Il secondo "Whatever it takes": confronto tra 2012 e 2023

 

Tutto è politica, e tutto ha un costo.

Anche l’inflazione.

Nel 2021, a tutti noi e anche a voi dicevano che:

l’inflazione non esiste, e quindi la “abnorme manovra di stimolo non ha un costo”

Poi, nel 2022, vi hanno detto e ci hanno detto che:

l’inflazione esiste, ma non ha un costo

Nel 2023 (ma solo da giugno 2023 in avanti) adesso ci dicono che:

l’inflazione esiste, e costa cara

Non è stata una libera scelta. Non è stata una tempestiva previsione. No.

Sono stati semplicemente costretti. Dalla realtà.

La realtà, che hanno fatto finta di non vedere per anni, si è imposta. Come sempre.

Per fortuna, nostra di Recce’d, ma soprattutto dei Clienti di Recce’d, noi abbiamo detto, scritto molto prima, e precisamente dall’agosto del 2020 che:

l’inflazione esiste, ed ha un costo molto elevato

Ed abbiamo anche agito di conseguenza, posizionando tutti i nostri portafogli modello nel modo ottimale, proprio in favore di questa evoluzione delle cose.

Oggi, nel giugno 2023, stiamo poi dicendo a tutti i nostri Clienti, attraverso le comunicazioni quotidiane e le Lettere al Cliente e le altre comunicazioni che riserviamo ai nostri Clienti una cosa nuova.

Noi di Recce’d stiamo infatti dicendo che:

l’inflazione esiste, ha un costo elevato, e non è neppure il maggiore problema che i mercati affronteranno, e da qui seguiranno aggiustamenti molto importanti nei prezzi sui mercati finanziari (tutti i mercati).

Preparando anche, allo stesso tempo, tutte le operazioni per i portafogli modello che ci permetteranno di ricavare un profitto, un guadagno, un risultato positivo per i nostri portafogli modello proprio da questo aggiustamento dei prezzi, nei tempi che i mercati sceglieranno.

[Operazioni che ovviamente NON includono i BTp, o magari i Titoli di Stato a due anni, e non includono i depositi a termine (oltre ovviamente a non includere neppure un Fondo Comune di Investimento, neppure una polizza assicurativa Vita oppure UCITS, neppure un solo certificato)]

A tutti i lettori del sito, attraverso la pagina NEL MOTORE DELLA PERFORMANCE, e poi la pagina MERCATI, e poi anche la pagina TWIT - TWOO, ed anche qui nel BLOG ovviamente, da un anno anticipiamo e motiviamo in modo chiarissimo che

i rialzi dei tassi da parte delle Banche Centrali non hanno frenato le economie; le Banche Centrali non hanno ancora fatto NULLA

La ragione sta nel grafico che segue: ma il commento e l’analisi di questi dati del grafico noi di Recce’d abbiamo deciso di rinviarli, ad un altro Post in un altro momento del 2023.

Per conseguenza di tutto ciò che avete letto più sopra in questo Post, oggi nel giugno del 2023 siamo arrivati al secondo Whatever it takes

Il secondo Whateve it takes lo leggete in alto nell’immagine che apre questo Post e risale al 22 giugno 2023.

Il Whatever it takes è stato imposto, sia in questo 2023, sia nel 2021, dai mercati finanziari. E dalla realtà dei fatti.

Il Whatever it takes 2023 arriva dopo che tutti hanno (finalmente) compreso che c’è un solo scenario rimasto, un solo scenario possibile per le economie, e quindi anche per i mercati finanziari. Noi di Recce’d ne avevamo scritto lo scorso 3 giugno 2023.

Il Whatever it takes 2023 è diverso dalla versione 2012 per una serie (molto lunga) di aspetti, che rendono la situazione di oggi di gran lunga più complessa da risolvere. E quindi molto più rischiosa, per tutti gli investitori.

Adesso, che la cosa è scritta su tutti i giornali, voi lettori che cosa state pensando di fare?

Per voi, va tutto bene così?

  • Le vostre azioni, sono a posto e vi stanno bene?

  • La vostra posizione in obbligazioni guadagnerà nei prossimi anni grazie a questo “Whatever it takes”?

  • E le vostre scelte sulle valute sono adeguate a questo nuovo scenario che viene descritto su tutti i giornali?

  • E per le materie prime, voi che scelte avete fatto? Come vi siete posizionati?

O meglio, che scelte vi ha fatto fare il vostro promotore finanziario, che da voi di fa chiamare

  • financial advisor

  • oppure private banker

  • oppure wealth manager,

per affrontare questo futuro che vi viene raccontato dai giornali?

Vi può aiutare una sintesi qualificata, che ci viene fornita dal Financial Times in questo articolo che chiude il nostro Post. L’articolo è molto chiaro, e non vediamo la necessità di aggiungere alcun commento.

