Lo strano caso Kolanovic: finirà anche lui in Arabia?
 

Da oltre vent’anni, sui mercati finanziari internazionali, si è affermato uno stato delle cose che proprio nel 2022 è stato messo in crisi. La crisi a cui facciamo riferimento si è aperta nel 2022 e durerà per molti anni: ce ne occuperemo, qui nel Blog, in una serie di prossimi Post.

Questo Post è dedicato però al passato: perché il passato … è ancora presente tra di noi.

Come si ricordava poco sopra, da oltre due decenni i mercati finanziari internazionali sono entrati in un nuovo regime: si è stabilito il dominio della “catena fabbrica - Rete”, che a sua volta è non solo sostenuta, ma pure indirizzata, guidata, ispirata dalla cosiddetta sell-side. Tutto questo, con la benedizione delle Banche Centrali.

Il dominio appena descritto ha uno scopo: che è quello di manovrare la massa degli investitori e quindi fare comperare alla massa degli investitori quello che vogliono le Banche Centrali e le banche internazionali di investimento, come JP Morgan, Goldman Sachs, BNP Paribas, UBS, Credit Suisse, eccetera eccetera..

Questo scopo si ottiene manipolando la realtà, e presentando a chi investe qualche cosa che non esiste come se si trattasse di un futuro ormai certo.

Recce’d ha documentato tutto questo, per anni, facendo numerosi esempi concreti. E con pieno successo.

Le cose, come detto, si sono fatte ben più difficili fin dalla metà degli Anni 2010, e sono entrate in crisi con il 2020: neppure una gigantesca iniziativa, uno sforzo mai visto prima come quello messo in campo tra il 2020 ed il 2021 ha cambiato la direzione di questa storia, direzione che NON va a favore delle banche globali di investimento e delle Banche Centrali.

Oggi, vi faremo un ulteriore e concreto, esempio: con un sorriso, mettiamo alla vostra attenzione la vicenda personale di quello che era, fino al 2021, un vero e proprio Campione, una star da alcuni osannato come si osannano i divi dello sport e dei media.

Oggi, non lo è più, un Campione: e come tutti sapete, quelli che cadono da molto alto sono poi quelli di cui è più evidente la caduta. Come il calciatore Cristiano Ronaldo, ora rischi di finire la carriera in Arabia..

E’ persino superfluo chiarire che in Recce’d con la persona in questione non abbiamo proprio nulla: è soltanto a causa della sua stessa fama che la persona in questione diventa un utile oggetto di analisi. Utile per spiegare, a chi ci legge, come funziona il mercato finanziario internazionale.

Marko Kolanovic è stato, per alcuni anni, il numero uno: era il numero uno degli strategisti, lavorava (lavora tutt’ora) per la Banca numero uno (JP Morgan), ed era (decisamente) il numero uno degli “ottimisti”. nel 2021, in particolare, la grande parte degli analisti era “bullish”, ed in quel periodo Marko era il numero uno anche dei “bullish.

Come leggete qui sopra, spiega al Mondo che il 2022 sarebbe stato “l’anno di una piena ripresa globale”.

Non è andata così.

Noi investitori, a volte, veniamo travolti dal bombardamento di notizie e commenti: a noi, investitori, a volte (ed è un errore) sembra che “tutti la pensano così”.

Questo perché i media danno il massimo spazio a JP Morgan, ed a Marko Kolanovic, e zero spazio a chi ha una visione diversa, più critica, alternativa.

Poi arriva, sempre e per sempre, la realtà: che ci dice se Marko aveva ragione, oppure no.

Nel caso specifico, come già detto, si sbagliava, e di molto. Ha fatto un grave errore di previsione.

A noi investitori (data la pervasiva presenza sui media) che cosa interessa, di questo errore che noi stiamo commentando qui? A noi investitori, importa di capire se si tratta di un errore, involontario, oppure di un errore dovuto a scarsa capacità ed attenzione, oppure se si tratta di un errore “interessato”.

In altre parole: Marko sosteneva la tesi del “boom globale2 nel 2021 perché non ha compreso bene i meccanismo dell’economia, oppure perché la Banca per cui lavora aveva interessa a spingere su quella tesi? Su quella elaborazione della fantasia?

Noi investitori abbiamo motivo di porci questa domanda: anche perché ancora nel mese di maggio dello scorso anno, con una ampia serie di evidenze e dati a sua disposizione, Marko rimaneva fermo ancora sulla sua posizione del 2021: come leggete sopra lui a quel punto NON parla più del boom delle economie, ma sostiene che il mercato comunque, in ogni caso, salirà entro la fine dell’anno.

Questo medesimo modo di vedere nel prossimo futuro Marko lo ripeteva poi ad agosto: solo cinque mesi fa.

Tutti fanno errori, in particolare in questo mestiere: ed in particolare chi si esibisce in previsioni.

In questo caso, però risulta difficilissimo comprendere come Marko arrivava, cinque mesi fa, a conclusioni così tanto “ottimistiche”. Il sospetto di “qualcosa di poco trasparente” è, come minimo, giustificato.

Il sospetto diventa ancora più forte seguendo le più recenti prese di posizione del nostro amico Marko.

Perché Marko, che vedete nella foto sopra, nelle ultime settimane è diventato “pessimista”: il numero uno degli “ottimisti” adesso si propone in pubblico come il numero uno dei “pessimisti”, e questo sfruttando la rete di relazioni della Banca numero uno al Mondo.

Il che, almeno a noi, NON piace: non si vede un filo logico, non si vede un metodo che porta a queste prese di posizione. Non si vede il senso. Super ottimista a 4800 e poi pochi mesi dopo super pessimista a 4000?

Diciamolo: se non è una presa in giro, è quanto meno un modo spericolato di gestire la comunicazione. A noi, in Recce’d, non sembra molto rispettoso dell’intelligenza dei Clienti di JP Morgan che lo seguono.

Chiariamo (se ce ne fosse bisogno) che Recce’d non ha mai utilizzato neppure mezza parola di quelle scritte da Marko per decidere sulle posizioni dei propri portafogli investititi: non è sicuramente in questo modo che Recce’d gestisce i propri portafogli modello.

Seguiamo, però, Marko: perché dispone di una audience molto ampia, ed influenza (solo nel breve periodo) la massa degli investitori.

I nostri lettori faranno bene, quindi, a riflettere non tanto su quello che Marko dice, bensì su come lo dice, e quando lo dice, ed a chi si rivolge.

Per questa ragione, nel seguito vi riproponiamo una sintesi della più recente “visione” di Marko Kolanovic: come leggete qui, Marko NON crede al soft landing e non crede alla immacolata disinflazione.

Rifletteteci, quando qualcuno vi dice “oggi tutti la vedono in un certo modo”: ricordatevi che sembrava fosse così già 12 mesi fa e poi, invece … cosa ci è successo?

The economy is headed for a downturn at a time stocks are rallying, setting the stage for a selloff, according to JPMorgan Chase & Co.’s Marko Kolanovic.

“Fundamentals are deteriorating, and the market has been moving up. So that has to clash at some point,” the bank’s chief global markets strategist and co-head of global research said in a TV interview with CNBC. He expects a recession in the US and Europe, as interest rates rise and consumers become less resilient.

The S&P 500 is headed for the best January since 2019 after a new year rally was driven by expectations that the Federal Reserve will moderate its interest rate hikes. Still, global stocks have outperformed the US market as investors flock to cheaper corners and seek exposure to China’s reopening.

Wall Street’s Top Stars Got Blindsided by 2022 Market Collapse

One of Wall Street’s biggest optimists through most of the market selloff last year, Kolanovic has since reversed his view, cutting his equity allocation in mid-December due to a soft economic outlook this year.

The bank last week reduced its recommended equity allocation on concerns of a recession and central bank overtightening. Kolanovic sees markets sliding in coming months on weak economic data and falling earnings expectations. He joins a chorus of cautious strategists warning against chasing the rally.

Credit Suisse Group AG’s global chief investment officer said it’s too early to increase risks in portfolios and move away from cautious positioning. Morgan Stanley’s Michael Wilson also expects a challenging 2023 as the US economy suffers through an earnings recession before stocks rally in 2024.

Economic surveys are trending lower and won’t turn back up unless the Fed cuts, Kolanovic told CNBC. Eventually, “something will have to give and Fed will need to flinch” as current interest rates are too high to be sustainable for the economy and financial markets in the long term.

The economy will get much worse, causing the Federal Reserve to react, which will eventually support stocks, he said. “We still are hoping that there will be some kind of backstop.”

Despite the downbeat assessment, JPMorgan strategists expect the S&P 500 to end the year at 4,200 points, up about 4.6% from Tuesday’s close.

Valter Buffo
E' già ritornato il QE. E quindi? Che cosa cambia per i nostri portafogli?
 

I dati ci dicono che il QE non se ne è mai andato: è ancora qui con noi.

E allora, ci chiediamo (e vi suggeriamo di indagare) per quale ragione tutti, e in tutto il Mondo, in queste settimane passano il 90% del loro tempo a discutere di inflazione, recessione, occupazione? Per raggiungere quale obbiettivo? L’obbiettivo, sicuramente, non è quello di aiutare noi investitori a fare le scelte vincenti: questo per la ragione che le scelte di investimento vincenti, quelle che ci portano i guadagni nel portafoglio, sono sempre, e da sempre, quelle che ricaviamo osservando con attenzione la realtà.

Oggi, la realtà intorno a noi ci dice che, nonostante un numero eccezionale di rialzi dei tassi ufficiali di interesse nel 2022, questo NON è il fattore più importante.

Il panorama dei mercati finanziari a tutto oggi resta dominato da altri fattori: e tra questi spicca un fattore (almeno fino ad oggi) che molti ci avevano detto essere scomparso, archiviato, chiuso nel passato. Questo fattore si chiama “QE” e ci aiuterà, come leggerete, a spiegare molte e molte cose dei mercati finanziari della parte finale del 2022 e delle prime settimane del 2023.

Quella che vedete qui sopra, nel grafico, è la storia di noi investitori, di tutti noi investitori, negli ultimi 20 anni. Si vede facilmente il Grande Esperimento, il radicale cambiamento delle politiche monetarie intervenuto a causa della Grande Crisi Finanziaria 2007 - 2009. Quel Grande Esperimento ha cambiato, profondamente, le regole e le modalità di funzionamento sui mercati finanziari: tutto è stato stravolto.

