La strategia di investimento 2023: contro gli zombies.
 

Ne abbiamo scritto così tanto, e così spesso, che, per dirla con la massima franchezza, ci siamo stancati e nauseati.

Il nostro dovere professionale, però, ci impone non soltanto di raccontare, documentare ed analizzare, ma pure di “sistemare” ciò che viene raccontato in giro, sui mercati finanziari, mettendo ciò che viene detto all’interno di un quadro che sia comprensibile per chi ci legge e per tutti gli investitori.

Nel Post ci riferiamo alla “immacolata deflazione”, alla quale Recce’d di recente ha dedicato un intero Post.

Ed alla quale, secondo i commenti delle banche di investimento e delle Reti di promotori finanziari, avrebbe aderito la stessa Federal Reserve durante la sua riunione della settimana scorsa.

Tutti d’accordo, tutto sistemato: e che la Festa continui!

Peccato per una sola cosa: non è vero. Non è vero nulla, di ciò che dicono i “venditori di ottimismo” sulla “immacolata deflazione”. E’ tutto falso.

Come abbiamo scritto proprio in apertura, noi ci siamo sia nauseati ed annoiati, sia stancati, di scrivere di queste cose: lo facciamo almeno dal marzo 2022, quando per la prima volta ci fu in tentativo, da parte dell’intera industria del risparmio, di inventarsi un pivot.

Da allora, è trascorso un anno, e tutti quanti siamo ancora qui (mercati inclusi) ad aspettare … ‘sto pivot!

Questa settimana però siamo fortunati: ci è venuto in aiuto un amico di lunga data, che ha pubblicato l’articolo che Recce’d ha tradotto per voi.

L’utilità di questa lettura?

Molto semplicemente, riassume in estrema sintesi l’intera strategia di investimento per la prima parte del 2023: leggete con attenzione i passaggi nei quali si parla di

  1. inflazione transitoria

  2. argomenti “confortanti”; e poi più in basso “narrazioni economiche semplicistiche”

  3. “guardare attraverso”

  4. autocompiacimento ed inerzia

  5. perdita di credibilità

  6. concetto comportamentale

  7. probabilità di scenari tra di loro alternativi

  8. quali sono oggi i tre scenari alternativi

  9. elevata incertezza sulle prospettive dell’economia reale nel 2023

  10. autocompiacimento

Chiunque segue, anche solo con un minimo di attenzione, le nostre pagine del sito (MERCATI, TWIT-TWOO e BLOG) ha già letto, e più di una volta, a proposito di ognuno di questi dieci punti

A chi conviene, il richiamare in vita ogni tre mesi gli zombies, Recce’d lo ha già ampiamente spiegato e documentato, in decine di Post precedenti.

Sulla base dei 10 punti qui sopra, i nostri portafogli modello oggi sono costruiti e verranno presto modificati.

Il nostro suggerimento del tutto gratuito per il weekend dei lettori del Blog è di fare questo esercizio:

  1. prendete ognuno dei dieci punti qui sopra

  2. applicatelo alla vostra attuale situazione del portafoglio titoli

  3. confrontatevi con il vostro financial advisor, private banker, wealth manager, robo-advisor, consulente

  4. e dopo, confrontatevi soprattutto con voi stessi: siete tranquilli delle vostre attuale posizioni? Siete sicuri di avere capito bene ciò che state facendo? Siete certi he lo abbia compreso il financial advisor?

  5. infine, fate una stima di quanto potreste guadagnare, con il vostro portafoglio titoli, nel 2023; guadagnare oppure perdere, ovviamente.

  6. perché si perde sempre, ad andare in giro con gli zombies

Con la graduale attenuazione dell'inflazione statunitense, è riemersa l'affermazione che le attuali pressioni inflazionistiche sono il risultato di uno shock temporaneo dell'offerta. Se da un lato questa tesi può essere confortante, dall'altro potrebbe incoraggiare un pericoloso compiacimento, rendendo molto più difficile la soluzione di un problema già grave.

CAMBRIDGE - A quasi due anni dall'attuale ondata di inflazione, il concetto di "inflazione transitoria" sta tornando in auge con l'attenuarsi degli shock di offerta legati alla COVID. Ciò avviene in un momento in cui è fondamentale mantenere una mentalità aperta sulla traiettoria dell'inflazione, anche evitando una narrazione transitoria troppo semplificata che rischia di offuscare i veri problemi dell'economia statunitense.

"Transitorio" è una nozione confortante che suggerisce un fenomeno di breve durata e reversibile. In realtà, questo concetto esclude la necessità di adeguare i comportamenti. Dopo tutto, se lo spavento dell'inflazione è solo temporaneo, il modo migliore per affrontarlo è semplicemente aspettarlo (o, per usare un termine politico e di mercato, "guardarlo attraverso").

Ecco perché questa narrazione è particolarmente pericolosa. Incoraggiando l'autocompiacimento e l'inerzia, potrebbe esacerbare un problema già grave e renderlo più difficile da risolvere. La risposta iniziale della Federal Reserve statunitense all'aumento dell'inflazione ne è un esempio. Nel 2021, la banca centrale più potente e influente del mondo si è affrettata a definire transitorio l'aumento dell'inflazione. Ha mantenuto questo approccio anche dopo che i dati si sono rivelati contrari, rifiutandosi di cambiare rotta per troppo tempo.

La ripetuta errata caratterizzazione della Fed ha ritardato risposte politiche cruciali in un momento in cui la persistenza dell'inflazione iniziava a influenzare la determinazione dei prezzi aziendali e le richieste salariali dei lavoratori. Di conseguenza, la Fed non solo ha perso credibilità, ma ha anche inflitto inutili sofferenze a milioni di famiglie americane, in particolare ai segmenti più vulnerabili della popolazione. Mentre alcuni economisti non hanno mai abbandonato la tesi dell'inflazione transitoria, la stragrande maggioranza si è resa conto già l'anno scorso che si trattava di un deplorevole errore analitico e politico.

Ciò rende l'attuale riemergere di questa narrativa ancora più sconcertante. Un recente articolo di Politico ha osservato che "c'è anche almeno qualche ragione per credere che [gli economisti e i politici] che hanno assicurato [agli americani] che l'inflazione sarebbe stata transitoria, compreso il presidente della Fed Jerome Powell, potrebbero aver avuto più o meno ragione, anche se il periodo transitorio è stato più lungo e più brutto del previsto".

Questo è un peccato. Non solo si impone una dimensione temporale a un concetto intrinsecamente comportamentale, ma si ignora anche il fatto che la risposta inizialmente incerta della Fed l'ha costretta a una serie di rialzi dei tassi d'interesse tra le più aggressive e caricate in anticipo di sempre, compresi quattro aumenti consecutivi di 75 punti base. Inoltre, sebbene l'inflazione statunitense stia rallentando, è pericoloso pensare che il problema sia ormai alle spalle.

Guardando al resto dell'anno e all'inizio del 2024, mi sembrano tre le possibilità.

  1. La prima è una disinflazione ordinata, nota ai critici anche come "disinflazione immacolata". In questo scenario, l'inflazione continua a scendere costantemente verso l'obiettivo del 2% della Fed senza danneggiare la crescita economica e l'occupazione degli Stati Uniti. La dinamica coinvolge principalmente un mercato del lavoro che evita aumenti salariali eccessivi continuando a sostenere una forte attività economica. Alla luce di quanto sta accadendo nell'economia, la probabilità di questo scenario è del 25%.

  2. Il secondo scenario è quello in cui l'inflazione diventa vischiosa. Il tasso di inflazione continua a diminuire, ma poi si blocca al 3-4% nella seconda metà dell'anno, poiché i prezzi dei beni smettono di diminuire e l'inflazione dei servizi persiste. Questo costringerebbe la Fed a scegliere tra schiacciare l'economia per far scendere l'inflazione al suo obiettivo del 2%, aggiustare il tasso obiettivo per renderlo più coerente con le mutate condizioni dell'offerta, o aspettare di vedere se gli Stati Uniti possono vivere con un'inflazione stabile al 3-4%. Non so cosa sceglierebbe la Fed in un caso del genere, ma la probabilità di un'inflazione così appiccicosa è del 50%, quindi spero che abbia riflettuto su questo scenario.

