Le Buone Notizie per il 2024: parte 3. Il nostro Outlook innovativo.
Noi di Recce’d abbiamo scelto di NON produrre un Outlook 2024 che si occupasse di dove finirà il nuovo anno la Borsa, il tasso di interesse, il tasso di cambio.
Quel tipo di documento è del tutto inutile, per noi investitori sui mercati finanziari. Non serve a nulla. Si tratta unicamente di marketing.
Noi abbiamo invece suddiviso il nostro Outlook i quattro parti, tutte pubblicate qui, nel Blog.
Nella parte 1, abbiamo fatto una fotografia: abbiamo ricordato, ai nostri lettori, dove ci troviamo oggi, noi investitori, e dove si trovano oggi i mercati finanziari.
Nella parte 2, poi abbiamo offerto ai lettori il nostro scenario per il 2024, utilizzando analisi e considerazioni scritte … quindici anni fa, ma oggi ancora più valide di allora.
Nella parte 3 che leggete ora, il nostro lettore verrà aiutato a mettere a fuoco le principali opportunità di investimento che si presentano nel nuovo anno, e i fattori che potranno metterle in moto.. Ma pure i rischi principali da cui è doveroso proteggere il proprio risparmio.
Nella parte 4 che seguirà questa troverete le nostre indicazioni specifiche, in merito alla gestione del portafoglio nel 2024, e ovviamente anche le nostre conclusioni.
Ovviamente il punto di partenza è che l’investitore deve chiarirsi dove si trova oggi. Di dove si trova il suo portafoglio titoli. Di dove si trovano oggi i mercati finanziari. Di dove si trovano le economie.
In questo specifico momento, questo è un requisito essenziale, a causa del fatto che per tutti noi investitori il 2020 è stata una enorme discontinuità. Di portata storica. I mercati finanziari, tutti, sono entrati in una Nuova Era: una fase totalmente nuova.
Questo Nuovo Paradigma ha portato i mercati finanziari, per ben quattro anni, in uno stato di evidente confusione: gli indici si sono mossi su e giù, ma senza una chiara motivazione, perché non esiste un quadro coerente. Siamo passati dalla recessione al boom economico all’inflazione e di nuovo poi alla recessione. Per conseguenza, gli indici dei mercati, e quindi anche nei vostri portafogli le azioni, e le obbligazioni, e le valute, e le materie prime sono in effetti da quattro allo sbando.
Recce’d ritiene che questa prolungata fase di sbandamento si conclude proprio con il 2023 che è appena finito: i mercati finanziari, nel 2024, ritorneranno verso il loro fisiologico e naturale modo i relazionarsi con l’economia reale.
Grazi a questo, quindi, ritroveranno una direzione. Nel 2024 vedremo la fine della “bolla del tutto” (everything bubble) che per tre anni ha imperversato sui mercati finanziari, facendo danni che voi avete per ora visto solo in una piccola parte.
La buona notizia, quella vera, quella importante, è questa che avete appena letto. Poi ne seguono altre. Il riordino ed il ritorno verso un equilibrio stabile producono grandi opportunità di guadagno per i vostri e per i nostri portafogli.
E questa sarà la (vera) occasione della vita: quella vera, non quelle false che tutti hanno raccontato, nel 2021 e nel 2023.
Passando dallo scenario alla pratica della gestione del portafoglio, come è possibile cogliere le opportunità e fare questi grandi, anzi grandissimi guadagni che abbiamo tutti proprio davanti agli occhi?
Da stamattina noi, con il nostro quotidiano Bollettino che si chiama The Morning Brief, le segnaliamo al nostro Cliente, motivando sempre sia le nostre conclusioni sia le nuove operazioni che faremo sui nostri portafogli modello.
Invece, per tutti i lettori del sito, già sabato 30 dicembre abbiamo offerto alcune concrete indicazioni.
