Le Buone Notizie per il 2024: parte 4. Il nostro Outlook innovativo.
 

Il nostro Outlook 2024 si chiude con questo Post.

Il nostro Outlook è diverso da quello di tutti gli altri.

E non ci riferiamo alle previsioni per ogni asset o classe di asset. Oppure per questo o quell’evento.

No: perché, nel nostro Outlook, semplicemente, questo tipo di “previsioni” NON ci sono.

Il classico Outlook, del vostro promotore finanziario, della vostra Rete di promotori, della vostra banca, della grande banca internazionale, della casa di Fondi Comuni, è sempre costruito, più o meno, come nell’immagine sopra.

Un elenco di cose che “si prevede” succederanno.

Il nostro Outlook è costruito in modo decisamente diverso.

Sono moltissime, le cose che potrebbero succedere, nel 2024. E abbiamo ZERO (letteralmente: zero) interesse di sapere dove Goldman Sachs o JP Morgan oppure BNP Paribas prevede che sarà l’indice S&P 500 a dicembre di quest’anno. Oppure il FTSE MIB. Oppure il rendimento del BTp. Oppure il dollaro contro euro.

Delle loro previsioni ci importa nulla.

“… ma allora voi, sulla base di che cosa impostate la vostra strategia e fate le vostre scelte?” vi chederete

La risposta è semplicissima: su tutto ciò che, nell’elenco dell’immagine qui sopra, nella pubblicazione di Morgan Stanley oppure JP Morgan, di Fideuram e di Mediolanum e di Generali, NON trovate.

Ed è così, ragionando e poi lavorando in questo modo, che Recce’d ha fatto e farà la differenza.

Lo avete già capito, ne siamo certi, che cosa è che manca, nell’elenco che apre questo Post.

Tutte quelle cose che leggete nell’elenco dell’immagine sopra, a voi a che servono? Sono una raccolta di curiosità, di quelle che trovate leggendo la Settimana Enigmistica. Ma in pratica, a che servono?

Come si spiega che, alla fine della fiera, i portafogli modello di Recce’d hanno performato meglio di quelli di chi fa questo tipo di elenchi con le “previsioni”? Se loro sapevano già tutto prima, e noi invece che siamo andati CONTRO …

La risposta a questa domanda, in realtà, è semplicissima.

Nell’elenco dell’immagine che apre il nostro Post di oggi, ciò che manca del tutto …

… è la costruzione del portafoglio.

La costruzione del portafoglio è quella cosa che noi in più occasiono abbiamo riassunto con

  • what

  • when

  • where

  • how much

  • with whom

La costruzione del portafoglio è una pratica minuziosa e delicata, come quella di un orafo.

Una volta che ha lette tutte le ipotesi fantasiose fatte nell’immagine che apre il nostro Post, che poi sono esattamente le medesime che avete letto nel classico Outlook che circola in queste settimane, l’investitore (e tanto più il gestore dei portafogli modello) ha in mano nulla.

L’investitore ed il gestore devono poi impegnarsi per:

  • scegliere quali e quanti asset o asset class fare entrare nel portafogli

  • attribuire ad ognuno degli asset una percentuale

  • decidere su quali piazze operare

  • decidere quali strumenti finanziari, quali veicoli, utilizzare

  • scegliere i propri interlocutori, sia come consulenti sia come esecutori degli ordini di acquisto e poi di vendita.

La quasi totalità dei risultati di ogni investitore dipende dalle scelte che abbiamo appena elencato qui sopra, e non dall’elenco che leggete nell’immagine che apre il Post di oggi.

Gli investitori più ingenui, quelli poco esperti, quelli che mancano delle competenze oppure del tempo necessario, quelli più superficiali, alla fine di ogni anno si ritrovano sempre a leggere la classifica degli asset che hanno reso di più negli ultimi 12 mesi, e poi dicono a sé stessi con rimpianto:

… ah, se solo avessi messo tutti i miei soldi in un unico titoli, in quella specifica azione che ha reso più di tutte, oggi avrei svoltato la mia vita … pensa, se avessi messo tutto in Nvidia ..

Proprio come si fa con la schedina per il Totocalcio oppure per il biglietto della Lotteria.

L’occasione della vita.

Peccato che oggi, 2 gennaio 2023, i soggetti di cui stiamo scrivendo non hanno la più vaga idea di che cosa fare, come investire il proprio risparmio, ragionando in quel modo.

Non hanno neppure la più distante idea di quale asset oppure classe di asset farà meglio di tutte nel 2024.

Il modo in cui Recce’d, ma pure ogni altro gestore di portafoglio che abbia senso di responsabilità, competenza sufficiente ed esperienza adeguata, ragiona in materia di scelte di investimento è, molto semplicemente, opposto a questo.

Si tratta di una ragionare di tipo probabilistico.

Ne abbiamo già parlato, e ne scriveremo ulteriormente, con numerosi approfondimenti, alla pagina SCELTE DI PORTAFOGLIO di questo sito che nel vostro interesse fareste bene a seguire con attenzione (sono in arrivo alcune novità anche a proposito di quella pagina).

Per ragioni di spazio, diremo in una sintesi davvero estrema che:

  1. non esiste un solo scenario, ma esistono sempre molti scenari, e nessuno di questi scenari può mai essere adottato al 100%

  2. investire è totalmente diverso dall’acquistare: non si tratta di frutta, automobili, opere d’arte o capi di vestiario; investire è valutare se al prezzo attuale gli asset inclusi nel nostro universo investibile siano da acquistare, oppure vendere, oppure ignorare, guardando avanti di qualche mese o anno

  3. per questa ragione, a noi non interessa dove sarà questo oppure quell’indice ALLA FINE del 2024; a noi interessa ciò che accadrà DURANTE il 2024: perché è in questo modo, che si fanno le performances

  4. per la medesima ragione a noi non interessa se il BTp sale o scende, ma ci interessa piuttosto capire il perché: e quindi, che cosa succede in quel medesimo momento alle azioni, alle valute, all’oro ed al petrolio

  5. la scelta di determinati strumenti per investire, che magari sono poco efficienti, rispetto ad altri strumenti, più efficienti, contribuisce a determinare la performance in una misura significativa

Ecco spiegata la ragione per la quale, anche nel 2023, per i nostri clienti è stato conveniente investire con i nostri portafogli modello, rispetto a tutte le alternative che sono disponibili.

Anche se nell’universo investibile di Recce’d non ci trovate i “nomi alla moda” come Tesla e Nvidia, e neppure il Bitcoin. Il controllo nell’investire è importante quanto il rendimento.

Vogliamo essere molto chiari: qualche mossa nei portafogli modello la abbiamo sbagliata (e ci mancherebbe altro …).

Anche così, però, noi restiamo davanti.

Un approfondimento, su questo tema, i nostri clienti lo hanno già ricevuto in dicembre. Un secondo viene inviato in queste ore. Si tratta di due anticipazioni sul tema della performance, a cui noi da un mese abbiamo dedicato un ampio lavoro di ricognizione ed analisi.

Lavoro che sarà inviato in esclusiva ai nostri clienti in gennaio. Dove mettiamo a confronto performances REALI. Quelle dei nostri portafogli modello e quelle di tutti gli altri.

Ora ritorniamo, per le conclusioni, al nostro Outlook per il 2024: inizia il nuovo anno, e immediatamente noi di Recce’d intendiamo esporre ai nostri lettori una serie di Buone Notizie che riguardano il 2024 dei loro investimenti e dei loro portafogli titoli.

Per tutti noi investitori, il 2020 è stata come sapete tutti una enorme discontinuità, di portata storica.

I mercati finanziari, tutti, sono entrati in una Nuova Era: una fase totalmente nuova.

Questo Nuovo Paradigma ha portato i mercati finanziari, per ben quattro anni, ad uno stato di evidente confusione: gli indici dei mercati si sono mossi su e giù, ma senza una chiara motivazione. La volatilità è stata la caratteristica dominante, ed è esplosa a livelli assurdi nella seconda metà del 2023.

Non esiste un quadro coerente: manca lo scenario di riferimento. Gli indici dei mercati, e quindi anche nei vostri portafogli le azioni, e le obbligazioni, e le valute, e le materie prime sono in effetti allo sbando. Ve ne siete accorti tutti.

Recce’d ritiene che questa prolungata fase di sbandamento si conclude proprio con il 2023 che è appena finito: i mercati finanziari, nel 2024, ritorneranno verso il loro fisiologico e naturale modo i relazionarsi con l’economia reale.

Grazi a questo, quindi, ritroveranno una stabilità, supereranno le fragilità, e ci forniranno finalmente una direzione. Nel 2024 vedremo la fine della “bolla del tutto” (everything bubble) che per tre anni ha imperversato sui mercati finanziari, facendo danni che voi avete per ora visto solo in una piccola parte.

La buona notizia, quella vera, quella importante, è questa che avete appena letto. Poi ne seguono altre. Il riordino ed il ritorno verso un equilibrio stabile producono grandi opportunità di guadagno per i vostri e per i nostri portafogli.

E questa sarà la (vera) occasione della vita: quella vera, non quelle false che tutti hanno raccontato, nel 2021 e nel 2023.

Passando dallo scenario alla pratica della gestione del portafoglio, come è possibile cogliere le opportunità e fare questi grandi, anzi grandissimi guadagni che abbiamo tutti proprio davanti agli occhi?

Nel nostro Blog abbiamo pubblicato nelle ultime due settimane:

·       Un Post il 24 dicembre dove abbiamo chiarito (nella parte 1 del nostro Outlook) abbiamo ricapitolato i fatti principali del 2023 e degli anni dopo il 2020: dalle stalle alle stelle, poi alle stalle, poi alle stelle, e poi …

·       Un Post il 26 dicembre (il numero 2 del nostro Outlook) illustriamo, in modo chiaro, intorno a quale fattore ruoteranno i mercati finanziari nel 2024, e quindi anche la strategia di Recce’d per il 2024

·     Un Post il 30 dicembre dove spieghiamo le ragioni per le quali il 2024 sarà un anno memorabile, per tutti gli investitori ma in modo particolare per i nostri Clienti e per i nostri portafogli modello

·       Un Post il 31 dicembre nel quale facciamo il nostro punto sui temi di mercato dell’ultima parte del 2023

·       Un Post il giorno 1 gennaio 2024 nel quale abbiamo anticipato i temi di investimento che risulteranno dominanti nel Nuovo Anno

Ogni gestore del portafoglio titoli, ed ogni investitore che abbia un portafoglio di GPM ed azioni, obbligazioni, Fondi Comuni, Fondi Hedge, certificati, e altro, può ricavare da questi nostri lavori recenti le valutazioni essenziali per decidere in merito al futuro del proprio portafoglio titoli, dati i suoi obbiettivi di rendimento futuro e di rischio che sarà da sopportare.

  1. Può scegliere a quali fattori attribuire maggiore peso, nelle proprie valutazioni.

  2. Può quindi decidere come, in quale modo e cn quali supporti, monitorerà l’evoluzione di questi fattori determinenti.

  3. Dopo, potrà costruire il proprio set di rendimenti attesi, per ogni asset o classe di asset.

  4. Può costruire il proprio set di rischi impliciti, per ogni asset o classe di asset.

  5. Dopodiché può completare l’esercizio occupandosi di

  • percentuali

  • timing

  • strumenti

  • controparti.

E come anticipato sopra ma anche nel titolo, troverete nei nostri Post una grande quantità di Buone Notizie per il 2024.

Sopra ad ogni altra cosa, ricordate che i mercati finanziari sono già oggi nel Nuovo Paradigma: non investite guardando nello specchietto retrovisore, è rischiosissimo.

In questo modo qualche si è espressa anche Blackrock: che non è soltanto la casa di gestione di Fondi Comuni al Mondo, è anche la più influente politicamente.

Leggete queste poche righe di introduzione al loro Outlook 2024: sono la base da cui partire, per le vostre scelte di portafoglio nel gennaio del 2024.

Un mondo strutturalmente diverso

Riteniamo che tassi più alti e una maggiore volatilità definiscano il nuovo regime. Si tratta di un grande cambiamento rispetto al decennio successivo alla crisi finanziaria globale. Gli investitori potevano fare affidamento su un’allocazione statica e ampia delle classi di attività per ottenere rendimenti – e hanno ottenuto scarsi vantaggi da approfondimenti differenziati sulle prospettive macro.

Oggi pensiamo che tutto l’opposto sia vero. I vincoli di produzione abbondano. Le banche centrali devono affrontare compromessi più difficili nella lotta all’inflazione e non possono rispondere a una crescita vacillante come facevano in passato. Ciò porta a una serie di risultati più ampia, creando a nostro avviso maggiore incertezza per le banche centrali e gli investitori.

Non il tipico ciclo economico

Riteniamo che vi sia la tentazione di interpretare il nuovo regime adottando una visione classica del ciclo economico del contesto attuale. Ciò non coglie il punto: l’economia si sta normalizzando a causa della pandemia e viene modellata da fattori strutturali: contrazione della forza lavoro, frammentazione geopolitica e transizione a basse emissioni di carbonio. A nostro avviso, la conseguente disconnessione tra la narrativa ciclica e la realtà strutturale sta alimentando ulteriormente la volatilità.

Gestire il rischio macro

La crescita apparentemente forte degli Stati Uniti riflette in realtà un’economia che sta ancora uscendo dal profondo buco creato dallo shock pandemico – e che segue un percorso di crescita debole. Ciò che conta di più, a nostro avviso, è che il contesto implica tassi di interesse persistentemente più elevati e condizioni finanziarie più difficili. I mercati finanziari si stanno ancora adattando a questo nuovo regime, ed è per questo che il contesto è fondamentale per gestire il rischio macro, il nostro primo tema.

