E' già ritornato il QE. E quindi? Che cosa cambia per i nostri portafogli?

 

I dati ci dicono che il QE non se ne è mai andato: è ancora qui con noi.

E allora, ci chiediamo (e vi suggeriamo di indagare) per quale ragione tutti, e in tutto il Mondo, in queste settimane passano il 90% del loro tempo a discutere di inflazione, recessione, occupazione? Per raggiungere quale obbiettivo? L’obbiettivo, sicuramente, non è quello di aiutare noi investitori a fare le scelte vincenti: questo per la ragione che le scelte di investimento vincenti, quelle che ci portano i guadagni nel portafoglio, sono sempre, e da sempre, quelle che ricaviamo osservando con attenzione la realtà.

Oggi, la realtà intorno a noi ci dice che, nonostante un numero eccezionale di rialzi dei tassi ufficiali di interesse nel 2022, questo NON è il fattore più importante.

Il panorama dei mercati finanziari a tutto oggi resta dominato da altri fattori: e tra questi spicca un fattore (almeno fino ad oggi) che molti ci avevano detto essere scomparso, archiviato, chiuso nel passato. Questo fattore si chiama “QE” e ci aiuterà, come leggerete, a spiegare molte e molte cose dei mercati finanziari della parte finale del 2022 e delle prime settimane del 2023.

Quella che vedete qui sopra, nel grafico, è la storia di noi investitori, di tutti noi investitori, negli ultimi 20 anni. Si vede facilmente il Grande Esperimento, il radicale cambiamento delle politiche monetarie intervenuto a causa della Grande Crisi Finanziaria 2007 - 2009. Quel Grande Esperimento ha cambiato, profondamente, le regole e le modalità di funzionamento sui mercati finanziari: tutto è stato stravolto.

E questo dato di fatto, alla luce dei dati del grafico, è normalissimo, visto che in quei dati ci viene raccontato uno sforzo, che non ha eguali nell’intera storia economica di questo Pianeta. Mai visto prima.

Nel 2022 sono arrivati però molti segnali, e forti, di un indebolimento: senza ombra di dubbio, quello scenario si è incrinato. Allo stesso tempo, oggi sarebbe del tutto sbagliato assumere, per le proprie scelte di gestione del portafoglio, che quella fase si è chiusa, è stata archiviata e consegnata al passato. Non è ancora chiusa. Ci sono interessi, fortissimi, che spingono a favore del mantenimento di quella enorme distorsione del funzionamento dei mercati finanziari: anche a fronte dei gravi danni che proprio quella politica ha provocato, e che sono diventati impossibili da negare nel 2022.

Per una parte del mercato, delle Aziende che ci operano, e degli investitori, i danni che si sono manifestati chiaramente nel 2022 non contano: questo perché, per una parte del mercato, per tutte le grandi Aziende del settore (banche e Reti), e per quella parte degli investitori (quelli che hanno seguito le indicazioni di banche e Reti) i danni sono ancora la scelta meno dolorosa, visto che sull’altro piatto della bilancia c’è la loro stessa sopravvivenza.

Come tutti sapete, il QE ha mantenuto in vita chi oggi, senza QE, sarebbe fuori da tutti i giochi. Il QE ha mantenuto in vita gli zombies.

Veniamo ad oggi, all’attualità dei mercati.

Distratti dal quotidiano bombardamento di media e Reti sul tema dell’inflazione e dei tassi ufficiali di interesse (che avrà un peso modesto sulle performances nel 2023) la massa degli investitori ha trascurato nelle prime settimane del 2023 la vicenda di maggior rilevanza.

Vicenda che invece, su base quotidiana, Recce’d ha analizzato per i propri Clienti nel The Morning Brief.

C’è chi sostiene, con competenza ed esperienza, che potrebbe derivare, dall’esito di questa specifica vicenda, uno “shock finanziario globale”: è dunque utile approfondire, capire, e poi eventualmente decidere quali mosse effettuare sul proprio portafoglio.

