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Banche Centrali maggiordomo

Abbiamo sottolineato, questa mattina, la grande importanza della notizia di ieri: la Bank of Japan ha operato sui mercati per ABBASSARE il rendimento dei Titoli di Stato, acquistando JGBs.

Normale, in un'epoca di QE? Tutto il contrario: solo un mese fa, la BoJ aveva formalmente annunciato di volere ALZARE i rendimenti dei JGBs, indicando un target (pari a zero) per la scadenza decennale.

Eccoci dunque, ad un mese di distanza, a constatare che le Banche Centrali sono in balia del mercato: Kuroda ha dovuto fare, in fretta e furia, una svolta a 180 gradi nello spazio di 30 giorni. Che fine ha fatto la "credibilità" delle Banche Centrali?

Il tema non è importante: è fondamentale. Fornisce i contorni di un NUOVO mondo, nel quale le Banche Centrali sono passate dal ruolo di protagonista in commedia a quello ... del maggiordomo.

Yellen è, chiaramente, costretta ad inseguire: non detta più l'agenda. Kuroda e la Bank of Japan sono in balia degli eventi. E poi c'è Draghi. Noi abbiamo letto decine e decine di articoli nell'ultima settimana che spiegavano che in realtà Trump ha fatto un grande favore a Draghi, perché ora che i rendimenti sono più alti la BCE ha la possibilità di acquistare un numero molto maggiore di emissioni obbligazionarie rispettando i criteri delle operazioni di QE.

A nostro parere, chi scrive queste cose non ha capito (ancora un volta) nulla delle operazioni di QE: il cui nemico principale è proprio un rialzo dei rendimenti delle obbligazioni che arrivi PRIMA del rialzo dei tassi ufficiali di interesse. Quella è la certificazione del fallimento dell'operazione.

In particolare in Europa, il solo obbiettivo sa Statuto della BCE è quello di controllare l'inflazione: con l'inflazione in Germania al 0,5% oggi (o meglio ieri: il dato è stato pubblicato il 17 novembre), ed a più dello 1% tra pochi mesi, Draghi sarà completamente fuori dai giochi, in un angolo.

Voi lettori fare bene a prendere nota: in poco più di 12 mesi, questa è la seconda volta in cui si registra un rialzo pari al 100% del rendimento del BTp a 10 anni, con conseguente calo dei prezzi (10 lire di minusvalenza sulla scadenza decennale): tutto questo, DURANTE le operazioni di QE. Con le quali, come vedete, NON SI CONTROLLANO i prezzi delle obbligazioni.

Mercati oggiValter Buffo
Il trappolone è già scattato

Ci fu un momento, nel passato (oggi lontano) in cui fu usata contro Recce'd l'accusa di "eccesso di pessimismo", eccesso che sarebbe stato motivato dalla "ricerca del clamore per attirare l'attenzione".

Il tempo ha rimesso a  posto tutte le cose, e quell'accusa oggi si qualifica da sola, senza necessità di un nostro commento. Rivediamo però anche, oggi, a proposito di altri temi, affiorare quella "compiacenza" che tanti danno ha già fatto, alle tasche di molti nostri lettori, nel 2015 e dopo il gennaio 2016.

Oggi questo atteggiamento di ostentata sicurezza, di "tutto è sotto controllo", di "il mondo continuerà ad andare come è sempre andato", si manifesta quando si parla di obbligazioni. Reti di private bankers, di semplici bankers, di promotori, sono ancora una volta costrette a "tranquillizzare": questo perché la loro direzione impone il "non fate vendere nulla", il "bisogna tenere i Clienti sui Fondi".

E' un errore grossolano: quello di raccontare sempre al Cliente che "poi tutto si aggiusterà", senza capire che stiamo attraversando anni per i quali non esiste alcun precedente storico: senza capire che mai più nulla sarà come era prima.

Torniamo alle obbligazioni. Va specificato che nel mondo (non in Italia) ci sono ovviamente anche altri che hanno il coraggio di chiamare le cose con il loro nome. E per questo, vogliamo segnalarvi un esempio ... di un nostro concorrente.

