump.

Charlie McElligott, stratega di Nomura soprannominato l'analista più in voga di Wall Street dal Financial Times per le sue missive maniacali incentrate sul mercato delle opzioni, ha esposto l'argomento in una nota ai clienti.

Ha affermato che il presidente Donald Trump e la sua amministrazione hanno bisogno di una recessione progettata per causare un rallentamento della crescita e una disinflazione che si tradurrà in tagli dei tassi della Fed e un dollaro statunitense significativamente più debole per la prossima fase del suo programma economico.

Le proposte tariffarie del presidente Trump hanno innescato vendite e rally azionari. Dalle minacce contro Canada e Messico alle nuove imposte sulla Cina e ai dazi di ritorsione più ampi, ecco come queste mosse stanno influenzando il mercato azionario.

In un'altra nota ai clienti mercoledì mattina, McElligott ha citato le osservazioni fatte dal Segretario del Tesoro. Scott Bessent si concentra sulle piccole imprese e sui consumatori che richiederanno un "riequilibrio", poiché Trump di fronte al Congresso martedì sera ha detto di essere "a posto" con un piccolo disturbo dovuto alle tariffe.


L'idea è che i tagli dei tassi della Fed e gli stimoli dal lato dell'offerta derivanti da tagli fiscali e deregolamentazione saranno quindi in grado di far crescere l'economia senza la necessità di spesa pubblica.

Le aspettative di taglio dei tassi stanno aumentando e l'indice del dollaro USA è sceso del 4% dai massimi di inizio gennaio, mentre il democratico Joe Biden è rimasto alla Casa Bianca. Il rendimento del Tesoro a 2 anni sensibile alla politica monetaria è sceso di 44 punti base dai massimi di gennaio.

I mercati sono stati turbati questa settimana dall'imposizione di tariffe da parte di Trump su Canada e Messico e dal loro aumento sulla Cina, poiché i sondaggi sia sulle aziende che sui consumatori sono in netto calo. Sul mercato delle scommesse sulle criptovalute Polymarket, i trader stanno stimando una probabilità del 37% di una recessione negli Stati Uniti quest'anno.

McElligott ha detto che Trump non può dire quasi nulla in questo momento per calmare i mercati, a meno che non faccia un passo indietro completo sul suo programma. Ha detto che un put di Trump, un limite minimo sotto il quale la Casa Bianca verrebbe spinta ad agire per dare una spinta ai mercati azionari, ha un prezzo molto al di sotto dei livelli attuali.

Il benchmark azionario statunitense S&P 500 è in calo del 5% rispetto al picco di metà febbraio e del 2% per l'anno.

Il paniere "animal spirits" di Nomura dei più grandi nomi di ETF con leva finanziaria è ora in calo del 22% rispetto ai massimi di dicembre, secondo McElligott. Tale deleveraging si vede anche nei titoli tecnologici megacap.


Per chiudere il nostro Post, abbiamo giudicato utile riproporre un articolo del Corriere della Sera, dove trovate la risposta alla domanda “che cosa ci ha portati a questo punto?”.

Ovviamente, ci è necessario spostare il focus: dalle Borse, ritorniamo alla geopolitica.

Dopo che avrete letto, avrete tutto chiaro davanti agli occhi.

Dovrete solo decidervi, sul come impiegare i vostri risparmi, nel contesto che Recce’d vi ha qui descritto: la Nuova Era, il Nuovo Paradigma.

La sintesi estrema dell’articolo, la leggete nell’immagine che segue.


L’America di Donald Trump ha un tallone d’Achille

È sotto gli occhi di tutti, eppure viene discusso di rado. È la ragione di fondo che spinge il presidente a cercare di intimidire gli altri Paesi – alleati o no – con minacce e misure sui dazi. È anche la ragione che lo spinge ad accelerare sulle monete digitali, non solo e non tanto le criptovalute ma soprattutto gli stablecoin (le «valute» digitali private sostenute da depositi, per lo più in dollari, di valore equivalente). 

Le due strategie insieme convergono in un assalto all’Europa e all’euro e contribuiscono a spiegare molte delle mosse dell’amministrazione americana. 

Lo so che suona come fantapolitica, ma non dovete credere a me: è tutto negli ordini esecutivi e nelle dichiarazioni ufficiali dell’amministrazione americana delle ultime settimane. Oggi cercherò dunque di unire i puntini per mostrare una tendenza di fondo: la sua stessa vulnerabilità sta spingendo Trump verso un attacco alla sovranità europea. Alcuni dei principali responsabili di politica economica nell’area euro per fortuna ne sono consapevoli. La speranza è che il sistema politico europeo reagisca, perché ne ha gli strumenti: a cominciare dal progetto dell’euro digitale. Vediamo perché.