Nel primo giorno del 2024, sempre gratuitamente, abbiamo fatto uno sforzo ulteriore: proponendo all’attenzione del lettore una recente intervista pubblicata dal Financial Times.
Charles Goodhart è una figura di indiscusso standing, ed alcuni di noi in Recce’d hanno avuto l’opportunità di conoscerlo e di collaborare.
Molte delle idee che lui ci espose negli ultimi anni dello scorso Millennio oggi ci restano di massima utilità, nello svolgimento della nostra attività professionale.
Oggi più che mai, ragionare e formulare previsioni in modo lucido ed anche indipendente da ciò che prevale nella massa è ciò che permette di fare la differenza, nei risultati del proprio portafoglio di investimento.
Grazie all’intervista che state per leggere, verranno posti alla vostra attenzione una serie di fattori ed elementi che NON trovate negli Outlook dei promotori finanziari e delle banche di investimento.
Ogni gestore del portafoglio titoli, ed ogni investitore che abbia un portafoglio di GPM ed azioni, obbligazioni, Fondi Comuni, Fondi Hedge, certificati, e altro, può ricavare proprio da questo Post che state leggendo, con uno sforzo di attenzione e ragionamento, le valutazioni essenziali per decidere in merito al futuro del proprio portafoglio titoli, dati i suoi obbiettivi di rendimento futuro e di rischio che sarà da sopportare.
E come anticipato sopra ma anche nel titolo, proprio qui c’è una grande quantità di Buone Notizie per il 2024: ovvero
dove stanno oggi le migliori opportunità di guadagno
dove invece si nascondono le maggiori trappole da cui proteggere il proprio patrimonio
a quali fatti attribuire maggior peso ed attenzione
e quali fatti invece vanno del tutto ignorati (anche se ogni giorno la macchina dei media, e l’industria del risparmio, li ingigantisce ed enfatizza)
Riocordatelo: i mercati finanziari sono già nel Nuovo Paradigma.
Non investite guardando nello specchietto retrovisore, è rischiosissimo. Quanto guidare contromano in autostrada.
Nel pieno della crisi indotta dal lockdown, l’economista britannico Charles Goodhart fece una previsione che allora fu per “tutti” sorprendente.
Con una crescita annuale dei prezzi nel Regno Unito inferiore all’1%, ha avvertito che l’inflazione sta tornando – e su base duratura.
La previsione, pubblicata con il coautore Manoj Pradhan nel libro del 2020 The Great Demographic Reversal, si basava su una teoria secondo cui molte delle forze che hanno tenuto sotto controllo l’inflazione negli ultimi decenni sono destinate a dissiparsi. Un eccesso di manodopera a basso costo, guidato in parte dall’ingresso della Cina nel sistema commerciale mondiale, lascerebbe il posto a carenze di manodopera man mano che le società invecchiano, contribuendo a una maggiore crescita dei prezzi. Le pressioni al rialzo sui prezzi e sui tassi di interesse sarebbero aggravate dalla riduzione dei risparmi e dall’aumento della spesa da parte della popolazione che invecchia, mentre le pressioni fiscali aumenterebbero con l’aumento della domanda di assistenza sanitaria.
L’attenzione di Goodhart si concentrava sulle tendenze inflazionistiche a lungo termine, ma il libro era, inutile dirlo, perfettamente tempestivo data la storia degli ultimi tre anni, quando l’inflazione era salita verso e oltre il 10%.
Le teorie contenute nel libro non sono affatto incontrastate tra gli economisti, anche dato che la società giapponese in rapido invecchiamento convive da decenni con un’inflazione irrisoria. Ma pochi si sentivano a proprio agio nell’ignorarli data la loro provenienza.
Professore emerito presso il Financial Markets Group della London School of Economics, Goodhart è uno degli economisti più eminenti del paese. Ha contribuito a definire la politica della Banca d’Inghilterra negli anni ’80 ed è stato uno dei primi membri esterni del neonato Comitato di politica monetaria quando la BoE è stata resa indipendente dal governo di Tony Blair. Molto prima del crollo bancario del 2007-2009, Goodhart parlava dell’importanza delle questioni relative alla stabilità finanziaria.
