Italia. La (sola) speranza arriva da Mestre.
 

Per ciò che riguarda il nostro Paese, dal quale operiamo e dove viviamo la nostra quotidianità, l’investitore, ogni investitore, si trova ad operare e decidere in un ambiente avverso, difficile, a volte decisamente ostile. Spieghiamo meglio.

Tutti i lettori conoscono la situazione economica, e finanziaria, nella quale il Paese si trova da decenni: il Paese è in emergenza. Grazie alle molte virtù degli italiani, si tira però avanti da decenni: e (riconosciamolo) in Italia la qualità della vita resta più alta, rispetto a molti dei Paesi Sviluppati.

Allo stesso tempo, tutti gli italiani hanno la consapevolezza di procedere … sull’orlo del burrone: ogni italiano è consapevole che “non potrà durare per sempre”, ma nel frattempo la vita è, come dicevamo, piacevole e godibile, almeno nella maggior parte delle occasioni.

Se però ragioniamo come investitori, il discorso cambia, e di molto.

Investendo il nostro denaro, siamo costretti a guardare al futuro. Non possiamo limitarci ad un presente “gradevole”, e siamo costretti a farci domande più specifiche. E ritorna quel dubbio che si diceva poco sopra: “non si potrà andare avanti così per sempre”.

Chi può aiutarci, in questo esercizio? Chi può essere considerato un valido supporto, quanto meno informativo, per aiutare l’investitore a prendere le proprie decisioni?

Di certo, l’investitore NON si può affidare alla stampa quotidiana ed alla TV,

Il 28 giugno del 2022, Ferruccio de Bortoli, uno dei più autorevoli ed esperti giornalisti italiani, due volte direttore del Corriere della Sera, scriveva questo articolo. Il titolo, lo sappiamo tutti, non viene scelto dall’articolista: resta che questo articolo è rappresentativo di un atteggiamento, a partire da quel “assedio degli speculatori”. Mah …

In Italia quando si scrive e si parla di investimenti, il ruolo che la stampa ed i media in generale (non importa il colore politico) si sono dati è da tempo quello di “supporter”: si tratta di essere “ottimisti sempre, senza se e senza ma”.

Essere analitici, magari critici, eventualmente prudenti, persino in alcuni casi negativi? Escluso: si fa soltanto dopo il disastro 8come per i terremoti).

All’investitore che legge il quotidiano o guarda la TV, è OBBLIGATORIO dire sempre che le cose andranno bene, anzi di bene in meglio. Ma poi, dopo, più in là nel tempo.

Come già molte altre volte abbiamo evidenziato, si tratta di una posizione di parte. Di una posizione interessata. E questo interesse, che fa scrivere queste cose, NON è l’interesse dell’investitore finale.

L’investitore che vuole raggiungere una maggiore consapevolezza sul modo in cui impiega il proprio risparmio potrebbe allora rivolgersi al potere esecutivo, al proprio Governo.

Purtroppo, in Italia come nel resto del Mondo, quando il Governo affronta i temi dell’investimento e dei mercati finanziari, le affermazioni, le dichiarazioni e le prese di posizione sono ancora più interessate di quelle dei quotidiani.

I politici, da decenni, hanno preso a considerare i mercati finanziari come un mezzo, come uno strumento per manipolare la massa dei risparmiatori. Negli Stati Uniti, questa tendenza ha raggiunto il massimo della visibilità con il Presidente Trump. Poi con la Presidenza Biden i toni sono cambiati, ma non è cambiata la sostanza.

Nei Paesi Sviluppati, dal Giappone all’Italia, la sostanza è sempre quella: gli uomini politici sono sono convinti che la “manovra” dei prezzi sui mercati finanziari sia uno strumento della politica. Non è così, ovviamente, e nel 2022 hanno cominciato a rendersene conto, in tutto il Mondo.

Tornando però all’Italia, il colore del Governo da questo punto di vista non fa alcuna differenza: la politica ed il Governo in particolare sono stretti ogni giorno, nella loro attività e nelle loro scelte, dal vincolo molto stringente della finanza pubblica, e proprio per questo diventa ancora più urgente fare in modo che i prezzi degli asset finanziari NON siano decisi in modo libero sul mercato.

In Recce’d non abbiamo alcun interesse né alcuna motivazione per addentrarci nella polemica partitica: non abbiamo interesse per gli schieramenti, mentre a noi (in quanto investitori) interessano, e molto i risultati.

L’investitore NON può affidarsi ai messaggi della politica: i politici parlano e scrivono per preservare i LORO interessi, che non sempre (quasi mai) coincidono con quelli di chi deve investire il proprio denaro sui mercati finanziari.

Detto quindi dei quotidiani e della politica, che cosa resta all’investitore che è in certa di punti di riferimento? Forse rimane la Banca d’Italia.

Purtroppo, l’Istituzione che si chiama Banca d’Italia ha perso per strada una buona parte della sua credibilità, rispetto agli anni di Paolo Baffi e Carlo Azeglio Ciampi. Tutti ricordano la Presidenza Fazio, non certo un esempio di efficienza né di moralità. Così come tutti ricordano i ricorrenti dissesti nel mondo bancario, un mondo sottoposto alla Vigilanza della Banca d’Italia.

La Banca d’Italia per strada non ha perso soltanto la credibilità: ha perso per strada una parte delle sue funzioni (passate alla BCE) e una parte della sua autonomia dal potere politico, come tutti possono ricavare da alcune dichiarazioni pubbliche.

Noi, come tutti gli investitori finali, oggi dobbiamo guardare ai messaggi che ci vengono trasmessi dalla Banca d’Italia come a messaggi che servono una molteplicità di interessi: gli interessi particolari del settore delle banche, insieme con gli interessi della politica (e del Governo in particolare), insieme con gli interessi del pubblico (per ultimi).

Quindi noi, e tutti gli investitori, NON dobbiamo affidarci ad occhi chiusi a quello che ci arriva dalla Banca d’Italia.

E quindi?

Che cosa ci resta?

Prima di tutto, ci rimane (per fortuna) la possibilità di ragionare con la nostra testa: in modo indipendente, autonomi rispetto ai tentativi di manipolazione, critico, ed analitico. Dobbiamo, noi investitori, avere prima di ogni altra cosa fiducia in noi stessi, e nella nostra capacità di discernimento.

In secondo luogo, non dobbiamo dimenticare che nel nostro Paese ci sono numerose Istituzioni, e molte persone, dotate di capacità di analisi, di valutazione di giudizio, anche quando si tratta di argomenti che toccano da vicino l’investimento ed il risparmio.

Si tratta di fare attenzione, tenere le orecchie aperte, ed effettuare regolarmente un giro di orizzonte.

Per ritrovarsi dove, alla fine? Perché no, a Mestre.

Mestre è la città dove ha sede la CGia: Associazione Artigiani e Piccole Imprese.

Recce’d adesso vi dimostra che, per tutti noi investitori, è più informativo ed è più utile leggere ciò che scrive la CGia di Mestre, rispetto a quello che scrivono il Corriere della Sera, i Ministri del Governo, la Banca d’Italia (e persino la BCE).

Ci riferiamo ad un documento pubblicato di recente, documento del quale in questo Post vi forniremo alcuni estratti, che noi giudichiamo molto significativi.

Il primo brano che leggete nell’immagine qui di seguito evidenzia che l’inflazione è una vera e propria tassa, e mette a confronto gli effetti dell’inflazione e quelli della Manovra Amato del 1992 (per inciso: un accostamento storico estremamente azzeccato).

Il Corriere della Sera aveva mai dedicato tempo e spazio per spiegare al pubblico che l’inflazione equivale ad una tassa? Oppure vi aveva segnalato questa cosa la Banca d’Italia?