La promessa sulle tasse

Qual è il tallone d’Achille di Trump? Esso è prodotto dall’enorme e crescente deficit pubblico, che obbliga gli Stati Uniti a trovare ogni anno compratori di titoli del Tesoro per almeno duemila miliardi dollari in più – rispetto all’anno precedente – sperando di non dover aumentare gli interessi offerti per attrarre investimenti. 

Se Trump fallisse in questa missione, se non riuscisse a contenere il peso del debito pubblico e ad assicurarne il finanziamento senza problemi, allora sarebbe destinato a fallire anche nella sua promessa più importante agli elettori: confermare nel 2026 i tagli alle tasse per le imprese già varati nel suo primo mandato (dal 35% al 21%) e di rafforzarli fino al 15%.

Qui entriamo in gioco noi europei, in due modi. In primo luogo, perché agitare la minaccia di dazi punitivi per Trump e la sua squadra è un sistema volto a obbligare altri Paesi a comprare e detenere più titoli di Stato americani; in questo modo gli Stati Uniti potrebbero finanziare il loro crescente deficit pubblico, tenendo sotto controllo i tassi d’interesse sul debito. 

In sostanza, Trump sta cercando di mettere l’Europa davanti a una brutale alternativa: comprare più debito americano man mano che viene emesso – e comprarlo malgrado rendimenti contenuti – oppure rischiare di perdere l’accesso al mercato dei consumatori americani e a quel che resta dell’ombrello di sicurezza del Pentagono.

In secondo luogo, noi europei siamo chiamati in causa perché gli «stablecoin» emessi in America potrebbero diventare mezzi di pagamento alternativi all’euro in Italia e negli altri Paesi dell’area; già solo attuare il progetto di soppiantare in parte l’euro in Europa con degli «stablecoin» americani – in sostanza, con dollari digitali – aiuterebbe non di poco sempre allo stesso scopo: finanziare i vasti e crescenti squilibri finanziari del governo degli Stati Uniti.

Fin qui, non lo nego, suona tutto come teoria del complotto. Starete pensando che io sia leggermente paranoico. Può darsi. Ma da ora in poi parlerò dei dati, delle dichiarazioni e dei documenti ufficiali che – in modo diretto – danno sostanza alla mia interpretazione.

Duemila miliardi solo nel 2024

Il problema di Trump è che il deficit federale americano è tale da creare un fabbisogno di dimensioni eccessive non solo per gli Stati Uniti, ma per il mondo. Secondo i dati della Federal Reserve di St Louis, il disavanzo del governo nel 2024 è al 6,3% del prodotto lordo e il debito al 120,7%. Entrambi cresceranno nei prossimi anni, anche più rapidamente Trump confermerà e rafforzerà i tagli fiscali in scadenza dal 2026. Ma questi numeri in sé a priori non sono insostenibili; il Giappone ha gestito per decenni deficit simili e un debito pubblico più alto di quello americano. Ciò che rende l’America speciale sono le sue dimensioni: con un prodotto lordo di oltre 29 mila miliardi di dollari nel 2024, pesa per il 27% di un Pil della Terra da circa 109 mila miliardi.

Ora, il fabbisogno di finanziamento del deficit e dunque i titoli in più che ogni anno il Tesoro di Washington deve piazzare a investitori pubblici e privati, sono una somma molto vasta per il mondo: come si vede dai dati ufficiali, 1.958 miliardi di dollari solo nel 2024, pari all’1,8% del Pil mondiale. E quelle sono solo le nuove emissioni nette, che si sommano ai 40 mila miliardi di dollari di debito – poco meno di metà del Pil del mondo, grafico sopra – già presenti nei portafogli di privati, fondi, banche e banche centrali del pianeta e da rinnovare in parte ogni anno (il dato qui include il debito di agenzie garantite dal governo come Fannie Mae e Freddie Mac).

Quei duemila miliardi l’anno in più che il Tesoro americano deve attrarre da nuovi investitori ogni anno, si sommano al nuovo debito delle agenzie semi-pubbliche e ai piani di tagli alle tasse destinati a costare altre centinaia di miliardi l’anno. 