Il contesto è tutto

Ci pare che, grazie a tutto questo lavoro che Recce’d gratuitamente vi mette a disposizione, a questo punto voi lettori abbiate una serie di strumenti per decidere in modo produttivo e consapevole.

Se siete interessati ad approfondire, e ad operare sui vostri portafogli sulla base dei nostri collaudati portafogli modello, ci troverete a vostra piena disposizione facilmente, utelezzand la pagina CONTATTI del nostro sito, molto facilmente accessibil.

Chiudiamo il nostro Outlook con un articolo. L’articolo è del maggio del 2020, ma noi lo abbiamo archiviato e lo rileggiamo di tanto in tanto.

Nel 2020 c’è stata la Grande Discontinuità, e quella fase di mercato nel 2023 non si è ancora chiusa. Recce’d vi anticipa che si chiuderà proprio nel 2024. E che questa è davvero una Grande Buona Notizia. L’opportunità di una vita.


Non sono incline a fare richiami direttivi in colonne come questa o a usare lettere maiuscole nei miei post sui social media. Piuttosto che dire alle persone cosa pensare, preferisco fortemente cercare di aiutarle a raggiungere le proprie conclusioni fornendo analisi e approfondimenti.

Nelle ultime settimane, tuttavia, ho fatto due eccezioni degne di nota: esortando ripetutamente i politici, le aziende e gli individui a rendersi conto che lo shock del coronavirus era fondamentalmente diverso in quanto avrebbe innescato arresti economici improvvisi senza precedenti, un fenomeno estremamente insolito al di fuori degli stati e delle comunità fragili o falliti colpiti da grandi disastri naturali; e, poiché prevedevo una correzione del mercato molto più ampia e generalizzata, esortando gli investitori a non continuare ad acquistare durante i cali, una strategia di investimento che aveva funzionato estremamente bene negli ultimi anni.

Durante il fine settimana, ho usato di nuovo le lettere maiuscole in un post sui social media, questa volta per avvertire che le interruzioni improvvise a cascata stavano raggiungendo la MASSA CRITICA. Sono giunto a questa conclusione attraverso molteplici consultazioni nel corso di molte settimane con medici, economisti e scienziati comportamentali e anche attingendo alla mia esperienza di decenni fa lavorando presso l’FMI sulle crisi nei paesi in via di sviluppo, compresi gli stati in fallimento.

Pensa a ciò che sta accadendo come a un enorme cambiamento di paradigma per economie, istituzioni, norme e pratiche sociali che, in modo critico, non sono predisposte per un simile fenomeno. Ci impone di comprendere le dinamiche, non solo per orientarle bene ma anche per evitare comportamenti che peggiorino notevolmente la situazione.

La conclusione è che le perturbazioni economiche nell’immediato futuro saranno più gravi e diffuse di quelle vissute dalla maggior parte della popolazione nei paesi avanzati.

Viviamo in un’economia globale impegnata ad approfondire l’interconnettività; e stiamo vivendo un periodo in cui l’attuale fase della politica sanitaria – che enfatizza il distanziamento sociale, la separazione e l’isolamento – va contro ciò che guida la crescita economica, la prosperità e la stabilità finanziaria. Gli effetti di questi due fattori fondamentali saranno amplificati dall’economia della paura e dell’incertezza che tenta tutti non solo di svuotare gli scaffali dei supermercati, ma purtroppo anche di riaccendere terribili pregiudizi consci e inconsci.

Tutto ciò avrà effetti negativi stressanti e immediati sulle istituzioni. Le politiche saranno progettate in condizioni di “nebbia di guerra”, incluso quel terribile compromesso tra il bisogno fondamentale di urgenza e sia l’informazione imperfetta che l’assenza di un programma. L’efficacia delle misure tradizionali diminuirà in un momento di ripetuta necessità di un processo decisionale snello e tuttavia altamente coordinato a livello locale, regionale, nazionale e internazionale. E, se non stiamo attenti, i nostri comportamenti potrebbero aggravare questo considerevole elenco di sfide.

Ovunque si guardi, l’attività economica si sta spegnendo a causa di una combinazione di direttive governative e comportamenti sociali. I divieti di viaggio negli Stati Uniti, la chiusura delle frontiere europee, le chiusure a livello nazionale e quelle di uffici e scuole sono diventate la normalità.

Il fenomeno sta accelerando anche a livello delle comunità locali – le prenotazioni del venerdì in un popolare ristorante sono diminuite di due terzi rispetto a quelle di appena una settimana prima, e il traffico senza persone è diminuito ancora di più – e ora sta raggiungendo la massa critica anche se isolato. e i segmenti della popolazione meno inclini alla paura saranno costretti a disimpegnarsi (dopo essersi uniti all’acquisto dettato dal panico delle forniture). Con ciò, il danno economico sarà ancora più immediato e diffuso. E poiché per molti sarà senza precedenti, metterà il turbo a quel tipo di incertezza, paura e sensazione di impotenza che si tradurranno in paralisi totale o massicce reazioni eccessive.

Temo che questa combinazione, strappando così tante persone dalle loro zone di comfort, ci farà anche perdere di vista il fatto che questo shock può essere contenuto e invertito. E quando arriverà la svolta economica, e arriverà, la ripresa economica sarà netta (anche se, come spiegherò in dettaglio in futuro, ci saranno anche implicazioni a lungo termine, compreso un ulteriore impulso alla deglobalizzazione).

Il più importante catalizzatore di inversione di tendenza verrà dall’efficace dispiegamento di test medici, trattamenti precoci e, infine, da una combinazione di autoimmunità e vaccino. Tutti possono facilitare questo processo seguendo i consigli medici che cercano di proteggere sia gli individui che le comunità.

Quanto a cosa fare ora (e, con le mie scuse, perché suonerà come un’altra direttiva):

  • i leader di governo, aziende e famiglie dovrebbero comunicare in modo trasparente sulle dinamiche insolite in gioco, sottolineando la natura senza precedenti per la maggior parte, insieme all’incertezza altamente inquietante e la paura che inevitabilmente ne deriva.

  • dovrebbero contribuire a tracciare il percorso da seguire che riconosca la scomoda realtà di ulteriori danni economici prima che venga raggiunto il fondo.

  • a tutto ciò si aggiungono consigli su come, attraverso una combinazione di difesa e attacco, è possibile affrontare la recessione, abbreviarne la durata e accentuare la ripresa.

E fate tutto questo nel contesto di comunicazioni regolari e professionali, lettere maiuscole e tutto il resto.

Valter Buffo
Le Buone Notizie per il 2024: parte 3. Il nostro Outlook innovativo.
 

Noi di Recce’d abbiamo scelto di NON produrre un Outlook 2024 che si occupasse di dove finirà il nuovo anno la Borsa, il tasso di interesse, il tasso di cambio.

Quel tipo di documento è del tutto inutile, per noi investitori sui mercati finanziari. Non serve a nulla. Si tratta unicamente di marketing.

Noi abbiamo invece suddiviso il nostro Outlook i quattro parti, tutte pubblicate qui, nel Blog.

  • Nella parte 1, abbiamo fatto una fotografia: abbiamo ricordato, ai nostri lettori, dove ci troviamo oggi, noi investitori, e dove si trovano oggi i mercati finanziari.

  • Nella parte 2, poi abbiamo offerto ai lettori il nostro scenario per il 2024, utilizzando analisi e considerazioni scritte … quindici anni fa, ma oggi ancora più valide di allora.

  • Nella parte 3 che leggete ora, il nostro lettore verrà aiutato a mettere a fuoco le principali opportunità di investimento che si presentano nel nuovo anno, e i fattori che potranno metterle in moto.. Ma pure i rischi principali da cui è doveroso proteggere il proprio risparmio.

  • Nella parte 4 che seguirà questa troverete le nostre indicazioni specifiche, in merito alla gestione del portafoglio nel 2024, e ovviamente anche le nostre conclusioni.

Ovviamente il punto di partenza è che l’investitore deve chiarirsi dove si trova oggi. Di dove si trova il suo portafoglio titoli. Di dove si trovano oggi i mercati finanziari. Di dove si trovano le economie.

In questo specifico momento, questo è un requisito essenziale, a causa del fatto che per tutti noi investitori il 2020 è stata una enorme discontinuità. Di portata storica. I mercati finanziari, tutti, sono entrati in una Nuova Era: una fase totalmente nuova.

Questo Nuovo Paradigma ha portato i mercati finanziari, per ben quattro anni, in uno stato di evidente confusione: gli indici si sono mossi su e giù, ma senza una chiara motivazione, perché non esiste un quadro coerente. Siamo passati dalla recessione al boom economico all’inflazione e di nuovo poi alla recessione. Per conseguenza, gli indici dei mercati, e quindi anche nei vostri portafogli le azioni, e le obbligazioni, e le valute, e le materie prime sono in effetti da quattro allo sbando.

Recce’d ritiene che questa prolungata fase di sbandamento si conclude proprio con il 2023 che è appena finito: i mercati finanziari, nel 2024, ritorneranno verso il loro fisiologico e naturale modo i relazionarsi con l’economia reale.

Grazi a questo, quindi, ritroveranno una direzione. Nel 2024 vedremo la fine della “bolla del tutto” (everything bubble) che per tre anni ha imperversato sui mercati finanziari, facendo danni che voi avete per ora visto solo in una piccola parte.

La buona notizia, quella vera, quella importante, è questa che avete appena letto. Poi ne seguono altre. Il riordino ed il ritorno verso un equilibrio stabile producono grandi opportunità di guadagno per i vostri e per i nostri portafogli.

E questa sarà la (vera) occasione della vita: quella vera, non quelle false che tutti hanno raccontato, nel 2021 e nel 2023.

Passando dallo scenario alla pratica della gestione del portafoglio, come è possibile cogliere le opportunità e fare questi grandi, anzi grandissimi guadagni che abbiamo tutti proprio davanti agli occhi?

Da stamattina noi, con il nostro quotidiano Bollettino che si chiama The Morning Brief, le segnaliamo al nostro Cliente, motivando sempre sia le nostre conclusioni sia le nuove operazioni che faremo sui nostri portafogli modello.

Invece, per tutti i lettori del sito, già sabato 30 dicembre abbiamo offerto alcune concrete indicazioni.

Nel primo giorno del 2024, sempre gratuitamente, abbiamo fatto uno sforzo ulteriore: proponendo all’attenzione del lettore una recente intervista pubblicata dal Financial Times.

Charles Goodhart è una figura di indiscusso standing, ed alcuni di noi in Recce’d hanno avuto l’opportunità di conoscerlo e di collaborare.

Molte delle idee che lui ci espose negli ultimi anni dello scorso Millennio oggi ci restano di massima utilità, nello svolgimento della nostra attività professionale.

Oggi più che mai, ragionare e formulare previsioni in modo lucido ed anche indipendente da ciò che prevale nella massa è ciò che permette di fare la differenza, nei risultati del proprio portafoglio di investimento.

Grazie all’intervista che state per leggere, verranno posti alla vostra attenzione una serie di fattori ed elementi che NON trovate negli Outlook dei promotori finanziari e delle banche di investimento.

Ogni gestore del portafoglio titoli, ed ogni investitore che abbia un portafoglio di GPM ed azioni, obbligazioni, Fondi Comuni, Fondi Hedge, certificati, e altro, può ricavare proprio da questo Post che state leggendo, con uno sforzo di attenzione e ragionamento, le valutazioni essenziali per decidere in merito al futuro del proprio portafoglio titoli, dati i suoi obbiettivi di rendimento futuro e di rischio che sarà da sopportare.

E come anticipato sopra ma anche nel titolo, proprio qui c’è una grande quantità di Buone Notizie per il 2024: ovvero

  • dove stanno oggi le migliori opportunità di guadagno

  • dove invece si nascondono le maggiori trappole da cui proteggere il proprio patrimonio

  • a quali fatti attribuire maggior peso ed attenzione

  • e quali fatti invece vanno del tutto ignorati (anche se ogni giorno la macchina dei media, e l’industria del risparmio, li ingigantisce ed enfatizza)

Riocordatelo: i mercati finanziari sono già nel Nuovo Paradigma.

Non investite guardando nello specchietto retrovisore, è rischiosissimo. Quanto guidare contromano in autostrada.

Nel pieno della crisi indotta dal lockdown, l’economista britannico Charles Goodhart fece una previsione che allora fu per “tutti” sorprendente.

Con una crescita annuale dei prezzi nel Regno Unito inferiore all’1%, ha avvertito che l’inflazione sta tornando – e su base duratura.

La previsione, pubblicata con il coautore Manoj Pradhan nel libro del 2020 The Great Demographic Reversal, si basava su una teoria secondo cui molte delle forze che hanno tenuto sotto controllo l’inflazione negli ultimi decenni sono destinate a dissiparsi. Un eccesso di manodopera a basso costo, guidato in parte dall’ingresso della Cina nel sistema commerciale mondiale, lascerebbe il posto a carenze di manodopera man mano che le società invecchiano, contribuendo a una maggiore crescita dei prezzi. Le pressioni al rialzo sui prezzi e sui tassi di interesse sarebbero aggravate dalla riduzione dei risparmi e dall’aumento della spesa da parte della popolazione che invecchia, mentre le pressioni fiscali aumenterebbero con l’aumento della domanda di assistenza sanitaria.

L’attenzione di Goodhart si concentrava sulle tendenze inflazionistiche a lungo termine, ma il libro era, inutile dirlo, perfettamente tempestivo data la storia degli ultimi tre anni, quando l’inflazione era salita verso e oltre il 10%.

Le teorie contenute nel libro non sono affatto incontrastate tra gli economisti, anche dato che la società giapponese in rapido invecchiamento convive da decenni con un’inflazione irrisoria. Ma pochi si sentivano a proprio agio nell’ignorarli data la loro provenienza.

