Financial conditions: che cosa significa?
Ci auguriamo che molti, tra i nostri lettori, si siano resi conto che l’infame “bolla di tutte le cose” del biennio 2020 - 2021 non si è ancora sgonfiata, come ci dice anche l’immagine qui sopra.
Ci auguriamo che tutti i nostri lettori abbiano già compreso che i rialzi del costo ufficiale del denaro adottati fino ad oggi dalle Banche Centrali sono un fatto in prevalenza estetico, di comunicazione. Che incide poco sulla realtà delle economie e dei mercati finanziari.
Partendo da questo punto, noi nel Post offriremo (in modo sintetico) ai nostri lettori alcuni spunti di ragionamento, per ragionare su “che cosa viene dopo”.
Al centro di questi ragionamenti, inevitabilmente, troviamo il concetto di “financial conditions”, al quale è dedicato l’intero Post.
Come dato introduttivo, vi ricordiamo (lo avevamo già pubblicato qui nel Blog) che il livello corrente dei tassi ufficiali di interesse rimane, a tutto oggi, ESPANSIVO e non RESTRITTIVO. Nell’immagine, si riporta che in Europa il costo ufficiale del denaro dovrebbe essere superiore a quello corrente in misura del 7,5%.
Ci interessa, in questo Post, di mettere il dato che avete appena letto nel contesto delle cosiddette “condizioni finanziarie”, che nel grafico che segue sono rappresentate dalla linea spezzata di colore verde.
Ammettiamo subito di NON avere capito bene come vengono definite queste “condizioni finanziarie”: si tratta di un indice, questo è chiaro, ma questo stesso indice viene calcolato da fonti diverse (Bloomberg e Goldman Sachs le due più note) in modo diverso.
In sintesi, si tratta di un indice di che misura quello che tutti chiamiamo “denaro facile”: ma non si limita a misurare la liquidità nel sistema (i ben noti aggregati monetari M1, M2, M3) ma ci aggiunge anche altri indicatori di “easyness”, che in italiano si potrebbe tradurre con “impulso espansivo all’attività dell’economia reale che arriva dal mondo della finanza in generale”.
Ci avete capito poco? Anche noi, lo riconosciamo: l’intuizione sottostante è chiara, ma appena si entra nello specifico si fatica a comprendere. E allora, facciamoci aiutare da JP Morgan, lasciando il tutto nella lingua originale così da non modificare neppure un dettaglio.
There are generally four components to financial conditions analysis:
The US Dollar
Corporate bond spreads
Equity market levels
The level of interest rates at different maturities
Changes in each of these components in isolation influence the economy in different ways. In general, a stronger dollar acts to restrain growth via reduced demand for exports. Higher corporate bond spreads restrain lending growth and corporate investment. Lower equity prices suppress growth in consumer spending through the wealth effect, and finally, the overall level of interest rates is a key component of mortgage rates and corporate borrowing rates. It is through this lens of financial conditions, broadly defined, that we should view current Fed policy.
Sta di fatto che, sia nella versione di Goldman Sachs, sia nella versione che viene calcolata da Bloomberg, negli ultimi mesi si è registrato un netto miglioramento delle “condizioni finanziarie”. I mercati finanziari, nel loro insieme, sono passati da una situazione “restrittiva” ad una posizione “espansiva”.
Ripetiamo: noi NON abbiamo capito fino in fondo come misurare queste “condizione finanziarie”, ma sappiamo che sui mercati finanziari del Mondo intero se ne parla ogni giorno, e se ne parla a proposito di grafici come quello che segue,
Il tema delle “condizioni finanziarie” lo abbiamo ripreso in questo Post sia perché se ne parla moltissimo sui mercati finanziari, sia perché si collega a ciò che abbiamo scritto in apertura di Post. Tutti gli indici di “condizioni finanziarie” ci portano una conferma dell’efficacia molto modesta dei recenti rialzi dei tassi ufficiali di interesse: come avete visto nei grafici precedenti, se ci dovessimo basare solo su questa famiglia di indici, dovremmo dire che tutti i rialzi dei tassi ufficiali, fino ad oggi, sono stati INUTILI.
Le analisi che abbiamo condotto in casa nostra (Recce’d) ci portano alle medesime conclusioni.
La nostra analisi, però, si differenza in questo: Recce’d individua la causa principale di questo fallimento della manovra restrittiva delle Banche Centrali (ad oggi) a fattori che l’indice delle “condizioni finanziarie” (sia di Goldman Sachs, sia di Bloomberg) NON include.
L’argomento è tecnico, e quindi non è adatto al Post di un Blog: chi fosse interessato, ci può scrivere via e-mail.
Noi ci limitiamo, in questo Post, a dire che la mancanza di efficacia dei rialzi dei tassi ufficiali, rispetto ai passati episodi, è spiegata in gran parte dai due grafici (sopra e sotto) che ci raccontano le dimensioni del bilancio delle Banche Centrali oggi. Questo meriterebbe un approfondimento analitico, che noi qui non abbiamo spazio né tempo per fare, come detto.
Per contribuire ulteriormente alle valutazioni dei nostri lettori, chiudiamo questo Post con un articolo dedicato alle riunioni di Fed e BCE in febbraio, articolo che va proprio a toccare il tema delle “condizioni finanziarie” inquadrandolo nel più ampio tema della “politica monetaria”.