E questo dato di fatto, alla luce dei dati del grafico, è normalissimo, visto che in quei dati ci viene raccontato uno sforzo, che non ha eguali nell’intera storia economica di questo Pianeta. Mai visto prima.

Nel 2022 sono arrivati però molti segnali, e forti, di un indebolimento: senza ombra di dubbio, quello scenario si è incrinato. Allo stesso tempo, oggi sarebbe del tutto sbagliato assumere, per le proprie scelte di gestione del portafoglio, che quella fase si è chiusa, è stata archiviata e consegnata al passato. Non è ancora chiusa. Ci sono interessi, fortissimi, che spingono a favore del mantenimento di quella enorme distorsione del funzionamento dei mercati finanziari: anche a fronte dei gravi danni che proprio quella politica ha provocato, e che sono diventati impossibili da negare nel 2022.

Per una parte del mercato, delle Aziende che ci operano, e degli investitori, i danni che si sono manifestati chiaramente nel 2022 non contano: questo perché, per una parte del mercato, per tutte le grandi Aziende del settore (banche e Reti), e per quella parte degli investitori (quelli che hanno seguito le indicazioni di banche e Reti) i danni sono ancora la scelta meno dolorosa, visto che sull’altro piatto della bilancia c’è la loro stessa sopravvivenza.

Come tutti sapete, il QE ha mantenuto in vita chi oggi, senza QE, sarebbe fuori da tutti i giochi. Il QE ha mantenuto in vita gli zombies.

Veniamo ad oggi, all’attualità dei mercati.

Distratti dal quotidiano bombardamento di media e Reti sul tema dell’inflazione e dei tassi ufficiali di interesse (che avrà un peso modesto sulle performances nel 2023) la massa degli investitori ha trascurato nelle prime settimane del 2023 la vicenda di maggior rilevanza.

Vicenda che invece, su base quotidiana, Recce’d ha analizzato per i propri Clienti nel The Morning Brief.

C’è chi sostiene, con competenza ed esperienza, che potrebbe derivare, dall’esito di questa specifica vicenda, uno “shock finanziario globale”: è dunque utile approfondire, capire, e poi eventualmente decidere quali mosse effettuare sul proprio portafoglio.

Mercoledì scorso, 18 gennaio 2023, la Banca del Giappone dopo avere chiuso la propria riunione, ha annunciato la decisone di proseguire nella propria politica di “controllo dei rendimenti dei Titoli di Stato”, chiamata YCC, politica che consiste nel comperare sul mercato Titoli di Stato, allo scopo di fare diminuire il rendimento a scadenza degli stessi Titoli. la decisione ha sorpreso i mercati, che avevano previsto che la BoJ avrebbe abbandonato quella politica.

Leggiamo un autorevole commento a caldo di John Normand, che abbiamo scelto e poi tradotto per i nostri lettori.

* Perché la decisione odierna della #BankofJapan sul controllo della #curva dei rendimenti non ha spostato il cambio #USDJPY *

Quella di oggi è la penultima riunione di #Kuroda-san come governatore della Banca del Giappone e, per ora, sembra deciso a deludere coloro che si aspettavano una conclusione ad alta volatilità di una delle carriere più controverse del settore bancario centrale a livello globale. In qualità di architetto, attuatore e portavoce di quello che alcuni definiscono il più grottesco esperimento #monetario della storia, le sue politiche meritano di essere giudicate in base alle conseguenze a lungo termine che seguiranno la sua uscita di scena, piuttosto che in base a ciò che è accaduto all'economia giapponese (uscita dalla deflazione) nell'ultimo decennio. Credo che gli storici dell'economia saranno poco caritatevoli nei suoi confronti, proprio come hanno imparato a riscrivere la storia del presidente della Fed #Greenspan, che una volta era stato prematuramente soprannominato il Maestro della politica monetaria.

Ma torniamo a oggi... USD/JPY ha subito un'impennata dopo la decisione della BoJ di mantenere l'obiettivo di rendimento a 10 anni e di estendere le operazioni di prestito. Da allora la coppia si è abbassata e sospetto che domani tornerà ai livelli precedenti alla riunione. Il motivo è che la maggior parte degli investitori riconosce che la politica della BoJ è forse la più disallineata del pianeta (dopo forse quella della Turchia), relativamente alla posizione dell'economia sottostante.

Il grafico allegato, che traccia una proxy dei tassi di policy della BoJ rispetto all'inflazione core giapponese, illustra il motivo. La BoJ ha mantenuto i tassi di policy vicino allo zero e ha mantenuto l'espansione del #bilancio per la maggior parte degli ultimi 20 anni, a causa della reale o temuta #deflazione.

Ma l'inflazione di fondo è in costante aumento da due anni e ora è al +3%. Il costo politico implicito è piuttosto negativo, per un'economia che sta andando a #piena occupazione su misure come la disoccupazione e l'inflazione core/linea rispetto all'obiettivo.

Sì, l'inflazione core ha superato il 2% in precedenza, come nel 1997 e nel 2014. Ma quelle mosse erano dovute ad aumenti dell'#imposta sui consumi piuttosto che alla chiusura del #outputgap. La BoJ ha quindi agito in modo appropriato, non modificando la politica. Questa volta è diverso - e più simile a due episodi degli anni '70 - di aumento del nucleo centrale dovuto a condizioni cicliche.

Poiché l'orientamento monetario è allineato ai fondamentali interni, gli investitori si aspettavano giustamente che il #YCC venisse ulteriormente allentato quest'anno. A mio avviso, il tapering sarà seguito da rialzi del tasso ufficiale, che probabilmente saranno di breve durata come quelli del 2007, prima della crisi finanziaria. Tuttavia, un certo recupero da parte della BoJ in presenza di un #USD sopravvalutato (rispetto a molte valute, non solo allo #JPY) è il motivo per cui la riduzione dello spread #UST - #JGB, il calo del #USDJPY e la sottoperformance del #Nikkei rispetto alle azioni asiatiche sono ancora da prevedere per il primo semestre 2023.

Se questo cambiamento della BoJ si verificasse nelle fasi iniziali e centrali di un'espansione economica globale, direi che ha implicazioni materiali sul flusso di capitali e quindi sul mercato per il resto del mondo. Ma poiché ritengo che la recessione indotta dalla Fed inizi nel secondo semestre, la BoJ rimane solo un capitolo di una storia molto più lunga.

Il sintetico, ma efficace, commento di John Normand inquadra per i nostri lettori le notizie dello scorso mercoledì e aiuta il lettore a comprenderne la portata.

E tuttavia, siamo sicuri che un certo numero dei nostri lettori starà pensando: “Ma che ce ne importa del Giappone? E’ molto lontano dall’Italia, la sua economie è isolata rispetto al resto dell’Occidente, e abbiamo altre cose di cui occuparci, tra le quali la spesa al supermercato che è aumentata in 12 mesi dello 11%”.

Se per caso c’è un lettore di Recce’d che ragiona in questo modo, lo dobbiamo avvertire: sta commettendo un errore.

Le vicende del Giappone ci devono interessare sempre, ma questa specifica vicenda … ha un impatto diretto persino sulle nostre spese per carburante ed alimentai di ogni giorno.

Ma voi lo sapete? Siete coscienti che la Banca del Giappone crea nuova liquidità ogni giorno per l’equivalente di 50 miliardi di dollari USA? Ve lo hanno detto? Vi hanno spiegato le conseguenze? No? E perché nessuno ve lo ha detto? Perché nessuno si è preso la briga di spiegarvi?

Vi invitiamo a leggere all’immagine qui sopra: si tratta di un estratto dal Financial Times, che ci dice che la banca del Giappone ha speso il 5% del PIl Giapponese solo nell’ultimo mese per difendere la sua politica di YCC.

Se non riuscite a vedere quale è la connessione con la vostra vita quotidiana, ve la mostriamo subito: nel Mondo c’è una Banca Centrale che sta facendo, proprio adesso mentre leggete questo articolo, operazioni di QE.

Sicuramente molti, tra i nostri lettori, hanno letto articoli, ascoltato dalla TV, oppure ascoltato dal proprio wealth manager, dal proprio financial advisor, che la prima parte del 2023 è stata influenzata, in modo decisivo, dalla “previsione di un calo dell’inflazione”. E siamo altrettanto sicuri che NULLA vi è stato detto, a proposito di questa vicenda.

Si tratta anche qui di un grave errore: acquistando in misura massiccia i propri Titoli di Stato, la Banca del Giappone ha immesso nuova liquidità NON sul proprio mercato interno, bensì sul mercato internazionale. Generando così un flusso di acquisti su tutti i Titoli di Stato, del Mondo intero. Gli investitori vendono alla Bnaca del Giappone Titoli di Stato, poi con i soldi incassati vanno a comperare … ALTRI Titoli di Stato.

Da qui viene, almeno per una parte, una spiegazione del recente andamento dei rendimenti sui mercati obbligazionari internazionali.

Con la sua decisione (di “non decidere) di mercoledì 18 gennaio, la Banca del Giappone ha promesso al Mondo intero di proseguire nella sua politica di “QE che non viene chiamato QE”, e quindi nell’immediato ha promesso ulteriore sostegno ai prezzi dei Titoli di Stato nel Mondo.

Ha promesso, implicitamente: anche altre cose. E precisamente, ha promesso un supporto all’inflazione, ed ulteriore instabilità dei mercati finanziari. Sui mercati, di questo ci si è già resi conto, come racconta l’immagine che segue.

Il nostro suggerimento, ed il contributo che regaliamo all’investitore con questo nostro Post, è di approfondire: non accontentatevi delle superficiali spiegazioni del financial advisor (ammesso che ve ne abbia fornite) ed andate più a fondo.

Le vicende del Giappone, nel 2023, peseranno su entrambi i vostri portafogli: sia sul portafoglio degli asset finanziari, sia sul portafogli del supermercato e del carburante.

Allo scopo di supportarvi in modo concreto, abbiamo scelto per voi una recentissima intervista a Jim Grant, intervista che abbiamo poi tradotto e che qui si seguito vi proponiamo, e che risale ad un paio di giorni PRIMA della decisione della BoJ.