Professore emerito presso il Financial Markets Group della London School of Economics, Goodhart è uno degli economisti più eminenti del paese. Ha contribuito a definire la politica della Banca d’Inghilterra negli anni ’80 ed è stato uno dei primi membri esterni del neonato Comitato di politica monetaria quando la BoE è stata resa indipendente dal governo di Tony Blair. Molto prima del crollo bancario del 2007-2009, Goodhart parlava dell’importanza delle questioni relative alla stabilità finanziaria.

Ormai quasi ottantenne, Goodhart ha parlato al FT della necessità che le banche centrali comprendano meglio i fattori determinanti della recente impennata dei prezzi, sostenendo che devono migliorare i loro modi di comunicare sui rischi inflazionistici che si prospettano. Con i dati sulla crescita che indicano una prospettiva fiacca, Goodhart ha avvertito che le banche centrali si troveranno ad affrontare un “periodo molto difficile” in futuro. Ha anche lanciato alcuni cupi avvertimenti sul crescente rischio di crisi fiscali in alcune delle più grandi economie del mondo.

Sam Fleming: I banchieri centrali sono stati in gran parte colti di sorpresa dall’impennata inflazionistica iniziata tre anni fa. La tesi a loro difesa è che l’inflazione è stata causata da una serie di shock dell’offerta che difficilmente avrebbero potuto prevedere. Qual è il tuo punto di vista?

Charles Goodhart: Beh, in realtà in gran parte è corretto. Ma penso che si siano spinti troppo oltre e ora stiano cercando di sostenere che erano completamente irreprensibili, che tutto era dovuto a una serie di shock imprevedibili, piuttosto che che non si erano resi conto che ci sarebbe stato un cambiamento nella disponibilità di lavoro, il che significava che l’inflazione non era transitoria. Vorrei notare in particolare che nell’eccellente discorso del politico della Banca d’Inghilterra Jonathan Haskel egli afferma che hanno dovuto aspettare fino a dicembre 2021 perché temevano che ci sarebbe stato un massiccio aumento della disoccupazione quando i lavoratori sarebbero tornati in massa dopo il periodo di congedo. E il presidente della Federal Reserve Jay Powell sostiene più o meno la stessa argomentazione. Non hanno visto che il Covid stesso aveva ridotto la probabilità di un grande ritorno di manodopera. E non hanno visto che la tendenza di fondo era fortemente contraria a un aumento significativo della forza lavoro.

SF: Stiamo parlando della fine del 2021.

CG: Sì, la decisione presa nell’estate del 2021 di mantenere i tassi di interesse a livelli molto bassi. È stato nella seconda metà del 2021 che l’inflazione ha cominciato davvero ad aumentare abbastanza rapidamente e ben prima dell’attacco all’Ucraina da parte della Russia.

SF: Il lavoro di Haskel su questo argomento utilizza il modello sviluppato dall’ex presidente della Fed Ben Bernanke e dall’ex capo economista del FMI Olivier Blanchard, trasponendolo nel Regno Unito. Dice che c’è stata un’esplosione iniziale di inflazione durante la primavera e l’estate del 2021, dovuta ai prezzi e alle carenze dell’energia, e che la storia del lavoro riprenderà più tardi. E quindi è stato ragionevole da parte loro dire che si tratta di una situazione transitoria.

CG: Penso che Blanchard, Bernanke, Haskel e i suoi colleghi esagerino l'argomento della carenza dal lato dell'offerta. Immagino che gran parte di ciò che attribuiscono alle carenze in realtà sia molto più attribuibile alle espansioni fiscali che si stavano verificando più o meno nello stesso periodo.

SF: Ma non si potrebbe guardare a quello che è successo di recente almeno ai tassi di inflazione principali e ai cali molto marcati che stiamo vedendo ora, soprattutto nell’area dell’euro, e dire che forse questa storia di grandissimi shock dall’offerta si sta attenuando? .

CG: Bene, penso che risponderei dicendo che l’inflazione del costo unitario del lavoro e l’inflazione dei servizi sono ancora significativamente al di sopra del livello target. Non c’è assolutamente alcun dubbio che l’inflazione sia stata esagerata dagli shock dell’offerta, di petrolio e in particolare di gas in Europa e nel Regno Unito, che l’America non ha sofferto nella stessa misura. Quindi, quando ciò si inverte, sei destinato a subire un netto calo. La mia aspettativa è che il 2024 sarà molto favorevole perché stiamo assistendo a un’inversione dell’impennata dei prezzi dell’energia. Ma l’inflazione sottostante e quella del mercato del lavoro non sono ancora scese al livello target. La mia aspettativa è che il 2024 sarà molto favorevole perché stiamo assistendo a un’inversione dell’impennata dei prezzi dell’energia. E se, come penso sia possibile, ci sarà una sorta di tregua nella guerra in Ucraina, i prezzi dell’energia potrebbero scendere ulteriormente. E penso che il 2024 avrà un aspetto favorevole, da questo punto di vista. Penso che le banche centrali dichiareranno la vittoria e ad un certo punto inizieranno ad abbassare i tassi di interesse nominali. La mia preoccupazione è l’argomento del recupero. Il desiderio delle famiglie di riportare gli standard di vita a quelli di prima significherà che, soprattutto se i tassi di interesse dovessero scendere, il mercato del lavoro rimarrà più rigido di quanto sia coerente con l’obiettivo di inflazione di fondo. Quindi il 2025 vedrà effettivamente una certa inversione, con l’inflazione che salirà di nuovo, forse anche verso la fine del 2024.

SF: Haskel ha detto che la sua stima dell’impatto del recupero era di poco più di un punto sulla crescita salariale annuale e circa la metà per cento sull’inflazione dei prezzi fino al secondo trimestre del 2023. Direste che è un eufemismo?

CG: Sì. La preoccupazione riguardo al recupero è cumulativa. Non si tratta semplicemente di "abbiamo sottovalutato l'inflazione adesso?", ma di "quanto sono diminuiti i nostri standard di vita, rispetto a un passato ragionevolmente recente, che pensavamo in un certo senso fosse normale?" Quindi è un declino cumulativo degli standard di vita che Penso che sia cruciale. Basta guardare quello che dicono ora i medici, gli infermieri, i ferrovieri e così via, per rendersi conto che è cumulativo. Inoltre, il tenore di vita reale del Regno Unito è stato ulteriormente ridotto dal fatto che nel frattempo le aliquote fiscali effettive sono state aumentate mantenendo costanti le soglie. Quindi, se si prendono gli standard di vita reali al netto delle tasse, molti, in particolare nel settore pubblico, stanno subendo una considerevole riduzione cumulativa del loro standard di vita. Direi che la variabile effettiva che [Haskel et al] utilizzano per modellare il recupero non è, a mio avviso, sufficiente o soddisfacente. C’è bisogno che le persone che non fanno parte delle banche centrali mettano in discussione e rifacciano i modelli che vengono costruiti da coloro che sono stati nelle banche centrali. La sfida deve venire dall’esterno. Non che gli addetti ai lavori abbiano torto, è solo che gli addetti ai lavori sono ben felici di fermarsi su un punto particolare che mostra le banche centrali nella luce migliore.

SF: Sarebbe quindi d'accordo con coloro che sostengono una politica monetaria restrittiva molto persistente, fino al prossimo anno?

CG: È un periodo molto difficile per le banche centrali. Se l’inflazione complessiva scende al di sotto del 2%, come è perfettamente possibile nel corso del 2024, e la disoccupazione aumenta, e si stanno avvicinando le elezioni generali per cui i politici saranno scontenti se non si tagliano i tassi di interesse, penso Nel corso del 2024 la pressione sulle banche centrali affinché taglino i tassi di interesse nominali sarà schiacciante. E capirei perfettamente se lo facessero. Penso che il mio unico commento sarebbe che se e quando – e penso che sia una questione di quando piuttosto che se – l’inflazione riprenderà a salire verso la fine del 2024 o fino al 2025, poiché la riduzione dei prezzi dell’energia stessa non rientra nei limiti. C'è bisogno che le persone che non fanno parte delle banche centrali mettano in discussione e rifacciano i modelli che vengono costruiti da coloro che sono stati nelle banche centrali. Non li vedo rifiutarsi di abbassare i tassi di interesse nominali con un'inflazione complessiva pari o inferiore al target e disoccupazione in aumento. Semplicemente non accadrà.

SF: Nell’area euro prevediamo già un’inflazione complessiva compresa tra il 2 e il 3%, quindi non lontana dall’obiettivo.

CG: Isabel Schnabel della BCE, nel suo recente commento, sta chiaramente segnalando che non solo siamo ora ai vertici, ma che una certa riduzione dei tassi di interesse nominali sarà inevitabilmente, credo, nelle carte per qualche tempo nel 2024 – molto probabilmente nel primo tempo.

SF: Volevo parlare del tuo libro con Manoj Pradhan, che è stato pubblicato nel 2020. Diceva che l'inflazione sarebbe probabilmente tornata, ma le ragioni a cui stavi pensando erano temi a lungo termine, compreso il ruolo della Cina e le società che invecchiano, e una mancanza di offerta di lavoro. In che misura vedi già visibili alcuni di questi temi a lungo termine nell’inflazione che abbiamo visto negli ultimi due, tre anni?

CG: Devo confessare che siamo stati abbastanza fortunati nei nostri pronostici, perché quello che non abbiamo visto è stato l’effetto del Covid in particolare sulla forza lavoro. Gli effetti delle grandi dimissioni anticipate, dell’aumento delle persone con malattie croniche, del Covid lungo, e negli anni del Covid il calo delle migrazioni. Negli ultimi tempi la migrazione è aumentata molto più di quanto ci aspettassimo e penso che questo sia senza dubbio uno dei fattori che stanno frenando i salari. Se la politica nel mondo, non solo nel Regno Unito, ma anche negli Stati Uniti e in Europa, in particolare con le elezioni nei Paesi Bassi, innescasse un’effettiva riduzione dell’immigrazione totale, quella sarebbe un’altra forza a lungo termine che determinerebbe un rafforzamento del sistema mercati del lavoro, e quindi la tendenza ad aumentare le pressioni inflazionistiche.

SF: Nel libro sostieni che i beni a basso costo prodotti dalla Cina e dalla sua vasta forza lavoro negli ultimi decenni hanno svolto un ruolo più importante dell’esperienza dei banchieri centrali nel mantenere bassa l’inflazione. Oggi la popolazione cinese in età lavorativa è in costante declino. Siamo anche in quest’era di amicizia e tensione geopolitica. Riesci già a vedere alcuni di questi effetti nei numeri che vediamo oggi?

CG: Sì, ma ovviamente ci sono state tante dislocazioni. Durante i tre decenni fino al 2020, si sono verificati periodi prolungati in cui i prezzi dei beni primari negli Stati Uniti in media tendevano a scendere di circa l’1% annuo, mentre i prezzi dei servizi primari tendevano ad aumentare di circa il 3%. E gran parte di questa tendenza persistente al calo dei prezzi dei beni è dovuta alla merce a basso costo proveniente dalla Cina. Se ne otterremo di meno, chiaramente la pressione al ribasso sui prezzi dei beni sarà minore.

SF: Le persone citano il Giappone come un esempio in cui una società che invecchia convive con un’inflazione molto bassa per lungo tempo. Come affronti questa critica?

CG: Alla critica sul Giappone rispondiamo dicendo che coloro che ci criticano lo fanno in gran parte perché vedono il Giappone come se fosse un'economia chiusa. Il Giappone stava invecchiando esattamente nello stesso periodo, in quegli anni, dal 1990 al 2020, quando il resto del mondo, e in particolare la Cina, nuotava in manodopera relativamente disponibile, efficace e abbastanza a buon mercato. Molte aziende giapponesi ne hanno beneficiato delocalizzando in Cina. Quindi avevano le stesse forze disinflazionistiche mondiali del resto di noi, e questo era il fattore dominante.

SF: Dove ci porta questo nel dibattito sul tasso di interesse naturale a lungo termine?

CG: Questo è uno degli argomenti più controversi. L’analisi tradizionale sostiene ancora che i tassi di interesse reali e nominali scenderanno, tornando a livelli molto bassi. E noi, d’altro canto, sosteniamo che, a causa della carenza di risparmi personali sufficienti e dei problemi fiscali che non consentono al governo di intervenire con pensioni sufficientemente buone, ciò significherà in realtà che il governo dovrà sostenere, in particolare gli inabili, a evitare che diventino effettivamente indigenti. E i costi fiscali saranno enormi, soprattutto per quanto riguarda l’assistenza agli anziani e agli inabili nelle loro case di cura. Presterei maggiore attenzione ai prezzi degli asset. E se gli aggregati monetari si comportassero in un modo molto insolito, come lo sono in questo momento, cercherei di interrogarmi sul perché ciò stia accadendo. Siamo di fronte ad una crisi fiscale in futuro. Non sappiamo come risolverlo. E i politici dicono sempre “sappiamo cosa dovremmo fare, non sappiamo come essere rieletti se lo facciamo”. È difficile considerati gli altri problemi che abbiamo: le spese per il clima e la difesa. Le spese dovranno aumentare e come intendete finanziarle? Cercare di farlo attraverso il prestito non farà altro che sovraccaricare il mercato del debito del settore pubblico e portare, ad un certo punto, a una crisi che ricorda troppo ciò che è accaduto in questo paese nel settembre 2022 [con il “mini” bilancio dell’allora Cancelliere Kwasi Kwarteng).

SF: A che punto crede che ciò inizi effettivamente a manifestarsi nei mercati del debito?

CG: Non ne ho idea.

Sai che qualcosa è insostenibile ma non sai quando la diga crollerà.

In macroeconomia le cose possono andare avanti più o meno normalmente, perché questo è ciò che le persone si aspettano,

e poi all’improvviso succede qualcosa.

