Il secondo "Whatever it takes": confronto tra 2012 e 2023
 

Tutto è politica, e tutto ha un costo.

Anche l’inflazione.

Nel 2021, a tutti noi e anche a voi dicevano che:

l’inflazione non esiste, e quindi la “abnorme manovra di stimolo non ha un costo”

Poi, nel 2022, vi hanno detto e ci hanno detto che:

l’inflazione esiste, ma non ha un costo

Nel 2023 (ma solo da giugno 2023 in avanti) adesso ci dicono che:

l’inflazione esiste, e costa cara

Non è stata una libera scelta. Non è stata una tempestiva previsione. No.

Sono stati semplicemente costretti. Dalla realtà.

La realtà, che hanno fatto finta di non vedere per anni, si è imposta. Come sempre.

Per fortuna, nostra di Recce’d, ma soprattutto dei Clienti di Recce’d, noi abbiamo detto, scritto molto prima, e precisamente dall’agosto del 2020 che:

l’inflazione esiste, ed ha un costo molto elevato

Ed abbiamo anche agito di conseguenza, posizionando tutti i nostri portafogli modello nel modo ottimale, proprio in favore di questa evoluzione delle cose.

Oggi, nel giugno 2023, stiamo poi dicendo a tutti i nostri Clienti, attraverso le comunicazioni quotidiane e le Lettere al Cliente e le altre comunicazioni che riserviamo ai nostri Clienti una cosa nuova.

Noi di Recce’d stiamo infatti dicendo che:

l’inflazione esiste, ha un costo elevato, e non è neppure il maggiore problema che i mercati affronteranno, e da qui seguiranno aggiustamenti molto importanti nei prezzi sui mercati finanziari (tutti i mercati).

Preparando anche, allo stesso tempo, tutte le operazioni per i portafogli modello che ci permetteranno di ricavare un profitto, un guadagno, un risultato positivo per i nostri portafogli modello proprio da questo aggiustamento dei prezzi, nei tempi che i mercati sceglieranno.

[Operazioni che ovviamente NON includono i BTp, o magari i Titoli di Stato a due anni, e non includono i depositi a termine (oltre ovviamente a non includere neppure un Fondo Comune di Investimento, neppure una polizza assicurativa Vita oppure UCITS, neppure un solo certificato)]

A tutti i lettori del sito, attraverso la pagina NEL MOTORE DELLA PERFORMANCE, e poi la pagina MERCATI, e poi anche la pagina TWIT - TWOO, ed anche qui nel BLOG ovviamente, da un anno anticipiamo e motiviamo in modo chiarissimo che

i rialzi dei tassi da parte delle Banche Centrali non hanno frenato le economie; le Banche Centrali non hanno ancora fatto NULLA

La ragione sta nel grafico che segue: ma il commento e l’analisi di questi dati del grafico noi di Recce’d abbiamo deciso di rinviarli, ad un altro Post in un altro momento del 2023.

Per conseguenza di tutto ciò che avete letto più sopra in questo Post, oggi nel giugno del 2023 siamo arrivati al secondo Whatever it takes

Il secondo Whateve it takes lo leggete in alto nell’immagine che apre questo Post e risale al 22 giugno 2023.

Il Whatever it takes è stato imposto, sia in questo 2023, sia nel 2021, dai mercati finanziari. E dalla realtà dei fatti.

Il Whatever it takes 2023 arriva dopo che tutti hanno (finalmente) compreso che c’è un solo scenario rimasto, un solo scenario possibile per le economie, e quindi anche per i mercati finanziari. Noi di Recce’d ne avevamo scritto lo scorso 3 giugno 2023.

Il Whatever it takes 2023 è diverso dalla versione 2012 per una serie (molto lunga) di aspetti, che rendono la situazione di oggi di gran lunga più complessa da risolvere. E quindi molto più rischiosa, per tutti gli investitori.

Adesso, che la cosa è scritta su tutti i giornali, voi lettori che cosa state pensando di fare?

Per voi, va tutto bene così?

  • Le vostre azioni, sono a posto e vi stanno bene?

  • La vostra posizione in obbligazioni guadagnerà nei prossimi anni grazie a questo “Whatever it takes”?

  • E le vostre scelte sulle valute sono adeguate a questo nuovo scenario che viene descritto su tutti i giornali?

  • E per le materie prime, voi che scelte avete fatto? Come vi siete posizionati?

O meglio, che scelte vi ha fatto fare il vostro promotore finanziario, che da voi di fa chiamare

  • financial advisor

  • oppure private banker

  • oppure wealth manager,

per affrontare questo futuro che vi viene raccontato dai giornali?

Vi può aiutare una sintesi qualificata, che ci viene fornita dal Financial Times in questo articolo che chiude il nostro Post. L’articolo è molto chiaro, e non vediamo la necessità di aggiungere alcun commento.

Le banche centrali mondiali stanno entrando in una nuova fase della loro battaglia contro l'inflazione, mentre gli economisti avvertono che le recessioni saranno il prezzo da pagare per raggiungere gli obiettivi condivisi del 2%.

I tassi d'inflazione principali nella maggior parte delle economie mondiali sono diminuiti bruscamente dall'autunno, ma i tassi core - che escludono categorie volatili come l'energia e i prodotti alimentari - rimangono ai massimi di molti decenni o quasi.

Questi tassi, considerati un migliore indicatore delle pressioni sottostanti sui prezzi, hanno suscitato il timore che le banche centrali facciano fatica a raggiungere gli obiettivi prefissati senza vanificare la crescita.

"La prossima tappa del miglioramento dei numeri dell'inflazione sarà più difficile", ha dichiarato Carl Riccadonna, capo economista statunitense di BNP Paribas. "Richiederà più dolore, e questo dolore probabilmente comporterà una recessione nella seconda metà dell'anno".

Torsten Slok, capo economista di Apollo Global Management, ha aggiunto: "L'unico modo per far scendere l'inflazione al 2% è schiacciare la domanda e rallentare l'economia in modo più sostanziale".

La Banca d'Inghilterra ha un problema particolare: giovedì ha alzato i tassi di ben mezzo punto percentuale, un giorno dopo che i dati di maggio hanno mostrato che l'inflazione core è salita al 7,1%.

I suoi omologhi sono stati in grado di muoversi in modo meno aggressivo nelle rispettive riunioni della scorsa settimana. La Banca Centrale Europea ha alzato i tassi di un quarto di punto, mentre la Federal Reserve statunitense ha saltato del tutto un aumento dei tassi, ma entrambe hanno segnalato che l'inflazione è lungi dall'essere sconfitta e hanno messo in guardia da ulteriori aumenti futuri.

Joachim Nagel, capo della banca centrale tedesca, ha avvertito che l'inflazione è una "bestia molto avida" e che sarebbe un "errore di primo ordine" smettere di aumentare i tassi di interesse.

La misura preferita dalla Fed per l'inflazione di fondo, l'indice delle spese per consumi personali, si è aggirata intorno al 4,7% negli ultimi sei mesi. Il dato equivalente dell'eurozona si è attestato intorno al 5%.

Il presidente della Fed, Jay Powell, ha dichiarato questa settimana al Congresso degli Stati Uniti che "il processo per riportare l'inflazione al 2% è ancora lungo".

I mercati stanno reagendo al rinnovato orientamento delle banche centrali. Ora si aspettano che i tassi di interesse statunitensi raggiungano un picco del 5,25-5,5%, rispetto al 5-5,25% di inizio mese. Nell'eurozona, gli investitori stanno valutando sempre più la possibilità di un aumento dei tassi a luglio e settembre.

Tuttavia, alcuni operatori mettono in dubbio la determinazione dei banchieri centrali. Secondo un sondaggio condotto da Bank of America su 81 gestori di fondi a reddito fisso, il 60% ritiene che le banche centrali accetterebbero un'inflazione compresa tra il 2% e il 3% se ciò significasse evitare una recessione. Poco più di un quarto ritiene che i responsabili della fissazione dei tassi sarebbero disposti a generare una recessione per abbassarli ulteriormente.

Alcuni economisti ritengono che l'inflazione di fondo seguirà presto la misura principale. Riferendosi all'eurozona, Martin Wolburg, economista dell'assicuratore italiano Generali, ha dichiarato: "Se si guarda alle pressioni sui prezzi delle condutture, queste sono scese - l'inflazione dei prezzi alla produzione è quasi pari a zero - e questo si ripercuoterà sull'inflazione di fondo".

Ma Isabel Schnabel, membro del comitato esecutivo della BCE, ha affermato che eliminare l'inflazione elevata è ancora "irto di rischi", sostenendo che i responsabili della fissazione dei tassi devono "sbagliare a fare troppo piuttosto che troppo poco".

Un problema per sconfiggere l'inflazione è che il mercato del lavoro rimane rigido su entrambe le sponde dell'Atlantico.

L'ex presidente della Fed Ben Bernanke e l'ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale Olivier Blanchard hanno avvertito che i salari devono aumentare a un ritmo simile a quello della crescita della produttività per avere un impatto significativo sull'inflazione.

Schnabel ha affermato che i governi stanno aumentando le pressioni inflazionistiche non riuscendo a invertire la spesa aggiuntiva che fu approvata per compensare l'impatto della pandemia Covid-19 e della crisi energetica europea. Secondo Schnabel, solo la metà di questa spesa di emergenza dovrebbe essere stornata entro il 2025.

Valter Buffo
Abbiamo appena superato il punto di svolta
 

Proprio nella settimana nella quale tutti hanno letto, parlato, scritto e commentato della Borsa a New York, Recce’d apre il suo nuovo Post con i tassi.

Per quale ragione? Vogliamo evitare l’argomento Borsa? No, assolutamente no.

Ma la Borsa oggi conta nulla: meno di zero, per la gestione dei vostri e dei nostri portafogli.

La Borsa oggi è solo un “di cui”. Lo avrete sicuramente notato anche voi. Perché su muove oggi la Borsa? Solo, unicamente e sempre per le variazioni dei tassi (attesi per il futuro).

Ecco spiegato il perché, invece che di scrivere di Borsa, 0DTE ed altre opzioni, MOMO e FOMO, e naturalmente Nvidia e anche Tesla (che vi farebbero solo perdere del tempo) Recce’d scrive ed analizza l’andamento dei tassi di mercato. Noi temi del genere li lasciamo agli impreparati, a chi non sa gestire ma si propone come gestore esperto, e a tutti gli ingenui che si fanno riempire gli occhi dallo “straordinario andamento dei titoli della Tecnologia”.

E’ già successo in passato, e noi di Recce’d sappiamo alla perfezione come reagire, durante queste fasi di emotività che sfiora l’isteria collettiva. La nostra esperienza passata ha sempre visto i Clienti premiati dalle nostre scelte di portafoglio, ed in particolare proprio nelle fasi di “bolla” quando “i titoli della Tecnologia volano”.

Ritorniamo quindi alle cose serie ed alla professione del gestore di portafogli modello esercitata in modo competente: parlando di tassi.

Tutti voi amici lettori siete messi di fronte a un dato di fatto, che è quello del grafico che apre il nostro Post. Intorno a questo dato di fatto, oggi, 17 giugno 2023, ruota praticamente tutto: anche se (per ora) non fa titolo sul Sole 24 Ore, sul Corriere, su MF, su CNBC. Ed anche (soprattutto) se a voi il financial advisor oppure wealth manager oggi (ma durerà poco) non ne parla.

Vediamo i fatti (nel grafico): la curva dei rendimenti, in tutti i Paesi Occidentali sviluppati, resta fortemente invertita.

Da sempre, da quando esistono i mercati finanziari, questo è un sicuro è un segnale di recessione dell’economia.

Ma oggi? Oggi la recessione … non c’è più: lo dice Powell, poi lo ripete Lagarde.

E quindi: sono diventati tutti matti? No. Possiamo garantirvi che si tratta di persone perfettamente razionali e lucide. Qui NON è come in Borsa.

Ma allora? Come si spiega?

La spiegazione migliore tra le migliaia che abbiamo letto, è la seguente:

i 100 punti base di inversione (1% di differenza tra corto e lungo) si spiegano come una media; la media è tra zero (non cambierà nulla nei tassi a breve) e 400 (i tassi a breve crolleranno a causa di un crash); le probabilità sono quindi 75% e 25%; ad oggi, ovviamente

Le cose possono cambiare: ovvio. Lo scenario cambierà: è sicuro. ma intanto, quello che tutti gli investitori devono realizzare, ciò che tutti noi dobbiamo avere chiaro, è che il rischio di un crash viene prezzato sui mercati. E, come vedete (dal calcolo delle probabilità) si tratta di un crash improvviso, e molto violento.

E adesso torniamo al gennaio del 2022.

In quel gennaio 2022, tutti la vedevano in una certa maniera, e tutti erano tranquilli. Poi … senza una ragione, le cose sono cambiate.

Noi di Recce’d nel corso dell’anno 2022, ci siamo sentiti ripetere la frase che avete appena letto almeno un migliaio di volte.

A parlare, erano investitori individuali, ma pure investitori professionali, come anche financial advisors e private bankers.

Alla ricerca di una scusa, di una via di fuga, di un angolo nascosto e protetto,

La nostra risposta: per tutti la medesima ovvero

“No, non tutti”.

La cosa si ripeterà: proprio nel 2023.

La frase ritornerà, sicuramente: e ritornerà perché oggi, a metà 2023, a molti piace di illudersi che “tutti la vedono allo stesso modo”, quando chiaramente non è così. Le cose non stanno così, e la realtà dei fatti NON è quella che raccontano quelli di “tutti la vedono allo stesso modo”.

Facciamo immediatamente un esempio concreto. E qualificato.

Una previsione confermata anche il premio Nobel per l’Economia e docente all'università Sda Bocconi di Milano, Michael Spence, a margine dell’incontro organizzato da Centromarca: «Nei prossimi due anni lotteremo ancora contro l’inflazione. A livello internazionale avremo una crescita lenta e probabilmente bassa. Guardando a un orizzonte più esteso, ci troveremo a vivere in un mondo con tassi d’interesse più elevati e in cui l’inflazione sarà una minaccia ancora maggiore rispetto a oggi».

Questo, che leggete, NON è quello che oggi ci raccontano quelli che … “tutti la vedono allo stesso modo”. Non lo trovate sul PLUS del weekend, su MF, su CNBC, non lo sentite dal financial advisor: e quindi, a causa di questo vi ritrovate col portafoglio … che avete oggi.

Nel sintetico resoconto giornalistico che avete appena letto, c’è invece la nuova realtà. La realtà che tutti noi investitori oggi dobbiamo affrontare.

Si tratta di una realtà che è “nuova” soltanto per chi si affidava fino ad un mese fa alla “visione di consenso”. Chi segue il nostro Blog è cosciente di questo stato delle cose da due anni.

La grande novità del giugno 2023 è che questo, adesso, sta diventando il “nuovo consenso”: ce lo raccontano i Premi Nobel, ma pure la Federal Reserve e pure la BCE. E l’Amministratore Delegato di Banca Intesa.

I mercati finanziari? Cosa fanno le Borse? E le obbligazioni? Che cosa vedono quelli di “tutti la vedono allo stesso modo”?

Beh … loro non vedono ancora quello che viene raccontato dal “nuovo consenso”. Per il momento. Nei prezzi di obbligazioni ed azioni oggi ancora non si vede.

Per voi lettori quindi diventa molto utile tenere a mente, in un momento come quello attuale, che i mercati non hanno importanza, nell’immediato, in una fase decisiva (ed anche storica) come quella attuale: la realtà fuori dai mercati invece ha tutta l’importanza, per noi investitori.

I cambiamenti di prezzo sui mercati che abbiamo visto in giugno (inclusi i rialzi della Borsa a Wall Street) sono reazioni a caldo di persone esasperate (disperate), che sono vittima della loro stessa confusione mentale. Ne abbiamo scritto anche qui, nel Blog, il giorno 3 giugno e poi il giorno 10 giugno.

Quei movimenti di brevissimo termine, per una gestione di portafogli che porti risultati duraturi, significano nulla. I prezzi di mercato devono ancora allinearsi al “nuovo consenso” che avete letto più in alto, e lo faranno all’improvviso ed in misura molto ampia.

Ogni investitore che abbia a cuore i risultati del proprio patrimonio investito deve per conseguenza avere la capacità di distaccarsi da un giorno-per-giorno che al 90% è soltanto noise ed andare alla ricerca di ciò che costituisce un autentico signal.

L’investitore dovrebbe domandarsi se le SINGOLE posizioni che oggi ha nel proprio portafoglio sono coerenti con il quadro che è stato tracciato, proprio questa settimana, sia da Powell sia da Lagarde, e che in apertura vi abbiamo sintetizzato. I prezzi delle obbligazioni nel portafoglio titoli sono già coerenti con lo scenario? E quelli delle azioni? E le valute? E l’oro ed il petrolio? Quali correzioni arriveranno?

L’investitore consapevole deve sfruttare questa ottima occasione che gli si presenta proprio oggi: adesso (finalmente), il quadro è chiaro. Si tratta della “economia a due facce”, per usare una espressione del Corriere della Sera. Ovvero stiamo andando a ricadere (a piombo) negli Anni Settanta.

“Lasceremo correre l’inflazione, almeno per un paio di anni, senza contrastarla davvero, per lasciare che la crescita del PIL rimanga almeno a zero e non vada sotto zero”. Come si fece negli Anni Settanta.

La politica, di destra, centro e sinistra, esulta ovviamente: la politica si preoccupa solo delle prossime scadenze elettorali, e non del baratro che c’è dietro l’angolo.

Gli Anni Settanta? Li ricordiamo tutti.

Nel 2023 - 2024 non si ripeteranno ESATTAMENTE gli Anni Settanta: è impossibile, perché oggi la situazione è diversa, nei suoi dati fondamentali. Secondo Recce’d (che con voi parla di Anni Settanta dal 2020) questa volta le cose sono molto, molto, molto più complicate, e difficili da risolvere.

Questa volta, non è detto che se ne uscirà in 15 anni, come accadde tra il 1968 ed il 1982.

La somiglianza forte con gli Anni Settanta sta in questo: la scelta di NON affrontare i problemi, di procedere mese-per-mese, e di convincere il pubblico degli investitori che “2 + 2 può fare 5”. Ma non può fare 5.

Vediamo di calare queste considerazioni introduttive nella realtà dei fatti, ed in modo particolare dei fatti dell’ultima, caotica e convulsa settimana dei mercati finanziari.

Condividiamo il giudizio di Donato Masciandaro nell’immagine qui sopra: viene tristezza, e la nostra è una tristezza motivata. E’ la tristezza che colpisce tutti quelli che sono consapevoli della destinazione. Che sanno dove porta la strada appena imboccata.