In sostanza, il governo americano deve rastrellare ogni anno quasi tremila miliardi di dollari in più dal mercato mondiale e dalle banche centrali degli altri Paesi. E deve farlo agli attuali rendimenti. Se quelli salissero, i tassi sul debito pubblico e privato in America diventerebbero pesanti; il Paese rischierebbe una grave recessione, con conseguenze potenzialmente deleterie per il dollaro, per il suo status di grande moneta di riserva del mondo e per un mercato azionario di Wall Street già oggi molto fragile e squilibrato.

Ma tremila miliardi di nuovi titoli pubblici e semi-pubblici di Washington da piazzare in più ogni anno non sono uno scherzo. Sono quasi pari alla crescita economica netta del mondo in un anno, che è intorno al 3%: come dire che quasi tutti i nuovi flussi di risparmio di quasi tutti i Paesi del pianeta dovrebbero essere reclutati e andare – ogni anno – a finanziare il maxi-deficit americano. Così, Trump sarebbe libero di tagliare ancora di più le tasse alle multinazionali del suo Paese e agli americani facoltosi. Com’è noto gli uomini più ricchi al mondo – Elon Musk, Mark Zuckerberg di Meta-Facebook, Jeff Bezos di Amazon – praticamente già oggi non pagano tasse sui redditi personali e anche le loro aziende ne pagano relativamente poche. Anzi, Trump sta già ingiungendo ai Paesi europei di rinunciare agli accordi internazionali in sede Ocse che aumentano un po’ il prelievo sui gruppi americani del Big Tech.

Coercizione

Ma è credibile che la Cina continui a finanziare il nuovo e crescente deficit pubblico del suo grande rivale – Pechino detiene titoli Usa già per quasi 800 miliardi – in modo da permettergli di continuare a vivere sopra ai propri mezzi e intanto di rafforzare anche la propria difesa? 
È credibile che lo faccia il Giappone – detiene già almeno 1.100 miliardi di debito Usa – quando ha ben altre priorità interne? 
È plausibile che lo faccia l’area euro, rischiando di subire i costi di una probabile svalutazione futura del dollaro proprio a causa degli squilibri americani? 

Nessuna delle grandi banche centrali del pianeta in questa fase vorrà incrementare di molto la propria esposizione netta verso il debito degli Stati Uniti. Non spontaneamente, per lo meno. Di qui la strategia di Trump e dei suoi di farglielo fare con la coercizione.

Il «Piano Miran»

Come faccio a dirlo? Perché lo dicono loro. Lo scrive il nuovo presidente del Council of Economic Advisors della Casa Bianca, Stephen Miran

Miran, ricorda Federico Rampini, è uno degli uomini più vicini al presidente e più influenti nella strategia dei dazi. Dottorato a Harvard, una carriera da grande investitore a Hudson Bay Capital, vicino al segretario al Tesoro Scott Bessent, Miran ha pubblicato un lungo documento di strategia per la nuova amministrazione dopo il trionfo di Trump in novembre. Lì si pone il problema di conciliare tre obiettivi complicati da tenere insieme:

trovare i finanziatori per quasi cinquemila miliardi di dollari di nuovo debito in più (da tagli alle tasse) nei prossimi dieci anni, oltre ai duemila in più all’anno già previsti; svalutare il dollaro in modo che l’America riesca a vendere più merci al resto del mondo, comprandone meno da esso; mantenere contenuti i rendimenti sul debito e dunque tassi d’interesse di mercato americani, preservando lo status del dollaro quale moneta di riserva dominante del mondo.

Dov’è la contraddizione? Gli investitori esteri accetterebbero di comprare debito americano in dollari a rischio di svalutazione, finanziando il nuovo enorme deficit federale, solo a rendimenti (tassi) più alti. Miran la risolve proponendo di minacciare gli altri Paesi: «È più facile immaginare che dopo una serie di dazi punitivi, partner commerciali come l’Europa e la Cina diventino più aperti a qualche tipo di accordo monetario in cambio di una riduzione dei dazi stessi». E ancora: «Ogni accordo dovrebbe incorporare un’intesa sulle scadenze», cioè gli altri governi e banche centrali dovrebbero impegnarsi a comprare titoli americani a lungo termine più instabili e rischiosi – Miran propone titoli a scadenza di un secolo, a tassi contenuti – per poter evitare guerre commerciali da parte di Trump e il ritiro della tutela di difesa americana. Miran parla di «zone di sicurezza e i Paesi al loro interno le devono finanziare comprando titoli del Tesoro americano (…) titoli a scadenza fra un secolo (…): se non scambi titoli a breve con titoli a lunga scadenza, i dazi ti terranno fuori». 

