H2O, i Quant e gli algoritmi: quello che non vi hanno spiegato
 
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Algoritmo è un termine di moda: in molti, pur non sapendo esattamente di che sa si tratta, e pur non sapendo neppure come si formula un algoritmo, ne parlano coi Clienti spiegando che gli algoritmi garantiscono risultati migliori perché isolano dall’emotività umana.

Premesso che l’emotività umana è una parte, importante, dei mercati finanziari, ciò che a noi sembra ancora più importante dire al lettore, è che gli algoritmi nella gestione di portafoglio non funzionano.

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Chi lo dice? lo dicono gli stessi che li utilizzano. Facciamo anche in questo Post riferimento ad un recente articolo di Institutional Investor, per documentarvi che le stesse Case di gestione che utilizzano gli algoritmi poi … ci mettono dentro le mani, e vanno a correggere, in modo del tutto arbitrario, e quindi umano, e quindi emotivo, quello che l’algoritmo dice di fare. Abbiamo scelto di selezionare per voi una serie di estratti, in modo da documentare senza commentare. Noi però non possiamo trattenerci dal suggerire al lettore alcune domande:

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  1. se il gestore giudica utile una “correzione”, chi stabilisce la percentuale della correzione? Il 5%? e allora, perché non il 15%?

  2. quando, in che momento, con che frequenza, vanno apportate le correzioni?

  3. e chi stabilisce percentuale e frequenza? magari, potrebbe farlo … un secondo algoritmo! Ma poi, dovremmo correggere anche quello?

  4. e poi, come ci dice la terza immagine che riportiamo in questa pagina, dobbiamo forse correggere l’algoritmo anche al momento dell’esecuzione degli ordini, e non soltanto al momento della decisione?

Siamo certi di trovare tutti i lettori d’accordo con noi: l’algoritmo, o è oppure non è. Pasticciare con le percentuali aggiunge, e non toglie, rischio, dal processo di investimento.

Processo che, in ogni caso, da ciò che si legge in questo articolo che vi abbiamo riportato sembra ancora più confuso in casa di chi si affida agli algoritmi piuttosto che nelle Case di Fondi tradizionali. Dove già la confusione era tantissima.

Insomma, invece di risolvere un problema, sembra che gli algoritmi ne abbiano aperti altri di nuovi.

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H2O: le domande che mancano, le risposte che non arrivano
 

Visto il notevole riscontro ai tre Post che Recce’d ha pubblicato sette giorni fa, a proposito della crisi che ha colpito Fondi Comuni dai nomi altisonanti e molto conosciuti come GAM, Woodford e H2O, abbiamo deciso di proseguire questa settimana con una serie di sei nuovi Post.

L’interesse è generale: va al di là dei tre nomi citati sopra, e tocca direttamente gli interessi di tutti gli investitori che investono in Fondi di Fondi, GPM in Fondi, oppure direttamente in Fondi Comuni di Investimento a loro suggeriti dalla Rete di promotori finanziari.

Riportiamo qui sotto un estratto dell’intervista rilasciata al Sole 24 Ore dal Responsabile dei Fondi Comuni H20 a commento dei gravi fatti emersi di recente e già commentati da Recce’d.

Non se ne avrà a male nessuno se diciamo che più che un’intervista sembra un documento aziendale preparato per un evento di marketing. Ma capiamo bene le esigenze di H2O e Natixis in un momento di gravissima difficoltà.

Una volta che avrete letto l’estratto dell’intervista, vi scriveremo quali sono a nostro giudizio le domande mancanti, quelle di maggiore interesse per noi investitori finali.

«I fondi H2O sono stati messi sulla graticola per i titoli illiquidi all’interno dei loro portafogli. Ma il clamore è stato sproporzionato: al massimo siamo arrivati ad avere questo tipo di titoli per 1,4 miliardi di euro, su un totale di 34 miliardi di attivi in gestione. A fronte di questi, però, il 95% del portafoglio è sempre stato liquidissimo. Ora il 98%. E adesso che il polverone si sta calmando, posso dirle che abbiamo superato lo stress test: le nostre performance sono ancora positive, i riscatti ormai sono pochi e stanno tornando le sottoscrizioni sui nostri fondi».