  3. Infine, c'è la possibilità di quella che possiamo definire "inflazione a U": i prezzi tornano a salire verso la fine di quest'anno e fino al 2024, quando un'economia cinese in piena ripresa e il forte mercato del lavoro statunitense spingono contemporaneamente un'inflazione persistente nei servizi e un aumento dei prezzi dei beni. La probabilità di questo risultato è del 25%. Non si tratta solo di scenari multipli in cui non ne domina uno solo.


    Si tratta anche di probabilità che devono essere considerate con cautela. L'ex Segretario al Tesoro statunitense Lawrence H. Summers ha colto bene lo stato d'animo prevalente di molti economisti: "È l'economia più difficile da leggere che io ricordi", ha detto di recente.


Questo senso di incertezza è evidente nelle prospettive a breve termine dell'attività economica, dei prezzi e della politica monetaria, così come nei cambiamenti strutturali a lungo termine, come la transizione verso l'energia pulita, il ricablaggio delle catene di approvvigionamento globali e la natura mutevole della globalizzazione.

Anche le forti tensioni geopolitiche giocano un ruolo importante.

Qualunque cosa accada, la cosa peggiore che possiamo fare è ricadere nell'autocompiacimento. Powell, dopo aver sostenuto per troppo tempo l'"inflazione transitoria", ora mette in guardia da essa. "C'è stata l'aspettativa che [l'inflazione] se ne vada in modo rapido e indolore, ma non credo che questo sia affatto garantito", ha detto di recente. "Per me lo scenario di base è che ci vorrà del tempo. E dovremo aumentare ancora i tassi di interesse...".

Le narrazioni economiche semplicistiche, soprattutto quelle confortanti che allettano chi cerca scorciatoie, spesso fuorviano molto più che illuminare.

È il caso della narrativa sull'inflazione transitoria che, screditata nel 2021-22, sta ora riemergendo. È anche il caso di coloro che prevedono con un alto grado di fiducia una recessione negli Stati Uniti (io non faccio parte di questo gruppo), per poi liquidarla come "breve e poco profonda" al fine di riconquistare la propria zona di comfort economico.

Valter Buffo
Financial conditions: che cosa significa?
 

Ci auguriamo che molti, tra i nostri lettori, si siano resi conto che l’infame “bolla di tutte le cose” del biennio 2020 - 2021 non si è ancora sgonfiata, come ci dice anche l’immagine qui sopra.

Ci auguriamo che tutti i nostri lettori abbiano già compreso che i rialzi del costo ufficiale del denaro adottati fino ad oggi dalle Banche Centrali sono un fatto in prevalenza estetico, di comunicazione. Che incide poco sulla realtà delle economie e dei mercati finanziari.

Partendo da questo punto, noi nel Post offriremo (in modo sintetico) ai nostri lettori alcuni spunti di ragionamento, per ragionare su “che cosa viene dopo”.

Al centro di questi ragionamenti, inevitabilmente, troviamo il concetto di “financial conditions”, al quale è dedicato l’intero Post.

Come dato introduttivo, vi ricordiamo (lo avevamo già pubblicato qui nel Blog) che il livello corrente dei tassi ufficiali di interesse rimane, a tutto oggi, ESPANSIVO e non RESTRITTIVO. Nell’immagine, si riporta che in Europa il costo ufficiale del denaro dovrebbe essere superiore a quello corrente in misura del 7,5%.

Ci interessa, in questo Post, di mettere il dato che avete appena letto nel contesto delle cosiddette “condizioni finanziarie”, che nel grafico che segue sono rappresentate dalla linea spezzata di colore verde.

Ammettiamo subito di NON avere capito bene come vengono definite queste “condizioni finanziarie”: si tratta di un indice, questo è chiaro, ma questo stesso indice viene calcolato da fonti diverse (Bloomberg e Goldman Sachs le due più note) in modo diverso.

In sintesi, si tratta di un indice di che misura quello che tutti chiamiamo “denaro facile”: ma non si limita a misurare la liquidità nel sistema (i ben noti aggregati monetari M1, M2, M3) ma ci aggiunge anche altri indicatori di “easyness”, che in italiano si potrebbe tradurre con “impulso espansivo all’attività dell’economia reale che arriva dal mondo della finanza in generale”.

Ci avete capito poco? Anche noi, lo riconosciamo: l’intuizione sottostante è chiara, ma appena si entra nello specifico si fatica a comprendere. E allora, facciamoci aiutare da JP Morgan, lasciando il tutto nella lingua originale così da non modificare neppure un dettaglio.

There are generally four components to financial conditions analysis:

  1. The US Dollar

  2. Corporate bond spreads

  3. Equity market levels

  4. The level of interest rates at different maturities

Changes in each of these components in isolation influence the economy in different ways. In general, a stronger dollar acts to restrain growth via reduced demand for exports. Higher corporate bond spreads restrain lending growth and corporate investment. Lower equity prices suppress growth in consumer spending through the wealth effect, and finally, the overall level of interest rates is a key component of mortgage rates and corporate borrowing rates. It is through this lens of financial conditions, broadly defined, that we should view current Fed policy.

Sta di fatto che, sia nella versione di Goldman Sachs, sia nella versione che viene calcolata da Bloomberg, negli ultimi mesi si è registrato un netto miglioramento delle “condizioni finanziarie”. I mercati finanziari, nel loro insieme, sono passati da una situazione “restrittiva” ad una posizione “espansiva”.

Ripetiamo: noi NON abbiamo capito fino in fondo come misurare queste “condizione finanziarie”, ma sappiamo che sui mercati finanziari del Mondo intero se ne parla ogni giorno, e se ne parla a proposito di grafici come quello che segue,

Il tema delle “condizioni finanziarie” lo abbiamo ripreso in questo Post sia perché se ne parla moltissimo sui mercati finanziari, sia perché si collega a ciò che abbiamo scritto in apertura di Post. Tutti gli indici di “condizioni finanziarie” ci portano una conferma dell’efficacia molto modesta dei recenti rialzi dei tassi ufficiali di interesse: come avete visto nei grafici precedenti, se ci dovessimo basare solo su questa famiglia di indici, dovremmo dire che tutti i rialzi dei tassi ufficiali, fino ad oggi, sono stati INUTILI.

Le analisi che abbiamo condotto in casa nostra (Recce’d) ci portano alle medesime conclusioni.

La nostra analisi, però, si differenza in questo: Recce’d individua la causa principale di questo fallimento della manovra restrittiva delle Banche Centrali (ad oggi) a fattori che l’indice delle “condizioni finanziarie” (sia di Goldman Sachs, sia di Bloomberg) NON include.

L’argomento è tecnico, e quindi non è adatto al Post di un Blog: chi fosse interessato, ci può scrivere via e-mail.

Noi ci limitiamo, in questo Post, a dire che la mancanza di efficacia dei rialzi dei tassi ufficiali, rispetto ai passati episodi, è spiegata in gran parte dai due grafici (sopra e sotto) che ci raccontano le dimensioni del bilancio delle Banche Centrali oggi. Questo meriterebbe un approfondimento analitico, che noi qui non abbiamo spazio né tempo per fare, come detto.

Per contribuire ulteriormente alle valutazioni dei nostri lettori, chiudiamo questo Post con un articolo dedicato alle riunioni di Fed e BCE in febbraio, articolo che va proprio a toccare il tema delle “condizioni finanziarie” inquadrandolo nel più ampio tema della “politica monetaria”.

La scorsa settimana è stata una lezione di "insolito" per le banche centrali, ovvero di sviluppi meno comuni che meritano di essere analizzati con attenzione perché riguardano direttamente il futuro benessere dell'economia globale.

Mi riferisco a due notevoli contrasti: in primo luogo, le maggiori differenze nell'attuazione delle politiche tra le principali banche centrali. In secondo luogo, cosa ancora più importante, una notevole discrepanza tra gli ultimi segnali della Federal Reserve statunitense e le condizioni finanziarie attraverso le quali la politica monetaria produce i suoi risultati.

