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Il (solito) problema con l'analisi tecnica
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L'analisi tecnica ha da sempre un solo, grande problema: quando ti servirebbe, non c'è mai.

L'analisi tecnica è un bellissimo giocattolo, che consente a molti di sognare che l'attività di investimento possa essere una cosa semplice ed intuitiva, facile come disegnare righe colorate su un foglio di carta, come fanno i bambini all'asilo.

La realtà, purtroppo, è infinitamente più complessa (ma anche più ricca, per fortuna).

L'analisi tecnica è uno strumento per certificare l'ovvio: "se sta salendo, vuole dire che salirà ancora, perchè ci sono più compratori che venditori".

Anche gli analisti tecnici hanno i loro momento di gloria, come in questi primi mesi del 2017: "l'indice non è mai sceso sotto la media a 50, e quindi può solo salire".

Purtroppo però non va sempre così. E qui, ovvero proprio nel momento in cui qualcosa cambia, l'analisi tecnica risulta del tutto impotente.

Non hanno la più pallida idea del perché le cose adesso non vanno più come prima. Ti spiegano solo, come fa il grafico sopra, che si è "interrotto lo uptrend, e adesso c'è un downtrend".

E quindi?

Noi crediamo invece che l'investitore, invece di guardare le righe che salgono, farebbe bene a concentrarsi sui fatti: come vedete sotto, tra il 1 marzo e giovedì scorso l'indice della Borsa di New York, proprio la Borsa dei "nuovi record", aveva fatto solo 20 punti di rialzo. Nulla: non si è mosso. Questo, che è un fatto e non un opinione, dovrebbe aiutare molti investitori a riflettere, sia su ciò che leggono, sia sui commenti che ascoltano da chi dà loro consigli sugli investimenti.

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Mercati oggiValter Buffo
La stangata: remake 2017 (parte 2)
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Nel primo dei Post con questo titolo, dello scorso 21 luglio abbiamo messo in evidenza a chi ci segue che anche i mercati hanno una loro "narrativa" (termine in voga in questi mesi): ci sono "storie che circolano", modi di dire che diventano consuetudine, frasi che si ripetono solo per abitudine. Lo ha detto lui, ho sentito che, mi pare di capire che.

"Ripresa globale sincronizzata", "dati economici in miglioramento", e così via: quante volte avete letto o ascoltato espressioni come queste durante l'estate?

Ma dove? Dove sta l'evidenza? Perché si insiste così tanto?

Osservate con attenzione il grafico che segue.

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Nel grafico, vedete rappresentato l'indice che viene calcolato dalla banca globale Citigroup per le "sorprese" economiche, ovvero i dati economici pubblicati e migliori di ciò che era stato previsto da quei cosiddetti "economisti" delle banche di investimento globali.

Il grafico non è difficile da interpretare, anzi è molto semplice:

  1. negli ultimi mesi, per le quattro grandi aree economiche, l'indice delle "sorprese" è negativo per gli Stati Uniti, a zero per l'Europa, negativo per il Giappone, e positivo solo per i Mercati Emergenti
  2. l'indice globale (ultimo in basso) sta a zero
  3. e quattro su cinque di questi indici oggi sono SOTTO il livello del mese di novembre 2016, quando fu eletto Donald J. Trump; anche qui fa eccezione solo il mondo EM

Questi sono dati che tutto il mercato conosce: chiedetevi perché, allora, si insiste sulla "ripresa globale sincronizzata" e sul "clima di positività".

Come dicevamo sopra, anche i mercati hanno la loro "narrativa". Cose del tutto inventate, che prendono forza perché si ripetono dall'uno all'altro. Molti, tra quelli che ripetono, ripetono senza avere capito, oppure senza avere visto i dati, o meglio senza averli analizzati. Molti, poi lo fanno con cattiva intenzione: "creare un clima di positività" è un obbiettivo chiaro, sia dell'industria dei Fondi Comuni, sia dell'industria dell'intermediazione in titoli, ovvero le grandi banche globali di investimento.

Qualcuno ci chiederà: "ma volete forse sostenre che gli investitori, allora, sono tutti pazzi?".

Pazzi no, ma accade oggi come molte volte abbiamo visto in passato che quasi tutti si buttino a rincorrere qualche cosa che non esiste, spinti dalla fretta, dalla voglia di risultati facili, dalla voglia di credere a cose semplici, e di credere che NON esista la necessità di ragionare, ponderare, valutare, riflettere ed avere pazienza.