E il nostro Governo? Al Ministro Crosetto (quello dell’immagine che avete visto più sopra) la cosa evidentemente è sfuggita, del tutto. Oppure non sembrava importante.

La CGia di Mestre non si ferma qui: leggiamo anche un secondo brano.

Di questo passaggio, colpisce il fatto che CGia ha scelto di evidenziare il rischio di stagflazione per l’economia dell’Italia: il pericolo “è elevato”.

Non è quello che leggete se leggete la prima pagina del Corriere della Sera, le dichiarazioni della Banca d’Italia, e le dichiarazioni del vostro Governo.

A Mestre sono … tutti pazzi? Oppure a Mestre hanno capito qualche cosa, che a Roma ed a Milano non hanno capito?

Leggiamo anche un terzo brano.

Come leggete qui sopra, quello che secondo Mestre andrebbe fatto è esattamente l’opposto di ciò che tutti, ogni mattina, leggiamo sul Corriere (oppure sul Sole 24 Ore, su la Repubblica, oppure su Il Giornale, oppure su Il fatto)

Mestre dice che “le Banche Centrali dovrebbero contenere le misure espansive ed alzare i tassi”: provate voi, a spiegarlo a Federico Fubini del Corriere della Sera, e a tutti gli altri “cantori delle Magnifiche Gesta di Madame Lagarde”.

Mestre non si limita a questo: scrive anche che sarebbe necessaria una “drastica riduzione della spesa corrente e il taglio della pressione fiscale”.

Come bestemmiare in Chiesa.

Avete mai letto cose simili, così tanto chiare, semplici, esplicite ed efficaci, sulla stampa quotidiana, oppure dalla Banca d’Italia?

Noi di Recce’d adesso abbiamo paura per gli amici di Mestre: verranno indagati da un Pubblico Ministero, magari per “propaganda sovversiva”?

Ma non è finita.

Mestre ci regala anche una tabella.

Voi amici lettori avete già visto una tabella come questa?

Forse sì: e a noi di Recce’d è semplicemente sfuggita. Nel caso, per cortesia, inviatecene una copia attraverso il nostro sito, e vi ringrazieremo. Noi però non la abbiamo vista, sfogliando il Corriere, né sul Sole 24 Ore, su la Repubblica, oppure su Il Giornale, oppure su Il fatto.

Banca d’Italia? Silenzio totale. BCE? Nessuna segnalazione al proposito, nessun messaggio politico, niente slogan in conferenza stampa: evidentemente per BCE e Banca d’Italia questo argomento è privo di importanza sociale, economica, finanziaria.

In Italia ed in Europa, certe cose, a proposito delle banche, non si possono proprio dire. Eppure, a Mestre le hanno dette: e le hanno persino scritte, come leggete qui sotto nella parte evidenziata.

Ogni iinvestitore deve fare grandissima attenzione a queste parole: si tratta di parole che ci parlano, in modo chiaro e diretto, del rialzo della Borsa di Milano nei primi mesi del 2023, e del futuro della Borsa di Milano nella parte restante del 2023.

L’investitore italiano trova, nel lavoro della CGia di Mestre, un contributo concreto ed operativo: molto di più di quello che ricava dalla lettura del Corriere della Sera (che spinge sempre i BTp e le obbligazioni ENI e i Fondi Comuni), oppure dalle dichiarazioni che arrivano dal Governo, oppure dagli studi di Banca d’Italia.

Il contributo che ci arriva da Mestre non si esaurisce con le banche: Mestre aiuta tutti noi investitori anche quando ci spostiamo dal particolare al generale.

Nel documento della CGia di Mestre infatti possiamo leggere un punto di vista alternativo, rispetto a tutte le Goldman Sachs, JP Morgan, Morgan Stanley, BNP Paribas, UBS, Deutsche Bank di questo Mondo, ed anche rispetto a tutte le varie FINECO, Fideuram, Mediolanum, Allianz, Generali e compagnia assortita.

Come leggete sotto, Mestre evidenzia che l’inflazione crescerà nel 2023 del 6,1%: ma voi, amici lettori, avete capito? Vi rendete conto? Siete consapevoli del mondo nel quale oggi vivete ed investite?

Chiudiamo ripartendo dal nostro titoli: in Italia, c’è speranza. Ci sono moltissime persone dotate di una intelligenza acuta, di autonomia di giudizio e di capacità di analisi.

La speranza e che a Roma ed a Milano si venga a sapere quello che sanno gli amici di Mestre.

Mestre a cui mandiamo, in chiusura, un ringraziamento sincero, per la qualità del lavoro svolto.

Valter Buffo
Dissonanza cognitiva e gestione del portafoglio: pensate al cash
 

Abbiamo individuato sui mercati finanziari numerosi episodi di dissonanza cognitiva, nel corso degli anni.

Mai, però, sono stati così tanti, così numerosi, e così evidenti come nei mesi di gennaio e febbraio del 2023.

In un contesto come questo, un investitore che cosa deve fare?

In particolare, un investitore che investe in modo tradizionale, affidandosi alle Reti di financial advisors, di private bankers, di wealth managers, di venditori piazzisti di Fondi Comuni e GPM, come può difendersi?

Recce’d ritiene che un investitore “ad asset allocation”, un investitore che investe ancor “alla vecchia maniera”, dovrebbe riflettere seriamente sulla possibilità di vendere tutto e mettersi in cash, in liquidità.

E questo, anche ma non solo per la ragione che oggi il cash è una alternativa più valida, rispetto agli anni 2009 - 2021 (lo leggete nell’immagine che segue).

Non è questa: non è la ragione per la quale, oggi, Recce’d consiglia ai lettori investiti in modo tradizionale di vendere tutto senza ragionarci sopra. La ragione è un’altra, che ora spieghiamo.

In Recce’d disponiamo di decenni di esperienza, il che significa decenni di accurata osservazione ed analisi dei mercati finanziari: e non ricordiamo, in questo lungo arco di tempo, un altro momento di mercato come quello attuale.

Un momento nel quale nessuno sa nulla.

Leggete questo commento.

Chris Hussey di Goldman sintetizza perfettamente il cambio di rotta:

Durante il mese di gennaio, sono emerse prove che l'inflazione negli Stati Uniti stava effettivamente diminuendo e che forse si stava aprendo la strada alla politica monetaria, a un atterraggio morbido dell'economia e forse anche a una riaccelerazione dell'attività con una spinta dall'Europa e dalla Cina.

Ma due rapporti di settimane successive, qui a febbraio, hanno messo in dubbio questa narrazione...

... hanno indotto gli economisti di Goldman ad aggiungere un ulteriore rialzo dei tassi di 25 pb da parte della Fed e hanno fatto salire i rendimenti dei Treasury decennali di 60 pb al 3,95%, avvicinandosi alla fascia massima che abbiamo visto in questo ciclo (i rendimenti hanno raggiunto il massimo al 4,23% in ottobre).

La lettura odierna dell'inflazione PCE, più alta del previsto, sembra confermare ciò che abbiamo visto nel rapporto sull'inflazione all'ingrosso PPI della scorsa settimana, ossia che i prezzi continuano a salire negli Stati Uniti e che il tasso di aumento potrebbe non ridursi così rapidamente come lo scorso autunno (se il tasso si sta riducendo del tutto)...

... i responsabili delle politiche, in particolare i banchieri centrali, hanno dichiarato di essere in gran parte dipendenti dai dati, il che fornisce un ulteriore sostegno all'idea che ci troviamo in un contesto di tassi più alti e più a lungo.