Mercoledì scorso, 18 gennaio 2023, la Banca del Giappone dopo avere chiuso la propria riunione, ha annunciato la decisone di proseguire nella propria politica di “controllo dei rendimenti dei Titoli di Stato”, chiamata YCC, politica che consiste nel comperare sul mercato Titoli di Stato, allo scopo di fare diminuire il rendimento a scadenza degli stessi Titoli. la decisione ha sorpreso i mercati, che avevano previsto che la BoJ avrebbe abbandonato quella politica.

Leggiamo un autorevole commento a caldo di John Normand, che abbiamo scelto e poi tradotto per i nostri lettori.

* Perché la decisione odierna della #BankofJapan sul controllo della #curva dei rendimenti non ha spostato il cambio #USDJPY *

Quella di oggi è la penultima riunione di #Kuroda-san come governatore della Banca del Giappone e, per ora, sembra deciso a deludere coloro che si aspettavano una conclusione ad alta volatilità di una delle carriere più controverse del settore bancario centrale a livello globale. In qualità di architetto, attuatore e portavoce di quello che alcuni definiscono il più grottesco esperimento #monetario della storia, le sue politiche meritano di essere giudicate in base alle conseguenze a lungo termine che seguiranno la sua uscita di scena, piuttosto che in base a ciò che è accaduto all'economia giapponese (uscita dalla deflazione) nell'ultimo decennio. Credo che gli storici dell'economia saranno poco caritatevoli nei suoi confronti, proprio come hanno imparato a riscrivere la storia del presidente della Fed #Greenspan, che una volta era stato prematuramente soprannominato il Maestro della politica monetaria.

Ma torniamo a oggi... USD/JPY ha subito un'impennata dopo la decisione della BoJ di mantenere l'obiettivo di rendimento a 10 anni e di estendere le operazioni di prestito. Da allora la coppia si è abbassata e sospetto che domani tornerà ai livelli precedenti alla riunione. Il motivo è che la maggior parte degli investitori riconosce che la politica della BoJ è forse la più disallineata del pianeta (dopo forse quella della Turchia), relativamente alla posizione dell'economia sottostante.

Il grafico allegato, che traccia una proxy dei tassi di policy della BoJ rispetto all'inflazione core giapponese, illustra il motivo. La BoJ ha mantenuto i tassi di policy vicino allo zero e ha mantenuto l'espansione del #bilancio per la maggior parte degli ultimi 20 anni, a causa della reale o temuta #deflazione.

Ma l'inflazione di fondo è in costante aumento da due anni e ora è al +3%. Il costo politico implicito è piuttosto negativo, per un'economia che sta andando a #piena occupazione su misure come la disoccupazione e l'inflazione core/linea rispetto all'obiettivo.

Sì, l'inflazione core ha superato il 2% in precedenza, come nel 1997 e nel 2014. Ma quelle mosse erano dovute ad aumenti dell'#imposta sui consumi piuttosto che alla chiusura del #outputgap. La BoJ ha quindi agito in modo appropriato, non modificando la politica. Questa volta è diverso - e più simile a due episodi degli anni '70 - di aumento del nucleo centrale dovuto a condizioni cicliche.

Poiché l'orientamento monetario è allineato ai fondamentali interni, gli investitori si aspettavano giustamente che il #YCC venisse ulteriormente allentato quest'anno. A mio avviso, il tapering sarà seguito da rialzi del tasso ufficiale, che probabilmente saranno di breve durata come quelli del 2007, prima della crisi finanziaria. Tuttavia, un certo recupero da parte della BoJ in presenza di un #USD sopravvalutato (rispetto a molte valute, non solo allo #JPY) è il motivo per cui la riduzione dello spread #UST - #JGB, il calo del #USDJPY e la sottoperformance del #Nikkei rispetto alle azioni asiatiche sono ancora da prevedere per il primo semestre 2023.