La scorsa settimana è stata una lezione di "insolito" per le banche centrali, ovvero di sviluppi meno comuni che meritano di essere analizzati con attenzione perché riguardano direttamente il futuro benessere dell'economia globale.
Mi riferisco a due notevoli contrasti: in primo luogo, le maggiori differenze nell'attuazione delle politiche tra le principali banche centrali. In secondo luogo, cosa ancora più importante, una notevole discrepanza tra gli ultimi segnali della Federal Reserve statunitense e le condizioni finanziarie attraverso le quali la politica monetaria produce i suoi risultati.
Nella conferenza stampa di mercoledì, che ha seguito l'annuncio di un aumento dei tassi di 25 punti base ampiamente previsto, il presidente della Fed Jay Powell ha fatto riferimento alla disinflazione per circa 11 volte. Al contrario, questa parola non è stata affatto menzionata nelle conferenze stampa di questa settimana di Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea, e di Andrew Bailey, governatore della Banca d'Inghilterra.
La narrativa della disinflazione contribuisce a spiegare perché i mercati, che prima della conferenza stampa avevano reagito molto poco alla pubblicazione della dichiarazione politica della Fed, sono poi decollati in modo generalizzato quando Powell ha risposto alle domande dei giornalisti.
Ma la differenza tra la Fed da un lato e la BCE e la BoE dall'altro non si limita alle parole. Assistiamo anche a una divergenza negli sviluppi e nelle prospettive politiche.
La scorsa settimana la Fed sembrava aver preso una piega decisa verso l'aspettativa di un atterraggio morbido, ovvero di un'inflazione in discesa verso l'obiettivo con pochi danni per la crescita economica. Le altre due banche centrali sembrano più preoccupate del persistere dell'inflazione e, quindi, di un atterraggio duro come una recessione o, peggio, una stagflazione.
Inutile dire che ci sono implicazioni per l'economia globale, data l'influenza sistemica di queste banche centrali.
Confrontate questa situazione con il precedente regime di politica monetaria, quando c'era un alto grado di correlazione, se non di cooperazione iniziale, tra le banche centrali. Dopo aver normalizzato il malfunzionamento dei mercati finanziari, le banche centrali hanno raddoppiato la politica monetaria non convenzionale per perseguire risultati macroeconomici più ampi (crescita e occupazione in particolare).
Un altro contrasto, potenzialmente più rilevante, è quello tra il modo in cui la Fed ha descritto le condizioni finanziarie e quello che ci dicono gli indici più seguiti.
Le condizioni finanziarie sono importanti per l'efficacia della politica monetaria. A titolo esemplificativo, si pensi al modo in cui il precedente regime di tassi d'interesse gonfiati e di consistenti iniezioni di liquidità ha represso la volatilità economica e finanziaria.
Questa volta, e secondo gli indici di lunga data, l'andamento delle condizioni finanziarie si è distaccato dalla politica monetaria. Oggi le condizioni finanziarie sono allentate come lo erano un anno fa, prima che la Fed iniziasse il suo ciclo di rialzo dei tassi di 4,50 punti percentuali; e questo allentamento ha subito un'accelerazione dalla riunione di dicembre della Fed. Tutto ciò è coerente con il sorprendente rapporto sui salari USA di venerdì scorso.
Questa disparità è stata oggetto di molte discussioni tra gli operatori di mercato. Eppure non è quello che vede la Fed, a giudicare dai commenti di Powell alla conferenza stampa di mercoledì scorso, dove ha ripetutamente fatto riferimento al fatto che le condizioni finanziarie si sono notevolmente inasprite negli ultimi dodici mesi.
È possibile che, come suggerito dalla vicepresidente Lael Brainard qualche settimana fa, la Fed sia guidata da una visione ridotta delle condizioni finanziarie. Ciò sarebbe simile al suo approccio all'inflazione, che ora presta molta attenzione ai prezzi di base dei servizi, esclusi gli alloggi.
Un modo per capirlo sarebbe quello di sapere come la Fed ha reagito internamente all'impetuosa azione dei prezzi di mercato di mercoledì e al forte rapporto sui posti di lavoro di venerdì. Sfortunatamente, tali informazioni sono molto elusive, a meno che alcuni funzionari chiave della Fed non intervengano nei prossimi giorni, o lo stesso Powell, per "correggere" la comprensione dei mercati di ciò che hanno sentito e visto.
Più a lungo questo "paradosso delle condizioni finanziarie" rimarrà irrisolto, maggiore sarà il rischio di un altro errore politico.
Per molti anni, le principali banche centrali sono state celebrate per essere efficaci repressori della volatilità economica e finanziaria. Ora siamo in un mondo diverso. Le banche centrali devono fare attenzione ad evitare che la loro comunicazione sia un'indebita fonte di volatilità.
Ciò è ancora più importante in un'economia globale che naviga tra le incertezze associate ai cambiamenti della globalizzazione, alla transizione energetica, al ricablaggio delle catene di approvvigionamento e, nel caso degli Stati Uniti e del Regno Unito, alle eccezionali condizioni del mercato del lavoro.