Vi abbiamo proposto di rileggere, qui sopra, una sintesi di Goldman Sachs a proposito delle prime settimane dei mercati nel 2023. Risulta di particolare rilievo questa frase:

Durante il mese di gennaio, sono emerse prove che l'inflazione negli Stati Uniti stava effettivamente diminuendo e che forse si stava aprendo la strada alla politica monetaria, a un atterraggio morbido dell'economia e forse anche a una riaccelerazione dell'attività con una spinta dall'Europa e dalla Cina.

Ovviamente, questa che avete appena letto è una baggianata: in gennaio non c’era alcuna “prova” di quello che viene presentato qui come uno “scenario credibile”, e molto più semplicemente in gennaio alcuni dettagli senza importanza erano stati evidenziati dalla forza vendita delle banche di investimento per spingere la massa degli investitori a fare (di nuovo) alcune stupidaggini con i loro soldi.

A completare il quadro arriva poi la marcia indietro di febbraio: che non può che risultare patetica, con la zelante rete TV che si chiama CNBC chiamata a fare le contorsioni, per dare un senso all’idiozia collettiva, e pubblicare immagini come quella che segue, dove si spiega che in quindici giorni “è cambiato il Mondo”.

Risulta ovvio, e persino imbarazzante, spiegare che in quindici giorni non è cambiato il Mondo: in quindici giorni non è cambiato nulla, le cose erano queste anche prima, le cose erano le medesime anche a gennaio.

Ma la zelante TV CNBC non può permettersi di dire le cose come stanno.

E quindi CNBC è costretta a “mettere il rossetto alla scrofa” (usiamo qui un’espressione americana) , che però anche con il rossetto rimane sempre una scrofa.

Come vedete sotto nell’immagine, in febbraio dai mercati è scomparsa l’ipotesi di “tagli ai tassi ufficiali di interesse già entro il 2023”, ma quella ipotesi era unicamente una invenzione della forza vendita, del marketing: non c’è mai stata alcuna “prova” di tagli dei tassi ufficiali entro fine 2023, a meno che non si sia così sciocchi o ignoranti oppure ingenui da ritenere che un calo dello 0,2% del tasso di inflazione costituisca una “prova”.

Sbandamenti paurosi come quelli che vedete nel grafico qui sopra sono il riflesso di uno stato di agitazione e confusione che domina in ogni comparto del mercato finanziario internazionale in questo mese di febbraio.

Ogni evento di mercato oggi è possibile: anche quelli che … oggi non riuscite ad immaginare. Ogni cosa potrebbe accedere, già nei prossimi 15 giorni di calendario.

Questo perché, alla fine del febbraio 2023, ogni punto di riferimento è saltato: tutto, ogni cosa, è in discussione. Il livello di fragilità dei mercati finanziari oggi è massimo.

I cosiddetti “esperti” oggi non sono in grado di aiutarvi: non sanno più che cosa dire, fanno ogni settimana una retromarcia rispetto alla settimana precedente, come avete letto nella pagina TWIT - TWOO nelle ultime due settimane.

Se prendiamo come esempio la Borsa più grande al Mondo e le banche di investimento, oggi si registra una differenza del 40% tra la previsione più ottimistica e quella più pessimistica. Il valore più basso è la metà di quello più alto. Lo leggete nel grafico sopra.

Il che significa che cosa? Che queste previsioni … non significano nulla, oggi più che in ogni altro periodo precedente, tranne uno.

Il solo anno nel quale si era registrata una differenza così ampia è il 2008.

Per chi, tra i nostri lettori, avesse dimenticato il 2008, noi ve lo possiamo riassumere con una sola immagine, che dovreste stampare e poi tenere sempre in tasca oppure nella borsa a mano.

Gli “esperti di mercato” nel 2008 avevano le idee chiarissime, come avete visto: invece oggi non sanno che cosa dire, che cosa scrivere, quale scenario disegnare. Questo è evidente a tutti.

I politici, invece, loro sono costretti: sono costretti ad insistere sempre sullo scenario della “immacolata disinflazione”, ma ogni giorno che passa risultano meno credibili: anche per i mercati finanziari.

Come leggete qui sotto nell’immagine, anche la settimana scorsa il Ministro del Tesoro USA Yellen (ex capo della Federal Reserve) ha ripresentato al pubblico lo scenario del “soft landing” dicendo che

il soft landing è possibile perché il mercato del lavoro è forte.

Non rendendosi conto, evidentemente, che con questa affermazione da sola si è … data la zappa sui piedi.

Ma queste contorsioni verbali dei politici sono comprensibili: devono difendere il loro operato comunque, sono consapevoli dei danni gravissimi che hanno fatto, e non hanno altra scelta che ripetere sempre

andrà tutto bene perché nel nostro futuro c’è il migliore dei Mondi che sono possibili, avremo tutti una incredibile fortuna e tutto andrà al meglio che è possibile

Sono frasi politiche, NON sono suggerimenti o consigli per l’investitore, che invece deve cavarsela da solo e proteggere i propri soldi da quello che sta per succedere.

Come leggete qui sotto nella prossima immagine, ieri venerdì 24 febbraio il Governatore Bullard della Federal Reserve, anche lui spingendo sul tema del “soft landing”, ha precisato che

oggi la Federal Reserve ha una credibilità maggiore rispetto agli Anni Settanta.

Se voi lettori siete d’accordo, se giudicate la Fed e la BCE più credibili oggi che la Fed e la Bundesbank negli Anni Settanta, allora potete stare comodamente seduti in poltrona.

Se invece pensate (come noi di Recce’d) che la credibilità di questi Istituti sia stata azzerata dalla “inflazione transitoria” del 2021, allora … vendete tutto senza guardare ai prezzi.

Bullard nell’immagine precedente richiamava gli Anni Settanta: Bullard non sa, oppure non ricorda, che neppure in quegli Anni Settanta da lui citata la differenza tra la linea blu e la linea rossa del grafico qui sotto era così tanto ampia.

La linea rossa è il costo ufficiale del denaro negli Stati Uniti. la linea blu è “quello che dovrebbe essere oggi il costo ufficiale del denaro sulla base della regola di Taylor”.

Certo: è possibile che la “regola di Taylor” non sia perfetta, che il calcolo non sia esattissimo: allo stesso tempo, il problema è evidente, rimane da risolvere, e non siamo neppure vicini alla sua soluzione.

Collegandoci al grafico precedente, si potrebbe poi guardare anche alle “financial conditions”: noi non riprenderemo oggi il tema delle “financial conditions”, le condizioni finanziarie alle quali noi di Recce’d abbiamo dedicato un intero Post.

Però vi aggiorniamo la situazione con i due grafici che vedete qui sotto.

Non parliamo di “financial conditions” oggi, perché vogliamo restare sul tema più generale della gestione del portafoglio titoli, e chiarire le ragioni per le quali un investitore che NON è consapevole (che si fa consigliare/imporre dalla Rete di vendita un portafoglio titoli fatto di Fondi comuni e polizze assicurative) dovrebbe vendere tutto, senza guardare ai prezzi.

I segnali che Recce’d vi ha portato all’attenzione, sia in questo Post sia attraverso la pagina TWIT - TWOO, sono chiari: e ci dicono che il mercato finanziario internazionale in questo momento è altamente disfunzionale (grafico qui sopra). Non funziona.

Il che riflette una situazione nella quale la maggior parte degli operatori di mercato soffre di dissonanza cognitiva. I fatti ve lo dimostrano.

Definizione: la dissonanza cognitiva consiste in cognizioni o pensieri antitetici e per questo in contrasto tra loro al punto, in casi più estremi, da creare disagio alla persona. La dissonanza cognitiva provoca una inversione di rotta che determina una sorta di tensione, simile a quella che si prova in situazioni stressanti, e emozioni negative.

Non è difficile spiegare le ragioni per le quali si è creata una situazione tanto estrema ed assurda. Tutto questo accade sotto i vostri occhi perché un modello di economia, interamente basato sul “denaro facile” e sulla “creazione continua di nuova liquidità”, è saltato per aria.