Nell’intervista, il notissimo esperto di obbligazioni prima inquadra, alla perfezione, la vicenda nel contesto più generale dei mercati finanziari nel 2023, e poi illustra, anche qui in modo chiaro, le ricadute di queste ultime scelte della BoJ, e più in generale dello “esperimento di politica monetaria” che questa Banca Centrale sta conducendo.

Esperimento “senza rete” che la Banca del Giappone sta conducendo (ci auguriamo che i nostri lettori lo comprendano) sulla nostra pelle.

Leggete con attenzione questa intervista: vi suggeriamo, in modo particolare, di porre attenzione al modo nel quale Jim Grant lega la vicenda del Giappone ai destini del mercato obbligazionario internazionale ed anche a quelli del mercato internazionale di Borsa.

La gestione del portafoglio titoli, e ve lo dimostra la storia del vostro portafoglio, produce rendimenti stabili e duraturi soltanto se viene condotta sulla base di premesse di questo tipo.

Se mancano, poi mancano i risultati.


Si sta facendo strada la speculazione che la Banca del Giappone stia perdendo il controllo del mercato obbligazionario. Jim Grant, redattore di "Grant's Interest Rate Observer", ritiene che ciò potrebbe innescare uno shock nel sistema finanziario globale. Spiega inoltre perché si aspetta un'ulteriore impennata dell'inflazione e perché l'oro dovrebbe far parte del vostro portafoglio.

Christoph Gisiger 17.01.2023, 05.06 Uhr


La notizia ha colto i mercati di sorpresa: Il 20 dicembre la Banca del Giappone ha sorprendentemente esteso l'intervallo di riferimento per il rendimento dei titoli di Stato decennali a più/meno 0,5%. Una mossa che nessun economista si aspettava. L’immagine qui sotto ci ricorda quei fatti di un mese fa. Questa settimana, la Banca del Giappone potrebbe annunciare un importante cambiamento di politica in un contesto di aumento dei rendimenti dei titoli di Stato e di rafforzamento dello yen. Sebbene sia passato appena un mese dall'ultima riunione della BoJ, il mercato obbligazionario sta già testando il nuovo limite superiore del regime di controllo della curva dei rendimenti.

"Per noi la politica dei tassi d'interesse giapponese assomiglia al muro di Berlino della fine della Guerra Fredda, un anacronismo stantio che prima o poi dovrà cadere", afferma Jim Grant. Per l'editore dell'iconico bollettino d'investimento "Grants' Interest Rate Observer", i recenti sviluppi in Giappone rappresentano un rischio sottovalutato per i mercati finanziari globali. Anche perché praticamente nessuno ne parla.

In un'intervista approfondita con The Market NZZ, che è stata leggermente modificata per chiarezza, Grant spiega cosa significherebbe per i mercati finanziari se la Banca del Giappone fosse costretta ad abbandonare la sua politica di controllo della curva dei rendimenti. Ma prima ci spiega perché non crede che l'inflazione finirà presto, perché le obbligazioni potrebbero essere all'inizio di un lungo mercato orso e perché ritiene che l'oro sia la scelta migliore come riserva di valore.

"Se il passato è prologo e se il grande mercato dei titoli obbligazionari è terminato, allora, sulla base della forma, ci troviamo di fronte a quello che potrebbe essere un movimento molto prolungato e forse graduale verso l'alto dei tassi di interesse": Jim Grant.


Che cosa osserva oggi il mondo finanziario?

Beh, è sempre lo stesso e - ecco il problema - è sempre un po' diverso. Il trucco consiste nell'individuare la caratteristica unica o insolita di un ciclo già noto. A questo proposito, è utile conoscere un po' di storia finanziaria e, a tal fine, è utile essere un po' anziani. Ma ciò che non è utile è scambiare il passato per una certa tabella di marcia verso il futuro.


Quali sono attualmente gli sviluppi più importanti dal punto di vista storico?

Il motore essenziale di gran parte delle notizie di oggi sono le conseguenze del regime monetario in vigore in tutto il mondo. Questo regime ci ha dato tassi di interesse artificialmente bassi, anzi soppressi, e ci ha dato le conseguenze di questi falsi tassi che includono una dilagante cattiva allocazione del capitale e grandi raffiche di speculazione, alcune delle quali sono molto divertenti e altre piuttosto lucrative per le persone intelligenti che riescono ad entrarvi.


Tuttavia, sulla scia dell'impennata dell'inflazione dello scorso anno, i tassi di interesse sono aumentati rapidamente. Ora l'inflazione sembra diminuire. L'aumento dei prezzi è stato solo temporaneo?

È evidente che il tasso di variazione si è ridotto, ma spesso si ignora il livello dell'inflazione. Il tasso di variazione è la preoccupazione di tutti, ma la perdita di potere d'acquisto non viene mai recuperata. Questa è la natura di un regime di moneta fiat. Nel periodo del gold standard, i prezzi aumentavano in media e scendevano in media, ma alla fine di cicli molto lunghi rimanevano invariati. Al contrario, un regime di moneta fiat è caratterizzato dal fatto che i prezzi aumentano sempre di più e non possono mai correggere al ribasso. Quindi abbiamo un livello di prezzi medi molto elevato e un tasso di crescita dei prezzi leggermente inferiore.


D'altra parte, la tensione sui mercati si è un po' allentata di recente. Le azioni hanno iniziato il nuovo anno in modo sorprendentemente positivo.

Certamente il rallentamento del tasso di crescita dell'inflazione è da festeggiare. È bello, ma ci troviamo ancora con un sistema che è intrinsecamente inflazionistico. Qui negli Stati Uniti, si tratta di un sistema che si è dato a una spesa pubblica molto libera e poco rigida, che si è dato a grandi diritti per tutti ed è un sistema che ha prosperato negli ultimi anni con tassi di interesse molto bassi e soppressi. Per me, questa è l'essenza di un sistema che genera inflazione: Dal punto di vista politico, l'inflazione è una sorta di "qualcosa in cambio di niente", e questo sembra far parte dello spirito politico. Ecco perché sarei un po' cauto nel pronunciare la fine di questo episodio inflazionistico.


Perché pensa che il problema dell'inflazione potrebbe tenerci sul filo del rasoio per qualche tempo?

L'inflazione in un sistema di questo tipo assomiglia a uno di questi incendi sotterranei di miniere di carbone inestinguibili a lungo. Non so se ce ne siano in Svizzera, ma in Pennsylvania, per esempio, c'è stato un incendio di questo tipo che è andato avanti per circa cinquant'anni. Non lo si vede sempre, ma di tanto in tanto affiora in superficie. È sempre lì, è sempre latente, perde fumo, scalda le suole delle scarpe. Per me questa è una buona analogia con l'inflazione in una socialdemocrazia che spende liberamente ed emette moneta cartacea.


Siamo quindi a un punto di inflessione fondamentale verso un nuovo ciclo, caratterizzato da un aumento dell'inflazione e dei tassi di interesse?

Sì, e lo dico con meritata umiltà perché il "Grant's Interest Rate Observer" aveva previsto la fine del mercato secolare delle obbligazioni almeno un decennio prima della sua conclusione. Guardando indietro, l'ultimo grande mercato secolare delle obbligazioni è iniziato nella primavera del 1946 negli Stati Uniti e nella maggior parte del mondo. Si è concluso nell'autunno del 1981, 35 anni dopo. Quello che seguì, ovviamente, fu un mercato toro obbligazionario ancora più grande e prolungato. È iniziato nell'ottobre 1981 e forse si è concluso nel 2020, quando il rendimento del Tesoro decennale è sceso allo 0,5%.


Che tipo di scenario potrebbe prospettarsi ora?

Se il passato è prologo e se il grande mercato toro dei bond è finito, allora, sulla base della forma, ci troviamo di fronte a quello che potrebbe essere un movimento molto prolungato e forse graduale verso l'alto dei tassi di interesse. Dobbiamo ricordare che i primi dieci anni dell'ultimo mercato orso obbligazionario sono stati caratterizzati da un aumento molto graduale. Era appena percettibile. I rendimenti delle obbligazioni a lungo termine sono aumentati di circa dieci punti base all'anno. Il rendimento del Tesoro è partito dal 2,25% nel 1946, per arrivare al 3,25% nel 1956. Quindi, con tutte queste precisazioni: Sì, penso che il mercato toro delle obbligazioni sia finito e che sia iniziato un mercato orso delle obbligazioni.


Perché i cicli dei mercati obbligazionari durano così a lungo?

Sono un po' stanco di dire che il mercato obbligazionario fa queste cose e non che le ha fatte in passato. Ma ha mostrato questa tendenza. A rischio di risultare patetico, direi che almeno dalla metà del XIX secolo le obbligazioni hanno mostrato la tendenza a salire e scendere di rendimento nel corso di decenni o generazioni. Non sono sicuro che qualcuno sia in grado di spiegarne pienamente il motivo. E poiché non riusciamo a spiegarlo, non possiamo essere dogmatici sul fatto che continui ad essere così. Ma ancora una volta, se il passato è prologo, ci aspetta una fase o un ciclo molto lungo di aumento dei tassi di interesse.

Tuttavia, i problemi della catena di approvvigionamento sembrano essere in gran parte risolti; nel settore dei semiconduttori, ad esempio, c'è già una sovraccapacità e scorte piene. Quali sono i fattori di inflazione nei prossimi anni?

Una delle cose che ho imparato in cinquant'anni di lavoro in questo settore è di essere un po' meno dottrinario riguardo a cose come la causa dell'inflazione. Milton Friedman ha detto che è "sempre e ovunque un fenomeno monetario". A livello banale, questo è innegabile perché l'inflazione coinvolge il denaro. D'altra parte, si potrebbe anche sostenere che non può essere un fenomeno monetario perché il potere d'acquisto del denaro, per definizione, è una vittima dell'inflazione. Per quanto riguarda la causa dell'inflazione, c'è una nuova scuola che sostiene che si tratti di un fenomeno fiscale. Penso che ci sia qualcosa di vero in questo, come c'è qualcosa nella visione friedmaniana. C'è qualcosa nell'idea che sia un fenomeno politico, una caratteristica delle società politicamente deboli.

Ma la Federal Reserve ci assicura che può riportare l'inflazione sotto controllo.