Ormai quasi ottantenne, Goodhart ha parlato al FT della necessità che le banche centrali comprendano meglio i fattori determinanti della recente impennata dei prezzi, sostenendo che devono migliorare i loro modi di comunicare sui rischi inflazionistici che si prospettano. Con i dati sulla crescita che indicano una prospettiva fiacca, Goodhart ha avvertito che le banche centrali si troveranno ad affrontare un “periodo molto difficile” in futuro. Ha anche lanciato alcuni cupi avvertimenti sul crescente rischio di crisi fiscali in alcune delle più grandi economie del mondo.
Sam Fleming: I banchieri centrali sono stati in gran parte colti di sorpresa dall’impennata inflazionistica iniziata tre anni fa. La tesi a loro difesa è che l’inflazione è stata causata da una serie di shock dell’offerta che difficilmente avrebbero potuto prevedere. Qual è il tuo punto di vista?
Charles Goodhart: Beh, in realtà in gran parte è corretto. Ma penso che si siano spinti troppo oltre e ora stiano cercando di sostenere che erano completamente irreprensibili, che tutto era dovuto a una serie di shock imprevedibili, piuttosto che che non si erano resi conto che ci sarebbe stato un cambiamento nella disponibilità di lavoro, il che significava che l’inflazione non era transitoria. Vorrei notare in particolare che nell’eccellente discorso del politico della Banca d’Inghilterra Jonathan Haskel egli afferma che hanno dovuto aspettare fino a dicembre 2021 perché temevano che ci sarebbe stato un massiccio aumento della disoccupazione quando i lavoratori sarebbero tornati in massa dopo il periodo di congedo. E il presidente della Federal Reserve Jay Powell sostiene più o meno la stessa argomentazione. Non hanno visto che il Covid stesso aveva ridotto la probabilità di un grande ritorno di manodopera. E non hanno visto che la tendenza di fondo era fortemente contraria a un aumento significativo della forza lavoro.
SF: Stiamo parlando della fine del 2021.
CG: Sì, la decisione presa nell’estate del 2021 di mantenere i tassi di interesse a livelli molto bassi. È stato nella seconda metà del 2021 che l’inflazione ha cominciato davvero ad aumentare abbastanza rapidamente e ben prima dell’attacco all’Ucraina da parte della Russia.
SF: Il lavoro di Haskel su questo argomento utilizza il modello sviluppato dall’ex presidente della Fed Ben Bernanke e dall’ex capo economista del FMI Olivier Blanchard, trasponendolo nel Regno Unito. Dice che c’è stata un’esplosione iniziale di inflazione durante la primavera e l’estate del 2021, dovuta ai prezzi e alle carenze dell’energia, e che la storia del lavoro riprenderà più tardi. E quindi è stato ragionevole da parte loro dire che si tratta di una situazione transitoria.
CG: Penso che Blanchard, Bernanke, Haskel e i suoi colleghi esagerino l'argomento della carenza dal lato dell'offerta. Immagino che gran parte di ciò che attribuiscono alle carenze in realtà sia molto più attribuibile alle espansioni fiscali che si stavano verificando più o meno nello stesso periodo.
SF: Ma non si potrebbe guardare a quello che è successo di recente almeno ai tassi di inflazione principali e ai cali molto marcati che stiamo vedendo ora, soprattutto nell’area dell’euro, e dire che forse questa storia di grandissimi shock dall’offerta si sta attenuando? .