Non c’è più.

E non c’è un “nuovo modello di economia”.

Mancando un modello di economia, non è possibile definire una nuova politica economica.

Mancando tutti i riferimenti, i mercati finanziari sono lasciati a sé stessi: allo sbando.

A questo si aggiunge una situazione geopolitica che è la più complessa dalla Seconda Guerra Mondiale (dal 1945): ed è a questo proposito utilissimo (ma proprio molto utile, per chi lo vuole capire) riflettere sul fatto che, dall’inizio della guerra in Ucraina, come leggete nel grafico più in basso:

  1. il cambio del rublo si è rafforzato del 11%

  2. il prezzo del petrolio è sceso del 16%

  3. il prezzo del gas Naturale è sceso del 55%

Sono dati significativi: offrono ai nostri lettori una misura di quello che devono aspettarsi, in termini di differenza tra le loro aspettative di oggi e ciò che effettivamente succederà sui mercati finanziari nel 2023.

Dodici mesi fa, ognuno di voi, amici lettori, era più che certo del fatto che il rublo della Russia sarebbe crollato e che il petrolio sarebbe arrivato a 200$ al barile.

Ed oggi? Il giorno 25 febbraio 2023, di che cosa siete certi, sicuri, convinti? E quanto distante potrebbe rivelarsi, la realtà, dai vostri convincimenti?

Torniamo al portafoglio titoli. Se voi siete ancora oggi investiti “alla vecchia maniera”, con il tradizionale portafoglio di azioni ed obbligazioni, voi oggi non siete consapevoli di ciò che state facendo. Sulla base di che cosa avete fatto le vostre scelte di investimento?

Nello specifico, rendetevi conto del fatto che non avete idea di:

  • quali rendimenti aspettarvi dai vostri investimenti

  • quali rischi di ribasso sono già oggi presenti nel vostro portafoglio

  • quale scenario avete di fronte per i prossimi 12-24 mesi, e più precisamente

    • quale tasso di inflazione vi aspettate

    • quale tasso di crescita delle economie vi aspettate

    • quale tasso di crescita degli utili vi aspettate

    • quale livello dei tassi di interesse vi aspettate

Purtroppo, per moltissimi investitori, quelli che si affidano alle Reti italiane di distribuzione dei famigerati “prodotti finanziari” (Fondi Comuni e polizze assicurative), da sempre è così. Ovvero: non sanno ciò che fanno con i loro soldi.

Quale è, allora, la differenza oggi? Perché vendere tutto proprio oggi?

Spieghiamo: è molto semplice.

Oggi è meglio avere tutto in cash, che stare fermi immobili, chiudere gli occhi e “sperare che le cose migliorino”.

Se siete in forte dubbio, se non avete capito bene come il financial advisor vi ha fatto investire i soldi, se il futuro vi risulta difficile da decifrare, allora vendete tutto, e mettetevi per qualche mese a guardare: non perderete alcuna opportunità

C’è forse qualcuno che si chiede “ma voi, in Recce’d, che cosa fate? State vendendo tutto anche voi?”

No.

Non solo noi non vendiamo tutto sui nostri portafogli modello: noi stano per aumentare il rischio dei nostri portafogli modello.

Perché noi si, e voi invece no?

Molto semplice: per noi, in Recce’d, il futuro NON è così tanto incerto, oscuro, difficile da decifrare. Noi, in Recce’d, questo futuro che oggi la massa degli investitori inizia appena ad intravedere, noi lo abbiamo decifrato due anni fa. Noi ne abbiamo scritto, anche qui nel Blog, dall’agosto 2020, ovvero 30 mesi fa, e i fatti hanno poi confermato tutto.

I nostri Clienti, oggi, possono beneficiare di portafogli modello che sono “pronti a tutto”: anche all’imprevedibile. Noi abbiamo costruito portafogli modello che sono tarati, alla perfezione, ad un contesto di “estrema imprevedibilità” come quello del febbraio 2023. Succeda ciò che deve succede, le nostre mosse future sono già definite.

Per ciò che riguarda voi, amici lettori vittime delle Reti di promotori finanziari: non vi sembra che i signori dell’immagine che segue abbiamo riso anche troppo alle vostre spalle?

Ascoltate il nostro suggerimento, e vendete tutto lunedì.

Valter Buffo
Inflazione 2023: il punto a metà febbraio
 

Si parlerà ancora di inflazione e molto, anche la settimana prossima.

In Recce’d, rispetto a qualche mese fa, abbiamo dell’inflazione un’idea molto chiara: diciamo che qualche mese fa nelle nostre previsioni mettevamo ancora a confronto scenari tra di loro alternativi, mentre oggi di scenario ce ne è rimasto soltanto uno.

Di questo, scriveremo da lunedì nel The Morning Brief: spiegando perché questo processo, di eliminazione progressiva di scenari tra loro alternativi, è la base per le scelte di portafoglio.

Nel Post, invece, parliamo di inflazione: le nostre idee si sono chiarite, rispetto a qualche mese fa, abbiamo pochi dubbi e molte certezze.

Nel Post, vedremo di aiutare i nostri lettori a fare lo stesso: a chiarire, nella loro mente, quali sono da qui in vanti le prospettive per l’inflazione.

Seguiremo questo percorso:

  1. partiremo con il necessario inquadramento teorico;

  2. passeremo poi ai dati più recenti ed al loro significato per la gestione del portafoglio titoli;

  3. infine, chiuderemo con le ricadute per i tassi ufficiali di interesse, tema che ci porta immediatamente ai prezzi che nel futuro vedremo sui mercati finanziari.

Come detto, offriamo prima di tutto al lettore del Blog il necessario inquadramento teorico: ricordiamo ancora una volta (ne abbiamo già scritto qui nel Blog) che non tutti possono parlare di inflazione, per la semplice ragione che l’inflazione non è un argomento da bar, non può essere liquidato con 150 caratteri in un tweet, necessita di strumenti adeguati per essere compreso.

Alcuni di questi strumenti li trovate nell’articolo che segue.

26 gennaio 2023

Immaginate che sia la fine del 2024. L'inflazione nel mondo ricco è scesa dal suo picco, ma è rimasta ostinatamente alta. Con circa il 4%, è ben al di sopra del livello a cui la maggior parte delle banche centrali si sente a proprio agio. I governi, appesantiti da ingenti debiti, devono utilizzare entrate preziose per pagare gli interessi sul debito, che a sua volta cresce a causa degli alti tassi di interesse. La transizione energetica e l'aumento delle spese statali dovute all'invecchiamento della popolazione si aggiungono all'abbondanza fiscale. Aumentare le tasse è politicamente difficile, quindi si stampa più denaro. L'inflazione rimane alta e la credibilità dei governi peggiora. I banchieri centrali si grattano la testa, chiedendosi come mai la loro potente arma, il tasso di interesse, abbia fallito così completamente.

Una teoria stravagante, esposta con dovizia di particolari in un nuovo libro di John Cochrane dell'Hoover Institution dell'Università di Stanford, offrirebbe una potenziale spiegazione. "The Fiscal Theory of the Price Level" costruisce una teoria dell'inflazione ambiziosa quanto quella proposta da "The General Theory" di John Maynard Keynes o da "A Monetary History" di Milton Friedman e Anna Schwartz. Cochrane, il cui lavoro sull'argomento si estende per quattro decenni, spende quasi 600 pagine per rielaborare la matematica dei modelli economici del passato al fine di incorporare la teoria fiscale, discutendo al contempo come questa spieghi gli episodi inflazionistici del passato. "Anche Milton Friedman potrebbe cambiare idea con i nuovi fatti e l'esperienza a disposizione", ipotizza.

