Ma non voleva fare il Re di Groenlandia?
 

A tutti piacciono i complimenti, e ci mancherebbe altro: “un complimento fa sempre piacere”, come si usa dire.

I complimenti esagerati a volte però suscitano imbarazzo in chi li riceve: c’è sempre il dubbio che si tratti di frasi eccessive utilizzate con un secondo fine. In qualche caso, poi, in chi li riceve suscitano il dubbio di … essere in realtà preso in giro.

Al Presidente Trump, in questa occasione, però NON è venuto in mente.

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Dev’essere a causa di quella frase, ripetuta due volte “nell’intera storia del Mondo”. Una frase che a Trump piace molto: lui la utilizzava spesso, per dire che “l’economia americana era la migliore di tutta la sua storia”.

Oggi, quella frase, che tanto amava ripetere, Donald ha dovuto metterla da parte: almeno, temporaneamente.

Ci stupisce però che Donald accetti con tanto entusiasmo il titolo di Re dei Giudei, quando invece sembrava chiaro che le sue mire puntassero in un’altra direzione.

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E’ successo che il Presidente Trump voleva acquistare un terreno, e precisamente tutta la Groenlandia, e in Groenlandia (ma pensa tu che brutta gente ‘sti Groenlandici!) non hanno accettato l’offerta.

Donald aveva buone ed oneste intenzioni, ed infatti la sua reazione è stata quella di un’anima candida: ha dichiarato, letteralmente, che “Il primo ministro danese è stata cattiva”. Lo leggete sotto, ed è il Times di New York che lo scrive.

“Cattiva”: proprio come un bambino all’asilo dice ad una bambina che gli ha fatto lo sgambetto.

Perché oggi noi prestiamo attenzione a quello che fanno i bambini all’asilo? Semplice: la persona di cui stiamo parlando è la medesima persona che, ogni giorno, spiega a Jay Powell come lui, e la sua Fed, dovrebbero manovrare le leve della politica monetaria.

Vedete un po’ voi che conclusione trarre da questo dato di fatto.

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Mercati oggiValter Buffo
Ma chi è che paga quei cameramen?
 
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La sproporzione è clamorosa, abbacinante, anche angosciante: nel corso dei nostri TG, oppure nel corso degli Speciali, abbiamo visto, così come voi avete visto, decine di giornalisti e cameramen passare noti e giorni esposti alla furia degli elementi (e per fortuna che siamo d’estate) ad aspettare che da una porta esca Di Maio, oppure Salvini, oppure Zingaretti (in rigoroso ordine di peso al Parlamento).

Noi, che seguiamo in modo distratto le maratone televisive (per ragioni che abbiamo già dettagliato anche nel Blog) siamo davvero stupiti. Ma chi paga, per questa folla urlante di professionisti che non distinguono più la notte dal giorno?

Voi lettori di questo Blog sicuramente avete notato che la reazione dei mercati finanziari alla crisi di Governo in Italia è stata pari a ZERO. L’esatto opposto dell’affanno con i quali i cameramen inseguono il sorriso di Di Maio, di Salvini, di Zingaretti.

Abbiamo come sapete centinaia di contatti settimanali con operatori ed analisti di tutto il Mondo: nel corso dell’ultima settimana, neppure uno di loro ha trattato l’Italia come un fattore, nell’analisi dei movimenti dei mercati finanziari.

Per noi, questa non è una sorpresa. Da mesi e mesi e mesi noi abbiamo offerto questa nostra lettura dei fatti: se l’Europa tiene, l’Italia non è un problema, e può fare … il cavolo che vuole, tanto conta poco o nulla.

Dall’altra parte, che cosa c’è? C’è il burrone: questo Paese non è in condizione di dire “vado per la mia strada”, oppure “cammino con le mie gambe”. Se per ragioni le più diverse (IRAN, Corea, Cina, Russia) la solidità delle Istituzioni Europee soffrisse nei prossimi mesi, l’Italia pagherebbe il prezzo più alto possibile.

Anche se al capo del Governo ci fosse in quel momento Mario Draghi, o magari l’imperatore Traiano.

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Mercati oggiValter Buffo
Trump 2.0: big changes are coming (soon)
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Scriviamo così spesso di Trump per una sola, ed unica ragione: perché lui parla così spesso di noi. Non di Recce’d, ovviamente: ma del nostro lavoro. E lo fa ogni giorno.

Purtroppo per Donald, i fatti ci dicono che NON è un buon economista. Non ne ha le conoscenze, la formazione, gli strumenti.

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Ed è per questo che, come ci dicono i dati, non ci prende. Non ci piglia proprio. E questo fatto lo costringe, proprio in questo agosto 2019 (come vi avevamo già messo in evidenza in questo Blog) , ad una imbarazzante, colossale e clamorosa marcia indietro.

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Ma va detto che un Presidente, ogni Presidente, e non soltanto negli USA, si appoggia su un vero e proprio esercito di pagatissimi consiglieri.