Miran spiega l’insistenza sull’obbligo fatto all’Europa o alla Cina di comprare titoli Usa a lungo termine, «spostando il rischio (del debito degli Stati Uniti, ndr) dal contribuente americano ai contribuenti stranieri», con l’intenzione di tenere bassi i tassi di mercato in America. E aggiunge: «Come possono gli Stati Uniti far sì che i loro partner accettino un tale accordo? Primo, c’è il bastone dei dazi. Secondo, c’è la carota dell’ombrello di difesa e il rischio di perderlo».

Se questo non è il disegno di un ricatto, non so come altrimenti definirlo. L’obiettivo è una parziale confisca delle riserve dell’Europa, in modo da far pagare a noi una quota del debito americano tramite una svalutazione del dollaro e tramite rendimenti insufficienti sui titoli del Tesoro Usa. Miran si spinge a proporre di usare dei poteri speciali della Casa Bianca per tagliare la cedola sui bond americani ai danni delle banche centrali estere che non accettino di rivalutare la loro moneta sul biglietto verde. Di fatto, un default punitivo. Sulla base di queste idee, Miran è diventato il capo del Council of Economic Advisors di Trump.

Euro digitale o stablecoin

Ma non è tutto, perché anche le mosse di Trump sugli stablecoin sono volte a coprire il tallone d’Achille dell’America. Il 23 gennaio il presidente ha firmato un ordine esecutivo che prevede: «Promuovere e proteggere la sovranità del dollaro americano, anche con azioni volte a promuovere lo sviluppo e la crescita di legali e legittimi stablecoin basati sul dollaro in tutto il mondo (worldwide)». I lavori per assicurare la relativa legislazione entro cento giorno sono già partiti al Congresso.

Di che si tratta? Uno stablecoin basato sul dollaro è un mezzo di pagamento digitale – utilizzabile tramite una app sullo smartphone – al quale corrispondono depositi in dollari gestiti dall’emittente della «moneta». In teoria, i depositi devono consentire all’utilizzatore di cambiare i suoi stablecoin in dollari presso la piattaforma a un tasso (appunto) stabile. All’aumentare dell’uso degli stablecoin, corrisponde un aumento dei depositi in dollari da parte della piattaforma emittente e questi depositi vengono investiti dall’emittente quasi tutti in titoli del Tesoro americano. 

Dunque, aumentare l’uso di questo tipo di bitcoin «in tutto il mondo» (inclusa la zona euro) significa aumentare i depositi in dollari a scapito dei depositi in altre valute (incluso l’euro). Questi depositi, come detto, vanno a finanziare il debito americano. Ha dichiarato il 4 febbraio lo «special advisor» dell’amministrazione Trump per le cripto, David Sacks: «Gli stablecoin hanno il potenziale di assicurare che il dominio internazionale del dollaro americano aumenti e di creare potenzialmente migliaia di miliardi di dollari di domanda per i titoli di Stato americani». Esempi di stablecoin basate sul dollaro sono Tether, che capitalizza 142 miliardi di dollari ed è gestita da Giancarlo Devasini (l’uomo che ha appena comprato una quota della Juventus); o Circle (56 miliardi). Già oggi detengono tanto debito Usa quanto alcune fra le principali banche centrali del mondo, come si vede sopra.

Come funziona? Questa «moneta» digitale potrebbe offrire a un ristorante o a qualcuno che affitta su AirB&B commissioni più basse rispetto a Mastercard o a Amex. Potrebbe fare accordi con reti di noleggio auto per promettere sconti se si paga con un certo stablecoin. Così alcuni – magari dapprima i turisti – inizierebbero a usarlo in Europa al posto dell’euro in Italia, Francia o Germania, spostando depositi dall’euro al dollaro e finanziando dunque il debito americano.

Ci sono anche conflitti d’interessi, certo. Howard Lutnick, segretario al Commercio di Trump, controlla la grande piattaforma di valute digitali Cantor Fitzgerald e ha il 5% di Tether. Elon Musk, cinque giorni dopo l’ordine esecutivo sugli stablecoin, ha annunciato un accordo con Visa per permettere pagamenti digitali tramite il suo social media X (ex Twitter).

La sostanza resta: questa è una sfida allo status di moneta di riserva dell’euro portata in casa nostra, per coprire il finanziamento degli squilibri americani. L’Europa può rispondere solo accelerando il lancio di un proprio mezzo di pagamento elettronico senza costi, l’euro digitale: le norme per farlo sono ferme nell’europarlamento da quasi due anni, ma ora il tempo stringe.