Penso che non abbiamo ancora visto l'ultima esplosione inflazionistica. Ma bisogna essere abbastanza umili di fronte a qualcosa che ben pochi banchieri centrali avevano previsto o anche solo potuto immaginare. Non solo la Fed non l'aveva previsto, ma quando l'ha visto, quando ha visto il bianco degli occhi dell'inflazione, non poteva ancora crederci e ha continuato il suo programma di QE fino alla fine di marzo 2022.


Sembra che ora i mercati stiano gradualmente spostando la loro attenzione sulla minaccia di recessione. Il presidente della Fed Jerome Powell ha la resistenza necessaria per "portare a termine il lavoro" di contenimento dell'inflazione, come dice lui?

Non passa giorno senza che un presidente regionale della Fed o un altro dichiari che il FOMC spingerà sicuramente il tasso dei fondi al 5% o più e lo manterrà per sei mesi, un anno o forse due. Ciò che mi oppone a questi pronunciamenti è l'indecorosa certezza che trasmettono. La Fed sembra così sicura di sé. Era così sicura di sé quando nel 2021 prevedeva, con altrettanta sicurezza, che un tasso sui fondi di 10 punti base fosse bloccato fino al 2023. La loro sicurezza non li rende tali. Il futuro è un libro chiuso, non un libro aperto. In particolare, è un libro chiuso per le persone che mobilitano modelli matematici pseudo-scientifici del funzionamento dell'economia finanziaria perché non lo capiscono davvero.


Di solito la Fed alza i tassi di interesse fino a quando non si verifica un "incidente" da qualche parte nel sistema finanziario o nell'economia. Sarà così anche questa volta?

La Fed non crede nella probabilità di incidenti. Non sono sicuro che comprenda i rischi che il suo precedente regime di QE ha introdotto nel sistema finanziario, in particolare la forte leva finanziaria nelle aziende americane, e ancora di più la leva finanziaria nel private equity, per esempio. Naturalmente, molte speculazioni sono già state estratte dal sistema, certamente nelle criptovalute, nelle SPAC e simili.

Dove potrebbe verificarsi un simile incidente?

Credo che il Giappone sia forse il rischio più importante al mondo, anche perché è uno dei rischi meno discussi, sicuramente dalla stampa occidentale. Perlopiù, è molto trascurato. Il rischio è questo: Ogni giorno lavorativo, la Banca del Giappone spende decine di miliardi di dollari in yen per attuare il programma di soppressione dei tassi di interesse della curva dei rendimenti del governatore Kuroda. Per mettere tutto ciò in prospettiva: Nel Regno Unito, quando alla fine di settembre si è verificata la piccola crisi sugli investimenti pensionistici basati sulle passività, la Banca d'Inghilterra ha speso circa 5 miliardi di dollari. La BoJ lo fa prima di colazione.


La Banca del Giappone ha già introdotto la sua politica di controllo della curva dei rendimenti nell'autunno del 2016, mantenendo il rendimento dei titoli di Stato decennali all'interno di una fascia obiettivo attraverso interventi diretti sul mercato obbligazionario. Perché ora dovrebbe cambiare la sua politica monetaria?

Il governatore Kuroda, il cui mandato scade l'8 aprile, insiste che il controllo della curva dei rendimenti è destinato a rimanere. Ma per noi la politica dei tassi d'interesse giapponese assomiglia al muro di Berlino della fine della Guerra Fredda, un anacronismo stantio che prima o poi deve cadere.

E perché proprio ora?

La differenza è che il mercato ha capito qualcosa. Dico questo perché la Banca del Giappone ha già alzato il tetto massimo consentito per i rendimenti dei JGB decennali allo 0,5% dallo 0,25% della fine dello scorso anno. Kuroda ha detto che non era altro che un mezzo per garantire il successo e la stabilità di un regime permanente di soppressione dei rendimenti. Ma il mercato è come un cane molto maleducato alla fine del guinzaglio. Ansima e schiuma, e la Banca del Giappone sta tirando sempre più forte per controllare questa bestia.

Perché pensa che questa bestia si libererà finalmente?

Kuroda ha dichiarato che la Banca del Giappone non si fermerà finché non ci sarà inflazione. Ebbene, i prezzi al consumo di Tokyo, che precedono l'IPC nazionale, sono saliti al 4% a dicembre contro le aspettative del 3,8%. Inoltre, Uniqlo e altri leader aziendali hanno annunciato un aumento significativo dei salari. Troverete altre storie in tal senso, segni e precursori di un cambiamento. Alcuni ex governatori della Banca del Giappone si stanno sfogando dicendo che la situazione si è spinta troppo oltre e le conseguenze saranno devastanti. Penso quindi che questo sia un rischio enorme appena fuori dal palcoscenico e che il mondo debba prestarvi maggiore attenzione.

Qual è il rischio se la Banca del Giappone rinuncia al controllo della curva dei rendimenti?

Il rischio per tutti, svizzeri, americani, tedeschi o giapponesi, è rappresentato da due fattori. In primo luogo, i tassi ridotti spingono i bilanci delle persone e delle imprese a fare leva, che allo shock di un aumento dei tassi di interesse si troveranno nei guai. Ci sono problemi sepolti nei bilanci delle aziende giapponesi che hanno preso troppi prestiti. Certo, le imprese giapponesi non sono così inclini a contrarre prestiti eccessivi come quelle americane, ma ci sono anche rischi legati a molti programmi di risparmio bancario o prodotti strutturati in Giappone. Per esempio, si ottiene un rendimento dello 0,75% per cinque anni, ma nelle clausole scritte in piccolo si avverte che se i tassi superano un certo livello, la durata del prodotto si estende a dieci anni. Sto inventando questi numeri, ma il rischio è essenzialmente questo.

E qual è il secondo rischio?

I giapponesi sono una nazione vivace. Hanno un'immensa quantità di risparmi netti e circa 3.000 miliardi di dollari di asset giapponesi sono investiti in mercati non giapponesi, di cui la metà sono domiciliati negli Stati Uniti. In altre parole, i giapponesi, la proverbiale signora Watanabe, cercano nel mondo opportunità di rendimento. Secondo Bloomberg, espresse in percentuale del PIL del Paese in cui sono investite, le partecipazioni azionarie e obbligazionarie giapponesi sono pari al 7,3% dell'America, al 7,5% della Francia, all'8,3% dell'Australia e al 9,5% dei Paesi Bassi. Cosa succederà se improvvisamente i tassi denominati in yen giapponesi diventeranno piuttosto interessanti? Ebbene, molto di questo denaro potrebbe essere rimpatriato e il risultato di tale rimpatrio sarà un aumento della volatilità nei mercati che ora non possiamo identificare. Il rischio di un'impennata della volatilità è quindi notevole. Credo che i tempi siano maturi per un grande cambiamento nella struttura dei tassi giapponesi e quindi nei tassi di interesse e nel rischio presentato ai detentori di obbligazioni in tutto il mondo.


Qual è il suo consiglio agli investitori in questo contesto?

Avendo appena deriso le banche centrali per la loro pretesa di sapere ciò che non possono sapere, mi trovo in una posizione molto compromessa se dovessi dire cosa accadrà. Ma permettetemi di dire che sull'oro sono un po' un disco rotto. Continuerò con questo disco rotto e osserverò che la gente non ha ancora fatto i conti con le debolezze intrinseche del sistema monetario in vigore dal 1971. Ci siamo tutti abituati. Voglio dire, bisogna avere una certa età, anzi bisogna avere l'età che ho io, per ricordare davvero i dibattiti intorno all'abbandono di Bretton Woods. La gente è cresciuta con l'idea che il denaro è quello che si stampa, e se i giapponesi possono stampare 50 miliardi di dollari al giorno con cui sopprimere i tassi di interesse, questo non sconvolge molte persone. Ma credo che tali shock siano in agguato.

E l'oro può aiutare a proteggere un portafoglio da questi shock?

Penso che le tensioni che sono già evidenti lo diventeranno ancora di più. Le persone non cercheranno una marca migliore di denaro cartaceo o digitale, ma piuttosto il vero McCoy. In ogni numero di "Grant's" abbiamo qualcosa da dire su un'azione, quindi non voglio sembrare troppo pazzo. Viviamo nel mondo reale. Ma se guardo al quadro generale, il denaro che le banche centrali producono a profusione non è solido. Forse non lo è adesso, ma col tempo la gente cercherà un'alternativa e questa alternativa potrebbe essere proprio l'oro, che è stato più o meno un'ombra gettata da Bitcoin, Ethereum e tutte le altre criptovalute.

In questo contesto, come valuta le prospettive generali del mercato azionario?

Il mercato è sceso da estremamente sopravvalutato a quasi caro, e la mia osservazione è che un mercato estremamente sopravvalutato di solito non tocca il fondo a quasi caro. Quindi non sono sicuro che sia la fine delle cose. Non trovo molti valori convincenti nel mercato azionario. A volte si ha una grande convinzione, ma non ora per quanto riguarda le azioni.

Valter Buffo
Molto rumore per nulla
 

Le prime due settimane del 2023 sono state contraddistinte da un ritorno: il ritorno del dibattito sul “pivot”.

La reazione dei mercati è stata decisamente contenuta: più ampia e visibile nel comparto obbligazionario, più modesta, e differenziata, nel comparto delle azioni (New York rimane in zona 4000 punti dove stava già nel settembre 2022, l’Europa in recupero, la Cina è piatta da anni).

Recce’d vi ha già scritto, mesi fa, che nel 2023 l’inflazione NON sarà un tema di mercato: allo stesso tempo, noi NON siamo sorpresi di questo tentativo, fatto nelle prime due settimane del 2023, di riportare sulle prime pagine dei quotidiani il tema “pivot”. Non è la prima volta, non è l’ultima volta, ed accadeva anche nella prima parte degli Anni Settanta, come vedremo più avanti.

Non è una novità che si tenti di manipolare il mercato: il recentissimo esempio dell’a “inflazione transitoria” è un esempio perfetto.

Quella che solo 12 mesi fa era “l’inflazione transitoria” oggi si chiama “pivot” oppure “soft landing”.

Ripetiamo: il tema “inflazione” NON sarà decisivo, nel 2023, per determinare le performances di azioni, obbligazioni, valute e materie prime: lo è stato nel 2022, quando la “grande illusione” della “inflazione transitoria” è saltata per aria.

Nel 2023, o meglio nelle restanti 50 settimane, i rendimenti ed i rischi sulla base dei quali facciamo e faremo le nostre scelte per i portafogli modello sono altri.