Masciandaro parla della BCE ma noi con voi vogliamo rivedere i fatti relativi alla Federal Reserve, perché hanno maggiore peso sul futuro di obbligazioni, azioni, valute e materie prime.

Nell’immediato, dice l’immagine, i mercati finanziari sono “andati a vedere” (nel senso che è del poker) il bluff di Powell, e questo perché i mercati non credono alla determinazione della Federal Reserve nel combattere l’inflazione.

La reazione dei mercati, se viene letta in questo modo, ci riporta alla tristezza di Masciandaro.

La reazione dei mercati è condivisibile: ed ora prendiamo in esame il caso che i mercati abbiano ragione. Che effettivamente la Fed non abbia la forza e la risolutezza per combattere seriamente l’inflazione.

 

Se effettivamente questa è stata la scelta della Fed, si tratta di una “buona notizia” oppure di un (altro) “policy error”?

Secondo l’ex Presidente della Fed Reinhart (immagine) si è trattato di un (altro) “policy error”:

come si può allo stesso tempo venedere al pubblico la storia della “pausa” ed aumentare le previsioni dei futuri rialzi di 50 punti base?

Si può, evidentemente, perché lo hanno fatto. Ma si tratta di una mossa che rende le cose più semplici? Migliora la situazione? Oppure la peggiora?

Come leggete nel commento di David Rosemberg (immagine), anche il modo nel quale Powell ha motivato la “pausa” non convince tutti: e già nella precedente immagine, avevate letto che Reinhart ha parlato di “errore di comunicazione”.



 

Altri dubbi sono stati espressi dall’ex Ministro del Tesoro USA Larry Summers: leggiamo.

Nel commento di Summers si fa largo una spiegazione, che potrebbe motivare i tanti “errori” (sia di politica monetaria, sia di comunicazione) fatti questa settimana.

Summers ha parlato giovedì 15 giugno di “dinamiche politiche interne alla Federal Reserve”: noi di Recce’d invece con voi, ieri nella pagina TWIT - TWOO, ci siamo spinti fino a parlare di politica-politica. Non politica monetaria, non politica interna alla Fed oppure alla BCE.

 

E’ arrivato il momento nel quale è necessario parlare di politica-politica: la politica dei partiti e dei Parlamenti. Di maggioranze, di opposizioni, di movimenti sociali, di movimenti sindacali, di sondaggi di opinione.

Il “dorato isolamento” delle Banche Centrali è finito, e lo vediamo tutti nel caos che si manifesta attraverso le decisioni e soprattutto le comunicazioni, come si ripete anche nel commento all’immagine che segue. le pressioni della politica-politica sono la causa di questa situazione caotica.

Il tema (politica economica e politica-politica) è molto ampio, e merita un approfondimento: lo faremo quindi in un Post interamente dedicato a questo argomento, e non ora.

Ora, invece, ritorniamo ai fatti dell’ultima settimana.

Come potete vedere nel grafico che segue, i prezzi sui mercati hanno immediatamente incorporato il nuovo scenario più in alto e più a lungo.

Nel grafico sopra, vedete come sono cambiate le previsioni, così come sono espresse oggi dal mercato delle obbligazioni.

Ma sui media, per il momento, l’attenzione si è concentrata sul mercato delle azioni, ed in particolare sul mercato di Wall Street, dove (ci spiegano i titoli) è iniziato un nuovo bull market.

Questa parte della storia è quella che a noi interesse meno: perché è la MENO importante per ciò che riguarda la gestione dei nostri portafogli modello.

Per quale motivo è la meno importante? Il motivo è il seguente: ormai da due anni, abbiamo anticipato al Cliente di Recce’d che ci troviamo in una situazione dove “si ragiona per estremi” e quindi dove “i mercati si muovono per eccessi”.

Il mercato di giugno, alla Borsa di New York, è chiaramente un eccesso, e questo eccesso ha una origine chiarissima, ovvero il ritorno dei comportamenti del 2021. Tra questi, l’utilizzo delle opzioni, documentato da Recce’d con il grafico qui sotto.

Queste fasi di eccesso sono, e saranno, senza conseguenze durature per i nostri portafogli modello (come per i portafogli di ogni investitore): e questi eccessi si possono realizzare proprio grazie all’atteggiamento, già ampiamente descritto sopra, delle Banche Centrali, atteggiamento che è possibile documentare con dati molto concerti, come quelli del grafico che segue.

Sopra, potete leggere che l’utilizzo della liquidità messa a disposizione della Fed per le banche che sono a rischio di fallimento ha raggiunto il livello massimo di sempre proprio la settimana scorsa. Sotto, leggete che le banche commerciali hanno smontato, la settimana scorsa un ammontare record di operazioni di Reverse Repo. In concreto: le banche si sono fatte dare indietro la liquidità.

In concreto: le Banche Centrali NON stanno facendo la lotta all’inflazione, se non con le dichiarazioni.

I mercati lo capiscono, e nei primi giorni “esplodono”.

Non appena risulteranno evidenti le CONSEGUENZE di queste scelte, e dei fatti che abbiamo appena dimostrato con i grafici, allora sarà evidente anche il parallelo con gli Anni Settanta (grafico visto più in alto).

Non ci sorprende (per nulla) che la reazione immediata dei mercati sia distorta dal “non avere capito bene”: a tutto oggi, è ampio il numero di investitori che “non hanno capito bene” in che Mondo agiscono ed investono.

Portiamo subito un esempio concreto, con l’immagine che segue. Nel 2023, c’è ancora chi “scopre” che “nel 2020 le Banche centrali hanno monetizzato il debito pubblico”. Ben arrivato tra noi!

Se voi, in quanto investitori, siete ancora oggi fermi su questo tipo di ragionamento, allora … voi oggi siete fregati. Quelle, erano cose da capire e utilizzare due o tre anni fa. Oggi, c’è altro da fare.

Oggi, per un investitore che punti a un rendimento positivo in un contesto di rischio di portafoglio controllato, i temi sono altri. E prima di tutto, quello del nostro titolo: siamo già oltre il punto di svolta più importante del 2023.

Di che cosa parliamo? Nella parte alta dell’immagine qui sotto. Si tratta di un annuncio fatto da Lagarde giovedì 15 marzo, che NESSUNO ha notato, nessuno ha ripreso, e nessuno ha commentato. Eppure è questo, il punto al centro di tutto: le Banche Centrali adesso sono COSTRETTE a tagliare il loro bilancio di titoli, perché NON hanno altra scelta.

E come si vede molto chiaramente dal grafico, fino ad oggi NON hanno neppure cominciato.

Avendo in mente ciò che diceva l’immagine qui sopra, capirete subito la rilevanza dell’immagine qui sotto.

In chiusura del nostro Post, vi proponiamo di leggere un articolo.

L’interesse di questo articolo sta in un fatto: che l’articolo è stato scritto PRIMA e non dopo la riunione della Fed e la conferenza stampa di Powell del 14 giugno 2023.

E’ notevole il fatto che la lettura dell’articolo risulta altrettanto utile dopo che prima.


La Federal Reserve degli Stati Uniti ha tre opzioni principali per i tassi d'interesse quando il suo massimo comitato politico si riunirà questa settimana. Nessuna di esse è ottimale, e quella che la Fed ha guidato i mercati ad aspettarsi potrebbe potenzialmente essere la meno desiderabile. Inoltre, tutte e tre riflettono sfide più ampie che richiedono un significativo miglioramento dell'economia dal lato dell'offerta e riforme istituzionali. Sulla base delle indicazioni di un alto funzionario della Fed, le aspettative del mercato sono che la banca centrale "salti", mantenendo i tassi invariati con la propensione a riprendere i rialzi nella successiva riunione di luglio (analogamente a quanto hanno fatto Australia e Canada). Questo approccio è visto come un modo per fornire ai funzionari più dati per valutare gli effetti della serie di rialzi dei tassi più concentrata degli ultimi decenni. Di conseguenza, la probabilità implicita di mercato di un rialzo a giugno è oscillata intorno al 20-30% nell'ultima settimana, dopo aver raggiunto un picco superiore al 70% prima dell'ultima guidance.

Questo approccio presenta due problemi.

In primo luogo, è improbabile che un mese in più di dati possa migliorare significativamente la comprensione da parte della Fed degli effetti di uno strumento politico che agisce con ritardi variabili.

In secondo luogo, i dati recenti favoriscono un rialzo per una banca centrale che ha ripetutamente insistito sul fatto di essere "dipendente dai dati".

Non c'è da stupirsi che altri funzionari della Fed siano favorevoli a un rialzo questa settimana. Il loro punto di vista si basa su una serie di dati sorprendenti, tra cui, di recente, l'aumento dei posti di lavoro vacanti e la robusta creazione mensile di occupazione, oltre al venir meno delle preoccupazioni immediate relative al tetto del debito statunitense e all'instabilità bancaria.

Tuttavia, almeno un funzionario della Fed ritiene che il rialzo dei tassi di maggio potrebbe già essere stato eccessivo, poiché alcuni indicatori anticipatori dell'attività economica hanno segnalato debolezza. Secondo questa opinione, una pausa sarebbe seguita da un taglio dei tassi come prossimo cambiamento. Molto è stato scritto sul perché la Fed si trovi in questa scomoda situazione.

Il motivo più comunemente citato è che la Fed ha valutato male la minaccia dell'inflazione per la maggior parte del 2021 e del primo trimestre del 2022, prima di essere costretta a 10 rialzi successivi dei tassi. Di conseguenza, la Fed ha subito una significativa erosione della sua posizione pubblica e della sua credibilità politica. Si è verificata una prolungata discrepanza tra le comunicazioni della Fed sul percorso dei tassi per il 2023 e le aspettative dei mercati.

Inoltre, è sorto un pubblico disaccordo tra il presidente della Fed e lo staff della banca centrale in merito alla probabilità di una recessione.

La reputazione della Fed è stata ulteriormente minata da costosi errori nella vigilanza bancaria, dalla mancanza di un quadro strategico adeguato, dalla debolezza della responsabilità e dalla suscettibilità al pensiero di gruppo.

Date le molteplici cause, è improbabile che la Fed riesca a risolvere le sue difficoltà in tempi brevi.

Inoltre, a meno che i dati sull'inflazione CPI previsti per martedì non mostrino una debolezza significativa, la linea d'azione proposta - il "salto" - finirebbe per essere una confusa opzione intermedia, rendendo le decisioni future ancora più difficili.

Se la Fed è veramente dipendente dai dati e realmente impegnata a raggiungere l'attuale obiettivo di inflazione del 2%, dovrebbe aumentare i tassi di 0,25 punti percentuali e lasciare la porta aperta a ulteriori rialzi. Le recenti sorprese dei dati, insieme all'equilibrio dei rischi associati alle politiche della Fed, suggeriscono che questa strada è preferibile a un "salto".

Tuttavia, se la Fed ritiene, come me, di operare con un obiettivo di inflazione obsoleto a causa di cambiamenti significativi sul lato dell'offerta dell'economia - e che la modifica dell'obiettivo richiede un processo lungo e delicato - allora dovrebbe optare per una pausa con una propensione a tagliare quando appropriato. Ciò consentirebbe agli effetti dei precedenti rialzi dei tassi di permeare l'economia, riducendo la probabilità di danni indebiti alla crescita economica e di instabilità finanziaria.

Ricordiamo che gli errori di politica della Fed negli ultimi due anni e le sue debolezze istituzionali non sono gli unici fattori che ne hanno minato l'efficacia.

Il cambiamento dei modelli di globalizzazione, la ristrutturazione delle catene di fornitura aziendali, la transizione energetica e gli squilibri del mercato del lavoro indicano che la Fed sta operando con un obiettivo di inflazione probabilmente troppo basso per un benessere economico duraturo. In questo contesto, l'attuale inquadramento del dibattito politico è eccessivamente limitato.

È più probabile che confonda le cose piuttosto che stimolare il tipo di deliberazioni che possono ricostruire le basi affinché la Fed possa contribuire a una crescita inclusiva elevata e alla stabilità finanziaria.

Valter Buffo
Assolutamente affascinante
 

Si chiude una settimana di … nulla, per i mercati finanziari internazionali. Un’altra, dopo tante. L’indice di Borsa più grande del Mondo, lo S&P 500, si è spostato di 16 punti, che in percentuale fa lo 0,3%, il tre per mille, come per gli oboli nella dichiarazione dei redditi.

Questa prolungata immobilità, allo stesso tempo, ci fornisce segnali molto forti, dei quali Recce’d ha già scritto in modo analitico nelle settimane precedenti, e scrive ancora oggi.

Perché sono numerosi i segnali, e sono molti gli spunti che questa situazione ci ha regalato, tra maggio e giugno: uno di questi spunti, che Recce’d giudica essere tra i più stimolanti, lo trovate nel video che noi vi mettiamo a disposizione.

Facendo un semplice click sull’immagine, verrete infatti portati alla visione di un breve video di soli due minuti e mezzo.

Ma se proprio siete di fretta, e volete dedicare il vostro tempo a cosa più importanti per voi, allora almeno ascoltate gli ultimi 30 secondi.

Ascolterete un uomo, dalla grande esperienza e dalla grande competenza, affermare che:

Sarà assolutamente affascinante … saranno le 36 ore più interessanti da veramente tanto, tantissimo tempo.

Le sue parole riflettono la psicologia dei mercati finanziari, in questo mese di giugno del 2023: psicologia influenzata, come tante volte vi abbiamo spiegato, e anche documentato, dall’azione dell’industria dei cosiddetti “prodotti finanziari” a cui si affianca, con atteggiamento servizievole e mai critico, il settore dei media. In Italia ed in tutto il Mondo Occidentale.

La psicologia dei mercati finanziari, dicevamo: che ci ha portato verso la prossima settimana con un carico così grande (enorme) di aspettative che … nulla di nulla è successo prima (da gennaio ad oggi) e ancora meno è successo negli ultimi 30 giorni, e probabilmente nulla succederà anche nei cinque giorni della settimana prossima.

Eppure (non è una contraddizione, ciò che stiamo per scrivere) tutto sta per cambiare.

La cosa suona complicata? Certo, perché lo è: tenetevi alla larga da quelli che vi raccontano che investire “è semplice”, come in certi spot alla TV. Investire i propri soldi sui mercati finanziari è difficile, anzi difficilissimo: e questo 2023 probabilmente è anche più difficile, di ogni altro anno dagli Anni Settanta.

Con il nostro Post di oggi, cercheremo di illustrare al nostro lettore perché, in questo giugno del 2023, TUTTO, ma proprio tutto-tutto, è in gioco, è in discussione. Ogni singola posizione nei nostri e nei vostri portafogli titoli. Pensate: persino il petrolio!!!

Spiegheremo, nel modo più chiaro e lineare, le ragioni per le quali:

  • è vero che ci aspettano le 36 ore più interessanti da molto, moltissimo tempo

  • è vero che tutto questo è assolutamente affascinante

  • ma NO, non è vero che tutto dipenderà da quello che deciderà la Federal Reserve

  • molto di più, invece, dipenderà dal modo nel quale la Federal Reserve modificherà, rettificherà, cambierà le proprie previsioni

  • ma soprattutto, Recced vi spiegherà la cosa che oggi è più importante: ovvero che tutto questo ha nulla a che vedere con la realtà dei fatti

La realtà dei fatti, quella che voi ogni giorno attraversate e modificate, come cittadini, operatori, lavoratori ed investitori, quella è già definita: la realtà non aspetta la Federal Reserve, la realtà, è quella che tutti voi vedete e conoscete benissimo.

Oggi, la Federal Reserve non ha alcuna forza, non ha alcun potere di modificare quella realtà. Può soltanto adeguarsi, cercando di aggirare, smorzare, smussare (e cerca ogni giorno di farlo: a volte con successo, altre volte senza successo).

La realtà, da tempo, si è imposta sulle Banche Centrali: per questo, ogni giorno tentano di “dipingerla con i colori della fantasia”: ovvero, ogni giorno si sforzano di fare credere, alla massa, che “la realtà è diversa dalla realtà che loro stessi vedono”. Ed è qui, a questo punto, che entra in gioco la psicologia delle persone, o per meglio dire la psicologia di massa. Ed è proprio questo, l’angolazione che crea il massimo interesse per gli eventi della prossima settimana: ed è proprio qui, che tutti diventa assolutamente affascinante.

Nel video che avete appena visto, viene usata l’espressione

the larger framing issue

che tradotto in italiano significa

come verrà inquadrata la cosa.

Noi più in alto abbiamo scritto, con una formula diversa ma con il contenuto equivalente

molto di più, invece, dipenderà dal modo nel quale la Federal Reserve modificherà, rettificherà, cambierà le proprie previsioni

Come verrà spiegata, inquadrata, la “pausa negli aumenti dei tassi ufficiali” da parte di Jerome Powell e della sua Fed? Che tipo di scenario, che tipo di “narrativa” (immagine sopra) sarà scelta dal Board della Fed per comunicare al pubblico le sue intenzioni per le prossime mosse? Non quella di giugno, ma quelle di luglio, settembre e novembre 2023?

Recce’d aveva ampiamente trattato proprio di questo, nel Longform’d di sette giorni fa, che a questo punto vi sarà utile rivedere. In quel Longformd’ vi abbiamo dettagliatamente spiegato per quale ragione il dato per gli occupati dello scorso 2 giugno 2023 era, e rimane oggi, un market mover ovvero un fattore, un elemento decisivo per i prossimi mesi degli indici di azioni, obbligazioni, valute e materie prime

Oggi, noi di Recce’d abbiamo giudicato utile integrare quel nostro Longform’d con altre osservazioni ed analisi, anche in questo caso relative non tanto a quello che la Fed deciderà di fare, bensì al modo nel quale le parole della Fed modificheranno la psicologia della massa degli investitori.

Psicologia che oggi risulta fortemente distorta. Ne avete una oggettiva testimonianza sia dalla paralisi di fatto di tutti i maggiori indici di mercato tra gennaio e maggio 2023, sia dai moltissimi segnali di estrema tensione che tutti ogni giorno osserviamo sui mercati finanziari: eccessi, anomalie, persino segnali di isteria collettiva. Alcuni di questi, li abbiamo evidenziati anche sul sito, alla pagina TWIT - TWOO.

Abbiamo già trattato, anche qui nel Blog, del senso di profonda disperazione che è visibile oggi negli occhi della maggioranza degli investitori: imbambolati e storditi, fino a 18 mesi fa, dalla storiella del “boom economico con inflazione transitoria grazie alla più grande operazione di stimolo di ogni epoca” oggi constatano con i propri occhi che la realtà che è totalmente diversa, e vanno nel panico.

Non sanno più che fare, e molti allora … comperano i BTp.

Reazione da panico, nel modo sbagliato e nel momento più sbagliato.