CG: Bene, penso che risponderei dicendo che l’inflazione del costo unitario del lavoro e l’inflazione dei servizi sono ancora significativamente al di sopra del livello target. Non c’è assolutamente alcun dubbio che l’inflazione sia stata esagerata dagli shock dell’offerta, di petrolio e in particolare di gas in Europa e nel Regno Unito, che l’America non ha sofferto nella stessa misura. Quindi, quando ciò si inverte, sei destinato a subire un netto calo. La mia aspettativa è che il 2024 sarà molto favorevole perché stiamo assistendo a un’inversione dell’impennata dei prezzi dell’energia. Ma l’inflazione sottostante e quella del mercato del lavoro non sono ancora scese al livello target. La mia aspettativa è che il 2024 sarà molto favorevole perché stiamo assistendo a un’inversione dell’impennata dei prezzi dell’energia. E se, come penso sia possibile, ci sarà una sorta di tregua nella guerra in Ucraina, i prezzi dell’energia potrebbero scendere ulteriormente. E penso che il 2024 avrà un aspetto favorevole, da questo punto di vista. Penso che le banche centrali dichiareranno la vittoria e ad un certo punto inizieranno ad abbassare i tassi di interesse nominali. La mia preoccupazione è l’argomento del recupero. Il desiderio delle famiglie di riportare gli standard di vita a quelli di prima significherà che, soprattutto se i tassi di interesse dovessero scendere, il mercato del lavoro rimarrà più rigido di quanto sia coerente con l’obiettivo di inflazione di fondo. Quindi il 2025 vedrà effettivamente una certa inversione, con l’inflazione che salirà di nuovo, forse anche verso la fine del 2024.
SF: Haskel ha detto che la sua stima dell’impatto del recupero era di poco più di un punto sulla crescita salariale annuale e circa la metà per cento sull’inflazione dei prezzi fino al secondo trimestre del 2023. Direste che è un eufemismo?
CG: Sì. La preoccupazione riguardo al recupero è cumulativa. Non si tratta semplicemente di "abbiamo sottovalutato l'inflazione adesso?", ma di "quanto sono diminuiti i nostri standard di vita, rispetto a un passato ragionevolmente recente, che pensavamo in un certo senso fosse normale?" Quindi è un declino cumulativo degli standard di vita che Penso che sia cruciale. Basta guardare quello che dicono ora i medici, gli infermieri, i ferrovieri e così via, per rendersi conto che è cumulativo. Inoltre, il tenore di vita reale del Regno Unito è stato ulteriormente ridotto dal fatto che nel frattempo le aliquote fiscali effettive sono state aumentate mantenendo costanti le soglie. Quindi, se si prendono gli standard di vita reali al netto delle tasse, molti, in particolare nel settore pubblico, stanno subendo una considerevole riduzione cumulativa del loro standard di vita. Direi che la variabile effettiva che [Haskel et al] utilizzano per modellare il recupero non è, a mio avviso, sufficiente o soddisfacente. C’è bisogno che le persone che non fanno parte delle banche centrali mettano in discussione e rifacciano i modelli che vengono costruiti da coloro che sono stati nelle banche centrali. La sfida deve venire dall’esterno. Non che gli addetti ai lavori abbiano torto, è solo che gli addetti ai lavori sono ben felici di fermarsi su un punto particolare che mostra le banche centrali nella luce migliore.
SF: Sarebbe quindi d'accordo con coloro che sostengono una politica monetaria restrittiva molto persistente, fino al prossimo anno?
CG: È un periodo molto difficile per le banche centrali. Se l’inflazione complessiva scende al di sotto del 2%, come è perfettamente possibile nel corso del 2024, e la disoccupazione aumenta, e si stanno avvicinando le elezioni generali per cui i politici saranno scontenti se non si tagliano i tassi di interesse, penso Nel corso del 2024 la pressione sulle banche centrali affinché taglino i tassi di interesse nominali sarà schiacciante. E capirei perfettamente se lo facessero. Penso che il mio unico commento sarebbe che se e quando – e penso che sia una questione di quando piuttosto che se – l’inflazione riprenderà a salire verso la fine del 2024 o fino al 2025, poiché la riduzione dei prezzi dell’energia stessa non rientra nei limiti. C'è bisogno che le persone che non fanno parte delle banche centrali mettano in discussione e rifacciano i modelli che vengono costruiti da coloro che sono stati nelle banche centrali. Non li vedo rifiutarsi di abbassare i tassi di interesse nominali con un'inflazione complessiva pari o inferiore al target e disoccupazione in aumento. Semplicemente non accadrà.