Al centro della teoria di Cochrane c'è l'idea che il debito pubblico possa essere valutato come il capitale di un'azienda, in base ai rendimenti per le tasche dei suoi proprietari. Il livello dei prezzi si adeguerà - e quindi guiderà l'inflazione o la deflazione - per garantire che il valore reale del debito sia pari alla somma dei futuri avanzi di bilancio del governo, opportunamente attualizzati. Il vero motore dell'inflazione è quindi il debito pubblico e non la politica monetaria.

Secondo questa teoria, il denaro ha valore perché può essere usato per pagare le tasse e generare avanzi di bilancio. L'impostazione non è molto diversa da quella del gold standard, con la differenza che sono le tasse, anziché l'oro, a sostenere la moneta.

Cochrane fa notare che l'aggiustamento del livello dei prezzi non è istantaneo. I cittadini non sanno giudicare la credibilità di un governo quando si tratta di pagare i debiti. Proprio come le azioni, i prezzi possono deviare dai fondamentali. Tuttavia, nel lungo periodo, si adeguano. Un governo che distribuisce denaro senza poi registrare eccedenze non eviterà per sempre l'inflazione.

La storia sembra darci ragione. Brad DeLong dell'Università della California, Berkeley, nel suo recente libro "Slouching towards Utopia", utilizza la teoria fiscale per spiegare l'inflazione nell'Europa del primo dopoguerra. In Francia i pesanti pagamenti degli interessi sul debito hanno portato a un'inflazione media annua del 20% in sette anni. In Germania le cose andarono peggio. L'opinione pubblica perse fiducia nella capacità dello Stato di ripagare i propri debiti senza inflazione. Ben presto si verificò l'iperinflazione.

Cochrane fa riferimento alla teoria fiscale anche per l'inflazione americana degli anni '70-'80. A metà degli anni '70 l'aumento dei prezzi superò il 12%. La Federal Reserve alzò i tassi di interesse e l'inflazione scese al 5% nel 1977. Tuttavia, Cochrane sottolinea che l'inflazione è tornata a salire fino a oltre il 14% nel 1980, in parte perché l'America non è riuscita a mettere ordine in casa propria. Per sconfiggere l'inflazione erano necessarie riforme fiscali e normative che aumentassero le aspettative di future eccedenze, insieme a un'altra dose di medicina monetaria.

Come si comporta oggi la teoria fiscale? Per un decennio dopo la crisi finanziaria globale del 2007-09, i prezzi sono rimasti ostinatamente bassi nonostante l'aumento dell'offerta di moneta e i tassi di interesse a zero o sotto zero in gran parte del mondo ricco. Un "monetarismo grezzo" prevedeva un'impennata inflazionistica, che non si è verificata. Anche altri modelli "neo-keynesiani" rinnovati si sono rivelati inutili. Quando i governi hanno speso molto durante la pandemia di Covid 19, molti economisti, basandosi sulla storia recente, erano ottimisti sulla possibilità di inflazione.

Cochrane sostiene che la teoria fiscale può spiegare sia il periodo di bassa inflazione sia il ritorno di un rapido aumento dei prezzi dopo la pandemia. L'inflazione è stata contenuta negli anni 2010, nonostante l'impennata del debito pubblico, perché i politici hanno promesso di mettere in ordine i loro conti e i bassi tassi di interesse hanno fatto sì che i consumatori e gli obbligazionisti fossero disposti ad aspettare. Tuttavia, durante la pandemia, i governi hanno adottato un approccio diverso. Hanno versato enormi assegni nelle tasche dei consumatori. La Fed ha acquistato il debito pubblico subito dopo la sua emissione. Si è parlato poco di sostenibilità. Cochrane sostiene che la natura diretta di queste "gocce di elicottero" ha informato le persone che le loro tasche appena ingrassate non sarebbero state prosciugate da tasse future. Così erano più disposti a spendere.

Questa storia è forse troppo comoda. In effetti, Cochrane ammette che il difetto della teoria fiscale è che offre un modo per spiegare quasi tutte le serie di eventi storici in modo non falsificabile. Certo, altre teorie dell'inflazione hanno dei problemi. Ma se è così difficile dimostrare che la teoria fiscale è sbagliata, sono davvero in una lotta ad armi pari? La storia di Cochrane su come l'inflazione sia finita negli anni '80 è complicata dal fatto che l'America ha effettivamente tagliato le tasse, suggerendo che i politici non erano così preoccupati dal pareggio di bilancio. Sebbene la deregolamentazione possa aver favorito la crescita, molti economisti ritengono che gli avanzi di bilancio degli anni '90 siano stati causati principalmente dalla globalizzazione e dal boom dell'economia, che pochi consumatori negli anni '80 avevano previsto.

La teoria fiscale offre anche una guida limitata ai responsabili delle politiche, oltre a ciò che è già noto. Secondo il suo approccio, la politica monetaria rimane importante: i tassi di interesse possono distribuire l'aumento del livello dei prezzi su un certo periodo di tempo. Inoltre, la teoria suggerisce che i governi devono mantenere la credibilità quando si tratta di ripagare i loro debiti - un'idea tutt'altro che radicale.

Torniamo indietro alla fine del 2024. Immaginate che questa volta l'inflazione sia scesa al 2%. I tassi di interesse stanno lentamente scendendo. I banchieri centrali stanno facendo il giro della vittoria. E la teoria fiscale? Anche i suoi sostenitori potrebbero fare il giro della vittoria, proprio come avrebbero fatto se l'inflazione fosse rimasta alta.

Come avete letto qui sopra, non esiste una sola spiegazione per l’inflazione: per mesi e mesi e mesi, noi di Recce’d abbiamo insistito sul fatto che “non esiste una crisi energetica”, un fatto che ovviamente implica che l’inflazione non è nata e non viene sostenuta oggi dai prezzi dell’energia. Altrettanto sbagliato è pensare che l’inflazione sia semplicemente un aumento “una-tantum” legato ai cosiddetti “colli di bottiglia” nella catena di produzione.

L’articolo che avete appena letto offre una qualificata, e fondata, spiegazione di cosa ha fatto esplodere l’inflazione, e quali sono le variabili che anche in futuro sosterranno questo fenomeno inflazionistico.

Con un secondo articolo, questa volta dal new York Times, noi vi ricordiamo come stanno le cose oggi: ovvero, come funziona oggi l’inflazione che tutti dobbiamo sopportare.

Di Isabella Simonetti

9 febbraio 2023

Dalle bibite al sapone, i giganti del consumo come PepsiCo e Unilever continuano ad aumentare i prezzi dei loro prodotti in modo significativo, trasferendo i costi più elevati che devono affrontare, e i consumatori continuano a spendere, riducendo solo in modo modesto negli ultimi mesi.

I prezzi continueranno a salire, o almeno a rimanere a livelli elevati, hanno detto i dirigenti.

Giovedì PepsiCo ha comunicato di aver aumentato i prezzi del 16% nel quarto trimestre rispetto all'anno precedente, mentre i volumi di vendita, che misurano il numero di lattine di Mountain Dew e di sacchetti di Doritos venduti, sono scesi del 2%.

Sempre giovedì, Unilever ha dichiarato di aver aumentato i prezzi dei suoi prodotti, tra cui il gelato Ben & Jerry's e il sapone Dove, di oltre il 13% nel quarto trimestre, l'ottava accelerazione consecutiva dei prezzi. L'azienda ha inoltre comunicato che i volumi di vendita si sono ridotti, ma in misura molto minore rispetto all'aumento dei prezzi. La crescita dei ricavi di entrambe le società ha battuto le aspettative degli analisti.

I dirigenti di Unilever hanno suggerito che avrebbero potuto aumentare ulteriormente i prezzi, ma si sono trattenuti.