Nella conferenza stampa di mercoledì, che ha seguito l'annuncio di un aumento dei tassi di 25 punti base ampiamente previsto, il presidente della Fed Jay Powell ha fatto riferimento alla disinflazione per circa 11 volte. Al contrario, questa parola non è stata affatto menzionata nelle conferenze stampa di questa settimana di Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea, e di Andrew Bailey, governatore della Banca d'Inghilterra.

La narrativa della disinflazione contribuisce a spiegare perché i mercati, che prima della conferenza stampa avevano reagito molto poco alla pubblicazione della dichiarazione politica della Fed, sono poi decollati in modo generalizzato quando Powell ha risposto alle domande dei giornalisti.

Ma la differenza tra la Fed da un lato e la BCE e la BoE dall'altro non si limita alle parole. Assistiamo anche a una divergenza negli sviluppi e nelle prospettive politiche.

La scorsa settimana la Fed sembrava aver preso una piega decisa verso l'aspettativa di un atterraggio morbido, ovvero di un'inflazione in discesa verso l'obiettivo con pochi danni per la crescita economica. Le altre due banche centrali sembrano più preoccupate del persistere dell'inflazione e, quindi, di un atterraggio duro come una recessione o, peggio, una stagflazione.

Inutile dire che ci sono implicazioni per l'economia globale, data l'influenza sistemica di queste banche centrali.

Confrontate questa situazione con il precedente regime di politica monetaria, quando c'era un alto grado di correlazione, se non di cooperazione iniziale, tra le banche centrali. Dopo aver normalizzato il malfunzionamento dei mercati finanziari, le banche centrali hanno raddoppiato la politica monetaria non convenzionale per perseguire risultati macroeconomici più ampi (crescita e occupazione in particolare).

Un altro contrasto, potenzialmente più rilevante, è quello tra il modo in cui la Fed ha descritto le condizioni finanziarie e quello che ci dicono gli indici più seguiti.

Le condizioni finanziarie sono importanti per l'efficacia della politica monetaria. A titolo esemplificativo, si pensi al modo in cui il precedente regime di tassi d'interesse gonfiati e di consistenti iniezioni di liquidità ha represso la volatilità economica e finanziaria.

Questa volta, e secondo gli indici di lunga data, l'andamento delle condizioni finanziarie si è distaccato dalla politica monetaria. Oggi le condizioni finanziarie sono allentate come lo erano un anno fa, prima che la Fed iniziasse il suo ciclo di rialzo dei tassi di 4,50 punti percentuali; e questo allentamento ha subito un'accelerazione dalla riunione di dicembre della Fed. Tutto ciò è coerente con il sorprendente rapporto sui salari USA di venerdì scorso.

Questa disparità è stata oggetto di molte discussioni tra gli operatori di mercato. Eppure non è quello che vede la Fed, a giudicare dai commenti di Powell alla conferenza stampa di mercoledì scorso, dove ha ripetutamente fatto riferimento al fatto che le condizioni finanziarie si sono notevolmente inasprite negli ultimi dodici mesi.

È possibile che, come suggerito dalla vicepresidente Lael Brainard qualche settimana fa, la Fed sia guidata da una visione ridotta delle condizioni finanziarie. Ciò sarebbe simile al suo approccio all'inflazione, che ora presta molta attenzione ai prezzi di base dei servizi, esclusi gli alloggi.

Un modo per capirlo sarebbe quello di sapere come la Fed ha reagito internamente all'impetuosa azione dei prezzi di mercato di mercoledì e al forte rapporto sui posti di lavoro di venerdì. Sfortunatamente, tali informazioni sono molto elusive, a meno che alcuni funzionari chiave della Fed non intervengano nei prossimi giorni, o lo stesso Powell, per "correggere" la comprensione dei mercati di ciò che hanno sentito e visto.

Più a lungo questo "paradosso delle condizioni finanziarie" rimarrà irrisolto, maggiore sarà il rischio di un altro errore politico.

Per molti anni, le principali banche centrali sono state celebrate per essere efficaci repressori della volatilità economica e finanziaria. Ora siamo in un mondo diverso. Le banche centrali devono fare attenzione ad evitare che la loro comunicazione sia un'indebita fonte di volatilità.

Ciò è ancora più importante in un'economia globale che naviga tra le incertezze associate ai cambiamenti della globalizzazione, alla transizione energetica, al ricablaggio delle catene di approvvigionamento e, nel caso degli Stati Uniti e del Regno Unito, alle eccezionali condizioni del mercato del lavoro.

Valter Buffo
La soluzione del nostro Quiz

Ci fu un’epoca nella quale i banchieri centrali si vantavano di parlare pochissimo. I più giovani tra i nostri lettori non potranno crederlo, ma è documentato.

Ci fu addirittura chi si fece vanto, in pubblico, di parlare in modo tale da NON essere capito. Lo leggete nell’immagine sotto.

Si può essere d’accordo, oppure non esserlo: una cosa è certa, oggi ci troviamo in una situazione diametralmente opposta.

Tutte le Banche Centrali parlano decisamente troppo. E parlano anche in troppi: tutti parlano, tutti i giorni.

Ciò che ne risulta è una plastica rappresentazione della confusione mentale che alberga nelle menti di questi funzionari pubblici, tutti dipendenti dello Stato incaricati di svolgere un ruolo che oggi NON è chiaro nei mezzi, NON è chiaro negli scopi, e NON è chiaro (questo è evidente dai fatti) neppure nei criteri che dovrebbero garantirne l’efficacia.

Queste persone, oggi, non sanno COSA fare, non sanno COME farlo, e non sanno più neppure PERCHE’ lo dovrebbero fare.

Il diluvio di quotidiani dichiarazioni in pubblico non fa che rendere ancora più evidente questo stato delle cose.

A puro titolo di esempio, queste che leggete nell’immagine che segue sono quattro dichiarazioni arrivate tutte nella giornata di ieri dalla Banca di Inghilterra (che Recce’d, sia chiaro, valuta essere la più lucida e la più efficace).

Dopo il gigantesco crash dei mercati finanziari 2007 - 2009, tutte le Banche Centrali (sentendosi sotto accusa) si sono sentite obbligate a diventare, tutte insieme, i “cantori dell’ottimismo ad ogni costo”.

Per questa ragione è giustificato chi scrive (immagine sotto) che oggi l’ultima persona sulla Terra che ci informerebbe in modo chiaro dell’esistenza di un rischio sistemico è un esponente della Banca Centrale.

Questo, che è un dato di fatto suffragato da molte esperienze, è qualche cosa che un gestore di portafoglio (se è un gestore consapevole) tiene sempre in grande evidenza sulla propria scrivania.

A che cosa serve questa nostra premessa? A ricordare ai lettori ed agli investitori ciò che la storia passata dei mercati ci ha insegnato (e che in molti fanno finta di non ricordare).

Ma torniamo al nostro Quiz..

Abbiamo proposto ai lettori del sito un Quiz alla pagina TWIT-TWOO, e la proposta aveva uno scopo ben preciso.

Il mistero sulla data di pubblicazione di quell’articolo che Recce’d ha utilizzato per il Quiz è presto risolto: e lo leggete nell’immagine che segue.

Ma l’utilità di quell’articolo dove sta? Va ben oltre la data, e lo potete capire leggendo l’articolo medesimo, che presentiamo qui tradotto per voi.

Le similitudini, tra quel mese di febbraio di esattamente QUINDICI anni fa, ed oggi, sono così numerose ed evidenti che risulterebbe offensivo per i nostri lettori se noi ne facessimo l’elenco adesso.

Le risposte alle tre domande del nostro Quiz le potete leggere scorrendo l’articolo.

I titoli azionari e obbligazionari sono balzati mercoledì dopo che Ben Bernanke ha esposto un'analisi fondamentalmente benigna dell'economia statunitense nella sua due volte annuale testimonianza al Congresso.

Il presidente della Federal Reserve ha dipinto un quadro di crescita in ripresa, inflazione moderata e rischi economici ridotti che ha evocato i ricordi dell'economia "Goldilocks" della fine degli anni '90, cosiddetta perché non era né troppo calda né troppo fredda.