Non è mai possibile stabilire quale sarà l’innesco e tutto va per il verso giusto. E uno dei grandi problemi che dobbiamo affrontare in questo momento è che ciò è altrettanto probabile che accada negli Stati Uniti come in qualsiasi altro posto. ​E poiché gli Stati Uniti sono il fulcro più importante dell’economia mondiale, cosa accadrebbe se il mercato dei titoli del Tesoro facesse lo stesso tipo di cosa avvenuta nel Regno Unito? Indubbiamente la Fed dovrebbe intervenire, ma ciò invertirebbe la stretta quantitativa della politica monetaria. E allora sorgerebbe la domanda: in tali circostanze la politica monetaria diventerebbe dominata dal punto di vista fiscale? E se la politica monetaria fosse dominata dal punto di vista fiscale, quali conseguenze avrebbe sull’inflazione, e per quanto tempo tale dominio fiscale consentirebbe al sistema di continuare a funzionare in modo ragionevolmente efficace?

SF: Tornando alla questione delle banche centrali e della loro risposta all’inflazione, uno degli esiti dell’esplosione inflazionistica è la messa in discussione dei metodi di previsione dei banchieri centrali. Quali cambiamenti, se ce ne fossero, consiglieresti se dovessi consigliare Ben Bernanke sulla sua imminente revisione commissionata dalla Corte della Banca d'Inghilterra?

CG: Comincerei sicuramente con lo scartare le aspettative razionali. Quando nessuno conosce il futuro e quando non c’è una chiara certezza su quale sia il modello corretto, non è comunque chiaro cosa sia razionale. E in pratica, le persone non conoscono i modelli, e la persona comune tende a estrapolare il passato piuttosto che applicare lo stesso tipo di previsioni applicate dal commercio mondiale e dai macroeconomisti. Successivamente presterei maggiore attenzione ai prezzi degli asset. E se gli aggregati monetari si comportassero in un modo molto insolito, come lo sono in questo momento, penso che cercherei di interrogarmi sul perché ciò sta accadendo e quali sarebbero le implicazioni. Anche se fossi giunto alla conclusione che le implicazioni sarebbero state molto piccole. E in terzo luogo, e forse la cosa più importante, non opterei per una previsione a punto singolo, perché viene utilizzata dai destinatari per ridurre la loro incertezza in una situazione in cui l’incertezza è intrinseca. Ed è effettivamente sbagliato che le banche centrali fingano, o sembrino fingere, di conoscere così bene il futuro. Invece, preferirei di gran lunga che utilizzassero un processo di scenari. Dovrebbero esserci sempre scenari con un numero pari, perché se ci fossero scenari con un numero dispari, i destinatari sceglieranno sempre lo scenario centrale e presumeranno che quello sia il punto di previsione su cui possono fare affidamento.

SF: Quindi, se sei Ben Bernanke e uno dei tuoi consigli è di lavorare con gli scenari, come sarebbero quegli scenari e quanti te ne servono? I mercati continueranno a coalizzarsi attorno alla convinzione che uno degli scenari sia quello principale.

CG: Uno degli scenari che mi piacerebbe davvero vedere preso in considerazione in questo momento sarebbe quello che accadrebbe se la guerra in Ucraina finisse. Ora, questo è, se vuoi, un buon scenario. Un altro scenario che vorrei vedere sarebbe quello che accadrebbe se il conflitto in Medio Oriente peggiorasse e, invece di scendere, i prezzi dell’energia aumentassero piuttosto bruscamente. E ancora una volta, sai, entrambi sono risultati perfettamente fattibili. Basta osservare alcune delle differenze di opinioni tra i membri del MPC per rendersi conto che c'è meno pensiero di gruppo nella Banca d'Inghilterra di quanto probabilmente ce ne sia in qualsiasi altra grande banca centrale. Sarei molto felice di avere un altro paio di scenari . Una potrebbe essere quella che accadrebbe se l’aumento relativamente modesto della disoccupazione portasse a una riduzione significativa delle richieste salariali e, quindi, dei costi unitari del lavoro? E d’altro canto, cosa accadrebbe se così non fosse? Se la riduzione cumulativa del tenore di vita significasse che l’aumento della disoccupazione che le banche centrali erano disposte ad accettare non fosse sufficiente a riportare una diminuzione del costo unitario del lavoro a un livello coerente con l’obiettivo? Quindi avrei [scenari] globali buoni e cattivi e avrei risultati buoni e cattivi sul mercato del lavoro.

SF: E nessuna previsione centrale in quanto tale.

CG: No. E se mi chiedessero quale di questi scenari ritieni più probabile, mi volterei e direi che la tua stima è buona quanto la mia. Probabilmente è anche vero.

SF: Vedete un ruolo in tutto questo per l’equivalente del “dot plot” della Fed quando si tratta delle aspettative sui tassi di riferimento dei vari policy maker?

CG: Non proprio. In un certo senso, vedete, abbiamo già i nostri dot plot nel Regno Unito perché sappiamo che i singoli membri del Comitato per la politica monetaria possono arrivare ad avere opinioni molto diverse su ciò che dovrebbe essere fatto, e che viene pubblicato. Con i dot plot è questo ciò che vorrebbero che accadesse? Cosa pensano che accadrà? Stimate i tassi di interesse futuri in base a come pensate che voteranno i vostri colleghi o stimate i tassi di interesse futuri in base a ciò che pensate dovrebbe accadere? Cosa rappresentano esattamente? Non è del tutto chiaro. ​Uno degli ambiti in cui difendo fermamente la Banca è la questione del pensiero di gruppo. Basta osservare alcune delle differenze di opinioni tra i membri dell’MPC per rendersi conto che nella Banca d’Inghilterra c’è meno pensiero di gruppo rispetto a qualsiasi altra grande banca centrale. Quando ero io stesso nel MPC, qualsiasi banca centrale che avesse Willem Buiter come membro non poteva essere accusata di pensiero di gruppo perché era un individuo anti-pensiero di gruppo.

SF: All’inizio di quest’anno hai scritto che il lungo periodo di politica monetaria lassista aveva creato maggiori rischi sistemici. Il contesto è stato il tumulto attorno alla Silicon Valley Bank, et al. Abbiamo avuto quel periodo di turbolenze, ma nonostante il forte inasprimento della politica monetaria, non abbiamo assistito ad una grave crisi finanziaria. Che messaggi cogli da quell'episodio ora che sembra almeno per il momento passato?

CG: Bisogna distinguere tra Stati Uniti, Europa e Regno Unito. Considero le turbolenze della SVB e degli altri un fallimento della vigilanza e non della regolamentazione. In altre parole, le norme c'erano. E in effetti molte delle cose che non andavano bene con la SVB erano state ben segnalate in anticipo. Il problema era che i supervisori, per ragioni che non sono del tutto sicuro di aver compreso, non erano in grado o non erano preparati a rispondere in modo rapido e sufficientemente energico. Vorrei che venissero applicate sanzioni più severe, sanzioni pecuniarie, a coloro che prendono le decisioni quando, è vero, con il senno di poi, sono stati chiaramente imprudenti Quindi penso che negli Stati Uniti la domanda sia: come rendere la supervisione più efficace? Non credo che lo stesso argomento valga, o almeno non con la stessa forza, nel Regno Unito e in Europa.

SF: Siamo abbastanza lontani dalla risposta normativa alla grande crisi finanziaria per valutarne l’efficacia. Quali sono i settori in cui vedresti maggiore spazio per ulteriori riforme, se ce ne sono?

CG: La mia preoccupazione è sempre stata che uno dei grandi fattori di rischio morale sia stata la responsabilità limitata di coloro che prendono le decisioni più importanti. E mi piacerebbe vedere sanzioni più severe, sanzioni pecuniarie, applicate a coloro che prendono le decisioni quando, è vero, con il senno di poi, sono stati chiaramente imprudenti. Il problema è che se si aumentano le sanzioni, cosa che mi piacerebbe vedere, il fallimento può verificarsi per ragioni che vanno ben oltre la capacità del management di affrontare i problemi. L’esempio che faccio spesso è quello di un violento terremoto che portasse Tokyo al collasso. Ciò renderebbe immediatamente insolvente la maggior parte delle banche giapponesi. E non puoi farci niente. Quindi, se si intendono imporre sanzioni maggiori al management in caso di fallimento, vorrei avere una sorta di quasi corte d'appello in cui possano affermare che l'imposizione di tali sanzioni aggiuntive sarebbe ingiusta a causa di x, y e z.

SF: Siete d'accordo con la Camera dei Lord sul fatto che ci siano questioni istituzionali presso la BoE legate alla sua indipendenza dal Tesoro? Ci sono riforme che faresti in questo momento?

CG: Penso che vi sia qualche motivo di preoccupazione sul fatto che il Tesoro possa consigliare la nomina di uno di loro a una posizione di alto livello, come vice governatore della banca. Penso che la maggior parte del personale del Tesoro sia stato eccellente. Ma anche così, l’immagine che si ottiene è quella di un controllo della banca da parte del Tesoro. Valuterei seriamente se le nomine degli alti funzionari debbano essere affrontate in qualche altro modo, magari, ad esempio, da un comitato di segretari permanenti dei ministeri del governo, in modo che non si tratti solo del Tesoro. O in alternativa, si potrebbe pensare ad un altro modo di avere un comitato per le nomine dei dirigenti della banca. Vi sono ragionevoli motivi di preoccupazione riguardo alla portata del dominio del Tesoro sulle nomine dei dirigenti.

Valter Buffo
Wall Street oppure St. Vincent? Differenze tra investire e giocare al Casinò
 

Abbiamo proprio oggi citato, alla nostra pagina TWIT - TWOO, un articolo del Wall Street Journal che ora qui nel Blog vi proponiamo di leggere per intero.

Come abbiamo fatto nel nostro post di ieri 30 dicembre, anche oggi nell’ultimo giorni dell’anno proponiamo ai nstri lettori alcune considerazioni per lasciarci il 2023 alle spalle.

Inizieremo appunto rileggendo con il nostro lettore questo articolo del Wall Street Journal.

Alla fine dello scorso anno, gli investitori pensavano che la recessione fosse cosa fatta. L’anno prima, pensavano che le grandi tecnologie sarebbero state immuni agli aumenti dei tassi. E un anno prima, erano convinti che pagare prezzi elevati per azioni apprezzate dal grande pubblico li avrebbe resi ricchi.

A dicembre 2023 credono, ancora una volta con assoluta convinzione, che l’economia si stia dirigendo verso un atterraggio morbido e tassi di interesse più bassi. Forse questa volta avranno ragione.

Ma di nuovo, forse no.

Trovarsi in mezzo alla folla è sempre una situazione scomoda per un investitore, ma concordare con un consenso così forte è particolarmente difficile, perché se si rivelasse sbagliato, la punizione da parte dei mercati sarebbe dolorosa, proprio come lo è stata in ciascuno dei casi precedenti. ultimi tre anni.

Il consenso sul fatto che l’anno prossimo la Federal Reserve sarà in grado di tagliare i tassi senza affrontare la recessione era forte anche prima che la banca centrale pubblicasse una previsione accomodante mercoledì.

È diventato ancora più forte a seguito del nuovo “dot plot” delle previsioni della Fed, con i trader di futures che attribuiscono una probabilità del 16% su un taglio del tasso già il mese prossimo e una probabilità dell’82% di un taglio entro marzo.

Tuttavia, la reazione alla Fed non ha riguardato realmente ciò che la Fed aveva previsto. La previsione “punto” mediana dei policy maker sui tassi di interesse per la fine del prossimo anno è scesa al 4,6%, dal 5,1%.

Ma il mercato dei futures sui fondi federali è sicuro al 100% che i tassi saranno molto più bassi, secondo Fedwatch del Gruppo Ecm.

Gli investitori hanno preso la previsione della Fed – e le risposte del presidente Jerome Powell in una conferenza stampa successiva – come prova che avevano ragione a pensare che la Fed avrebbe tagliato i tassi presto e spesso mentre l’economia scivolava dolcemente verso il più raro dei risultati, l’atterraggio morbido.

Un risultato diverso da un atterraggio morbido rappresenterebbe sicuramente un problema per i mercati. Ma il fatto è anche che molto dipende da ciò che accadrà. Un atterraggio morbido non ha solo un prezzo: è un prezzo e altro ancora.

“Parliamo con gli investitori e abbiamo la forte sensazione che riusciremo a superare questo ciclo di tassi senza grossi incidenti”, afferma Peter Oppenheimer, capo stratega azionario globale di Goldman Sachs. “Potrebbe essere ancora un po’ ingenuo e prematuro crederlo”. Goldman sostiene un atterraggio morbido già dallo scorso anno, ma il rapido rally del mercato ha già raggiunto le previsioni S&P 500 formulate tre settimane fa dalla banca per la fine del prossimo anno.

Ciò che mi sorprende è che sembra esserci così poca preoccupazione da parte degli investitori che un’economia a crescita lenta si trasformi in qualcosa di peggio, o che l’inflazione si riveli più vischiosa del previsto. I segnali di tassi di interesse che colpiscono l’economia reale vengono trattati come valori anomali, mentre gli investitori sono disposti a scommettere molto sul fatto che la recente bassa inflazione – inferiore al 2% annualizzato negli ultimi due mesi – è destinata a restare, anche se l’inflazione era più del doppio di quella elevata. nei due mesi precedenti.

Invece di preoccuparsi, gli investitori sono tornati ad investire nei titoli sensibili ai tassi di interesse che avevano abbandonato all’inizio di quest’anno. I titoli speculativi tecnologici e biotecnologici sono saliti alle stelle, mentre le banche e il settore immobiliare hanno registrato buoni risultati. Lo ETF di Ark Innovation è cresciuto del 46% da fine ottobre, il settore bancario ha guadagnato il 26% e quello immobiliare il 20%.