SF: Nell’area euro prevediamo già un’inflazione complessiva compresa tra il 2 e il 3%, quindi non lontana dall’obiettivo.
CG: Isabel Schnabel della BCE, nel suo recente commento, sta chiaramente segnalando che non solo siamo ora ai vertici, ma che una certa riduzione dei tassi di interesse nominali sarà inevitabilmente, credo, nelle carte per qualche tempo nel 2024 – molto probabilmente nel primo tempo.
SF: Volevo parlare del tuo libro con Manoj Pradhan, che è stato pubblicato nel 2020. Diceva che l'inflazione sarebbe probabilmente tornata, ma le ragioni a cui stavi pensando erano temi a lungo termine, compreso il ruolo della Cina e le società che invecchiano, e una mancanza di offerta di lavoro. In che misura vedi già visibili alcuni di questi temi a lungo termine nell’inflazione che abbiamo visto negli ultimi due, tre anni?
CG: Devo confessare che siamo stati abbastanza fortunati nei nostri pronostici, perché quello che non abbiamo visto è stato l’effetto del Covid in particolare sulla forza lavoro. Gli effetti delle grandi dimissioni anticipate, dell’aumento delle persone con malattie croniche, del Covid lungo, e negli anni del Covid il calo delle migrazioni. Negli ultimi tempi la migrazione è aumentata molto più di quanto ci aspettassimo e penso che questo sia senza dubbio uno dei fattori che stanno frenando i salari. Se la politica nel mondo, non solo nel Regno Unito, ma anche negli Stati Uniti e in Europa, in particolare con le elezioni nei Paesi Bassi, innescasse un’effettiva riduzione dell’immigrazione totale, quella sarebbe un’altra forza a lungo termine che determinerebbe un rafforzamento del sistema mercati del lavoro, e quindi la tendenza ad aumentare le pressioni inflazionistiche.
SF: Nel libro sostieni che i beni a basso costo prodotti dalla Cina e dalla sua vasta forza lavoro negli ultimi decenni hanno svolto un ruolo più importante dell’esperienza dei banchieri centrali nel mantenere bassa l’inflazione. Oggi la popolazione cinese in età lavorativa è in costante declino. Siamo anche in quest’era di amicizia e tensione geopolitica. Riesci già a vedere alcuni di questi effetti nei numeri che vediamo oggi?
CG: Sì, ma ovviamente ci sono state tante dislocazioni. Durante i tre decenni fino al 2020, si sono verificati periodi prolungati in cui i prezzi dei beni primari negli Stati Uniti in media tendevano a scendere di circa l’1% annuo, mentre i prezzi dei servizi primari tendevano ad aumentare di circa il 3%. E gran parte di questa tendenza persistente al calo dei prezzi dei beni è dovuta alla merce a basso costo proveniente dalla Cina. Se ne otterremo di meno, chiaramente la pressione al ribasso sui prezzi dei beni sarà minore.
SF: Le persone citano il Giappone come un esempio in cui una società che invecchia convive con un’inflazione molto bassa per lungo tempo. Come affronti questa critica?
CG: Alla critica sul Giappone rispondiamo dicendo che coloro che ci criticano lo fanno in gran parte perché vedono il Giappone come se fosse un'economia chiusa. Il Giappone stava invecchiando esattamente nello stesso periodo, in quegli anni, dal 1990 al 2020, quando il resto del mondo, e in particolare la Cina, nuotava in manodopera relativamente disponibile, efficace e abbastanza a buon mercato. Molte aziende giapponesi ne hanno beneficiato delocalizzando in Cina. Quindi avevano le stesse forze disinflazionistiche mondiali del resto di noi, e questo era il fattore dominante.