Per questo, non siamo in grado di anticiparvi una cosa: vedrete tutti un nuovo Trump, un Trump 2.0, e lo vedrete a brevissimo. E questo porterà cambiamenti: prima delle Elezioni, e forse già in questo 2019, Trump cambierà i suoi principali consiglieri economici.

Le voci che girano a Washington e New York crescono di intensità ogni giorno. Ed il profilo dei suoi consiglieri, che lo stesso Trump ha selezionato pescando tra personaggi eccentrici ed estranei alla comunità degli economisti, a questo punto diventa per lui un punto debole anche di fronte all’elettorato. Gli servono più che mai oggi “cattivi consiglieri” da eliminare per indicare agli elettori chi sono i colpevoli del fallimento.

A questa anticipazione aggiungiamo un commento: questa mossa di Trump aggiungerà danni a danni: perché per Trump conta solo il novembre 2020, e nessuno al Mondo potrebbe fare compiere l’inversione ad U per l’economia degli Stati Uniti di cui Trump fantastica in queste settimane.

Neppure Roger Federer o un altro grandissimo campione di tennis potrebbe vincere un match di tennis sui tre set disputando soltanto cinque games. E quindi, almeno da questo punto di vista, noi riteniamo che si sia già arrivati al GAME OVER

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Mercati oggiValter Buffo
Boooooooooooooom! Il bazooka
 

Trovandoci in viaggio per lavoro, corriamo subito ad aggiornarci.

Appena scesi dall’aereo, ed ancora sul bus di trasferimento, leggiamo questo titolo sul sito di La Repubblica. E ci assale il panico.

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Oddio: ci siamo persi qualcosa! Un cambiamento importantissimo nella direzione dei mercati. Ed allora corriamo subito a leggere anche il testo dell’articolo, che diceva così:

Milano sale dell'1,11%, Parigi avanza dello 0,75% e Francoforte dello 0,88%. A dare fiducia ai listini europei anche le parole del governatore della banca di Finlandia e membro del board Bce Olli Rehn, che in un colloquio con il Wall Street Journal ha detto che la Banca centrale europea a settembre si prepara a usare nuovamente il bazooka, lanciando un piano di stimoli che dovrebbe superare le aspettative degli investitori. Rehn ha affermato che il rallentamento dell'economia globale costringerà la Bce a lanciare nuove misure che dovrebbero includere acquisti di obbligazioni "sostanziali e sufficienti" e tagli al tasso di interesse chiave della banca. "È importante presentare un pacchetto politico significativo e di grande impatto a settembre", ha dichiarato Rehn.

Non riusciamo a capire bene. Non riusciamo a capire 1) dove sta la notizia (le frasi di Rehn sono le medesime di Draghi 15 giorni prima, dopo la riunione della BCE) e 2) dove sta il rally delle Borse (come sanno anche i meno informati, dopo una settimana di ribassi ci sono solo due alternative, o rimbalza oppure scende del 5% con la “capitolazione”).

Visto che non riusciamo a capire, allora ci affidiamo ai dati, ai numeri. Ma niente: nelle Borse non succede proprio niente. Il cosiddetto “rally” è quello che potete vedere qui in basso, nel circoletto rosso.

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Ed allora ci diciamo che forse siamo noi, che non abbiamo capito bene: forse, ciò che si voleva dire con quel titolo di giornale è che c’è stato un forte movimento, ma da qualche altra parte , forse è stato un forte movimento dei cambi. Andiamo a vedere i dati. Ma nulla, neppure lì: anche qui, nel grafico, guardate il nostro circoletto rosso.

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D’accordo, è agosto. Per i quotidiani, c’è molto spazio da riempire. Ma noi pensiamo a quei poveri investitori fai-da-te, che per mancanza di attenzione, tempo, o strumenti di analisi magari finiscono anche a perderci dei soldi,operando sulla base di titoli “strillati” come questi.

Un po’ di moderazione, ed anche un po’ di competenza, non ci starebbero male. Ed anche un po’ di memoria: visto che chi si esaltò per il bazooka di Draghi cinque anni fa poi ha fatto una brutta fine.

Ritornando ai titoli: vuoi vedere che anche stavolta va a finire come quell’altra volta, nell’episodio che Recce’d per voi ha commentato solo qualche giorno fa in questo Blog? Avremo la risposta fin da domani, lunedì 18 agosto.

Mercati oggiValter Buffo
Perdere la brocca
 

Da qualche mese, c’è questa storia che gira: la storia che dice che per risolvere i problemi dell’Eurozona la Germani dovrebbe fare più debiti.

Vale la pena di sottolineare che c’è un’ampia “coalizione” che spinge in questa direzione: si parte dal FMI e si arriva alle banche globali di investimento (ovviamente, dal loro punto di vista: c’è più lavoro), passando per quella che una volta si chiamava Destra (da Trump al nostro Salvini) ma pure da quella che una volta si chiamava Sinistra (una certa, anomala, tradizione Keynesiana in macroeconomia, sposata con l’opportunismo degli uomini politici, sostenuti a loro volta da certa stampa orientata).