Noi possiamo renderci utili, per tutti questi investitori, ricostruendo per loro un quadro, coerente, solido ed intellegibile. Ma soprattutto, uno scenario credibile: che NON è lo scenario della Federal Reserve, NON è lo scenario della BCE, non è lo scenario di Goldman Sachs, e soprattutto non è lo scenario delle Reti italiane di vendita.

Noi ve lo regaliamo. Ai nostri Clienti, aggiungiamo poi le indicazioni più produttive, ovvero quelle operative, sui nostri portafogli modello.

E veniamo quindi allo scenario: partendo da questo scenario, potete senza difficoltà comprendere la ragione per la quale nel video si parla di “36 ore più interessanti da tanto tanto tempo” ed anche perché si dice (ed anche noi di Recce’d diciamo) che è “assolutamente affascinante”.

Cnsentiteci di fare prima un passo indietro: torniamo ad un anno fa circa. Nel mese di agosto 2022, in questo Blog, avete letto una analisi di quello che sui mercati finanziari viene chiamato “regime shift” oppure “paradigm shift”.

Il 7 giugno 2023, a quasi un anno di distanza, adesso ne ha parlato poi anche Mario Draghi.

Leggiamo insieme questo resoconto giornalistico, del quale poi noi di Recce’d metteremo in evidenza i passaggi più significativi.

La guerra in Ucraina e il ritorno dell’inflazione hanno causato un «cambiamento di paradigma» che «può portare a tassi di crescita potenziale più bassi» e che «richiederebbe politiche che portino a deficit di bilancio e tassi di interesse più elevati». Lo ha detto Mario Draghi al Mit dove ha ritirato il premio Miriam Posen.

«Mentre noi eravamo impegnati a celebrare la fine della storia, la storia stava preparando il suo ritorno», ha detto. «Le conseguenze geopolitiche di un conflitto prolungato al confine orientale dell'Europa sono molto significative», ha aggiunto Draghi. «In primo luogo, l'Ue deve essere disposta a rafforzare le proprie capacità di difesa». In secondo luogo, «dobbiamo essere pronti a iniziare un percorso con l'Ucraina che porti alla sua adesione alla Nato». 

In terzo luogo, «dobbiamo prepararci a un periodo prolungato in cui l'economia globale si comporterà in modo molto diverso dal recente passato».

La guerra in Ucraina ha contribuito all'aumento delle pressioni inflazionistiche a breve termine, ma è anche probabile che inneschi «cambiamenti duraturi che annunciano un'inflazione più elevata in futuro», ha detto Draghi. «Con il senno di poi, è probabile che le autorità monetarie avrebbero dovuto diagnosticare per tempo il ritorno di un'inflazione persistente. Ma soprattutto in Europa, data la natura di shock guidato dall'offerta, non è chiaro se agire più rapidamente avrebbe arginato di molto l'accelerazione dei prezzi».

Per Draghi «l’incapacità dei governi di accordarsi tempestivamente su un tetto massimo di prezzo per il gas naturale ha reso il lavoro della Bce molto più difficile. In ogni caso, quando le banche centrali sono intervenute, hanno dimostrato un forte impegno a tenere sotto controllo l'inflazione e hanno in gran parte recuperato il tempo perduto».

L'aumento dei tassi si sta ora diffondendo nell'economia e ci sono segnali di rallentamento nel settore manifatturiero, per l’ex premier italiano.

«L'inflazione si sta dimostrando più resistente di quanto le banche centrali avessero inizialmente ipotizzato». La lotta contro l'inflazione non è finita e probabilmente richiederà «una cauta continuazione della stretta monetaria, sia attraverso un ulteriore aumento dei tassi di interesse, sia allungando i tempi di inversione del loro corso».

Draghi non si aspetta che le preoccupazioni relative alla stabilità finanziaria ostacolino il processo. «Gli attuali problemi bancari non sono in alcun modo paragonabili alla crisi finanziaria e dovrebbero essere affrontati con misure ad hoc, come è stato fatto finora», ha detto. «Date le dimensioni limitate di queste crisi, i governi dovrebbero finanziare, quando necessario, ogni intervento necessario, evitando di creare un conflitto per le banche centrali tra il perseguimento degli obiettivi di politica monetaria e quelli di stabilità finanziaria».

Alla fine, secondo l’ex presidente Bce «le banche centrali riusciranno a riportare il tasso di inflazione ai loro obiettivi» ma «l'economia sarà molto diversa da quella a cui siamo abituati». I governi avranno disavanzi di bilancio «permanentemente più elevati» e «nel lungo periodo, è probabile che i tassi di interesse si mantengano più alti di quanto non siano stati nell'ultimo decennio. Allo stesso tempo, la bassa crescita potenziale, i tassi più alti e gli elevati livelli di debito post-pandemia sono un cocktail volatile, e le banche centrali che tollerano l'inflazione non saranno la soluzione».

Draghi ha osservato infine che «le banche centrali devono certamente essere molto attente al loro impatto sulla crescita, in modo da evitare inutili sofferenze. Ma il compito di ridisegnare le politiche fiscali in questo nuovo contesto spetterà principalmente ai governi».

In questa occasione, amici lettori del nostro Blog, abbiamo deciso di … non privarvi di tutto il divertimento, ed anche allo scopo di NON ripetere cose che noi di Recce’d, in ogni possibile sede, abbiamo già detto, chiediamo a voi, amici lettori, di fare un piccolo sforzo, ed anzi tanti piccoli sforzi: dopo avere letto l’articolo qui sopra, dove Recce’d ha evidenziato per tutti voi lettori i passaggi decisivi, rispondete ad alcune semplici domande, che vi elenchiamo di seguito:

  1. avete letto che “la Storia stava preparando il suo ritorno”: il vostro modo di pensare, di ragionare, di valutare è stato ripensato, rivisto, aggiornato in funzione di questo grande cambiamento che è già in corso e scorre ogni giorno davanti ai vostri occhi?

  2. credete anche voi, come Draghi, che l’economia globale “si comporterà in modo molto diverso, rispetto al recente passato”? e se la pensate anche voi in questo modo, allora per quale ragione ancora oggi il vostro portafoglio di investimenti finanziari è ancora il solito, e vecchio portafoglio che è (decisamente) orientato all’economia del passato e non all’economia che voi stessi vi aspettate nel prossimo futuro? da chi vi state facendo incantare? o meglio, intortare?

  3. le Banche Centrali (lo dice Draghi, a capo della BCE … per una vita) “avrebbero dovuto diagnosticare in modo diverso”: a voi risulta, amici lettori, che il loro modo di “diagnosticare” sia stato modificato, corretto e rivisto alla luce dei recenti fallimenti? e voi, investitori e lettori, in che modo tenete conto di questa evidenza, di questi fatti, nello scegliere dove investire il vostro denaro sui mercati finanziari?

  4. ci spiega Draghi che le Banche Centrali “avevano inizialmente ipotizzato qualche cosa di diverso” dalla realtà; e si riferisce a 18 mesi fa, e non a 18 anni fa; voi, oggi, in che modo ne tenete conto? oggi il vostro scenario di riferimento, sulla base del quale fate le vostre scelte, è quello delle Banche Centrali? a voi sembra … una buona idea? vi sembrerà una buona idea anche tra 18 mesi?

  5. Draghi spiega ancora che “l’economia sarà molto diversa, da quella a cui siamo abituati” ed aggiunge che “i tassi si manterranno più alti”, e qui è il caso di fare un esempio molto concreto: voi amici lettori siete tra i tantissimi che 18 mesi fa, con i rendimenti dei BTp allo 0,50%, andavate dai vostri amici a dire che “i tassi non saliranno mai più”? voi amici lettori 18 mesi fa eravate tra i tanti che, ascoltando qualcuno che prevedeva il BTp al 4,50%, pensavano che fosse “uno stupido”? e quindi, per essere molto concreti se oggi 10 giugno 2023 se vi dicessero che il BTp a fine anno renderà …

  6. leggiamo poi che Draghi, che sa di che cosa sta parlando, afferma che “le Banche Centrali NON saranno la soluzione”: voi, amici lettori del Blog, che “sluzione” vedete per i vostri investimenti ed il futuro del vostro portafoglio in titoli?

  7. infine leggiamo che secondo Mario Draghi, sarà indispensabile ridisegnale le politiche fiscali: e se Draghi, che è stato Presidente del Consiglio in Italia, dice una cosa del genere, dobbiamo immaginare che sappia di che cosa parla; e quindi, noi vi suggeriamo, non date dello “stupido” anche stavolta a chi oggi eventualmente vi dicesse che “le tasse dovranno aumentare in una misura che oggi alla massa sembra inimmaginabile”.

Una parte dei nostri lettori del Blog, a questo punto, comincerà a perdere la pazienza ed persino a scocciarsi: “noi veniamo qui sul Blog per leggere dei mercati, e per sapere se comperare il dollaro USA e vendere la Borsa! basta con la filosofia!”.

E noi, dopo avere chiarito quale è il quadro di riferimento, anche questa settimana regaliamo utili consigli pratici per la gestione del portafoglio in titoli investito sui mercati finanziari: calandoci nella situazione del giugno del 2023, e offrendovi una interpretazione (qualificata) della paralisi che tutti vediamo da molte settimane.

Per almeno un veterano del mercato, la ripresa del mercato azionario dopo una serie di fallimenti bancari e rapidi aumenti dei tassi di interesse significa solo una cosa: attenzione. Il periodo attuale ricorda a Bob Michele, chief investment officer della JPMorgan Chase di JPMorgan Chase, ha dichiarato in un'intervista presso la sede centrale della banca a New York, di aver vissuto una pausa ingannevole durante la crisi finanziaria del 2008.

Allora come oggi, gli investitori erano preoccupati per la stabilità delle banche statunitensi. In entrambi i casi, il datore di lavoro di Michele ha calmato i nervi sfilacciati intervenendo per acquisire un concorrente in difficoltà. Il mese scorso, JPMorgan ha acquistato l'operatore regionale fallito First Republic; nel marzo 2008, JPMorgan ha rilevato la banca d'investimento Bear Stearns. "I mercati l'hanno vista come se ci fosse stata una crisi, una risposta politica e la crisi fosse stata risolta", ha detto. "Poi c'è stato un rally costante di tre mesi nei mercati azionari".

La fine di un periodo di quasi 15 anni di denaro a buon mercato e di bassi tassi d'interesse in tutto il mondo ha messo in difficoltà sia gli investitori che gli osservatori del mercato. I principali dirigenti di Wall Street, tra cui Jamie Dimon, capo di Michele, hanno lanciato allarmi sull'economia per più di un anno. L'aumento dei tassi, l'inversione dei programmi di acquisto di obbligazioni da parte della Federal Reserve e le lotte all'estero hanno creato una combinazione potenzialmente pericolosa, hanno detto Dimon e altri.

Ma l'economia americana è rimasta sorprendentemente solida, con i dati sui salari di maggio che hanno superato le aspettative e le azioni in rialzo che hanno fatto pensare all'inizio di un nuovo mercato toro. Le correnti incrociate hanno diviso il mondo degli investitori in due schieramenti: Quelli che vedono un atterraggio morbido per l'economia più grande del mondo e quelli che prevedono qualcosa di molto peggiore.

La calma prima della tempesta

Per Michele, che ha iniziato la sua carriera quattro decenni fa, i segnali sono chiari: i prossimi mesi sono solo la calma prima della tempesta. Michele supervisiona oltre 700 miliardi di dollari di asset per JPMorgan ed è anche responsabile globale del reddito fisso per la divisione di asset management della banca.

Nei precedenti cicli di rialzo dei tassi, a partire dal 1980, le recessioni sono iniziate in media 13 mesi dopo l'ultimo aumento dei tassi da parte della Fed. La mossa più recente della banca centrale è avvenuta a maggio.

In quel periodo ambiguo, subito dopo che la Fed ha finito di aumentare i tassi, "non si è in una recessione; sembra un atterraggio morbido" perché l'economia continua a crescere, ha detto Michele.

"Ma sarebbe un miracolo se questo periodo finisse senza recessione", ha aggiunto Michele.

Secondo Michele, l'economia entrerà probabilmente in recessione entro la fine dell'anno. Anche se l'inizio della recessione potrebbe essere posticipato, grazie agli effetti persistenti dei fondi di stimolo Covid, Michele ha detto che la destinazione è chiara.

"Sono molto fiducioso che tra un anno saremo in recessione", ha dichiarato.

Altri osservatori del mercato non condividono l'opinione di Michele.

Rick Rieder, responsabile del settore obbligazionario di Blackrock, ha dichiarato il mese scorso che l'economia è "molto più in forma" rispetto all'opinione comune e potrebbe evitare una profonda recessione. L'economista di Goldman Sachs Jan Hatzius, economista di Goldman Sachs, ha recentemente abbassato la probabilità di una recessione entro un anno ad appena il 25%. Anche tra coloro che vedono una recessione, pochi pensano che sarà così grave come quella del 2008.

Per iniziare a sostenere che la recessione è in arrivo, Michele sottolinea che le mosse della Fed dal marzo 2022 sono la serie di aumenti dei tassi più aggressiva degli ultimi quarant'anni. Il ciclo coincide con le misure adottate dalla banca centrale per ridurre la liquidità del mercato attraverso un processo noto come "quantitative tightening". Consentendo alle proprie obbligazioni di giungere a scadenza senza reinvestire i proventi, la Fed spera di ridurre il proprio bilancio fino a 95 miliardi di dollari al mese.

"Stiamo assistendo a cose che si vedono solo in recessione o che finiscono in recessione", ha detto, a partire dallo "shock dei tassi" di circa 500 punti base dell'anno scorso.

Scambi dolorosi

Il dolore sarà probabilmente maggiore in tre aree dell'economia: le banche regionali, il settore immobiliare commerciale e i mutuatari aziendali con rating spazzatura. Michele ha affermato di ritenere probabile una resa dei conti per ciascuno di essi.

Le banche regionali sono ancora sotto pressione a causa delle perdite sugli investimenti legate all'aumento dei tassi di interesse e dipendono dai programmi governativi per far fronte ai deflussi di depositi.

"Non credo che la situazione sia ancora del tutto risolta; credo che sia stata stabilizzata dal sostegno del governo", ha affermato.

Il centro degli uffici di molte città è "quasi un deserto" di edifici non occupati. I proprietari di immobili che devono rifinanziare il debito a tassi d'interesse molto più alti potrebbero semplicemente abbandonare i loro prestiti, come alcuni hanno già fatto. Queste inadempienze colpiranno i portafogli delle banche regionali e i fondi di investimento immobiliare.

"Ci sono molte cose che si ricollegano al 2008", tra cui gli immobili sopravvalutati, ha detto. "Eppure, finché non è successo, è stato ampiamente ignorato".

Infine, ha affermato che le società con rating inferiore all'investment grade, che hanno goduto di costi di finanziamento relativamente bassi, si trovano ora ad affrontare un ambiente di finanziamento molto diverso; quelle che devono rifinanziare i prestiti a tasso variabile potrebbero scontrarsi con un muro.

Ci sono molte aziende che si trovano su finanziamenti a bassissimo costo; quando andranno a rifinanziarsi, i costi raddoppieranno, triplicheranno o non saranno in grado di farlo e dovranno affrontare una sorta di ristrutturazione o di default", ha affermato.

Data la sua visione del mondo, Michele ha dichiarato di essere conservatore nei suoi investimenti, che comprendono crediti societari investment grade e mutui cartolarizzati.

"Tutto ciò che possediamo nei nostri portafogli, lo stressiamo per un paio di trimestri con un PIL reale compreso tra il -3% e il -5%", ha dichiarato.

Ciò contrasta JPMorgan con altri operatori di mercato, tra cui il suo omologo Rieder di BlackRock, il più grande gestore patrimoniale del mondo.

"La differenza con alcuni dei nostri concorrenti è che si sentono più a loro agio con il credito, quindi sono disposti ad aggiungere crediti a tassi più bassi credendo che andranno bene in caso di atterraggio morbido", ha detto.

Queste cose non è Recce’d a dirle, ma uno dei grandi capi della più grande banca del Mondo. Per il momento, la massa degli investitori sceglie però di non reagire e di non fare nulla.

E’ facile ricordare ciò che accadde nel 2021: fino all’ultimo minuto, la massa degli investitori si fece convincere a non fare nulla, perché “non sta succedendo nulla”. In molti, e tra questi noi di Recce’d, anticiparono il forte rialzo del tasso dell’inflazione, ma la massa scelse di stare con chi vendeva la “inflazione transitoria”, auto-convincendosi con frasi del tipo:

“eh, sarà vero, ma non si vede”

“eh, ma non c’è ancora, poi ci penseremo”

“eh, ma è sempre andata così negli ultimi anni, perché dovrebbe cambiare adesso”

“eh, ma se lo dicono le Banche Centrali, e loro fanno quello che vogliono”.

Questa indolenza e pigrizia mentale fu poi pagata a caro prezzo lo scorso anno.

In questo 2023, ci sarà un prezzo da pagare molto più alto.

A questo proposito, noi giudichiamo utile leggere le parole più recenti di Stan Druckenmiller, gestore di fama mondiale che nel nostro Blog è stato già introdotto e presentato, anni fa.

Nel suo più recente intervento, che vi riassumiamo qui sotto, ha esposto in modo molto sintetico la sua visione del mercato in questo preciso momento. Le implicazioni per la vostra operatività sui portafogli in titoli sono così evidenti, che vi sarà sufficiente una rapida lettura.

Il miliardario Stan Druckenmiller ha dichiarato alla Invest Conference di Bloomberg che "questa è la situazione più complicata, non pianificata e non analizzabile che abbia mai visto in termini di fiducia in una previsione economica futura... Non vedo proprio un passo in avanti in questo momento".

Ha aggiunto:

"Penso che il mio record sia tanto quello di non sapere come giocare quanto quello di sapere quando giocare e poiché tratto cinque o sei diverse asset class, ho avuto il lusso, se c'è incertezza nelle azioni, di solito è un buon momento per le obbligazioni e le valute.

Fanno cose pazzesche quando il mondo sta esplodendo. Quindi c'è molta volatilità".

Su una cosa è positivo:

"A differenza delle criptovalute, penso che l'IA sia reale... Se [l'IA è] così grande come penso che sia, Nvidia è qualcosa che vorremo possedere per almeno due o tre anni. Non per 10 mesi", ha dichiarato il fondatore del Duquesne Family Office.

"Penso che ci sia una possibilità molto concreta e che potrebbe avere un impatto pari a quello di Internet nel futuro. E potrebbe essere una bella opportunità in un atterraggio difficile, proprio come nel 2001, quando è scoppiata la bolla tecnologica, per le aziende che hanno beneficiato di internet, l'IA potrebbe essere un'opportunità... La mia azienda ha potuto partecipare all'IA solo possedendo Nvidia e Microsoft".