E tuttavia abbiamo scelto di dedicare, ancora una volta, un nostro Post a questo argomento: può essere utile, per i nostri lettori, nn tanto per le stime e le previsioni di rendimento (e rischio), quanto per descrivere con concreti esempi come funziona oggi il mercato finanziario internazionale, a partire dalle banche di investimento (la cosiddetta sell side) passando per i Fondi Comuni di Investimento (la cosiddetta buy side) per finire con le Reti di financial advisors, di private bankers, di wealth managers, insomma di quelli che vengono a casa vostra per vendervi le polizze, le UCITS, i certificati e tutta … la rumenta.

Il dato di giovedì 12 gennaio 2023 può servire come esempio, di come funzionano i meccanismi di questa catena di vendita, colossale, che ha come scopo quello di “piazzare la merce” proprio nel vostro portafoglio titoli.

Il dato del quale stiamo parlando arriva dagli Stati Uniti: ma potete applicare, senza bisogno di alcuna modifica, il medesimo ragionamento e le medesime valutazioni ai dati che arrivano dall’Europa.

Del dato che leggete qui sopra, pubblicato giovedì 12 gennaio 2023, i media e tutte le banche di investimento che cosa hanno messo in grande evidenza? Hanno sottolineato il calo dell’inflazione negli Stati uniti, dal massimo del 9,1% fino al 6,5%, del dato anno-su-anno.

Un calo importante, non ci sono dubbi: ma quanto importante, per noi che gestiamo un portafoglio in titoli ed asset finanziari? Un dato in che misura significativo, per ciò che riguarda il futuro dei nostri asset? In che misura questo dato modifica i rendimenti attesi, i rendimenti futuri, degli asset e delle classi di asset finanziari? In che misura questo dato modifica i rischi futuri, sulla base dei quali noi gestori dobbiamo ponderare i rendimenti per modificare i portafogli modello?

Da questo specifico punto di vista, il dato dell’immagine sopra conta nulla. Zero. Lo vedete, molto facilmente, nel grafico qui sotto.

Osservate con attenzione: leggete i dati del grafico. Questa è la realtà con la quale voi investitori vi dovete confrontare: la realtà dei fatti, quei fatti che determinano sia i rischi, sia i rendimenti dei vostri asset finanziari.

Come tutti voi avete visto, tra il 2020 ed il 2022.

Osservate bene il grafico sopra: in particolare il riquadro giallo.

L’inflazione, come vedete, è diminuita dal massimo dello 9,1% al 6,5% di dicembre 2022. Ma l’inflazione nella sua versione “core” (la linea di colore nero) oggi è la stessa di un anno fa: il dato di oggi, nella sostanza, è il medesimo del gennaio 2022.

Il dato di oggi sta al 5,7%. Ricordate a che livello sta il costo ufficiale del denaro? Sta al 4,75%. Un punto percentuale SOTTO.

Siete sorpresi, dallo scoprire che oggi l’inflazione è la medesima di 12 mesi fa? La spiegazione di questo fatto è semplicissima e ve la presentiamo nell’immagine sotto.

Leggete con attenzione questo grafico: sono soltanto due le componenti dell’inflazione che, rispetto al mese di giugno, hanno rallentato, e precisamente l’energia (petrolio e gas) e le auto usate.

Non si vede alcun miglioramento, nelle altre componenti.

Se poi passiamo dal dato alle previsioni per lo stesso dato, osserviamo le medesime cose, ma in modo ancora più chiaro

Come potete vedere, il sondaggio tra gli operatori di mercato condotto da Bloomberg ci racconta che ancora alla metà del 2021 tra gli operatori risultava prevalente l’aspettativa di una inflazione USA al 1,5%, la medesima previsione di tutti i dieci anni precedenti. Le previsioni degli operatori vengono corrette (in modo drammatico) tra il mese di marzo ed il mese di dicembre 2021, come vedete nel tondo di colore azzurro.

Nel 2022 si stabilizzano all’interno di un intervallo ristretto: e qui vedete con grande chiarezza (dentro il riquadro di colore rosso) che le previsioni di fatto NON sono cambiate, neppure negli ultimi mesi. Il calo che si vede in questo dato è trascurabile, per non dire insignificante.

Il grafico qui sopra ci racconta di un cambiamento epocale: di una Nuova Era.

Di questa Nuova Era, di questo Regime Shift, di questo Paradigm Shift, Recce’d vi ha scritto più di una volta in questo Blog, e fin dal 2020. Oggi resteremo quindi sul dato per l’inflazione, e soprattutto sul modo nel quale le Reti di promotori, le banche di investimento, e i media, UTILIZZANO questo dato per manipolare la massa degli investitori.

Investitori che, come tutti sapete, vengono quotidianamente aggrediti dai messaggi

  • dalle banche di investimento: ad esempio con l’immagine qui sopra, già commentata durante questa settimana alla pagina TWIT-TWOO; ed il nostro commento si è dimostrato azzeccato;

  • e naturalmente attraverso la Rete dei financial advisors che vendono le quote dei Fondi Comuni di Investimento ed altra … roba incommentabile.

Financial advisors, private bankers e wealth managers che 12 mesi fa vendevano ancora la “inflazione transitoria” e che oggi … ci riprovano più o meno che la medesima robaccia: la “narrativa dominante” oggi è quella che vedete seguendo la linea verde nel grafico qui sotto, mentre ciò che oggi dice la Federal Reserve è la linea di colore rosso.

Come può determinarsi una differenza così enorme, nelle previsioni, tra mercato e Banca Centrale?

La spiegazione è semplicissima, addirittura banale: la linea di colore blu è fatta da Aziende ed individui che, a posteriori, NON rispondono delle performances. La linea di colore verde è tracciata da gente che vuole “vendere la roba”, ovvero “piazzare la merce”. Oggi. ha degli obbiettivi di vendita, oggi.

E poi, tra 12 mesi … ma chi se ne importa, tra 12 mesi? Il venditore avrà già cambiato lavoro, settore, Paese.

A lui, al venditore, la performance, la vostra performance di portafoglio, NON interessa. A lui interessa quello che vende oggi, a gennaio 2023.

E quindi lui, il venditore, si butta alla disperata, sullo scenario più ottimistico che è possibile: per farvi sognare ad occhi aperti, e farvi fare quegli investimenti che a lui rendono di più (lui riceve retrocessioni e quindi è co-interessato con chi produce i “prodotti finanziari” che lui vi sta piazzando; e la Legge che dovrebbe sanzionare i conflitti di interesse fa tutto l’opposto: protegge questi conflitti e chi grazie a questi conflitti fa tutti i propri ricavi).

Voi investitori, e gestori del vostro portafoglio titoli, come noi di Recce’d, che facciamo la gestione dei portafogli modello da proporre al Cliente, dobbiamo sfuggire a quella trappola, non lasciarci imbambolare da scenari troppo ottimistici, e non lasciarci punire dai conflitti di interesse.

Noi investitori, e noi gestori di portafogli modello, dobbiamo sapere fare scelte autonome, informate, fondate. Partendo dall’analisi degli scenari futuri più probabili, più vicini alla realtà (e NON alla fantasia del promotore finanziario)

L’immagine qui sopra la utilizziamo al solo scopo di fare un esempio: NON sono queste le probabilità secondo Recce’d (e neppure gli scenari, per dirla tutta):

Voi lettori avete la capacità di costruirvi uno strumento indispensabile per la decisione sulle scelte di investimento come è questo?

Ve ne ha mai parlato oppure scritto il wealth manager? No? Ma a che razza di financial advisor vi affidate?

Come dicevamo: l’immagine serve solo da esempio. Ma può esservi utile immediatamente, per ricordarvi che l’inflazione NON è il solo fattore sul quale ragionare.

Ed anzi: secondo Recce’d, e non solo secondo Recce’d, NON è il fattore principale del 2023, per i rendimenti attesi e per i rischi attesi del 2023.

Nel 2023, nelle restanti 50 settimane del 2023, tutti noi investitori dovremo occuparci quasi esclusivamente di economia REALE. L’inflazione, sarà solo una conseguenza, così come nel 2022 (e lo avete visto) le Banche Centrali sono in effetti state soltanto “una conseguenza di altri fatti”.

Il grafico sopra, e quello che segue, nel nostro Post servono ad un unico scopo: ricordare ai lettori la realtà dei fatti. Ed anche l’economia REALE della quale dicevamo sopra che sarà il fattore DECISIVO nelle prossime 50 settimane del 2023.

Non c’è il tempo e neppure lo spazio in questo Post per approfondire: lo faremo poi nel nostro quotidiano The Morning Brief. Qui segnaliamo ai nostri lettori che dal dato per il potere di acquisto delle famiglie, e dei consumatori in generale (immagine sopra) e dalla eventuale recessione (grafico sotto) arriveranno le spinte decisive, per decidere chi guadagnerà e chi perderà tra azioni, obbligazioni, valute e materie prime.

Come dicevamo in apertura, con questo Post Recce’d intende fare il punto sull’inflazione, e sull’utilizzo strumentale di questo argomento da parte dei media, delle banche globali di investimento, e dalla Rete dei finanzial advisors oppure wealth managers.

Dopo i disastri del 2022, con la “inflazione transitoria”, oggi ci riprovano, seguendo lo stesso metodo, ed in parte con i medesimi argomento, vendendo alla massa degli investitori la favola di una “inflazione al 2% a fine anno”.

Se correte dietro a questa storia, se vi lasciate inebetire di nuovo da un “miraggio” finirete per perdere ancora altri soldi.

Persino il quotidiano Wall Street Journal, che è il quotidiano finanziario a maggiore circolazione nel Mondo, si è sentito in dovere di prendere le distanze da una simile baggianata, ed ha pubblicato un articolo che critica (fin dal titolo) questo diffuso atteggiamento dei promotori finanziari, dei financial advisors e delle banche di investimento.

L’articolo lo leggete qui di seguito. Il titolo dice: “Perché gli investitori potrebbero essere troppo ottimisti riguardo all’inflazione”.

E il suggerimento di Recce’d? Dopo l’articolo, trovate l’immagine di chiusura, che contiene proprio il nostro suggerimento operativo, per la gestione del vostro portafoglio titoli.