Se questo cambiamento della BoJ si verificasse nelle fasi iniziali e centrali di un'espansione economica globale, direi che ha implicazioni materiali sul flusso di capitali e quindi sul mercato per il resto del mondo. Ma poiché ritengo che la recessione indotta dalla Fed inizi nel secondo semestre, la BoJ rimane solo un capitolo di una storia molto più lunga.

Il sintetico, ma efficace, commento di John Normand inquadra per i nostri lettori le notizie dello scorso mercoledì e aiuta il lettore a comprenderne la portata.

E tuttavia, siamo sicuri che un certo numero dei nostri lettori starà pensando: “Ma che ce ne importa del Giappone? E’ molto lontano dall’Italia, la sua economie è isolata rispetto al resto dell’Occidente, e abbiamo altre cose di cui occuparci, tra le quali la spesa al supermercato che è aumentata in 12 mesi dello 11%”.

Se per caso c’è un lettore di Recce’d che ragiona in questo modo, lo dobbiamo avvertire: sta commettendo un errore.

Le vicende del Giappone ci devono interessare sempre, ma questa specifica vicenda … ha un impatto diretto persino sulle nostre spese per carburante ed alimentai di ogni giorno.

Ma voi lo sapete? Siete coscienti che la Banca del Giappone crea nuova liquidità ogni giorno per l’equivalente di 50 miliardi di dollari USA? Ve lo hanno detto? Vi hanno spiegato le conseguenze? No? E perché nessuno ve lo ha detto? Perché nessuno si è preso la briga di spiegarvi?

Vi invitiamo a leggere all’immagine qui sopra: si tratta di un estratto dal Financial Times, che ci dice che la banca del Giappone ha speso il 5% del PIl Giapponese solo nell’ultimo mese per difendere la sua politica di YCC.

Se non riuscite a vedere quale è la connessione con la vostra vita quotidiana, ve la mostriamo subito: nel Mondo c’è una Banca Centrale che sta facendo, proprio adesso mentre leggete questo articolo, operazioni di QE.

Sicuramente molti, tra i nostri lettori, hanno letto articoli, ascoltato dalla TV, oppure ascoltato dal proprio wealth manager, dal proprio financial advisor, che la prima parte del 2023 è stata influenzata, in modo decisivo, dalla “previsione di un calo dell’inflazione”. E siamo altrettanto sicuri che NULLA vi è stato detto, a proposito di questa vicenda.

Si tratta anche qui di un grave errore: acquistando in misura massiccia i propri Titoli di Stato, la Banca del Giappone ha immesso nuova liquidità NON sul proprio mercato interno, bensì sul mercato internazionale. Generando così un flusso di acquisti su tutti i Titoli di Stato, del Mondo intero. Gli investitori vendono alla Bnaca del Giappone Titoli di Stato, poi con i soldi incassati vanno a comperare … ALTRI Titoli di Stato.

Da qui viene, almeno per una parte, una spiegazione del recente andamento dei rendimenti sui mercati obbligazionari internazionali.

Con la sua decisione (di “non decidere) di mercoledì 18 gennaio, la Banca del Giappone ha promesso al Mondo intero di proseguire nella sua politica di “QE che non viene chiamato QE”, e quindi nell’immediato ha promesso ulteriore sostegno ai prezzi dei Titoli di Stato nel Mondo.

Ha promesso, implicitamente: anche altre cose. E precisamente, ha promesso un supporto all’inflazione, ed ulteriore instabilità dei mercati finanziari. Sui mercati, di questo ci si è già resi conto, come racconta l’immagine che segue.

Il nostro suggerimento, ed il contributo che regaliamo all’investitore con questo nostro Post, è di approfondire: non accontentatevi delle superficiali spiegazioni del financial advisor (ammesso che ve ne abbia fornite) ed andate più a fondo.

Le vicende del Giappone, nel 2023, peseranno su entrambi i vostri portafogli: sia sul portafoglio degli asset finanziari, sia sul portafogli del supermercato e del carburante.