Ed è proprio qui, a questo punto, che risulta evidente quale è il valore aggiunto che noi di Recce'd possiamo offrire ai nostri Clienti.

Mercati oggiValter Buffo
Perché Recce'd non vende la cosiddetta "ricerca"

Recce'd è una realtà del tutto innovativa nel panorama italiano dei servizi per risparmio: offre servizi di gestione del portafoglio online, che consentono al Cliente di abbattere i costi collegati alla catena fabbrica- rete (quella delle tradizionali GPM e dei tradizionali Fondi Comuni) basando le sue strategia di portafoglio su criteri innovativi ed alternativi alla tradizionale asset allocation statica.

Queste furono le nostre scelte fino dall'avvio di questa attività: in quella medesima fase di avvio, Recce'd decise che non avrebbe venduto servizi di semplice opinione: non avrebbe venduto "la ricerca".

Questo perché "la ricerca", nell'ambito dei servizi all'investimento, è un falso. Nella grandissima maggioranza dei casi, ciò che viene etichettato come "ricerca" è solo materiale pubblicitario per spingere questo o quel tema di mercato, quello che va di moda in quel momento e fa vendere e genera commissioni. Trump è il classico esempio.

Recce'd non vende "la ricerca" perché la ricerca, sganciata dai risultati (di rendimento e di rischio) è un falso: è troppo facile, per chi produce questa "ricerca", arrivare alla conclusione ... senza concludere. E' troppo facile tenere le mani libere.

Ci è sembrato opportuno fare un esempio concreto. Del tutto a caso, abbiamo preso in considerazione ciò che scrive in questi giorni Morgan Stanley, una delle più grandi banche di investimento del Pianeta, una delle più autorevoli e stimate. Milioni di persona nel Mondo leggono la "ricerca" di Morgan Stanley.

Perché la leggono? Noi la leggiamo per sapere quali sono i temi di vendita che circolano con maggiore insistenza, per dovere professionale: ma perché la leggono gli investitori finali? Non siamo riusciti a comprenderlo.

Ecco allora tre estratti dalla "ricerca" di Morgan Stanley di  questa settimana (tre giorni lavorativi), tutti relativi alla Borsa di New York, e tutti riportati dai media di settore specializzati.

  • Morgan Stanley brushed off those concerns. “We are focused on what actually drives stocks,” wrote Chief U.S. equity Strategist Michael Wilson, “and our bull market check list remains intact: Economic and earnings growth, interest rates, inflation, Fed/central banks, credit markets, valuation and technicals.”
  • Analysts at the Wall Street behemoths cite signals including the breakdown of long-standing relationships between stocks, bonds and commodities as well as investors ignoring valuation fundamentals and data. It all means stock and credit markets are at risk of a painful drop. Equities have become less correlated with FX, FX has become less correlated with rates, and everything has become less sensitive to oil,” Andrew Sheets, Morgan Stanley’s chief cross-asset strategist, wrote in a note published Tuesday. His bank’s model shows assets across the world are the least correlated in almost a decade, even after U.S. stocks joined high-yield credit in a selloff triggered this month by President Donald Trump’s political standoff with North Korea and racial violence in Virginia.
  • For once, stability in stocks might be a bad thing. Technical analysts at JPMorgan Chase & Co. say that if the S&P 500 can’t escape its 2,400 to 2,500 range, it could spell trouble for U.S. equities heading into September. Amid the slew of headline risks -- including Washington turmoil, North Korea tension, and monetary policy shifts -- the last two weeks’ price declines and initial volatility spikes from extreme low levels highlight stocks’ vulnerability, raising the prospect of a flight to Treasuries, according to strategists including Jason Hunter and Alix Tepper. “It’s a time when you want to be extremely nimble,” New York-based Hunter said by phone. “As we move into the typical seasonally weak period of September and October” there’s a growing probability of increased volatility leading to a typical movement into safe haven assets, he said

Eccoci dunque a dovere scegliere, tra opinioni divergenti, tutte espresse dalla medesima banca di investimento (poteva essere, allo stesso modo, Goldman Sachs, o UBS, oppure BNP Paribas: non fa alcuna differenza).

Questo tipo di "ricerca" serve a nulla, se la leggiamo con gli occhi di un gestore che deve decidere: non aiuta a decidere, ed al contrario aumenta la confusione. Offre spunti, stimoli: stimoli ad operare, comunque, e a pagare commissioni alla banca di investimento. Non produce alcun risultato ed alcun beneficio nel momento della decisione.

Non è questa "ricerca" il mestiere di Recce'd: non ci interessa, non ci piace, non è il nostro target.