Il mercato azionario si è inoltre ampliato oltre la manciata di grandi vincitori del boom dell’intelligenza artificiale, con l’indice S&P 500 a pari ponderazione in vantaggio rispetto alla versione ordinaria ponderata in base al valore di mercato, ed entrambi in rialzo di oltre il 12%. L’indice Russell 2000 delle aziende più piccole, che era in difficoltà in parte perché le piccole imprese hanno così tanto debito da rifinanziare, è aumentato del 19% dalla fine di ottobre.

Anche nel mercato delle opzioni gli investitori sono passati dalla paura all’avidità. L’indicatore VIX della volatilità implicita questa settimana ha raggiunto il suo minimo da prima dei blocchi pandemici nel 2020. Il rapporto tra opzioni put scritte per proteggere un portafoglio e opzioni call rialziste è tornato a quelli che allora erano considerati livelli insolitamente bassi.

Ciascuno degli ultimi tre anni ha avuto un consenso altrettanto forte che si è rivelato completamente sbagliato. Non so se il prossimo anno porterà un raro atterraggio morbido e un altrettanto insolito consenso corretto. Ma anche se dovesse funzionare, i guadagni di mercato che si ottengono scommettendo su qualcosa che accade e che praticamente tutti sono d’accordo non saranno grandi.

Write to James Mackintosh at james.mackintosh@wsj.com

Oggi è necessario tenere conto (non soltanto: in grande evidenza) questo comportamento della massa, che l’articolo descrive in modo eccellente.

Il comportamento degli investitori dopo la pandemia (2020) è cambiato: le cause, ve le abbiamo già chiarite e documentate.

Per conseguenza, le reazioni dei mercati sono cambiate. E quindi, almeno nel breve termine, il gestore oggi deve farsi carico di questa aumentata ed eccessiva volatilità.

Ovvio ed evidente che “farsene carico” NON significa “correrci dietro”. Anzi, è esattamente l’opposto.

Ne dubitate, che sia una perdita di tempo? Vi chiedete se non sia il caso di rincorrere i mercati negli alti e bassi di questi ultimi anni?

Noi abbiamo un suggerimento pratico.

Domandate a voi stessi se avete compreso le ragioni di questi momenti di isteria?

Se avete le idee chiare, bene: allora mettetevi alla rincorsa, e cercate di catturare a vostro beneficio facendo profitti questi momenti in cui la massa appare in preda alla isteria collettiva.

Nel caso del 2023, ritornate indietro, alla fine del mese di luglio ed all’inizio del mese di agosto.

Le vostre idee sui mercati, allora, erano le medesime di oggi? Eravate, allora, certi anzi certissimi che “qui qualche cosa è cambiato”?

Se anche oggi avete qualche dubbio, se siete perplessi, se molte domande anche per voi restano senza risposta, allora desistete: NON mettetevi a rincorrere questi alti-e-bassi.

Questi alti-e-bassi del post pandemia (dal 2020 ad oggi) sono soltanto scommesse.

Inventate dal nulla e poi suggerite dall’industria (a caccia delle vostre commissioni), pubblicizzate dai media, vendute alla massa.

Non esiste alcuna giustificazione economica. Nei fatti, nella realtà.

E Recce’d vi dice (anzi, vi ripete) che le scommesse, meglio farle al casinò, oppure sul campionato di calcio.

E non con i propri risparmi.

Ma veniamo all’oggi: ultimo giorno del 2023

Recce’d in merito alla situazione attuale ed ai primi mesi del 2024 è stata chiarissima, anche in pubblico qui sul sito, ma soprattutto nelle tante comunicazioni dedicate ai nostri clienti.

Nel nostro Post pubblicato ieri, 30 dicembre, abbiamo indicato a tutti i lettori alcuni dei temi di investimento che domineranno il 2024.

Spigando anche che:

il calo dei tassi ufficiali di interesse e i Magnifici Sette oggi non sono temi di investimento determinanti per le performances del 2024.

Perché Recce’d afferma questo?

Affidiamo la risposta a questa domanda a Bill Dudley, che fu a capo della Sede di New York della Federal Reserve tra il 2010 ed il 2018.

Nell’articolo che chiude il nostro Post, vi spiega la ragione per la quale il recente momento di isteria dei mercati finanziari è poco importante: ancora meno importante di quello di fine luglio - inizio agosto del 2023.

Ripetiamo che per voi lettori sono altre, le cose h contano, sono altri i temi di investimento, sono altri, i fattori determinanti per i vostri investimenti nel 2024.

E di questo parleremo con ognuno d voi, se vorrete contattarci attraverso il nostro sito.

Nel frattempo, con l’articolo di Bill Dudley noi chiudiamo (speriamo per sempre) con il soft landing (che viene, poi va, poi riveine, poi ri-va, e poi ancora …), e con le dichiarazioni della Fed, e con tutto il 2023.

Giriamo pagina, dal 1 gennaio 2024.

La Federal Reserve americana e il suo presidente, Jerome Powell, scommettono di poter ottenere il meglio da entrambi i mondi: che saranno in grado di sconfiggere l’inflazione eccessiva senza costringere l’economia alla recessione.

Spero vada bene. Sfortunatamente, c’è ancora una significativa possibilità che ciò non accada.

Powell ha sorpreso i mercati la scorsa settimana con i suoi commenti straordinariamente accomodanti sulle prospettive dei tassi di interesse. Ha tolto dal tavolo ulteriori aumenti e ha messo fermamente in conto la prospettiva di tagli. Questo è stato un grande cambiamento: solo due settimane prima, aveva ritenuto che qualsiasi discorso sulla riduzione dei tassi fosse prematuro. “Più in alto più a lungo” è ora nel secchio della spazzatura. Invece, i funzionari si aspettano ulteriori cali dell’inflazione che renderanno possibili, se non addirittura necessari, tagli dei tassi anticipati e più rapidi.

Powell ha osservato che l'ultimo rapporto sui prezzi al consumo implica che la misura dell'inflazione preferita dalla Fed - l'indice principale dei prezzi della spesa per consumi personali - registrerà probabilmente un aumento del 3,1% su base annua quando i prossimi dati saranno pubblicati alla fine di dicembre. indicando progressi verso l’obiettivo del 2% della Fed. L’aspettativa mediana nella sintesi delle proiezioni economiche di dicembre prevede tre riduzioni dei tassi di interesse di 25 punti base nel 2024, per chiudere l’anno 50 punti base al di sotto delle proiezioni di settembre.

La Fed potrebbe avere motivo di tagliare ancora di più se l’economia si sviluppasse come previsto, con una crescita più lenta, un aumento della disoccupazione e un calo dell’inflazione. Innanzitutto, i funzionari avranno maggiore fiducia nel fatto che l’inflazione sia su un percorso sostenibile per tornare al 2%. Inoltre, un’inflazione più bassa rende automaticamente qualsiasi dato livello di tassi a breve termine più restrittivo in termini reali (al netto dell’inflazione), rendendo necessari tagli per mantenere lo stesso orientamento di politica monetaria. E man mano che l’inflazione diminuisce, la Fed può dare maggiore peso al suo altro mandato: mantenere la massima occupazione coerente con la stabilità dei prezzi. La regola di Taylor, un indicatore della politica monetaria adeguata, suggerisce che una banca centrale dovrebbe allentare maggiormente man mano che si avvicina al suo obiettivo di inflazione.

Il pivot riduce significativamente il rischio di recessione e di atterraggio duro, in gran parte grazie al suo effetto sui mercati. I futures sui fondi federali stanno già scontando un allentamento di ben 150 punti base per il prossimo anno. Dalla fine di ottobre, i rendimenti dei titoli del Tesoro a 10 anni sono scesi di circa 90 punti base, il mercato azionario è cresciuto di oltre il 10%, gli spread creditizi si sono ridotti e il dollaro si è indebolito. L’indice delle condizioni finanziarie di Goldman Sachs si è allentato di circa 100 punti base e gli economisti dell’azienda ora si aspettano che l’impulso economico sia positivo nel 2024. L’indice delle condizioni finanziarie della Fed racconterà presto una storia simile.

Il problema è che l’atteggiamento accomodante della banca centrale aumenta anche la possibilità di un mancato atterraggio, ovvero di un surriscaldamento e di un’inflazione persistente che potrebbero minare la credibilità della Fed, richiedendo al tempo stesso un nuovo inasprimento e una recessione più profonda per riportare la situazione sotto controllo.

Ci sono molte cose che possono andare storte. Il rallentamento della crescita alla fine del 2023 potrebbe invertirsi nel 2024, come accaduto un anno prima. Ciò che sembra essere una debolezza nella spesa potrebbe rivelarsi semplicemente una cattiva destagionalizzazione dei dati. Il forte aumento dell’offerta di lavoro di quest’anno potrebbe non estendersi fino al 2024, lasciando il mercato del lavoro troppo teso e l’inflazione salariale troppo alta (come ha osservato Powell, l’attuale tendenza del 4% probabilmente non è coerente con un’inflazione sostenibile del 2%).

I prezzi potrebbero accelerare nuovamente dopo la risoluzione di fenomeni transitori, come la domanda di beni alimentata dalla pandemia e le interruzioni della catena di approvvigionamento. L’inflazione dei servizi (escluso il settore immobiliare) potrebbe rivelarsi più persistente del previsto. Come ha osservato Powell, “l’ultimo miglio” per raggiungere l’obiettivo di inflazione del 2% dovrebbe essere più difficile.

Powell ha più volte sottolineato che la Fed deve finire il lavoro, assicurando che l’inflazione ritorni al 2% e vi rimanga.

Tuttavia, maggiore è l’importanza che egli attribuisce al taglio dei tassi per evitare una recessione, maggiore è il rischio di non riuscire a controllare l’inflazione – e che i mercati ricevano una grande, spiacevole sorpresa.

In un modo o nell’altro, il 2024 promette di essere un anno interessante per l’economia, la Fed e i mercati finanziari.

Valter Buffo
Memorabile? No. Il 2023 è stato soltanto volatile. Il 2024, invece, sarà memorabile.
 
 

La nostra serie di Post, dedicata alle Buone Notizie per il 2024, della quale avete già letto qui nel Blog le prime due parti, si completerà nella prima settimana del 2024, con due oppure tre nuovi Post.

Oggi, il Blog di Recce’d con questo Post dice addio al 2023, un anno che è stato caratterizzato da volatilità estrema e tassi di interesse elevati.

Lo facciamo proponendo ai nostri lettori di leggere l’intervista che trovate più in basso.

Questa intervista può essere utile i nostri lettori perché restituisce una ampiezza di orizzonte alla quale media e Web hanno disabituato gli investitori, molti i quali purtroppo oggi si sono fatti convincere che

tutto il mondo gli investimenti ruota intorno … a Tesla.

Più seriamente, la massa degli investitori ha lo sguardo estremamente ristretto, con tutta l’attenzione monopolizzata dai Magnifici Sette e dai tassi della Federal Reserve.

Si tratta di un gravissimo errore. Per le seguenti due ragioni:

  • il Mondo dell’economia e dei mercati finanziari oggi NON è centrato sui Magnifici Sette e le loro vicende; questo è quello che si racconta sui social, nelle chat, nelle community, ma come tutti sappiamo i social e le community sono la fonte dalla quale provengono la grande maggior parte delle false notizie, delle false informazioni, delle false convinzioni e delle teorie “complottiste”; questo è il momento nel quale ogni investitore che sia consapevole, informato, e capace, guarda altrove, e in particolare guarda nelle direzioni indicate nell’articolo che segue (noi in Recce’d lo facciamo già da mesi)

  • e inoltre anche perché i tagli dei tassi ufficiali della Federal Reserve avrebbero un impatto molto modesto sulla realtà, e sull’economia, e sui mercati finanziari, e sulle vostre performances; ed anche in questo caso, è decisivo sapere ampliare ed allargare lo sguardo, e sapere cogliere opportunità in ALTRE direzioni; noi di Recce’d lo abbiamo fatto, per tutto il 2023, regolarmente informandone i nostri Clienti

Lo leggete chiaramente nell’articolo che segue.

C‘è poi una seconda ragione di interesse, nel testo che leggerete: il testo anticipa nuovi temi di investimento, che si imporranno sui mercati nel 2024, che saranno anche

i temi alla base delle future, nuove operazioni sui portafogli modello di Recce’d, previste per le prime settimane del 2024.

Fin dal giorno 2 gennaio, e per due settimane, i clienti di Recce’d leggendo il nostro quotidiano The Morning Brief saranno informati in dettaglio delle nuove operazioni per il gennaio 2024. Allo stesso tempo, sempre in The Morning Brief approfondiremo anche le modalità con le quali siamo arrivati a queste decisione:

  • quali e quanti sono gli asset finanziari che abbiamo preso in esame

  • quali sono le nostre valutazione degli asset in portafoglio, di quelli che ci sono oggi, di quelli che ci entreranno e di quelli che ne usciranno

  • le modalità di costruzione dei portafogli modello, i pesi delle singole componenti, il timing, e l’orizzonte di investimento

mettendo a confronto le nostre attuali valutazioni con quelle di grandi operatori internazionali dell’industria del risparmio.

Il tutto, come dicevamo, adottando una visione più ampia di quella che trovate, in questi giorni, negli Outlook proposti dai Fondi di Investimento e dalle Reti di promotori finanziari, dalle TV al Web, e dalle banche internazionali di investimento.

Una visione ampia e vincente, come abbiamo dimostrato lungo tutta la nostra storia.

Louis-Vincent Gave è un acuto osservatore degli sviluppi geopolitici e macroeconomici e del loro impatto sui mercati finanziari. Le analisi del cofondatore della boutique di ricerca Gavekal di Hong Kong sono una lettura obbligata per numerosi investitori in tutto il mondo.