"Siamo stati molto attenti alla pressione sui consumatori e abbiamo scelto di non compensare completamente lo straordinario livello di inflazione dei costi attraverso i prezzi", ha dichiarato Graeme Pitkethly, direttore finanziario di Unilever, nel corso di una telefonata agli analisti. L'azienda continuerà ad aumentare i prezzi nella prima metà di quest'anno, ha dichiarato, e si aspetta che i volumi continuino a diminuire, dato che l'inflazione rimane un "tema chiave" nel 2023.

La pressione sui margini di profitto, che si riflette nelle previsioni più modeste per gli utili di molte aziende per quest'anno, suggerisce che i consumatori continueranno a ritirarsi. Questo sta già colpendo alcune aziende più duramente di altre: Il mese scorso Procter & Gamble ha registrato il primo calo delle vendite degli ultimi anni, in quanto gli aumenti di prezzo (nel quarto trimestre ha aumentato i prezzi del 10%) sono stati compensati da cali di volume più consistenti rispetto ai suoi concorrenti.

L'inflazione, pur essendosi raffreddata, continua ad essere più alta di quanto i responsabili politici della Federal Reserve vorrebbero. L'indice dei prezzi al consumo è aumentato a dicembre a un ritmo annuale del 6,5%, il più lento dalla fine del 2021. Si prevede che la Fed continuerà ad aumentare i tassi d'interesse, comprimendo i consumatori con la crescita economica e rendendo più costosi i prestiti.

Ma il mercato del lavoro rimane sorprendentemente forte, il che sostiene la spesa dei consumatori e permette agli acquirenti di assorbire i prezzi più alti. Le aziende tendono ad essere riluttanti a tagliare i prezzi una volta che li hanno aumentati.

I consumatori "stanno resistendo meglio di quanto probabilmente ci saremmo aspettati - o forse di quanto mi sarei aspettato io - un anno fa o sei mesi fa", ha dichiarato la scorsa settimana Chris Kempczinski, amministratore delegato di McDonald's, agli investitori. Nonostante l'aumento dei prezzi, il gigante del fast-food ha recentemente generato profitti più elevati e registrato un maggior numero di visite ai suoi ristoranti.

Anche Chipotle Mexican Grill è riuscita ad aumentare i prezzi senza incontrare significative resistenze, registrando martedì un forte aumento degli utili per il quarto trimestre. "Continuiamo a vedere che i consumatori a più alto reddito, quelli che guadagnano più di 100.000 dollari, vengono più spesso", ha dichiarato Brian Niccol, amministratore delegato di Chipotle, durante una telefonata con gli investitori.

Isabella Simonetti è la 2022 David Carr Fellow del New York Times. @thesimonetti

Dalla lettura dei due articoli, di ciò che Recce’d ha scritto in alcuni Post precedenti, e di ciò che in modo sintetico abbiamo commentato nella pagina TWIT - TWOO, si ricavano informazioni a sufficienza per concludere che l’inflazione è un fenomeno molto più complesso di ciò che sembrerebbe se si leggono gli argomenti di chi propone lo scenario “soft landing”.

Il soft landing è semplicemente uno scenario semplificato, che viene utilizzato per “addormentare” il pubblico e per facilitare la vendita dei Fondi Comuni di Investimento e delle polizze assicurative tipo UCITS o vita.

L’investitore deve quindi orientarsi verso uno scenario alternativi, uno scenario nel quale si vedranno eventi e dati molto diversi da quelli che immagina chi va dietro al “soft landing”.

Noi abbiamo scelto, questa settimana di riproporre ai nostri lettori le valutazioni di Bill Dudley, per un decennio a capo della Federal Reserve sede di New York. Notate che in questo articolo Bill Dudley attribuisce grande importanza al tema delle “condizioni finanziarie” da Recce’d approfondito in un Post proprio la settimana scorsa.

Da

Bill Dudley

13 febbraio 2023 12:00 CET

Bill Dudley, editorialista di Bloomberg Opinion e consulente senior di Bloomberg Economics, è ricercatore senior presso il Center for Economic Policy Studies dell'Università di Princeton. È stato presidente della Federal Reserve Bank di New York dal 2009 al 2018 e vicepresidente del Federal Open Market Committee. In precedenza è stato capo economista statunitense presso Goldman Sachs.

In che modo la Federal Reserve statunitense condurrà la sua battaglia contro l'inflazione: mantenendo i tassi di interesse elevati più a lungo o aumentandoli ulteriormente? Gli investitori sono fissati su questa domanda, che ha vaste implicazioni per le obbligazioni, le azioni e l'intera economia.

Più a lungo sarebbe meglio. Ma se i mercati finanziari non collaborano, anche la Fed potrebbe essere costretta a salire anche più di quanto oggi è previsto.

Con l'inasprimento della politica monetaria, il presidente Jerome Powell vuole frenare la domanda di lavoro quanto basta - ma non troppo - per riportare la crescita dei salari al livello del 3%-4%, coerente con l'obiettivo di inflazione del 2% della banca centrale. A tal fine, l'approccio migliore sarebbe quello di mantenere i tassi di interesse a un livello moderatamente restrittivo per un periodo di tempo significativo. Dato che i rialzi dei tassi influenzano l'economia con ritardi lunghi e variabili, questo riduce il rischio di andare troppo oltre e aumenta le possibilità di un atterraggio morbido. La Fed può prendere tempo finché le aspettative di inflazione rimangono ben ancorate.

Ma ecco il problema: è difficile sapere quale sarebbe un tasso moderatamente restrittivo. Gli economisti non sono nemmeno d'accordo sulla soglia - il tasso "neutro" che non alimenta né raffredda l'economia. Prima della crisi finanziaria del 2008, ritenevano che fosse circa il 2%, corretto per l'inflazione (o circa il 4% in termini non corretti). Ora, la stima mediana tra i responsabili delle politiche della Fed è dello 0,5% (o un 2,5% nominale, ipotizzando un'inflazione del 2%) - ma ci sono ampie ragioni per pensare che dovrebbe essere più alto, dato che il governo prende più prestiti, la transizione verso l'energia verde aumenta la domanda di investimenti e i baby boomer in pensione risparmiano meno. E con l'inflazione che supera l'obiettivo del 2% della Fed, il tasso nominale neutro dovrebbe essere ancora più alto.

Inoltre, l'impatto della politica monetaria dipende in parte dal modo in cui essa influenza le condizioni finanziarie più ampie, che non sono particolarmente rigide. I mercati azionari e obbligazionari sono rimasti vivaci perché gli investitori, incoraggiati dal passaggio della Fed a rialzi dei tassi di 25 punti base, guardano oltre il presente, a quello che sperano sarà un regime più accomodante nel 2024 e 2025. Più sono ottimisti, più il tasso neutrale dei federal funds dovrà essere alto.

Inoltre, gli investitori non sono particolarmente preoccupati di un esito negativo. A parte il crollo delle criptovalute, considerano il sistema finanziario resistente e la Fed ben equipaggiata per mitigare qualsiasi flessione economica - un sentimento che Powell ha avallato affermando che se la Fed ritiene di essersi spinta troppo in là, "abbiamo strumenti per farlo".

Cosa farà dunque la Fed? La maggior parte dei funzionari ritiene che un tasso di federal funds compreso tra il 5% e il 5,25%, mantenuto fino al 2024, sia sufficiente a tenere sotto controllo l'inflazione, e il rapporto sui posti di lavoro della scorsa settimana ha rafforzato questa opinione. Per questo motivo, probabilmente opteranno per altri due aumenti di 25 punti base nelle riunioni politiche di marzo e maggio.