Nel dicembre 1974, il celebre storico e talvolta autore di discorsi presidenziali Arthur M. Schlesinger Jr. riassunse il problema dei previsori contemporanei in un'unica, lunghissima frase sul Wall Street Journal: "A tutt'oggi la maggior parte degli economisti, degli uomini d'affari e dei funzionari governativi si ostina a considerare l'inflazione non come una vulnerabilità strutturale del capitalismo contemporaneo, ma piuttosto come il risultato accidentale di coincidenze sfortunate che richiedono solo pazienza, tempo (e disoccupazione) per essere alleviate".

Se il Prof. Schlesinger fosse vivo e scrivesse oggi non potrebbe esprimersi meglio. L'assunto di base del pensiero finanziario mainstream è che l'inflazione è un fenomeno temporaneo e che sarà curata da un rapido aumento dei tassi prescritto dalla Federal Reserve. Tuttavia, ci sono molti motivi per pensare che, proprio come nel 1974, il professore abbia ragione e che le pressioni inflazionistiche sul capitalismo di oggi dureranno.

Questo non vuol dire che non ci siano coincidenze sfortunate. Nel 1974, l'inflazione è stata favorita dalla combinazione di tassi troppo bassi per anni e dall'impennata dei prezzi dell'energia dovuta all'embargo petrolifero arabo. Negli ultimi due anni, l'inflazione è stata favorita da una combinazione di tassi troppo bassi, da una crisi postpandemica della catena di approvvigionamento e dall'impennata dei prezzi dell'energia dovuta all'invasione dell'Ucraina da parte della Russia. Come nel 1974, questi fattori temporanei passeranno, e l'ultimo calo dell'inflazione suggerisce che molti di essi sono già passati. Ma come negli anni successivi al 1974, le vulnerabilità strutturali radicate potrebbero far sì che l'inflazione rimanga un problema per gli anni a venire.

Ci sono quattro grandi rischi quando si tratta di ridurre l'inflazione: la geopolitica, la politica interna, la demografia e la Fed. I primi tre contribuiscono a determinare il livello dei tassi per combattere le pressioni inflazionistiche, mentre la volontà della Fed di alzare i tassi al nuovo livello più alto e di mantenerli lì contribuisce a determinare l'aumento o la diminuzione dell'inflazione.

La grande frattura

La nuova geopolitica sta dividendo il mondo in due blocchi, invertendo parzialmente la globalizzazione degli ultimi tre decenni. Ciò significa che sono necessari maggiori investimenti per ricreare linee di produzione e catene di approvvigionamento che aggirino la Cina, mentre l'efficienza è destinata a diminuire, dato che sono le questioni di sicurezza piuttosto che i costi a dettare la localizzazione. I sussidi per le fabbriche di microchip negli Stati Uniti e in Europa sono l'ovvia spesa per la società, ma, a meno di una nuova distensione, è probabile che sussidi simili si diffondano ad altri settori ad alta tecnologia. Il raddoppio della produzione e delle catene di fornitura riduce direttamente la produttività, il che significa più inflazione a parità di crescita economica.

La geopolitica porterà probabilmente anche una maggiore spesa per gli armamenti. Il dividendo della pace che ha fatto seguito alla caduta del Muro di Berlino ha permesso una forte riduzione della spesa militare, ma ora la pressione va nella direzione opposta. La guerra ai confini dell'Europa ha portato a un aumento dei bilanci militari nella regione, anche senza il costo delle armi inviate in Ucraina. Poiché le forze armate non aumentano la produttività, l'aumento delle spese aumenta la pressione sull'inflazione.

Un terzo aspetto del modo in cui la geopolitica sta alimentando l'inflazione è la distruzione della posizione della Russia come fornitore leader di energia. Nessun Paese occidentale sarà disposto a dipendere nuovamente dalla Russia. Ciò significa nuovi investimenti significativi in altre fonti energetiche - ancora una volta, aggiungendo sicurezza al costo dell'efficienza ed esercitando una pressione al rialzo sui prezzi.

Sul fronte interno, gli sforzi per ridurre il riscaldamento globale continueranno ad aumentare la spesa per ridurre i combustibili fossili. Secondo le stime dell'Agenzia Internazionale dell'Energia, per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni, sarà necessario investire cifre molto elevate - 4.000 miliardi di dollari all'anno entro il 2030, circa il triplo di quanto si spende attualmente - in alternative ai combustibili fossili. Una parte di questi investimenti potrebbe aiutare l'efficienza, se i costi di produzione dell'energia scenderanno abbastanza al di sotto dei livelli attuali, ma la maggior parte non lo farà. Anche in questo caso, l'aumento della sicurezza avverrà a scapito dell'efficienza.

La politica interna degli Stati Uniti e dell'Europa sembra essere passata dal capitalismo del libero mercato a un maggiore intervento del governo e alla politica industriale. In passato questo ha spesso portato i governi a indirizzare in modo sbagliato i finanziamenti verso i sostenitori o verso progetti di tendenza. I governi trovano imbarazzante tirarsi indietro di fronte a fallimenti che nel settore privato porterebbero semplicemente alla bancarotta. Gli investimenti mal indirizzati riducono la produttività, aumentando la pressione inflazionistica.

Sul fronte interno, c'è anche una ritrovata disponibilità dei governi a prendere in prestito e a spendere. L'austerità che ha seguito la crisi finanziaria globale del 2008-2009 è stata giustamente abbandonata durante la pandemia, mentre i politici si sono dati da fare per far funzionare l'economia. Molti sembrano aver concluso che spendere di più è la strada giusta da percorrere. Il Congressional Budget Office, organo apartitico, prevede che, dopo un leggero calo l'anno prossimo, la spesa federale negli Stati Uniti aumenterà come quota dell'economia in ciascuno dei suoi periodi di previsione fino al 2052, e le tasse non terranno il passo. Ciò equivale a un risparmio negativo, che aumenta la pressione sul tasso di interesse necessario per tenere sotto controllo l'inflazione.

Infine, la demografia sta contribuendo a far salire l'inflazione. Dopo decenni in cui ha aggiunto all'economia globale decine di milioni di lavoratori istruiti e a basso costo ogni anno, la Cina ha visto la sua popolazione in età lavorativa iniziare a ridursi. Lo shock della produzione globale aggiuntiva che la Cina ha generato con la sua apertura ha contribuito a controllare l'inflazione durante gli anni della "grande moderazione", ma non si ripeterà. Insieme al rinnovato interesse per i sindacati, potrebbe portare a uno spostamento del potere di contrattazione verso i lavoratori, con una nuova pressione sull'inflazione.

Tutto questo non ha importanza se la Fed è disposta a fare il necessario per controllare l'inflazione, sottolinea Olivier Blanchard, ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale ora al Peterson Institute for International Economics.

"Le banche centrali sono totalmente impegnate a tenere sotto controllo l'inflazione", afferma. "Il problema è se tornano al 2% o se puntano a qualcosa di leggermente più alto".

Sono meno convinto che le banche centrali saranno disposte ad alzare i tassi d'interesse abbastanza da riportare l'inflazione a livelli bassissimi se le tendenze sopra descritte continueranno. Secondo Blanchard, una regola empirica approssimativa consiste nel ritenere che ogni 1% in più del PIL destinato agli investimenti implica un aumento di un punto percentuale del tasso di interesse reale al netto dell'inflazione. Se si considera la spesa militare come un investimento - anche se senza ritorno - si può facilmente aggiungere l'1% del PIL da sola, o più del doppio per tornare ai livelli della Guerra Fredda degli anni Ottanta. Uno sforzo serio per rispettare gli obiettivi di Parigi sul cambiamento climatico potrebbe aggiungere un altro 1% - 2% del PIL, e questo prima della spesa per eliminare la Cina dalle catene di approvvigionamento.

Segnale di allarme

Gli investimenti contribuiscono alla pressione inflazionistica. Gli investimenti totali negli Stati Uniti sono in calo dagli anni '80, nonostante una recente ripresa.

Gli investitori non pensano che questo sia un problema. I mercati obbligazionari si basano sulla premessa che l'inflazione scenderà rapidamente verso l'obiettivo del 2% della Fed e vi rimarrà, senza che la Fed debba fare nulla di veramente drammatico.

Certo, i rendimenti reali dei Treasury sono molto più alti rispetto ai minimi della pandemia, quando gli investitori erano disposti a bloccare un rendimento inferiore all'inflazione per 10 anni utilizzando i titoli del Tesoro protetti dall'inflazione, o TIPS. Ma il rendimento dei TIPS a 10 anni, pari all'1,3% circa, rimane ben al di sotto del 2,1% che ha registrato in media tra il 2004 e il 2007, un periodo in cui il commercio con la Cina contribuiva a ridurre l'inflazione e la spesa militare tedesca aveva raggiunto il minimo storico.

Non tutto ciò che frenava l'inflazione ora la spinge al rialzo. La tecnologia ha contribuito a tenere sotto controllo l'inflazione facilitando gli acquisti a confronto e rivoluzionando la gestione della catena di approvvigionamento. Anche tecnologie come l'intelligenza artificiale, la terapia genetica e la missilistica a basso costo potrebbero contribuire ad allentare le pressioni inflazionistiche.

Tuttavia, molti dei fattori che una volta aiutavano le banche centrali sono diventati inversi e gli investitori li stanno ignorando. I mercati non sono preparati ad affrontare il rialzo dei tassi necessario se le pressioni inflazionistiche si riveleranno persistenti, come mi aspetto.

Peggio ancora, i banchieri centrali potrebbero non essere pronti a subire le critiche di una società che si è affidata al denaro facile e potrebbero accettare tranquillamente aumenti dei prezzi superiori ai loro obiettivi. In entrambi i casi, i rendimenti obbligazionari saranno più alti e, molto probabilmente, le azioni più basse di quanto sarebbero altrimenti.

Mackintosh è editorialista senior del Wall Street Journal. Può essere contattato all'indirizzo james.mackintosh@wsj.com.

Valter Buffo
Dopo una settimana aggiorniamo l'Oroscopo Dei Mercati 2023
 

Come in più sedi Recce’d ha scritto il giorno di Capodanno, ogni prima settimana dell’anno è sempre contrassegnata da alta volatilità, diffusa emozione, e grande confusione. Non sono ancora scomparsi i vecchi temi di mercato, e non sono ancora definiti i temi del Nuovo Anno.