Resto convinto che il disegno di Trump di coercizione economica sul resto del mondo difficilmente possa funzionare. Sembra un presagio di declino americano, non d’impero. L’esito più probabile è una svalutazione non pilotata del dollaro, un aumento degli interessi sul debito degli Stati Uniti e una coercizione sulla Federal Reserve perché lo monetizzi. Ma non per questo noi europei dobbiamo restare a guardare, mentre qualcuno cerca di sfilarci la nostra sovranità monetaria da sotto il naso.

Valter Buffo
Qual’è la misura del vostro successo?
 

Ve lo ricordate questo signore?

E' il Ministro del Tesoro della prima Amministrazione Trump.

Il quale il 23 febbraio del 2017 andava in televisione a dichiarare che: “La Borsa sarà la misura del nostro successo”.

Recce’d, in numerose occasioni, prima e dopo l’elezione di Trump alla Presidenza (la seconda volta) ha sottolineato ai propri lettori che

Trump adesso non parla più di Borsa. Mai. Ma proprio mai mai.

Un cambiamento profondo, si potrebbe dire drammatico.

Il tema “andamento delle Borse” è stato del tutto cancellato dalla mente di Donald e dei suoi. Le Borse sono state scaricate, come è successo anche a Zelensky proprio ieri.

Voi, amici lettori, vi siete domandati il perché, del grande cambiamento a distanza di otto anni?


Come vedete sopra, nell’immagine, anche il New York Times ha dato evidenza a questo profondo cambiamento.

Dopo di noi, in ritardo su Recce’d, ma lo ha fatto

Un cambiamento che interessa noi investitori, per ovvie ragioni: ma che evidentemente interessa anche tutti i lettori del New York Times, il maggiore quotidiano al Mondo.

E voi, amici lettori, voi lo sapete il perché? Perché Trump adesso non è più l’Angelo protettore della Borsa mondiale?

Recce’d oggi vi offre una risposta, utilizzando sei immagini ed i dati in esse contenuti.

La prima delle sei immagini, quella che segue qui sotto, vi riporta a Niall Ferguson, al suo recente articolo, una parte del quale avete già letto, nel Post che abbiamo pubblicato poche ore fa qui nel Blog.

L’immagine dice che ci sono due grandi problemi che oggi hanno priorità su tutto, e sono

  • il debito; e, come vedremo più avanti

  • il saldo di parte corrente.

Come Recce’d ha messo in grande evidenza, attraverso una serie di Post degli ultimi mesi, i numero del deficit americano, oggi, sono numeri che da soli sono sufficienti per provare la grande crisi che sta attraversando l’economia degli Stati Uniti. Lo leggete nella seconda immagine della serie, qui sotto.

E lo potete leggere anche qui:

  1. già il 30 novembre scorso, noi di Recce’d abbiamo anticipato gratuitamente a tutti i lettori il tema di investimento che oggi trattiamo;

  2. il 7dicembre Recce’d in un Longform’d spiegava nel dettaglio il perché oggi per un investitore tutta intera l’America è una gigantesca bolla

  3. il 14 dicembre il nostro Post ha anticipato alcuni aspetti del tema che ritrovate oggi nel nuovo Post che state leggendo; tema che è diventato adesso, anche per la Amministrazione Trump (e quindi anche per il Corriere della Sera) il tema centrale

  4. il 21 dicembre abbiamo fornito attraverso il nostro Post concrete indicazioni su come importare la strategia di gestione del portafoglio per il 2025 ordinando per importanza i fattori decisivi

  5. il 28 dicembre il nostro Post abbiamo offerto a tutti i lettori il nostro classico “reality check” aggiornato alla fine del 2024 alla luce dei dati e dei fatti che commentiamo in questo Post

  6. il 31 dicembre (Longform’d) abbiamo spiegato per quale ragione … ne è valsa la pena, di aspettare il 2025

  7. ed il giorno 1 gennaio 2025 il nostro Post ha illustrato il grande lascito del 2024 per tutti noi investitori

Come avete già letto (nel Post pubblicato oggi, qualche ora prima di questo) della centralità del debito adesso potete leggere anche sul Corriere della Sera, e in prima pagina.

Dove si parla anche di DOGE e di deportazioni e di inflazione.

Proprio come si fa nell’immagine che segue.

Come si legge nei dati, stiamo parlando di un record. Come il record della Borsa americana. Come i record delle Borse europee.

