Le Buone Notizie per il 2024: parte 2. Il nostro Outlook innovativo.

 

Facciamo tutti un bel respiro.

Almeno nel giorno dedicato a Santo Stefano dalla religione cattolica, lasciamoci alle spalle l’ansia (totalmente improduttiva, va detto) di correre dietro giorno per giorno ai movimenti dei mercati ed alle notizie del Web.

Respiriamo a fondo. E cerchiamo di alzare lo sguardo, e guardare non al dito bensì alla luna

Questo Post che leggete ora è la seconda parte del nostro Outlook 2024.

Un lavoro di Recce’d che è molto, molto, moto diverso da quello al quale la massa degli investitori è stata abituata (purtroppo per loro) a chiamare Outlook.

Ci differenziamo nettamente, anche questa volta: non leggerete qui scommesse o previsioni azzardate su

  • quante volte taglieranno i tassi ufficiali nel 2024

  • dove finirà il 2024 l’indice di Borsa

  • ci sarà o non ci sarà la recessione nel 2024

Quelli sono soltanto esercizi di fantasia, e allora … è meglio esercitarsi con la Settimana Enigmistica. Non produce nulla, giocare con le parole, ma almeno la Settimana Enigmistica è divertente.

A differenza di tutti i nostri concorrenti, noi di Recce’d vogliamo offrire invece un aiuto concreto ai nostri lettori.

Come vi aiuteremo? Vi aiuteremo … andando indietro nel tempo.

Più precisamente, rileggendo un intervento di Bini Smaghi che risale addirittura al 2010, e che vi aprirà la mente e vi allungherà lo sguardo, al di là ed al di spora del caos quotidiano che vi opprime.

Lorenzo Bini Smaghi è stato ai vertici della BCE per molti anni, ed oggi occupa la presidenza della banca francese Societé Generale.

In un intervento del 2010, che per voi lettori è disponibile su richiesta, compilando il FORM della pagina CONTATTI, Bini Smaghi già nel 2010 si occupava di molte delle domande che oggi, tredici anni dopo, assillano ogni investitori.

Possiamo garantirlo, a tutti i nostri Clienti. Questa lettura è di gran lunga più utile, rispetto a leggere i social e le chat, Goldman Sachs e BNP Paribas, Milano Finanza ed il Sole 24 Ore, Mediolanum e Fideuram, CNBC e Bloomberg, tanto per fare soltanto alcuni dei nomi che agiscono, da anni e anche oggi, come un vero e proprio cartello che agisce allo scopo di mantenere la massa degli investitori ingabbiata nelle tradizionali soluzioni per l’investimento, ed all’oscuro dei fatti principali che sono quelli che determineranno

Potete infatti trovare, grazie alle parole di Bini Smaghi nel 2020:

  • la chiave sulla quale vanno fondate TUTTE le valutazioni dei vostri asset finanziari

  • la base su cui fondare oggi una strategia per i vostri investimenti che risulti vincente nel 2024

  • la spiegazione del fatto che l’intera industria (tradizionale) del risparmio oggi, a fine 2023, denuncia performances vicine allo zero anche su orizzonti come 10 anni, quando dovunque leggete di indici di Borse sui massimi, di Tesla e di Apple, del bitcoin e del petrolio: come si spiega che nessuno però ci ha guadagnato davvero?

Su questo ultimo, e delicatissimo tema, stiamo per inviare un secondo EXTRA: una ampia ed approfondita analisi, delle performances ottenute dai portafogli modello di Recce’d, messa poi a confronto con tutte le altre performances, di tutti gli strumenti a cui voi lettori potete, effettivamente accedere.

Parliamo, dunque, di risultati REALI e non dei risultati inventati che si leggono sui siti, nelle chat e nelle community.

Noi con voi parliamo di portafogli titoli che ESISTONO nella realtà, e non di portafogli titoli che sono fantasie di adolescenti oppure adulti immaturi.

Ma ora ritorniamo al tema del Post: e quindi a Bini Smaghi.

Iniziamo a leggere alcune parole da quel su intervento del 2010, che per voi noi abbiamo tradotto dall’inglese.