SF: Dove ci porta questo nel dibattito sul tasso di interesse naturale a lungo termine?
CG: Questo è uno degli argomenti più controversi. L’analisi tradizionale sostiene ancora che i tassi di interesse reali e nominali scenderanno, tornando a livelli molto bassi. E noi, d’altro canto, sosteniamo che, a causa della carenza di risparmi personali sufficienti e dei problemi fiscali che non consentono al governo di intervenire con pensioni sufficientemente buone, ciò significherà in realtà che il governo dovrà sostenere, in particolare gli inabili, a evitare che diventino effettivamente indigenti. E i costi fiscali saranno enormi, soprattutto per quanto riguarda l’assistenza agli anziani e agli inabili nelle loro case di cura. Presterei maggiore attenzione ai prezzi degli asset. E se gli aggregati monetari si comportassero in un modo molto insolito, come lo sono in questo momento, cercherei di interrogarmi sul perché ciò stia accadendo. Siamo di fronte ad una crisi fiscale in futuro. Non sappiamo come risolverlo. E i politici dicono sempre “sappiamo cosa dovremmo fare, non sappiamo come essere rieletti se lo facciamo”. È difficile considerati gli altri problemi che abbiamo: le spese per il clima e la difesa. Le spese dovranno aumentare e come intendete finanziarle? Cercare di farlo attraverso il prestito non farà altro che sovraccaricare il mercato del debito del settore pubblico e portare, ad un certo punto, a una crisi che ricorda troppo ciò che è accaduto in questo paese nel settembre 2022 [con il “mini” bilancio dell’allora Cancelliere Kwasi Kwarteng).
SF: A che punto crede che ciò inizi effettivamente a manifestarsi nei mercati del debito?
CG: Non ne ho idea.
Sai che qualcosa è insostenibile ma non sai quando la diga crollerà.
In macroeconomia le cose possono andare avanti più o meno normalmente, perché questo è ciò che le persone si aspettano,
e poi all’improvviso succede qualcosa.
Non è mai possibile stabilire quale sarà l’innesco e tutto va per il verso giusto. E uno dei grandi problemi che dobbiamo affrontare in questo momento è che ciò è altrettanto probabile che accada negli Stati Uniti come in qualsiasi altro posto. E poiché gli Stati Uniti sono il fulcro più importante dell’economia mondiale, cosa accadrebbe se il mercato dei titoli del Tesoro facesse lo stesso tipo di cosa avvenuta nel Regno Unito? Indubbiamente la Fed dovrebbe intervenire, ma ciò invertirebbe la stretta quantitativa della politica monetaria. E allora sorgerebbe la domanda: in tali circostanze la politica monetaria diventerebbe dominata dal punto di vista fiscale? E se la politica monetaria fosse dominata dal punto di vista fiscale, quali conseguenze avrebbe sull’inflazione, e per quanto tempo tale dominio fiscale consentirebbe al sistema di continuare a funzionare in modo ragionevolmente efficace?
SF: Tornando alla questione delle banche centrali e della loro risposta all’inflazione, uno degli esiti dell’esplosione inflazionistica è la messa in discussione dei metodi di previsione dei banchieri centrali. Quali cambiamenti, se ce ne fossero, consiglieresti se dovessi consigliare Ben Bernanke sulla sua imminente revisione commissionata dalla Corte della Banca d'Inghilterra?