Allo scopo di supportarvi in modo concreto, abbiamo scelto per voi una recentissima intervista a Jim Grant, intervista che abbiamo poi tradotto e che qui si seguito vi proponiamo, e che risale ad un paio di giorni PRIMA della decisione della BoJ.

Nell’intervista, il notissimo esperto di obbligazioni prima inquadra, alla perfezione, la vicenda nel contesto più generale dei mercati finanziari nel 2023, e poi illustra, anche qui in modo chiaro, le ricadute di queste ultime scelte della BoJ, e più in generale dello “esperimento di politica monetaria” che questa Banca Centrale sta conducendo.

Esperimento “senza rete” che la Banca del Giappone sta conducendo (ci auguriamo che i nostri lettori lo comprendano) sulla nostra pelle.

Leggete con attenzione questa intervista: vi suggeriamo, in modo particolare, di porre attenzione al modo nel quale Jim Grant lega la vicenda del Giappone ai destini del mercato obbligazionario internazionale ed anche a quelli del mercato internazionale di Borsa.

La gestione del portafoglio titoli, e ve lo dimostra la storia del vostro portafoglio, produce rendimenti stabili e duraturi soltanto se viene condotta sulla base di premesse di questo tipo.

Se mancano, poi mancano i risultati.


Si sta facendo strada la speculazione che la Banca del Giappone stia perdendo il controllo del mercato obbligazionario. Jim Grant, redattore di "Grant's Interest Rate Observer", ritiene che ciò potrebbe innescare uno shock nel sistema finanziario globale. Spiega inoltre perché si aspetta un'ulteriore impennata dell'inflazione e perché l'oro dovrebbe far parte del vostro portafoglio.

Christoph Gisiger 17.01.2023, 05.06 Uhr


La notizia ha colto i mercati di sorpresa: Il 20 dicembre la Banca del Giappone ha sorprendentemente esteso l'intervallo di riferimento per il rendimento dei titoli di Stato decennali a più/meno 0,5%. Una mossa che nessun economista si aspettava. L’immagine qui sotto ci ricorda quei fatti di un mese fa. Questa settimana, la Banca del Giappone potrebbe annunciare un importante cambiamento di politica in un contesto di aumento dei rendimenti dei titoli di Stato e di rafforzamento dello yen. Sebbene sia passato appena un mese dall'ultima riunione della BoJ, il mercato obbligazionario sta già testando il nuovo limite superiore del regime di controllo della curva dei rendimenti.

"Per noi la politica dei tassi d'interesse giapponese assomiglia al muro di Berlino della fine della Guerra Fredda, un anacronismo stantio che prima o poi dovrà cadere", afferma Jim Grant. Per l'editore dell'iconico bollettino d'investimento "Grants' Interest Rate Observer", i recenti sviluppi in Giappone rappresentano un rischio sottovalutato per i mercati finanziari globali. Anche perché praticamente nessuno ne parla.

In un'intervista approfondita con The Market NZZ, che è stata leggermente modificata per chiarezza, Grant spiega cosa significherebbe per i mercati finanziari se la Banca del Giappone fosse costretta ad abbandonare la sua politica di controllo della curva dei rendimenti. Ma prima ci spiega perché non crede che l'inflazione finirà presto, perché le obbligazioni potrebbero essere all'inizio di un lungo mercato orso e perché ritiene che l'oro sia la scelta migliore come riserva di valore.

"Se il passato è prologo e se il grande mercato dei titoli obbligazionari è terminato, allora, sulla base della forma, ci troviamo di fronte a quello che potrebbe essere un movimento molto prolungato e forse graduale verso l'alto dei tassi di interesse": Jim Grant.


Che cosa osserva oggi il mondo finanziario?

Beh, è sempre lo stesso e - ecco il problema - è sempre un po' diverso. Il trucco consiste nell'individuare la caratteristica unica o insolita di un ciclo già noto. A questo proposito, è utile conoscere un po' di storia finanziaria e, a tal fine, è utile essere un po' anziani. Ma ciò che non è utile è scambiare il passato per una certa tabella di marcia verso il futuro.