Se l’ipotesi di cui sopra è corretta, allora è un errore pensare che si possa uscire da questa crisi e ritornare su un percorso di crescita sostenibile solo attraverso il sostegno della politica fiscale e monetaria. Per parafrasare Keynes, le politiche monetarie e fiscali sono “un sottile dispositivo di collegamento il presente al futuro”. Queste politiche potrebbero essere seriamente fuorvianti se basate su false aspettative sul futuro. D’altro canto, il successo di queste politiche nello scongiurare il collasso dell’economia mondiale subito dopo il fallimento di Lehman Brothers, nel autunno del 2008, potrebbe alimentare l’illusione che le stesse politiche possano riportarci al Giorni felici a metà del 2007, quando “stavamo ancora ballando”, come disse un famoso banchiere. Esso sarebbe un'illusione, come ho appena detto. E una perdita di tempo e fatica. Per evitare questo spreco dobbiamo ritornare all’intuizione di Keynes, cioè che è proprio questo il problema il futuro non può essere affrontato semplicemente applicando le soluzioni del passato, perché i problemi del futuro sono diversi da quelli del passato. Dobbiamo essere pronti a riportare le società su un percorso di prosperità sostenibile a livello fondamentale riformare il modo in cui le nostre economie funzionano e competono nell’ambiente globale. Facendo ciò, potremmo dover resuscitare qualche economista defunto. E leggere il loro lavoro in modo più accurato.

Come avrete già intuito, abbiamo scelto di partire … proprio dalle conclusioni di Bini Smaghi nel 2010.

Ora, nella parte restante del Post, spiegheremo al lettore la ragione per la quale le conclusioni ch avete appena letto riguardano, molto da vicino, le scelte di investimento e la gestione dei portafogli titoli nei primi mesi del 2024.

Leggiamo ora un secondo estratto:

Il fatto è che le politiche macroeconomiche possono aiutare a stabilizzare l’economia e a prevenire profonde crisi recessioni, riducendo l’accresciuto stato di incertezza prevalente tra gli agenti economici non significa che siano sempre efficaci, in ogni circostanza. Al contrario, l’esperienza ha dimostrato che queste politiche potrebbero rivelarsi destabilizzanti, soprattutto se sono implementati in modo tale da aumentare, invece, lo stato di incertezza di ridurlo. Ciò può accadere, in particolare, se la dimensione dell’intervento fiscale e/o monetario cresce continuamente. L’iniezione diventa talmente grande che l’incertezza irriducibile viene aumentata, anziché ridotta.

Un esempio calzante è quando un governo incorre in una serie di deficit molto ampi e finisce accumulando uno stock eccessivo di debito pubblico. Al limite, ciò può anche portare alla dislocazione delle aspettative di inflazione, poiché i mercati finanziari iniziano ad aspettarsi che il debito nazionale verrà semplicemente “gonfiato” – ovvero verrà eroso attraverso una maggiore inflazione – con un conseguente aumento dei tassi di interesse.

Per definizione, prevenire un pericoloso accumulo di il debito nazionale richiede di tenere sotto controllo i deficit di bilancio. Quando questo è particolarmente difficile a causa della vastità della recessione, i governi dovrebbero – al massimo fornire ai mercati finanziari un chiaro “piano di rientro”, specificando attentamente sia il il periodo entro il quale il disavanzo sarà portato sotto controllo e le misure specifiche il governo in questione intende intraprendere.

Tutto ciò che tutti noi abbiamo letto ed ascoltato, nelle ultime otto settimane del 2023, a proposito dei mercati finanziari

  • da tutti i media

  • da tutte le banche di investimento internazionali

  • da tutte le Reti di promotori finanziari come Generali e Mediolanum e FINECO e Fideuram e tutte quante le altre

  • ma NON da noi di Recced

tutto quanto, dicevamo, ruota intorno ad un UNICO tema, ovvero i tagli dei tassi ufficiali di interesse, ovvero la politica monetaria, ovvero la politica economica.

Il resto, tutto il resto, ovvero la realtà dei fatti, è stato nascosto, messo da parte. Ignorato, volutamente ignorato.

Il pubblico, la grande massa, è stato spinto nelle ultime otto settimane a puntare tutto il proprio risparmio sulla idea che:

questa è la volta in cui la politica monetaria avrà pieno successo.

Oggi 26 dicembre 2023 sui mercati prevale una “narrativa” tutta incentrata sui tagli dei tassi ufficiali di interesse. Sembra che questa sia la sola cosa che conta, per gli investitori.

Nel grafico che segue potete constatare che MAI, nel passato, si era arrivati ad un simile livello: TUTTI oggi la vedono allo stesso modo e sono posizionati dalla stessa parte.

Noi di Recce’d vi abbiamo spiegato, in decine di occasioni precedenti, che questi “tutti” però … non sono veramente tutti.

Ed abbiamo anche spiegato che è FALSO affermare che i tassi ufficiali di interesse sono la sola cosa he conta.