Ma, forse riflettendo sulla recente volatilità (e sul panico da acquisto apparentemente cieco), Druck ha concluso:

"La nostra tesi centrale è che ci sono altre scarpe da far cadere, in particolare oltre ai mercati degli asset dal punto di vista economico".

Il che è interessante perché Druckenmiller rimane fermo nella sua opinione che l'economia statunitense subirà un atterraggio duro, ma ha spostato la sua tempistica alla fine dell'anno:

"Molte persone - poiché non è ancora iniziato il declino economico - hanno cambiato le loro previsioni da un atterraggio duro a un atterraggio morbido, e molte altre le hanno cambiate da un atterraggio morbido a nessun atterraggio. Io non ho cambiato affatto le mie.

Il fatto che non sia ancora accaduto non cambia la probabilità che si verifichi, e la sua profondità...

Quindi per me le probabilità non sono cambiate. È stata allontanata rispetto alle aspettative, ma il fatto che non sia ancora iniziata non cambia in alcun modo la probabilità che sia dura o morbida.

Anzi, visto che ci è voluto così tanto tempo, direi che la Fed si è ritrovata con un tasso terminale più alto. E in effetti, l'inflazione diventa più appiccicosa quanto più a lungo rimane nel sistema e aumenta, non diminuisce, la probabilità di un atterraggio duro...".

Infine, l'ultima parola spetta a Stan Druckenmiller che ha ammonito: "Ci sono sicuramente lezioni da imparare [dalla bolla delle Dot Com del 2001]. Non bisogna farsi prendere dall'emotività, non bisogna impazzire".

Valter Buffo
Longform’d. Hazmat: pozzi avvelenati e gas tossico
 

Venerdì 2 giugno, mentre in Italia si celebrava la Festa della Repubblica, è arrivata sui mercati una notizia che noi raccontiamo con l’immagine qui sopra.

Le reazioni immediate dei mercati finanziari mettiamole da parte: tra sette giorni, nessuno le ricorderà più.

Vale ugualmente la pena di ritornare sul dato del 2 giugno anche qui, nel nostro Blog, con un approfondimento.

Come ci racconta il grafico sopra, le previsioni degli operatori di mercato (le barre di colore azzurro) erano lontanissime dl dato effettivo (che è evidenziato nel grafico con un rombo di colore blu scuro). Si tratta di un dato che, per tutti noi investitori, potrebbe risolvere una serie di dubbi e di incertezze sulla gestione dei nostri portafogli..

Come i lettori sanno, tutti noi veniamo da cinque mesi di nulla, sui mercati finanziari: e non perché non sia successo nulla, in questi cinque mesi, al di fuori dei mercati. Ma i mercati (tutti) non hanno reagito.

Un mercato finanziario che non reagisce più non è per noi investitori un buon segno: all’opposto, è un segno che giustifica una forte preoccupazione.

Dopo un mese di maggio durante il quale, sui mercati finanziari internazionali, “non è successo nulla”, è arrivato il 2 giugno un dato che ci offre lo spunto perfetto per riprendere un tema che Recce’d ha già approfondito, anche qui nel nostro Blog, negli ultimi mesi ed anni.

Ogni giorno, e in misura che cresce ogni giorno, noi di Recce’d riscontriamo negli investitori un senso di spiazzamento e di stordimento. Lo misuriamo sia per contatto diretto, sia attraverso il comportamento dei media di settore, e quello dell’esercito dei promotori finanziari.

Questa situazione di grande confusione, perplessità, ansia, è del tutto giustificata: noi stessi ne soffriamo, anche se l’esperienza e la costante attenzione ci consentono di filtrare questa ansia, e questa confusione, e riportare quindi il tutto ad una quadro coerente, che qui nel Blog avete letto solo sette giorni fa.

Spiazzamento e ansia sono giustificati, come dicevamo, dalla pressione mediatica e della stessa industria del risparmio: in Recce’d riceviamo, e leggiamo ogni giorno, e da molti mesi, documenti ed analisi che spiegano che la “recessione” è ormai imminente, e che questo garantisce la discesa dei tassi di interesse, e che pertanto la sola cosa da fare è “comperare azioni”.

Allo stesso tempo, e nelle medesime ore, noi non riceviamo e non leggiamo neppure un solo dato che ci parli di recessione: come ad esempio è successo ieri, con il dato NFP per occupazione e salari negli Stati Uniti, oppure giovedì 1 giugno per i dati per la disoccupazione in Europa.

Fino alla fine di maggio 2023, un’opera di quotidiana pressione e persuasione ha convinto la massa degli investitori che “per i tassi di interesse siamo in recessione ma per la Borsa non c’è la recessione” sia un modo sostenibile di guardare al presente, ai propri investimenti e di interpretare i mercati finanziari.

Situazione già vista, negli anni precedenti: che sempre è seguita da una seconda fase, nella quale la massa degli investitori, in modo pressoché unanime, si domanda: “ma a che cosa stavamo pensando, tutti?”..

Il dato con cui abbiamo aperto il nostro Longform’d, da questo punto di vista, potrebbe rimettere in moto le cose..

Per spiegare questa nostra affermazione, facciamo un passo indietro, e ritorniamo ad un articolo dello scorso febbraio, pubblicato dal Financial Times, che vi chiediamo di rileggere.. Poi lo commentiamo subito dopo.


Katie Martin 17 FEBBRAIO 2023

Non è facile essere contrarian. In generale, è uno dei trucchi più affidabili del manuale di base dell'investitore: quando i mercati rischiosi sono euforici, vendete. Quando sono in preda alla disperazione, comprare.

Si tratta sempre di un processo soggettivo. In questo momento, però, le misure dello stato d'animo lanciano così tanti segnali contrastanti che questa strategia provoca vertigini. Come si può fare il contrario quando è impossibile capire se gli investitori sono troppo felici o troppo tristi?

Se glielo si chiede, in generale dicono di essere tristi. La sempre utile indagine mensile di Bank of America sui gestori di fondi mostra che sono pessimisti sulla crescita più o meno quanto lo erano nel marzo 2020, immediatamente prima che le banche centrali venissero a salvare il sistema finanziario infettato dal Covid. Sembra una cosa negativa. È un male. Buone notizie per gli acquirenti contrarian di asset rischiosi.

Ci sono due problemi: Uno è che le azioni globali sono già più alte del 20% rispetto a ottobre. Venti! Due... oh! Aggiungerne altri ora è coraggioso. L'altro è che l'umore si è notevolmente rasserenato nelle ultime settimane. Secondo BofA, tutte le principali misure del sentiment sono migliorate nell'ultimo mese e i cambiamenti nell'allocazione degli asset suggeriscono un maggiore appetito per le scommesse rischiose, anche se l'umore non è ancora "abbastanza ottimista" da giustificare scommesse ribassiste.

Quindi, per chi tiene il conto, gli investitori sono contemporaneamente tristi, ma non abbastanza, e felici, ma non abbastanza. Vi avevo avvertito che era vertiginoso.

Dario Perkins della società di ricerca TS Lombard afferma che questo è un "momento di confusione per gli investitori, soprattutto per i contrarian". Non c'è dubbio. A suo avviso, ciò è dovuto al fatto che agli investitori è stato venduto un quadro di riferimento sbagliato per i grandi temi di trading di quest'anno, vale a dire una narrativa sulla recessione che semplicemente non ha senso.

"Spesso queste analisi si basano sulla superstizione [o sul trauma] del 2008, piuttosto che su dati macroeconomici concreti", afferma. Ci troviamo invece in un ciclo "fasullo", aggiunge, che semplicemente non si adatta ai soliti modelli. Le chiusure di bilancio, i mercati del lavoro in rapida evoluzione, le forti oscillazioni della politica monetaria e la guerra in Europa significano, a rischio di usare un'espressione pericolosa, che questa volta è diverso.

"Un mercato del lavoro rigido è certamente un argomento per mantenere i tassi di interesse più alti più a lungo, ma non è un argomento per cercare di distruggere l'economia con rialzi infiniti dei tassi, soprattutto in un ciclo economico fasullo e pieno di sorprese", afferma. "Scommetto che questa economia confusa continuerà a frustrare tutti, tori e orsi".

Per ora, la maggior parte della frustrazione è nel campo dei ribassisti. Come afferma BofA, per ora il "pain trade" negli asset più rischiosi - il percorso dei mercati che danneggerebbe maggiormente gli investitori - è più alto. Pochi sono posizionati per beneficiare di una continuazione del trend già in atto, e i dubbiosi non hanno fretta di arrendersi.

"Questo rally non è attendibile e la gente è molto scettica", afferma Patrick Spencer, vicepresidente del settore azionario di Baird, una società di investimento privata. Spencer è nel campo rialzista da circa ottobre, il che lo rende uno dei contrarian vincenti dello scorso anno. A suo avviso, l'attuale rally è "il mercato toro più odiato di tutti i tempi", ma non ha senso combatterlo.

Le catene di approvvigionamento funzionano in modo molto più normale, l'inflazione ha smesso di bollire, la Fed sta riducendo l'entità dei rialzi dei tassi d'interesse anziché aumentarli e, aspetto correlato, l'America delle imprese non è più gravata da un dollaro così stravagantemente forte. Anche i dati sull'occupazione possono essere un po' strani, ma la direzione di marcia è chiaramente positiva. Aggiungiamo al mix: La Cina sta uscendo dal blocco di Covid e l'Europa sembra aver schivato un inverno gelido e costoso.

"Tutti sono preoccupati per la recessione, ma noi siamo stati seduti qui per 12-18 mesi a parlarne continuamente", afferma Spencer. Abbiamo assistito a ridimensionamenti, a tutti i tagli di posti di lavoro nel settore tecnologico...". Le aziende se ne sono occupate. È nel mercato. I tassi d'interesse stanno salendo, ma i mercati non stanno scendendo e questo è un segnale molto positivo".

Secondo lui, il pericolo maggiore è quello di rimanere seduti ad aspettare che il disastro colpisca. "Tutti aspettano che il mercato si corregga per poter rientrare", afferma. "Non credo che ne avranno la possibilità".

Jack Janasiewicz, lead portfolio strategist di Natixis Investment Managers Solutions, è un altro toro senza peli sulla lingua. "Mi criticano molto perché sono un eterno ottimista", dice. Quando, nell'agosto dell'anno scorso, ha capito che quella che lui definisce una "normale recessione" era già stata prezzata dai mercati azionari e ha deciso di preferire un portafoglio più rischioso, ha ricevuto "un sacco di lettere d'odio, persone che mi dicevano quanto fossi stupido".

"La grande reazione che ho ricevuto è stata quella di dire 'aspetta, la recessione sta arrivando'. Ok, ma continuate a dirlo e siamo saliti del 20% dai minimi".

Secondo Janasiewicz, la gente si sta avvicinando al suo modo di pensare, ma molti investitori sono "segnati" da un brutale 2022 e percepiscono il "rischio di carriera" nel fare di nuovo la scommessa sbagliata. Janasiewicz ha un proprio indicatore contrarian: "Quando ci saranno più persone che mi diranno 'non sei un idiota', allora forse avrà fatto il suo corso".



Questo articolo del Financial Times vi riporta alcune opinioni che NON coincidono con la visione di Recce’d e che quindi NON si riflettono nella nostra attuale strategia di gestione dei portafogli modello: allo stesso tempo, a noi è sembrato importante, perché fornisce un panorama delle diverse opinioni.

Va specificato però che in questo articolo dello scorso febbraio c’è una affermazione che noi condividiamo con forza:

… agli investitori è stato venduto un quadro di riferimento sbagliato per i grandi temi di trading di quest'anno, vale a dire una narrativa sulla recessione che semplicemente non ha senso.

Il dato di venerdì 2 giugno rende ancora più evidente questa “mancanza di senso”.

E, aggiungiamo noi di Recce’d, non è questa la sola cosa che NON ha alcun senso, oggi, sui mercati finanziari.

Tra i nostri lettori, qualcuno forse ci risponderà che “non sempre i mercati finanziari hanno senso”: cosa che tutti riconoscono, e che non può essere negata.

Ma è necessario aggiungere però che proprio da questo stato di cose che nascono le opportunità di guadagno sui mercati finanziari, le opportunità di mettere del VALORE nel proprio portafoglio titoli, e fare una ottima performance. Alla fine, il senso delle cose si impone sempre, sui mercati finanziari. E da sempre, è così che si raggiungono risultati consistenti nel tempo, e duraturi.

Ed ecco il perché il dato di venerdì 2 giugno, per tutti noi investitori, potrebbe risolvere molte cose. Potrebbe restituirci un SENSO.

Fino ad oggi la massa degli investitori, che è intossicata dai gas tossici, e continua a bere dai pozzi avvelenati, NON si rende conto di vedere cose, ed ascoltare parole, che NON hanno senso, anche se in questa massa sta crescendo il numero di quelli che percepiscono almeno istintivamente questa progressiva perdita di senso.

Ad esempio, nella parte finale di maggio 2023, quante volte voi stessi avete letto, nella medesima pagina, annunci di “recessione” e poi poche righe più sotto anche del “fatturato di Nvidia che in futuro salirà del 50%” (e magari vi siete chiesti: “ma come … mentre c’è la recessione???”).

La maggior parte degli investitori, purtroppo, manda giù di tutto senza fare domande, tutto va giù con un sorso di acqua dei pozzi, quella avvelenata. In molti rinunciano persino a ragionare. L’effetto dei gas, e del veleno nei pozzi, è potente: ed è per questa ragione che si è fatta “portare per mano”, in modo docile, verso la tonnara. E una volta dentro, aspettare che poi qualcuno arrivi a dire “ci dispiace, non era vero niente, ci siamo sbagliati”. Ve lo ricordate ancora, il 2022?

Le esche, per attirare la massa verso le reti di questa tonnara, di volta in volta si chiamano BTp oppure azioni, come di recente ad esempio Nvidia. Si tratta di piccoli pezzetti di carta stagnola, che riflettono la luce ed attraggono lo sguardo.

Gli investitori, bombardati quotidianamente di messaggi che nulla hanno a che vedere con la realtà, ed abbagliati dalla carta stagnola, non riescono più a vedere in modo lucido, non riescono più a distinguere quale sia il loro autentico interesse.

L’interesse di ogni investitore? E’ quello di riconoscere il VALORE nelle diverse alternative che gli vengono proposte, evitando in questo modo di finire nella tonnara.

Come ci si difende dagli avvelenamenti di massa, dai gas tossici e dai pozzi avvelenati?

Cento anni fa, durante la Prima Guerra Mondiale, si indossavano le maschere anti gas: e le indossavano anche i cavalli, come si vede nell’immagine.

Oggi, negli anni Duemila, esistono strumenti più efficaci e sofisticati per proteggersi da questi HAZMAT (come gas tossici ed acque avvelenate): restando nell’ambito che ci è proprio, che è quello degli investimenti sui mercati finanziari, noi siamo in grado di fornire all’investitore tutte le adeguate protezioni contro l’ansia, la confusione, lo stordimento e i tantissimi dilemmi creati dalle attuali contraddizioni che tutti vediamo ogni giorno sui mercati.

Allo stesso tempo, mettendo poi l’investitore in condizione di cogliere le grandi opportunità che derivano dallo (inevitabile) sviluppo della situazione: dalla mancanza totale di senso al recupero del senso, dell’equilibrio, di una direzione.

Come si vedono, in anticipo, queste nuove e grandi opportunità?

Ne abbiamo scritto, in un ampio approfondimento, la settimana scorsa qui nel nostro Blog. Ne abbiamo scritto, durante la scorsa settimana, alla pagina NEL MOTORE DELLA PERFORMANCE a cui si accede attraverso la pagina MERCATI del nostro sito.

Ed ovviamente abbiamo fornito, ai nostri Clienti, ogni necessario dettaglio attraverso i canali che a loro sono riservati.

Vogliamo ancora offrire, a questo proposito, in modo del tutto gratuito ai nostri lettori alcune indicazioni che riguardano proprio la prossima settimana, che ci porterà alla riunione della Federal Reserve del 13 e 14 prossimi ed al dato per l’inflazione USA del prossimo 14.

Con l’articolo che segue, vi forniamo un eccellente inquadramento della situazione, mentre per tutto ciò che riguarda la conseguente operatività sui portafogli modello tutte le nostre indicazioni sono raccolte come sempre nel nostro quotidiano The Morning Brief.

Un ultimo consiglio: leggete tutto l’articolo con attenzione: c’è un passaggio che è dedicato proprio a quanto noi di Recce’d abbiamo scritto poco sopra.

E’ spiegato in questo articolo che:

ignorare le contraddizioni, mandarle giù come se fosse “tutto normale”, bevendo l’acqua avvelenata dei pozzi, è sicuramente un grave errore nella gestione degli investimenti, e proprio quell’errore può portare ad un concreto e totale fallimento. Oggi, nel 2023.

La scusa preferita delle banche centrali non è quella di comprare

26 maggio 2023

Raghuram G. Rajan

Siamo ormai così abituati ai massicci interventi delle banche centrali sui mercati che nessuno si rende conto di quanto sia stata insolita l'ultima crisi bancaria e la relativa risposta. Ma è giunto il momento di considerare se la politica monetaria sia la forza sistemica che ha creato la vulnerabilità sistemica in primo luogo.

CHICAGO - Per quanto riguarda i mea culpa istituzionali, il recente rapporto della Federal Reserve sugli eventi che hanno portato al fallimento della Silicon Valley Bank è sorprendentemente autocritico, dettagliato e informativo. Pur sottolineando che la SVB non ha gestito i suoi rischi in modo appropriato (quando i suoi stessi modelli hanno mostrato che stava assumendo un rischio di tasso d'interesse eccessivo, la banca ha cambiato le ipotesi del modello), il rapporto critica anche le autorità di vigilanza per non aver apprezzato le crescenti vulnerabilità della SVB o per non averla spinta a risolverle. La Fed segnala anche le modifiche normative che SVB ha sfruttato per evitare un controllo più attento. Ma il rapporto non affronta una questione cruciale: la politica monetaria della Fed.