Abbiamo detto delle banche di investimento: tra queste già in passato vi abbiamo segnalato Pictet, come una realtà che produce lavori di analisi e valutazione sicuramente superiori alla media del mercato.

Il lavori prodotti da Pictet hanno certamente una finalità commerciale, come accade per tutte le altre banche (vendere Fondi Comuni di Investimento, GPM e GPF, nel loro caso), ma spesso utilizzano dati e strumenti di analisi meno grossolani, più adeguati alle grandi sfide che i mercati oggi presentano.

Apriamo qui una parentesi, per una precisazione che giudichiamo utile.

Recce’d come sapete NON vende prodotti, ed il nostro lavoro di analisi e valutazione ha invece un solo scopo, molto diverso: fare ottenere ai Clienti un risultato superiore alla media, sia in termini di performance sia in termini di controllo della volatilità.

E questo ci rende liberi: non ragioniamo su “obbiettivi di raccolta”, e non applichiamo commissioni nascoste (che con il procedere di MIFID prima o poi verranno fuori). Siamo quindi più liberi, liberi di tenere gli occhi bene aperti, e liberi di ragionare sui fatti, e liberi di ragionare in modo indipendente.

In alcuni casi, questo ci porta a conclusioni che sono del tutto differenti rispetto al cosiddetto mainstream. E qui chiudiamo la parentesi, e torniamo ad esempio al debito ed alla Germania: anche Pictet di recente ha sostenuto che la Germania dovrebbe indebitarsi di più, come leggete qui sotto.

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Questo è un riflesso, evidente, dell’affanno: l’affanno nel quale si agitano oggi gli operatori del settore del risparmio, affanno che Recce’d ha segnalato e commentato in molte occasioni. Succede che le commissioni che sono in netto calo da un lato, e al tempo stesso i mercati sono tutti su livelli di prezzo insostenibili dall’altro. Questi dati di fatto agitano il sonno di una intera industria.

Questo affanno probabilmente porta a cercare scorciatoie, via di uscita di emergenza, anche se molto azzardate. Pur di tenere in piedi la baracca.

Passando al Mondo all’Italia, si aggiunge poi una lettura politica: è stato sconfitto il “modello Germania”, quello che (sarebbe) basato sull’austerità dei conti pubblici, e finalmente tutti potremmo allegramente spendere, sfondare tetti, ed in questo modo arrivare finalmente al benessere per tutti. Tanto, il debito mica bisogna ripagarlo …

Un esempio tra i tanti che potevamo scegliere lo prendiamo dal Corriere della Sera, in quanto maggiore quotidiano del Paese.

L’articolo che vedete nell’immagine in basso afferma che il calo del PIL in Germania potrebbe favorire il cambiamento delle leadership in Eurozona, che passerebbe così dalla Germani alla Francia (mah …). Francia che, come qualcuno di voi saprà, detiene un debito pubblico che, in euro, è più grande di quello italiano.

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Ci sembra lecito domandarsi se questa conclusione poggia sul fatto che in Germania vanno male, ed invece in Francia vanno bene. Lasciamo ai lettori questo giudizio: noi ricordiamo di avere visto in TV degli strani signori (e signore) con delle giacchette gialle dare fuoco alle automobili in strada, ma sicuramente il filmato arrivava da Amburgo.

E già che ci siamo, facciamo notare ai nostri lettori che il medesimo quotidiano, e nel medesimo articolo, affianca alle notizie sul PIL tedesco anche altre notizie, che riguardano un altro Paese che ha scommesso tutto sulla crescita del debito, ovvero l’Argentina. Ma lasciamo andare (per il momento).

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Chiediamo ai nostri lettori di riflettere, con grande attenzione, sul fatto che queste richieste di “più debito” vengono giustificate con l’argomento che “tanto i tassi di interesse di interesse sono bassi”.

Questa cieca, illimitata ed anche un po’ stupida convinzione che la politica dei bassi tassi di interesse abbia il potere di rilanciare le economie (e quindi permettere così di ripagare il debito accumulato in precedenza) fa a pugni con ogni evidenza. Ed in modo particolare con l’evidenza di un continente, quello europeo, che a cinque anni dal primo bazooka si ritrova a fare i conti con la recessione.

La stress del caldo estivo, lo stress dei mercati in bolla, lo stress della recessione: tutto questo spiega perché succede a molti, negli ultimi tempi, di perdere la brocca, come si dice in gergo. E di scrivere e parlare di cose che non esistono: come ad esempio sognare un effetto magico di un eventuale aumento del debito in Germania.

Sarà più che sufficiente ricordare, a questo proposito, che le politiche di Trump hanno determinato un incremento di circa 1000 miliardi di dollari nel debito pubblico degli Stati Uniti, ed una variazione del tasso di crescita del PIL dal 2% prima di Trump … al 2% attuale. Caso chiuso.

Mercati oggiValter Buffo