Bruno Crastes, co-fondatore e Ceo di H2O AM, società finita la settimana scorsa nel polverone, si mostra sicuro. Camicia bianca senza giacca, nel caldo milanese, accetta di rispondere alle domande de Il Sole 24 Ore su tutti gli aspetti più controversi della vicenda che ha sconvolto i fondi detenuti al 50,01% dalla francese Natixis IM. Fondi dai quali settimana scorsa sono fuggiti quasi 6 miliardi di euro a causa dei riscatti. Ma Crastes ritiene questa fuga irrazionale.

Partiamo dal primo problema: il fatto che i vostri fondi avessero molti titoli illiquidi, cioè difficilmente rivendibili. Che titoli erano?

Erano principalmente obbligazioni di piccole aziende, senza rating, con elevati rendimenti. Si trattava spesso di società in situazioni di turnaround, dunque in fase di rilancio e ristrutturazione.

Per calmare il mercato ne avete venduti per circa 300 milioni in un giorno: come avete fatto visto che sono illiquidi? Chi li ha comprati?

FONDI NELLA BUFERA

Non posso dirle chi li ha acquistati, è confidenziale. Ma le confermo che ne abbiamo venduti per circa 300 milioni. Così ora, dopo aver svalutato i rimanenti, ne abbiamo per meno del 2% dell’intero portafoglio.

Vediamo di capire bene:

  1. la persona che parla è la medesima persona che solo due mesi fa affermava che “tutti” i titoli in portafoglio erano “liquidissimi”; quindi?

  2. i titoli di “piccole società senza rating” per quale ragione erano stati selezionati ed inseriti in portafoglio?

  3. l’ufficio di risk mangement era tutto in vacanza in quel periodo?

  4. e successivamente, come è stato possibile valorizzare il Fondo Comune sulla base di prezzi falsi per quei titoli?

  5. ma soprattutto, che significa “ad alto rendimento”? forse vuole dire che sarebbero state ad alto rendimento se i prezzi fossero stati veri, ma purtroppo erano falsi?

  6. ed infine: “per riservatezza” non si può dire chi ha comperato quei titoli: ma … e se li avessero acquistati altri Fondi Comuni?

A noi non sembra che questa intervista abbia risolto qualcosa: al contrario, lascia tutto esattamente com’era, ed aumenta i dubbi degli investitori, e non soltanto su H2O.

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Noi di Recce’d abbiamo segnato con grande forza, la settimana scorsa, che il Governatore della Banca di Inghilterra Carney ha dichiarato in pubblico che molti Fondi Comuni sono “costruiti su una bugia”. Identico messaggio, negli ultimi giorni, è stato poi lanciato dal suo Vice, come leggete più in basso nel brano che chiude il nostro Post.

Forse, a nostro giudizio, lui potrebbe anche agire e non soltanto dichiarare.

Ad esempio, potrebbe dire anche a noi quali sono. Non vi pare?

The Bank of England issued a new warning about funds investing in illiquid assets, saying the problem could pose a bigger threat to the financial system if it spreads.

The comments from Deputy Governor Jon Cunliffe come a week after Mark Carney, the BOE’s governor, said that funds with such investments and unlimited withdrawals are “built on a lie.” Cunliffe warned of a risk of “contagian” if the problems become more widespread.

 The backdrop includes a panic at H2O Asset Management, where clients began to pull money last month over concerns about illiquid holdings. That added to growing concern about funds holding hard-to-sell assets while allowing clients to pull their money on a daily basis. Star stock picker Neil Woodford was forced to freeze withdrawals from his flagship fund earlier in June.

In a speech in Lisbon Wednesday, Cunliffe noted recent “idiosyncratic” examples of liquidity risk, saying they “have not given rise to financial stability risks.” He didn’t mention any funds by name.

“But if we saw this happen on a wider front, if for example investors lost confidence in a less liquid asset class, there is a risk of redemption pressures that could not easily be met and consequently contagion and firesales that could damage the financial system,” he said. “These are international markets so we need to work internationally to assess these risks and any structural remedies that might be warranted.

H2O e l'Italia: siamo sempre Campioni del Mondo
 

La crisi dei Fondi H2O a cui Recce’d ha dedicato una serie di Post già otto giorni fa merita, a nostro giudizio, la vostra attenzione per una serie di ragioni, che cercheremo di mettere tutte in evidenza.