In numerosi Post precedenti (alcuni dei quali abbiamo elencato sopra) trovate la nostra dettagliata analisi dei dati del grafico qui sopra.

Con questo grafico, Recce’d vi documenta il preoccupante contrasto tra il livello di spesa dello Stato in deficit ed il livello di disoccupazione.

Che cosa rende necessario, ed anzi indispensabile, un livello record di spesa dello Stato, se l’economia è in piena occupazione?

Qualche cosa di altro, rispetto alla disoccupazione. Qualche cosa di molto preoccupante, per i nostri risparmi e le nostre pensioni.

E poi, come dicevamo già più in alto in questo Post, c’è anche il secondo ed enorme problema. La bilancia dei pagamenti, che vedete sotto documentata dal grafico.

Anche qui parliamo di record. Non c’è solo il record della Borsa, di cui tenere conto per le prossime operazioni, per la vostra asset allocation, e per la vostra strategia di investimento.

Come sicuramente vi è già stato spiegato, con i dati, e con il necessario dettaglio, e con la necessaria analisi, dal vostro financial advisor, dal vostro “consulente pagato a retrocessione”, dal vostro private banker, dal vostro wealth manager. Che ve ne ha sicuramente parlato.

Oppure no?

Lui vi parla solo di quanto tutto è a posto e tutto è in ordine, e quanto si guadagna ad essere sempre ottimisti, ad occhi chiusi?

E per finire , che cosa vi è stato spiegato, della forza del dollaro USA? Vi hanno detto che la forza del dollaro USA “va benissimo” anche per voi?

Ma voi, alla fine, ne avete di dollari USA in portafoglio? Oppure no?

E per Trump? Per lui e per la sua politica, il dollaro forte è un aiuto? Oppure è un problema?

Forse è un problema, visto che circolano queste voci su un accordo di Mar-a-Lago, delle quali Recce’d ha già accennato alla pagina TWIT - TWOO del sito, e di cui in modo approfondito scriverà ai propri Clienti la settimana prossima.

E forse, dopo, nel fine settimana, anche qui nel nostro Blog.

In questo Post che state leggendo, Recce’d vi ha sinteticamente informati, attraverso una serie di dati, delle maggiori difficoltà da affrontare, e dei maggiori ostacoli da superare, per la Amministrazione Trump del secondo mandato.

Ecco perché oggi, per Trump e la sua Amministrazione, la Borsa non è più la “misura del successo”.

E questo è chiaro.

Ma allora, quale è la nuova misura del successo, per Trump e i suoi?

Ce lo dice Bloomberg qui sotto: leggete e scopritelo.

Per la vostra strategia di investimento, per la vostra asset allocation, per la vostra performances, cambia tutto.

Anzi, è già cambiato, e da un bel po’.

La misura del successo di Trump non è più un S&P 500 in crescita, ma un rendimento decennale in calo.

Buona fortuna e buon viaggio,

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Musk ha ricevuto il messaggio forte e chiaro. Il mercato obbligazionario dubitava di lui, chiedendo più prove che i tagli si stessero sommando abbastanza velocemente da frenare effettivamente il deficit di bilancio gonfio e frenare il debito nazionale in continua crescita. Questo, ha insistito Musk, era un errore di cui si sarebbero pentiti.

"I mercati obbligazionari al momento non riflettono i risparmi che sono sicuro possiamo ottenere", ha detto durante una discussione libera di un'ora che ha condotto sulla sua piattaforma di social media, X. "Se stai vendendo allo scoperto obbligazioni, penso che tu sia dalla parte sbagliata della scommessa".

Trump è notoriamente ossessionato dal mercato azionario come referendum in tempo reale sulla sua presidenza.

Ma ora, con Musk e il Segretario del Tesoro Scott Bessent all'orecchio all'inizio del suo secondo mandato, gran parte dell'attenzione si è spostata su un altro parametro di riferimento: il rendimento dei titoli del Tesoro a 10 anni.

Con una buona ragione. Per quanto potente sia la Federal Reserve, con il suo controllo dei tassi a breve termine e per quanto influisca sul sentiment del mercato azionario, è il tasso dei titoli del Tesoro a 10 anni a determinare in larga misura il costo del denaro per gli acquirenti di case e le più grandi aziende statunitensi.

Abbassa quel tasso e spianerà la strada a milioni di americani per acquistare la casa che desiderano da anni e, nel frattempo, alimentare una crescita economica più rapida e frenare l'allarmante aumento del conto interessi annuale del governo.

Valter Buffo