Recce'd annuncia l'ingresso di due nuovi consulenti nel nostro team
 

Si tratta di due persone, ed anzi di due personaggi, che noi conosciamo da tempo. Ed anche voi li conoscete bene.

Li conosciamo entrambi da molti anni, ed ovviamente li stimiamo come eccellenti professionisti dell’investimento e del risparmio.

Dopo anni ed anni, la molla è scattata quando ci siamo resi conto che, con il tempo, la nostra e la loro visione delle cose vanno avvicinandosi sempre di più. E quando si condivide la visione di fondo (del futuro, e delle cose da fare), allora lavorando insieme si produce migliori risultati. E ci si diverte.

Il primo dei due noti personaggi si chiama Dimon. Jamie Dimon. Oggi è a capo di una banca internazionale (JP Morgan, nello specifico) ma noi stiamo pensando di inserirlo tra i nostri consulenti (se accetterà la nostra proposta, ovviamente).

Cosa ha fatto scattare la molla del nostro interesse? Il grande vantaggio di questo inserimento futuro sarebbe quello … che non dovremmo spiegare nulla. Perché Jamie Dimon ha già ben compreso quale visione delle cose proponiamo ai Clienti, ed anche quali sono nel concreto le mosse, pratiche, che suggeriamo tutti gli investitori.

Come potete leggere nell’immagine che segue.

Qui sopra, nell’immagine del venerdì 14 aprile, Jamie Dimon afferma che:

  1. i tassi di interesse ufficiali resteranno elevati per un lungo periodo di tempo

  2. e questo porterà a galla una serie di problemi per l’economia reale

  3. ed in particolare per tutti gli operatori economici che sono eccessivamente indebitati

  4. e per conseguenza è probabile che si verifichino altri fallimenti bancari

In modo estremamente sintetico, viene esposta una visione del futuro prossimo (2023, 2024, 2025) che risulta in linea con ciò che noi di Recce’d, sia verso i nostri Clienti, sia attraverso sedi pubbliche come questo Blog, abbiamo indicato come quadro di riferimento. Il quadro sul quale abbiamo fondato la gestione dei nostri portafogli modello per i Clienti (noi ovviamente abbiamo aggiunto alle considerazioni di Dimon un grande numero di analisi di dettaglio ed indicazioni operative).

Nelle due immagini che vedete proprio qui sopra, alcuni dei concetti che avevamo già letto nella prima immagine più in alto vengono ripresi ed ampliati.

In particolare, ciò che a noi appare utile, e significativo, delle affermazioni di Jamie Dimon sono tre concetti, che vengono espressi in modo molto chiaro:

  1. investitori ed Aziende dovrebbero avere un piano

  2. è necessario agire OGGI in anticipo sui problemi

  3. non bisogna mettersi in situazioni che presentano un rischio che non si controlla

Come tutti voi lettori sapete, Recce’d da mesi, ed anzi da qualche anno, fornisce ai propri lettori indicazioni di questo genere.

Per i nostri Clienti, poi, le traduciamo ogni giorno in una analisi di tipo operativo: sia dei potenziali rendimenti di ogni asset finanziario e classe di attività finanziarie, sia in una stima dei rischi di ribasso, ovvero del downside, di ognuno degli asset finanziari e delle classi di attività finanziarie che prendiamo in esame per i nostri portafogli modello.

Quando le condizioni di mercato sono ottimali, e quindi in funzione del fattore timing, Recce’d poi passa alla parte di esecuzione delle operazioni sui portafogli modello, determinando quindi le quantità, il peso sui portafogli e gli strumenti che consentono di mettere in pratica la strategia, realizzando in questo modo gli obbiettivi di performance e di controllo del rischio (minusvalenza e volatilità complessiva del portafoglio modello).

Stiamo parlando di gestione di portafoglio. E se parliamo di portafogli titoli, rendimenti, performances ed analisi dei rischi, c’è anche un secondo signore che la vede come noi, oggi, un signore che se ne intende, e parecchio.

Oggi questo signore potrebbe, senza grande difficoltà, entrare a fare parte della nostra squadra. Non ci sarebbe grandi difficoltà per il suo inserimento, perché questo signore oggi condivide con Recce’d una grande parte della visione delle economie e dei mercati finanziari.

Si tratta di un signore di grandissima esperienza e di dimostrata capacità, anche se un po’ avanti negli anni.

L’anziano signore proprio questa settimana ha fatto il punto sulla sua visione delle cose: in particolare, si è concentrato sul settore bancario americano. Lui detiene un grande numero di azioni delle banche americane, per la verità: e quindi, conosce i problemi dall’interno.

Le sue affermazioni meritano quindi massima attenzione da parte di tutti: Recce’d, in modo sintetico, ne ha già scritto questa settimana anche nella pagina del sito che si chiama TWIT - TWOO, come forse qualcuno tra i nostri lettori ha visto.

Ci pare che le sue parole, se lette con attenzione, forniscano indicazioni di carattere operativo, in merito alla gestione dei portafogli titoli, che per molti aspetti sono analoghe a quelle che Recce’d ha utilizzato per costruire, e gestire, i propri portafogli modello.

Dunque: se guardiamo all’analisi del presente, ovvero sella situazione attuale delle economie e dei mercati finanziari, anche la sua integrazione all’interno del nostro team potrebbe procedere senza difficoltà o frizioni.

Nel suo caso, però, dovremmo confrontarci sulla strategia, e le modalità operative, della gestione del portafoglio:

  • lo stile e la strategia di gestione di Warren Buffet la conoscono tutti: e come tutti sanno è una strategia rigidamente bottom-up, il suo portafoglio è come tutti sanno long-only, e concentrato sulle azioni americane, e l’orizzonte di investimento adottato da Warren Buffett è lunghissimo (decenni), mentre la gestione del rischio di portafoglio implica che chi investe con lui si prende sulle spalle, al 100%, il rischio della Borsa USA, verso l’alto e pure verso il basso; in sintesi, è come investire in un Fondo Comune di Investimento azionario USA (gestito però molto meglio della media dell’Industria dei Fondi Comuni)

  • mentre Recce’d ritiene che oggi sia limitante gestire come gestisce Warren Buffett, e che invece oggi risulti vincente (dato il contesto sia delle economie sia dei mercati finanziari) un portafoglio multi asset, non limitato alle posizioni long, con una gestione attiva e preventiva del rischio su tutte e quattro le macro-classi di asset finanziari (azioni, obbligazioni, valute e materie prime); quindi, un portafoglio che non segue passivamente gli indici ed il benchmark; e pensiamo che anche all’ottimo Warren (ed ai suoi Clienti) converrebbe di “aggiornare” la strategia di gestione del portafoglio titoli: e troviamo, a questo proposito, una conferma nei dati del grafico qui sotto.

Valter Buffo
Quelli che proprio non ci arrivano
 

Rivendendo i fatti della settimana post-pasqua 2023, immaginiamo che un buon numero di investitori ne possa ricavare una impressione di generale tranquillità, se non di assenza di movimento.

La Borsa più grande al mondo, come si vede nell’immagine sopra, di fatto è rimasta ferma, chiudendo a 4100 punti dove aveva aperto subito dopo Pasqua.

Ma lo stesso possiamo affermare per tutti gli indici maggiori:

  • il Titolo di Stato decennale USA rende poco più del 3,50%

  • il Titolo di Stato a due anni USA rende poco più del 4%

  • il Titolo di Stato generale emesso dalla Germania rende poco meno del 2,50%

  • l’indice di Borsa europeo Stoxx 600 vale 460 punti

  • il dollaro USA è scambiato contro euro a 1,0900 circa

  • il petrolio, nella versione WTI, è scambiato a poco più di 80$

L’impressione di assenza di movimenti è (ampiamente) confermata dal valore di questi indici. Al contrario, l’impressione di “calma” è soltanto una “impressione a prima vista”.

Non è difficile, andando appena al di sotto della superficie (dei titoli della TV, dei titoli dei quotidiani, e delle parole, interessate, dei promotori finanziari) rendersi conto in brevissimo tempo che la realtà dei fatti è ben diversa.

Recce’d a questo proposito ha scritto, e detto, molto; ed in molte sedi. Ma ovviamente noi di Recce’d non siamo i soli ad avere questa consapevolezza.

Il nostro Post ha lo scopo di mettere i nostri lettori in condizione di alzare lo sguardo, guardare un po’ più in là … del proprio naso. E guardare anche un po’ più a fondo, così da rendersi conto della realtà che li circonda, e delle scelte che vanno fatte, oggi, sui portafogli titoli. Perché da qui derivano grandi opportunità operative per gli investimenti finanziari.

Questa settimana, abbiamo scelto di farci aiutare da uno dei più affermati gestori di portafoglio del Mondo, conosciuto anche dal grande pubblico in Italia per alcune operazioni che hanno riguardato la squadra di calcio del Milan.

Il gestore si chiama Paul Singer, ed ai lettori del nostro Blog lo avevamo già presentato con un Post di qualche anno fa.

La settimana scorsa, il quotidiano Wall Street Journal ha riportato una serie di considerazioni e valutazioni di Paul Singer, che abbiamo scelto di tradurre e riproporre in questo Post.

"Gli uomini e le nazioni si comportano saggiamente", osservava lo statista israeliano Abba Eban, "quando hanno esaurito tutte le altre risorse".

Immaginate se i nostri responsabili della politica economica ascoltassero invece Paul Singer.

Singer, 78 anni, è il fondatore di Elliott Management e uno dei proprietari di hedge fund di maggior successo al mondo. Prima della crisi finanziaria del 2008, ha cercato di mettere in guardia gli investitori e i funzionari pubblici dai pericoli dei mutui subprime. Nei 15 anni successivi, ha ripetutamente avvertito che la storica legge Dodd-Frank del 2010, e le politiche monetarie espansive che l'hanno accompagnata, erano foriere di disastri.

I politici inizieranno finalmente ad ascoltare? Lui non ci scommette. "Penso che questo sia un periodo straordinariamente pericoloso e confuso", afferma nell'ufficio di Manhattan della sua fondazione di beneficenza. (Singer è vestito in modo casual e sembra rilassato, ma il suo messaggio non tranquillizzerà gli investitori.

"Le valutazioni sono ancora molto elevate", afferma. "C'è una significativa possibilità di recessione. Vediamo la possibilità di un lungo periodo di bassi rendimenti nelle attività finanziarie, bassi rendimenti nel settore immobiliare, utili societari, tassi di disoccupazione più alti di quelli attuali e molta inflazione nel prossimo ciclo".

Il suo pessimismo sulla solidità del dollaro e delle altre valute non è nuovo. Per anni ha osservato e si è preoccupato del fatto che la Federal Reserve e le altre banche centrali si sono assestate su una situazione di emergenza più o meno permanente, in cui la risposta a quasi tutte le sfide economiche e finanziarie è la creazione di più denaro.

Questo ha alimentato l'ascesa delle criptovalute, che Singer descrive come "un'alternativa per le persone per esprimere una sorta di impulso libertario, una sorta di disprezzo o critica del denaro fiat delle banche centrali". Tuttavia, pur condividendo il disprezzo per l'operato dei banchieri centrali, afferma che la criptovaluta è "completamente priva di valore. Non è un sostituto dell'oro, ma ha eliminato parte della domanda di oro". Aggiunge: "Ci sono migliaia di criptovalute. Ecco perché valgono zero. Chiunque può crearne una. Non sono altro che niente con un'operazione di marketing, letteralmente niente".

Dalla crisi del 2008, la Fed e altre banche centrali hanno intrapreso vari cicli di "quantitative easing", ovvero la creazione di denaro per acquistare titoli di Stato e altri asset. La domanda artificiale di questi beni tiene bassi i tassi d'interesse, consentendo alle autorità politiche di spendere in modo sfarzoso, di realizzare deficit massicci e di indebitarsi sempre di più.

Singer ha visto l'inflazione all'inizio della pandemia di Covid. "Riteniamo molto improbabile che i banchieri centrali si muovano per normalizzare la politica monetaria una volta terminata l'attuale emergenza", ha scritto in una lettera agli investitori dell'aprile 2020

"L'ultima volta non si sono normalizzati", cioè dopo la crisi del 2008, "e il mondo si è avvicinato in modo evidente a un punto di svolta dopo il quale la stampa di moneta, i prezzi e la crescita del debito sono in una spirale ascendente che le autorità monetarie si rendono conto di non poter interrompere se non a costo di una profonda recessione e di un crollo del credito".

Quest'ultimo scenario è relativamente ottimistico: "Il crollo del credito, per quanto terribile, non è altrettanto terribile dell'iperinflazione in termini di distruzione delle società. Il capitalismo, che è libertà economica, può sopravvivere a una crisi del credito. Non pensiamo che possa sopravvivere all'iperinflazione".