Ad esempio, una domanda che il lettore dovrebbe farsi è la seguente: per quale ragione la diffusione di questi Fondi Comuni era “particolarmente alta” proprio in Italia, nei Fondi di Fondi e nelle Gestioni patrimoniali in Fondi, come leggete nel brano del Sole 24 Ore che segue:

La preoccupazione è alta, soprattutto in Italia, dove i fondi di H2o Asset Management sono stati super-gettonati negli ultimi anni sulla scia delle positive e accattivanti performance evidenziate soprattutto nel 2018, quando la quasi totalità dei fondi ha chiuso l’anno in negativo. Una parte consistente dei 30 miliardi di euro gestiti dalla società affiliata al gruppo Natixis Global Am proviene infatti dagli accordi di distribuzione che la società di gestione ha in essere con oltre 30 intermediari italiani: Azimut, Banca Generali , Bper, Bnl Bnp Paribas, Fineco, IWBank, Mediolanum e Widiba solo per citare le realtà più grandi.

Non vi colpisce l’espressione “super gettonati”? E non vi colpisce che si parli di “una parte consistente” proprio in Italia?

Siamo fortemente convinti che la maggior parte dei risparmiatori in Italia non abbia ancora capito come funzionano le cose nel settore del risparmio: altrimenti, farebbero scelte molto diverse.

Amico lettore, se proprio non hai idea di come “gira il fumo”, nel settore del risparmio, fatti come minimo due domande.

Domanda 1: i soldi come si fanno? Chi genera i ricavi ed in che modo? Ed in quali tasche vanno a finire?

Domanda 2: questi ricavi sono soldi miei: sono consapevole del PERCHE’ li spendo? per pagare CHE COSA? il lavoro di CHI?

Il brano che accompagna il titolo più sotto, poi, ci aiuta a riportare all’attenzione dei nostri lettori un secondo tema, da noi già più volte messo in evidenza: il Sole 24 Ore parla di performances “accattivanti”, ma oggi noi poi sappiamo che erano accattivanti ma FALSE.

Il nostro lettore pone attenzione alla solidità, alla QUALITA’ dei dati che gli vengono messi di fronte, quando riceve la propria posizione in quote di Fondi Comuni? Il nostro amico lettore è in grado di sapere COME le quote di quei Fondi Comuni vengono calcolate, e da chi?

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H20, la fama, ed il Nobel di Fama
 

Visto il notevole riscontro ai tre Post che Recce’d ha pubblicato sette giorni fa, a proposito della crisi che ha colpito Fondi Comuni dai nomi altisonanti e molto conosciuti come GAM, Woodford e H2O, abbiamo deciso di proseguire questa settimana con una serie di sei nuovi Post.

L’interesse è generale: va al di là dei tre nomi citati sopra, e tocca direttamente gli interessi di tutti gli investitori che investono in Fondi di Fondi, GPM in Fondi, oppure direttamente in Fondi Comuni di Investimento a loro suggeriti dalla Rete di promotori finanziari.

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Legato a filo doppio al tema della crisi dei Fondi Comuni c’è pure il tema della diffusione dei Quant nel mondo dei Fondi Comuni. E da qui ripartiremo anche in questo Post.

Ci sono due grandi “famiglie”, due indirizzi alternativi seguiti dall’industria dei Fondi Comuni per applicare modellini di tipo quantitativo (algoritmi matematici) alla gestione del portafoglio:

  1. quelli che si ispirano al modello Black Litterman (anni Novanta), modello che a sua volta si ispira al modello ICAPM (anni Settanta), che a sua volta si ispira al modello CAPM (anni Sessanta)

  2. quelli che si ispirano ai modelli nella tradizione di Fama e French, due economisti … di chiara fama, al primo dei quali di recente è stato conferito il Premio Nobel per l’Economia

Va detto subito che le applicazioni di questi modelli matematici all’operatività dei portafogli è tutto meno che una novità:

  • il modello Black Litterman è chiamato con il nome di due esponenti (a quell’epoca) di Godman Sachs, e fu proprio Goldman Sachs a lanciare su vasta scala una serie di Fondi Comuni gestiti sulla base delle indicazioni di quel modello; quei Fondi fecero purtroppo una fine disastrosa, negli Anni 2007-2008, e la loro fine fu uno dei segnali di apertura della Grande Crisi Finanziaria; Goldman Sachs decise poi di abbandonare del tutto quella strada, che di recente però in Italia è stata ripresa da più di un operatore, che spesso si fa poi chiamare “consulente”, per vendere portafogli a bassa movimentazione fatti solo di ETF; i risultati, ovviamente, saranno poi i medesimi che toccarono ai Fondi di Goldman Sachs: il modello è il medesimo

  • quanto a Fama e French, la loro (famosissima) serie di studi degli Anni Ottanta e Novanta era concentrata su un solo mercato (azionario) in un solo Paese (gli Stati Uniti): nei decenni successivi, c’è stata a livello globale tra gli operatori e gli uomini del marketing una corsa ad appropriarsi della loro fama (“dai, che questo si vende a manetta!”) adattando come Fama e French mai avrebbero fatto i loro originali modelli “a fattori” un po’ a tutto l’universo Mondo degli asset finanziari. Come potete facilmente riscontrare sul Web, e come vedrete poi in altri Post del nostro Blog, i risultati sono al minimo deludenti, ed in qualche caso pericolosi; adattare modelli a fattori a la Fama-French ai Fondi Comuni di Investimento poi è quella che, in un altro ambito, verrebbe chiamata “una bestemmia”.

Non ci piacciono quelli che si fingono professori senza esserlo: e se in Recce’d vogliamo corrispondere con un professore (nel caso in cui sia davvero utile), scriviamo direttamente a Boston, a Chicago, oppure i California, per confrontarci con quelli veri.

Non vogliamo fare perciò noi stessi i finti professori e ci fermiamo a questa sintetica introduzione: ma tutti i lettori che abbiano interesse ad approfondire possono trovare in Recce’d un tramite attivo, per risalire insieme alle fonti originali e comprendere a fondo quello che, al contrario, i commerciali e i promotori finanziari, ovvero i private bankers, non conoscono e non capiscono.

Non ci piacciono i finti professori, i finti modelli, le finte validazioni con il finto backtesting . Per questo consigliamo chi ci legge a seguire (in questo caso) uno degli insegnamenti di Warren Buffett: investite in quello che capire.

Se non capire, non investite. O, come minimo, chiedete: chiedete, prima che sia troppo tardi.

H2O, gli algoritmi magici e la Quant (non quella della minigonna)
 

Leggendo le notizie a proposito dei Fondi Comuni Woodford, dei Fondi Comuni GAM, dei Fondi Comuni H2O, c’è una domanda che ricorre, almeno nelle nostre menti.

Perché?

A che cosa serve tutto questo?

Stiamo parlando dell’orrendo carrozzone che ormai è diventato l’industria dei Fondi Comuni di Investimento, nella quale si servono interessi di ogni tipo, tranne che gli interessi degli investitori finali.

Fondi molto noti in tutto il Mondo, come quelli appena citati più sopra, sono Fondi Comuni che in modo particolare alimentano le cosiddette Gestioni in Fondi, proposte da consulenti più o meno innovativi, come dalle Reti di promotori finanziari, come anche dalle stesse banche.

Tutte queste realtà si sforzano di convincere il Cliente finale che, pescando in un modo che soltanto loro sanno fare dal mare magnum dei Fondi Comuni (dove l’85% dei Fondi sotto-performa il proprio indice, ricordiamolo) forniranno al Cliente un vantaggio concreto, una performance più elevata rispetto agli altri investitori.

Ma perché dovrebbe andare così? Perché mai l’investitore dovrebbe perdere tempo dietro a una scelta dove hai una probabilità su sei di avere un risultato positivo? In un portafoglio fatto di sei Fondi Comuni, o più, hai di fatto la certezza di fare peggio del mercato.

E qui interviene il consulente, moderno o antiquato, promotore o tech, e ti spiega: attenzione, io ho un metodo che non ha nessun altro. Io sono bravissimo, perché analizzo i Fondi Comuni come non fa nessun altro, ho un metodo. Qualcuno, poi, tira fuori la parola magica “abbiamo un algoritmo”.