Bernanke ha adottato un tono temperato sull'inflazione, ribadendo che la Fed ritiene che sia ancora un rischio maggiore rispetto alla crescita, ma non ha fatto alcuno sforzo per preparare il terreno a un altro aumento dei tassi di interesse. Al contrario, ha lasciato intendere che i tassi potrebbero rimanere fermi al 5,25% per qualche tempo, affermando che: "L'attuale orientamento della politica dovrebbe favorire una crescita economica sostenibile e un graduale calo dell'inflazione di fondo".

L'assenza di un linguaggio più aggressivo sull'inflazione e sui tassi d'interesse, e il riconoscimento dei continui rischi per la crescita legati al settore immobiliare, sono stati accolti con sollievo dagli investitori, che erano stati turbati dai recenti discorsi di alcuni funzionari della Fed. L'indice S&P 500 è salito dello 0,76% a 1.455,30 mercoledì, mentre anche i titoli del Tesoro sono saliti, con i rendimenti a 10 anni scesi di 7,6 punti base al 4,736%.

Il mercato dei futures ha valutato una maggiore possibilità di taglio dei tassi quest'anno, mentre il dollaro è sceso dello 0,7% rispetto all'euro, dello 0,8% rispetto alla sterlina e dello 0,2% rispetto allo yen.

In precedenza, l'omologo britannico di Bernanke, Mervyn King, ha usato toni più duri in occasione della pubblicazione del rapporto trimestrale sull'inflazione della Banca d'Inghilterra, che prevedeva che l'inflazione avrebbe superato l'obiettivo a due anni, a meno di un nuovo aumento dei tassi.

"Come il 3% di inflazione [a dicembre] non significava che la fine del mondo fosse vicina, così il 2,7% [a gennaio] non significa che possiamo ignorare le preoccupazioni sull'inflazione futura", ha dichiarato.

Bernanke è stato elogiato dai senatori di entrambi i partiti, che hanno attribuito alla sua decisione di interrompere il ciclo di inasprimento dei tassi della Fed dopo l'ultimo rialzo del giugno 2006 il merito di aver progettato un atterraggio morbido. "Lei sta ricevendo buoni voti da tutti, e io sono d'accordo", ha detto Chuck Schumer, senatore democratico di New York.

Il presidente della Fed ha dichiarato ai senatori che la tendenza delle previsioni elaborate dai responsabili delle politiche della Fed prevedeva una crescita tra il 2,5% e il 3% quest'anno e tra il 2,75% e il 3% il prossimo, con un'inflazione di fondo, secondo la sua misura preferita, compresa tra il 2% e il 2,25% quest'anno e tra l'1,75% e il 2% il prossimo - un livello che probabilmente la maggior parte dei responsabili delle politiche si troverebbe a proprio agio.

Bernanke ha affermato che "il venir meno dei fattori temporanei che hanno fatto crescere l'inflazione negli ultimi anni" - tra cui la pressione esercitata dal rincaro del petrolio e dall'aumento degli affitti - "probabilmente contribuirà a favorire una continua riduzione dell'inflazione di fondo".

Tuttavia, l'elevato livello di utilizzo delle risorse rimane "un rischio al rialzo per i continui progressi in materia di inflazione". Il presidente della Fed ha dichiarato di seguire con attenzione i segnali di sofferenza nel mercato dei mutui ad alto rischio, ma ha affermato che: "Non credo che a questo punto abbia implicazioni per l'economia aggregata". Interrogato sul deficit commerciale degli Stati Uniti, ha dichiarato: "Non sono soddisfatto".

Valter Buffo
Topolino fa l'Investitore
 

prima, parliamo di economie. Soltanto dopo, più in basso, parleremo dei mercati finanziari.

Questa scelta rispetta la logica. i mercati finanziari dipendono dalle economie: se non esistessero le economie, non esisterebbero i mercati finanziari. Mentre il contrario è possibile.

Parliamo quindi di economie. E’ necessario parlarne, perché da mesi infuria il dibattito sulla “recessione” e poi si scopre che la “recessione” non c’è.

Proprio come è stato, 18, 12 e 24 mesi fa, quando i quotidiani, le TV, le banche di investimento ci anticipavano un “boom economico” che (allora) appariva “garantito” grazie ad una “manovra economica espansiva senza precedenti”. Ve la ricordate? Era la “ripresa economica a “V”.

Beh … era un falso: del tutto falso. Inventato. Il “boom economico” non è mai arrivato.

E allora: che cosa c’è oggi, di “inventato”? Di “del tutto falso”?

Avete mai sentiti parlare di “ripresa economica ad “A”? E’ quella che potete leggere nell’immagine che apre questo Post. Nell’immagine leggete “Back were we started”, che in italiano verrebbe “Indietro a dove siamo partiti”. Un fatto che ai più fino ad oggi è sfuggito (e che i media e le banche di investimento fanno attenzione a nascondere): dopo due anni di follia, con i debiti raddoppiati ed i bilanci delle Banche Centrali anche loro raddoppiati e l’inflazione triplicata, non rimane nulla in termini di prospettive di crescita.

Sotto ogni punto di vista le prospettive delle economie (avete letto il Fondo Monetario Internazionale nella tabella qui sopra?) appaiono simili a quelle del 2019, ovvero una crescita delle economie che si colloca appena sopra lo zero, ma soltanto in quel caso in cui … tutto va bene e non c’è nessun incidente.

E’ evidente che qualche cosa non funziona. I conti non tornano.

In quanto investitori, noi siamo costretti a guardare sempre, con senso critico e massima attenzione, al futuro: dal futuro delle economie dipende il futuro dei nostri investimenti, la performance del nostro portafoglio titoli, ed i rischi che ci carichiamo sulle spalle proprio investendo sui mercati finanziari.

Ecco spiegato il perché, guardando al 2023, e poi al 2024, e poi al 2025, dobbiamo fare il massimo sforzo per comprendere che cosa è che non funziona:

  • oggi la politica fiscale delle economie industrializzate resta decisamente espansiva: è stato prodotto un impulso nel biennio 2020-2021 che non ha alcun precedente nella storia economica dell’Occidente; ed in aggiunta

  • oggi la politica monetaria delle Banche Centrali rimane enormemente espansiva, nonostante i modesti aumenti dei tassi di interesse ufficiali; lo dimostrano sia i calcoli dei due grafici che trovate di seguito (per Europa e Stati Uniti nell’ordine), sia le dimensioni, tuttora abnormi e totalmente ingiustificate, dei bilanci delle Banche Centrali che tutti voi conoscete.

Eppure il Fondo Monetario Internazionale produce nel gennaio 2023 previsioni “a crescita zero” per l’intero Occidente, e nessuno (non un quotidiano, non una TV, tantomeno una banca di investimento) si azzarda a chiedere:

“come è possibile essere in recessione due anni dopo che ci era stato garantito un boom economico? che cosa ci ha portati qui?”.

Al contrario, assoluto silenzio e nessuna domanda.

Si potrebbe dire che è una burla: se non fosse che le ricadute di questo stato di cose sono, in particolare per tutti noi investitori, drammatiche.

Su questo tema c’è da registrare il fatto che, nella sua più recente apparizione di mercoledì scorso, almeno Jay Powell qualche cosa ha detto: in modo chiaro, ed esplicito, ci ha spiegato che

“questo non è il classico ciclo economico, questa cosa è unica: e non possiamo avere alcuna certezza delle previsioni”.

Per una volta, Powell si è espresso in modo chiaro.

Le parole di Powell che noi abbiamo appena portato alla vostra attenzione sono un tema di investimento per il 2023, per il 2025, per il 2025: forse, di tutti è questo il tema di investimento più pesante, quello che ha maggiore peso nelle scelte per la gestione dei portafogli modello.

Recce’d, mesi fa, attraverso il Blog lo aveva anticipato, con più di un’articolo anche qui nel Blog. Per la vostra memoria, richiamiamo qui sotto una delle immagini che utilizzammo allora.

Fino a qui, abbiamo parlato di cose serie: ora cambiamo tono, e passiamo al grottesco. Alle cose tragi-comiche. Che, purtroppo, negli anni successivi al 2020 sono proprio i mercati finanziari, dei quali Recce’d si occupa in modo professionale da decenni, e che mai prima (in alcuna occasione) sono stati distorti e sviliti come negli ultimi anni.