Dopodiché, aspetteranno di vedere cosa succede, una valutazione che richiederà diversi mesi (come minimo) dati i lunghi ritardi della politica monetaria. Per evitare che le condizioni finanziarie si allentino ulteriormente, manterranno il loro messaggio da falchi, affermando che la politica monetaria rimarrà rigida per qualche tempo. E se un tasso superiore al 5% non dovesse bastare, alla fine saranno costretti a salire.

Valter Buffo
Il viaggio di ritorno da Fantasyland non è ancora completato
 

Il primo mese e mezzo del 2023 per noi, che per professione ci occupiamo di gestire portafogli modello, è stato particolarmente utile.

In che modo, è stato utile? Di sicuro, non per le frenetiche oscillazioni degli umori, e per le isteriche oscillazioni viste in alcuni mercati finanziari.

E’ stato utile, per noi e per tutti i gestori di portafoglio che operano in modo consapevole, professionale ed attento alla realtà, perché ha fornito indicazioni preziose proprio sulla realtà nella quale, noi, voi e tutti gli investitori operano le proprie scelte di portafoglio.

Nel nostro Blog, abbiamo analizzato e commentato, nell’ultimo mese e mezzo, anche gli aspetti emotivi della quotidianità dei mercati finanziari, e non ci ripeteremo oggi: per la verità, tutto il mese e mezzo appena trascorso può essere liquidato con una battuta, che leggete sotto nel tweet.

Più seriamente, diremo che è del tutto sbagliato farsi guidare, nelle proprie scelte di investimento, verso conclusioni affrettate e semplicistiche, che siano il “pivot”, oppure il “soft landing”, oppure la “immacolata deflazione” a cui abbiamo dedicato un intero Post solo due settimane fa.

Tutti noi investitori, e i mercati stessi, siamo coinvolti in un lungo e complicato processo, e le scelte di investimento per questa ragione devono essere ancorate ad una prospettiva di medio termine. Si tratta, come leggete sotto nell’immagine, di un cambiamento epocale, di una “sistemazione di portafoglio” che investe l’intero universo degli asset finanziari, ed anche (come dice l’immagine) i depositi bancari.

Il tema dell’immagine qui sopra richiede un ulteriore approfondimento, che noi non vi offriamo in questo Post. In questo post, noi saltiamo subito alle conclusioni: che oggi non sono le nostre conclusioni, bensì quelle di uno dei gestori di portafoglio più noti al Mondo, che di nome fa Seth Klarman.

Sono le sue conclusioni, come dicevamo: ma Recce’d le condivide in toto. E che Recce’d estende anche ad altri mercati e ad altre situazioni: ad esempio, nella settimana appena conclusa, abbiamo chiarito nel nostro The Morning Brief perché alcuni argomenti di Klarman in questo articolo ci servono per capire la performance 2023 della Borsa di Milano.

Seth Klarman ha dichiarato agli investitori del suo hedge fund che la risposta della Federal Reserve alla crisi finanziaria del 2008 e il successivo decennio di bassi tassi di interesse hanno contribuito a "erigere un paese della fantasia finanziaria (Fantasyland)".

In una lettera di fine anno ai clienti, visionata dal Financial Times, Klarman, a capo del Baupost Group e figura di spicco nel settore degli investimenti, ha dichiarato che "un'era priva di conseguenze, caratterizzata da un capitale a basso costo virtualmente illimitato, è giunta al termine".

"Un boom basato su politiche di denaro facile conterrà inevitabilmente i semi della sua stessa distruzione". La previsione negativa è in contrasto con il rally che ha fatto impennare i principali benchmark azionari globali quest'anno, mentre i dati sull'inflazione in calo danno agli investitori la certezza che la Fed potrebbe presto smettere di alzare i tassi di interesse.

Klarman ha paragonato il forte aumento dei tassi di interesse dello scorso anno alla kryptonite, affermando che ha finalmente contribuito a sgonfiare la "bolla di tutto", compreso il disfacimento degli investimenti nelle cosiddette società di crescita non redditizie che si erano impennate durante il boom pandemico ma che avevano poco valore intrinseco.

Tra queste, decine di società early-stage prive di profitto che avrebbero potuto essere quotate in borsa solo in una bolla, un volume impressionante di obbligazioni con rendimenti cartoonescamente bassi, la maggior parte degli assurdi "titoli meme" e titoli come Tesla - intensamente pubblicizzati, esageratamente sopravvalutati e prezzati solo per il più facile dei viaggi - le cui azioni sono crollate di quasi due terzi", ha scritto.

L'anno scorso le azioni di società che erano salite ai massimi storici nel 2020 e nel 2021 si sono sgonfiate bruscamente, infliggendo un duro colpo agli investitori dei settori del venture capital, delle criptovalute e della tecnologia che avevano investito in aziende con un'elevata crescita dei ricavi ma con profitti scarsi o inesistenti. "

Il tempo dedicato alla due diligence è sembrato loro un ostacolo al massimo impiego di capitale e i consueti segnali di allarme di eccesso - sregolatezza finanziaria, proliferazione di modelli di business dubbi e ovvie bandiere rosse - sono stati derisi o ignorati", ha scritto.

Nonostante il rimbalzo dei mercati di quest'anno, Klarman ha avvertito che il sell-off dell'anno scorso "probabilmente ha ancora da venire" e che una crisi del debito sovrano potrebbe essere in agguato.

Klarman ha dedicato gran parte della sua lettera a criticare la risposta della Fed alla crisi finanziaria, quando la banca centrale ha tagliato i tassi di interesse vicino allo zero e ha iniziato a fare incetta di Treasury e titoli garantiti da ipoteca. Questa politica ha ridotto drasticamente i rendimenti degli investimenti più sicuri, come il debito sovrano statunitense, e ha spinto molti investitori ad acquistare titoli più rischiosi e ad alto rendimento. "Tassi di interesse microscopici, come granelli di sabbia sulla spiaggia, erano entrati in ogni cosa", ha scritto. "I banchieri centrali erano rimasti indietro rispetto alla curva, non avendo previsto che la massiccia espansione del bilancio della Fed sarebbe stata difficile da invertire e che un decennio e più di politiche di bassi tassi di interesse si erano finalmente arenate".

Ha avvertito che "i tassi persistentemente bassi hanno un effetto pernicioso sul comportamento degli investitori", con molti gestori patrimoniali che si spostano su attività illiquide, tra cui il venture capital e il private equity. "Un'intera nuova generazione di investitori potrebbe essere cresciuta senza aver mai sperimentato una recessione economica, una prolungata discesa dei mercati o tassi d'interesse al di sopra dei livelli minimi", ha scritto. "Come la cometa di Halley, sono cose di cui molti investitori hanno sentito parlare ma che forse non hanno mai visto o non riescono a immaginare".

Baupost ha beneficiato della volatilità del mercato nel 2022, ricavando 1,6 miliardi di dollari dalla sua copertura, che ha contribuito a compensare le perdite nel suo portafoglio di azioni, tra cui Just Eat Takeaway, Alphabet, proprietario di Google, e Meta, genitore di Instagram. Klarman ha dichiarato ai clienti che l'azienda ha incrementato le posizioni in diverse delle sue scommesse azionarie pubbliche dopo il calo dei prezzi, oltre a investire in tre società cinesi che, a suo dire, sono "estremamente sottovalutate". Si tratta della maggiore esposizione alla Cina che Baupost abbia avuto in molti anni e arriva in un momento in cui molti altri investitori si stanno ritirando dalla regione. Baupost ha dichiarato che l'anno scorso ha registrato un calo a una sola cifra, superando in modo significativo l'S&P 500

Valter Buffo
No landing: che cosa significa?
 

Tutti ormai sapete che, a partire dagli Anni Duemila (dopo il crash dei “dot.com”) il ruolo che l’industria del risparmio si è data è di

vendere al pubblico il “migliore dei Mondi possibili”.