Un algoritmo per fare che cosa? Direi che anche un bambino, e di media intelligenza, capisce che un Fondo Obbligazionario non può rendere il 19% in un anno, a meno che non faccia qualche … numero del Mago.

Quindi torniamo alla domanda: dove sta scritto, e chi lo ha detto, dove è stato dimostrato che utilizzare un algoritmo per analizzare i dati dei Fondi Comuni sia un buon modo per investire? Che produca risultati anche soltanto decenti? Che la “macchina che impara da sola", o per dirla in modo più elegante il “machine learning” sia qualcosa di più che una perdita di tempo, per l’investitore finale?

Non è che dietro agli algoritmi si nasconde, molto semplicemente, chi non è capace di fare questo mestiere?

Chi sceglie di investire tempo e risorse negli algoritmi perché non si concentra, invece, a comprendere ed analizzare ciò che succede nella realtà che lo circonda?

Quanto alla scelta di vendere Fondi di Fondi, oppure gestioni in Fondi, è una risposta all’esigenza di chi? Di che cosa? E’ davvero un modo migliore per investire, per l’investitore finale? Oppure aiuta soltanto a preparare presentazioni colorate, con tanti nomi esotici (spesso privi di senso oppure incomprensibili) e poi grafici su grafici senza significato, ma con tante righe a colori brillanti?

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L’algoritmo, a nostro parere, va utilizzato per cose più serie: analizzare le serie storiche dei rendimenti dei Fondi Comuni senza conoscerne da vicino la realtà, i contenuti, il modo di operare, è poco più che un gioco da computer, e va lasciato agli adolescenti come passatempo.

Ai lettori noi di Recce’d attraverso questo Post suggeriamo due cose pratiche.

La prima cosa, è di tenervi lontano, in generale, dai Fondi di Fondi: siete voi, a pagare le commissioni del Fondo, e poi siete sempre voi a pagare la “selezione dei Fondi”, anche il costo di quelli che stanno seduti davanti ad uno schermo a guardare cosa fa l’algoritmo. E pagate naturalmente anche per l’hardware, e per il software. Ma vi rendete conto, del perché pagate tutte queste cose? Credete davvero che sia nel vostro interesse?

Il secondo suggerimento è più generale: c’è stata una fase, o per meglio dire una moda, sui mercati finanziari negli ultimi anni, che potremmo definire Quant. Molti capitali, ed il lavoro di molte persone, sono stati impiegati per costruire modellini matematici che, in automatico, gestiscono il vostro portafoglio.

Purtroppo, questi investimenti, ed il lavoro di queste persone sono stati guidati da chi non ha capito fino il fondo ciò che dice la Finanza Quantitativa: sono state prese scorciatoie, ed applicate versioni semplificate, proprio perché le scelte sono state fatte da chi ci ha capito poco, della Finanza Quant, la conosce poco ed ha in mente, prima di tutto, l’obbiettivo di intrattenere il Cliente con argomenti che a prima vista sembrano sofisticati e distraggono dalle questioni di sostanza.

I molti che oggi parlano e scrivono di Quant e di Fintech senza avere neppure le conoscenze di base della Finanza Quantitativa fanno finta di non avere capito che non esiste modello che possa agire autonomamente, visto che il numero di fattori è infinito, le relazioni tra prezzi e fattori sono instabili, e soprattutto che nel mondo dell’investimento molti fattori non sono quantificabili.

Noi, che in Recce’d conosciamo molto, molto a fondo tutti i dettami della Finanza Quantitativa, possiamo affermare di sapere anche COME va utilizzata e la utilizziamo in modo prudente, selettivo e responsabile, e non come un qualcosa che va bene per tutto e tutti.

Affidare ad un algoritmo la movimentazione di un portafoglio non può che produrre danni, come dimostrano negli ultimi anni proprio i Fondi Comuni che si etichettano come Quant, ed è nulla di più che una pericolosa infatuazione infantile. Pericolosa come confondere le immagini che si vedono in un videogioco e la realtà che sta fuori dalla nostra finestra.

Ed è a questo proposito, che vi diamo il secondo consiglio del Post. Cercate sul Web notizie che vi informino sui risultati, e le difficoltà, di questi cosiddetti Fondi Quant, e troverete molte rispose alle domande che abbiamo scritto poco più in alto.