Quali sono attualmente gli sviluppi più importanti dal punto di vista storico?

Il motore essenziale di gran parte delle notizie di oggi sono le conseguenze del regime monetario in vigore in tutto il mondo. Questo regime ci ha dato tassi di interesse artificialmente bassi, anzi soppressi, e ci ha dato le conseguenze di questi falsi tassi che includono una dilagante cattiva allocazione del capitale e grandi raffiche di speculazione, alcune delle quali sono molto divertenti e altre piuttosto lucrative per le persone intelligenti che riescono ad entrarvi.


Tuttavia, sulla scia dell'impennata dell'inflazione dello scorso anno, i tassi di interesse sono aumentati rapidamente. Ora l'inflazione sembra diminuire. L'aumento dei prezzi è stato solo temporaneo?

È evidente che il tasso di variazione si è ridotto, ma spesso si ignora il livello dell'inflazione. Il tasso di variazione è la preoccupazione di tutti, ma la perdita di potere d'acquisto non viene mai recuperata. Questa è la natura di un regime di moneta fiat. Nel periodo del gold standard, i prezzi aumentavano in media e scendevano in media, ma alla fine di cicli molto lunghi rimanevano invariati. Al contrario, un regime di moneta fiat è caratterizzato dal fatto che i prezzi aumentano sempre di più e non possono mai correggere al ribasso. Quindi abbiamo un livello di prezzi medi molto elevato e un tasso di crescita dei prezzi leggermente inferiore.


D'altra parte, la tensione sui mercati si è un po' allentata di recente. Le azioni hanno iniziato il nuovo anno in modo sorprendentemente positivo.

Certamente il rallentamento del tasso di crescita dell'inflazione è da festeggiare. È bello, ma ci troviamo ancora con un sistema che è intrinsecamente inflazionistico. Qui negli Stati Uniti, si tratta di un sistema che si è dato a una spesa pubblica molto libera e poco rigida, che si è dato a grandi diritti per tutti ed è un sistema che ha prosperato negli ultimi anni con tassi di interesse molto bassi e soppressi. Per me, questa è l'essenza di un sistema che genera inflazione: Dal punto di vista politico, l'inflazione è una sorta di "qualcosa in cambio di niente", e questo sembra far parte dello spirito politico. Ecco perché sarei un po' cauto nel pronunciare la fine di questo episodio inflazionistico.


Perché pensa che il problema dell'inflazione potrebbe tenerci sul filo del rasoio per qualche tempo?

L'inflazione in un sistema di questo tipo assomiglia a uno di questi incendi sotterranei di miniere di carbone inestinguibili a lungo. Non so se ce ne siano in Svizzera, ma in Pennsylvania, per esempio, c'è stato un incendio di questo tipo che è andato avanti per circa cinquant'anni. Non lo si vede sempre, ma di tanto in tanto affiora in superficie. È sempre lì, è sempre latente, perde fumo, scalda le suole delle scarpe. Per me questa è una buona analogia con l'inflazione in una socialdemocrazia che spende liberamente ed emette moneta cartacea.


Siamo quindi a un punto di inflessione fondamentale verso un nuovo ciclo, caratterizzato da un aumento dell'inflazione e dei tassi di interesse?

Sì, e lo dico con meritata umiltà perché il "Grant's Interest Rate Observer" aveva previsto la fine del mercato secolare delle obbligazioni almeno un decennio prima della sua conclusione. Guardando indietro, l'ultimo grande mercato secolare delle obbligazioni è iniziato nella primavera del 1946 negli Stati Uniti e nella maggior parte del mondo. Si è concluso nell'autunno del 1981, 35 anni dopo. Quello che seguì, ovviamente, fu un mercato toro obbligazionario ancora più grande e prolungato. È iniziato nell'ottobre 1981 e forse si è concluso nel 2020, quando il rendimento del Tesoro decennale è sceso allo 0,5%.