Il risparmio, gli investimenti e il commercio dipendono tutti da una moneta affidabile, quindi è imperativo "tenersi a debita distanza dal punto di svolta in cui la fiducia viene distrutta".

Come i consumatori e i risparmiatori sanno fin troppo bene, l'inflazione ha iniziato la sua impennata nel 2021, ma la Fed ha continuato a creare moneta fino al 2022. Questo porta Singer a formulare una conclusione su come i banchieri centrali risponderanno alla prossima crisi: "Cosa succederà alle politiche pubbliche durante la recessione? La risposta è facile. Ricominciano a stampare e fanno scendere i tassi di interesse. Impareranno la lezione sbagliata da ciò che accade all'inflazione in caso di indebolimento dell'economia globale".

Memore della storia degli anni '70, quando l'inflazione si ritirò più volte per poi tornare a ruggire, Singer ritiene che i cali a breve termine convinceranno i responsabili politici di aver ucciso la bestia. Probabilmente "torneranno al loro manuale", riprendendo la politica del denaro facile. Ma l'inflazione tornerà, "forse più di quella attuale, e allora i tassi di interesse dovranno salire più a lungo". Se la Fed e la Banca Centrale Europea "uscissero da questa situazione senza gravi sofferenze, sarebbe straordinario".

Singer ne sa qualcosa di sofferenze finanziarie imposte da governi sconsiderati. Dopo aver fondato Elliott (il suo secondo nome) nel 1977, ha costruito l'azienda con competenze nel settore del debito in difficoltà. Oggi gestisce attività per 55 miliardi di dollari per conto di privati e istituzioni. Nel corso del tempo ha citato in giudizio l'Argentina, con successo, per costringerla a rispettare i termini del suo prestito.

Ultimamente Singer e la sua società sono diventati più noti come investitori attivisti in aziende pubbliche come Salesforce e Toshiba e nel private equity. L'anno scorso Elliott ha guidato un consorzio di investitori che ha acquistato Nielsen Holdings, la società di misurazione del mercato meglio conosciuta per i suoi indici di ascolto televisivi.

Alla luce delle attuali mode di investimento, è opportuno fare una precisazione. L'attivismo di Elliott tende a essere di vecchio stampo: non si tratta di inquisizioni guidate da programmi politici, ma di sforzi volti a responsabilizzare il management e a rendere redditizie le aziende che non funzionano. Il suo approccio alla politica è analogo: non si concentra sull'ideologia, ma sulle condizioni che creano prosperità.

I recenti salvataggi federali di depositanti benestanti non assicurati presso la Silicon Valley Bank e la Signature Bank rafforzano la sua mancanza di fiducia nei confronti dei regolatori finanziari. In un'intervista rilasciata a queste pagine nel 2011, ha messo in guardia dall'ampia discrezionalità che la nuova legge Dodd-Frank ha dato ai funzionari governativi nel gestire quelli che ritengono rischi sistemici. L'"atmosfera di imprevedibilità" non "rende il sistema più sicuro", ha affermato. "Questo è un metodo folle per identificare le istituzioni di importanza sistemica".

A distanza di una dozzina di anni, continua a pensare che sia una follia: "Come abbiamo visto con la SVB e la Signature, praticamente qualsiasi istituto può essere considerato di importanza sistemica da un giorno all'altro e sequestrato, con il governo completamente autorizzato a determinare cosa succede alle varie classi di creditori".

Il risultato è distruggere la disciplina di mercato e incoraggiare i banchieri a comportarsi in modo sconsiderato. Racconta una conversazione sul trading desk della sua azienda dopo il recente weekend di salvataggi bancari. "Se non avessero garantito tutti i depositi", ha detto un collega, "lunedì le cose si sarebbero messe male sui mercati".

Singer ha risposto: "Questo è assolutamente vero. Le cose si sarebbero messe male. Ma è questo che dovrebbe essere la regolamentazione? Avvolgere tutti i movimenti di mercato in coperte di sicurezza?".

E amplia il discorso: "È così che si ottengono finanze solide, o si ottiene che le persone estendano i parametri di rischio, estendano, estendano, estendano? Si ottengono dirigenti bancari negligenti? So che sono stati licenziati, ma tutti i concetti di gestione del rischio si basano sulle possibilità di perdita. Se la si toglie, ci saranno delle conseguenze". Il governo ha inviato messaggi duri, ma "alla prima crisi si sono piegati. Si sono semplicemente piegati".

Egli teme che le attuali difficoltà del mercato siano solo l'inizio. "Pensiamo che questa crisi sia il risultato di un eccesso di leva finanziaria, di valutazioni eccessive, di titoli in bolla, di classi di attività in bolla", afferma. "E questo è solo un episodio. Non è la stessa cosa, ma è qualcosa di simile al crollo dei fondi di credito subprime di Bear Stearns nella primavera del 2007". Questi fondi sono stati colpiti da scommesse su mutui ipotecari rischiosi e sono stati un'anticipazione della crisi finanziaria a venire.

Significa che ci stiamo avviando verso un'era di panico? "Non ne sono sicuro", dice. "Credo che sia più che possibile, ma penso che sia più probabile un periodo prolungato di movimenti frastagliati mentre la gente fa i conti con gli eccessi del sistema finanziario".

Come dovrebbero muoversi gli investitori su questo terreno? "L'obiettivo principale è quello di tenersi fuori dai guai", afferma. "In questi momenti, alcuni ritengono che la scommessa più sicura sia il debito pubblico statunitense a breve termine. A causa dell'inversione della curva dei rendimenti" - in cui i rendimenti del debito a breve termine sono più alti rispetto a quelli delle obbligazioni a lungo termine - "questo tipo di debito offre un rendimento decente senza praticamente alcuna possibilità di esito negativo.

Inoltre, in tempi di stress, molti ritengono che il loro portafoglio debba avere un po' d'oro, poiché è l'unica moneta 'vera' e ha occupato questo status per migliaia di anni".

L'oro è stato certamente apprezzato nel corso della storia, ma è anche vero che per più di 200 anni le azioni statunitensi hanno fornito rendimenti reali medi totali superiori al 6% annuo.

In questo lasso di tempo l'economia americana è riuscita a sopravvivere a numerosi episodi di politici e regolatori che si sono piegati, hanno fallito e hanno annaspato. Come possiamo tracciare una rotta che ci riporti verso il denaro sano e la prosperità a lungo termine? "Lo scenario ottimistico", risponde Singer, "comporterebbe riforme a favore della crescita in tutti i settori, tra cui la riduzione delle tasse, la riforma dei diritti, lo snellimento della regolamentazione, l'incoraggiamento dello sviluppo energetico, compresi gli idrocarburi. . tagliando la spesa federale, vendendo le attività presenti nei bilanci delle banche centrali".

L'elenco continua, includendo misurazioni più accurate della salute delle case finanziarie e dell'inflazione stessa, così come l'assunzione di "funzionari monetari con una moneta sana, in modo che la stampa di moneta illimitata e i tassi di interesse minuscoli e rischiosi siano solo uno spiacevole ricordo del passato".

Tutto ciò sembra eccellente, ma si sospetta che l'amministrazione Biden e la Fed vedano risorse ancora da esaurire.

Freeman è vicedirettore della pagina editoriale del Journal e autore della rubrica Best of the Web online nei giorni feriali.

Perché pubblichiamo questo articolo del Wall Street Journal, dopo averlo tradotto per voi?

La ragione è semplice: le affermazioni di Singer sono facilmente condivisibili, perché fondate su fatti che tutti conoscono. E si tratta di considerazioni e valutazioni di nessuna complessità tecnica.

Però, se le mettiamo a confronto con il comportamento dei mercati finanziari (come detto, in apparenza “calmo” da qualche mese) si ricava che almeno una parte degli investitori … sceglie di non vedere.

Un certo numero di investitori rifiuta di prendere atto della realtà, e dello stato attuale delle cose intorno a loro, preferendo invece “allontanare i cattivi pensieri” ed aggrapparsi ad un futuro che non è soltanto semplificato e idealizzato, ma pure irreale. Probabilmente tra di loro, c’è una parte che rifiuta di vedere, ed un’altra parte che … proprio non ci arriva.

Facciamo alcuni concreti esempi, tra i tanti che sono davanti agli occhi di tutti:

  1. ogni giorno, tutti noi ci confrontiamo con gli annunci di “recessione in arrivo” (quotidiani e TV) ma al tempo stesso ognuno di noi ricorda senza difficoltà che soltanto 24 mesi fa era stata varata “la più grande manovra economica di stimolo di ogni tempo”; cosa è che non funziona?

  2. gli Stati Uniti, nel 2023, accumuleranno un deficit del bilancio dello Stato federale pari a 1000 miliardi di dollari USA, una cifra enorme; allo stesso tempo, oggi il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti sta al 3,5%, ovvero è ai minimi di ogni epoca; cosa è, che non quadra?

  3. in Europa, l’inflazione oggi sta al 7%, ed il costo ufficiale del denaro sta al 3,50%, e molti dubitano che sia concretamente realizzabile un ulteriore aumento, perché il sistema non lo potrebbe sopportare; che cosa è, che fa così paura?

Questi tre esempi (tra i tanti possibili) sono fatti e dati che tutti conoscono, e che dovrebbero mettere in moto una serie quanto meno di riflessioni e ragionamenti, e poi una serie di reazioni nel pubblico. Come scritto poco sopra, l’atteggiamento di molti investitori (fino ad oggi) è stato invece quello di chi pensa che “è normale così, e andrà avanti così”. Questi individui e queste Istituzioni scelgono di esporsi ai rischi che Paul Singer mette in evidenza, pur sapendo che la “tattica dello struzzo” ha zero possibilità di produrre risultati per loro positivi.

Ma gli struzzi … non lo sanno, e fanno la fine che fanno gli struzzi.

Recce’d è consapevole di questo stato di cose: noi sappiamo come regolarci in una situazione come questa (mantenendo sempre massima l’attenzione alla realtà dei fatti). E sappiamo anche come ricavare da questo stato delle cose un risultato positivo per i nostri portafogli modello, e quindi per i nostri Clienti.

Ma non possiamo fare a meno di chiederci perché accade: perché si prolunga nel tempo un fenomeno di “illusione collettiva” così ampio e così facile da riscontrare?

Una risposta ce la ha proposta un altro grande gestore, ovvero David Einhorn, come ci racconta un secondo articolo, anche questo tradotto per in nostri lettori, un articolo che potete leggere in chiusura del nostro Post. Si tratterebbe di … jelly doughnuts, come leggerete più sotto in chiusura del nostro Post.

Il punto forte, a nostro avviso, di questo secondo articolo è nel passaggio che spiega che oggi, nel 2023, ad un investitore è richiesto di ragione in modo non tradizionale a proposito delle relazioni tra variabili economiche, e tra variabili economiche e variabili finanziarie.

Più specificamente, l’articolo ci spiega perché:

  • tassi ufficiali di interesse più bassi possono avere rallentato l’economia

  • tassi ufficiali di interesse più elevati possono avere stimolato l’economia

e da qui Recce’d prende spunto per ricordare ai lettori che

  • un rallentamento dell’economia può stimolare, nel breve termine l’inflazione

  • un aumento della crescita dell’economia può contribuire a rallentare, nel breve termine, l’inflazione

Il nostro suggerimento, in chiusura di questo Post, è di vincere la vostra pigrizia mentale e fisica, ed accettare la realtà per quella che è: in questo caso, Recce’d può fare molte cose positive, e produttive di risultati, per voi. Ma se invece preferite rimanere sdraiati sul divano, con lo smartphone, e mangiare i bomboloni alla marmellata … in quel caso Recce’d potrà fare ben poco, per aiutarvi.

Non potrete, poi, dire che nessuno vi aveva avvisati.

Nel 2012, David Einhorn ha scritto un articolo intitolato "La politica della ciambella alla marmellata della Fed". Ora, a distanza di oltre un decennio, stiamo vivendo i risultati delle decisioni passate delle disastrose politiche della Fed.

I tassi di interesse sono il prezzo più importante al mondo e la Fed li ha distorti per oltre 10 anni.

Nel suo articolo originale, Einhorn ha scritto:

"Una ciambella alla marmellata è una deliziosa carica di energia a metà pomeriggio. Due ciambelle di marmellata sono una colazione indulgente. Tre ciambelle di marmellata possono provocare mal di pancia. Sei ciambelle alla marmellata sono un disturbo alimentare. Dodici ciambelle di gelatina sono un'iniziazione alla confraternita".

"Il punto è che si può avere troppo di una cosa buona e le overdose sono distruttive. Il presidente Bernanke ci sta attualmente somministrando a forza quella che sembra la 36esima ciambella di marmellata di denaro facile e si chiede perché non ci dà energia o non ci fa sentire meglio. Invece di una robusta ripresa, l'economia continua ad essere fiacca".