Nel 2023, questa tradizione si è confermata: in modo particolare, nella seduta del venerdì 6 gennaio (giorno dell’Epifania in Italia), quando la Befana ci ha portato una serie di dati che spazia dall’inflazione in Europa alla disoccupazione negli USA, passando poi per la crescita dei salari, l’indice ISM, e i dati per la produzione e la vendita di beni durevoli USA.

Dati di grande peso, che meritano un’analisi di dettaglio: analisi che Recce’d proporrà nel suo quotidiano The Morning Brief la settimana prossima.

Lo scopo di questa analisi? Scegliere con raziocinio tra le alternative che JP Morgan ci propone con il grafico qui sotto.

Recce’d ovviamente la sua scelta la ha già fatta: ed è proprio sulla base di questa scelta, che abbiamo costruito e poi modificato i nostri portafogli modello, che hanno prodotto risultati a tre e cinque anni migliori delle gestioni di portafoglio concorrenti alla nostra (ne abbiamo scritto anche in TWIT-TWOO proprio venerdì 6 gennaio 2023).

Ogni giorno, però, quella scelta noi la verifichiamo: mettendola al vaglio della realtà, economica e finanziaria, che appunto ogni giorno si evolve e si modifica.

E’ proprio questa la ragione per la quale è cruciale, per ogni gestione di portafoglio di asset finanziari, rivedere con attenzione i dati pubblicati la settimana scorsa e comprendere come hanno modificato la realtà e quindi le prospettive di rendimento e rischio di ogni asset finanziario.

Come leggete qui sopra, tutti i media hanno colto l’occasione fornita dai dati della scorsa settimana per riportare in vita il tema del “soft landing”: vi abbiamo già illustrato, con dettaglio analisti le ragioni per le quali risulta ESSENZIALE per i media, spinti a loro volta dall’industria delle banche e dei Fondi Comuni, mantenere sempre in vita il tema del “soft landing”.

E’ una questione di sopravvivenza, e di disperazione: dopo i gravi errori, ed i forti traumi, subiti nel 2022 (l’anno peggiore della storia per il tradizionale portafoglio bilanciato) diventa essenziale fornire al pubblico, attraverso i media, una versione “zuccherata” del futuro, una speranza, e mantenere vivo un desiderio di rivincita.

Era già così nel 2021, ricordate? Tutti quei titoli dei media sul “boom economico”: Dopo soli 18 mesi, tutti i titoli invece parlavano già di “recessione”.

E’ stato così anche nel 2022, ricordate? Nelle prime settimane, un anno fa, tutti i titoli dei media ci informavano di una “inflazione transitoria”, per poi modificare tono, drammaticamente, nel corso dell’anno.

Sarà lo stesso anche nel 2023: oggi tutti i titoli, in modo unanime, ci spingono a credere nel “soft landing”, ed anche in questo caso come nei casi precedenti che abbiamo citato non esiste alcun fondamento di questa teoria nella realtà che ci circonda e nella quale operiamo come investitori.

Ce lo hanno detto proprio i dati che sono stati pubblicati la settimana scorsa.

Non è difficile rendersi conto di come stanno le cose nella realtà intorno a noi: i dati di venerdì 6 gennaio per l’inflazione in Europa sono stati, in modo unanime, presentati dai media come “un forte calo dell’inflazione” (immagine che segue). E’ una scelta politica: si mette in evidenza il calo, e si tenta così di fare dimenticare al pubblico che l’inflazione sta oggi al 9,2% mentre il costo del denaro, in Europa, sta oggi al 2%.

“Come pensate di uscire da questa stituazione?”: nessuno, tra i media, ha il coraggio di porre questa semplice domanda, e questo fa il gioco dei banchieri centrali e degli uomini di Governo, che possono sperare.

Quale è la speranza di queste persone?

La loro speranza è che il trascorrere del tempo faccia andare via l’inflazione senza bisogno di intervenire con decisione. Non è, per nulla, la medesima speranza di noi investitori, che in quel caso finiremmo per pagare per tutti, come già è stato nel 2022.

Notate che si ripete qui la storia del QE: un decennio speso a raccontare che “il QE serve a fare ripartire l’economia”, un decennio del tutto sprecato (l’economia NON è mai ripartita) e durante il quale sono stati creati pericolosissimi squilibri, squilibri che oggi pesano sulle spalle del prossimo decennio e della prossima generazione.

Secondo la “narrativa dominante” del “soft landing”, l’inflazione nel 2023 diminuirà “perché diminuirà”. Stop. Un atto di fede.

Quanti investitori abboccheranno, nel 2023? La “narrativa dominante” reggerà, almeno per qualche mese? Giusto il tempo per preparare una “nuova narrativa”? Oppure, succederà qualche cosa, di inaspettato?

Su questo, la posizione di Recce’d è chiarissima, e da molti mesi. La abbiamo esposta motivando la nostra scelta anche in sedi pubbliche.

Ovvio che il dibattito sul “soft landing” si prolungherà ancora sui media, e per alcuni mesi: abbiamo già detto che tutta intera l’industria del risparmio (banche di investimento e Reti di promotori finanziari che vendono le polizze e i Fondi Comuni di Investimento) ha tutto l’interesse a mantenere questa storia in vita, anche se ad oggi non c’è un solo dato che la sostiene. I cali nei dati per l’inflazione sono ridicoli, i dati per la crescita delle economie non dicono che i rialzi dei tassi già effettuati hanno rallentato le economie (fino ad oggi il rallentamento è modesto), mentre i tassi ufficiali di interesse delle Banche Centrali restano ampiamente negativi, ovvero inferiori (di molto) i tassi di inflazione.

Resta quindi da effettuare un lavoro di riparazione (dei danni fatti tra il 2020 ed il 2021), un lavoro che è appena iniziato e durerà per anni (determinando sia i rendimenti degli asset finanziari, sia i futuri rischi di ULTERIORI ribassi dei loro prezzi).

Insomma, tutta la storia del “soft landing” fa comodo a molti, ma non regge. E non regge neppure se viene messa a confronto con il comportamento passato dei mercati finanziari: nella tabella qui sopra, viene documentato che non esiste alcuna evidenza storica che associa il cosiddetto “pivot” con una ripresa dei mercati finanziari.

Lo dice in modo chiaro la tabella: non funziona. la catena che ci porta dal rallentamento delle economie, al calo dell’inflazione, al calo del costo ufficiale del denaro, fino alla ripresa delle quotazioni azionarie, non funziona. Non esiste.

Nel grafico che segue, rivediamo insieme ciò che accadde nel 1974.

Traduciamo questo sintetico lavoro di analisi in pratiche indicazioni per la gestione di un portafoglio in titoli:

  • non abboccate all’esca, e evitate (questa volta almeno) la trappola: non affidatevi alla “narrativa” sul “soft landing”: sono solo parole, chiacchiere che confondono “quello che si vorrebbe vedere” con la realtà dei fatti; se non volete ripetere la pessima esperienza del 2022, questa volta rifiutate di rincorrere questo miraggio

  • abbiamo dedicato proprio in questo Blog una serie di Post che vi suggeriamo di rileggere: ci troverete spiegata la ragione per la quale le scelte sui singoli asset finanziari, oggi, vanno fatte pensando ai cambiamenti dei prossimi 10 anni (visto che siamo entrati in una Nuova Era dei mercati finanziari); questa serie di Post proseguirà in gennaio

  • abbiamo anche dedicato una seconda serie di nostri Post ai tre grandi rischi per i mercati finanziari nel 2023, che sono il credito, il costo reale del denaro, e l’instabilità finanziaria, anche questa serie di Post proseguirà in gennaio, perché saranno proprio gli eventi di mercato ad imporcelo

  • Affidatevi invece ai fatti: ai dati, da quelli della settimana scorsa a quelli che vedremo nelle prossime settimane: in particolare, qui ci riferiamo alla stagione delle trimestrali, che inizia la settimana prossima (vedi in basso il calendario della prima parte) e che noi commenteremo ogni mattina in The Morning Brief.

In questo Post, non abbiamo lo spazio per un’analisi di dettaglio, che come detto verrà proposta attraverso il nostro Bollettino quotidiano: resta però utile segnalarne l’importanza, lasciando poi ai nostri lettori di approfondire.

Potrebbe essere proprio questo, il punto debole dell’intera “narrativa” che ci viene imposta dai media, dalle Reti di promotori che vendono i prodotti finanziari, e dalle banche di investimento.

Spieghiamo in modo sintetico per quale ragione: la “narrativa dominante” oggi a voi vuole vedere una catena degli eventi che parte dall’economia che rallenta, passa per l’inflazione che scende, ed arriva ai tassi di interesse ufficiali che diminuiscono.

Quello che non si spiega, in questo scenario, è come facciano le stime per gli utili 2023 a rimanere in linea con quelle del 2022.

Da questo, deriva la rilevanza dei dati che vedremo nelle prossime settimane. E voi investitori dovete cercare, con le vostre scelte, di anticipare la risposta giusta alla seguente domanda: “In uno scenario di soft landing ha senso scommettere i miei risparmi su di un rallentamento delle economie che però non va a toccare gli utili delle Aziende?”

Fatevi, come minimo, due conti: oppure, chiedete al financial advisor, al private banker, al wealth manager, al robo advisor, e vedete se per caso lui ne sa qualche cosa, di quello che è scritto qui sotto nell’immagine, oppure nei due grafici che abbiamo messo a confronto più sopra.

Informatevi, di dove e come sono messi i vostri soldi.

Valter Buffo
Profezia 2023
 

Siamo, tutti noi investitori, coinvolti in un processo che durerà anni: questo processo è un processo di ridimensionamento.

La nuova epoca (che molti hanno definito “paradigm shift” oppure “regime shift”) è la conseguenza non evitabile di quindi anni di eccessi. Gli ultimi anni, poi, sono stati definiti, in modo molto appropriato, “la bolla di tutto” oppure la “Disneyland” dei mercati.

Chi non lo ha anticipato, oggi, e domani, e dopodomani, si trova e si troverà in gravi difficoltà. Il 2022 è stato soltanto un inizio: ed un inizio decisamente morbido. Non tutto, in futuro, sarà “soft”.