CG: Comincerei sicuramente con lo scartare le aspettative razionali. Quando nessuno conosce il futuro e quando non c’è una chiara certezza su quale sia il modello corretto, non è comunque chiaro cosa sia razionale. E in pratica, le persone non conoscono i modelli, e la persona comune tende a estrapolare il passato piuttosto che applicare lo stesso tipo di previsioni applicate dal commercio mondiale e dai macroeconomisti. Successivamente presterei maggiore attenzione ai prezzi degli asset. E se gli aggregati monetari si comportassero in un modo molto insolito, come lo sono in questo momento, penso che cercherei di interrogarmi sul perché ciò sta accadendo e quali sarebbero le implicazioni. Anche se fossi giunto alla conclusione che le implicazioni sarebbero state molto piccole. E in terzo luogo, e forse la cosa più importante, non opterei per una previsione a punto singolo, perché viene utilizzata dai destinatari per ridurre la loro incertezza in una situazione in cui l’incertezza è intrinseca. Ed è effettivamente sbagliato che le banche centrali fingano, o sembrino fingere, di conoscere così bene il futuro. Invece, preferirei di gran lunga che utilizzassero un processo di scenari. Dovrebbero esserci sempre scenari con un numero pari, perché se ci fossero scenari con un numero dispari, i destinatari sceglieranno sempre lo scenario centrale e presumeranno che quello sia il punto di previsione su cui possono fare affidamento.
SF: Quindi, se sei Ben Bernanke e uno dei tuoi consigli è di lavorare con gli scenari, come sarebbero quegli scenari e quanti te ne servono? I mercati continueranno a coalizzarsi attorno alla convinzione che uno degli scenari sia quello principale.
CG: Uno degli scenari che mi piacerebbe davvero vedere preso in considerazione in questo momento sarebbe quello che accadrebbe se la guerra in Ucraina finisse. Ora, questo è, se vuoi, un buon scenario. Un altro scenario che vorrei vedere sarebbe quello che accadrebbe se il conflitto in Medio Oriente peggiorasse e, invece di scendere, i prezzi dell’energia aumentassero piuttosto bruscamente. E ancora una volta, sai, entrambi sono risultati perfettamente fattibili. Basta osservare alcune delle differenze di opinioni tra i membri del MPC per rendersi conto che c'è meno pensiero di gruppo nella Banca d'Inghilterra di quanto probabilmente ce ne sia in qualsiasi altra grande banca centrale. Sarei molto felice di avere un altro paio di scenari . Una potrebbe essere quella che accadrebbe se l’aumento relativamente modesto della disoccupazione portasse a una riduzione significativa delle richieste salariali e, quindi, dei costi unitari del lavoro? E d’altro canto, cosa accadrebbe se così non fosse? Se la riduzione cumulativa del tenore di vita significasse che l’aumento della disoccupazione che le banche centrali erano disposte ad accettare non fosse sufficiente a riportare una diminuzione del costo unitario del lavoro a un livello coerente con l’obiettivo? Quindi avrei [scenari] globali buoni e cattivi e avrei risultati buoni e cattivi sul mercato del lavoro.
SF: E nessuna previsione centrale in quanto tale.
CG: No. E se mi chiedessero quale di questi scenari ritieni più probabile, mi volterei e direi che la tua stima è buona quanto la mia. Probabilmente è anche vero.
SF: Vedete un ruolo in tutto questo per l’equivalente del “dot plot” della Fed quando si tratta delle aspettative sui tassi di riferimento dei vari policy maker?
CG: Non proprio. In un certo senso, vedete, abbiamo già i nostri dot plot nel Regno Unito perché sappiamo che i singoli membri del Comitato per la politica monetaria possono arrivare ad avere opinioni molto diverse su ciò che dovrebbe essere fatto, e che viene pubblicato. Con i dot plot è questo ciò che vorrebbero che accadesse? Cosa pensano che accadrà? Stimate i tassi di interesse futuri in base a come pensate che voteranno i vostri colleghi o stimate i tassi di interesse futuri in base a ciò che pensate dovrebbe accadere? Cosa rappresentano esattamente? Non è del tutto chiaro. Uno degli ambiti in cui difendo fermamente la Banca è la questione del pensiero di gruppo. Basta osservare alcune delle differenze di opinioni tra i membri dell’MPC per rendersi conto che nella Banca d’Inghilterra c’è meno pensiero di gruppo rispetto a qualsiasi altra grande banca centrale. Quando ero io stesso nel MPC, qualsiasi banca centrale che avesse Willem Buiter come membro non poteva essere accusata di pensiero di gruppo perché era un individuo anti-pensiero di gruppo.