Dopo che Bernanke ha tracciato la rotta, la Yellen ha continuato e Powell l'ha seguita. Anche dopo che la Fed ha cercato di liberarci dalla ZIRP, non è durata a lungo.

Nel 2019, quando i tassi hanno iniziato a salire, molti hanno dubitato che potesse durare, prevedendo che la Fed avrebbe dovuto invertire la rotta. Ho lanciato un programma chiamato "Jelly Donut Podcast" per esplorare questa e altre questioni macro. Einhorn ha partecipato alla trasmissione per esprimere il suo parere.

Einhorn è recentemente intervenuto nel podcast Invest Like the Best per esporre le sue riflessioni.

"La teoria della ciambella alla marmellata prevede che la relazione tra la politica monetaria e l'economia sia non lineare. A un certo punto, il segno passa da positivo a negativo. L'analogia con le ciambelle di marmellata è che la prima ciambella di marmellata è buonissima. La seconda ciambella di marmellata è piuttosto golosa, ma alla dodicesima ciambella di marmellata ci si sta solo ammalando, quindi non si dovrebbe più farlo".

"E penso che lo stesso valga in qualche modo per la politica monetaria facile. Se i tassi sono al 10%, diciamo, che è piuttosto alto, e li abbassate all'8%, state riducendo i costi di prestito. Si riduce il costo del capitale in modo sostanziale, ma se si arriva a un punto in cui i tassi sono sufficientemente bassi... la riduzione dei tassi non sarà più il fattore chiave per decidere cosa fare... se un business non ha senso con un tasso d'interesse del 2%, non avrà senso con un tasso d'interesse dell'1% perché probabilmente non ha senso. Quando si arriva al punto in cui la politica dei tassi ha aiutato tanto quanto può aiutare, allora comincia a far male".

"...Quello che è successo in realtà è che per diversi anni, quando hanno portato i tassi a livelli molto, molto bassi, in realtà stavano deprimendo i redditi e stavano rallentando l'economia".

"Pensavano di stimolare l’economia, ma in realtà stavano la rallentando. E penso che sia successo anche il contrario, visto che siamo passati dall'1% al 4%, sono molto sorpresi di non aver rallentato di più l'economia.... e penso che questo sia dovuto al fatto che passare dallo 0% al 4% è stato fondamentalmente uno stimolo... quindi penso che l'inasprimento che abbiamo avuto finora non sia stato davvero efficace perché è stato un po' come abbandonare finalmente la dieta a base di ciambelle di marmellata, e in realtà sta rendendo l'economia probabilmente più sana e più forte".

La Fed ha iniziato a far defluire le attività in bilancio, ma non è durata a lungo.

Ora che il bilancio ha iniziato ad aumentare, è solo questione di tempo prima che la Fed tagli i tassi, anche a fronte di un'inflazione persistente.

Valter Buffo
Geduld
 

Nella sua opera dedicata alla Passione secondo San Matteo, Johan Sebastian Bach ha dedicato una celebre Aria alla pazienza. Geduld, appunto, in lingua tedesca.

La potete ascoltare nel video che alleghiamo qui vicino.

A tutti è noto che la pazienza è una delle virtù essenziali, per ogni investitore: soltanto con la pazienza si garantiscono ai propri investimenti risultati positivi nel medio e lungo periodo, al tempo stesso mantenendo sotto stretto controllo i rischi e quindi le minusvalenze nel proprio portafoglio titoli.

Il tema è sempre di grande rilievo, ma lo è ancora di più in una fase come quella attuale: una fase in cui tutti noi investitori affrontiamo un cambiamento di regime, ovvero un cambiamento di paradigma. Una Nuova Era per i mercati finanziari.

Persino Schroders, una delle Case di Fondi Comuni di Investimento più reputate al Mondo, di recente si è dovuta arrendere all’evidenza, e ne ha fatto un tema commerciale.

Avete certamente anche voi osservato un cambiamento di tono e di linguaggio, non soltanto da parte di Schroeders bensì da parte di un buon numero di banche internazionali.

Ovviamente, anche i media, che sono l’ultimo vagone di questo trenino, stanno adeguandosi alla nuova tendenza, ad esempio nella titolazione.

Tutto questo ci riguarda? Come incide sulle nostre scelte di investimento? Come modifica la politica di gestione dei portafogli?

Nello specifico, per ciò che riguarda la nostra politica di gestione dei portafogli di Recce’d, per il momento non c’è stato alcun cambiamento: non ce ne è stata la necessità, perché da parte nostra questo cambiamento di “umore dei mercati” era stato ampiamente anticipato già mesi fa. Grazie a questo, i nostri portafogli sono già oggi pronti: anzi, lo erano già ieri.

Ciò che conta, per noi ma pure per tutti gli investitori, di questa vicenda è:

  • registrare il cambiamento nella cosiddetta “narrativa”

  • domandarci se adesso si proverà a “vendere la narrativa della recessione”

  • anticipare come reagirà la massa degli investitori questo “cambiamento di direzione nelle tattiche di vendita” delle Reti e delle banche di investimento.

Ovviamente, tutto questo non può, e non deve, allontanarci dalla realtà dei fatti, che è ben rappresentata ad esempio dai dati per l’occupazione USA di venerdì 7 aprile 2023, dai dati per l’inflazione che aspettiamo per la prossima settimana, e poi soprattutto, in questo specifico momento, dai dati per le trimestrali che arriveranno nelle prossimi cinque settimane dagli Stati Uniti e dall’Europa.

Non è e non sarà questa, del Blog, la sede dove Recce’d pubblica le due analisi dei dati (già pubblicati ed in uscita), né può essere questa la sede dove Recce’d racconta dei propri lavori di previsione e stima.

Questi dati sono, comprensibilmente, riservati ai nostri Clienti.

Invece in questo Post di oggi noi ci atterremo al tema della “narrativa”, aiutando chi ci legge a comprendere a che punto stiamo.

Dunque, la narrativa del “soft landing” di gennaio e febbraio non esiste più: è stata travolta, in marzo, dalle vicende di Credit Suisse, di SVB e successivamente dai tentativi di “narrativa della recessione”.

Una “nuova narrativa” oggi è in via di definizione: non è ancora definita.

Con questo Blog, Recce’d aiuta i suoi lettori a capire in anticipo quali saranno le caratteristiche della “nuova narrativa dominante”.

Partendo da un termine che tutti voi trovate e troverete sempre più spesso sui media: trilemma.

Il termine “trilemma” è una estensione del concetto di “dilemma”: si è di fronte ad una scelta, che non si riduce a “questo oppure quello”. Il soggetto si dibatte tra tre poli della questione, e fatica a risolversi per una cosa oppure l’altra oppure l’altra.

Di recente, molti hanno scelto proprio questo termine per descrivere la situazione nella quale oggi si trovano le Autorità di Politica Economica in generale, e quelle di Politica Monetaria in particolare.

Ripetiamo ancora una volta: nel corso degli ultimi quindi anni, il ruolo di queste Autorità politiche nei confronti del sistema economico è aumentato in misura enorme, arrivando a raggiungere dimensioni tali da distorcere proprio il funzionamento delle economie e dei mercati. Questo processo ha già toccato, e superato, il suo punto di massimo, ed ora abbiamo imboccato la strada inversa.

E tuttavia, come risulterà ovvio, l’influenza resta tutt’ora enorme, perché processi come questi durano anni.

Si nota, però, una crescente difficoltà, di queste Autorità politiche, nel comprendere quello che sta accadendo. Si nota una difficoltà crescente ad individuare gli strumenti giusti da impiegare. Ma soprattutto, si nota una incapacità, anch’essa crescete, ad indirizzare. Le cose oggi NON vanno nella direzione che i politici indicano.

Il trilemma è un esempio di questo stato di cose come scriveva già nel mese di novembre del 2022 Mohamed El Erian.

Dopo la riunione della Federal Reserve dell'1 e 2 novembre di questa settimana, forse sapremo di più su come verrà ricordata questa Fed: come una Fed di Volcker che ha sconfitto con decisione l'inflazione o, invece, come una Fed di Burns che ha permesso al Paese di scivolare in un pantano di stagflazione. Ma questa realtà già complessa si complica ulteriormente. Il presidente della Fed Jerome Powell si trova di fronte a una sfida politica che potrebbe rivelarsi più impegnativa di quella affrontata dai suoi predecessori degli anni '70 e '80: ridurre l'inflazione, evitare di danneggiare indebitamente l'economia e i mezzi di sussistenza ed evitare un incidente finanziario nel processo.

Mentre il consenso del mercato per la riunione della Fed di questa settimana è fortemente a favore di un quarto rialzo dei tassi di interesse consecutivo, pari a 75 punti base, le opinioni divergono in modo significativo su ciò che la Fed dovrebbe segnalare sulle sue mosse future. Alcuni ritengono che la Fed dovrebbe suggerire un significativo rallentamento del ritmo dei rialzi dei tassi a fronte dell'indebolimento dell'economia, sia a livello nazionale che internazionale. Questo, secondo loro, proteggerebbe la crescita e salverebbe i posti di lavoro.

Altri, visto che l'inflazione di fondo continua a salire, ritengono che la Fed dovrebbe mantenere il suo tono da falco, segnalando la continuazione di un ritmo di rialzo robusto e indicando un picco di tasso più alto. Questo, secondo loro, è ciò che è necessario per sconfiggere l'inflazione ed evitare la stagflazione. Esiste poi una serie di opinioni intermedie.

La contrapposizione tra la Fed guidata da Arthur Burns e quella guidata da Paul Volcker è stata usata come stenografia per questo dibattito tra occupazione da un lato e inflazione dall'altro. Derivata dall'esperienza degli anni Settanta, la Fed di Burns si riferisce alla nozione di una banca centrale che modera erroneamente la sua lotta contro l'inflazione per poi essere costretta a un'inversione di rotta quando si trova di fronte a una stagflazione. La Fed di Volcker, derivata dagli eventi degli anni '80, si riferisce a una banca centrale disposta a tollerare danni significativi alla crescita e all'occupazione per sconfiggere in modo duraturo l'inflazione. (Il mio collega di Bloomberg Opinion Bill Dudley ha descritto bene la posta in gioco in entrambi i casi la scorsa settimana).

La dichiarazione della Fed di questa settimana e, più probabilmente, il tono e il contenuto della successiva conferenza stampa potrebbero gettare una luce parziale su quale sia l'approccio più simile a quello della Fed sotto Powell.

Tuttavia, la Fed di Powell non deve solo affrontare la duplice sfida di combattere l'inflazione e preoccuparsi dell'occupazione e della crescita, ma anche un terzo problema: mantenere la stabilità finanziaria.

Questo terzo fattore non è del tutto nuovo. Poco dopo l'aumento aggressivo dei tassi di interesse da parte della Fed sotto Volcker e la caduta in recessione dell'economia statunitense, gli Stati Uniti hanno dovuto svolgere un ruolo importante nel coordinare una risposta globale per minimizzare i danni di una crisi del debito latinoamericano. Poiché la relativa esposizione negli Stati Uniti era contenuta nel sistema bancario - e, all'interno di questo, principalmente in una manciata di banche a centro monetario - le autorità sono state in grado di utilizzare un mix di moral suasion, tolleranza normativa e assistenza finanziaria (anche da parte del Fondo Monetario Internazionale per l'America Latina) per evitare che il problema contamini l'economia reale.

Oggi, ciò che è nuovo è dove risiede il rischio di instabilità finanziaria. A differenza degli anni '80, la fragilità non risiede nelle banche, ma piuttosto nel settore non bancario, meno regolamentato e supervisionato, che comprende gestori patrimoniali, fondi pensione, hedge fund, private equity e simili. È principalmente il risultato di due fattori: in primo luogo, la misura in cui le banche non bancarie sono state condizionate a ottimizzare quella che molti credevano sarebbe stata una politica quasi permanente di tassi d'interesse estremamente bassi e di massicce iniezioni di liquidità (il cosiddetto "QE infinito"); in secondo luogo, una Fed che, da giugno, ha dovuto aumentare drasticamente i rialzi dei tassi d'interesse dopo aver iniziato troppo tardi e troppo poco.

Gestire questo rischio di instabilità finanziaria non sarà facile. Un ciclo di rialzo dei tassi troppo aggressivo potrebbe creare un incidente finanziario che aggrava il calo della crescita e dell'occupazione. Un ciclo troppo lento potrebbe mantenere la stabilità finanziaria immediata a costo di spingere l'economia verso la stagflazione. In questo modo, in futuro, l'inflazione sarebbe troppo alta, la crescita stentata e l'instabilità finanziaria ancora minacciata.

Il difficile e delicato equilibrio tra stabilità, inflazione e occupazione suggerisce che la Fed dovrebbe pensare in termini di trilemma e non solo di dilemma.