Abbiamo scritto ridimensionamento: il ridimensionamento tocca e toccherà sia i prezzi sui mercati finanziari (e non: anche sul mercato degli immobili), sia le strutture dei mercati e degli operatori di mercato, coinvolgendo sia la cosiddetta “sell side” (le banche globali di investimento) sia la cosiddetta “buy side” (le Società di Fondi Comuni, ma soprattutto le Reti che vendono questi Fondi Comuni). Ed in aggiunta toccherà anche i media, a cominciare proprio da CNBC.

Ormai, tutti sono rassegnati: tutti si sono resi conto che era impossibile proseguire con gli errori del periodo precedente, il periodo (disastroso) del QE.

In questa nuova epoca, potrà investire con successo (e fare grandi guadagni) solo chi utilizzerà criteri diametralmente opposti a quelli degli ultimi quindici anni: dalla scelta del consulente finanziario, alla scelta dei cosiddetti “prodotti finanziari” (che vanno ELIMINATI dai portafogli titoli) fino alla scelta dei mercati sui quali investire (che però nel nuovo contesto è solo L’ULTIMA in ordine di importanza, se si guarda al risultato finale.

Quello che leggete nell’immagine qui sopra è, a giudizio di Recce’d, il tweet più importante di tutto il 2022: in questo tweet si spiega che i Fondi ARK, e Cathie Wood che li gestisce e li pubblicizza in TV, mai hanno avuto a che vedere con il tema di investimento “INNOVAZIONE”.

Ripetiamo. Il tweet ci spiega che ARK, e tutti i fenomeni osservati negli ultimi anni simili ad ARK, ed anche tutti i media che hanno aiutato a gonfiare la bolla di ARK, non hanno mai avuto nulla a che vedere con il tema di investimento “INNOVAZIONE”.

Tutto era spiegato, invece, da un altro fattore, e da UN SOLO fattore. Questo fattore si chiama “espansione monetaria”, ed ha causato in modo diretto la “bolla di tutto” che ha trasformato i mercati finanziari in una ridicola e patetica scena simile a Disneyland.

Se non avete realizzato questo, voi ma soprattutto i vostri investimenti siete tutti in una situazione di grave rischio, guardando al futuro.

I Fondi ARK hanno già perso lo 80% dai massimi, e la loro performance dal 2017 è pari a zero (in sei anni).

Ma i Fondi ARK non resteranno isolati: altri asset, ed altre categorie di asset finanziari, vanno incontro a perdite di questo tipo.

Utilizziamo il termine “PERDITE” invece del termine “MINUSVALENZE” per una ragione semplicissima:

  • puoi subire delle minusvalenze quando (a titolo di esempio) hai aperto una posizione SHORT sul BTp decennale ed il BTp decennale rende lo 0,50%: quelle sono soltanto MINUSVALENZE;

  • al contrario, se la tua posizione è LONG su Tesla a 400 euro ed oggi Tesla fa fatica a tenere i 100 euro, devi pensare ad una PERDITA.

Se non te ne rendi conto, e se non riesci a vedere da solo la differenza, allora … il nostro suggerimento è di SMETTERE di investire sui mercati finanziari.

Il grafico qui sopra ci aiuterà ad essere più chiari: nel grafico, si mette a confronto l’andamento di ARK negli ultimi anni e l’andamento dell’indice Nasdaq negli anni intorno al 2000 (la bolla “dot.com”).

Il grafico vi può essere utile per ricordare tre cose:

  1. l’indice Nasdaq ha recuperato i livelli dell’anno 2000 solo 15 anni dopo

  2. il recupero è stato reso possibile UNICAMENTE da manovre straordinarie di politica monetaria (il QE) che nel futuro NON si ripeteranno per la ragione che hanno FALLITO

  3. l’indice Nasdaq era composto di una ampia varietà di titoli, mentre il portafoglio dei Fondi ARK si concentra su un certo numero di Aziende, ma tutte dello stesso tipo, come si deduce anche dal dettaglio del prossimo grafico.

Questo Post non è centrato su ARK: anzi, questo Post proprio non parla di ARK. Questo Post parla di voi che state leggendo, o quanto meno di molti di voi, tutti quelli che ancora a inizio 2022 erano sicuri che ARK fosse una realtà di avanguardia, nel mondo degli investimenti, che garantisse risultati sopra la media, che fosse una “scommessa senza rischio”.

Avete sbagliato. Avete ragionato male. Oppure, siete stati consigliati male. Il vostro financial advisor, il vostro private banker, il vostro wealth manager avrebbe dovuto dirvi esattamente queste cose già a metà del 2021.

Noi di Recce’d, noi lo abbiamo fatto, e detto, e scritto. E già alla metà del 2020. Questa è professionalità, questa è affidabilità. Il Resto? Non c’è altro, nel mondo degli investimento: è questa la sola QUALITA? che un gestore, un gestore di portafogli modello tanto quanto un gestore cosiddetto “personalizzato” deve avere.

Il resto, il contorno, la pubblicità, le parole, i benefit ... quella è tutta fuffa, solo fuffa.

Non conta nulla: alla fine del 2022, del 2021, del 2020, del 2019, conta solo il risultato. Anche alla fine del 2023.

Purtroppo però, ed anche l’esempio di ARK lo conferma, la grande massa degli investitori continua a “comperare quello che sale e vendere quello che scende”, che poi vuole dire “comperare quando il prezzo è alto e vendere quando il prezzo è basso”.

La più grande stupidaggine che si può fare con i propri soldi.

Abbiamo già detto, e ripetiamo, che questo Post non è dedicato all’argomento ARK, anche perché ARK nel 2023 conterà quasi nulla, e gli stessi media che prima “pompavano” ARK faranno in fretta a mettere ARK e Cathie Wood da parte.

Questo Post è dedicato, invece a voi, che ci leggete, ed alla prossima ARK che ancora non sappiamo come si chiama ma che sicuramente arriverà sugli schermi di CNBC: la loro professione, di fatto, è basata sul “pompare” qualche cosa, poi metterlo velocemente da parte, e passare subito alla prossima storia da “pompare”.

Ovviamente il discorso non riguarda solo ARK (che è già nel passato): ricordate quando, durante l’estate 2022, comodamente seduti sulla sdraio, avete letto sul vostro quotidiano decine di articoli che descrivevano la “crisi energetica”?

Recce’d in quei mesi scriveva nel proprio The Morning Brief: “La crisi energetica NON esiste”. Avevamo ragione noi, la crisi energetica è stata un invenzione dei media e di alcuni interessati operatori finanziari (le banche globali di investimento), e faceva gioco per “piazzare la merce”.

Ma non è mai esistita, e lo leggete sotto nell’immagine.

Anche la crisi energetica, però, è una cosa del passato, proprio come ARK: se volete fare oggi il vostro interesse, e ripensare ai vostri investimenti sui mercati finanziari, il suggerimento di Recce’d è di utilizzare questi due episodi semplicemente come due esempi, e di chiedervi che cosa vi aspetta nel 2023, che ha le medesime caratteristiche, e la medesima natura di ARK e della “crisi energetica 2022”.

Potremmo fare qui e subito un certo numero di concreti esempi, spiegando come vanno applicati alla gestione dei vostri portafogli.

Ma noi di Recce’d riserviamo questo tipo di indicazioni ai nostri portafogli modello.

Ci limitiamo quindi, in questa sede, a proporre un solo esempio, che è anche il più ovvio, visto quello che ormai si legge su tutti i quotidiani (anche in Italia). L’esempio è questo: un investitore guardando al 2023 è costretto (dai fatti) a domandarsi quali sono le ragioni che hanno spinto un imprenditore americano molto noto, che opera nel settore delle auto elettriche, ad ossessionarsi fino a diventare ridicolo sul tema dei tassi ufficiali di interesse.

Negli Stati Uniti, il rialzo dei tassi di interesse dallo 0% al circa il 4% è stato provocato da una inflazione che è salita al 9% ed oggi si colloca sopra il 7%: quale di questi numeri potrebbe mai mettere in pericolo l’esistenza stessa di una Società attiva nel settore automotive? Esistono forse ALTRE motivazioni? Quali motivazioni potrebbero giustificare tutta quella preoccupazione, tutta quell’ansia, tutta quell’acredine?

Oggi, come avete visto, anche i quotidiani in Italia si occupano di questo imprenditore: Recce’d, che per professione si occupa di gestire i portafogli modello, lo fece nel 2020, e poi nel 2021, con scelte chiare, nette e anche forti, che ci esposero allora a molte critiche.

Parlare oggi di quell’imprenditore, con i toni utilizzati dai giornali, è soltanto un fatto di costume: dal punto di vista della gestione del portafogli di investimenti finanziari, è INUTILE perché arriva con due anni di ritardo.

La ragione per la quale noi abbiamo suggerito ai lettori del Post di riflettere su questa storia non è il futuro di questa specifica azienda, bensì è quella che avete letto nella prima immagine che apre il Post, e che ricordiamo: gli effetti DISTORSIVI delle scelte (tragiche) fatte nel biennio 2020 - 2021 si sono già manifestati, ma soltanto in parte.

La Nuova Era dei mercati finanziari è appena cominciata: altre storie arriveranno in prima pagina, ed altre realtà salteranno per aria.

Come si legge nell’immagine che trovate poco più sotto, se volete gestire il vostro portafoglio di investimenti a partire da lunedì 2 gennaio in modo da produrre risultati positivi, allora dovete capire che da lunedì 2 gennaio 2023 si passerà

  • da un mercato finanziario internazionale dominato dalle notizie sull’inflazione ed i tassi di interesse

  • ad un NUOVO mercato guidato dalle notizie su utili e credito.

Dei problemi relativi al credito, noi di Recce’d abbiamo già scritto, e scriveremo poi ancora, qui nel Blog in una serie di Post dedicata ai tre grandi rischi per i mercati finanziari nel 2023.

Di utili invece oggi scriviamo nel Blog, in un secondo Post, e poi approfondiremo, con la nostra analisi di elevata qualità, per tutto gennaio in The Morning Brief.

A proposito proprio di utili, uno dei più noti gestori di portafoglio del Mondo ha scritto proprio a Natale (nell’immagine sotto che chiude il nostro Post) quanto segue:

“Io non credo che rimanere accampati sulle scelte degli ultimi anni, con il rosario tra le mani, a pregare per un “rimbalzo”, sia la strategia vincente per il 2023”.

Ecco: lui sicuramente si rende conto. Ascoltate il suo consiglio, e ascoltate anche noi di Recce’d. Contattateci.

Valter Buffo