Le banche centrali mondiali stanno entrando in una nuova fase della loro battaglia contro l'inflazione, mentre gli economisti avvertono che le recessioni saranno il prezzo da pagare per raggiungere gli obiettivi condivisi del 2%.

I tassi d'inflazione principali nella maggior parte delle economie mondiali sono diminuiti bruscamente dall'autunno, ma i tassi core - che escludono categorie volatili come l'energia e i prodotti alimentari - rimangono ai massimi di molti decenni o quasi.

Questi tassi, considerati un migliore indicatore delle pressioni sottostanti sui prezzi, hanno suscitato il timore che le banche centrali facciano fatica a raggiungere gli obiettivi prefissati senza vanificare la crescita.

"La prossima tappa del miglioramento dei numeri dell'inflazione sarà più difficile", ha dichiarato Carl Riccadonna, capo economista statunitense di BNP Paribas. "Richiederà più dolore, e questo dolore probabilmente comporterà una recessione nella seconda metà dell'anno".

Torsten Slok, capo economista di Apollo Global Management, ha aggiunto: "L'unico modo per far scendere l'inflazione al 2% è schiacciare la domanda e rallentare l'economia in modo più sostanziale".

La Banca d'Inghilterra ha un problema particolare: giovedì ha alzato i tassi di ben mezzo punto percentuale, un giorno dopo che i dati di maggio hanno mostrato che l'inflazione core è salita al 7,1%.

I suoi omologhi sono stati in grado di muoversi in modo meno aggressivo nelle rispettive riunioni della scorsa settimana. La Banca Centrale Europea ha alzato i tassi di un quarto di punto, mentre la Federal Reserve statunitense ha saltato del tutto un aumento dei tassi, ma entrambe hanno segnalato che l'inflazione è lungi dall'essere sconfitta e hanno messo in guardia da ulteriori aumenti futuri.

Joachim Nagel, capo della banca centrale tedesca, ha avvertito che l'inflazione è una "bestia molto avida" e che sarebbe un "errore di primo ordine" smettere di aumentare i tassi di interesse.

La misura preferita dalla Fed per l'inflazione di fondo, l'indice delle spese per consumi personali, si è aggirata intorno al 4,7% negli ultimi sei mesi. Il dato equivalente dell'eurozona si è attestato intorno al 5%.

Il presidente della Fed, Jay Powell, ha dichiarato questa settimana al Congresso degli Stati Uniti che "il processo per riportare l'inflazione al 2% è ancora lungo".

I mercati stanno reagendo al rinnovato orientamento delle banche centrali. Ora si aspettano che i tassi di interesse statunitensi raggiungano un picco del 5,25-5,5%, rispetto al 5-5,25% di inizio mese. Nell'eurozona, gli investitori stanno valutando sempre più la possibilità di un aumento dei tassi a luglio e settembre.

Tuttavia, alcuni operatori mettono in dubbio la determinazione dei banchieri centrali. Secondo un sondaggio condotto da Bank of America su 81 gestori di fondi a reddito fisso, il 60% ritiene che le banche centrali accetterebbero un'inflazione compresa tra il 2% e il 3% se ciò significasse evitare una recessione. Poco più di un quarto ritiene che i responsabili della fissazione dei tassi sarebbero disposti a generare una recessione per abbassarli ulteriormente.

Alcuni economisti ritengono che l'inflazione di fondo seguirà presto la misura principale. Riferendosi all'eurozona, Martin Wolburg, economista dell'assicuratore italiano Generali, ha dichiarato: "Se si guarda alle pressioni sui prezzi delle condutture, queste sono scese - l'inflazione dei prezzi alla produzione è quasi pari a zero - e questo si ripercuoterà sull'inflazione di fondo".

Ma Isabel Schnabel, membro del comitato esecutivo della BCE, ha affermato che eliminare l'inflazione elevata è ancora "irto di rischi", sostenendo che i responsabili della fissazione dei tassi devono "sbagliare a fare troppo piuttosto che troppo poco".

Un problema per sconfiggere l'inflazione è che il mercato del lavoro rimane rigido su entrambe le sponde dell'Atlantico.

L'ex presidente della Fed Ben Bernanke e l'ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale Olivier Blanchard hanno avvertito che i salari devono aumentare a un ritmo simile a quello della crescita della produttività per avere un impatto significativo sull'inflazione.

Schnabel ha affermato che i governi stanno aumentando le pressioni inflazionistiche non riuscendo a invertire la spesa aggiuntiva che fu approvata per compensare l'impatto della pandemia Covid-19 e della crisi energetica europea. Secondo Schnabel, solo la metà di questa spesa di emergenza dovrebbe essere stornata entro il 2025.

Valter Buffo