Gave condivide le sue opinioni sulla questione se l'economia statunitense stia affrontando un atterraggio duro e quando la Fed taglierà i tassi di interesse. Secondo lui in Cina potrebbe essere raggiunto il punto del «massimo pessimismo». Gave vede le maggiori opportunità di investimento nei mercati emergenti, in materie prime selezionate e in Giappone.


Nelle ultime settimane, i mercati hanno messo in atto un massiccio rally basato sull’idea che la Fed effettuerà una serie di tagli dei tassi il prossimo anno. Ciò ha fatto nascere tra gli investitori la sensazione che avremo un bellissimo atterraggio morbido. Hanno ragione?

Come sai, negli ultimi anni sono stato un accanito inflazionista. Inoltre non ho invocato una dura recessione. E’ ancora così. Continuo a non vedere che l’economia americana sia diretta verso una recessione, e non credo che l’inflazione sia stata completamente affrontata. Quindi, date queste opinioni, ti aspetteresti che io creda che la Fed non taglierà affatto. Ma penso che ci sarà un elemento politico generale in questo prossimo anno. Se oggi vai a Washington D.C., chiunque parli è molto preoccupato che Trump ritorni. Nel 2016 si parlava solo di prosciugare la palude. Ora ha passato gli ultimi tre anni a incolpare l’establishment per la sua perdita. C’è una grande paura a Washington riguardo a ciò che Trump potrebbe fare al suo ritorno. Tenendo questo a mente, ogni mezzo è buono per impedirgli di tornare. Se questo significa gestire massicci deficit di bilancio e iniettare liquidità nel sistema per rilanciare l’economia, liberando tutta la riserva petrolifera strategica per schiacciare i prezzi del petrolio, allora così sia. Affronteremo le conseguenze dall’altra parte.

Quindi diresti che la Fed taglierà effettivamente, ma principalmente per ragioni politiche?

Penso che la percezione attuale della Fed sia che siano riusciti a riportare l’inflazione nei limiti e che non sia più un grosso problema. Dato il panorama politico negli Stati Uniti, le probabilità di tagli dei tassi da parte della Fed il prossimo anno sono piuttosto elevate. Se vedessimo il più piccolo accenno di rallentamento, non appena inizieremo a vedere il tasso di disoccupazione salire, la Fed inizierà a tagliare. Questo non è un normale ciclo politico in cui i tuoi dipendenti pubblici saranno politicamente neutrali. Negli Stati Uniti abbiamo ben oltre questo limite. La robustezza dell’economia americana a fronte di un rapido aumento dei tassi di interesse ha colto di sorpresa molti investitori. Cosa c'è dietro? Per me, una recessione è tipicamente un uno-due. La maggior parte delle aziende e degli individui possono resistere a un pugno. Hanno subito l’impatto dei tassi di interesse più alti e sono rimasti in piedi. Se avessero ricevuto un secondo colpo sotto forma di prezzi più elevati dell’energia, ciò li avrebbe probabilmente abbattuti. Ma quel pugno non è mai arrivato. Al contrario, i prezzi della benzina e del petrolio stanno scendendo. Penso che il ribaltamento che abbiamo visto nei prezzi dell’energia ultimamente garantisca praticamente che non avremo una recessione. Ciò non significa che non possiamo avere un rallentamento, ma non vedo un atterraggio duro. Un’altra ragione importante è l’enorme deficit fiscale che il governo sta portando avanti. Il deficit fiscale attualmente ammonta a 300 miliardi di dollari al mese, il che è sbalorditivo. In questa fase avanzata del ciclo economico, dovrebbero tornare ad un surplus di bilancio. Ma il deficit di bilancio continua a peggiorare. E ancora: penso che una volta che avremo una leggera ripresa della disoccupazione, la Fed taglierà immediatamente i tassi. Il vero motivo per cui lo faranno è quello di risollevare l’economia e i mercati prima delle elezioni.

Dall’altro lato dello spettro macro, la Cina è stata la grande delusione quest’anno. Qual è la tua opinione sulla Cina?

Innanzitutto, ho sbagliato sulla riapertura della Cina. Ricordi che l'anno scorso ti avevo detto che avremmo visto un grande boom di riaperture. Era sbagliato. Pensavo solo che avessimo già visto questo film con la riapertura negli Stati Uniti, in Europa, in Australia: in ogni caso abbiamo avuto una grande ripresa dei consumi. Ma non in Cina.

Perché?

Nel mondo occidentale, i governi hanno sostanzialmente detto alle persone di restare a casa durante la pandemia e le hanno pagate per guardare Netflix. Quando è arrivato il momento di tornare al lavoro, una piccola percentuale di persone ha deciso di voler restare a casa. Con ciò, all’improvviso non c’erano abbastanza lavoratori e le imprese dovevano pagare di più, soprattutto per i lavori nella fascia più bassa della scala di reddito. Le persone di fascia bassa spendono praticamente ogni dollaro che guadagnano. Se guadagnano di più, spendono di più. In Cina, la grande differenza è stata che quando alle persone è stato detto di tornare a casa, decine di milioni di lavoratori migranti sono tornati nelle campagne. E quando il governo ha detto loro di tornare, decine di milioni di lavoratori sono tornati nelle città. Ciò ha compresso i salari in Cina, il che a sua volta ha danneggiato i consumi. Allo stesso tempo abbiamo avuto un grande e continuo consolidamento nel settore immobiliare. Nel loro insieme, le pressioni salariali e il calo dei prezzi immobiliari hanno costituito una pessima combinazione. La Cina è impegnata da cinque anni in un massiccio consolidamento del suo settore immobiliare, che rappresenta un enorme freno ai consumi.

Cosa significa andare avanti?

In primo luogo, dobbiamo riconoscere che non c’è stato un tracollo economico in Cina. Sì, l’economia è stata deludente, ma lo spettacolo economico è rimasto in sospeso, non è stato un disastro completo. A parte gli sviluppatori, non abbiamo visto molte aziende fallire. L’ostacolo più grande che vedo oggi per la Cina è che la fiducia che le persone riponevano nel loro governo è stata infranta. Sono appena stato in Cina e tra la gente è diffusa la sensazione che il governo sia imprevedibile e forse addirittura incompetente. A livello di governo provinciale e regionale, i funzionari sono troppo spaventati per prendere qualsiasi iniziativa e aspettano di ricevere ordini dall’alto. Ogni imprenditore che incontri ti dice che quello che prima richiedeva una settimana ora richiede un mese e quello che prima richiedeva un mese ora richiede un anno. Gli “spiriti animali” in Cina oggi hanno toccato il fondo.

Ciò non aprirebbe spazio a sorprese positive?

Sì, puoi dire che potrebbe essere rialzista. Le valutazioni sono basse e tutti sono pessimisti. I mercati non raggiungono il massimo con le cattive notizie e non raggiungono il minimo con le buone notizie. Tutti gli stranieri se ne sono andati e tutti ti dicono che la storia della Cina è finita. Potrebbe essere il massimo del pessimismo. Normalmente questo sarebbe il momento in cui dovresti cercare occasioni.

La sfida rimane piuttosto semplice: qual è il catalizzatore che fa muovere questa cosa verso l’alto?

Tra gli investitori nazionali c’è la percezione che questo catalizzatore probabilmente non arriverà dal governo. La fiducia nel governo è stata scossa piuttosto gravemente. A mio avviso, lo sviluppo più interessante nell’economia mondiale non si sta verificando in Cina, ma in altri mercati emergenti.

In quale modo?

Negli ultimi 25 anni circa abbiamo sostanzialmente equiparato i mercati emergenti alla Cina. Se la Cina va bene, va bene anche lei, e viceversa. Perché erano visti semplicemente come economie alimentatrici della Cina. Ma nel 2023 abbiamo avuto un mercato rialzista in India, in America Latina e nei paesi del sud-est asiatico come l’Indonesia. Dobbiamo renderci conto: abbiamo avuto un massiccio mercato ribassista in Cina, un ciclo di inasprimento della Fed molto aggressivo e, allo stesso tempo, il Brasile ha vissuto un mercato rialzista. Pochissime persone se lo aspettavano. È in corso un boom nei mercati emergenti, ma molte persone semplicemente non se ne accorgono perché equiparano i mercati emergenti alla Cina. L’India spende 150 miliardi di dollari all’anno in progetti infrastrutturali. Questo è più o meno ciò che la Cina ha fatto tra il 2003 e il 2008. L’India negli ultimi due anni ha aperto 70 nuovi aeroporti e ne sta costruendo altri 70.

In uno dei tuoi ultimi articoli di ricerca hai scritto che mentre noi in Occidente parliamo di de-globalizzazione e disaccoppiamento, la globalizzazione tra i mercati emergenti continua a pieno ritmo.

In termini economici, i mercati emergenti stanno diventando più integrati che mai. Le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti prima del covid ammontavano a circa 40 miliardi di dollari al mese. Oggi ammontano ancora a circa 40 miliardi di dollari. Quindi in realtà non c’è stato molto disaccoppiamento. Ma prima del covid le esportazioni cinesi verso il Sud-Est asiatico ammontavano a 20-25 miliardi di dollari al mese, mentre ora ammontano a 50-55 miliardi di dollari. Le esportazioni cinesi nel Sud-Est asiatico sono raddoppiate. È in corso un vero e proprio cambiamento. Potremmo essere testimoni della prima ondata di globalizzazione da quando Colombo salpò per le Americhe, in cui il mondo occidentale non è al posto di guida in termini di fornitura di capitale, logistica e mercato finale per i beni di consumo. In passato, per lo meno, l’Occidente è sempre stato coinvolto nel riciclaggio dei profitti commerciali. Se l’Arabia Saudita commerciasse con l’India e ci fossero profitti, tali profitti verrebbero reinvestiti in genere nel settore immobiliare di Londra, o nei titoli del Tesoro americano, o nelle case a St. Tropez. Ma anche questo non accade più. Dopo la nazionalizzazione degli asset degli oligarchi russi, molti investitori nei mercati emergenti ritengono che sia più sicuro mantenere i propri soldi in altri mercati piuttosto che in Occidente. Ecco perché posti come Dubai o Singapore sono in forte espansione.

Dal punto di vista di un investitore, dove metteresti i tuoi soldi oggi?

Rispondiamo prima a questa domanda guardando indietro. Possiamo identificare cinque principali mercati rialzisti nel 2023. Questi sono stati: I magnifici sette; Giappone; India; Messico e Brasile sia nel debito che nell'azionario; così come l’uranio, il cui prezzo è salito in modo parabolico. In realtà si potrebbe dire che anche l’oro è stato un mercato rialzista, quindi arriviamo al sesto. Allo stesso tempo, abbiamo avuto alcuni grandi mercati ribassisti. Il più grande di questi è stata la Cina. Un altro, almeno fino a poche settimane fa, riguardava i finanziari statunitensi. Un altro, un enorme mercato ribassista, riguardava tutto ciò che era legato all’energia verde. Tutti i titoli della tecnologia verde, solare, eolica, litio, sono stati un disastro. Una cosa che mi ha davvero lasciato perplesso è stato il mercato ribassista dei titoli finanziari statunitensi, mentre l’economia e il mercato in generale erano in forte crescita. In genere non è un buon segno per i mercati quando le banche vanno male. Ciò si basa sulla premessa che le banche sono come parassiti del sistema economico. Se l’economia e il mercato azionario vanno bene, ci si aspetterebbe che le banche vadano bene. Ma non questa volta, il che è stato strano. Lo sottolineo perché si tratta di segnali molto contraddittori. Ma quando guardiamo avanti, possiamo provare a identificare quale dei mercati rialzisti avrà la capacità di continuare a sovraperformare.

Cominciamo allora con il Mag-7. È saggio inseguirli?

Non lo farei. Ma ancora una volta, l'anno scorso mi sono completamente perso il loro rialzo. Si potrebbe dire che stiamo entrando in un mondo in cui i Mag-7 domineranno tutto. Questo è fondamentalmente il messaggio che ci arriva dal prezzo che hanno adesso. Faccio fatica a credere che ciò accadrà. In passato, le grandi aziende prima o poi si trovavano sempre in difficoltà. Quando diventi molto grande, diventi pigro, i governi ti inseguono, inciampi da qualche parte. A mio avviso, i Mag-7 sono sopravvalutati, sopravvissuti e sopravvalutati. Non ho voglia di inseguirli.

Che ne dici del mercato rialzista numero due, il Giappone?

Prima di parlare delle azioni giapponesi, dobbiamo parlare dello yen. Il tasso di cambio dello yen per me è l’unico prezzo là fuori che è enormemente fuori controllo. A 145-150 yen per dollaro, è sottovalutato di due deviazioni standard basate sui prezzi di parità del potere d’acquisto. E allora, si potrebbe dire, non sono sottovalutati anche la corona svedese o il rand sudafricano? È vero, ma questi paesi non sono la seconda o la terza potenza industriale del mondo. La debolezza dello yen crea un'anomalia nel sistema. Quindi la grande domanda per il 2024 per me è: lo yen rimarrà conveniente o si apprezzerà? Questa domanda ha enormi conseguenze. Come mai? Se il prezzo rimane basso, le aziende giapponesi saranno super competitive e ciò comincerà a creare problemi in Europa, in Germania in particolare. Uno yen a buon mercato inizierà anche a danneggiare le esportazioni dell’industria cinese e coreana. Se lo yen si riprendesse, d’altro canto, potremmo assistere al rimpatrio in Giappone di una grande ondata di capitali di investimento. Ciò potrebbe innescare un’altra grande svendita del mercato obbligazionario nelle economie sviluppate come gli Stati Uniti, perché abbiamo molti risparmi giapponesi nella parte lunga della maggior parte dei mercati obbligazionari del mondo.

Cosa sarà a fare da innesco?