Che tipo di scenario potrebbe prospettarsi ora?

Se il passato è prologo e se il grande mercato toro dei bond è finito, allora, sulla base della forma, ci troviamo di fronte a quello che potrebbe essere un movimento molto prolungato e forse graduale verso l'alto dei tassi di interesse. Dobbiamo ricordare che i primi dieci anni dell'ultimo mercato orso obbligazionario sono stati caratterizzati da un aumento molto graduale. Era appena percettibile. I rendimenti delle obbligazioni a lungo termine sono aumentati di circa dieci punti base all'anno. Il rendimento del Tesoro è partito dal 2,25% nel 1946, per arrivare al 3,25% nel 1956. Quindi, con tutte queste precisazioni: Sì, penso che il mercato toro delle obbligazioni sia finito e che sia iniziato un mercato orso delle obbligazioni.


Perché i cicli dei mercati obbligazionari durano così a lungo?

Sono un po' stanco di dire che il mercato obbligazionario fa queste cose e non che le ha fatte in passato. Ma ha mostrato questa tendenza. A rischio di risultare patetico, direi che almeno dalla metà del XIX secolo le obbligazioni hanno mostrato la tendenza a salire e scendere di rendimento nel corso di decenni o generazioni. Non sono sicuro che qualcuno sia in grado di spiegarne pienamente il motivo. E poiché non riusciamo a spiegarlo, non possiamo essere dogmatici sul fatto che continui ad essere così. Ma ancora una volta, se il passato è prologo, ci aspetta una fase o un ciclo molto lungo di aumento dei tassi di interesse.

Tuttavia, i problemi della catena di approvvigionamento sembrano essere in gran parte risolti; nel settore dei semiconduttori, ad esempio, c'è già una sovraccapacità e scorte piene. Quali sono i fattori di inflazione nei prossimi anni?

Una delle cose che ho imparato in cinquant'anni di lavoro in questo settore è di essere un po' meno dottrinario riguardo a cose come la causa dell'inflazione. Milton Friedman ha detto che è "sempre e ovunque un fenomeno monetario". A livello banale, questo è innegabile perché l'inflazione coinvolge il denaro. D'altra parte, si potrebbe anche sostenere che non può essere un fenomeno monetario perché il potere d'acquisto del denaro, per definizione, è una vittima dell'inflazione. Per quanto riguarda la causa dell'inflazione, c'è una nuova scuola che sostiene che si tratti di un fenomeno fiscale. Penso che ci sia qualcosa di vero in questo, come c'è qualcosa nella visione friedmaniana. C'è qualcosa nell'idea che sia un fenomeno politico, una caratteristica delle società politicamente deboli.

Ma la Federal Reserve ci assicura che può riportare l'inflazione sotto controllo.

Penso che non abbiamo ancora visto l'ultima esplosione inflazionistica. Ma bisogna essere abbastanza umili di fronte a qualcosa che ben pochi banchieri centrali avevano previsto o anche solo potuto immaginare. Non solo la Fed non l'aveva previsto, ma quando l'ha visto, quando ha visto il bianco degli occhi dell'inflazione, non poteva ancora crederci e ha continuato il suo programma di QE fino alla fine di marzo 2022.


Sembra che ora i mercati stiano gradualmente spostando la loro attenzione sulla minaccia di recessione. Il presidente della Fed Jerome Powell ha la resistenza necessaria per "portare a termine il lavoro" di contenimento dell'inflazione, come dice lui?

Non passa giorno senza che un presidente regionale della Fed o un altro dichiari che il FOMC spingerà sicuramente il tasso dei fondi al 5% o più e lo manterrà per sei mesi, un anno o forse due. Ciò che mi oppone a questi pronunciamenti è l'indecorosa certezza che trasmettono. La Fed sembra così sicura di sé. Era così sicura di sé quando nel 2021 prevedeva, con altrettanta sicurezza, che un tasso sui fondi di 10 punti base fosse bloccato fino al 2023. La loro sicurezza non li rende tali. Il futuro è un libro chiuso, non un libro aperto. In particolare, è un libro chiuso per le persone che mobilitano modelli matematici pseudo-scientifici del funzionamento dell'economia finanziaria perché non lo capiscono davvero.