A giudicare dai ripetuti riferimenti a Volcker nelle recenti dichiarazioni pubbliche, Powell vuole comprensibilmente evitare qualsiasi paragone con Burns. Affinché ciò si realizzi, la Fed dovrebbe rapidamente affrontare il trilemma che si trova di fronte e, in collaborazione con altri, fare di più per progettare e distribuire strumenti che le consentano di gestire tre obiettivi che, attualmente, non possono essere facilmente bilanciati.

E’ utile per voi lettori rivedere un testo del novembre 2022? Certo che lo è! Vi aiuta ad entrare nella giusta prospettiva. Queste parole furono pubblicate nel novembre 2022, ed oggi a sei mesi di distanza sono diventate … le sole parole che contano per i mercati finanziari.

Questo dato di fatto potrebbe aiutarvi a riflettere: in particolare, sul modo in cui voi gestire i vostri soldi. L’articolo, andava letto a novembre: sei mesi fa era necessario prenderne atto, e ragionare sulle conseguenze. Sei mesi fa (mentre tutto il Mondo parlava d’altro) a voi sarebbe stato utile avere a fianco qualcuno in grado di dirvi queste cose, o quanto meno di farvi leggere questo articolo. Prima di fare le scelte sbagliate che avete fatto per il vostro portafoglio titoli.

Veniamo ad oggi: il termine “trilemma” oggi si legge un po’ dovunque. A titolo di esempio, e quindi a campione, noi di Recce’d abbiamo scelto tra i tantissimi un recente articolo di Nouriel Roubini.

Abbiamo già scritto in passato a proposito delle molte cose che ci dividono da Roubini: non tutte le cose che questo Autore scrive sono da noi condivise, ma è soprattutto la nostra professione di gestori di portafogli modello che ci impedisce di assumere atteggiamenti massimalistici, che qualcuno definisce “catastrofistici”, e ci impedisce si farne una professione.

Ciò che per noi conta non sono le parole dette, bensì i risultati dei portafogli modello: per questo, noi non possiamo assumere, mai, tono “apocalittici” e molto generici, e dobbiamo invece essere più specifici, più dettagliati, più concreti, e sempre legati alla realtà. Noi non possiamo permetterci di essere “ottimisti” oppure “pessimisti”: è un lusso che lasciamo agli altri.

Tutto ciò premesso, resta vero però che molte delle considerazioni fatte da Roubini, nel corso degli anni, hanno anticipato in modo corretto l’evoluzione della realtà intorno a noi: su molte cose, lui Roubini aveva ragione, e chi andava contro Roubini aveva torto. Questo, deve essere riconosciuto.

E per questo, noi di Recce’d vi suggeriamo di leggere che cosa ha scritto la settimana scorsa Roubini sul tema del trilemma.

30 marzo 2023

Nouriel Roubini

Di fronte a un'inflazione elevata e persistente, a rischi di recessione e ora a un'incombente crisi di insolvenza nel settore finanziario, le banche centrali come la Federal Reserve statunitense si trovano di fronte a un trilemma. Incapaci di combattere l'inflazione e di fornire contemporaneamente un sostegno alla liquidità, l'unica soluzione è una grave recessione - e quindi una più ampia crisi del debito.

NEW YORK - Nel gennaio 2022, quando i rendimenti dei Treasury decennali statunitensi erano ancora all'incirca dell'1% e quelli dei Bund tedeschi del -0,5%, avevo avvertito che l'inflazione sarebbe stata negativa sia per le azioni che per le obbligazioni. Un'inflazione più elevata avrebbe portato a un aumento dei rendimenti obbligazionari, che a sua volta avrebbe danneggiato i titoli azionari in quanto il fattore di sconto per i dividendi sarebbe aumentato. Ma, allo stesso tempo, un aumento dei rendimenti delle obbligazioni "sicure" comporterebbe un calo del loro prezzo, a causa della relazione inversa tra rendimenti e prezzi delle obbligazioni.

Questo principio di base, noto come "rischio di duration", sembra essere sfuggito a molti banchieri, investitori a reddito fisso e autorità di regolamentazione bancaria. Poiché l'aumento dell'inflazione nel 2022 ha portato a un aumento dei rendimenti obbligazionari, i Treasury decennali hanno perso più valore (-20%) rispetto all'S&P 500 (-15%), e chiunque avesse attività a reddito fisso a lunga scadenza denominate in dollari o in euro si è ritrovato con le mani in mano. Le conseguenze per questi investitori sono state gravi. Alla fine del 2022, le perdite non realizzate delle banche statunitensi sui titoli avevano raggiunto i 620 miliardi di dollari, circa il 28% del loro capitale totale (2.200 miliardi di dollari). A peggiorare la situazione, l'aumento dei tassi di interesse ha ridotto il valore di mercato anche delle altre attività delle banche. Se fate un prestito bancario decennale quando i tassi d'interesse a lungo termine sono all'1%, e poi questi tassi salgono al 3,5%, il valore reale di quel prestito (quello che qualcun altro sul mercato vi pagherebbe) scenderà. Tenendo conto di ciò, le perdite non realizzate delle banche statunitensi ammontano in realtà a 1,75 trilioni di dollari, pari all'80% del loro capitale. La natura "non realizzata" di queste perdite è solo un artefatto dell'attuale regime normativo, che consente alle banche di valutare titoli e prestiti al loro valore nominale piuttosto che al loro reale valore di mercato. In realtà, a giudicare dalla qualità del loro capitale, la maggior parte delle banche statunitensi è tecnicamente vicina all'insolvenza, e centinaia sono già completamente insolventi.

Certo, l'aumento dell'inflazione riduce il valore reale delle passività delle banche (depositi) aumentando la loro "franchigia di deposito", un'attività che non figura nel loro bilancio. Poiché le banche pagano ancora quasi lo 0% sulla maggior parte dei loro depositi, anche se i tassi overnight sono saliti al 4% o più, il valore di questa attività aumenta quando i tassi di interesse sono più alti. Secondo alcune stime, infatti, l'aumento dei tassi di interesse ha aumentato il valore totale dei depositi delle banche statunitensi di circa 1,75 trilioni di dollari. Ma questo asset esiste solo se i depositi rimangono nelle banche quando i tassi aumentano, e ora sappiamo dalla Silicon Valley Bank e dall'esperienza di altre banche regionali statunitensi che tale fedeltà è tutt'altro che assicurata.

Se i depositanti fuggono, la franchigia sui depositi evapora e le perdite non realizzate sui titoli si realizzano quando le banche li vendono per soddisfare le richieste di prelievo. Il fallimento diventa quindi inevitabile. Inoltre, l'argomentazione della "franchigia di deposito" presuppone che la maggior parte dei depositanti sia stupida e tenga i propri soldi in conti che fruttano quasi lo 0% di interessi, quando potrebbero guadagnare il 4% o più in fondi del mercato monetario totalmente sicuri che investono in Treasuries a breve termine. Ma, ancora una volta, sappiamo che i depositanti non sono così compiacenti. L'attuale e apparentemente persistente fuga dei depositi non assicurati - e persino di quelli assicurati - è probabilmente guidata tanto dalla ricerca di rendimenti più elevati quanto dalle preoccupazioni per la sicurezza dei loro depositi.

In breve, dopo essere stato un fattore nullo negli ultimi 15 anni, da quando i tassi d'interesse a breve termine sono scesi quasi a zero in seguito alla crisi finanziaria globale del 2008, la sensibilità ai tassi d'interesse dei depositi è tornata in primo piano. Le banche hanno assunto un rischio di duration altamente prevedibile perché volevano ingrassare i loro margini di interesse netti. Hanno approfittato del fatto che, mentre gli oneri patrimoniali sui titoli di Stato e sui titoli garantiti da ipoteca erano pari a zero, le perdite su tali attività non dovevano essere valutate al mercato. Come se non bastasse, le autorità di regolamentazione non hanno nemmeno sottoposto le banche a stress test per vedere come si sarebbero comportate in uno scenario di forte aumento dei tassi di interesse. Ora che questo castello di carte sta crollando, la contrazione del credito causata dall'attuale stress bancario creerà un atterraggio più difficile per l'economia reale, a causa del ruolo chiave che le banche regionali svolgono nel finanziamento delle piccole e medie imprese e delle famiglie.

Le banche centrali si trovano quindi di fronte non solo a un dilemma, ma a un trilemma. A causa dei recenti shock negativi sull'offerta aggregata - come la pandemia e la guerra in Ucraina - il raggiungimento della stabilità dei prezzi attraverso l'aumento dei tassi di interesse era destinato ad aumentare il rischio di un atterraggio duro (recessione e aumento della disoccupazione). Ma, come sostengo da oltre un anno, questo difficile compromesso presenta anche il rischio aggiuntivo di una grave instabilità finanziaria. I mutuatari si trovano ad affrontare tassi in aumento - e quindi costi di capitale molto più elevati - per i nuovi prestiti e per le passività esistenti che sono giunte a scadenza e devono essere rinnovate. Ma l'aumento dei tassi a lungo termine sta anche portando a massicce perdite per i creditori che detengono attività a lunga scadenza. Di conseguenza, l'economia sta cadendo in una "trappola del debito", con alti deficit e debiti pubblici che causano una "dominanza fiscale" sulla politica monetaria e alti debiti privati che causano una "dominanza finanziaria" sulle autorità monetarie e di regolamentazione. Come ho avvertito da tempo, le banche centrali che si trovano ad affrontare questo trilemma probabilmente si tireranno indietro (riducendo la normalizzazione della politica monetaria) per evitare un tracollo economico e finanziario che si auto-rinforza, e si creeranno le premesse per un de-ancoraggio delle aspettative di inflazione nel tempo.

Le banche centrali non devono illudersi di poter raggiungere la stabilità finanziaria e dei prezzi attraverso una sorta di principio di separazione (alzare i tassi per combattere l'inflazione e utilizzare il sostegno alla liquidità per mantenere la stabilità finanziaria). In una trappola del debito, l'aumento dei tassi alimenterà crisi sistemiche del debito che il sostegno alla liquidità non sarà sufficiente a risolvere. Inoltre, le banche centrali non devono presumere che la prossima contrazione del credito ucciderà l'inflazione frenando la domanda aggregata.

Dopo tutto, gli shock negativi dell'offerta aggregata persistono e i mercati del lavoro rimangono troppo rigidi. Una grave recessione è l'unica cosa che può temperare l'inflazione dei prezzi e dei salari, ma renderà più grave la crisi del debito, che a sua volta alimenterà una recessione economica ancora più profonda. Poiché il sostegno alla liquidità non può impedire questo circolo vizioso sistemico, tutti dovrebbero prepararsi all'imminente crisi stagflazionistica del debito.

L’articolo che avete appena letto, a nostro giudizio, offre al lettore spunti molto utili, proprio per interpretare nel modo corretto l’attualità del mese di marzo e della prima settimana di aprile 2023 dei mercati finanziari.

Si leggono e si ascoltano, ancora oggi, ed anche oggi, ed un’altra volta, rappresentazioni semplificate, e intenzionalmente semplicistiche, dei fatti. Nel marzo 2023 ne abbiamo ripetutamente ascoltata una che dice:

la crisi delle banche rallenterà il credito e questo rallenterà l’inflazione, e questo rallenterà i rialzi dei tassi ufficiali di interesse.

A questa se ne associa poi una seconda, che dura già da qualche mese, e che dice:

sta per arrivare una recessione, e questo rallenterà l’economia e questo rallenterà i rialzi dei tassi.

Il solo scopo di queste narrative, è quello di convincere il pubblico dei risparmiatori che:

prima o poi i tassi caleranno, e siccome la colpa è tutta ed unicamente da attribuire agli aumenti dei tassi, allora non ci sono problemi nel vostro futuro, e tutto si risolverà da sé.

A fronte di queste rappresentazioni, molto semplificate e quindi dannose, per chi segue in modo superficiale le vicende dell’economia e dei mercati finanziari, noi di Recce’d siamo qui per fornire ai lettori un quotidiano punto di riferimento di maggiore qualità e di maggiore utilità pratica.

Oggi, ad esempio, richiamiamo come già detto la vostra attenzione sul tema del “trilemma” e delle sue implicazioni. Lo facciamo anche facendovi leggere contributi esterni, e di seguito trovate un articolo di Mohamed El Erian, che a distanza di sei mesi dal precedente articolo che avete letto più sopra, è ritornato sul tema.

Molti commentatori si sono affrettati a sostenere che la politica della Federal Reserve si trova ora in un mondo nuovo dopo l'improvviso fallimento di tre banche statunitensi e il dispiegamento di "misure bazooka" per salvaguardare il sistema finanziario.