È una decisione molto difficile, perché la Banca del Giappone continua a dire tutto e il contrario. Se si mette i piedi sul fuoco, penso che la BoJ alzerà i tassi di interesse nel 2024 e quindi lo yen aumenterà. Ma non è una chiamata ad altissima convinzione. Cosa significherebbe questo per il mercato azionario giapponese? Quando lo yen sale, di solito si verifica una svendita istintiva del Nikkei. Hai ragione, le grandi aziende orientate all’export di solito svendono quando lo yen si rafforza. Ma i titoli del consumo interno no. Quindi questo è un modo per giocarci. Inoltre, quando lo yen si riprenderà e gli investitori giapponesi inizieranno a rimpatriare capitali dall’estero, investiranno i loro fondi nel mercato azionario nazionale, mentre anche gli investitori stranieri si spingeranno in quel mercato. Per me non è scontato che il Nikkei debba scendere quando lo yen si riprende. So che è successo spesso in passato. Ma quello era un ambiente deflazionistico, ora siamo in un ambiente inflazionistico. In termini di valutazione, il Giappone è ancora molto interessante. Tutte le aziende hanno trascorso gli ultimi vent'anni operando in un ambiente deflazionistico. All’improvviso hanno potere di fissazione dei prezzi e un’inflazione del 3%. Ciò rende l’ambiente operativo molto più semplice per loro. Credo che il mercato rialzista giapponese continuerà.

Numero tre quindi, l'India.

L’India è una grande storia a lungo termine. Ma si è anche molto apprezzato negli ultimi anni. C’è un grosso avvertimento al riguardo: anche se non penso che l’India sia dominata dagli investitori in generale, lo è dalla maggior parte degli investitori emergenti e orientati all’Asia. Sono fortemente sovrappesati sull’India e sottopesati sulla Cina. Quindi, se per qualsiasi motivo la Cina iniziasse a muoversi al rialzo, potrebbe esserci una grande rotazione di capitali di investimento dall’India alla Cina. Questa è una minaccia per quel mercato rialzista, motivo per cui non ne sono troppo innamorato.

E l'America Latina?

Sono super innamorato del mercato rialzista latinoamericano. Negli ultimi anni il processo decisionale in paesi come il Messico, il Brasile o il Cile è stato molto più ortodosso che nelle nostre cosiddette economie sviluppate. Nel mondo occidentale, i policy maker hanno iniziato ad applaudire come sigilli nel 2021 quando è comparsa l’inflazione, pensando che sarebbe stata solo temporanea. Nel frattempo, la banca centrale brasiliana ha alzato i tassi di 1.000 punti base. Questi ragazzi sapevano cos’è l’inflazione, avevano già visto questo film e avevano deciso che non gli piaceva. Hanno sopportato il dolore presto, e ora in tutta l’America Latina ci troviamo in un ciclo di riduzione dei tassi. Beneficiano molto della geopolitica, dell’amicizia in Messico e di tutta quella roba. Un altro aspetto positivo: i salari nella fascia bassa in America sono aumentati molto. Ciò significa che le rimesse dagli Stati Uniti al Messico sono diventate paraboliche, il che aiuta i consumi interni del paese. La storia dell’America Latina sia per il debito che per il capitale proprio è notevole. In questo momento puoi acquistare TIPS brasiliani con un rendimento reale del 6%. Cos'altro vuoi?

Che ne dici del quinto mercato rialzista, quello dell'uranio?

Penso che anche questo sia un mercato rialzista strutturale destinato a durare. C’è un enorme cambiamento nello spirito del tempo in tutto il mondo. Le persone si rendono conto che se vogliamo seriamente limitare il carbonio nell’atmosfera, abbiamo bisogno dell’energia nucleare. Lo avete visto alla COP28, dove i politici hanno iniziato a parlare di nucleare. La brutta verità è che da anni non si investe nella nuova fornitura di uranio. L’uranio di per sé non è scarso, ma si trova soprattutto in luoghi difficili come il Sahel, dove si verifica un colpo di stato ogni due settimane. Inoltre lo trovi in Canada, Kazakistan o Russia. Ma a causa della mancanza di investimenti in nuova offerta, stiamo assistendo ad una crescita strutturale della domanda che incontra un’offerta limitata. Quando i prezzi del petrolio e della benzina aumentano, le persone possono sempre adeguare la propria domanda e guidare di meno. Con l’uranio è diverso. Una volta costruita una nuova centrale elettrica, il prezzo dell’uranio non ha molta importanza. Non si chiude l’impianto solo perché il prezzo dell’uranio è aumentato. Ad un certo punto, arriva una nuova offerta e il prezzo fa scendere la scala mobile. Ma ora siamo nella fase ascendente del ciclo.

Qual è la tua opinione sull'oro?

Il prezzo dell’oro, a mio avviso, è guidato principalmente dalla domanda nei mercati emergenti. Quando le persone in Cina o in India stanno bene, acquistano oro. Ciò crea una sfida nel caso in cui la Cina dovesse continuare a deludere, mentre d’altro canto il continuo boom dell’India dovrebbe aiutare. Ma penso che l’oro registrerà un forte rally una volta che sarà chiaro che la Fed inizierà a tagliare i tassi di interesse mentre allo stesso tempo il governo aumenterà il suo deficit fiscale. In questo scenario, il dollaro dovrebbe scendere e l’oro dovrebbe salire. Lei consiglia da anni i titoli energetici. Il 2023 è stato difficile per il settore del petrolio e del gas.

Valter Buffo
Le Buone Notizie per il 2024: parte 2. Il nostro Outlook innovativo.
 

Facciamo tutti un bel respiro.

Almeno nel giorno dedicato a Santo Stefano dalla religione cattolica, lasciamoci alle spalle l’ansia (totalmente improduttiva, va detto) di correre dietro giorno per giorno ai movimenti dei mercati ed alle notizie del Web.

Respiriamo a fondo. E cerchiamo di alzare lo sguardo, e guardare non al dito bensì alla luna

Questo Post che leggete ora è la seconda parte del nostro Outlook 2024.

Un lavoro di Recce’d che è molto, molto, moto diverso da quello al quale la massa degli investitori è stata abituata (purtroppo per loro) a chiamare Outlook.

Ci differenziamo nettamente, anche questa volta: non leggerete qui scommesse o previsioni azzardate su

  • quante volte taglieranno i tassi ufficiali nel 2024

  • dove finirà il 2024 l’indice di Borsa

  • ci sarà o non ci sarà la recessione nel 2024

Quelli sono soltanto esercizi di fantasia, e allora … è meglio esercitarsi con la Settimana Enigmistica. Non produce nulla, giocare con le parole, ma almeno la Settimana Enigmistica è divertente.

A differenza di tutti i nostri concorrenti, noi di Recce’d vogliamo offrire invece un aiuto concreto ai nostri lettori.

Come vi aiuteremo? Vi aiuteremo … andando indietro nel tempo.

Più precisamente, rileggendo un intervento di Bini Smaghi che risale addirittura al 2010, e che vi aprirà la mente e vi allungherà lo sguardo, al di là ed al di spora del caos quotidiano che vi opprime.

Lorenzo Bini Smaghi è stato ai vertici della BCE per molti anni, ed oggi occupa la presidenza della banca francese Societé Generale.

In un intervento del 2010, che per voi lettori è disponibile su richiesta, compilando il FORM della pagina CONTATTI, Bini Smaghi già nel 2010 si occupava di molte delle domande che oggi, tredici anni dopo, assillano ogni investitori.

Possiamo garantirlo, a tutti i nostri Clienti. Questa lettura è di gran lunga più utile, rispetto a leggere i social e le chat, Goldman Sachs e BNP Paribas, Milano Finanza ed il Sole 24 Ore, Mediolanum e Fideuram, CNBC e Bloomberg, tanto per fare soltanto alcuni dei nomi che agiscono, da anni e anche oggi, come un vero e proprio cartello che agisce allo scopo di mantenere la massa degli investitori ingabbiata nelle tradizionali soluzioni per l’investimento, ed all’oscuro dei fatti principali che sono quelli che determineranno

Potete infatti trovare, grazie alle parole di Bini Smaghi nel 2020:

  • la chiave sulla quale vanno fondate TUTTE le valutazioni dei vostri asset finanziari

  • la base su cui fondare oggi una strategia per i vostri investimenti che risulti vincente nel 2024

  • la spiegazione del fatto che l’intera industria (tradizionale) del risparmio oggi, a fine 2023, denuncia performances vicine allo zero anche su orizzonti come 10 anni, quando dovunque leggete di indici di Borse sui massimi, di Tesla e di Apple, del bitcoin e del petrolio: come si spiega che nessuno però ci ha guadagnato davvero?

Su questo ultimo, e delicatissimo tema, stiamo per inviare un secondo EXTRA: una ampia ed approfondita analisi, delle performances ottenute dai portafogli modello di Recce’d, messa poi a confronto con tutte le altre performances, di tutti gli strumenti a cui voi lettori potete, effettivamente accedere.

Parliamo, dunque, di risultati REALI e non dei risultati inventati che si leggono sui siti, nelle chat e nelle community.

Noi con voi parliamo di portafogli titoli che ESISTONO nella realtà, e non di portafogli titoli che sono fantasie di adolescenti oppure adulti immaturi.

Ma ora ritorniamo al tema del Post: e quindi a Bini Smaghi.

Iniziamo a leggere alcune parole da quel su intervento del 2010, che per voi noi abbiamo tradotto dall’inglese.

Se l’ipotesi di cui sopra è corretta, allora è un errore pensare che si possa uscire da questa crisi e ritornare su un percorso di crescita sostenibile solo attraverso il sostegno della politica fiscale e monetaria. Per parafrasare Keynes, le politiche monetarie e fiscali sono “un sottile dispositivo di collegamento il presente al futuro”. Queste politiche potrebbero essere seriamente fuorvianti se basate su false aspettative sul futuro. D’altro canto, il successo di queste politiche nello scongiurare il collasso dell’economia mondiale subito dopo il fallimento di Lehman Brothers, nel autunno del 2008, potrebbe alimentare l’illusione che le stesse politiche possano riportarci al Giorni felici a metà del 2007, quando “stavamo ancora ballando”, come disse un famoso banchiere. Esso sarebbe un'illusione, come ho appena detto. E una perdita di tempo e fatica. Per evitare questo spreco dobbiamo ritornare all’intuizione di Keynes, cioè che è proprio questo il problema il futuro non può essere affrontato semplicemente applicando le soluzioni del passato, perché i problemi del futuro sono diversi da quelli del passato. Dobbiamo essere pronti a riportare le società su un percorso di prosperità sostenibile a livello fondamentale riformare il modo in cui le nostre economie funzionano e competono nell’ambiente globale. Facendo ciò, potremmo dover resuscitare qualche economista defunto. E leggere il loro lavoro in modo più accurato.

Come avrete già intuito, abbiamo scelto di partire … proprio dalle conclusioni di Bini Smaghi nel 2010.

Ora, nella parte restante del Post, spiegheremo al lettore la ragione per la quale le conclusioni ch avete appena letto riguardano, molto da vicino, le scelte di investimento e la gestione dei portafogli titoli nei primi mesi del 2024.

Leggiamo ora un secondo estratto:

Il fatto è che le politiche macroeconomiche possono aiutare a stabilizzare l’economia e a prevenire profonde crisi recessioni, riducendo l’accresciuto stato di incertezza prevalente tra gli agenti economici non significa che siano sempre efficaci, in ogni circostanza. Al contrario, l’esperienza ha dimostrato che queste politiche potrebbero rivelarsi destabilizzanti, soprattutto se sono implementati in modo tale da aumentare, invece, lo stato di incertezza di ridurlo. Ciò può accadere, in particolare, se la dimensione dell’intervento fiscale e/o monetario cresce continuamente. L’iniezione diventa talmente grande che l’incertezza irriducibile viene aumentata, anziché ridotta.

Un esempio calzante è quando un governo incorre in una serie di deficit molto ampi e finisce accumulando uno stock eccessivo di debito pubblico. Al limite, ciò può anche portare alla dislocazione delle aspettative di inflazione, poiché i mercati finanziari iniziano ad aspettarsi che il debito nazionale verrà semplicemente “gonfiato” – ovvero verrà eroso attraverso una maggiore inflazione – con un conseguente aumento dei tassi di interesse.

Per definizione, prevenire un pericoloso accumulo di il debito nazionale richiede di tenere sotto controllo i deficit di bilancio. Quando questo è particolarmente difficile a causa della vastità della recessione, i governi dovrebbero – al massimo fornire ai mercati finanziari un chiaro “piano di rientro”, specificando attentamente sia il il periodo entro il quale il disavanzo sarà portato sotto controllo e le misure specifiche il governo in questione intende intraprendere.

Tutto ciò che tutti noi abbiamo letto ed ascoltato, nelle ultime otto settimane del 2023, a proposito dei mercati finanziari

  • da tutti i media

  • da tutte le banche di investimento internazionali

  • da tutte le Reti di promotori finanziari come Generali e Mediolanum e FINECO e Fideuram e tutte quante le altre

  • ma NON da noi di Recced

tutto quanto, dicevamo, ruota intorno ad un UNICO tema, ovvero i tagli dei tassi ufficiali di interesse, ovvero la politica monetaria, ovvero la politica economica.

Il resto, tutto il resto, ovvero la realtà dei fatti, è stato nascosto, messo da parte. Ignorato, volutamente ignorato.

Il pubblico, la grande massa, è stato spinto nelle ultime otto settimane a puntare tutto il proprio risparmio sulla idea che:

questa è la volta in cui la politica monetaria avrà pieno successo.

Oggi 26 dicembre 2023 sui mercati prevale una “narrativa” tutta incentrata sui tagli dei tassi ufficiali di interesse. Sembra che questa sia la sola cosa che conta, per gli investitori.

Nel grafico che segue potete constatare che MAI, nel passato, si era arrivati ad un simile livello: TUTTI oggi la vedono allo stesso modo e sono posizionati dalla stessa parte.

