Il punto di atterraggio
Allo scopo di premiare l’attenzione dei nostri lettori, nel Post di questa settimana ci proponiamo di aiutarli a sistemare la propria visione delle cose, sollevando lo sguardo da una attualità ormai convulsa e scomposta nelle reazioni agli eventi. Mettiamo, insomma, un po’ di ordine.
Sollevare lo sguardo, sapere guardare più in là, è decisivo per orientare le proprie scelte di investimento e per definire la strategia di gestione del portafoglio.
Abbiamo quindi raccolto, ed esponiamo qui in modo estremamente sintetico, una serie di considerazioni, utili per comporre una visione ordinata del futuro dei mercati finanziari, delle Istituzioni che vi operano, e quindi delle vostre e nostre performance di portafoglio.
Il futuro dei vostri soldi.
partiamo dal tema del giorno, ovvero le banche, la crisi bancaria, e la stabilità finanziaria: e partiamo affermando che è di nessuna importanza il destino di Deutsche Bank, ed è facile spiegare il perché; le grande banche internazionali sono Aziende fallite, e precisamente fallite quindici anni fa; quindici anni fa fu fatta la scelta politica di salvare questi Istituti con denaro del pubblico;: per “salvare la faccia” (lipstick on a pig) i soldi pubblici in quella occasione furono spesi per acquistare titoli sui mercati finanziari anziché direttamente per salvare le banche; l’effetto però fu il medesimo: furono (artificialmente) aumentati i valori nei bilanci delle banche; grazie a questa scelta politica, a spese del pubblico furono premiati gli azionisti di queste banche, e fu permesso alle banche medesime di annunciare al mercato profitti che nella realtà non esistono, e fu altresì permesso di pagare agli Amministratori Delegati retribuzioni milionarie per anni ed anni; il tutto in Aziende di fatto statalizzate e di fatto fallite; se domani le Banche Centrali annunciassero (però in modo credibile e concreto) la fine della politica di sostegno artificiale ai prezzi delle obbligazioni (ovvero il QT), tutte queste grandi banche chiuderebbero gli sportelli martedì; e i soldi al pubblico come li hanno presi? Questa volta, per un “effetto estetico”, la scelta è stata di penalizzare il pubblico non con maggiori tasse, bensì con l’inflazione (come altre volte nella storia), ma chi paga in entrambi i casi sono i medesimi soggetti, ovvero i risparmiatori finali, che pagano così anche i bonus dei CEO delle banche
in particolare, negli Stati Uniti, quelle che “sono diventate banche” nel 2008 (da Goldman Sachs a Morgan Stanley, a Bank of America che ha incorporato Merrill Lynch) operano sulla base di un modello di business che non si regge in piedi senza la “bolla del tutto” (“everything bubble”); se domani la Federal Reserve rimettesse sul mercato i titoli che ha nel suo attivo, questi signori dopodomani farebbero la fine di Lehman Brothers, ma molto più rapidamente; sono Aziende che non producono nulla e non servono a nulla, se non a “piazzare” i titoli presso il pubblico; il valore aggiunto è molto vicino allo zero
proseguendo, in Europa il “modello di business” delle grandi banche è diverso e si chiama “Mario Draghi”; le banche europee che non stiamo a nominare qui (sono nomi che tutti voi lettori conoscete) per una decina di anni hanno vissuto grazie al fatto che Mario Draghi ha gonfiato in modo artificiale i prezzi dei Titoli di Stato che loro avevano nel portafoglio; gli utili, ed i guadagni privati dei manager di queste banche europee, esistono proprio perché è esistito quel guadagno sui Titoli di Stato; se togliamo quello, il valore aggiunto del business è vicino a zero (sarebbero forse i mutui???), e la grande banca europea è finita, non esiste più; ed infatti: oggi quei guadagni non ci sono più, non si fanno più, non si faranno più.