Attenzione, quindi. Fatevi aiutare, in un momento delicatissimo, da chi possiede competenze adeguate, esperienze di livello, strumenti di analisi e valutazione innovativi.

Noi investitor dobbiamo crederci? La politica economica, questa volta, la vincerà davvero, sui mercati finanziari?

Per comprendere bene questo punto, vi aiutiamo in modo concreto, ritornando adesso a Bini Smaghi 2010.

La necessità di evitare di creare un’eccessiva incertezza sulla solvibilità fiscale a lungo termine di un paese rappresenta il limite fondamentale alla portata dello stimolo fiscale che può essere iniettato l'economia.

Come osserva Skidelsky, lo stesso Keynes non avrebbe escluso un approccio equilibrato bilanci anche durante una recessione, se ciò fosse necessario per ridurre al minimo il rischio di seminare dubbi sulla solvibilità fiscale a lungo termine nella mente degli operatori di mercato. L'alternativa è un aumento dei premi di rischio richiesti dai mercati finanziari per assorbire il governo obbligazioni e quindi un aumento dei tassi di interesse. A sua volta, ciò si traduce in una riduzione del capitale accumulazione, e quindi, ceteris paribus, in una minore produttività e produzione pro capite. L’evidenza empirica suggerisce che i paesi il cui livello di debito nazionale supera un certo soglia sono caratterizzati anche da una crescita relativamente più bassa: Reinhart e Rogoff (2010), analizzando un set di dati che abbraccia gli ultimi secoli e comprende diverse dozzine paesi, mostrano che, per i paesi con un rapporto debito pubblico/PIL superiore al 90%, la crescita mediana del PIL tende ad essere inferiore di circa un punto percentuale rispetto a quella che sarebbe altrimenti. Sebbene a prima vista possa sembrare piccolo, se cumulato nel corso di decenni esso porta a standard di vita significativamente più bassi.

L’evidenza empirica mostra anche che i rapporti deficit/PIL e debito/PIL sono più elevati tassi di interesse più alti anche quando non ci sono dubbi sulla solvibilità fiscale. Uno studio di Thomas Laubach sulla base dei dati statunitensi, ad esempio, stima che ogni punto percentuale L’aumento del rapporto deficit/PIL previsto si traduce in un aumento dei tassi di interesse a lungo termine compreso tra 20 e 29 punti base, mentre un aumento di un punto percentuale del rapporto debito/PIL è associato ad un aumento di circa 3-4 punti base. Ancora una volta, nonostante tali effetti possono sembrare minuscoli, ma se accumulati su lunghi periodi di tempo il loro impatto diventa significativo.

Come notate, il testo di Bini Smaghi è tecnico, ma non di difficile comprensione.

Un dettaglio significativo: nel 2010, Bini Smaghi citava la soglia del 90%: oggi, tredici anni dopo, TUTTI i Paesi Occidentali hanno superato quella soglia, tranne la Germania.

Proseguiamo leggendo un altro passaggio molto significativo del testo di Bini Smaghi.

Questo punto era molto chiaro a Keynes, ma sfortunatamente è sfuggito a molti dei suoi seguaci durante i primi decenni del secondo dopoguerra, che sostenevano l’intervento del governo in OGNI circostanza, al fine di mantenere l’economia il più vicino possibile al potenziale. I pericoli intrinseci a un simile approccio alla politica di stabilizzazione erano notevoli sottolineato dal presidente della Federal Reserve William Martin nella sua testimonianza del febbraio 1965 davanti al Comitato Economico Congiunto del Congresso degli Stati Uniti quando affermò che: “C’è, inevitabilmente, un elemento di politica del rischio calcolato nei nostri lodevoli sforzi per avvicinare la nostra economia e più vicino al suo pieno potenziale senza forzarlo”.

La “politica del rischio calcolato” menzionata da Martin lo ha fatto ha a che fare con un limite fondamentale delle politiche di “fine tuning” di cui si è discusso da tempo monetaristi come Milton Friedman e Karl Brunner l’uso di politiche di stabilizzazione in ogni circostanza si basa su una conoscenza ragionevolmente precisa dell’equilibrio livelli, come la produzione potenziale e il tasso naturale di disoccupazione. Dal momento che sono entrambi NON si possono misurare precisamente, ed entrambi cambiano nel tempo, l'uso di tali politiche in condizioni normali circostanze, al fine di mantenere l’economia costantemente vicina al potenziale, è inevitabilmente destinato a fallire.

E in effetti, una delle spiegazioni dominanti per la Grande Inflazione del Negli anni ’70 negli Stati Uniti trae origine dalla combinazione di politiche di “fine tuning” e dall’incapacità della Federal Reserve di rilevare in tempo reale il rallentamento della produttività degli anni ’60 e ’70, determinando così una sistematica sovrastima della reale portata del rallentamento dell’economia.