Il 2022 è stato un anno di svolta, nella storia dei mercati finanziari internazionali. Una svolta innegabile, e non cancellabile: che vi documentiamo con il grafico qui sopra, e poi con il grafico che segue.

Ovvio: c’è chi ha interesse a negare che ci sia stata una svolta, anche se messo di fronte a queste evidenze..

Chi sono? sono tutte quelle parti che hanno tratto il maggiore profitto dalla precedente fase dei mercati internazionali.

Badate bene che NON sono gli investitori finali ad avere ingrassato le tasche con la fase dei QE.

Come detto, c’è ovviamente una parte dell’industria del risparmio (ovvero le Reti di promotori finanziari che oggi si fanno chiamare financial advisors o consulenti, e naturalmente le banche di investimento) che ha tutto l’interesse a negare il fatto che il 2022 sia stato un anno di rottura, nonostante le abbondanti evidenze.

Negli ultimi sei mesi, in particolare, queste categorie di operatori hanno fatto ogni sforzo per “tenere in piedi la loro baracca” anche andando al di là del buon senso. Va detto che la credibilità per queste persone ed Istituzioni, non è più un problema, perché la hanno del tutto persa da molti anni.

In modo particolare, nel 2023 banche di investimento e promotori finanziari hanno utilizzato, giorno dopo giorno, un argomento stupido che vi ricordiamo con l’immagine qui sotto: che l’argomento sia stupido, lo dicono appunto i dati di questo grafico.

Nel corso del 2022 c’era già stato stato più di un momento nel quale questo medesimo argomento era sembrato essere “l’opinione di consenso”, ovvero “quello che pensano tutti”. Ogni volta, questa impressione si è poi dimostrata una impressione sbagliata, nel 2022. Come andrà nel 2023?.

In ogni caso, questa storia del tutto inventata (immagine sopra) è stata riproposta e riproposta e riproposta: per banche di investimento e financial advisors, oggi non c’è altra scelta. Si tratta di sopravvivenza, e per questa ragione agiscono come disperati. E sostengono l’insostenibile, fino al punto di negare l’evidenza che sta appunto nel grafico.

La pressione che ne risulta, però, sulla massa degli investitori è molto grande, ed è quotidiana: nel brevissimo termine, tutto questo sforzo che cosa ha prodotto?

Nei primi giorni del febbraio 2023, gli indici delle Borse americane si trovano ai livelli dell’agosto 2022, mentre gli indici di Borsa in Europa hanno recuperato in misura maggiore rispetto ai minimi 2022.

Nella settimana appena conclusa, abbiamo toccato “il picco del delirio” per ciò che riguarda i commenti dei media e le frasi dei financial advisors.

A molti di questi deliranti, sfugge il fatto che si è chiusa la settimana con l’indice S&P 500 a 4135 punti (rialzo settimanale del 1,6%) e con il rendimento del Treasury USA al 3,515% (il mercato obbligazionario più grande al Mondo).

Il dato per gli occupati di venerdì 3 febbraio ha poi rimesso tutti loro posto. Perché oggi in tanti possono andare in giro raccontando che siamo “nel migliore dei Mondi possibili ”? Lo avete visto con il dato per l’occupazione: perché … non è ancora stato fatto nulla, la politica “restrittiva” oggi NON esiste, e si “tira avanti come prima” ovvero con i medesimi problemi di prima. La politica quindi resta sempre la medesima: prendere tempo, spostare ancora un po’ più in là il problema, parlare moltissimo … e pregare 8a microfoni spenti).

Ma torniamo ai mercati finanziari, segnalando una curiosità su cui vale la pena di riflettere: gli indici di Borsa americani, oggi, sono già più in alto di quanto indicato, dalle stesse banche globali di investimento a dicembre 2022, come media dell’obbiettivo (target) per il prossimo mese di dicembre 2023. Lo vedete sotto nel grafico

Come commentiamo noi di Recce’d il recente comportamento degli indici di mercato? Come scritto poco sopra, dobbiamo passare ad occuparci di argomenti grotteschi, ovvero tragi-comici.

Ma è necessaria ancora una premessa: ci pare necessario ricordare, ancora una volta, che momenti di eccezionale volatilità in una fase di crisi prolungata dei mercati non sono nulla di imprevisto, nulla di sorprendente. Da sempre, le cose vanno in questo modo, nelle fasi di crisi profonda, come vi documentiamo con due grafici che seguono.

Ed eccoci arrivati al momento tragi-comico del nostro Post.

Ripartiamo dal mese di ottobre dello scorso anno: fine ottobre, il quotidiano Financial Times pubblicava questo grafico.

Al grafico qui sopra, il Financial Times affiancava poi un commento, che riportiamo qui sotto (in parte).

Nei mesi successivi (novembre, dicembre e gennaio) abbiamo tutti assistito ad un recupero dei prezzi degli asset finanziari, che poi nel mese di gennaio si è trasformato in una vera e propria Rivolta dei Ciompi.

Secondo quello che scriveva ieri Bloomberg, i cosiddetti investitori “retail”, ovvero al dettaglio, ovvero piccoli, in gennaio sono ritornati a contare per il 25% del totale dei movimenti.

Ed ovviamente, il loro ritorno in massa è coinciso con il ritorno delle “vecchie abitudini”: in particolare, con la corsa a comperare “la spazzatura”. Titoli senza valore, emessi da soggetti, Aziende e Paesi, gravemente indebitati (Italia), insomma il “trash più trash”.

Conoscete la storia. tutti la abbiamo già vissuta 24 mesi fa.

Non approfondiremo oggi questo argomento: noi di Recce’d lo facemmo, e a più riprese nel 2021. E già allora fummo costretti a farlo dall’attualità, ma già allora fu chiaro, da subito e a tutti, che il tema è del tutto privo di importanza, per chi come noi si occupa della gestione di un portafoglio titoli e non di una attività “dentro-e-fuori” che, come provano i dati, costituisce solo una perdita di tempo e denaro.

Non approfondiremo, pertanto, questo argomento di attualità: ma lo utilizzeremo, comunque, come spunto.

Lo spunto che vogliamo cogliere è il seguente: i movimenti di mercato di inizio 2023 hanno prodotto, a nostro favore, una serie importante di conferme: conferme che riguardano la strategia di investimento che abbiamo messo in atto sui nostri portafogli modello, e che ogni mattina rettifichiamo ed aggiorniamo anche attraverso The Morning Brief.

Fatti come quelli dei primi giorni di mercato del 2023 sono la conferma che:

  1. siamo entrati in una Nuova Era dei mercati finanziari

  2. il passaggio alla Nuova Era è stato imposto dagli enormi squilibri creati negli anni 2020 e 2021

  3. il progressivo aggiustamento dei mercati alla realtà durerà per anni

  4. l’aggiustamento fino ad oggi messo in pratica dalle Banche Centrali è modestissimo, quasi irrilevante: e i Governi hanno fatto nulla per sistemare la loro posizione fiscale

  5. la volatilità sui mercati finanziari che accompagnerà questo processo resterà elevata

  6. il portafoglio con cui è possibile produrre rendimenti positivi senza correre rischi eccessivi deve sempre, in ogni momento, essere pronto ad affrontare eventi estremi sui mercati finanziari; come quello del 1987 che ci viene ricordato dall’immagine

  7. non ci sono dubbi: ci saranno momenti di estrema tensione sui mercati, inattesi, e con modalità del tutto nuove, mai viste prima

  8. quei momenti saranno però anche rilevanti opportunità di guadagno

  9. ma soltanto a quegli investitori che, di fronte a questi episodi, sapranno restare lucidi

  10. a quegli investitori che dispongono di un quadro prospettivo solidamente fondato sulla realtà dei fatti e sulla storia dei mercati finanziari

Il confronto con il passato dei mercati finanziari è utile: il passato non si ripete mai in modo esatto (e noi, infatti, NON ci aspettiamo di vedere una ripetizione in fotocopia, perché i tempi risulteranno più stretti questa volta). Ma senza alcun dubbio la psicologia e l’emotività degli investitori, in alcune particolari situazioni dei mercati, porta gli stessi investitori a reagire in modo simile.