In realtà, questi sviluppi rappresentano l'amplificazione di una situazione che si protrae da più tempo. Hanno messo la Fed in una situazione politica ancora più difficile e rendono particolarmente importante la decisione di questa settimana sui tassi d'interesse statunitensi.

I fallimenti della Silicon Valley Bank, della Signature Bank e della Silvergate sono il riflesso di una cattiva gestione in ciascuna delle tre società e di errori di vigilanza. Hanno costretto la Fed, il Dipartimento di Giustizia e la Securities and Exchange Commission ad avviare indagini. La Fed prenderà in considerazione anche un rafforzamento della regolamentazione per le banche di medie dimensioni. Ma questa è solo una parte della storia.

I fallimenti sono stati anche il riflesso di una cattiva gestione del regime dei tassi d'interesse del Paese. Dopo aver lasciato che le condizioni finanziarie fossero troppo allentate per troppo tempo, la Fed ha frenato solo dopo una prolungata e dannosa errata definizione dell'inflazione come transitoria.

Non dovrebbe sorprendere che ciò abbia colto di sorpresa alcune istituzioni e che ora vi sia il rischio di un inasprimento generalizzato degli standard di prestito. Questo nonostante il fatto che, dopo il crollo della SVB, la Fed si sia affrettata ad aprire un'interessante finestra di finanziamento che consente alle banche di ottenere liquidità alla pari a fronte di titoli di alta qualità che valgono meno sul mercato aperto.

La Fed si trova di fronte a un trilemma sempre più pressante: come ridurre l'inflazione, mantenere la stabilità finanziaria e minimizzare i danni alla crescita e all'occupazione. Con le preoccupazioni per la stabilità finanziaria apparentemente in contrasto con la necessità di inasprire la politica monetaria per ridurre l'inflazione elevata, la situazione complica il processo decisionale di questa settimana.

I prezzi di mercato per l'azione di politica monetaria della Fed di questa settimana sono passati da una probabilità del 70% di un rialzo della Fed di 0,5 punti percentuali, meno di due settimane fa, a favore di nessun aumento seguito da tagli significativi. Questo nonostante la riaccelerazione dell'inflazione di fondo e un altro mese di creazione di posti di lavoro negli Stati Uniti migliore del previsto. La situazione evidenzia ancora una volta i rischi posti dal dominio del settore finanziario.

Non mi sorprenderebbe se la Fed fosse tentata di fare un po' di confusione questa settimana, nascondendosi ancora una volta dietro il velo della "dipendenza dai dati". Tuttavia, è meno facile farlo ora, perché l'approccio dà luogo a due opzioni in competizione: reagire ai dati economici caldi aumentando i tassi di 0,25 punti percentuali; oppure reagire ai dati di mercato mantenendo i tassi invariati o riducendoli.

Il processo decisionale degli ultimi anni di questa Fed suggerisce che, purtroppo, potrebbe optare per una soluzione intermedia, ritenendo di mantenere aperte le opzioni politiche in un momento particolarmente volatile e incerto. Lascerebbe i tassi invariati e li accompagnerebbe con una forward policy guidance che segnala che si tratta di una "pausa" e non della fine del ciclo di rialzo.

Ma questo non si rivelerebbe un compromesso efficace. Al contrario, il trilemma si aggraverebbe, poiché le prospettive di crescita si affievoliscono a causa dell'inasprimento degli standard di prestito, le vulnerabilità delle banche e delle altre società finanziarie aumentano il rischio per la stabilità finanziaria e l'inflazione si è fatta più difficile.

Una via di mezzo confusa non fornirebbe agli Stati Uniti l'ancoraggio di politica monetaria di cui hanno disperatamente e urgentemente bisogno. Al contrario, si creerebbe un'ulteriore ondata di politica monetaria che non riuscirebbe a garantire un atterraggio morbido, amplificando al contempo l'inquietante volatilità finanziaria.

Banche in subbuglio

Il sistema bancario globale è stato scosso dal crollo della Silicon Valley Bank e della Signature Bank e dal salvataggio in extremis del Credit Suisse da parte di UBS. Per le analisi e i commenti più recenti, consultare il sito

Tutto questo porta a due priorità politiche. Nel breve periodo, la Fed dovrebbe seguire la Banca Centrale Europea nel comunicare chiaramente i rischi dell'utilizzo della politica monetaria per obiettivi multipli e in competizione tra loro ed evidenziare la distinzione dei suoi strumenti di politica piuttosto che mescolarli. Dovrebbe inoltre aumentare i tassi di 0,25 punti percentuali (meno del rialzo di 0,5 punti della BCE).

A più lungo termine, come ho sostenuto in una precedente rubrica, è fondamentale affrontare le vulnerabilità strutturali della Fed, tra cui la debolezza della responsabilità e la mancanza di diversità cognitiva. Deve riformulare il "nuovo quadro monetario" adottato nel 2020 e valutare l'opportunità di modificare l'obiettivo di inflazione del 2% per riflettere il passaggio strutturale da un mondo di domanda aggregata insufficiente a uno di offerta insufficiente.

Non è facile per la Fed. Ma è molto meglio per il benessere dell'America. L'alternativa di continuare con l'attuale approccio politico è sicuramente quella di non riuscire a garantire bassa inflazione, massima occupazione e stabilità finanziaria. Inoltre, aumenterebbe la pressione politica sull'indipendenza operativa della Fed.

Questa è, in estrema sintesi, la realtà che vi circonda: è questo il Mondo nel quale voi, oggi, investite il vostro denaro ed i vostri risparmi, attraverso i mercati finanziari e le Istituzioni che vi operano. In particolare, vi suggeriamo di leggere quello che El Erian ha scritto a proposito della “soluzione intermedia” della quale oggi molti scrivono e parlano (“lasceranno correre un po’ l’inflazione, faranno rallentare un po’ l’economia, faranno salire ancora un po’ i tassi … ma poi tutto tornerà come prima, senza incidenti e senza grossi traumi”).

Come i nostri Clienti sanno, Recce’d ritiene che la “soluzione intermedia” NON esiste. Oggi, nel 2023, è l’equivalente della “inflazione transitoria” del 2021, niente di più e niente di meno. Una cosa che non esiste, se non nelle parole di qualcuno.

Dai tre articoli di questo Post, ci auguriamo che i nostri lettori abbiano ricavato che le e storielle, quelle che chiamano “narrativa”, le favolette semplificate su un futuro senza alcuna difficoltà, non possono riassumere una realtà così tanto complessa come quella attuale. Gli sviluppi dell’economia, e dei mercati finanziari, sono più complicate delle trame di Topolino e Paperino. Evitate di pensare a scenari come:

l’economia rallenta, i tassi scendono e … oooplà tutto va a posto!

Non è in questo modo, che funziona l’economia e la finanza, e non sarà questo, il nostro e vostro futuro. “Per nostra e vostra fortuna”, come abbiamo già scritto poco più sopra: perché tutte le opportunità di guadagno per gli investitori (le AUTENTICHE opportunità di guadagno) derivano, unicamente, dal fatto che la complessità delle vicende dell’economia e della finanza è superiore alle trame dei fumetti di Topolino.

Nelle due immagini che seguono, trovate due brani che vi forniscono due spunti molto concreti, a proposito del futuro delle economie e dei mercati finanziari. Sono cose che Recce’d ha già segnalato, di cui ha già scritto anche nel Blog, e delle quali oggi non produciamo un approfondimento.

Il pubblico dei risparmiatori oggi si rifiuta di vedere (neppure cose banali come queste) anche perché viene quotidianamente manipolato dall’informazione e dall’industria dei risparmio, ed indirizzato verso “lo scenario più roseo”.

Voi lettori di Recce’d, al contrario siete consapevoli e comprendete la rilevanza dei temi che vengono trattati nelle due immagini.

Chi ha abilità e competenza, può portarsi a casa ricompense molto grandi, ovvero ottime performances accompagnate sempre da un elevato controllo dei rischi nei portafogli titoli. Chi non ha qualità come competenza e capacità professionale, finisce sempre per andare a sbattere, contro la realtà dei fatti.

E qui ritorniamo al nostro tema di apertura, che è la pazienza. Per investire sui mercati finanziari, è necessaria pazienza. per investire con successo sui mercati finanziari del periodo 2020-2023 occorre una grandissima pazienza.

Ognuno di voi, ed ognuno di voi lettori, viene assalito di tanto in tanto da una comprensibile impazienza: si vorrebbe vedere risolto tutto e risolto subito, e si viene assaliti da domande inquietanti come perché non è ancora successo? oppure anche perché non succede mai? E’ umano, ed è comprensibile, l’atteggiamento di chi dice: vorrei che tutte le cose andassero a posto, e subito. Ma questo NON succederà.

L’investitore ed il gestore di portafoglio non possono permettersi il lusso dell’impazienza, oppure della “data di scadenza”. Le contravvenzioni per divieto di sosta e gli atti giudiziari hanno una scadenza “improrogabile”, mentre invece per le vicende dei mercati finanziari, come per i Governi, come per le Banche Centrali, ed anche va detto come le vicende di ogni attività economica, non esistono “date improrogabili”, si deve accettare che le cose “accadono quando accadono” ed adattare a questo le proprie scelte. Un buon investitore, ed un bravo gestore di portafoglio, prendono in ogni momento le migliori posizioni possibili sui mercati finanziari, valutano i rischi con grande attenzione, e poi … mettono tutta la pazienza che è necessaria. In questo modo, e solo in questo modo, si arriva ai risultati.

AUGURIAMO A TUTTI I LETTORI DEL NOSTRO BLOG UNA PASQUA SERENA E RILASSANTE.

Valter Buffo
Longform'd. Strategia per i tre trimestri del 2023: No Happy Landing
 

Proprio ieri sera, Nick Timiraos ha pubblicato questo grafico.

Il grafico è banale, nei suoi contenuti: espone semplicemente una serie di dati. Ma chi è Nick Timiraos?

Nick Timiraos è un giornalista del Wall Street Journal, a cui la totalità (o quasi) degli operatori di mercato attribuisce il ruolo di “portavoce non ufficiale” di Jerome Powell.

Ecco la ragione per la quale mettiamo alla vostra attenzione questo grafico. Il grafico è banale, ma potrebbe non essere banale l’intenzione dietro alla sua pubblicazione.

Proviamo a rileggere i dati del grafico sopra insieme con il titolo del Financial Times qui sotto.

Nell’immagine il FT ci racconta che c’è stato un forte calo dell’inflazione in Europa, e ci spiega anche che questo calo va attribuito al calo dei prezzi dei prodotti energetici.

Per noi investitori questo titolo è utile ed interessante. Con una serie di semplici osservazioni, possiamo fare infatti un passo avanti, verso una migliore comprensione dello stato attuale delle economie e dei mercati finanziari.

Sarà sufficiente associare tre osservazioni:

  1. il dato nell’immagine è calcolato anno-su-anno

  2. un anno fa, i prezzi delle materie prime (energia in particolare) erano tutti ai massimi

  3. l’inflazione oggi in Europa è al 7%, lira più lira meno

Non aggiungiamo altri commenti, per due ragioni

  • non ce n’è bisogno: i dati ed il grafico sono chiarissimi

  • l’inflazione, nel marzo 2023, non è affatto importante

L’inflazione, oggi, non è importante per quello che riguarda il futuro dei nostri portafogli, e le performances future in particolare:

  • l’inflazione è poco importante, per quello che riguarda i rendimenti futuri di azioni, obbligazioni, valute e materie prime

  • l’inflazione è di poco aiuto, per noi che abbiamo la necessità di stimare e di prevedere quanto si potrebbe perdere, nel 2023, su azioni, obbligazioni, valute e materie prime

Ci chiederanno in molti, a questo punto, per quale ragione abbiamo aperto il nostro Post parlando di inflazione.

Lo scopo è facile da spiegare: l’inflazione oggi NON è importante per i rendimenti futuri degli asset, ma resta molto importante per i media. Per tutto il mondo della comunicazione. Per le Reti di promotori finanziari (Generali, Allianz, FINECO, Fideuram e compagnia), che ne fanno un argomento di marketing.

Questi insieme di cose, nel breve termine (ma soltanto nel breve e brevissimo termine) influenza l’andamento dei mercati finanziari: per questa ragione noi di Recce’d abbiamo il dovere professionale di occuparcene (anche se ne faremmo volentieri a meno: ma oggi Legge e normativa proteggono quel tipo di comportamenti commerciali).

Il tema dell’inflazione in calo, in questa parte finale del marzo 2023, si intreccia con un secondo tema forte dei media e delle Reti di vendita, che è quello relativo ai fallimenti bancari.

Banche di investimento, media e Reti di promotori finanziari, in uno sforzo comune, hanno immediatamente “rigirato la frittata” e raccontato alla massa dei risparmiatori che i fallimenti delle banche sono una grande fortuna per tutti, per la ragione che consentono alle Banche Centrali di allentare la stretta sui tassi e ritornare a fare crescere i loro attivi.