Mercati oggiValter Buffo
Perché le Banche Centrali non contano più

Recce'd scriveva già 15 mesi fa che si è determinata una nuova situazione, nella quale le Banche centrali sono fuori gioco. Le loro iniziative, e le loro dichiarazioni, non muovono più i mercati finanziari (come dimostrano il dollaro ed i rendimenti delle obbligazioni USA nel 2017), e tanto meno le economie reali (non lo hanno mai fatto, per la verità, negli ultimi 10 anni).

Per questo, a differenza della larghissima maggioranza dei commentatori, analisti, e (veri e presunti) consulenti, Recce'd non scrive più di Banche Centrali: le mosse dei Banchieri Centrali ormai arrivano sempre dopo, sono solo re-attive, si adattano all'evoluzione della realtà circostante, e sono nella gran parte mosse obbligate.

Ad una settimana dalla riunione annuale di Jackson Hole, dove si incontrano ogni anni i vertici delle Banche Centrali, sui mercati non c'è alcun dibattito su "quello che verrà detto". Tutte le Banche Centrali sono ormai costrette ad uscire dal QE (perché quella politica ha raggiunto nelle sue dimensioni i limiti massimi sopportabili, senza peraltro produrre alcun effetto degno di nota) e sono costrette ad abbandonare le politiche dei "tassi di interesse a zero" (la Fed lo ha già fatto). Da almeno due anni, il loro immenso potere è svanito, la loro credibilità è compromessa, ed anche i mercati finanziari non li seguono più: anche in questo 2017, tutto sui mercati è "Trump" e nulla di nulla è "Fed, BoJ, BCE".

Detto tutto questo, resta importante comprendere cosa passa nelle menti di questi signori, ed anticiparne le mosse: anche se hanno perso il potere di indirizzare i mercati finanziari, le mosse delle Banche Centrali restano parte del contesto, creano "un clima", influenzano la psicologia degli operatori.

Per questa ragione, oggi vi segnaliamo fatti a nostro parere di grande importanza, che si ricavano dalla lettura dei Verbali di Fed e BCE, pubblicati rispettivamente ieri ed il giorno prima di ieri.

Partiamo dalla Fed: come abbiamo scritto già questa mattina in The Morning Brief, dai verbali della più recente riunione (luglio) pubblicati mercoledì 16 agosto è emerso che:

The Fed staff pushed up its assessment of financial stability risks to “elevated” from “notable,” the minutes said. Fed officials discussed stock valuations with “a couple” saying they were supported by “favorable macroeconomic factors.”.

Si tratta di temi simili a quelli trattati dai Banchieri Centrali alla riunione di Sintra dello scorso 27 giugno ampiamente commentate da Recce'd: si tratta della conferma che le mosse della Fed sono condizionate, in particolare in questa fase, dalle financial conditions e quindi dalla situazione di Borse, obbligazioni e cambi.

Il giorno seguente, ieri 17 agosto, abbiamo letto i Verbali della BCE, e in particolare abbiamo letto che:

The eurozone’s top central bankers are concerned about the strength of the euro, minutes of the European Central Bank’s July policy vote reveal. The single currency has hit a two-and-a-half year high against the dollar in recent months and has risen by almost 5 per cent against a basket of currencies since the middle of May. The communication problem facing the ECB over the currency is especially acute at a time when it is looking to make a decision on tapering its €2trn quantitative easing programme. A strong euro complicates the ECB’s efforts to hit its inflation goal of just under 2 per cent by making imports cheaper and weighing on export growth. The minutes of the ECB’s July policy vote showed that policymakers believed there was a risk that the currency could rise in value again. While most of the recent gyrations in prices of financial assets were down to the region’s economic recovery, “concerns were expressed about a possible overshooting in the repricing by … markets, notably the foreign exchange markets, in the future.”

Qui vedete che anche la BCE è molto attenta ai financial assets in questo momento, ed arriva persino a commentare in modo esplicito il cambio dell'euro (che NON sta nel mandato della stessa Banca Centrale, tanto per cambiare).

Che cosa c'è di rilevante, per i nostri portafogli, in questi due accenni? Noi investitori dovremo tenere costo, nel prossimo futuro, che non sono più le Banche Centrali a "dirigere" gli assets finanziari, ma che al contrario l'andamento dei financial assets può determinare cambiamenti di rotta nelle politiche delle Banche Centrali.