Ciò è in parte dovuto al fatto che il rapporto doveva esaminare la supervisione e la regolamentazione della Fed. Tuttavia, concentrandosi solo su questi aspetti, finisce per ignorare uno dei fattori più importanti per la stabilità del settore finanziario. La SVB non è stata solo una mela marcia. Quattro banche statunitensi sono fallite più o meno nello stesso periodo, soprattutto perché avevano investito in obbligazioni e prestiti a lungo termine a basso rendimento e a tasso fisso, finanziati con depositi liquidabili a breve termine. A marzo, la Federal Deposit Insurance Corporation statunitense ha stimato che le banche avevano perdite non riconosciute di circa 600 miliardi di dollari sui titoli in loro possesso - una cifra che sale ben oltre i 1.000 miliardi di dollari se si includono le perdite sui prestiti a basso rendimento. Peggio ancora, molte di queste banche hanno anche livelli significativi di depositi non assicurati e corribili. Anche se per ora stanno sopravvivendo, la loro redditività è compromessa e la loro redditività a lungo termine come entità indipendenti è messa in discussione dalla richiesta di tassi di interesse più elevati da parte dei depositanti. Il comportamento aberrante di una singola banca o le singole carenze nella supervisione non possono spiegare queste vulnerabilità, che sono sistemiche.

Ecco perché la Fed ha offerto alle banche abbondanti finanziamenti senza i consueti scarti di garanzia richiesti sui titoli in pegno e perché il Tesoro ha implicitamente sostenuto tutti i depositi non assicurati. Siamo talmente abituati ai massicci interventi della Fed e del Tesoro sui mercati che non ci rendiamo conto di quanto insolito e profondo sia stato quest'ultimo episodio. La politica monetaria potrebbe essere la forza sistemica che ha creato la vulnerabilità sistemica? L'ex amministratore delegato della SVB, Greg Becker, sembra pensarla così. Il messaggio della Federal Reserve era che i tassi di interesse sarebbero rimasti bassi e che l'inflazione che stava iniziando a salire sarebbe stata solo "transitoria"", ha dichiarato in una dichiarazione preparata per un'audizione al Senato degli Stati Uniti questo mese. In effetti, tra l'inizio del 2020 e la fine del 2021, le banche hanno acquistato collettivamente quasi 2,3 trilioni di dollari di titoli d'investimento in questo contesto di bassi rendimenti creato dalla Federal Reserve"

Naturalmente non sorprende che Becker voglia dare la colpa a qualcun altro. Ma come abbiamo sottolineato Viral V. Acharya e io, le banche stavano assorbendo una marea di depositi non assicurati come risultato del quantitative easing della Fed legato alla pandemia, ed era molto allettante investirli in titoli (allora) a più alto rendimento. I banchieri ottennero un profitto cospicuo e si assicurarono grandi bonus ignorando il rischio che i tassi di interesse, da tempo inattivi, potessero aumentare. I banchieri erano avidi e le autorità di vigilanza hanno sbagliato a non prestare attenzione a tale avidità, ma la Fed non era forse colpevole di aver ignorato le conseguenze prevedibili di un lungo periodo di denaro facile?

Non sarebbe una sorpresa se i funzionari della Fed ignorassero le scritte sul muro. In passato hanno fatto proprio questo, a causa di quello che nella tradizione delle banche centrali è noto come "principio di separazione": la politica monetaria dovrebbe concentrarsi sull'essere il più accomodante possibile quando l'attività economica reale ha bisogno di una spinta, mentre la stabilità finanziaria è responsabilità delle autorità di vigilanza. Se qualcosa va storto, è colpa delle autorità di vigilanza. Eppure, più volte le autorità di vigilanza si sono dimostrate incapaci di affrontare gli enormi incentivi all'assunzione di rischi che le politiche monetarie ultra-accomodanti creano.

Un recente studio fornisce un ulteriore supporto per non considerare la politica monetaria come uno spettatore innocente. Analizzando le crisi bancarie in 17 paesi nell'arco di 150 anni, Gabriel Jiménez della Banca di Spagna e i suoi coautori hanno scoperto che le crisi - tra cui la crisi bancaria statunitense degli anni '30, la crisi finanziaria globale del 2007-08 e le crisi bancarie giapponesi e svedesi degli anni '90 - sono tipicamente precedute da un percorso dei tassi d'interesse a forma di U. I tassi d'interesse nominali a breve termine sono in genere incapaci di affrontare gli enormi incentivi all'assunzione di rischio che le politiche ultra-accomodanti creano. I tassi di interesse nominali a breve termine diminuiscono tipicamente a partire da circa sette anni prima di una crisi, prima di iniziare a salire nei tre anni precedenti. Al contrario, le recessioni sono tipicamente precedute da un semplice aumento dei tassi. È necessario un periodo precedente di denaro facile per far precipitare i problemi bancari.

I “separatisti” - che dominano le banche centrali - potrebbero non voler pensare alle conseguenze delle politiche di denaro facile sulla stabilità finanziaria, ma non possono ignorarle quando emergono. Sebbene oggi la Fed insista sul fatto di essere fermamente concentrata sulla lotta all'inflazione, sa che ulteriori rialzi dei tassi spingeranno un numero maggiore di depositanti bancari, fino a quel momento indolenti, a richiedere i tassi di interesse di mercato, il che farà aumentare in modo sproporzionato i costi di finanziamento delle banche e creerà buchi più ampi nei bilanci di alcune di esse.

Allo stesso tempo, se la Fed sospende prematuramente i rialzi dei tassi, l'inflazione potrebbe tornare a salire, aumentando i tassi a lungo termine e riducendo il valore degli asset bancari.

In ogni caso, la stabilità finanziaria dovrà entrare nel calcolo della Fed per la determinazione dei tassi. Come sostengono da anni i ricercatori della Banca dei Regolamenti Internazionali, il principio di separazione può essere corretto in teoria, ma è sbagliato nella pratica.

Se i banchieri centrali riconoscessero questa realtà, sarebbero molto più cauti nel cercare di stimolare l'attività economica attraverso la sola politica monetaria. Potrebbero considerare che quando le opportunità di investimento reale sono poche (quando r* è basso, nel linguaggio delle banche centrali), il denaro facile tende a contribuire più all'assunzione di rischi finanziari che agli investimenti reali. In questi casi, la politica monetaria dovrebbe forse evitare di essere ultra-accomodante e le banche centrali dovrebbero evitare politiche aggressive - come un massiccio quantitative easing - che avranno conseguenze incerte.

Dopo aver alimentato troppo a lungo la vulnerabilità delle banche con il denaro facile, le banche centrali devono stare attente a non inasprire la curva a U della politica, sovrapponendo i rialzi dei tassi a un rapido inasprimento quantitativo. È preferibile metterli in sequenza. Un primo passo per promuovere un dibattito più sano sull'instabilità finanziaria sarebbe quello di smettere di dare ai responsabili della politica monetaria una carta di uscita dalla prigione ogni volta che riuniamo i soliti sospetti.

Valter Buffo
Longform’d. La ricchezza su carta e quella vera: quattro scenari per il 2030
 

In sintesi in questo nuovo Longform’d vi spiegheremo (anche grazie ad un contributo esterno) che:

  • L'inflazione dei prezzi delle attività negli ultimi due decenni ha creato circa 160.000 miliardi di dollari di "ricchezza cartacea". La crescita economica è stata lenta, le disuguaglianze sono aumentate e ogni dollaro investito ha generato 1,90 dollari di debito.

  • Le attuali scosse nel sistema finanziario potrebbero segnalare un cambiamento nel modo in cui il mondo prende in prestito, presta e accumula valore, con un'ampia gamma di scenari plausibili a lungo termine. Per capire cosa potrebbe riservare il futuro al bilancio mondiale, modelliamo quattro scenari economici: ritorno all'era passata, crescita più lunga, azzeramento del bilancio e accelerazione della produttività.

  • Tre dei potenziali scenari sono tutt'altro che ideali: due sono "scegli il tuo veleno" e il terzo è una doppia dose. La volatilità potrebbe rivelarsi temporanea e l'espansione dei bilanci potrebbe riprendere, dato che i risparmi tornano a far salire il prezzo delle attività esistenti invece di confluire negli investimenti produttivi. Oppure l'inflazione e i tassi d'interesse elevati potrebbero persistere, come l'economia statunitense dopo lo shock petrolifero degli anni Settanta. Il caso peggiore sarebbe quello del Giappone dopo lo scoppio della bolla immobiliare e azionaria negli anni '90, con una prolungata riduzione della leva finanziaria e una forte contrazione dei prezzi degli asset. Ad esempio, i valori delle azioni e degli immobili statunitensi potrebbero scendere di oltre il 30% da qui al 2030.

  • Il risultato di gran lunga più auspicabile è l'accelerazione della produttività, in modo che la crescita economica si adegui al bilancio. Solo questo scenario combina una forte crescita del reddito, della ricchezza e della salute del bilancio.

  • I responsabili delle decisioni dovranno avere l'immaginazione necessaria per prepararsi all'intera gamma di scenari, mantenendo la ferma determinazione a raggiungere il migliore. Per accelerare la crescita della produttività sarà necessario contrastare i venti contrari, come l'invecchiamento o la maggiore complessità delle catene di fornitura, attraverso investimenti ben indirizzati per sfruttare il potere della tecnologia e del capitale umano. Il dado non è ancora tratto.


Arrivati alla fine del quinto mese del 2023, nella mente della massa degli investitori c’è una sola cosa: confusione.

Rispetto all’inizio dell’anno, tutto è cambiato:

  • ad inizio 2023, c’era il picco dell’inflazione ed i tassi ufficiali in calo; oggi, è l’opposto

  • ad inizio 2023 c’era da “comperare assolutamente obbligazioni ed in particolare BTP”; ma in maggio le vendono

  • ad inizio 2023 c’era in Borsa da “comperare le banche, l’Europa e il Dow Jones, e vendere i Tech”; oggi però le banche sono fallite, e allora da vendere alla massa c’è la “nuova bolla Tech che si chiama stavolta AI

  • ad inizio 2023 c’era il “dollaro USA debole per molti anni a causa del debasement”; oggi il dollaro USA punta di nuovo la parità contro euro

Era già stato così, un anno fa: a gennaio 2022 “tutti dicevano che … tutti credevano che …” poi però durante l’anno si è capito che erano soltanto sciocchezze. Una montagna di stupidaggini. Trash.

Nel 2023 si segue il medesimo copione, con una differenza: il processo di “scoperta della verità” nel 2022 fu graduale, nel 2023 sarà improvviso ed istantaneo, e si sta avvicinando.

In questo Post, vi spieghiamo le ragioni per le quali:

  • vedrete aggiustamenti dei prezzi di mercato improvvisi ed istantanei nel corso dei prossimi mesi

  • il mercato finanziario internazionale è lontanissimo dall’avere trovato anche solo un temporaneo equilibrio

  • non c’è nulla di nuovo nel vedere nascere una bolla (che questa volta si chiama AI oppure Nvidia) nel pieno di una crisi finanziaria: si tratta della disperazione, della quale noi di Recce’d anche nel Blog abbiamo scritto di recente. Investitori disperati che si dibattono per evitare di annegare nei propri errori di investimento.

Quando arriverete alla conclusione di questo nuovo Longform’d, troverete nuove e gratuite informazioni (in forma sintetica ovviamente) su come operare nel maggio del 2023 sui vostri portafogli titoli.

Andiamo però con ordine, e partiamo … dall’inizio: noi di Recce’d abbiamo per decine di volte scritto, anche qui nel nostro Blog, che siamo entrati in una Nuova Era per i mercati finanziari. Oggi, trovate la medesima cosa scritta anche sui media di massa, come viene documentato sotto dall’immagine.

Ricostruire una visione di insieme, in questo specifico momento, non è facile: ogni giorno, tutti noi osserviamo gigantesche contraddizioni ed incoerenze.

Proprio per questo, in questo delicato passaggio, la chiave del successo nelle attività di investimento sta proprio nel non perdere di vista il quadro generale.

Abbiamo già fornito, in modo gratuito, ai lettori del Blog alcune analisi che mettono in evidenza i tratti caratteristici di questa Nuova Era per gli investitori.

In estrema sintesi, la sostanza è quella che ci ha spiegato la Banca di Inghilterra poche settimane fa.

Diceva qualche settimana fa il capo Economista della Banca di Inghilterra che la gente deve accettare che siamo tutti più poveri.

La Banca di Inghilterra si distingue, da tutte le altre Banche Centrali, per avere adottato (almeno negli ultimi anni) un linguaggio più esplicito, più realistico, più comprensibile e più efficace.

Il nostro compito, in quanto gestori professionali di portafogli modello, in questo preciso momento è quello di spiegare, e dimostrare, al Cliente che:

  1. senza dubbio, se guardiamo all’aggregato, oggi resiste una “illusione di ricchezza” a causa del fatto che sono stati gonfiati artificialmente i prezzi degli asset finanziari, dietro a quei prezzi, non c’è alcun benessere futuro, e non c’è alcuna “nuova ricchezza”

  2. il riequilibrio è inevitabile; il riequilibrio eliminerà questa “ricchezza artificiale”

  3. nessuno però è obbligato a perdere la propria, di ricchezza; non è obbligatorio fare parte “della gente” citata dalla Banca di Inghilterra; in una situazione come questa, contano le scelte individuali

  4. il riequilibrio significa che in aggregato la massa si ritroverà “più povera”; alcuni però sapranno trasformare il riequilibrio in una (enorme) opportunità di guadagno

Si tratta di concetti che Recce’d ha già esposto, con grande dettaglio, nel 2020, nel 2021, nel 2022, e anche nel 2023.

La ragione per la quale oggi ci ritorniamo è la seguente: ne ha scritto (persino) Mc Kinsey. Mc Kinsey non è un operatore finanziario, non è una banca di investimento, non è una Rete di promotori finanziari. Mc Kinsey è una (notissima, e prestigiosa) Società di consulenza aziendale: Mc Kinsey fornisce consulenza ai dirigenti delle Aziende.

Noi giudichiamo questo intervento di Mc Kinsey, che abbiamo tradotto per voi e che pubblichiamo di seguito, come una accurata ricostruzione che fa il punto dello stato degli affari al maggio 2023. Ed al tempo stesso, un importante indicatore della cultura generale che si evolve. Ai Dirigenti delle Aziende non finanziarie, un anno fa oppure due anni fa questi temi non interessavano assolutamente: oggi, questi Dirigenti (evidentemente) hanno necessità di “capire quello che succede”.

Il lavoro di Mc Kinsey ci aiuta a riproporre, con parole ed immagini di elevata qualità, concetti che Recce’d propone da anni, e sui quali sono stati costruiti, e gestiti, i portafogli modello.

Portafogli modello che dimostrano oggi, e dimostreranno negli anni che

  1. è vero che nell’insieme bisogna accettare che “siamo tutti più poveri”

  2. ma proprio grazie a questo, i più capaci diventeranno al contrario “più ricchi”

In questo senso, potrete trovare proprio nella parte finale del documento di Mc Kinsey alcune osservazioni che non vi sarà difficile da tradurre in indicazioni di carattere operativo, da applicare quindi al vostro attuale portafoglio in GPM e Fondi Comuni, Polizze Vita e Certificati.

Noi di Recce’d poi, a partire da questo documento, mettiamo per voi in evidenza alcune implicazioni di carattere operativo, che leggete in chiusura del Post.

Più in generale, la lettura di questo contributo di Mc Kinsey aiuterà ogni lettore (con testo e dati ed immagini) a recuperare una visione di insieme: partendo dalla (ormai facile) constatazione che:

quella che avete in mano, nelle vostre Polizze Vita, nei vostri Fondi Comuni di Investimento, nei vostri Certificati, e nelle vostre GPM, non è vera ricchezza: è per una buona parte una illusione di ricchezza, alla quale NON corrisponde ricchezza nel mondo reale.

Prima di procedere nella lettura di questo eccellente documenti di Mc Kinsey, merita una sottolineatura il fatto che ognuna di queste cose i lettori del Blog la avevano già letta, mesi fa, e proprio qui, nel nostro Blog.

°°° Introduzione

Le recenti turbolenze nel mondo bancario si inseriscono in un contesto di tassi d'interesse più elevati che si scontrano con una leva finanziaria elevata e con tensioni geopolitiche crescenti. Si tratta di un cambiamento importante delle condizioni di fondo rispetto agli anni di denaro libero (free money) e di aumento apparentemente infinito della ricchezza.

Negli ultimi due decenni, il bilancio globale si è espanso molto più rapidamente del PIL. Il debito è cresciuto, così come i prezzi degli asset. Ma la produttività e la produzione economica non hanno tenuto il passo e le disuguaglianze sono aumentate.

Il futuro della ricchezza e della crescita economica è in bilico. Quanto potrebbe durare lo stress nel sistema finanziario? Il mondo sta affrontando un importante ribilanciamento del suo bilancio? Quanto potrebbe essere grave l'impatto sul settore immobiliare, sulle azioni e sul debito, e cosa potrebbe accadere ai depositi? Qual è la linea d'azione ottimale per le parti interessate, dagli investitori alle istituzioni finanziarie ai responsabili politici?

La gamma di percorsi plausibili a lungo termine rimane ampia. Molto dipende dal fatto che il mondo torni a un'epoca di investimenti deboli e di eccesso di risparmio, con una crescita lenta del PIL, bassi tassi d'interesse e un'espansione continua del bilancio globale. In un altro caso, il rafforzamento dei consumi e l'aumento degli investimenti necessari per la transizione a zero, la riconfigurazione della catena di approvvigionamento o la difesa porteranno a un aumento persistente dell'inflazione e dei tassi di interesse. Quale sarebbe la risposta della politica, e un forte inasprimento potrebbe innescare una correzione dei prezzi degli asset e un reset dei bilanci? Oppure la crescita della produttività potrebbe venire in soccorso, generando tassi di crescita economica più elevati grazie al reindirizzamento del capitale verso opportunità di investimento produttivo?

In questo documento, il McKinsey Global Institute (MGI) modella quattro scenari per cogliere la gamma di esiti potenziali. Li chiamiamo "ritorno all'era passata", "crescita più elevata per più tempo", "reset dei bilanci" e "accelerazione della produttività". Nello scenario di gran lunga più auspicabile, la produttività accelera in modo che la crescita economica raggiunga il bilancio, combinando così una rapida crescita del PIL, un aumento della ricchezza e un bilancio più sano. Gli altri tre scenari sono tutti lontani dall'ideale, ognuno a suo modo.

Il panorama economico, bancario e degli investimenti dei prossimi dieci anni potrebbe essere molto diverso da quello degli ultimi 20 anni.

La posta in gioco è alta. Il panorama economico, bancario e degli investimenti dei prossimi dieci anni potrebbe essere molto diverso da quello degli ultimi 20 anni. L'impatto differenziale degli scenari sulla produzione economica è enorme e le ricadute sul bilancio sono di un ordine di grandezza ancora maggiore. MGI ha sviluppato un modello per l'economia e il bilancio degli Stati Uniti, del Regno Unito e della Germania. Un azzeramento del bilancio negli Stati Uniti ridurrebbe la crescita annuale del PIL di 1,7 punti percentuali, rispetto a uno scenario di produttività accelerata (Figura 1). Allo stesso modo, la ricchezza totale delle famiglie sarebbe inferiore di 48.000 miliardi di dollari in uno scenario di azzeramento rispetto a uno scenario di accelerazione della produttività. Oltre al potenziale calo della ricchezza, che probabilmente produrrebbe i suoi effetti cicatrizzanti, un reset con una correzione sostanziale dei prezzi degli asset significherebbe anche che molti asset finanziati dal debito finirebbero sott'acqua. Ciò amplificherebbe le tensioni esistenti nel sistema finanziario. Per questo motivo, i decisori politici devono prestare molta attenzione all'impatto dei bilanci quando fanno scelte di politica economica.