La missione disperata (di gente disperata) è quella di fare vedere alla massa degli investitori solo ed unicamente la prospettiva nella quale “tutto filerà liscio e non ci sarà il più piccolo intoppo”.

Si tratta di una strategia di marketing, un supporto alla vendita dei prodotti finanziari quali Fondi Comuni e polizze assicurative.

Per questa ragione, alla massa degli investitori viene imposto di ascoltare sempre “come potrebbe andare se tutto andasse alla perfezione”: non quindi lo scenario che è più probabile, bensì quello più favorevole (favorevole per chi vende: NON favorevole per l’investitore).

Di esempi, ce ne sono a centinaia di migliaia.

L’industria della finanza ha una tale capacità di influenza sul mondo dei media, da fare apparire questo “migliore dei Mondi possibili” come “quello che tutti in questo momento pensano".

Ognuno degli investitori, per conseguenza, quando rimane la sera solo sul suo divano a riflettere, penserà:

possibile che soltanto io, in tutto il Mondo, la vedo diversamente?

Scatta così la spinta alla vendita dei prodotti finanziari.

La percezione dell’investitore sul divano, però, è del tutto sbagliata. Esistono anche altre visioni, alternative: esistono anche altre speranze ed altre paure, che vengono discusse non sui media ma in sedi più riservate, come ad esempio a Davos, durante il World Economic Forum.

Come dicevamo, però, la pressione dell’industria sui media di tutto il Mondo è massima: il media sono il veicolo principe attraverso cui veicolare alla massa degli investitori la visione che è stata costruita da banche globali di investimento e Reti di promotori finanziari.

A questo punto, sembra tutto a posto, tutto sistemato. Ma non lo è.

Arriva (lo avete visto ad esempio nel 2022) la realtà, e la realtà costringe l’industria del risparmio a rettificare, ed anche del tutto cancellare, la “visione fabbricata del futuro”.

Nel gennaio 2023, è stato ritirato fuori dai cassetti tutto il materiale pubblicitario sul “soft landing”, spinto a gran voce attraverso i media.

Accade però che, intanto che si spiega in TV la “parabola del soft landing”, arrivano i dati, arriva la realtà a cambiare le carte in tavola. Ed allora partono le rettifiche

Il dibattito sul “soft landing” non ci appassiona e non ci diverte: il termine stesso (“soft landing”) noi lo giudichiamo inappropriato e fuorviante. E anche ridicolo.

E tuttavia, costretti come siamo a commentare (anche) ciò che si dice, insieme con ciò che accade nella realtà, eccoci qui a spiegare come si sta passando dallo scenario “soft landing” allo scenario “no landing”.

E soprattutto, che cosa cambia per effetto di questo cambiamento, per le prospettive di rendimento, e di rischio, degli asset finanziari e dei mercati in generale.

Fedele alla sua tradizione di “venditore di ottimismo” l’intera industria del risparmio si dilunga su “ciò che potrebbe andare bene” (immagine sopra): il mestiere di Recce’d è diametralmente opposto a questo.

Recce’d si occupa, allo stesso modo, di ciò che potrebbe andare bene ed anche di ciò che potrebbe andare male. Recce’d non fa il tifo per i rialzi degli indici dei mercati, Recce’d fa il tifo unicamente per il portafoglio del Cliente investitore, e per il suo risultato finale.

Che deve esserci, sia quando gli indici di mercato puntano verso l’alto, sia quando gli indici di mercato puntano verso il basso.

Il nostro modo di vedere le cose è da sempre, dal primo giorno, il seguente: noi lavoriamo al servizio del Cliente investitore, producendo portafogli modello che lo mettono in condizione prima di tutto di moderare il rischio e poi di guadagnare in modo decente. Recce’d non ha l’obbligo di “pompare i mercati per sostenere il valore dei prodotti”: può permettersi di guardare con estrema lucidità ai pro ed ai contro, e poi di costruire un portafoglio modello efficiente, capace di generare guadagni in ogni contesto di mercato.

Applicato al contesto attuale, ciò significa che noi guardiamo al dibattito tra “soft landing” e “no landing” con massimo disincanto, poiché siamo consapevoli (ed in nostri Clienti sono consapevoli) che questo dibattito è puro marketing, al 100%.

Detto questo noi non possiamo ignorare il fatto che la massa degli investitori è stata spinta verso il “soft landing”: e quindi, non possiamo ignorare le conseguenze di un passaggio al “no landing” sugli indici dei mercati.

Ma esattamente “no landing” che cosa significa?

Esattamente, nessuno lo può dire, ma noi per voi proveremo ad intuirlo.

Con l’espressione “no landing” si vuole prima di tutto evidenziare che il rallentamento dell’economia che ci era stato annunciato già nel primo semestre 2022 per il momento non si è ancora manifestato. O quanto meno, non si è manifestato nella misura che ci era stata anticipata dall’industria del risparmio.

Tutto il resto, allo stato attuale (metà febbraio) viene lasciato nell’oscurità e indefinito: devono ancora spiegarci in che modo questo cambiamento, che riguarda la crescita del PIL, va a modificare tutte le altre variabili. E qui inizia appunto lo sforzo di noi di Recce’d.

Prima di tutto, per essere consapevoli di ciò che facciamo dei nostri soldi, varrebbe la pena di capire per quale ragione l’industria del risparmio (banche e Reti) aveva, nei mesi scorsi, date per certe alcune cose che non lo erano. Si erano sbagliati ancora, un’altra volta? Ma davvero è solo incapacità? Può essere soltanto un caso?

I lettori di Recce’d già sanno quale è la nostra risposta. Per cui, passiamo oltre.

Passiamo invece alle implicazioni per il rendimento degli asset finanziari. Tutti i prezzi che oggi vedete sui mercati finanziari, dal più piccolo al più grande, sono giustificati dal fattore tassi (così ha voluto l’industria del risparmio). Per essere chiari fino all’estremo: oggi, i prezzi di mercato (azioni, obbligazioni, valute e materie prime) stanno in piedi solo perché finoa ieri prevaleva la visione delle cose che dice

nella seconda parte del 2023 le Banche Centrali TAGLIERANNO il costo del denaro.

Se manca quello, tutta il castello attuale dei prezzi di mercato non sta in piedi.

Il fatto è che risulta, via via che passano i giorni, più difficile conciliare quella visione delle cose e i dati che arrivano dalla realtà.

Lo vedete nell’immagine qui sotto, dove si spiega che:

il mercato ha di fatto azzerato le probabilità di un taglio dei tassi nel 2023; oggi il tasso per i Fed Funds a fine 2023 sta a 4,85% ed è salito di ben 55 punti base in una settimana; e tuttavia, l’indice S&P500 si è mosso di pochissimo, dimostrando una notevole resilienza

Sospendiamo per il momento la questione della “resilienza dello S&P500”, che tratteremo ampiamente in un Post successivo.

Qui a noi interessa ricordare, al lettore che investe sui mercati finanziari, le fabbricazioni come quelle del “soft landing” durano … il tempo che durano, fino a che la realtà non rimette tutto a posto.

Un investitore che ha puntato tutto sul “soft landing” oggi farebbe bene ad approfondire il concetto di “no landing”, rispondendo a quattro domande molto semplici:

  1. che cosa implica per la crescita del PIL

  2. che cosa implica per l’occupazione

  3. che cosa implica per le retribuzioni

  4. che cosa implica per l’inflazione

Fatto questo semplice esercizio, sarà poi facile passare a

  • come cambiano le prospettive per le azioni

  • come cambiano le prospettive per le obbligazioni

  • come cambiano le prospettive per le valute

  • come cambiano le prospettive per le materie prime

Valter Buffo