H2O, gli algoritmi magici e la Quant (non quella della minigonna)
Leggendo le notizie a proposito dei Fondi Comuni Woodford, dei Fondi Comuni GAM, dei Fondi Comuni H2O, c’è una domanda che ricorre, almeno nelle nostre menti.
Perché?
A che cosa serve tutto questo?
Stiamo parlando dell’orrendo carrozzone che ormai è diventato l’industria dei Fondi Comuni di Investimento, nella quale si servono interessi di ogni tipo, tranne che gli interessi degli investitori finali.
Fondi molto noti in tutto il Mondo, come quelli appena citati più sopra, sono Fondi Comuni che in modo particolare alimentano le cosiddette Gestioni in Fondi, proposte da consulenti più o meno innovativi, come dalle Reti di promotori finanziari, come anche dalle stesse banche.
Tutte queste realtà si sforzano di convincere il Cliente finale che, pescando in un modo che soltanto loro sanno fare dal mare magnum dei Fondi Comuni (dove l’85% dei Fondi sotto-performa il proprio indice, ricordiamolo) forniranno al Cliente un vantaggio concreto, una performance più elevata rispetto agli altri investitori.
Ma perché dovrebbe andare così? Perché mai l’investitore dovrebbe perdere tempo dietro a una scelta dove hai una probabilità su sei di avere un risultato positivo? In un portafoglio fatto di sei Fondi Comuni, o più, hai di fatto la certezza di fare peggio del mercato.
E qui interviene il consulente, moderno o antiquato, promotore o tech, e ti spiega: attenzione, io ho un metodo che non ha nessun altro. Io sono bravissimo, perché analizzo i Fondi Comuni come non fa nessun altro, ho un metodo. Qualcuno, poi, tira fuori la parola magica “abbiamo un algoritmo”.
Un algoritmo per fare che cosa? Direi che anche un bambino, e di media intelligenza, capisce che un Fondo Obbligazionario non può rendere il 19% in un anno, a meno che non faccia qualche … numero del Mago.
Quindi torniamo alla domanda: dove sta scritto, e chi lo ha detto, dove è stato dimostrato che utilizzare un algoritmo per analizzare i dati dei Fondi Comuni sia un buon modo per investire? Che produca risultati anche soltanto decenti? Che la “macchina che impara da sola", o per dirla in modo più elegante il “machine learning” sia qualcosa di più che una perdita di tempo, per l’investitore finale?
Non è che dietro agli algoritmi si nasconde, molto semplicemente, chi non è capace di fare questo mestiere?
Chi sceglie di investire tempo e risorse negli algoritmi perché non si concentra, invece, a comprendere ed analizzare ciò che succede nella realtà che lo circonda?
Quanto alla scelta di vendere Fondi di Fondi, oppure gestioni in Fondi, è una risposta all’esigenza di chi? Di che cosa? E’ davvero un modo migliore per investire, per l’investitore finale? Oppure aiuta soltanto a preparare presentazioni colorate, con tanti nomi esotici (spesso privi di senso oppure incomprensibili) e poi grafici su grafici senza significato, ma con tante righe a colori brillanti?
L’algoritmo, a nostro parere, va utilizzato per cose più serie: analizzare le serie storiche dei rendimenti dei Fondi Comuni senza conoscerne da vicino la realtà, i contenuti, il modo di operare, è poco più che un gioco da computer, e va lasciato agli adolescenti come passatempo.
Ai lettori noi di Recce’d attraverso questo Post suggeriamo due cose pratiche.
La prima cosa, è di tenervi lontano, in generale, dai Fondi di Fondi: siete voi, a pagare le commissioni del Fondo, e poi siete sempre voi a pagare la “selezione dei Fondi”, anche il costo di quelli che stanno seduti davanti ad uno schermo a guardare cosa fa l’algoritmo. E pagate naturalmente anche per l’hardware, e per il software. Ma vi rendete conto, del perché pagate tutte queste cose? Credete davvero che sia nel vostro interesse?
Il secondo suggerimento è più generale: c’è stata una fase, o per meglio dire una moda, sui mercati finanziari negli ultimi anni, che potremmo definire Quant. Molti capitali, ed il lavoro di molte persone, sono stati impiegati per costruire modellini matematici che, in automatico, gestiscono il vostro portafoglio.
Purtroppo, questi investimenti, ed il lavoro di queste persone sono stati guidati da chi non ha capito fino il fondo ciò che dice la Finanza Quantitativa: sono state prese scorciatoie, ed applicate versioni semplificate, proprio perché le scelte sono state fatte da chi ci ha capito poco, della Finanza Quant, la conosce poco ed ha in mente, prima di tutto, l’obbiettivo di intrattenere il Cliente con argomenti che a prima vista sembrano sofisticati e distraggono dalle questioni di sostanza.
I molti che oggi parlano e scrivono di Quant e di Fintech senza avere neppure le conoscenze di base della Finanza Quantitativa fanno finta di non avere capito che non esiste modello che possa agire autonomamente, visto che il numero di fattori è infinito, le relazioni tra prezzi e fattori sono instabili, e soprattutto che nel mondo dell’investimento molti fattori non sono quantificabili.
Noi, che in Recce’d conosciamo molto, molto a fondo tutti i dettami della Finanza Quantitativa, possiamo affermare di sapere anche COME va utilizzata e la utilizziamo in modo prudente, selettivo e responsabile, e non come un qualcosa che va bene per tutto e tutti.
Affidare ad un algoritmo la movimentazione di un portafoglio non può che produrre danni, come dimostrano negli ultimi anni proprio i Fondi Comuni che si etichettano come Quant, ed è nulla di più che una pericolosa infatuazione infantile. Pericolosa come confondere le immagini che si vedono in un videogioco e la realtà che sta fuori dalla nostra finestra.
Ed è a questo proposito, che vi diamo il secondo consiglio del Post. Cercate sul Web notizie che vi informino sui risultati, e le difficoltà, di questi cosiddetti Fondi Quant, e troverete molte rispose alle domande che abbiamo scritto poco più in alto.