Grafico 1



°°° Due decenni in cui è cresciuta la “ricchezza sulla carta” ma non è cresciuta l’economia

Gli ultimi due decenni sono in netto contrasto con la traiettoria storica dell'accumulo di ricchezza (e di debito) globale del secondo dopoguerra. Prima dell'inizio del nuovo millennio, la crescita del patrimonio netto globale seguiva in larga misura la crescita del PIL. Ma poi è successo qualcosa di insolito. Intorno al 2000, con tempistiche diverse a seconda dei Paesi, il patrimonio netto, il valore degli asset e il debito hanno iniziato a crescere in modo significativamente più rapido del PIL (grafico 2). Al contrario, la crescita della produttività tra i Paesi del G-7 è stata lenta, passando dall'1,8% annuo tra il 1980 e il 2000 allo 0,8% tra il 2000 e il 2018.

Grafico 2

Tra il 2000 e il 2021, l'inflazione dei prezzi degli asset ha creato circa 160.000 miliardi di dollari di "ricchezza cartacea". Le valutazioni di attività come le azioni e gli immobili sono cresciute più velocemente della produzione economica reale. E ogni dollaro di investimento netto ha generato 1,90 dollari di nuovo debito netto.

In totale, il bilancio globale è cresciuto 1,3 volte più velocemente del PIL. È quadruplicato fino a raggiungere 1,6 quintilioni di dollari di attività, composte da 610 trilioni di dollari di attività reali, 520 trilioni di dollari di attività finanziarie al di fuori del settore finanziario e 500 trilioni di dollari all'interno del settore finanziario.

L'espansione dei bilanci ha subito un'accelerazione durante la pandemia, in quanto i governi hanno lanciato un sostegno su larga scala per le famiglie e le imprese colpite dalle serrate. Nel 2020 e nel 2021, la ricchezza globale in rapporto al PIL è cresciuta più rapidamente che in qualsiasi altro biennio degli ultimi 50 anni. La creazione di nuovo debito è accelerata a 3,40 dollari per ogni 1 dollaro di investimento netto.

I valori di tutti i principali tipi di asset sono cresciuti rispetto al PIL, mentre i tassi di interesse reali sono diminuiti.

Nel 2021, quattro tipi di attività costituiranno l'80% dei tre bilanci globali interconnessi (settore finanziario, bilancio finanziario dei settori non finanziari ed economia reale): immobili (27%), azioni (21%), debito (20%) e valuta e depositi (12%). Tutti e quattro sono aumentati rispetto al PIL dal 2000, in particolare gli immobili del 33% in più, le azioni del 100% in più e il debito del 90% in più. La valuta e i depositi sono cresciuti del 124% in più rispetto al PIL.

Il modello generale di crescita del valore degli asset è valido in tutte le economie, ma con variazioni nei tempi e nel ritmo relativo di crescita tra i vari tipi di asset. Prendendo come esempio gli Stati Uniti, le quattro maggiori voci di bilancio hanno superato il PIL di un valore compreso tra il 50% (immobili) e il 200% (azioni) ai valori di mercato rispetto ai valori del 1995 (Figura 3). Nel Regno Unito, la crescita è stata ancora più rapida per i beni immobili e il debito, e più lenta per le azioni. In Germania, l'espansione dei bilanci è stata meno pronunciata tra le varie classi di attività.

Grafico 3

L'espansione del bilancio è stata sostenuta da un calo strutturale dei tassi di interesse reali, mentre la crescita economica rimaneva debole. Negli Stati Uniti, ad esempio, le aspettative prospettiche sui tassi di interesse reali sono diminuite costantemente tra il 1995 e il 2021. I bassi tassi di interesse hanno incoraggiato l'assunzione di prestiti, riducendo il costo di prestiti e obbligazioni e stimolando le banche commerciali a raccogliere - e creare - depositi. In termini molto semplificati, un eccesso di capitale ha inseguito un numero insufficiente di opportunità di investimento produttivo e gran parte di esso è confluito nel settore immobiliare e in quello azionario, facendo salire i prezzi. Il debito è aumentato più rapidamente degli investimenti netti e la ricchezza cartacea è cresciuta.

Nel resto di questa sezione analizziamo i fattori che hanno determinato la crescita dei bilanci nelle quattro classi di attività.

Il calo dei tassi di interesse reali ha alimentato l'aumento dei valori immobiliari

Il calo dei tassi di interesse reali ha avuto un ruolo notevole nel guidare le valutazioni degli immobili (grafico 4). Gli investitori hanno potuto permettersi di pagare di più per un immobile con un determinato canone di locazione, e quindi i multipli value-to-rent sono aumentati. Anche il costo del capitale proprio degli immobili è sceso, amplificando l'effetto. Ciò ha comportato un calo del rendimento effettivo degli immobili, o cap rate.

Grafico 4

Nonostante questo netto calo dei rendimenti, gli affitti (compresi quelli figurativi degli edifici occupati dai proprietari) hanno continuato a crescere. La quota degli affitti sul PIL è aumentata (negli Stati Uniti) o diminuita (nel Regno Unito e in Germania) in misura modesta, mentre la crescita del numero e della qualità degli edifici ha seguito di gran lunga la crescita del PIL. Quasi un terzo del valore globale degli immobili è concentrato in queste città, dove l'ulteriore densificazione incontra difficoltà politiche e i prezzi sono stati alti e in crescita negli ultimi decenni. Questa tendenza è rallentata negli ultimi anni e i prezzi sono aumentati meno in queste città che altrove, poiché la pandemia ha aumentato le modalità di lavoro da casa e alcune persone si sono allontanate dal posto di lavoro.

Ci sono alcune variazioni a livello nazionale. Negli Stati Uniti, ad esempio, il valore di mercato degli immobili è cresciuto 1,5 volte più velocemente del PIL dal 1995 al 2021. Sebbene ci sia stata una significativa correzione dopo la crisi finanziaria globale, l'aumento è ripreso rapidamente. La diminuzione dei tassi di interesse reali ha guidato quasi interamente l'aumento.

Nel Regno Unito, la crescita del settore immobiliare rispetto al PIL è stata ancora più forte che negli Stati Uniti. Il calo del costo del capitale immobiliare ha avuto un ruolo relativamente più importante. Poiché gli investitori ritenevano che i prezzi potessero solo salire, la percezione del rischio e il costo del capitale proprio sono diminuiti drasticamente prima della crisi finanziaria globale. Dopo aver subito una correzione al rialzo in seguito a tale crisi, il costo del capitale proprio è sceso nuovamente.

In Germania, i valori immobiliari hanno vissuto un lungo periodo di declino rispetto al PIL tra la fine degli anni '90 e l'inizio degli anni 2000, in seguito alla correzione della bolla immobiliare nella Germania orientale dopo la riunificazione. Di conseguenza, il settore immobiliare tedesco ha attraversato la crisi finanziaria globale relativamente indenne e poi ha iniziato a recuperare rapidamente con il calo dei tassi di interesse.

Il calo dei tassi di interesse reali ha spinto la crescita delle azioni e negli Stati Uniti anche l'aumento dei rendimenti del capitale ha svolto un ruolo importante.

Il calo dei tassi d'interesse reali ha incrementato i valori azionari in tutte le economie, poiché gli utili futuri sono stati scontati a un tasso inferiore. Sia nel Regno Unito che in Germania, il calo dei tassi è stato responsabile di tutta la crescita dei valori azionari rispetto al PIL tra il 1995 e il 2021. Negli Stati Uniti hanno contribuito a circa un terzo di questa crescita (grafico 5).

Grafico 5


Tuttavia, negli Stati Uniti ha agito anche un altro potente fattore: l'aumento della quota degli utili societari sul PIL, che ha contribuito per due terzi alla crescita dei valori azionari rispetto al PIL. La quota degli utili sul PIL è aumentata dell'80% dal 1995 al 2021, raggiungendo il 12,3%, la quota più alta da un secolo a questa parte (Figura 6). La quota degli utili è cresciuta nonostante il fatto che lo stock di capitale aziendale, come di consueto, abbia seguito da vicino il PIL.

Grafico 6

A questo aumento dei profitti delle aziende rispetto al PIL hanno contribuito diversi fattori, come dimostrano le precedenti ricerche dell'MGI. Uno è stato l'effetto superstar a livello aziendale, in particolare nell'economia digitale. Altri includono l'aumento dell'automazione e la diminuzione del potere contrattuale dei lavoratori in alcuni settori, anche a causa della globalizzazione, dell'offshoring e dello spostamento della produzione in Stati meno sindacalizzati. Anche le variazioni delle aliquote fiscali sulle imprese possono aver avuto un ruolo.

La nostra analisi suggerisce che gli investitori non si aspettavano - e non si aspettano - un ulteriore aumento della quota di utili. Tuttavia, a giudicare dalle attuali valutazioni delle azioni statunitensi, sembra che gli investitori si aspettino che la quota degli utili rimanga ai livelli elevati di oggi e che i tassi di interesse reali a lungo termine rimangano bassi.

Per ogni $1,00 di nuovi investimenti netti, sono stati creati $1,90 di nuovo indebitamento

Con l'aumento dei valori azionari, anche il debito è cresciuto notevolmente e, con esso, la ricchezza equivalente per i creditori e gli obbligazionisti. Alla fine del 2021, negli Stati Uniti, in Giappone, in Cina e in tutte le principali economie europee, ad eccezione della Germania, il debito non solo era più alto in rapporto al PIL rispetto al 2000, ma era addirittura aumentato rispetto al picco raggiunto dopo la crisi finanziaria globale del 2008. Negli Stati Uniti il dato è salito da 2,5 a 2,8 volte il PIL, nel Regno Unito da 2,5 a 2,8, in Giappone da 3,4 a 4,3, e in Cina da 1,6 a 2,7. In Germania il debito è rimasto stabile a circa 2,0 volte il PIL.

A livello globale, per ogni 1 dollaro di investimenti netti, sono stati creati 1,90 dollari di debito aggiuntivo. Gran parte di questo debito ha finanziato nuovi acquisti di attività esistenti. L'aumento dei valori immobiliari e i bassi tassi di interesse hanno permesso alle famiglie di contrarre maggiori prestiti per le case esistenti. L'aumento dei valori azionari ha permesso alle imprese di utilizzare la leva finanziaria per ridurre il costo del capitale, finanziare fusioni e acquisizioni, effettuare riacquisti di azioni o aumentare le riserve di liquidità. Anche i governi hanno aumentato il debito, soprattutto in risposta alla crisi finanziaria globale e alla pandemia. È interessante notare che l'aumento dei prezzi delle obbligazioni, dovuto al calo dei tassi di interesse, ha avuto un ruolo minore nel determinare il rapporto debito/PIL, poiché l'intervallo di tempo utilizzato è molto più lungo delle scadenze tipiche delle obbligazioni.

La moneta e i depositi presso le banche commerciali e centrali si sono espansi

La crescita dei depositi ha superato quella del PIL negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Germania. Negli Stati Uniti, il volume della valuta e dei depositi presso le banche commerciali e centrali è passato da 0,6 volte il PIL nel 1995 a 1,2 volte il PIL nel 2021; ora è superiore dell'80% rispetto al PIL rispetto alla media dell'ultimo secolo. Nel Regno Unito i depositi sono cresciuti da 1,9 volte il PIL nel 2000 a 3,5 volte il PIL nel 2021, e in Germania da 1,4 volte il PIL a 1,9 volte il PIL.

Negli Stati Uniti, l'aumento si è sviluppato in tre ondate, con diversi fattori trainanti. La prima ondata è stata innescata dai prestiti ipotecari allentati prima della crisi finanziaria globale del 2008. A livello di sistema finanziario, ogni nuovo prestito richiede un nuovo deposito corrispondente. Una seconda ondata si è verificata con il quantitative easing e quindi con la creazione di moneta da parte della banca centrale (o "esterna") in risposta alla crisi. Infine, una terza ondata si è verificata con un altro ciclo di quantitative easing in risposta alla pandemia. Inoltre, il sostegno alle famiglie e alle imprese durante la pandemia COVID-19 ha portato a un eccesso di risparmio, poiché le famiglie hanno speso meno durante le serrate.

°°° Stanno cambiando i fattori che ci hanno determinato questa crescita di debito e attivi finanziari?

La debolezza degli investimenti e l'eccesso di risparmio hanno prevalso negli ultimi decenni, sostenendo l'espansione del bilancio globale. I risparmiatori hanno avuto una relativa scarsità di opzioni produttive, sia al dettaglio che istituzionali, e i prezzi delle case e delle azioni esistenti sono debitamente aumentati. La crescita del PIL è rimasta al di sotto del suo potenziale strutturale. Le banche centrali hanno mantenuto bassi i tassi di interesse per stimolare l'attività economica, puntando ai loro obiettivi di inflazione. Si trattava della classica "stagnazione secolare".

Molte cose nel mondo sembrano cambiare, dalla geopolitica alla tecnologia, ai sistemi energetici e alla demografia. È possibile che le forze più strutturali alla base dell'elevato risparmio e della debolezza degli investimenti si spostino a loro volta, anche se ciò rimane una questione di incertezza e di dibattito.

È possibile che la situazione stia cambiando? Sicuramente molte cose nel mondo sembrano cambiare, dalla geopolitica alla tecnologia, ai sistemi energetici e alla demografia.5 È possibile che le forze più strutturali alla base dell'elevato risparmio e della debolezza degli investimenti si modifichino a loro volta, anche se ciò rimane una questione di incertezza e di dibattito.

Le esigenze di investimento e la domanda di capitale cresceranno dopo decenni di declino?

Negli ultimi decenni gli investimenti produttivi sono stati troppo pochi. Nelle economie avanzate, gli investimenti netti sono diminuiti in rapporto al PIL. Negli anni 2010, questo rapporto era inferiore di circa il 50% rispetto a prima della crisi finanziaria del 2008 in Europa e del 40% negli Stati Uniti (Figura 7). All'indomani della crisi finanziaria globale, gli investimenti del settore privato sono crollati a causa dell'incertezza e della debolezza della domanda. L'approfondimento del capitale (crescita dello stock di capitale per lavoratore) è sceso al tasso più basso del secondo dopoguerra. Anche gli investimenti pubblici hanno subito un ritardo, anche nelle infrastrutture e negli alloggi a prezzi accessibili. Per quanto riguarda le infrastrutture, ad esempio, un'analisi passata della MGI ha mostrato che gli Stati Uniti hanno investito circa lo 0,4% del PIL in meno rispetto all'importo stimato necessario per sostenere la crescita economica tra il 2010 e il 2020.

Grafico 7

L'incertezza è alta e le decisioni possono ancora determinare il percorso da seguire, ma nel complesso gli investimenti, e quindi la domanda di capitale e il suo costo, potrebbero aumentare in modo sostanziale. Anche se non tutti gli investimenti incrementali sono produttivi, la crescita economica potrebbe accelerare.

Aumentano gli investimenti in infrastrutture. Soprattutto negli Stati Uniti sembra emergere un cambiamento dopo decenni di investimenti insufficienti nelle infrastrutture. Ad esempio, l'Infrastructure Investment and Jobs Act, firmato nel novembre 2021, prevede una spesa incrementale di 550 miliardi di dollari per il trasporto pubblico, la banda larga ad alta velocità, l'acqua potabile e la ricarica dei veicoli elettrici.

Ad esempio, l'Infrastructure Investment and Jobs Act, firmato nel novembre 2021, prevede una spesa governativa incrementale di 550 miliardi di dollari per il trasporto pubblico, la banda larga ad alta velocità, l'acqua potabile e le infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici. Maggiori investimenti in infrastrutture accelereranno la crescita della produttività.

La transizione energetica acquista slancio. Una ricerca dell'MGI suggerisce che la sola transizione a zero emissioni necessiterà di investimenti incrementali equivalenti a circa due punti percentuali di PIL nel 2020.6 Questo probabilmente frenerà inizialmente la crescita della produttività, ma potrebbe accelerarla nel lungo periodo.

I beni immateriali continuano a crescere. Gli investimenti in beni immateriali, come la digitalizzazione e la R&S, sono aumentati e continueranno a crescere costantemente, poiché diventano strutturalmente più importanti per l'economia. Tuttavia, due fattori hanno limitato la velocità di questa crescita. In primo luogo, le competenze necessarie per l'impiego dei beni immateriali sono state poco disponibili. Questa situazione potrebbe cambiare con un aumento degli investimenti nella creazione di competenze e con la diffusione di tecnologie di intelligenza artificiale più facili da usare. In secondo luogo, i beni immateriali hanno faticato a fungere da veicolo di risparmio a lungo termine. A causa dei loro cicli di vita più brevi, possono assorbire i risparmi solo per un periodo più limitato prima di diventare obsoleti o di trasferire il valore ai consumatori con l'aumento della concorrenza. La regolamentazione potrebbe limitare tali ricadute, ma ciò sarebbe negativo per la crescita.

La geopolitica determina un aumento degli investimenti legati alla difesa, alle catene di approvvigionamento e alla politica industriale. Una geopolitica più frammentata potrebbe aumentare gli investimenti nella riconfigurazione della catena di approvvigionamento, nelle iniziative di politica industriale e nella difesa, con esiti contrastanti per la produttività. Gli investimenti delle nuove imprese sono in aumento in settori come i chip e la tecnologia pulita, e le catene di fornitura vengono riconfigurate. Se fatto bene, questo può portare a economie locali più resilienti e ancora produttive, ma può anche portare a una minore efficienza su scala globale. Nel caso della difesa, le economie europee tendevano a non investire in linea con gli impegni assunti con la NATO, ma sulla scia dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, si stanno intensificando. Sebbene alcuni di questi investimenti possano generare produttività, soprattutto a livello nazionale, gli investimenti indotti politicamente comportano generalmente il rischio di un'allocazione improduttiva del capitale.

Le forze alla base dell'eccesso di risparmio sono in declino?