Approfondiremo ulteriormente questa analisi, ma non in questa sede: lo faremo invece ogni giorno, la settimana prossima, nel nostro The Morning Brief che viene spedito alle ore 7 ogni mattina.

Questo Post lo chiudiamo presentandovi una analisi che non è stata scritta da noi ma da Rabobank, e che opportunamente colloca il momento dei mercati in un contesto molto più ampio, che coinvolge anche la politica, intesa come manipolazione delle masse e creazione di “realtà che non esistono nella realtà”.

Il brano che vi proponiamo in lettura si chiude affermando che questo mercato, il mercato del 2022, del 2023 e degli anni successivi, non è un mercato per principianti e non è un mercato per ragazzini che credono di giocare a Disneyland.

Questo non è il mercato di “Topolino l’Investitore”: è invece un mercato molto difficile, molto complesso, molto fragile e ricchissimo di insisdie. Allo stesso momento, è un mercato che offre opportunità come mai ci sono state prima, in tutta la sua storia.

Falchi e lupi

"Ora siamo un impero e quando agiamo creiamo la nostra realtà. E mentre voi studiate quella realtà - con giudizio, come vorrete - noi agiremo di nuovo, creando altre nuove realtà, che potrete studiare anche voi, e così le cose si sistemeranno. Noi siamo gli attori della storia... e a voi, a tutti voi, non resterà che studiare quello che facciamo".

- Karl Rove

All'epoca, i presenti erano inorriditi dalla pura arroganza di Karl "L'Architetto" Rove durante la presidenza "imperiale" di George W. Bush. La citazione di cui sopra sembrava così sconveniente, anche se all'epoca non c'era davvero nessuna potenza globale in grado di fermare ciò che gli Stati Uniti stavano facendo.

Ironia della sorte, le politiche di Rove sono state una pietra miliare per il mondo del 2023, che ora sfida il potere degli Stati Uniti a destra e a manca. In effetti, la geopolitica è attualmente piena di "nuove realtà" create da "attori della storia" che gli altri studiano impotenti - compresa la Casa Bianca. Se pensate che solo gli Stati Uniti offrano un dialogo meliano agli altri, allora leggete davvero poco o solo da fonti selezionate.

Su questo, l'architettura di Rove ha ironicamente costruito anche la torreggiante sfida al potere neoconservatore e neoliberale, e persino al centro, da parte della nuova sinistra e della nuova destra. Purtroppo, la "comunità basata sulla realtà" non ha vinto: piuttosto, sia la sinistra che la destra hanno creato i propri imperi della realtà, avvolti nelle camere dell'eco dei social e dei media mainstream, e circondati da mine politicamente corrette e scorrette. In effetti, se ci pensate, il radical-conservatore Rove era per molti versi "Woke" prima ancora che esistesse - si vedano queste citazioni:

"Tutti i politici operano all'interno di un nimbo orwelliano in cui le parole non significano ciò che normalmente significano, ma il rovismo postula che non esiste una realtà oggettiva e verificabile. La realtà è ciò che voi dite che sia".

"Potresti finire con una matematica diversa, ma hai diritto alla tua matematica. Io ho diritto alla matematica".

Torniamo ai mercati, che ora sono “rovistati” anche sotto molti aspetti.

(…)

In termini più ampi, i mercati pensano di essere "attori della storia" anche ora.

Spingendo i rendimenti obbligazionari a lungo termine verso il basso in concomitanza con i rialzi della Fed, stanno creando la loro stessa realtà, perché più i rendimenti obbligazionari a lungo termine si abbassano, più la maggior parte degli asset lievita, nonostante i danni derivanti dai rialzi dei tassi (o alcuni direbbero a causa di essi). La Fed sarà anche un falco, ma il mercato è un lupo.

Probabilmente, stanno cercando di dimostrare che la Fed non ha alcun potere reale di agire, se non in modo distruttivo che provocherà un enorme contraccolpo contro di essa. È come se i mercati dicessero:

"Ora siamo un impero e quando agiamo creiamo la nostra realtà. E mentre voi studiate quella realtà - con giudizio, come volete - noi agiremo di nuovo, creando altre nuove realtà, che potrete studiare anche voi, e così le cose si sistemeranno. Noi siamo gli attori della storia... e a voi, a tutti voi, non resterà che studiare quello che facciamo".

Tuttavia, il soprannome che George W. Bush diede a Rove, Turd-Blossom (il fiore che germoglia dallo sterco animale), sembra appropriato come risposta.

Dopo tutto, resta da vedere cosa farà la Fed oggi, a marzo e nel 2023. Chi ha davvero la madre di tutte le bombe? I mercati o la Fed? Se è ancora la Fed, verrà sganciata oggi o sarà solo presa come un avvertimento?

Naturalmente, mentre aspettiamo di scoprirlo, pochi prestano attenzione all'architetto di un tipo di pensiero molto diverso, Taleb, che avverte che "Disneyland è finita" per gli investitori con il prosciugarsi dei flussi di cassa.

"Disneyland è finita, i bambini tornano a scuola", ha detto l'autore de "Il cigno nero". "Non sarà tutto così tranquillo come negli ultimi 15 anni".

Probabilmente questo è dovuto al fatto che alcune delle persone che occupano le posizioni di Topolino non scommettono sulla loro pelle: tutto ciò che devono fare è soddisfare i benchmark del settore, e se questi benchmark sono negativi allora tanto meglio.

Tuttavia, se non siete in questo campo e pensate di essere più intelligenti di Taleb, non lo siete.

Prendendo spunto da una vecchia battuta dello scozzese Rab C. Nesbitt - che sembra il ritratto in grigio doriano di Karl Rove del 2023 - Disneyland non è ancora finita per i mercati solo perché

“dis' nae listen, dis nae' learn, an' dis' nae know what's gonna hit 'em!".

Valter Buffo
Immacolata disinflazione: il miracolo 2023
 

Ogni anno, per i mercati finanziari, ha il suo “miracolo dell’anno”:

  • nel 2021, il miracolo era il “boom economico”

  • nel 2022, il miracolo era la “inflazione transitoria”

Chi nel passato si è affidato alla “fede nei miracoli” per gestire il proprio patrimonio in titoli … ne ha perso una bella fetta.

Ed oggi nel gennaio 2023 si ritrova in una situazione nella qual rischia di perderne un’altra bella fetta.

Perché anche nel 2023 l’industria che vende i famigerati “prodotti finanziari” (polizze e Fondi) ha già individuato il “nuovo miracolo 2023”, e gli ha già messo l’etichetta: “immacolata disinflazione”.

Vediamo come è definito. La definizione di “immacolata disinflazione” la si deve ad un economista di Harvard. Come documentiamo nell’immagine qui sopra, il concetto circolava già nel mese di aprile 2022.

Il termine disinflazione immacolata è stato coniato dal professore di economia di Harvard Gabriel Chodorow-Reich.

E nel mese di aprile dello scorso anno (sempre nel 2022) Morgan Stanley ne scrisse nel modo seguente.

"In questo caso, i consumi si spostano nuovamente verso i servizi e non verso i beni, mentre lo stimolo politico aggressivo che ha generato l'impennata iniziale dell'inflazione nel 2020 viene ritirato senza problemi. Con i pagamenti dei trasferimenti e la COVID-19 nel passato, la stretta del mercato del lavoro si rivelerà temporanea con il rientro dei lavoratori nella forza lavoro. Con il venir meno del sostegno fiscale, la politica monetaria dovrebbe essere inasprita solo moderatamente, tornando semplicemente al suo tasso "neutro". La crescita economica rimane resistente di fronte a questi venti contrari, poiché i consumatori attingono ai risparmi in eccesso accumulati. Nel caso degli Stati Uniti, ciò significherebbe che l'inflazione tornerebbe rapidamente al 2% e il tasso dei Fed funds non dovrebbe raggiungere un picco molto superiore al 2%, portando il tasso di policy reale a zero. Il decennio successivo alla Seconda Guerra Mondiale sembra essere il periodo storico più paragonabile a questo: l'inflazione ha subito un'impennata dopo la fine della guerra, mentre la domanda repressa si scontrò allora con l'incapacità di soddisfarla a causa della ristrutturazione dell'industria per soddisfare le esigenze militari.