Di solito la Fed alza i tassi di interesse fino a quando non si verifica un "incidente" da qualche parte nel sistema finanziario o nell'economia. Sarà così anche questa volta?

La Fed non crede nella probabilità di incidenti. Non sono sicuro che comprenda i rischi che il suo precedente regime di QE ha introdotto nel sistema finanziario, in particolare la forte leva finanziaria nelle aziende americane, e ancora di più la leva finanziaria nel private equity, per esempio. Naturalmente, molte speculazioni sono già state estratte dal sistema, certamente nelle criptovalute, nelle SPAC e simili.

Dove potrebbe verificarsi un simile incidente?

Credo che il Giappone sia forse il rischio più importante al mondo, anche perché è uno dei rischi meno discussi, sicuramente dalla stampa occidentale. Perlopiù, è molto trascurato. Il rischio è questo: Ogni giorno lavorativo, la Banca del Giappone spende decine di miliardi di dollari in yen per attuare il programma di soppressione dei tassi di interesse della curva dei rendimenti del governatore Kuroda. Per mettere tutto ciò in prospettiva: Nel Regno Unito, quando alla fine di settembre si è verificata la piccola crisi sugli investimenti pensionistici basati sulle passività, la Banca d'Inghilterra ha speso circa 5 miliardi di dollari. La BoJ lo fa prima di colazione.


La Banca del Giappone ha già introdotto la sua politica di controllo della curva dei rendimenti nell'autunno del 2016, mantenendo il rendimento dei titoli di Stato decennali all'interno di una fascia obiettivo attraverso interventi diretti sul mercato obbligazionario. Perché ora dovrebbe cambiare la sua politica monetaria?

Il governatore Kuroda, il cui mandato scade l'8 aprile, insiste che il controllo della curva dei rendimenti è destinato a rimanere. Ma per noi la politica dei tassi d'interesse giapponese assomiglia al muro di Berlino della fine della Guerra Fredda, un anacronismo stantio che prima o poi deve cadere.

E perché proprio ora?

La differenza è che il mercato ha capito qualcosa. Dico questo perché la Banca del Giappone ha già alzato il tetto massimo consentito per i rendimenti dei JGB decennali allo 0,5% dallo 0,25% della fine dello scorso anno. Kuroda ha detto che non era altro che un mezzo per garantire il successo e la stabilità di un regime permanente di soppressione dei rendimenti. Ma il mercato è come un cane molto maleducato alla fine del guinzaglio. Ansima e schiuma, e la Banca del Giappone sta tirando sempre più forte per controllare questa bestia.

Perché pensa che questa bestia si libererà finalmente?

Kuroda ha dichiarato che la Banca del Giappone non si fermerà finché non ci sarà inflazione. Ebbene, i prezzi al consumo di Tokyo, che precedono l'IPC nazionale, sono saliti al 4% a dicembre contro le aspettative del 3,8%. Inoltre, Uniqlo e altri leader aziendali hanno annunciato un aumento significativo dei salari. Troverete altre storie in tal senso, segni e precursori di un cambiamento. Alcuni ex governatori della Banca del Giappone si stanno sfogando dicendo che la situazione si è spinta troppo oltre e le conseguenze saranno devastanti. Penso quindi che questo sia un rischio enorme appena fuori dal palcoscenico e che il mondo debba prestarvi maggiore attenzione.

Qual è il rischio se la Banca del Giappone rinuncia al controllo della curva dei rendimenti?