qualcuno dovrebbe vigilare su tutto questo, a protezione del risparmiatore: ed anzi, dovremmo scrivere “Vigilare”; ma la Vigilanza in pratica che cosa è? In Italia, gli Organismi di Vigilanza sono Banca d’Italia e CONSOB, ma di che cosa si occupano, ogni giorno? I dipendenti di Banca d’Italia e di CONSOB come impiegano il loro tempo? La loro occupazione principale è verificare in che modo vengono compilati certi moduli? Misurare il grado di ossequio alle formalità? E’ questa, la “protezione del risparmio”? La Vigilanza dispone sia di tutti i dati relativi agli Istituti bancari ed alle Società soggette ad autorizzazione per operare, sia delle possibilità di intervento diretto: ma dieci giorni fa il Credit Suisse operava regolarmente, anche qui dietro casa nostra; si deve dunque concludere che manca l’attenzione, oppure il tempo, oppure le risorse, oppure la competenza. Oppure, si deve concludere che si tratta di una scelta politica ben precisa
alla magistratura ordinaria non spettano, per Legge, i compiti di Vigilanza: ma la magistratura ordinaria avrebbe la possibilità, in situazioni specifiche, di avviare preventivamente delle indagini; cosa che però non accade (se non in qualche sfortunato caso secondario): con “quelli grossi” prevale il pudore di “non disturbare”, fatto che viene sfruttato dai vertici delle Aziende e che penalizza invece la massa dei risparmiatori; nel passato, la magistratura ordinaria in più occasioni ha dato prova di utilizzare il cannone per sparare ai moscerini, mentre passavano invece i branchi di elefanti a travolgere la folla
a protezione del risparmiatore dovrebbero funzionare presìdi che però, ad una più attenta osservazione, sono stato istituiti ed operano con ben altre finalità; vi siete mai domandati, amici lettori, a che cosa e a chi serve l’Albo dei promotori finanziari? In quale modo migliora la situazione dei risparmiatori? E’ certo che questo Albo delimita il perimetro dei soggetti che possono vendere i prodotti finanziari (Fondi Comuni di Investimento e polizze) incassando al tempo stesso le commissioni che vengono retrocesse. L’Albo in questo modo fa l’interesse delle Reti, quelle che arruolano queste figure di venditori porta-a-porta, perché di fatto crea una protezione ad un “cartello commerciale”. A che cosa serve, invece, questo Albo se ci mettiamo nei panni dell’investitore? Migliora la qualità del servizio? No. Garantisce la competenza dei venditori? No. Serve unicamente a fare credere, alla massa dei risparmiatori, che si può operare sui mercati finanziari ed investire unicamente attraverso i Fondi Comuni di Investimento e le polizze, e questo è un falso. Il recente boom del trading-on-line è una reazione (una reazione sbagliata) proprio a questo tipo di costrizione, visto che una fetta consistente dei risparmiatori proprio non ne può più dei financial advisors, dei private bankers, dei wealth managers, e di tutti quegli altri nomi ridicoli che nel corso degli anni sono stati utilizzati per “rebrandizzare” il caro e vecchio promotore finanziario
e i prodotti finanziari, a che cosa servono? come tutti ormai sanno, i cosiddetti “prodotti finanziari” sono scatole che contengono un po’ di tutto, anche le obbligazioni CoCo di Credit Suisse; l’investitore che acquista polizze UCITS e Fondi Comuni di Investimento in 99 casi su 100 non è consapevole di che cosa c’è dentro, e quindi di dove stanno i sui soldi; in 99 casi su 100 il risparmiatore si accontenta di sapere che “dentro ci sono un po’ di azioni ed un po’ di obbligazioni”. Si tratta forse di cose, di investimenti, di scelte di allocazione che non si potrebbero fare, senza utilizzare i cosiddetti “prodotti finanziari”? La risposta è no, assolutamente no. Il solo scopo che giustifica l’esistenza di questi “prodotti finanziari”, è fare pagare all’investitore commissioni che non vengono esplicitate: il Cliente non le conosce. L’investitore in questo caso fa poche domande, e si accontenta di informazioni approssimative, del tipo “pago più o meno il 2%”. Non sa neppure quanti soldi gli escono dalle tasche! Eppure, ancora oggi, ci sono investitori che preferiscono pagare ma non vedere quello che pagano, piuttosto che pagare una parcella ad un consulente. E’ privo di senso, non è razionale, ma questa è ad oggi la psicologia di una parte della massa degli investitori.
La nostra iniziativa, che produce servizi di elevata qualità a favore dei risparmiatori, aiutandoli con i propri portafogli modello e con la propria informazione a
sfuggire a quel recinto del quale abbiamo scritto sopra
non rimanere intrappolati sotto le macerie di un sistema che traballa,
gestire con migliore profitto i propri risparmi,
fu avviata anni fa sulla base di una serie di convinzioni, forti, sul futuro del settore di risparmio.
Noi ci dicemmo allora che:
molti di questi “grandi nomi” del settore bancario ce li vedremo sfilare davanti, portati dall’acqua del fiume; ed anche che
questo grande inganno istituzionale ai danni dei risparmiatori è un modello di business intrinsecamente fallito, il cosiddetto “modello fabbrica - Rete”; il fiume porterà a valle anche quello
Allora, ci fu chi ci rispose che
“il private banking è il futuro di questa industria”.
Altri ci dissero che
“tutto è possibile ma allo stesso tempo ci sarà spazio per tutti”.
A distanza di qualche anno, ci sentiamo di affermare che
il private banking come modello di business nel settore del risparmio ha fallito (se non è sufficiente per tenere in piedi un palazzone come Credit Suisse, credete forse che quel modello potrà reggere la vostra modesta casetta di legno?); ed anche che
non c’è spazio per tutti: qualcuno è già andato a casa (per fortuna), ed altri seguiranno, a breve. Molti altri.
Per voi lettori, il nostro suggerimento è quello che avete già letto in alcune delle immagini di questo nostro Post. Tenete bene a mente: quello che conta non è la discesa, è il punto di atterraggio.