SF: All’inizio di quest’anno hai scritto che il lungo periodo di politica monetaria lassista aveva creato maggiori rischi sistemici. Il contesto è stato il tumulto attorno alla Silicon Valley Bank, et al. Abbiamo avuto quel periodo di turbolenze, ma nonostante il forte inasprimento della politica monetaria, non abbiamo assistito ad una grave crisi finanziaria. Che messaggi cogli da quell'episodio ora che sembra almeno per il momento passato?
CG: Bisogna distinguere tra Stati Uniti, Europa e Regno Unito. Considero le turbolenze della SVB e degli altri un fallimento della vigilanza e non della regolamentazione. In altre parole, le norme c'erano. E in effetti molte delle cose che non andavano bene con la SVB erano state ben segnalate in anticipo. Il problema era che i supervisori, per ragioni che non sono del tutto sicuro di aver compreso, non erano in grado o non erano preparati a rispondere in modo rapido e sufficientemente energico. Vorrei che venissero applicate sanzioni più severe, sanzioni pecuniarie, a coloro che prendono le decisioni quando, è vero, con il senno di poi, sono stati chiaramente imprudenti Quindi penso che negli Stati Uniti la domanda sia: come rendere la supervisione più efficace? Non credo che lo stesso argomento valga, o almeno non con la stessa forza, nel Regno Unito e in Europa.
SF: Siamo abbastanza lontani dalla risposta normativa alla grande crisi finanziaria per valutarne l’efficacia. Quali sono i settori in cui vedresti maggiore spazio per ulteriori riforme, se ce ne sono?
CG: La mia preoccupazione è sempre stata che uno dei grandi fattori di rischio morale sia stata la responsabilità limitata di coloro che prendono le decisioni più importanti. E mi piacerebbe vedere sanzioni più severe, sanzioni pecuniarie, applicate a coloro che prendono le decisioni quando, è vero, con il senno di poi, sono stati chiaramente imprudenti. Il problema è che se si aumentano le sanzioni, cosa che mi piacerebbe vedere, il fallimento può verificarsi per ragioni che vanno ben oltre la capacità del management di affrontare i problemi. L’esempio che faccio spesso è quello di un violento terremoto che portasse Tokyo al collasso. Ciò renderebbe immediatamente insolvente la maggior parte delle banche giapponesi. E non puoi farci niente. Quindi, se si intendono imporre sanzioni maggiori al management in caso di fallimento, vorrei avere una sorta di quasi corte d'appello in cui possano affermare che l'imposizione di tali sanzioni aggiuntive sarebbe ingiusta a causa di x, y e z.
SF: Siete d'accordo con la Camera dei Lord sul fatto che ci siano questioni istituzionali presso la BoE legate alla sua indipendenza dal Tesoro? Ci sono riforme che faresti in questo momento?
CG: Penso che vi sia qualche motivo di preoccupazione sul fatto che il Tesoro possa consigliare la nomina di uno di loro a una posizione di alto livello, come vice governatore della banca. Penso che la maggior parte del personale del Tesoro sia stato eccellente. Ma anche così, l’immagine che si ottiene è quella di un controllo della banca da parte del Tesoro. Valuterei seriamente se le nomine degli alti funzionari debbano essere affrontate in qualche altro modo, magari, ad esempio, da un comitato di segretari permanenti dei ministeri del governo, in modo che non si tratti solo del Tesoro. O in alternativa, si potrebbe pensare ad un altro modo di avere un comitato per le nomine dei dirigenti della banca. Vi sono ragionevoli motivi di preoccupazione riguardo alla portata del dominio del Tesoro sulle nomine dei dirigenti.