Sebbene i tassi di policy in quel periodo siano aumentati in misura modesta, sembra che la maggior parte della disinflazione si sia verificata naturalmente nell'arco di due anni, analogamente a quanto avverrebbe oggi nello scenario "immacolato" in cui l'inflazione torna all'obiettivo in questo nel 2023.

Il ritorno a un ambiente "Goldilocks" in questo scenario porterebbe a una stabilizzazione dei rendimenti obbligazionari e a un lieve ridiscesa della curva dei rendimenti. Le valutazioni azionarie non sarebbero minacciate dal rischio di rallentamento della crescita e potrebbero rimanere elevate, forse anche annullando parte del recente declassamento.

In generale, questo sarebbe il contesto più simile a quello che regnava sui mercati prima del 2020. Le condizioni per le azioni e i portafogli multiasset tradizionali sarebbero probabilmente estremamente positive, a maggior ragione per i titoli growth. Prevediamo che l'S&P 500 salga entro la fine dell'anno, con una ripresa dei titoli globali. Anche le obbligazioni globali (Bloomberg Global Agg) potrebbero salire.

Come sempre, le date sono importanti: in questo caso importantissime.

Morgan Stanley ne scriveva nel mese di aprile del 2022, ma nei mesi successivi le cose poi NON sono andate esattamente in quel modo, quello che qui Morgan Stanley ipotizzava.

Ma l’idea non è stata abbandonata, ed è subito stata riciclata, proprio nel gennaio 2023, come vedete qui sotto nell’immagine. Nel 2022, NON ha funzionato. Nel 2023, invece … come andrà a finire? Potrebbe funzionare?

Come in ogni altro caso, anche in questo caso tutti i media si “abbeverano” alle parole delle grandi banche internazionali, e subito “propagano il messaggio”. Leggiamo ad esempio che cosa ne ha scritto, la settimana scorsa, il quotidiano inglese The Times.

Disinflazione immacolata, atterraggio morbido, economia di Goldilocks (Riccioli d'Oro): chiamatela come volete, ma il 2023 è iniziato con un'inaspettata iniezione di ottimismo sullo stato dell'economia globale. Gli economisti e i dirigenti d'azienda si sono mostrati sempre più ottimisti riguardo alle possibilità delle banche centrali di progettare un'inflazione più lenta senza far crollare le loro economie.

L'ottimismo ha abbondato al World Economic Forum, dove i dirigenti d'azienda hanno fatto la fila per raccontare ai delegati come fossero in grado di resistere a un rallentamento della crescita globale quest'anno. Si potrebbe essere perdonati per aver ignorato la bonomia dei titani del settore privato - che, dopo tutto, sono tornati sulle Alpi svizzere per la prima volta in tre anni a godersi la compagnia degli altri - ma mentre il forum era in pieno svolgimento, autorevoli previsori (la maggior parte dei quali non è invitata a Davos) erano impegnati a rivedere le loro aspettative per il 2023 con proiezioni più ottimistiche.

Morgan Stanley e Goldman Sachs hanno aggiornato le loro previsioni di crescita per l'Europa, e quest'ultima prevede che il blocco della moneta unica eviterà la recessione. Secondo JP Morgan e Credit Suisse, anche la Gran Bretagna, che quest'anno sarà l'economia ricca con la peggiore performance, non subirà una recessione così profonda come previsto. I trader valutari di Deutsche Bank e ING hanno puntato sulla sterlina e sull'euro. Il Fondo Monetario Internazionale rafforzerà questo timido ottimismo aggiornando le sue previsioni di crescita globale la prossima settimana. La Banca d'Inghilterra, che a novembre aveva previsto una recessione di quattro trimestri, è pronta a fare lo stesso per il Regno Unito all'inizio di febbraio.

Che cosa sta determinando questo cambiamento di prospettive, che l'anno scorso erano caratterizzate da un'incertezza schiacciante per quanto riguarda l'inflazione in fuga, la scarsità di cibo a livello globale, la chiusura dell'energia e le crisi del debito dei mercati emergenti?

Da un lato, c'è il comprensibile sollievo che il peggio sia ormai alle spalle. I tassi d'inflazione in tutto il mondo sviluppato hanno raggiunto il picco, il mercato orso di azioni e obbligazioni si sta esaurendo e l'era senza precedenti della stretta monetaria coordinata non si ripeterà quest'anno.

Hanno contribuito anche fattori più rudimentali. I dati economici "concreti" sono stati una gradita sorpresa. La Gran Bretagna ha registrato una crescita a novembre, riducendo le possibilità di una recessione tecnica l'anno scorso. L'inflazione a due cifre dell'eurozona si è attenuata il mese scorso e la produzione industriale di grandi economie come la Germania e la Francia si è ripresa. I mercati del lavoro continuano a confondere le previsioni con tassi di disoccupazione impressionanti e creazione mensile di posti di lavoro. Stephen Miran, ex funzionario del Tesoro statunitense, indica in fattori idiosincratici come l'assenza di licenziamenti di massa nel settore edile la ragione della "recessione mancata" americana.

I dati concreti sfidano il pessimismo dei sondaggi condotti tra le famiglie e le imprese, suggerendo che questi ultimi stanno diventando misure inaffidabili dello stato dell'economia. La Deutsche Bank sottolinea il divario tra le famiglie britanniche, che sono pessimiste sullo stato dell'economia ma sono notevolmente fiduciose sulla sicurezza del lavoro.

I prezzi del gas naturale, che hanno contribuito a riscaldare l'inflazione a livello mondiale, si sono raffreddati.

I due grandi fattori globali che alimentano le speranze di un atterraggio morbido sono il calo dei prezzi energetici globali e la riapertura dell'economia cinese. I prezzi del gas naturale in Europa sono scesi dell'80% rispetto ai picchi raggiunti l'anno scorso e faranno scendere i tassi d'inflazione principali oltre le previsioni dei banchieri centrali nel 2023. A Davos, il vice premier di Pechino ha promesso di liberalizzare la seconda economia mondiale e di aprirsi al mondo.

A ostacolare questa tendenza rialzista ci sono le Cassandre delle banche centrali. Le banche centrali degli Stati Uniti e dell'Europa non accettano la narrativa "goldilocks" degli investitori di un'economia che quest'anno non può essere né troppo calda né troppo fredda. Avendo sottovalutato l'inflazione nel 2022, i banchieri centrali stanno raddoppiando la stretta per paura di perdere la presa sulla crescita dei prezzi per il secondo anno consecutivo. Se il 2023 finirà per essere un anno di disinflazione immacolata dipenderà in gran parte dalle azioni dei responsabili della politica monetaria, e non dal resto di noi.

Mehreen Khan è redattore di economia del Times.

Sarà vero? Le cose andranno proprio in questo modo? Potete farvi, ognuno, una vostra opinione sulla base di ciò che scrive The Times.

A Recce’d, qui, interessa approfondire un altro aspetto. Rispondere ad un’altra domanda: ha senso affermare che ciò che scrive The Times è “quello che pensano tutti”?

Non ha senso: chi ha una memoria anche soltanto discreta non farà grande fatica a ritornare indietro solo di 12 mesi, e ricordare quel clima: in quel momento, si andava in giro dicendo che “tutti pensano che l’inflazione diminuirà nel 2022”, ma evidentemente NON era così, evidentemente NON lo pensavano tutti neppure allora, e ce lo dicono i risultati dei portafogli titoli nel 2022. Molti hanno perso soldi nel 2022, ma NON tutti: qualcuno la vedeva in modo diverso.

Oggi, nel gennaio del 2023, la tentazione è forte di allinearsi anche questa volta a quello che dicono i media, ovvero che “Powell ha vinto la sua guerra all’inflazione, ed otterrà ciò che desidera”.

Come abbiamo già fatto un anno fa (ed anche due anni fa, ed anche tre anni fa) noi di Recce’d vi rendiamo un servizio (gratuito) mettendovi in guardia e fornendovi utili elementi per ragionare sulle prospettive 2023, e fare concrete valutazioni sulle vostre posizioni di portafoglio.

Vi dimostriamo subito che NON è vero che tutti la vedono allo stesso modo: molti, e qualificati, osservatori ed operatori NON condividono ciò che è scritto nell’articolo di The Times.