Noi di Recce’d vi abbiamo spiegato, in decine di occasioni precedenti, che questi “tutti” però … non sono veramente tutti.

Ed abbiamo anche spiegato che è FALSO affermare che i tassi ufficiali di interesse sono la sola cosa he conta.

Attenzione, quindi. Fatevi aiutare, in un momento delicatissimo, da chi possiede competenze adeguate, esperienze di livello, strumenti di analisi e valutazione innovativi.

Noi investitor dobbiamo crederci? La politica economica, questa volta, la vincerà davvero, sui mercati finanziari?

Per comprendere bene questo punto, vi aiutiamo in modo concreto, ritornando adesso a Bini Smaghi 2010.

La necessità di evitare di creare un’eccessiva incertezza sulla solvibilità fiscale a lungo termine di un paese rappresenta il limite fondamentale alla portata dello stimolo fiscale che può essere iniettato l'economia.

Come osserva Skidelsky, lo stesso Keynes non avrebbe escluso un approccio equilibrato bilanci anche durante una recessione, se ciò fosse necessario per ridurre al minimo il rischio di seminare dubbi sulla solvibilità fiscale a lungo termine nella mente degli operatori di mercato. L'alternativa è un aumento dei premi di rischio richiesti dai mercati finanziari per assorbire il governo obbligazioni e quindi un aumento dei tassi di interesse. A sua volta, ciò si traduce in una riduzione del capitale accumulazione, e quindi, ceteris paribus, in una minore produttività e produzione pro capite. L’evidenza empirica suggerisce che i paesi il cui livello di debito nazionale supera un certo soglia sono caratterizzati anche da una crescita relativamente più bassa: Reinhart e Rogoff (2010), analizzando un set di dati che abbraccia gli ultimi secoli e comprende diverse dozzine paesi, mostrano che, per i paesi con un rapporto debito pubblico/PIL superiore al 90%, la crescita mediana del PIL tende ad essere inferiore di circa un punto percentuale rispetto a quella che sarebbe altrimenti. Sebbene a prima vista possa sembrare piccolo, se cumulato nel corso di decenni esso porta a standard di vita significativamente più bassi.

L’evidenza empirica mostra anche che i rapporti deficit/PIL e debito/PIL sono più elevati tassi di interesse più alti anche quando non ci sono dubbi sulla solvibilità fiscale. Uno studio di Thomas Laubach sulla base dei dati statunitensi, ad esempio, stima che ogni punto percentuale L’aumento del rapporto deficit/PIL previsto si traduce in un aumento dei tassi di interesse a lungo termine compreso tra 20 e 29 punti base, mentre un aumento di un punto percentuale del rapporto debito/PIL è associato ad un aumento di circa 3-4 punti base. Ancora una volta, nonostante tali effetti possono sembrare minuscoli, ma se accumulati su lunghi periodi di tempo il loro impatto diventa significativo.

Come notate, il testo di Bini Smaghi è tecnico, ma non di difficile comprensione.

Un dettaglio significativo: nel 2010, Bini Smaghi citava la soglia del 90%: oggi, tredici anni dopo, TUTTI i Paesi Occidentali hanno superato quella soglia, tranne la Germania.

Proseguiamo leggendo un altro passaggio molto significativo del testo di Bini Smaghi.

Questo punto era molto chiaro a Keynes, ma sfortunatamente è sfuggito a molti dei suoi seguaci durante i primi decenni del secondo dopoguerra, che sostenevano l’intervento del governo in OGNI circostanza, al fine di mantenere l’economia il più vicino possibile al potenziale. I pericoli intrinseci a un simile approccio alla politica di stabilizzazione erano notevoli sottolineato dal presidente della Federal Reserve William Martin nella sua testimonianza del febbraio 1965 davanti al Comitato Economico Congiunto del Congresso degli Stati Uniti quando affermò che: “C’è, inevitabilmente, un elemento di politica del rischio calcolato nei nostri lodevoli sforzi per avvicinare la nostra economia e più vicino al suo pieno potenziale senza forzarlo”.

La “politica del rischio calcolato” menzionata da Martin lo ha fatto ha a che fare con un limite fondamentale delle politiche di “fine tuning” di cui si è discusso da tempo monetaristi come Milton Friedman e Karl Brunner l’uso di politiche di stabilizzazione in ogni circostanza si basa su una conoscenza ragionevolmente precisa dell’equilibrio livelli, come la produzione potenziale e il tasso naturale di disoccupazione. Dal momento che sono entrambi NON si possono misurare precisamente, ed entrambi cambiano nel tempo, l'uso di tali politiche in condizioni normali circostanze, al fine di mantenere l’economia costantemente vicina al potenziale, è inevitabilmente destinato a fallire.

E in effetti, una delle spiegazioni dominanti per la Grande Inflazione del Negli anni ’70 negli Stati Uniti trae origine dalla combinazione di politiche di “fine tuning” e dall’incapacità della Federal Reserve di rilevare in tempo reale il rallentamento della produttività degli anni ’60 e ’70, determinando così una sistematica sovrastima della reale portata del rallentamento dell’economia.

Come vedete, già nel 2010, sul tavolo dei politici, degli economisti, e pure di noi investitori, si trovavano già i medesimi temi che oggi sono di fronte ai nostri occhi.

Con una differenza importante: dal 2010 al 2023, per tredici anni, si è proceduto nella direzione OPPOSTA a quella che, dal testo di Bini Smaghi, risultava essere quella consigliabile per il benessere generale ed anche per la stabilità finanziaria. Diametralmente OPPOSTA.

Leggiamo ancora da Bini Smaghi.

La letteratura economica conferma l’incertezza prevalente in quei giorni. Nel loro classico “Storia monetaria degli Stati Uniti” Friedman e Schwartz hanno sottolineato che: “La contrazione dopo il 1929 ha chiaramente mandato in frantumi le convinzioni in una “nuova era”, nella probabilità di una stabilità duratura […]. La contrazione instillava invece un timore esagerato di proseguire dell’instabilità economica, del pericolo di stagnazione, della possibilità di recidiva disoccupazione".

Eventi come il crollo del mercato azionario del 1929 o il crollo del settembre 2008 crollo di Lehman Brothers, creano una grande quantità di “incertezza irriducibile”, che esercita effetti paralizzanti sulle decisioni di spesa e potrebbero far scivolare l’economia in una situazione di depressione.

Nei mesi immediatamente successivi al crollo del 1929, infatti, entrambi gli acquisti dei consumatori dei beni durevoli e degli investimenti delle imprese sono diminuiti drasticamente, mentre la spesa per i beni deperibili le merci sono leggermente aumentate. Christina Romer (1990) sostiene che la spiegazione più probabile per questo fenomeno è che l'incertezza generata dalla crisi finanziaria ha indotto entrambi i consumatori e le imprese a rimandare rispettivamente gli acquisti di beni durevoli e di investimento, provocando così l’economia va in stallo e si contrae. Il meccanismo alla base di questo atteggiamento “aspetta e vedi”.

Durante periodi di maggiore incertezza è ben noto fin dai lavori di Bernanke (1983), ed è stato ampiamente esplorato da Dixit e Pindyck (1994). Il punto chiave è che quando un acquisto specifico è irreversibile, come nel caso degli investimenti o dei beni durevoli acquisti di beni, gli agenti devono effettuare un trade-off tra il beneficio derivante da un anticipo impegno e quelli derivanti dall’attesa di migliori informazioni. All'interno di un tale ambientale, un aumento dell’incertezza può quindi naturalmente portare a un rinvio decisioni di spesa per ottenere informazioni migliori, provocando così un calo della domanda.

Gli effetti dell’incertezza irriducibile tendono ad avere un impatto economico di lunga durata. Ad esempio, una delle principali spiegazioni del “puzzle del premio azionario” di Mehra e Prescott (1985) – ovvero il grande rendimento in eccesso delle azioni rispetto al tasso privo di rischio che ha caratterizzato negli ultimi decenni – ha a che fare con il trauma della Grande Depressione e con la graduale e lenta presa di coscienza da parte del pubblico della natura aberrante di quegli anni, che portarono il premio azionario a diminuire gradualmente rispetto ai picchi raggiunti negli anni ’30.

Tra i nostri lettori, ci sarà probabilmente qualcuno che comincia chiedersi perché noi di Recce’d, sempre concreti ed attenti alla realtà, oggi 26 dicembre ci stiamo occupando di “massimi sistemi”

La risposta è semplice:

questi NON sono “massimi sistemi”: è la realtà in cui ogni giorno tutti noi e voi lavoriamo, operiamo, lavoriamo ed investiamo il nostro risparmio.

Se non ne siete convinti, il brano conclusivo che noi abbiamo selezionato e tradotto per il lettore dall’intervento di Bini Smaghi vi convincerà del tutto.

Noi di Recce’d, in ogni caso, a partire dal prossimo Post (la terza parte) ritorneremo ad occuparci della realtà attuale nel modo al quale i lettori sono abituati.

Vi spiegheremo, in modo pratico, perché (dal punto di vista di noi investitori tutti) ciò che leggete un questo Post

sono le Buone Notizie 2024.

Perché queste delle quali oggi scriviamo sono cose complesse, e difficili in qualche caso da capire “al volo” come pretendono quelli che scrivono nelle community, nelle chat, e su certi siti Web.

Ma nel 2024, tutti arriveranno a capire bene: e si capirà, prima di tutto, che questa materia che trattiamo nel Post NON è, nella sostanza, complessa. Invece è, nella sostanza, molto molto semplice.

E pertanto quella graduale e lenta presa di coscienza da parte del pubblico della quale avete letto poco sopra accelererà infatti proprio a partire dal giorno 2 gennaio. Tra sette giorni.

Questo fatto servirà (servirà davvero a tutti, per una volta) per riportare le società su un percorso di prosperità sostenibile a livello fondamentale riformare il modo in cui le nostre economie funzionano e competono nell’ambiente globale come avete letto sopra.

E’ facile prevederlo, perché … tutto questo è già successo.

La teoria classica sostiene che il governo non dovrebbe interferire con l’interazione tra agenti economici, perché ciò comporterebbe un’allocazione delle risorse non ottimale. Questo approccio può applicarsi anche a situazioni di elevata incertezza, nella misura in cui prima o poi in seguito si prevede che l’economia ritorni alla normalità. Non intervenendo, il policy-maker evita di introdurre distorsioni nell’economia che potrebbero causare ulteriori e più gravi problemi in seguito.

L’idea che gli eccessi e gli squilibri che portano a una crisi dovrebbero avere il loro peso uscire e rilassarsi senza l'intervento del governo era la logica intellettuale alla base di questo posizione del Segretario del Tesoro di Herbert Hoover, Andrew Mellon, all’inizio anni della Depressione, quando affermò: “Liquidate il lavoro, liquidate le azioni, liquidare i contadini, liquidare i beni immobili[…]. Eliminare il marciume dal sistema”.

Espressa in modo meno drammatico, l’idea di Mellon era che la crisi avesse avuto origine da una serie di distorsioni che si erano accumulate nell’economia americana durante i “Ruggenti Anni Venti”, innanzitutto un mercato azionario fortemente sopravvalutato e, in misura leggermente inferiore misura, un boom immobiliare. Dato che il problema derivava da enormi distorsioni e squilibri che si sono sviluppati nel corso degli anni, l’unico modo per risolvere il problema era aspettare pazientemente fino a quando gli squilibri non si saranno risolti. Una volta passata la tempesta, l’economia si sarebbe ripresa ritorno all'equilibrio, un equilibrio, è importante notare, libero dalle distorsioni precedenti.

(…)

Credo che le azioni e le politiche fossero insostenibili perché miravano a un obiettivo non sostenibile. Al centro delle decisioni sbagliate prese Il passato, e che ha portato alla crisi, è stata l’aspettativa di un aumento della prosperità sperimentato dalle nostre società nei decenni precedenti continuerebbe semplicemente, senza essere influenzato continua integrazione dei paesi dei mercati emergenti nel sistema globale. Politiche, siano esse normativo o macroeconomico, finalizzato al raggiungimento di un tasso di crescita economica quale era basato sull’esperienza passata e che si è rivelato troppo elevato. Anche queste politiche lo erano espansionistiche, inducendo gli agenti a indebitarsi eccessivamente, e alimentarono una bolla che alla fine scoppiò.

(…)

Penso che l’analisi di Samuelson possa aiutare a spiegare il motivo per cui il tasso tendenziale di crescita del reddito è in le economie avanzate potrebbero aver rallentato sostanzialmente negli ultimi anni, sconvolgendo l’equilibrio sociale e politico su cui poggiava quella crescita. In particolare, aiuta a capire perché, per la prima volta dalla seconda guerra mondiale, le prospettive sono per i più giovani generazioni appaiono nel complesso meno promettenti rispetto alle precedenti. E perché le economie avanzate, perseguendo politiche con un obiettivo in definitiva irrealistico, sono cadute in a crisi. Se l’ipotesi di cui sopra è corretta, allora è un errore pensare che si possa uscire da questa crisi e ritornare su un percorso di crescita sostenibile solo attraverso il sostegno fiscale e monetario politiche. Per parafrasare Keynes, le politiche monetarie e fiscali sono “un sottile dispositivo di collegamento il presente al futuro”. Queste politiche potrebbero essere seriamente fuorvianti se basate su false aspettative sul futuro. D’altro canto, il successo di queste politiche nello scongiurare il collasso dell’economia mondiale subito dopo il fallimento di Lehman Brothers, nel autunno del 2008, potrebbe alimentare l’illusione che le stesse politiche possano riportarci al Giorni felici a metà del 2007, quando “stavamo ancora ballando”, come disse un famoso banchiere.

Esso sarebbe un'illusione, come ho appena detto.

E una perdita di tempo e fatica.

Valter Buffo