Sono tre i fattori che in passato hanno determinato una sovrabbondanza di risparmio. Ognuno di essi potrebbe essere in fase di cambiamento:

a. L'aumento della disuguaglianza e la diminuzione della quota di reddito del lavoro: Inversione di tendenza in presenza di mercati del lavoro rigidi? Per decenni, la disuguaglianza è aumentata e la quota di reddito da lavoro è diminuita. Ciò ha ridotto i consumi, incanalando una quota sproporzionata della creazione di valore verso i ricchi, che tendono a risparmiare più della popolazione in generale. L'aumento del risparmio da parte dei ricchi ha fatto salire i prezzi degli asset, in particolare quelli con rendimenti attesi più elevati. Allo stesso tempo, gli utili societari sono cresciuti rapidamente, soprattutto negli Stati Uniti, facendo salire i valori azionari.

Allo stesso tempo, gli utili societari sono cresciuti rapidamente, soprattutto negli Stati Uniti, spingendo le valutazioni azionarie e quindi la crescita dei bilanci.

Alcuni dei fattori alla base della disuguaglianza di reddito e del calo della quota di lavoro potrebbero cambiare nel lungo periodo, favorendo i consumi rispetto ai risparmi. Negli Stati Uniti, negli ultimi anni, la traiettoria di entrambi i fattori, quota di lavoro e disuguaglianza, è già diventata molto più piatta (si veda ancora il grafico 7). Il potere contrattuale dei lavoratori potrebbe aumentare se il mercato del lavoro rimane rigido e i sindacati riacquistano influenza, soprattutto negli Stati Uniti. Le dinamiche delle superstar e la globalizzazione, che hanno aumentato i redditi di tutti ma non allo stesso modo per tutti, sono esposte al cambiamento delle politiche e delle regole nazionali e globali. La carenza di talenti ha fatto aumentare i salari in generale, soprattutto per i lavoratori più qualificati. Allo stesso tempo, l'automazione ha indebolito i salari dei lavoratori a bassa e media qualifica. L'avvento dell'IA generativa potrebbe influenzare il premio salariale per le competenze. Per ora è troppo presto per sapere dove stiamo andando. Nel 2022 e all'inizio del 2023, la crescita dei salari ha subito una marcata accelerazione, ma nella maggior parte delle economie è rimasta al di sotto dell'inflazione e le retribuzioni sono cresciute più rapidamente.

b. Invecchiamento: Passare dal risparmio per la pensione alla spesa per la pensione? L'invecchiamento della popolazione ha conseguenze sul tasso di risparmio aggregato di un'economia. Secondo la visione convenzionale, le famiglie accumulano ricchezza per prepararsi alla pensione e poi consumano i risparmi durante il pensionamento. Tuttavia, con alcune variazioni tra i Paesi, le famiglie non hanno speso i risparmi come suggerisce l'argomentazione convenzionale, mantenendo piuttosto il capitale come risparmio precauzionale e per essere ereditato dalla prole; questo è il cosiddetto puzzle del risparmio previdenziale.

I dati demografici implicano quindi una continua carenza di risparmio o è più probabile che si verifichi una "grande inversione"? La risposta del mainstream è che l'eccedenza di risparmio è destinata a continuare per un lungo periodo. Ma una posizione minoritaria ritiene che la tendenza stia per interrompersi, che la spesa per i consumi (come i costi sanitari per gli anziani) possa aumentare in modo sostanziale e che il risparmio aggregato possa diminuire. Inoltre, l'aumento dell'indice di dipendenza implica che il numero di persone che risparmiano durante la pensione rispetto a quelle che risparmiano durante la vita lavorativa aumenterà (si veda ancora il grafico 7). Anche l'espansione dei bilanci - gli effetti di valutazione delle attività - può avere un ruolo. Se i pensionati non beneficeranno più dello stesso tasso di rivalutazione dei prezzi degli asset dei decenni passati, dovranno consumare una parte maggiore dei loro risparmi.

c. Eccesso di risparmio da parte degli esportatori netti: Ritirata? Soprattutto dopo la crisi finanziaria asiatica del 1997, le economie della regione hanno accumulato grandi riserve estere per autoassicurarsi contro gli shock futuri, che hanno ripetutamente portato a improvvisi arresti dei flussi di capitale. Gran parte di queste riserve sono state investite in titoli di Stato statunitensi, facendone salire i prezzi, il che equivale a ridurne i rendimenti.

Le sorprendenti esportazioni nette della Cina, ma anche di altri esportatori netti come il Giappone e i paesi esportatori di petrolio, si sono aggiunte a questa tendenza. Le riserve estere della Cina hanno raggiunto un picco di quasi 4.000 miliardi di dollari nel 2014, di cui oltre 1.000 miliardi investiti direttamente in titoli di Stato statunitensi. Da allora, però, queste riserve sono diminuite. In un contesto di crescenti tensioni geopolitiche, il percorso futuro resta da vedere.

L'offerta può reagire?

Se l'equilibrio tra investimenti e risparmi si sposta, i venti contrari dovuti alla demografia e alla geopolitica potrebbero rendere difficile soddisfare la domanda generata. L'offerta di lavoro globale è cresciuta rapidamente negli ultimi decenni, aggiungendo capacità a un'economia con una domanda debole. Nelle economie avanzate, la crescente partecipazione delle donne ha finora compensato l'aumento della quota di popolazione in età pensionabile. Tuttavia, con il continuo invecchiamento della popolazione, il numero relativo di persone in età lavorativa continuerà a diminuire. Inoltre, circa 60 milioni di lavoratori in tutto il mondo servono in ultima analisi la domanda nordamericana e circa 50 milioni quella europea. Le forze geopolitiche possono influenzare questi flussi globali e aumentare le pressioni sull'offerta a livello locale.

In compenso, la tecnologia promette di generare venti di coda per l'offerta. Potrebbero far passare l'economia dalla stagnazione della produttività a una maggiore innovazione e diffusione della tecnologia? I decenni passati sono stati caratterizzati da una lenta crescita della produttività nelle economie avanzate. Finora la digitalizzazione non si è tradotta in un aumento della produttività. Ma la situazione potrebbe cambiare con il diffondersi dell'adozione e con l'aggiunta di nuove capacità da parte di tecnologie come l'intelligenza artificiale.


°°° Quattro scenari plausibili da qui al 2030

Per fornire una finestra su un futuro incerto, l'MGI ha sviluppato quattro scenari su come l'economia e il bilancio globale potrebbero evolvere nel periodo fino al 2030 (Figura 8). Essi si differenziano per la forza e la persistenza con cui si sposterà l'equilibrio tra risparmi e investimenti auspicati, descritto nella sezione precedente, e per le scelte di politica monetaria e fiscale e gli investimenti in produttività. Ognuno dei percorsi è plausibile; nessuno è stato sviluppato utilizzando ipotesi estreme o a bassa probabilità (per maggiori dettagli, si veda la barra laterale, "Sviluppo degli scenari macroeconomici").

Ogni scenario - ritorno all'era passata, più alto per più tempo, azzeramento del bilancio e accelerazione della produttività - include un percorso fino al 2030 per la crescita del PIL, l'inflazione e i tassi di interesse, con l'obiettivo di esplorare la traiettoria a lungo termine piuttosto che fare previsioni a breve termine per il prossimo anno o due (Figura 9). MGI ha costruito un modello di scenario quantitativo per gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Germania, ma le caratteristiche sono applicabili in modo più ampio.

Grafico 8

Grafico 9


* Scenario di ritorno al passato: Espansione insostenibile dei bilanci a scapito della crescita del PIL

È possibile che gli shock si rivelino temporanei, che prevalga l'eccesso strutturale di risparmio, che tornino i bassi tassi di interesse e che riprenda l'espansione dei bilanci. A prima vista, questo scenario può sembrare attraente perché la ricchezza continua a crescere. Ma questa crescita va a scapito della produzione economica reale, accentua le disuguaglianze e continua ad aumentare il rischio di stress finanziario e di future correzioni (tutti i numeri di questo e degli altri tre scenari si riferiscono agli Stati Uniti).

Lo scenario di "ritorno all'era passata" può sembrare attraente, ma la crescita va a scapito della produzione economica reale, accentua le disuguaglianze e continua ad aumentare il rischio di stress finanziario e di correzioni future.

Cosa succede: Ritorna la stagnazione secolare. In questo scenario, l'inflazione scende nei prossimi due anni ben al di sotto del 2%. Le tensioni sul mercato del lavoro si attenuano e la disoccupazione si assesta sui tassi precedenti o leggermente più elevati. La domanda è debole e riprende una crescita mediocre del PIL, con una media di circa l'1% da qui al 2030. La quota degli utili sul PIL continua a crescere. Il denaro intelligente va a caccia di opportunità di rivalutazione del capitale, come gli immobili, piuttosto che di investimenti produttivi. I tassi di interesse reali tornano leggermente negativi.

Il capitale è mal allocato e la crescita della produttività rimane bassa.

Risultati di bilancio: Continua espansione e vulnerabilità. Il bilancio continua la sua espansione secolare rispetto al PIL, ma, come in precedenza, rimane vulnerabile a shock e perturbazioni future. Il valore totale del mercato azionario, corretto per l'inflazione, cresce all'incirca in linea con i tassi del passato, grazie ai forti guadagni e ai bassi tassi di interesse. Il valore degli immobili continua a beneficiare dei bassi tassi di interesse. Il valore totale delle obbligazioni cresce grazie alla ripresa della leva finanziaria. Solo i depositi registrano una modesta flessione, mentre le banche centrali riducono le dimensioni dei loro bilanci. La ricchezza reale delle famiglie cresce cumulativamente del 28%, pari a 40.000 miliardi di dollari sulla carta, con un aumento della disuguaglianza della ricchezza.


* Scenario più alto più a lungo: Utilizzare l'inflazione per ridurre le vulnerabilità dei bilanci a scapito della stabilità dei prezzi

Se gli investimenti riprendono e la carenza di risparmio diminuisce in modo significativo e persistente, nonostante i venti contrari che ostacolano la crescita del PIL, la pressione inflazionistica potrebbe consolidarsi. Se poi l'inasprimento delle politiche rimane moderato a causa dei rischi per la stabilità finanziaria, l'economia potrebbe sperimentare uno scenario più elevato a lungo. Questo scenario è simile a quello della stagflazione degli anni Settanta negli Stati Uniti, anche se con un'inflazione leggermente inferiore (4% anziché 9%). Sebbene la mancanza di stabilità dei prezzi in questo scenario sia problematica, è accompagnata da una solida crescita dei redditi, da una crescita positiva (anche se non impressionante) della ricchezza e da una maggiore stabilità dei bilanci.

Sebbene la mancanza di stabilità dei prezzi nello scenario "più alto più a lungo" sia problematica, è accompagnata da una solida crescita dei redditi, da una crescita positiva (se non impressionante) della ricchezza e da una maggiore stabilità dei bilanci.

Cosa succede: Inflazione e tassi persistentemente elevati. In questo scenario, l'inflazione si assesta intorno al 4%, mentre la stretta sull'offerta di lavoro continua e la transizione a zero, la riconfigurazione della catena di approvvigionamento e la difesa nazionale aggiungono due o tre punti percentuali alla quota di investimenti del PIL. I salari nominali aumentano rapidamente e i consumi sono forti. I tassi di policy aumentano in risposta ma, a causa delle crescenti tensioni nel sistema finanziario, non abbastanza da portare l'inflazione al target. La forte domanda e l'aumento degli investimenti, anche se non tutti produttivi, sostengono una crescita del PIL leggermente superiore al trend recente. Con lo spostamento del potere contrattuale a favore dei lavoratori e una politica di concorrenza più incisiva, gli utili aziendali crescono più lentamente dei redditi da lavoro e del PIL. I premi di rischio aumentano di uno o due punti percentuali rispetto alle medie dell'ultimo decennio, poiché la volatilità rimane elevata.

Risultati di bilancio: Stagnazione dei valori reali e contrazione del bilancio rispetto al PIL. Le dimensioni del bilancio nel complesso iniziano a tornare verso le medie storiche rispetto al PIL, grazie alla combinazione di inflazione e crescita del PIL leggermente più forte. Con il rallentamento della crescita degli utili, il valore totale di mercato delle azioni (corretto per l'inflazione) si contrae in termini assoluti e come multiplo del PIL
Il valore di mercato degli immobili diminuisce in termini reali, poiché l'aumento dei tassi d'interesse pesa sugli investitori più dei benefici di protezione dall'inflazione e delle costruzioni aggiuntive. Il debito e i depositi crescono per finanziare l'aumento degli investimenti, ma più lentamente dell'inflazione; anche il loro rapporto con il PIL diminuisce. La ricchezza reale delle famiglie si contrae cumulativamente dell'8,5%, ovvero di 12.600 miliardi di dollari.

* Scenario di azzeramento dei bilanci: Una recessione prolungata è il caso peggiore per la ricchezza, il reddito e la stabilità finanziaria.

L'inasprimento delle politiche, la percezione di un rischio crescente e le tensioni o addirittura i fallimenti dei sistemi finanziari potrebbero portare a una brusca correzione dei valori degli asset, nonché a una recessione prolungata e a un periodo di riduzione della leva finanziaria. La politica monetaria e fiscale non può venire in soccorso come nella crisi finanziaria globale perché i bilanci sono già grandi. Questo scenario assomiglia in qualche modo a quanto accaduto in Giappone negli anni Novanta.

Cosa succede? Un atterraggio molto duro e un decennio quasi perso. Una forte stretta monetaria e fiscale pone fine all'inflazione. Ma i tassi di interesse reali più elevati mettono a nudo i livelli di indebitamento e i prezzi degli asset, che scendono in modo significativo. Le istituzioni finanziarie sono sotto pressione, con possibili ulteriori chiusure di banche; le perdite di valore delle obbligazioni e degli immobili commerciali e di altro tipo incidono pesantemente sui buffer di capitale. Nel peggiore dei casi, la contrazione della liquidità costringe a vendere gli asset, deprimendo ulteriormente i valori e innescando un maggiore stress finanziario sistemico. I Paesi colpiti, e persino l'economia globale, devono affrontare una ristrutturazione del debito o un lungo periodo di riduzione della leva finanziaria. L'incertezza e i premi per il rischio aumentano sensibilmente e la politica monetaria e fiscale si ammorbidisce nuovamente per stabilizzare l'attività economica. L'aggiustamento dei bilanci trascina la crescita economica attraverso la riduzione della leva finanziaria e quindi la debolezza della domanda, poiché i consumatori rimborsano il debito anziché spendere. Dal lato dell'offerta si assiste alla zombificazione di imprese, banche e attività, nonché alla fame di capitali e alla debolezza degli investimenti. Il deleveraging potrebbe durare un decennio e la crescita del PIL sarebbe inferiore di un punto percentuale rispetto al decennio precedente. Ciò che rende la situazione particolarmente difficile è che quasi tutti i settori e i Paesi sono colpiti contemporaneamente in questa fase, ma la riduzione della leva finanziaria di un settore o di un Paese richiede tipicamente che un altro si indebiti. La socializzazione delle perdite potrebbe accelerare l'aggiustamento, ma è più difficile da realizzare in presenza di un debito pubblico già elevato e di bilanci lunghi delle banche centrali.

Esiti dei bilanci: Correzione degli attivi e riduzione della leva finanziaria. Nel complesso, le dimensioni del bilancio si correggono rispetto al PIL. Il valore totale di mercato delle azioni diminuisce in termini reali e come multiplo del PIL. I titoli azionari risentono negativamente di una breve impennata dei tassi d'interesse reali (ma poi vengono sostenuti quando i tassi scendono di nuovo), dell'aumento dell'incertezza e dei premi per il rischio, nonché dell'attenuazione della crescita del PIL e delle aspettative sugli utili. Ad esempio, i valori delle azioni e degli immobili statunitensi potrebbero scendere di oltre il 30% da oggi al 2030.

I valori immobiliari scendono in termini reali e rispetto al PIL, soprattutto a causa dell'aumento dei tassi e della diminuzione della tolleranza al rischio. I premi obbligazionari crescono e il debito e i depositi subiscono la pressione della riduzione della leva finanziaria, anche se si ipotizza che il settore pubblico debba aumentare ulteriormente il proprio debito per stabilizzare l'economia. La ricchezza reale delle famiglie diminuisce cumulativamente del 20% - come nel caso del patrimonio netto totale in Giappone tra il 1990 e il 2000 - o di 30.000 miliardi di dollari entro il 2030.


* Scenario di accelerazione della produttività: Il risultato Goldilocks; la rapida crescita del PIL migliora la ricchezza e la salute dei bilanci.

Lo scenario verso cui i decisori dovrebbero tendere è quello in cui gli investimenti si rafforzano e sono produttivi, accelerando la crescita della produttività. Questo scenario assomiglia un po' al periodo di crescita molto rapida della produttività tra la fine degli anni '90 e l'inizio degli anni 2000. Il bilancio cresce, ma meno rapidamente del PIL, e quindi è più sano e sostenibile.

Cosa succede? Gli investimenti produttivi e l'adozione di tecnologie aumentano la produttività. Le forze descritte nella sezione precedente portano a una domanda sempre forte e a un'abbondanza di opportunità di investimento interessanti. I nuovi investimenti accelerano materialmente la crescita della produttività e del PIL di un punto percentuale rispetto all'ultimo decennio. Di fronte alla ristrettezza del mercato del lavoro, le imprese accelerano gli investimenti e l'adozione di tecnologie digitali e di automazione, favorendo la crescita della produttività. Le catene di approvvigionamento ripensate rimangono efficienti e una nuova ondata di economie emergenti fornisce ampia manodopera globale. La politica industriale riesce a guidare l'innovazione e la tecnologia. La rapida crescita dell'offerta modera la pressione inflazionistica. L'inflazione scende all'obiettivo, mentre i tassi d'interesse reali salgono in media a circa l'1%, sostenendo ulteriormente l'allocazione del capitale produttivo.

Risultati di bilancio: Crescita sostenibile. Grazie alla rapida crescita del PIL, le dimensioni del bilancio complessivo come multiplo del PIL diminuiscono leggermente. Il valore di mercato reale totale delle azioni cresce solo modestamente più lentamente rispetto al passato, ma diminuisce rispetto all'accelerazione del PIL. L'accelerazione della crescita economica compensa quasi la perdita del vento di coda derivante dall'aumento della quota degli utili sul PIL e il leggero vento contrario derivante dall'aumento dei tassi di interesse reali. Il valore degli immobili (aggiustato per l'inflazione) è sostanzialmente stagnante, e quindi diminuisce rispetto al PIL. Il valore totale delle obbligazioni cresce per finanziare maggiori investimenti, nonostante il vento contrario dei tassi di interesse. In un'economia stabile, i depositi si riducono in termini reali, in quanto le banche centrali riducono i loro bilanci con il quantitative tightening. La ricchezza reale delle famiglie cresce cumulativamente dell'11%, ovvero di 16.000 miliardi di dollari.

La divergenza dei valori degli asset e del debito rispetto al PIL potrebbe terminare, ridisegnando il panorama economico, bancario e degli investimenti.