Come vedete, già nel 2010, sul tavolo dei politici, degli economisti, e pure di noi investitori, si trovavano già i medesimi temi che oggi sono di fronte ai nostri occhi.

Con una differenza importante: dal 2010 al 2023, per tredici anni, si è proceduto nella direzione OPPOSTA a quella che, dal testo di Bini Smaghi, risultava essere quella consigliabile per il benessere generale ed anche per la stabilità finanziaria. Diametralmente OPPOSTA.

Leggiamo ancora da Bini Smaghi.

La letteratura economica conferma l’incertezza prevalente in quei giorni. Nel loro classico “Storia monetaria degli Stati Uniti” Friedman e Schwartz hanno sottolineato che: “La contrazione dopo il 1929 ha chiaramente mandato in frantumi le convinzioni in una “nuova era”, nella probabilità di una stabilità duratura […]. La contrazione instillava invece un timore esagerato di proseguire dell’instabilità economica, del pericolo di stagnazione, della possibilità di recidiva disoccupazione".

Eventi come il crollo del mercato azionario del 1929 o il crollo del settembre 2008 crollo di Lehman Brothers, creano una grande quantità di “incertezza irriducibile”, che esercita effetti paralizzanti sulle decisioni di spesa e potrebbero far scivolare l’economia in una situazione di depressione.

Nei mesi immediatamente successivi al crollo del 1929, infatti, entrambi gli acquisti dei consumatori dei beni durevoli e degli investimenti delle imprese sono diminuiti drasticamente, mentre la spesa per i beni deperibili le merci sono leggermente aumentate. Christina Romer (1990) sostiene che la spiegazione più probabile per questo fenomeno è che l'incertezza generata dalla crisi finanziaria ha indotto entrambi i consumatori e le imprese a rimandare rispettivamente gli acquisti di beni durevoli e di investimento, provocando così l’economia va in stallo e si contrae. Il meccanismo alla base di questo atteggiamento “aspetta e vedi”.

Durante periodi di maggiore incertezza è ben noto fin dai lavori di Bernanke (1983), ed è stato ampiamente esplorato da Dixit e Pindyck (1994). Il punto chiave è che quando un acquisto specifico è irreversibile, come nel caso degli investimenti o dei beni durevoli acquisti di beni, gli agenti devono effettuare un trade-off tra il beneficio derivante da un anticipo impegno e quelli derivanti dall’attesa di migliori informazioni. All'interno di un tale ambientale, un aumento dell’incertezza può quindi naturalmente portare a un rinvio decisioni di spesa per ottenere informazioni migliori, provocando così un calo della domanda.

Gli effetti dell’incertezza irriducibile tendono ad avere un impatto economico di lunga durata. Ad esempio, una delle principali spiegazioni del “puzzle del premio azionario” di Mehra e Prescott (1985) – ovvero il grande rendimento in eccesso delle azioni rispetto al tasso privo di rischio che ha caratterizzato negli ultimi decenni – ha a che fare con il trauma della Grande Depressione e con la graduale e lenta presa di coscienza da parte del pubblico della natura aberrante di quegli anni, che portarono il premio azionario a diminuire gradualmente rispetto ai picchi raggiunti negli anni ’30.

Tra i nostri lettori, ci sarà probabilmente qualcuno che comincia chiedersi perché noi di Recce’d, sempre concreti ed attenti alla realtà, oggi 26 dicembre ci stiamo occupando di “massimi sistemi”

La risposta è semplice:

questi NON sono “massimi sistemi”: è la realtà in cui ogni giorno tutti noi e voi lavoriamo, operiamo, lavoriamo ed investiamo il nostro risparmio.

Se non ne siete convinti, il brano conclusivo che noi abbiamo selezionato e tradotto per il lettore dall’intervento di Bini Smaghi vi convincerà del tutto.

Noi di Recce’d, in ogni caso, a partire dal prossimo Post (la terza parte) ritorneremo ad occuparci della realtà attuale nel modo al quale i lettori sono abituati.

Vi spiegheremo, in modo pratico, perché (dal punto di vista di noi investitori tutti) ciò che leggete un questo Post

sono le Buone Notizie 2024.

Perché queste delle quali oggi scriviamo sono cose complesse, e difficili in qualche caso da capire “al volo” come pretendono quelli che scrivono nelle community, nelle chat, e su certi siti Web.