Ed eccovi un concreto esempio ed estremamente qualificato.

Le azioni statunitensi sono vulnerabili a un ulteriore calo fino al 25% a causa di una recessione statunitense più profonda del previsto.

I mercati euforici stanno ridimensionando le probabilità di una recessione.

La "disinflazione immacolata" è l'attuale corrente, in cui l'inflazione continua a rallentare e gli Stati Uniti sperimentano solo una lieve recessione, o la evitano del tutto.

Ma i mercati non sono economie. Sebbene esistano anelli di retroazione tra i due, il fatto che il mercato sia favorevole a un risultato più morbido non lo renderà necessariamente tale.

I dati lo dimostrano:

  • Una recessione quest'anno è altamente probabile.

  • Sarebbe più profonda del previsto.

  • Le azioni rischiano ancora di subire un ribasso abbastanza significativo, ma limitato da un ciclo di tagli della Fed potenzialmente molto forte.

Prevedere una recessione non è facile. Molti indicatori sono utili per valutare il rischio di recessione, ma possono essere incoerenti e dare falsi segnali. Tuttavia, combinando insieme gli indicatori e notando quando molti di essi prevedono una recessione nello stesso momento, si ottiene un segnale molto più forte. Oggi più indicatori segnalano una recessione (l'ultimo è il Leading Index del Conference Board pubblicato lunedì), dando un alto grado di fiducia che gli Stati Uniti vi entreranno quest'anno.

È probabile che si tratti di una recessione peggiore di quella attualmente prevista. La forte inversione della curva dei rendimenti è stata utilizzata per affermare che la recessione sarà grave. Tuttavia, non esiste una relazione particolarmente forte tra la curva dei rendimenti e la profondità della recessione. Ciò che ha una relazione più significativa è il calo da picco a picco della curva dei rendimenti 3m-10y. L'attuale calo della curva porterebbe il massimo ribasso del PIL reale al 5%, che è il calo medio delle recessioni degli ultimi 50 anni.

Si tratta comunque di un valore superiore alle aspettative degli economisti, che attualmente prevedono un calo del PIL dell'1,5% circa.

In effetti, gli economisti di solito sovrastimano il PIL nelle recessioni. Le barre blu più grandi sul lato sinistro del grafico sottostante mostrano che gli economisti ritengono più frequentemente che il PIL sarà più alto di quanto si riveli durante le recessioni, rispetto a quando non c'è una recessione.

I dati mostrano anche che le sovrastime degli economisti sono maggiori nelle recessioni.

Una recessione abbastanza profonda può essere dedotta anche dagli indicatori anticipatori ciclici.

Il grafico sottostante mostra il mio indicatore anticipatore per gli Stati Uniti, basato su dati anticipatori quali i dati ISM, i dati sulle abitazioni e gli spread creditizi. L'obiettivo è quello di fornire una previsione a 6 mesi sulla crescita degli Stati Uniti e mostra un forte calo nei prossimi mesi.

Attualmente le azioni valutano solo il 60% circa di possibilità di recessione, che continua a ridursi con la ripresa dei titoli.

Tuttavia, in caso di recessione, le azioni rischiano di subire un ulteriore ribasso piuttosto significativo. Esiste una buona relazione tra il picco di inversione della curva dei rendimenti (2s10s) prima di una recessione e il massimo ribasso dello S&P. L'attuale picco di inversione della curva indica un drawdown massimo per l'S&P di ~38%, che corrisponde a un ulteriore calo di ~25% rispetto al prezzo odierno (cioè fino a 3000).

Non è una bella cosa, ma come mostra il grafico qui sopra, la profondità dell'inversione della curva dei rendimenti ha tipicamente significato un drawdown azionario meno grave. Le maggiori inversioni della curva dei rendimenti hanno storicamente portato a un maggior numero di tagli da parte della Fed, attenuando il calo delle azioni. La profonda inversione della curva di oggi indica quindi che le azioni dovrebbero essere "ammortizzate" da cali ancora maggiori.

Lo skew dell'S&P put è in aumento, ma rimane ancora storicamente molto basso, il che significa che la protezione dal ribasso attraverso gli spread put, magari finanziata con la vendita di call o spread call, continua a sembrare un'interessante copertura dalla recessione.

Come per qualsiasi analisi dei dati, è necessario tenere conto delle cautele relative alla dimensione del campione (soprattutto quando si tratta di recessioni) e al record storico in-sample/out-of-sample. Ciononostante, è sempre preferibile fare inferenze basate sulla situazione attuale senza tenere conto del passato: la storia dovrebbe essere usata come un'ancora per le previsioni di oggi sul futuro.

E la storia dimostra che una disinflazione immacolata, come il suo parallelo biblico, è altamente improbabile.

In conclusione di questo Post, forniamo a chi fosse interessato, in modo molto sintetico, la nostra visione di questa faccenda della immacolata disinflazione.

  • Un breve inciso. I nostri Clienti leggono e quindi conoscono la nostra posizione nel dettaglio ogni mattina: quotidianamente, ogni mattina, noi ci confrontiamo con il Cliente anche su questi temi (che peraltro, oggi, noi giudichiamo NON essere i temi di maggiore rilevanza, per le scelte di gestione di portafoglio). Come già detto, in questa sede siamo costretti ad essere molto più stringati: se vi può essere utile un approfondimento, vi invitiamo a contattarci utilizzando le pagine che abbiamo predisposto sul sito.

Torniamo alla immacolata disinflazione.

Tra gli operatori dei mercati finanziari, come anche sui media e in TV, per anni è stata utilizzato il temine “Goldilocks”: che significa “Riccioli d’oro”. Si tratta del personaggio protagonista di una fiaba.

Ed è proprio una fiaba, una favola, quella che, per anni ed anni ed anni, è stata raccontata a tutti gli investitori finali (privati ed Istituzioni) dall’industria del risparmio, ovvero dalla cosiddetta “fabbrica-Rete”.

Ovvero in modo simultaneo sia dalla cosiddetta “sell-side” sia dalla cosiddetta “buy-side”, che poi vuole dire l’insieme delle Società che producono i Fondi Comuni di Investimento e delle Reti di promotori finanziari che vendono i Fondi Comuni insieme alle polizze ed agli UCITS.

Oggi, siamo andati OLTRE la fiaba. Oggi, nel gennaio 2023 siamo andati anche oltre Goldilocks. Per questa ragione noi di Recce’d giudichiamo “Immacolata disinflazione” la definizione più azzeccata per la situazione che abbiamo davanti agli occhi.

L’espressione a noi piace molto: ovviamente, l’espressione richiama l’immacolata concezione, che è centrale nella narrativa che sostiene ed alimenta la religione cristiana.

L’immacolata concezione è un atto di fede: è una storia priva di una spiegazione plausibile e proprio per questo è centrale. Il credente è chiamato ad un atto di fede.

Accade lo stesso oggi: agli investitori, a tutti gli investitori, si chiede di credere in un’inflazione che scende al 2% in soli cinque mesi, e questo grazie … ad una Mano Santa dall’alto. Credere che andrà così, anche in assenza di una plausibile spiegazione.

La “immacolata disinflazione” è un evento miracoloso che si manifesterà nel 2023 per la prima volta. per la prima volta nell’intera storia dell’umanità, noi investitori vedremo l’inflazione scendere al 2%:

  • senza che il costo del denaro salga al di sopra del tasso di inflazione

  • senza che si arrivi ad una profonda recessione

  • senza che si registri un forte aumento della disoccupazione

  • senza che si intervenga a rimettere ordine nella spesa pubblica degli Stati

  • senza frizioni sociali

Un miracolo: tutto ritorna a posto senza costi. proprio come (lo ricorderete certamente) nel 2020 ci veniva garantito (lo ricordate?) un boom economico con maggiore ricchezza per tutti e senza costi per nessuno (e senza inflazione, ovviamente). Quello veniva raccontato proprio così, come un miracolo economico fatto piovere dal cielo.

In Recce’d, giudichiamo “credere ai miracoli” un modo PESSIMO di gestire il portafoglio di investimenti sui mercati finanziari.

Come ci dimostra la storia (anche recentissima) dei mercati stessi.

Valter Buffo