I responsabili delle decisioni si sono abituati per decenni a un bilancio, sia per quanto riguarda il debito che il valore degli asset, superiore al PIL, ma il prossimo decennio potrebbe vedere il mondo andare in una direzione sostanzialmente diversa.

In tutti gli scenari, tranne uno - il ritorno all'era passata - l'attuale volatilità dei prezzi degli asset e del sistema finanziario si rivela solo il primo segnale di un cambiamento fondamentale nel modo in cui il bilancio cresce rispetto al PIL. In tre dei quattro scenari, il bilancio si contrae rispetto al PIL, sia attraverso la correzione degli attivi e la riduzione della leva finanziaria, sia attraverso un'inflazione superiore alla crescita nominale degli attivi e del debito, sia attraverso una crescita più rapida del PIL (Figura 10).

Grafico 10

In tutti gli scenari, tranne quello del "ritorno all'era passata", le dimensioni del bilancio e delle sue principali componenti diminuiscono rispetto al PIL entro il 2030.

La crescita di azioni, immobili, obbligazioni e depositi appare notevolmente diversa rispetto agli ultimi due decenni. Ad esempio, negli ultimi 20 anni il valore totale del mercato azionario delle società quotate e non quotate è cresciuto del 5% annuo in termini reali; nel periodo fino al 2030, i tassi variano tra il meno 4% in uno scenario di azzeramento dei bilanci e il più 6% in uno scenario di ritorno all'era passata. (Si noti che questi numeri rappresentano la crescita del valore totale del mercato, non la performance o il prezzo).

Vi sono analogie e variazioni a seconda del Paese. In particolare, i titoli azionari diminuiscono meno in Germania e nel Regno Unito rispetto agli Stati Uniti negli scenari "higher for longer" e "balance sheet reset", in gran parte a causa del fatto che non hanno subito un'impennata così ampia degli utili societari. Per quanto riguarda il settore immobiliare, la Germania e il Regno Unito registrano un calo inferiore rispetto al PIL rispetto agli Stati Uniti negli scenari "più a lungo termine" e "accelerazione della produttività", in quanto i tassi di interesse aumentano meno in presenza di una crescita leggermente più lenta.



°°° Favorire l’aumento della produttività ed allo stesso tempo preprarsi a scenari sfavorevoli

I responsabili delle decisioni dovranno adeguare il loro modo di pensare a un'economia mondiale e a un bilancio globale potenzialmente molto diversi nel decennio a venire, e in effetti a una gamma insolitamente ampia di risultati potenziali. Ciò richiede una riflessione a più lungo termine e un insieme di indicatori molto più ampio, compreso lo stesso bilancio globale, da tenere in considerazione nella strategia e nella pianificazione rispetto a quanto probabilmente sono stati abituati a fare. I governi e le imprese dovrebbero impegnarsi collettivamente per accelerare la crescita della produttività, l'unico degli scenari modellati da MGI che consente di ottenere una forte crescita del reddito e della ricchezza nel lungo periodo e un bilancio globale sano. Allo stesso tempo, però, dovrebbero prepararsi attivamente ad affrontare esiti meno favorevoli.

*È fondamentale puntare a una maggiore produttività

La crescita della produttività e le scelte fatte per raggiungerla sono di importanza preminente nel contesto attuale. Solo un'accelerazione della crescita della produttività può sostenere la crescita economica a lungo termine e un bilancio globale sano e sostenibile. La situazione è diventata molto più urgente e importante. In genere, le politiche volte a stimolare la produttività ottengono poche decine di punti base di crescita economica aggiuntiva. Ora, la differenza di ricchezza delle famiglie tra uno scenario di accelerazione della produttività e uno di azzeramento dei bilanci ammonta a 48.000 miliardi di dollari nei soli Stati Uniti. I responsabili delle politiche monetarie e fiscali si trovano di fronte a un dilemma: se non stringono abbastanza, l'inflazione rimane scomodamente alta; se stringono troppo, la ricchezza e il sistema finanziario sono sottoposti a stress. Senza una crescita più rapida del PIL, la linea di demarcazione tra questi risultati potrebbe essere molto sottile.

*Solo un'accelerazione della crescita della produttività può sostenere la crescita economica nel lungo periodo e un bilancio globale sano e sostenibile.

Cosa occorre per realizzare uno scenario di accelerazione della produttività? Innanzitutto, è necessario allocare il capitale produttivo e gli investimenti, nonché adottare più rapidamente gli strumenti digitali, come ha dimostrato la ricerca MGI. Anche la riorganizzazione del sistema finanziario per orientare l'allocazione del capitale verso la formazione di nuovo capitale produttivo potrebbe essere d'aiuto. Cosa potrebbe spostare l'attrattiva relativa del finanziamento di nuove imprese e progetti nel settore dell'energia o delle infrastrutture rispetto al finanziamento di transazioni di attività esistenti, come i mutui per le case esistenti a prezzi sempre più alti o i leveraged buyout?

Per puntare a una maggiore crescita della produttività è necessario che i responsabili delle decisioni credano che sia realizzabile e che la traducano in una prospettiva credibile. Se le imprese si preparano a un rallentamento della crescita del PIL o a una recessione, è meno probabile che investano. Al contrario, l'attesa diventa interessante. Gli sviluppatori immobiliari, ad esempio, prevedendo prezzi più bassi, ritarderanno lo sviluppo di nuovi progetti. Le banche, concentrate sul rafforzamento dei propri bilanci, inaspriranno gli standard di credito, riducendo la produzione di prestiti. Tutto ciò potrebbe creare lo scenario di una profezia di sventura che si autoavvera.

La leadership del settore pubblico e privato dovrà articolare le basi dello scenario di accelerazione per poterlo realizzare.

Le aziende dovranno sviluppare strategie per anticipare un'ampia gamma di risultati a lungo termine.

Poiché l'incertezza può persistere almeno per un certo periodo di tempo, le imprese dovranno pianificare per più scenari. Le strategie del passato possono funzionare bene in un'epoca di ritorno al passato. Tuttavia, le altre possibilità, e in particolare gli scenari "higher for longer" e "balance sheet reset", comportano rotture che probabilmente richiedono un cambiamento sostanziale di mentalità, in particolare tra gli investitori e le istituzioni finanziarie. Non sarà più sufficiente reagire ai cambiamenti del contesto macro. Le imprese devono identificare i marcatori dello scenario verso cui il mondo si sta dirigendo, pianificare una serie sufficientemente ampia di scenari e testare gli approcci di gestione del rischio, oltre ad adeguare i modelli di business e cercare nuove opportunità di crescita.

  • Identificare i marcatori dello scenario verso cui si sta dirigendo il mondo. Molti operatori danno ancora importanza agli indicatori finanziari a breve termine, come le ultime letture sull'inflazione, la decisione sui tassi d'interesse da parte della Federal Reserve statunitense o della Banca del Giappone e la reazione a questi ultimi sui mercati finanziari. I cambiamenti strutturali di lungo periodo attirano generalmente meno attenzione.

  • Data l'elevata incertezza odierna e le forze strutturali che stanno plasmando i possibili futuri, i responsabili delle decisioni devono guardare più avanti. Ciò significa monitorare gli indicatori sui fattori che potrebbero guidare gli investimenti e i risparmi, che ora si stanno spostando. Dovrebbero inoltre considerare i fattori che determinano la crescita dell'offerta e della produttività nel lungo periodo, nonché i vincoli politici ed economici che possono influenzare la traiettoria della politica fiscale e monetaria.

  • Pianificare una serie di scenari sufficientemente ampia e a lungo termine. Quali conseguenze avrebbero le imprese, ad esempio, se i tassi di interesse e l'inflazione rimanessero elevati per un decennio o, al contrario, se la crescita del PIL dovesse accelerare in modo significativo? Per fornire alcuni esempi:

    • Come possono gli investitori e i gestori patrimoniali sviluppare la previsione e adeguare i portafogli di attività? L'affermazione "tutto andrà bene se si considera una prospettiva di dieci anni" potrebbe essere meno valida che in passato, sia per i prezzi degli asset, sia per le condizioni di finanziamento o i parametri economici. Gli scenari hanno esiti significativamente diversi per le varie classi di attività, e di questi occorre tenere conto. Ad esempio, in uno scenario più elevato per un periodo più lungo, i gestori patrimoniali dovranno considerare di ridurre la loro ponderazione relativa dei fondi azionari growth. In diversi scenari, i tassi di capitalizzazione aumenterebbero e resterebbero più alti, influenzando i casi di investimento per gli sviluppatori immobiliari.

    • Come possono le banche ripensare i modelli di deposito e assicurarsi liquidità e finanziamenti a lungo termine nella transizione verso un nuovo regime di tassi d'interesse? In diversi scenari, i depositi diminuiranno a livello sistemico, non solo per le singole banche.

  • Testare e rafforzare gli approcci alla gestione del rischio. Ciò potrebbe includere l'aumento delle riserve di capitale, il rafforzamento dei bilanci o lo scarico del rischio macro. La verifica dei modelli aziendali e dei bilanci in base a questi scenari, o la verifica inversa di quali parametri e soglie esporrebbero le maggiori vulnerabilità, dovrebbe essere una priorità.

  • Adattare i modelli di business e cercare nuove opportunità di crescita. Un cambiamento duraturo del contesto macroeconomico può rendere alcuni modelli di business parzialmente obsoleti e altri di nuova attrattiva. Per fornire alcuni esempi di domande che potrebbero essere poste:

    • Per gli investitori, come dare la priorità alle opportunità di creazione di valore, compresa la crescita degli utili e degli affitti, in scenari in cui i multipli non si espandono più? Anche in presenza di venti contrari sul mercato, ci saranno ovviamente opportunità nei singoli investimenti, dalla riqualificazione dei quartieri nel settore immobiliare post-pandemico ai nuovi modelli di business nelle aziende. E in ogni caso, potrebbe essere disponibile un crescente sostegno fiscale, con l'aumento degli investimenti nella difesa, nell'energia, nell'automazione e nell'IA.

    • Per le istituzioni finanziarie, come ristrutturare i modelli di business che spesso sono ancora legati a un bilancio in espansione, a una liquidità abbondante e a una sostanziale trasformazione delle scadenze delle passività? Quali sono le fonti di reddito oltre al margine di interesse che potrebbero essere più promettenti in tutti gli scenari? Tra gli esempi di ricavi basati sulle commissioni vi sono i pagamenti, la determinazione dei prezzi e la facilitazione delle transazioni di consulenza, la creazione e il finanziamento di nuovi progetti di capitale e i servizi di ecosistema come l'intermediazione immobiliare e i servizi di trasloco. I mutui (ancor più nel settore immobiliare commerciale) e i prestiti Lombard potrebbero richiedere una rivalutazione critica.

    • Per le banche, come anticipare i cambiamenti sostanziali di prodotto, di segmento di clientela e di attrattiva geografica? Aumentare la velocità di riallocazione del capitale e dell'attività potrebbe dare i suoi frutti e catturare il denaro in movimento prima dei concorrenti. In uno scenario più alto e più a lungo, ad esempio, i quintili a reddito e ricchezza medio-bassi potrebbero recuperare parte del terreno perso rispetto ai quintili a reddito e ricchezza più alti. Le opportunità di fusione e acquisizione saranno numerose.

Le turbolenze degli ultimi tempi sono uno shock per il sistema dopo un periodo di relativa calma per l'economia globale e decenni ininterrotti di aumento della ricchezza (e del debito) sulla carta. Il percorso che ci attende è altamente incerto e la gamma di scenari possibili è insolitamente ampia. La situazione richiede una revisione delle ipotesi e un adeguamento della pianificazione, della strategia e dei modelli di business. L'aggiustamento rispetto al passato potrebbe essere prolungato.

La lettura dell’ampio e dettagliato rapporto di Mc Kinsey è molto utile: offre un quadro di insieme coerente e comprensibile, ma soprattutto mette gli investitori di fronte alla realtà dei fatti.

E’ questo il Mondo: è questa la situazione nella quale ognuno di voi va a fare le proprie scelte di investimento.

Vi ricordiamo, ancora un volta, che su tutti i temi elencati voi avete già fatto la vostra scelta. Anche se non lo sapete, anche se voi non ve ne rendete conto.

Le vostre GPM, i vostri Fondi Comuni, le vostre Polizze UCITS, i vostri Certificati sono una scelta tra i quattro scenari che avete letto poco sopra. Se non ve lo hanno spiegato, vi hanno nascosto la realtà. Se non lo avete capito, allora voi siete in grave ritardo.

Per concludere il nostro Longform’d in modo applicato alla realtà ed alle scelte per la gestione del portafoglio titoli, vi proponiamo di leggere, tradotto da noi per l’occasione, anche un articolo che il Financial Times ha dedicato al lavoro di Mc Kinsey che avete appena letto: in questo articolo, in modo esplicito, vengono esposte alcune utili raccomandazioni sulla pratica della gestione degli investimenti.

Chiudete gli occhi e provate a visualizzare 160 miliardi di dollari. Potrebbe sembrare impossibile. Gli zeri in 160.000.000.000.000 di dollari - che occupano quasi una riga da soli - sono sufficienti a far girare la testa a chiunque.

Ma ora dovremmo provarci lo stesso, perché un nuovo rapporto sullo stato del bilancio mondiale (cioè le attività e i debiti rispetto alla crescita) contiene una scoperta sorprendente. Gli esperti di numeri della società di consulenza McKinsey ritengono che, dal 2000, lo stock mondiale di ricchezza cartacea (il prezzo speculativo e non realizzato di tutte le attività finanziarie) sia aumentato di circa 160 milioni di dollari. Sì, davvero.

In parte, ciò riflette la crescita economica reale. Ma soprattutto deriva da un forte aumento del debito globale e dell'offerta di denaro attraverso il quantitative easing, in particolare in paesi come gli Stati Uniti, che ha fatto salire i prezzi degli asset. Per ogni dollaro di investimenti globali effettuati dal 2000, sono stati aggiunti circa 1,90 dollari di debito. Secondo McKinsey, nel periodo 2020-2021 questo fenomeno è "accelerato a 3,40 dollari per ogni 1 dollaro di investimenti netti". Si tratta del tasso più rapido degli ultimi 50 anni.

Ciò ha portato il valore presunto di tutti gli asset globali, in rapporto al prodotto interno lordo, da circa il 470% del PIL globale nel 2000 a oltre il 600% di oggi, con un boom dei mercati immobiliari e azionari più rapido dell'economia "reale" ad un livello davvero notevole (160 miliardi di dollari).

Nella maggior parte dei casi, questo modello viene discusso raramente. In parte perché il monitoraggio di questo bilancio globale implica una tale quantità di congetture che pochi analisti hanno mai provato a farlo (ad eccezione di alcuni anticonformisti della Banca dei Regolamenti Internazionali).

Ma anche perché è un tratto della natura umana presumere che ciò con cui siamo cresciuti rappresenti la "normalità" e che continuerà. E poiché l'inflazione furtiva dei prezzi degli asset si è verificata per così tanto tempo, anche prima del 2000, ora sembra del tutto "normale".

Due fattori in corso d'opera dovrebbero farci ricredere.

  • Uno, l'inflazione dei prezzi degli asset è stata un fattore chiave dietro l'aumento della disuguaglianza di ricchezza che economisti come Thomas Piketty hanno individuato negli ultimi anni e che ha avvelenato la politica occidentale.

  • In secondo luogo, questa tendenza all'aumento costante dei prezzi degli asset potrebbe essere destinata a cambiare. Un fattore chiave è che i tassi di interesse hanno avuto una tendenza al ribasso per decenni, rendendo il debito a buon mercato. Tuttavia, l'anno scorso i tassi sono saliti, cancellando circa 8 miliardi di dollari, pari a un terzo dell'economia statunitense, dagli asset delle famiglie solo nel 2022.

Forse si tratta di un episodio isolato. Il prezzo delle obbligazioni suggerisce che molti investitori si aspettano che i tassi scendano in futuro. Il rapporto McKinsey, intitolato "The Future of Wealth and Growth is in the Balance" (Il futuro della ricchezza e della crescita è in bilico), delinea quattro potenziali scenari futuri, uno dei quali prevede il ritorno a ciò che consideriamo "normale", ossia tassi bassi e aumento dei prezzi degli asset.

Ma personalmente dubito che ciò sia probabile. Questa settimana Jamie Dimon, capo di JPMorgan Chase, ha avvertito che "tutti dovrebbero essere preparati a un aumento dei tassi da qui in poi".

Ciò solleva una domanda fondamentale: se stiamo entrando in una nuova "normalità", come ci adatteremo cognitivamente?

La risposta non è affatto chiara. Un altro degli scenari delineati nel rapporto è quello in cui l'inflazione rimane elevata e volatile per lungo tempo, in concomitanza con una certa crescita. Se ciò accadesse, si potrebbe scatenare un modello noto come "repressione finanziaria" - il termine economico per indicare un luogo in cui i rendimenti dei titoli di Stato a lungo termine rimangono più bassi dell'inflazione per diversi anni, facendo essenzialmente perdere denaro a chiunque detenga tali titoli ogni anno.

Una terza opzione è un'ondata di ristrutturazioni di bilancio e recessioni che riducono il debito in eccesso. Come ha scritto David Graeber nel suo libro Debt, quando il debito e i prezzi degli asset sono aumentati in passato, ciò ha prodotto implosioni politiche o ha spinto i governi a creare "valvole di sicurezza" sociali - come il condono del debito - per evitare il crollo.

In teoria ciò sembra sensato; come l'antica Mesopotamia ha scoperto diversi millenni fa, l'idea di "ripulire la lavagna" dai debiti in eccesso può consentire a una società di ripartire. Ma McKinsey stima che una vera e propria recessione e ristrutturazione dei bilanci potrebbe cancellare 48 miliardi di dollari di ricchezza delle famiglie nei prossimi anni, con un calo del 30% dei prezzi delle azioni e degli immobili in luoghi come gli Stati Uniti. Questo probabilmente contribuirebbe a ridurre la disuguaglianza nel lungo periodo. Ma sarebbe un tale shock che potrebbe smorzare gravemente la fiducia e la crescita economica.

Naturalmente c'è anche un altro scenario possibile: un miracolo della produttività che permetta all'attività economica reale di espandersi molto più velocemente della ricchezza e del debito cartaceo, riequilibrando il mondo. Sarebbe il Santo Graal. Ma è difficile credere che si verificherà. Vi invito quindi, ancora una volta, a riflettere su quella cifra da capogiro di 160 miliardi di dollari. E poi chiedersi: possiamo adattare la nostra mente a un'epoca in cui i prezzi degli asset non aumentano sempre? Quale sarà la nostra futura "normalità"?

Valter Buffo