Come dite? Avete ragione! La cosa suona troppo stupida per essere creduta. Eppure, nel brevissimo termine (quindici giorni) funziona. Infatti, si leggono titoli come

la crisi bancaria è alle spalle

ovvero titoli che in modo esplicito mistificano la realtà ed ingannano i lettori. Non si tratta di una novità, ed anzi siamo abituati a questi tentativi. Era già successo qualche cosa di simile, proprio all’inizio di questo 2023.

Ripercorriamo insieme i primi tre mesi del 2023: se leggete il Sole 24 Ore oppure MF oppure il Corriere della Sera, potreste ricavarne l’impressione che

nel primo trimestre 2023 le Borse hanno recuperato

ma si tratta solo di una illusione ottica. Lo S&P 500 è salito del 5% circa, rispetto allo 1 gennaio 2023, mentre in Europa il rialzo è stato del 7%. Ma proprio nel primo trimestre, e proprio nel mese di marzo, avete anche visto che lo S&P 500 può perdere il 5% in una sola settimana; ed avete anche visto che gli indici di Borsa europei possono perdere il 7% in due sole sedute.

Sarebbero veri guadagni, questi?

Vediamo insieme, adesso, quello che davvero è accaduto nel primo trimestre 2023. Non è difficile né complicato.

Nelle prime due-tre settimane del nuovo anno, la spinta (come sempre potente) dei venditori era orientata a riportare la massa dei risparmiatori alla mentalità dell’anno 2021. Il tentativo era quello di fare dimenticare il 2022, ed la tempo stesso di convincere la massa dei risparmiatori che “è tutto come prima, funziona tutto come prima: anche se l’inflazione, purtroppo (sorpresa!) … non è più transitoria!”. Questo tentativo ha funzionato, ma per poco: appunto, per due o tre settimane.

Il tentativo è fallito, già in febbraio, quando sono arrivati i dati: quei dati ci avevano detto che:

non ci sarà alcun “soft landing”

ed è in questo stato di sorpresa/amarezza (per l’esercito dei venditori) che è iniziato il mese di marzo.

Poi, però, è fallita SVB: e tutti (i venditori, i promotori finanziari, i financial advisors, eslcusi quelli di Credit Suisse) hanno … brindato a champagne.

Questo episodio dei fallimenti, in piccolo, è la ripetizione di quello che è successo con la pandemia 2020: ovvero, a fronte di una notizia negativa, i venditori, le banche di investimento, e tutti quegli “analisti” che di professione producono materiale pubblicitario per manipolare i risparmiatori, hanno immediatamente colto questa occasione per scrivere

le Banche Centrali potranno ammorbidire, allentare la stretta, aumentare la liquidità in circolazione.

Tutti, ormai, avete capito bene che questi mercati finanziari, ed i prezzi che oggi si vedono sui mercati, sono tenuti in piedi (per ora, e solo per ora) da argomenti come

  • la liquidità abbondante

  • la mancanza di alternative

  • FOMO

ed altre stupidaggini di questa natura.

Tutti voi lettori ormai siete consapevoli (almeno, se leggete regolarmente i lavori di Recce’d) che tutto questo funziona, ma soltanto nel breve termine: poi, la realtà riprende sempre il comando.

Ovviamente, sarà così anche nel 2023, come sempre è stato nel 2022, nel 2021, nel 2020, ed anni precedenti. Per convincersene, basta ritornare alle due prime immagini del nostro Post.

Ragione per la quale, la fine del primo trimestre del 2023 è l’occasione perfetta per rivedere, rivalutare e ripensare per intero tutto il proprio portafoglio titoli.

Noi in Recce’d siamo a vostra disposizione, se intendete cogliere questa occasione che i mercati offrono, ed agire nel vostro interesse sia a protezione del vostro patrimonio sia per potenziare le vostre performances 2023, cogliendo le grandi opportunità disponibili oggi.

Performances che al contrario, se siete investiti con una asset allocation di tipo tradizionale

(ovvero: tot azioni e tot obbligazioni, e qualche polizza Vita: la asset allocation tipica dei “cosiddetti consulenti”, sia nelle Reti di promotori, sia nelle Società che si presentano come “indipendenti”)

rischiano di essere nel 2023 ancora più deludenti di quelle del 2022.

A supporto di quanto abbiamo appena scritto, c’è proprio la storia del primo trimestre 2023: se siete in grado di analizzare i fatti del primo trimestre 2023 con attenzione (oppure se avete qualcuno davvero competente che è disponibile ad aiutarvi) arriverete alla medesima conclusione.

Ad esempio, prendiamo le ultime due settimane di marzo 2023 dei mercati finanziari: nelle utile due settimane, la “forza di vendita” ha spinto con forza su una ipotesi, ovvero che “non ci saranno più rialzi dei tassi”, una ipotesi che è sostenuta da un solo argomento, ovvero che “a causa della crisi delle banche l’economia rallenterà”.

Se a voi sembra di averla già sentita, è perché … la avete in effetti già sentita. da oltre un anno, si va avanti così: ogni due mesi arriva qualcuno e ci spiega che

l’economia finirà in recessione ma è un bene, perché scenderanno anche i tassi di interesse.

Noi in Recce’d non siamo più bambini, e da qualche anno: questo tipo di “rosee” aspettative ci fanno sorridere, da sempre, perché tradiscono anche a prima vista uno scopo commerciale, che poi è sempre quello di “raccontare una storia consolante” così da tenere fermi gli investitori nelle loro posizioni sulle Polizze Vita, sulle Polizze UCITS, e sui Fondi Comuni di Investimento. Lo scopo è di tenerli fermi su quelle posizioni, perché su quelle posizioni la massa dei risparmiatori paga commissioni molto elevate, e spesso senza neppure rendersene conto, perché “fare domande è sgarbato” oppure perché “è un argomento tecnico, è difficile da capire”.

Oggi, noi di Recce’d ci prendiamo la responsabilità di scrivere in modo chiaro che è impossibile che i fallimenti delle banche abbiamo MIGLIORATO le prospettive di obbligazioni, azioni, materie prime e valute. Fa persino un po’ ridere, se ci pensate, leggere una cosa simile. Un mese fa, era chiaro che NON ci sarebbe stato alcun “soft landing”: oggi, alla fine del mese di marzo, è diventato quasi una certezza.

Prendete ad esempio il grafico qui sopra: voi, amici lettori, voi come la vedete, mettendo insieme questo grafico e le due immagini precedenti? Voi, come la pensate, la situazione. Andiamo bene? Andiamo verso il meglio?

La domanda che segue è: come si comporterà, il vostro attuale portafoglio di titoli, Fondi Comuni e polizze, visto che non c’è più (non c’è mai stato) il “soft landing”? E quale sarà, invece, lo scenario dei mercati e delle economie in questo 2023?

Noi di Recce’d, ovviamente, abbiamo il nostro scenario, ovvero uno scenario che riteniamo più probabile rispetto a tutti gli altri, per i restanti tre trimestri del 2023, e ne scriviamo in modo regolare la mattina in The Morning Brief.

In questo Post, invece, aiuteremo (come sempre facciamo) in modo concreto, e gratuito, i lettori del sito di Recce’d a costruire per loro stessi uno scenario che non sia … sdolcinato, che non sia consolatorio, che non sia distante dalla realtà. Che sia al contrario uno scenario concreto, vicino alla realtà, e proprio per questo utile a fare le proprie scelte in materia di investimenti.

Lo scenario proposto da Recce’d (sul quale si fonda la strategia per i nostri portafogli modello) NON è uno scenario “commerciale”, come quelli ai quali voi lettori siete tutti abituati: questo perché Recce’d non ha nulla da vendere, nessun “prodotto finanziario” con le commissioni ben nascoste.

Recce’d mette invece a vostra disposizione una competenza professionale che nel corso degli anni si è dimostrata superiore sia nei risultati sia nella comunicazione agli attuali standard di mercato. Superiore come risultati: e superiore come protezione del portafoglio modello di Recce’d dai fallimenti e dai tanti rischi dei mercati finanziari. Rischi che (come avete tutti visto) sono sempre lì, proprio dietro l’angolo: non se ne scrive e non se ne parla fino al giorno prima, e poi tutto d’improvviso … c’è soltanto quello di cui parlare e scrivere.

Sono tutti così tanto consapevoli di questo, ovvero che i rischi sono reali e stanno proprio dietro l’angolo, e che viviamo in un’epoca di rischio “sistemico”, ovvero di rischio di “crollo della civiltà”, e di “rischio perenne e non risolvibile” che adesso (come abbiamo già spiegato sopra) che i pubblicitari dei marketing, i venditori porta-a-porta, e quelli che … vendono i divani in TV ci spiegano che il rischio è diventato in bene collettivo. Più c’è rischio, e più le Banche Centrali ci aiuteranno, noi poveri infermi, zoppi e accattoni.

Davvero voi, amici lettori, volete rappresentare voi stessi come i mendicanti del Manzoni, alla perenni ricerca della carità delle Banche Centrali? Intendete fare questo uso, dei vostri risparmi di una vita?

Oppure, preferite farvi qualche domanda? Ad esempio, preferite capire dove vi trovate e perché? Chi, e in che modo, ci ha portati in questa situazione?

Oggi ne ragioniamo con i nostri lettori, rileggendo insieme un articolo di Martin Wolf del Financial Times che abbiamo tradotto per i lettori del Blog.


Quindi, di chi o cosa è la colpa? Perché, a 15 anni dall'inizio dell'ultima crisi finanziaria, potremmo assistere a un'altra crisi? Per molti è colpa di un lungo periodo di tassi d'interesse bassissimi imposti dalle banche centrali. Per altri, è colpa del culto del salvataggio.

Non c'è bisogno di guardare lontano per trovare le origini intellettuali di queste opinioni. Si trovano nell'economia austriaca. Come dice Brad DeLong nel suo eccellente libro Slouching Towards Utopia, questa visione è che "il mercato dà, il mercato toglie; sia benedetto il nome del mercato". Gli austriaci non hanno del tutto torto. Ma non hanno nemmeno del tutto ragione.

L'essenza dell'argomentazione è che la crisi finanziaria transatlantica del 2007-15 è stata il prodotto di una politica monetaria eccessivamente allentata. Quindi, la politica monetaria eccessivamente allentata, insieme ai salvataggi, ha ostacolato la distruzione creativa che avrebbe riportato l'economia a una salute vigorosa. Infine, dopo Covid, un'altra ondata di politica monetaria eccessivamente allentata, unita a una politica fiscale aggressiva, ha causato un'inflazione elevata e un'ulteriore fragilità finanziaria. Ora tutti i polli stanno tornando al loro posto. La storia è semplice. Ma è sbagliata.

Il declino trentennale dei tassi d'interesse reali è un fatto notevole a partire dalla fase precedente la crisi finanziaria. Il Regno Unito ha emesso gilt indicizzati dall'inizio degli anni '80. La caratteristica più notevole della serie è che i tassi di interesse reali sono diminuiti di 30 anni. La caratteristica più notevole della serie è l'enorme calo dei rendimenti reali, passati da un picco del 5% nel 1992 all'1,2% nel 2006, poi al meno 1,4% nel 2013 e al meno 3,4% nel 2021. Le banche centrali da sole, per quanto demenziali possano essere, non potrebbero garantire un calo di oltre otto punti percentuali dei tassi di interesse reali in tre decenni.

Se questo enorme calo dei tassi di interesse reali fosse stato incompatibile con le esigenze dell'economia, si sarebbe sicuramente assistito a un'impennata dell'inflazione. Con l'inflazione bassa fino a poco tempo fa, i titoli nominali sono scesi quasi a zero Quindi, cosa stava succedendo? I grandi cambiamenti di fondo sono stati la liberalizzazione finanziaria, la globalizzazione e l'ingresso della Cina nell'economia mondiale.

Questi ultimi due non solo hanno abbassato l'inflazione. Hanno anche introdotto nell'economia mondiale un paese con un surplus di risparmio colossale. Inoltre, l'aumento delle disuguaglianze all'interno dei Paesi ad alto reddito, unito all'invecchiamento della popolazione, ha creato enormi eccedenze di risparmio anche in alcuni di essi, in particolare in Germania. Per bilanciare la domanda e l'offerta a livello mondiale, erano quindi necessari investimenti eccezionali alimentati dal credito, in particolare nel settore immobiliare. Per fortuna o no, la liberalizzazione finanziaria ha facilitato questo boom creditizio.