Ma nel 2024, tutti arriveranno a capire bene: e si capirà, prima di tutto, che questa materia che trattiamo nel Post NON è, nella sostanza, complessa. Invece è, nella sostanza, molto molto semplice.

E pertanto quella graduale e lenta presa di coscienza da parte del pubblico della quale avete letto poco sopra accelererà infatti proprio a partire dal giorno 2 gennaio. Tra sette giorni.

Questo fatto servirà (servirà davvero a tutti, per una volta) per riportare le società su un percorso di prosperità sostenibile a livello fondamentale riformare il modo in cui le nostre economie funzionano e competono nell’ambiente globale come avete letto sopra.

E’ facile prevederlo, perché … tutto questo è già successo.

La teoria classica sostiene che il governo non dovrebbe interferire con l’interazione tra agenti economici, perché ciò comporterebbe un’allocazione delle risorse non ottimale. Questo approccio può applicarsi anche a situazioni di elevata incertezza, nella misura in cui prima o poi in seguito si prevede che l’economia ritorni alla normalità. Non intervenendo, il policy-maker evita di introdurre distorsioni nell’economia che potrebbero causare ulteriori e più gravi problemi in seguito.

L’idea che gli eccessi e gli squilibri che portano a una crisi dovrebbero avere il loro peso uscire e rilassarsi senza l'intervento del governo era la logica intellettuale alla base di questo posizione del Segretario del Tesoro di Herbert Hoover, Andrew Mellon, all’inizio anni della Depressione, quando affermò: “Liquidate il lavoro, liquidate le azioni, liquidare i contadini, liquidare i beni immobili[…]. Eliminare il marciume dal sistema”.

Espressa in modo meno drammatico, l’idea di Mellon era che la crisi avesse avuto origine da una serie di distorsioni che si erano accumulate nell’economia americana durante i “Ruggenti Anni Venti”, innanzitutto un mercato azionario fortemente sopravvalutato e, in misura leggermente inferiore misura, un boom immobiliare. Dato che il problema derivava da enormi distorsioni e squilibri che si sono sviluppati nel corso degli anni, l’unico modo per risolvere il problema era aspettare pazientemente fino a quando gli squilibri non si saranno risolti. Una volta passata la tempesta, l’economia si sarebbe ripresa ritorno all'equilibrio, un equilibrio, è importante notare, libero dalle distorsioni precedenti.

(…)

Credo che le azioni e le politiche fossero insostenibili perché miravano a un obiettivo non sostenibile. Al centro delle decisioni sbagliate prese Il passato, e che ha portato alla crisi, è stata l’aspettativa di un aumento della prosperità sperimentato dalle nostre società nei decenni precedenti continuerebbe semplicemente, senza essere influenzato continua integrazione dei paesi dei mercati emergenti nel sistema globale. Politiche, siano esse normativo o macroeconomico, finalizzato al raggiungimento di un tasso di crescita economica quale era basato sull’esperienza passata e che si è rivelato troppo elevato. Anche queste politiche lo erano espansionistiche, inducendo gli agenti a indebitarsi eccessivamente, e alimentarono una bolla che alla fine scoppiò.

(…)

Penso che l’analisi di Samuelson possa aiutare a spiegare il motivo per cui il tasso tendenziale di crescita del reddito è in le economie avanzate potrebbero aver rallentato sostanzialmente negli ultimi anni, sconvolgendo l’equilibrio sociale e politico su cui poggiava quella crescita. In particolare, aiuta a capire perché, per la prima volta dalla seconda guerra mondiale, le prospettive sono per i più giovani generazioni appaiono nel complesso meno promettenti rispetto alle precedenti. E perché le economie avanzate, perseguendo politiche con un obiettivo in definitiva irrealistico, sono cadute in a crisi. Se l’ipotesi di cui sopra è corretta, allora è un errore pensare che si possa uscire da questa crisi e ritornare su un percorso di crescita sostenibile solo attraverso il sostegno fiscale e monetario politiche. Per parafrasare Keynes, le politiche monetarie e fiscali sono “un sottile dispositivo di collegamento il presente al futuro”. Queste politiche potrebbero essere seriamente fuorvianti se basate su false aspettative sul futuro. D’altro canto, il successo di queste politiche nello scongiurare il collasso dell’economia mondiale subito dopo il fallimento di Lehman Brothers, nel autunno del 2008, potrebbe alimentare l’illusione che le stesse politiche possano riportarci al Giorni felici a metà del 2007, quando “stavamo ancora ballando”, come disse un famoso banchiere.

Esso sarebbe un'illusione, come ho appena detto.

E una perdita di tempo e fatica.

Valter Buffo