Mercati oggiValter Buffo
La funzione dei quotidiani e delle televisioni

Per ragioni che Recce'd ha già più volte illustrato, in Italia la stampa ed il giornalismo televisivo hanno rinunciato a qualsiasi forma di esercizio della critica, quando si discute di politica economica e di finanza. Va sempre tutto bene. E, sempre, non esistevano alternative migliori. Sia che si parli di spesa dello Stato, sia che si tratti dei salvataggi delle banche, oppure del Fondo Atlante, oppure di altre iniziative fallimentari.

Ognuno ha, è evidente, le sue convenienze ed i suoi interessi, che serve. Legittimo, ma forse poco trasparente vero il lettore. In Italia, il simbolo e l'emblema di questo stato di cose, come più volte abbiamo scritto, è Mario Draghi: e non sorprende quindi leggere, durante questa settimana, una serie di interventi "a supporto", scritti con il piglio del tifoso, a difesa della "giustezza" delle mosse di Draghi, e del QE in particolare, ora che in Germania la politica di QE è stata sottoposta al giudizio della Alta Corte, chiamata a verificare se la politica di QE è coerente con il mandato sulla base del quale è stata istituita la BCE.

Diciamolo subito: non lo è. E questo lo sanno anche gli studenti liceali, e quelli al primo anno di Economia. Con il QE, si è voluto tappare una falla, rispondere ad un'emergenza, aiutare Paesi in difficoltà, "costi quel che costi", come dichiarò Draghi stesso. Poi dall'emergenza si è passati alla consuetudine, e dal pronto soccorso siamo passati tutti al reparto lungo degenti.

La lettura che i quotidiani in Italia propongono al lettore, di questa sequenza di fatti, è del tutto falsa, e non da oggi. Il QE viene presentato come l'opera del Cavaliere Bianco senza macchia, senza paura e senza interessi particolari da soddisfare. Un esempio recente? L'articolo a firma Paolo Valentino sul Corriere della Sera del 16 agosto. 

Il titolo scelto dal quotidiano per l'articolo contiene già il giudizio finale: 

Quell’attacco «prussiano» alla giusta manovra di Draghi

Ma il contenuto dell'articolo (scritto in modo raffinato e che contiene riferimenti raffinati, quale ad esempio il Principe di Homburg) merita di essere riportato, almeno in parte: 

Anche Mario Draghi, disobbedendo agli ordini di battaglia (il dogma dell’austerità finanziaria svincolato da ogni considerazione empirica) ha lanciato la cavalleria (gli acquisti massicci di titoli di Stato) e vinto la battaglia (il salvataggio dell’euro). Ma agli occhi dei giudici di Francoforte, nell’eterno rovello tra l’obbedienza agli ordini e l’azione giusta, il primato spetta sempre alla prima, al rispetto incondizionato delle regole. Anche se questo, com’è del caso, avrebbe comportato una catastrofe finanziaria di dimensioni planetarie. 

Cose già lette, più volte, nel corso degli ultimi anni. E cose false, come scrivevamo più sopra:

  • è falso riferire gli obblighi della Banca Centrale al dogma dell'austerità finanziaria
  • è falso che gli acquisti abbiano interessato i soli Titoli di Stato
  • è falso che la battaglia sia stata vinta, almeno ad oggi
  • è falso che la battaglia fosse "il salvataggio dell'euro"
  • è del tutto falso che "il rispetto delle regole" avrebbe comportato "una catastrofe finanziaria di dimensioni planetarie" 

Questa è una rappresentazione falsa, distorta e zuccherosa, della realtà: una realtà nella quale non esistono Cavalieri Bianchi, ed ognuno gioca la sua parte in commedia, servendo alcuni interessi specifici piuttosto che altri. Come ha fatto Mario Draghi in tutti questi anni.

Noi investitori dobbiamo chiederci chi commissiona questi interventi, che scopo hanno i toni ora enfatici ora allarmistici,  perché si evita di esercitare qualsiasi critica, perché si alimenta la contrapposizione tra Italia e Germania, e perché non viene spiegato a chi legge che, nel caso dell'Italia, gli anni di QE hanno di fatto aggravato la crisi strutturale.

La stampa nazionale, e le televisioni, farebbero bene a ritagliarsi un ruolo del tutto diverso: invece di giocare da "supporters" in materie così delicate, farebbero bene a tentare quanto meno di spiegare al lettore. Spiegare ad esempio perché, questa mattina, l'euro scambia a 1,1750 contro dollaro USA mentre loro, i giornali, ancora tre mesi fa raccontavano ai lettori la favola del "dollaro forte".

Mercati oggiValter Buffo