I tassi delle banche centrali hanno tentato, e per lo più fallito, di mantenere alti i tassi di interesse Tutto questo è esploso nella crisi finanziaria. La decisione presa allora fu quella di non avere un'altra grande depressione. Non rimpiango il mio sostegno a questa decisione evidentemente saggia. Ma, data la realtà dell'economia mondiale e l'impatto della crisi, era necessario un continuo sostegno fiscale o una politica monetaria ultra-allentata. La prima è stata esclusa. Quindi, bisognava optare per la seconda. I dati sull'offerta di moneta mostrano perché sia i tassi d'interesse ultrabassi che il quantitative easing sono stati fondamentali.

Dopo la crisi finanziaria, ci sono stati lunghi periodi in cui il contributo privato alla crescita della massa monetaria era negativo, perché il credito si stava contraendo. Se i tassi di interesse fossero stati più alti e le banche centrali non avessero ampliato la base monetaria, come invece hanno fatto, la massa monetaria sarebbe crollata. Non credo nella nostra capacità di stabilizzare la domanda stabilizzando l'offerta di moneta. Ma lasciare che imploda è un'altra questione.

Milton Friedman avrebbe considerato essenziale l'azione delle banche centrali nello stabilizzare la crescita della massa monetaria dopo la crisi finanziaria. Lo penso anch'io. L'inflazione di fondo è stata bassa per più di due decenni e mezzo Poi è arrivato il Covid.

A questo punto, le autorità monetarie e fiscali hanno commesso quelli che si sono rivelati grandi errori. La crescita monetaria è esplosa. Secondo il FMI, anche il deficit fiscale strutturale del gruppo delle sette principali economie è aumentato di 4,6 punti percentuali tra il 2019 e il 2020 e si è ridotto appena nel 2021. Questa combinazione ha alimentato un'impennata della domanda superiore a quella che l'offerta poteva soddisfare, visti i ripetuti blocchi della Cina e la guerra in Ucraina. Il risultato è stato, speriamo, un'impennata temporanea dell'inflazione e un aumento dei tassi di interesse, che ha causato un altro shock al nostro fragile sistema bancario. In sintesi, le banche centrali non erano i malvagi burattinai che si immaginavano, ma burattini sotto il controllo di forze più potenti. Certo, hanno commesso degli errori.

Forse la politica monetaria avrebbe dovuto "appoggiarsi al vento" un po' di più prima della crisi finanziaria, il QE sarebbe terminato un po' prima dopo la crisi e il sostegno monetario sarebbe stato ritirato più rapidamente nel 2021. Ma, dato il nostro sistema finanziario liberalizzato e gli enormi shock subiti dall'economia mondiale, sono scettico sul fatto che tutto ciò avrebbe fatto una grande differenza. Le crisi erano inevitabili.

Certamente, la legione di critici deve specificare con precisione cosa avrebbero raccomandato al loro posto e quali effetti si sarebbero aspettati dalle loro alternative. Abbiamo bisogno di specificare e quantificare i controfattuali. Quanto avrebbero dovuto essere alti i tassi di interesse? Quanto si sarebbero aspettati un crollo finanziario, un crollo economico e un aumento della disoccupazione dopo la crisi finanziaria? Perché pensano che le imprese avrebbero investito di più se i tassi di interesse fossero stati più alti? Anche se la produttività sarebbe aumentata uccidendo le imprese "zombie", perché sarebbe stata una buona cosa se i costi includevano una produzione inferiore per un periodo prolungato?

Come tutte le istituzioni umane, le banche centrali sono imperfette e talvolta incompetenti. Ma non sono pazze. L'idea che ciò che è andato storto nelle nostre economie negli ultimi decenni sia principalmente la politica monetaria allentata è una scappatoia.

Si basa sull'illusione che esista una soluzione semplice alle carenze dei nostri sistemi finanziari e delle nostre economie reali. Le cose non sarebbero meravigliose se le banche centrali fossero rimaste inerti. Non possiamo abolire la politica democratica. La politica economica deve essere adattata al nostro mondo, non al XIX secolo.

Abbiamo scelto di proporre questo articolo di Martin Wolf ai nostri lettori per una serie di ragioni:

  1. questo articolo è scritto benissimo

  2. questo articolo è molto informativo per il lettore (a differenza del 95% dei commenti pubblicati dalla stampa)

  3. questo articolo NON è (lo ripetiamo: NON è) in sintonia con il nostro modo di rileggere le vicende degli ultimi 15 anni, perché OMETTE una serie di fatti nel suo racconto; lo ripetiamo: NON è questo il nostro modo di vedere le cose

  4. con la sola eccezione del giudizio sugli anni 2020 e 2021

  5. questo articolo aiuta ognuno dei nostri lettori a comprendere (a meraviglia) che tutto ciò a cui abbiamo assitito, nel primo trimestre 2023 è soltanto un inizio

  6. questo articolo conferma ciò che noi abbiamo scritto più e più volte, nel 2022: è iniziata una Nuova Era, per i mercati finanziari e quindi per noi investitori; oggi non è ancora chiaro tutto, del futuro che ci aspetta; è invece chiarissimo, anche dalle parole di Wolf, quello che è finito, per sempre, e che quindi NON ritornerà

Aggiungiamo una nostra considerazione (una sola, tra le tante possibili, che esporremo successivamente nel nostro The Morning Brief): pur essendo che noi NON condividiamo quello che Wolf scrive qui, siamo però anche noi del parere che

sarebbe sbagliato assumere che SENZA gli interventi delle Banche Centrali tutto sarebbe andato a meraviglia.

Riconosciuto questo, però, sarebbe stato molto importante che Wolf avesse anche riconosciuto che oggi, nel marzo del 2023, questo NON è l’equivoco principale che va risolto.

Nel marzo del 2023, purtroppo, la massa degli investitori rimane imbambolata ed intontita di fronte all’immaginetta delle Banche Centrali come a Napoli in molti stanno a bocca aperta di fronte al San Gennaro che sanguina. La massa degli investitori, ancora oggi, resta intimamente convinta che le Banche Centrali siano onnipotenti, ed ottengano sempre quello che vogliono. Il che è falso: ma questa illusione collettiva ha già prodotti danni gravissimi (ed altri sono in arrivo a breve).

Nel suo articolo Wolf scrive che:

Come tutte le istituzioni umane, le banche centrali sono imperfette e talvolta incompetenti. Ma non sono pazze. L'idea che ciò che è andato storto nelle nostre economie negli ultimi decenni sia principalmente la politica monetaria allentata è una scappatoia.

Su questo, noi di Recce’d potremmo anche essere d’accordo: ma ben più grave, ed appunto drammatica, è quell’altra scappatoia, che sta proprio nel credere che le Banche Centrali non siano più istituzioni umane, imperfette ed incompetenti, ma siano invece perfette ed onnipotenti. E quindi, la sola guida a cui affidarsi per investire il proprio risparmio.

Questo è un errore grave, una falsità enorme: che dura da troppo tempo, e che produrrà nei prossimi anni danni molto gravi al pubblico dei risparmiatori, da lungo tempo disabituati a valutare le scelte delle Banche Centrali in modo critico. Inclusi i salvataggi di SVB e di Credit Suisse.

Ora, per chiudere il lungo Post, e contribuire alle vostre future scelte di investimento, vi invitiamo alla lettura di un secondo articolo. Il secondo articolo integra il precedente: passa però dall’esame del passato all’esame del futuro.

Per molti investitori, dopo un tumultuoso primo trimestre 2023, il problema più grande oggi è la mancanza di uno scenario di riferimento. A noi sono molti che chiedono

voi vedete la recessione, oppure la stagflazione, o che cosa?

Recce’d non scappa mai di fronte alle domande dirette, come tutti ormai sapete.

In questo specifico caso, rispondiamo come segue:

la domanda è tempo perso.

Per quale ragione è tempo perso? Perché nulla, di ciò che oggi abbiamo davanti agli occhi, è mai accaduto in precedenza. Affidarsi a vecchie etichette, a vecchi scenari, come stagflazione oppure recessione, equivale a buttare via il tempo. Molti si domandano

  • Lasceranno correre l’inflazione al 5% per cinque anni?

  • Oppure pesteranno sul pedale del freno?

  • Oppure, come hanno fatto fino ad oggi, continueranno a negare i dati che avete già visto nelle prime due immagini, portando così le economie alla deriva?

Chi oggi vi garantisce che arriverà uno di questi scenari, per il 2023, è una persona senza scrupoli. Oppure poco competente. Oppure, semplicemente, vi sta ingannando.

Ciò che tutti noi risparmiatori andremo a vedere, e ad affrontare con i nostri portafogli di investimenti finanziari, non ha alcun eguale nella storia dei mercati finanziari e delle economie. Non è possibile, oggi, dire quale sarà lo scenario che prevale. Come dice anche l’articolo qui sotto (e come noi vi scriviamo da almeno un anno) questo è un Cambio di Regime. Grandissimi rischi, ma pure grandissime opportunità di guadagno.

Non ci sarà un lieto fine per tutti. Questo segnatevelo.

E quindi, veniamo alla pratica: che cosa bisogna fare, per i portafogli titoli? Per avere un rendimento? Per proteggere il patrimonio?

Il migliore consiglio pratico che noi di Recce’d siamo in grado di darvi, oggi all’inizio del secondo trimestre 2023? Non siate pigri. Non addormentatevi alla guida. Reagite alla realtà che cambia. Non cercate di fare tutto da soli: questo non è un mercato per bambini, non è un mercato per dilettanti, non è un mercato da fai-da-te. Il momento è serio: fate i seri, almeno con i vostri soldi. Questo non è un videogioco: non esiste il tasto RESET, stiamo parlando dei vostri soldi, e non di quelli del Monopoli.

Noi di Recce’d non vi … portiamo a spasso raccontando di scenari da favola come il soft landing. E neppure vogliamo generare ansia parlando di stagflazione. Molto più seriamente, vi diciamo. … che noi non sappiamo … dove sarà l’atterraggio.

La differenza sta in un fatto, molto semplice: noi sappiamo pilotare questo aereo in situazioni difficili: lo dimostra la nostra storia. Noi abbiamo l’esperienza necessaria, e siamo discretamente bravi.

Non vi serve un “venditore di scenari”: a voi serve di affrontare il nuovo, e lo sconosciuto. A voi serve qualcuno che vi affianchi quotidianamente con competenza e diligenza professionale. Camminando insieme a noi ogni giorno, seguiremo insieme l’evoluzione della realtà, e voi potrete appropriarvi (attraverso i nostri portafogli modello) delle notevoli soddisfazioni che questa realtà oggi ci mette a disposizione.





Per quanto possa sembrare inverosimile, il crollo della Silicon Valley Bank getta una luce interessante sulla spinosa questione se gli obiettivi di inflazione delle banche centrali debbano essere innalzati per ridurre il rischio che una politica monetaria troppo rigida provochi una recessione.

La SVB, infatti, per quanto inetta nella gestione del rischio e nel giudizio sugli investimenti, è stata in ultima analisi una vittima del regime di politica monetaria della Federal Reserve statunitense. Nel periodo successivo alla crisi finanziaria del 2007-9, le forze deflazionistiche hanno rappresentato la sfida principale per i responsabili delle politiche delle banche centrali. Il loro problema non era come far scendere l'inflazione entro l'obiettivo, ma come farla risalire al livello prefissato. Per farlo, potevano ricorrere a tassi d'interesse nominali bassissimi o addirittura negativi.

Una conseguenza di questa estrema licenza monetaria, come sottolinea Edward Chancellor nel suo libro The Price of Time, è stata una pletora di distorsioni del mercato, tra cui la creazione della "bolla di tutto", in cui i prezzi di quasi tutti i beni sono stati spinti ad altezze astronomiche. Con il reddito degli asset fortemente depresso, gli investitori sono stati spinti a cercare il rendimento senza badare al rischio.

Questa, in sostanza, è stata la storia di SVB, banca di innumerevoli aziende tecnologiche. All'apice del boom tecnologico, la SVB ha registrato un afflusso massiccio di depositi. Poiché questi superavano di gran lunga le potenziali opportunità di prestito, dovette trovare sbocchi di investimento per il denaro. Con la carta a breve termine che non offriva quasi nulla, ha cercato il rendimento e ha immobilizzato i fondi in 120 miliardi di dollari, principalmente in titoli garantiti da mutui ipotecari a lungo termine con rating elevato. Gli strumenti a lunga scadenza sono particolarmente vulnerabili all'aumento dei tassi di interesse.

Pertanto, quando la Fed ha inasprito tardivamente la politica monetaria in risposta a un'inflazione inaspettatamente elevata, il calo del valore di mercato del portafoglio di SVB ha quasi azzerato il suo capitale. Questo non avrebbe avuto importanza se i depositanti avessero mantenuto la fiducia nella banca, perché non ci sarebbero state perdite se i titoli fossero stati mantenuti fino alla scadenza. Ma la comunità tecnologica è andata nel panico, c'è stata una corsa ai depositi e SVB ha dovuto vendere gli asset svalutati, precipitando così il proprio fallimento.