Il rischio per tutti, svizzeri, americani, tedeschi o giapponesi, è rappresentato da due fattori. In primo luogo, i tassi ridotti spingono i bilanci delle persone e delle imprese a fare leva, che allo shock di un aumento dei tassi di interesse si troveranno nei guai. Ci sono problemi sepolti nei bilanci delle aziende giapponesi che hanno preso troppi prestiti. Certo, le imprese giapponesi non sono così inclini a contrarre prestiti eccessivi come quelle americane, ma ci sono anche rischi legati a molti programmi di risparmio bancario o prodotti strutturati in Giappone. Per esempio, si ottiene un rendimento dello 0,75% per cinque anni, ma nelle clausole scritte in piccolo si avverte che se i tassi superano un certo livello, la durata del prodotto si estende a dieci anni. Sto inventando questi numeri, ma il rischio è essenzialmente questo.

E qual è il secondo rischio?

I giapponesi sono una nazione vivace. Hanno un'immensa quantità di risparmi netti e circa 3.000 miliardi di dollari di asset giapponesi sono investiti in mercati non giapponesi, di cui la metà sono domiciliati negli Stati Uniti. In altre parole, i giapponesi, la proverbiale signora Watanabe, cercano nel mondo opportunità di rendimento. Secondo Bloomberg, espresse in percentuale del PIL del Paese in cui sono investite, le partecipazioni azionarie e obbligazionarie giapponesi sono pari al 7,3% dell'America, al 7,5% della Francia, all'8,3% dell'Australia e al 9,5% dei Paesi Bassi. Cosa succederà se improvvisamente i tassi denominati in yen giapponesi diventeranno piuttosto interessanti? Ebbene, molto di questo denaro potrebbe essere rimpatriato e il risultato di tale rimpatrio sarà un aumento della volatilità nei mercati che ora non possiamo identificare. Il rischio di un'impennata della volatilità è quindi notevole. Credo che i tempi siano maturi per un grande cambiamento nella struttura dei tassi giapponesi e quindi nei tassi di interesse e nel rischio presentato ai detentori di obbligazioni in tutto il mondo.


Qual è il suo consiglio agli investitori in questo contesto?

Avendo appena deriso le banche centrali per la loro pretesa di sapere ciò che non possono sapere, mi trovo in una posizione molto compromessa se dovessi dire cosa accadrà. Ma permettetemi di dire che sull'oro sono un po' un disco rotto. Continuerò con questo disco rotto e osserverò che la gente non ha ancora fatto i conti con le debolezze intrinseche del sistema monetario in vigore dal 1971. Ci siamo tutti abituati. Voglio dire, bisogna avere una certa età, anzi bisogna avere l'età che ho io, per ricordare davvero i dibattiti intorno all'abbandono di Bretton Woods. La gente è cresciuta con l'idea che il denaro è quello che si stampa, e se i giapponesi possono stampare 50 miliardi di dollari al giorno con cui sopprimere i tassi di interesse, questo non sconvolge molte persone. Ma credo che tali shock siano in agguato.

E l'oro può aiutare a proteggere un portafoglio da questi shock?

Penso che le tensioni che sono già evidenti lo diventeranno ancora di più. Le persone non cercheranno una marca migliore di denaro cartaceo o digitale, ma piuttosto il vero McCoy. In ogni numero di "Grant's" abbiamo qualcosa da dire su un'azione, quindi non voglio sembrare troppo pazzo. Viviamo nel mondo reale. Ma se guardo al quadro generale, il denaro che le banche centrali producono a profusione non è solido. Forse non lo è adesso, ma col tempo la gente cercherà un'alternativa e questa alternativa potrebbe essere proprio l'oro, che è stato più o meno un'ombra gettata da Bitcoin, Ethereum e tutte le altre criptovalute.

In questo contesto, come valuta le prospettive generali del mercato azionario?

Il mercato è sceso da estremamente sopravvalutato a quasi caro, e la mia osservazione è che un mercato estremamente sopravvalutato di solito non tocca il fondo a quasi caro. Quindi non sono sicuro che sia la fine delle cose. Non trovo molti valori convincenti nel mercato azionario. A volte si ha una grande convinzione, ma non ora per quanto riguarda le azioni.

Valter Buffo