Potremmo essere solo all'inizio di una serie di episodi di instabilità finanziaria che aumenteranno il rischio che, nel tentativo di riportare l'inflazione al 2%, la Fed e le altre banche centrali danneggino gravemente la produzione e l'occupazione. Non sorprende, quindi, che ci sia un coro crescente di richieste di innalzare gli obiettivi di inflazione dal 2 al 3%. E ciò non è irragionevole se, come ha sostenuto l'ex capo economista della Banca d'Inghilterra Andy Haldane, stiamo assistendo a uno spostamento verso l'alto del livello globale dei prezzi di equilibrio.

In ogni caso, non esiste alcuna giustificazione teorica per equiparare il 2% alla stabilità dei prezzi. Tuttavia, spostare l'asticella degli obiettivi sarebbe come arrendersi all'inflazione. La credibilità delle banche centrali, già ridotta, subirebbe un danno enorme e le aspettative di inflazione schizzerebbero alle stelle. Per questo motivo, le banche centrali si arrangieranno, eventualmente seguendo il suggerimento di Haldane di estendere l'orizzonte temporale per il raggiungimento dell'obiettivo del 2% o di sospenderlo temporaneamente, promettendo di rifarlo alla prima data possibile. Ma questo lascia due domande più ampie.

Quello che abbiamo imparato sull'inflation targeting è che in tempi di deflazione provoca la semina di instabilità finanziaria. Poi, quando l'inflazione ritorna, provoca lo scoppio di crisi finanziarie quando i tassi di interesse vengono aumentati per tornare all'obiettivo di inflazione. In realtà sembra funzionare solo quando i prezzi sono comunque stabili.

Oh, cielo. Un caso, quindi, di cambio di regime? Purtroppo, qualsiasi altro regime potrebbe comportare una maggiore discrezionalità e quindi una minore responsabilità. Modificare il regime esistente potrebbe essere l'opzione meno peggiore. C'è poi la questione di come l'obiettivo del 2% influisca sulla capacità dei governi di ridurre gli attuali livelli molto elevati di debito pubblico.

Il rimedio tradizionale è una combinazione di crescita, che produce entrate fiscali sostenute per aiutare a pagare il debito, e di inflazione, che riduce il valore reale del debito. Tuttavia, la crescita è anemica e un obiettivo di inflazione del 2% riduce le possibilità di default informale attraverso l'inflazione. Nel panico generale successivo al crollo della SVB, le banche si sono affrettate a prendere in prestito 330 miliardi di dollari di fondi di riserva dalla Fed.

Si sta facendo strada la speculazione che la Fed possa rinviare ulteriori rialzi dei tassi. Siamo quindi bloccati nell'annosa situazione in cui la politica non si appoggia ai boom, ma si allenta aggressivamente nei periodi di crisi, mentre il debito continua a crescere inesorabilmente.

Non ci può essere un lieto fine per questa storia.

john.plender@ft.com

Valter Buffo
Il punto di atterraggio
 

Allo scopo di premiare l’attenzione dei nostri lettori, nel Post di questa settimana ci proponiamo di aiutarli a sistemare la propria visione delle cose, sollevando lo sguardo da una attualità ormai convulsa e scomposta nelle reazioni agli eventi. Mettiamo, insomma, un po’ di ordine.

Sollevare lo sguardo, sapere guardare più in là, è decisivo per orientare le proprie scelte di investimento e per definire la strategia di gestione del portafoglio.

Abbiamo quindi raccolto, ed esponiamo qui in modo estremamente sintetico, una serie di considerazioni, utili per comporre una visione ordinata del futuro dei mercati finanziari, delle Istituzioni che vi operano, e quindi delle vostre e nostre performance di portafoglio.

Il futuro dei vostri soldi.

  • partiamo dal tema del giorno, ovvero le banche, la crisi bancaria, e la stabilità finanziaria: e partiamo affermando che è di nessuna importanza il destino di Deutsche Bank, ed è facile spiegare il perché; le grande banche internazionali sono Aziende fallite, e precisamente fallite quindici anni fa; quindici anni fa fu fatta la scelta politica di salvare questi Istituti con denaro del pubblico;: per “salvare la faccia” (lipstick on a pig) i soldi pubblici in quella occasione furono spesi per acquistare titoli sui mercati finanziari anziché direttamente per salvare le banche; l’effetto però fu il medesimo: furono (artificialmente) aumentati i valori nei bilanci delle banche; grazie a questa scelta politica, a spese del pubblico furono premiati gli azionisti di queste banche, e fu permesso alle banche medesime di annunciare al mercato profitti che nella realtà non esistono, e fu altresì permesso di pagare agli Amministratori Delegati retribuzioni milionarie per anni ed anni; il tutto in Aziende di fatto statalizzate e di fatto fallite; se domani le Banche Centrali annunciassero (però in modo credibile e concreto) la fine della politica di sostegno artificiale ai prezzi delle obbligazioni (ovvero il QT), tutte queste grandi banche chiuderebbero gli sportelli martedì; e i soldi al pubblico come li hanno presi? Questa volta, per un “effetto estetico”, la scelta è stata di penalizzare il pubblico non con maggiori tasse, bensì con l’inflazione (come altre volte nella storia), ma chi paga in entrambi i casi sono i medesimi soggetti, ovvero i risparmiatori finali, che pagano così anche i bonus dei CEO delle banche

  • in particolare, negli Stati Uniti, quelle che “sono diventate banche” nel 2008 (da Goldman Sachs a Morgan Stanley, a Bank of America che ha incorporato Merrill Lynch) operano sulla base di un modello di business che non si regge in piedi senza la “bolla del tutto” (“everything bubble”); se domani la Federal Reserve rimettesse sul mercato i titoli che ha nel suo attivo, questi signori dopodomani farebbero la fine di Lehman Brothers, ma molto più rapidamente; sono Aziende che non producono nulla e non servono a nulla, se non a “piazzare” i titoli presso il pubblico; il valore aggiunto è molto vicino allo zero

  • proseguendo, in Europa il “modello di business” delle grandi banche è diverso e si chiama “Mario Draghi”; le banche europee che non stiamo a nominare qui (sono nomi che tutti voi lettori conoscete) per una decina di anni hanno vissuto grazie al fatto che Mario Draghi ha gonfiato in modo artificiale i prezzi dei Titoli di Stato che loro avevano nel portafoglio; gli utili, ed i guadagni privati dei manager di queste banche europee, esistono proprio perché è esistito quel guadagno sui Titoli di Stato; se togliamo quello, il valore aggiunto del business è vicino a zero (sarebbero forse i mutui???), e la grande banca europea è finita, non esiste più; ed infatti: oggi quei guadagni non ci sono più, non si fanno più, non si faranno più.

  • qualcuno dovrebbe vigilare su tutto questo, a protezione del risparmiatore: ed anzi, dovremmo scrivere “Vigilare”; ma la Vigilanza in pratica che cosa è? In Italia, gli Organismi di Vigilanza sono Banca d’Italia e CONSOB, ma di che cosa si occupano, ogni giorno? I dipendenti di Banca d’Italia e di CONSOB come impiegano il loro tempo? La loro occupazione principale è verificare in che modo vengono compilati certi moduli? Misurare il grado di ossequio alle formalità? E’ questa, la “protezione del risparmio”? La Vigilanza dispone sia di tutti i dati relativi agli Istituti bancari ed alle Società soggette ad autorizzazione per operare, sia delle possibilità di intervento diretto: ma dieci giorni fa il Credit Suisse operava regolarmente, anche qui dietro casa nostra; si deve dunque concludere che manca l’attenzione, oppure il tempo, oppure le risorse, oppure la competenza. Oppure, si deve concludere che si tratta di una scelta politica ben precisa

  • alla magistratura ordinaria non spettano, per Legge, i compiti di Vigilanza: ma la magistratura ordinaria avrebbe la possibilità, in situazioni specifiche, di avviare preventivamente delle indagini; cosa che però non accade (se non in qualche sfortunato caso secondario): con “quelli grossi” prevale il pudore di “non disturbare”, fatto che viene sfruttato dai vertici delle Aziende e che penalizza invece la massa dei risparmiatori; nel passato, la magistratura ordinaria in più occasioni ha dato prova di utilizzare il cannone per sparare ai moscerini, mentre passavano invece i branchi di elefanti a travolgere la folla

  • a protezione del risparmiatore dovrebbero funzionare presìdi che però, ad una più attenta osservazione, sono stato istituiti ed operano con ben altre finalità; vi siete mai domandati, amici lettori, a che cosa e a chi serve l’Albo dei promotori finanziari? In quale modo migliora la situazione dei risparmiatori? E’ certo che questo Albo delimita il perimetro dei soggetti che possono vendere i prodotti finanziari (Fondi Comuni di Investimento e polizze) incassando al tempo stesso le commissioni che vengono retrocesse. L’Albo in questo modo fa l’interesse delle Reti, quelle che arruolano queste figure di venditori porta-a-porta, perché di fatto crea una protezione ad un “cartello commerciale”. A che cosa serve, invece, questo Albo se ci mettiamo nei panni dell’investitore? Migliora la qualità del servizio? No. Garantisce la competenza dei venditori? No. Serve unicamente a fare credere, alla massa dei risparmiatori, che si può operare sui mercati finanziari ed investire unicamente attraverso i Fondi Comuni di Investimento e le polizze, e questo è un falso. Il recente boom del trading-on-line è una reazione (una reazione sbagliata) proprio a questo tipo di costrizione, visto che una fetta consistente dei risparmiatori proprio non ne può più dei financial advisors, dei private bankers, dei wealth managers, e di tutti quegli altri nomi ridicoli che nel corso degli anni sono stati utilizzati per “rebrandizzare” il caro e vecchio promotore finanziario

  • e i prodotti finanziari, a che cosa servono? come tutti ormai sanno, i cosiddetti “prodotti finanziari” sono scatole che contengono un po’ di tutto, anche le obbligazioni CoCo di Credit Suisse; l’investitore che acquista polizze UCITS e Fondi Comuni di Investimento in 99 casi su 100 non è consapevole di che cosa c’è dentro, e quindi di dove stanno i sui soldi; in 99 casi su 100 il risparmiatore si accontenta di sapere che “dentro ci sono un po’ di azioni ed un po’ di obbligazioni”. Si tratta forse di cose, di investimenti, di scelte di allocazione che non si potrebbero fare, senza utilizzare i cosiddetti “prodotti finanziari”? La risposta è no, assolutamente no. Il solo scopo che giustifica l’esistenza di questi “prodotti finanziari”, è fare pagare all’investitore commissioni che non vengono esplicitate: il Cliente non le conosce. L’investitore in questo caso fa poche domande, e si accontenta di informazioni approssimative, del tipo “pago più o meno il 2%”. Non sa neppure quanti soldi gli escono dalle tasche! Eppure, ancora oggi, ci sono investitori che preferiscono pagare ma non vedere quello che pagano, piuttosto che pagare una parcella ad un consulente. E’ privo di senso, non è razionale, ma questa è ad oggi la psicologia di una parte della massa degli investitori.

La nostra iniziativa, che produce servizi di elevata qualità a favore dei risparmiatori, aiutandoli con i propri portafogli modello e con la propria informazione a

  • sfuggire a quel recinto del quale abbiamo scritto sopra

  • non rimanere intrappolati sotto le macerie di un sistema che traballa,

  • gestire con migliore profitto i propri risparmi,

fu avviata anni fa sulla base di una serie di convinzioni, forti, sul futuro del settore di risparmio.

Noi ci dicemmo allora che:

  1. molti di questi “grandi nomi” del settore bancario ce li vedremo sfilare davanti, portati dall’acqua del fiume; ed anche che

  2. questo grande inganno istituzionale ai danni dei risparmiatori è un modello di business intrinsecamente fallito, il cosiddetto “modello fabbrica - Rete”; il fiume porterà a valle anche quello

Allora, ci fu chi ci rispose che

“il private banking è il futuro di questa industria”.

Altri ci dissero che

“tutto è possibile ma allo stesso tempo ci sarà spazio per tutti”.

A distanza di qualche anno, ci sentiamo di affermare che

  • il private banking come modello di business nel settore del risparmio ha fallito (se non è sufficiente per tenere in piedi un palazzone come Credit Suisse, credete forse che quel modello potrà reggere la vostra modesta casetta di legno?); ed anche che

  • non c’è spazio per tutti: qualcuno è già andato a casa (per fortuna), ed altri seguiranno, a breve. Molti altri.

Per voi lettori, il nostro suggerimento è quello che avete già letto in alcune delle immagini di questo nostro Post. Tenete bene a mente: quello che conta non è la discesa, è il punto di atterraggio.

Valter Buffo