Si tratta di una Società di Consulenza basata in Virginia, che si chiama Edelman Financial Services. Da loro, qualche giorno fa, sono arrivate queste considerazioni, che qualcuno di voi avrà già letto in Recce'd, nel corso degli ultimi due anni:

“The typical investor today has never experienced a sustained rising-rate environment and they are emotionally and historically unprepared for what happens when interest rates go up 3% or 5%,” he said in a telephone interview this week.

Millions of Americans, he observed, “are engaging in a variety of risky behaviors, often without knowing what they’re doing. They’re setting themselves up to lose a lot of money over the next several years, perhaps as much as they lost in 2008 in stocks.”

You could see 20%, 30%, 40% losses in the bond market over the next several years,” he continued, “and the people who are most exposed to it are retirees trying to live on their income. The people who are the least able to handle it financially are the ones most likely to suffer.”

Much of this is because of the financial crisis and the Great Recession, when the Federal Reserve dropped interest rates near zero and it and other central banks unleashed torrents of money to get the economy moving. The result was only a half-decent recovery.  Job growth has been OK, but wages have just begun showing signs of life. With a shaky global economy, Fed Chairwoman Janet Yellen has been reluctant to hike short-term rates. As a result, retirees have earned zilch from really safe CDs and money market funds, so they’ve turned to the bond market, where we’ve probably seen the biggest scramble for return and yield in recorded history.

Problem is, while people think they’re being prudent by avoiding stocks, they are actually taking on more risk piling into bonds. “People who are desperate for income are buying riskier and riskier bonds,” Edelman explained. “They’re buying long-term bonds, because 30-year bonds pay higher interest rates than three-year bonds, and they’re buying bonds of issuers that have shaky financials.”

“What these folks don’t realize is that as interest rates go up, the value of bonds goes down and as company performance weakens, their ratings go down and as ratings go down, the value of the bond goes down. Very often, it’s a double whammy.”

In general, the longer a bond’s maturity, the greater is its sensitivity to interest rates.  So, when rates fall, a 30-year Treasury bond will gain more in price than, say, a 10-year note. The opposite happens when rates rise. So, investors who “went long” in search of higher yields would be hit hard if rates suddenly rise. The capital losses they’d suffer from a bond’s plunging value could easily outweigh the higher yields they’ll get.

Even worse, people have plunged into high-yield bonds, emerging-market debt, and other risky fixed-income products that carry credit risk along with interest-rate risk. With $1.6 trillion in U.S. high yield bonds and $25 trillion in emerging-market corporate debt, rising default rates could wreak havoc.

Once rates really start rising  “we will see more investment losses than we have ever seen, partly because many Americans own these bonds either directly or indirectly — either through their pension funds or their retirement accounts at work—and more people own bonds than own stocks…It is clearly something that is going to affect every household that owns assets in this country.”

Più chiaro di così ... sarebbe difficile anche per noi di Recce'd. Come vedete, è tutto l'opposto di ciò che vi ha appena raccontato il private banker di turno: questo perché gli obbiettivi del venditore (promotore o private banker) sono OPPOSTI a quelli del consulente che abbiamo citato qui sopra.

Noi di Recce'd dovremmo essere felici di avere anticipato ai lettori questo grandissimo problema, e di avere posizionato i portafogli dei Clienti in modo da beneficiarne. Quindi, siamo tranquilli? Per nulla: in Recce'd oggi prevale la preoccupazione, perché la violenza con la quale questa (inevitabile) correzione è iniziata ci fa sorgere una domanda. Questo processo rimarrà sempre controllabile? E chi avrebbe oggi la forza di controllarlo? A noi sembra che nessuno ce l'abbia: il mercato è in balia di sé stesso, come fu tra il 2007 ed il 2009.

Mercati oggiValter Buffo
Il momento del FTSE MIB a due settimane dal Referendum

Recce'd ha scritto, e non da ieri, che la Borsa di Milano si è progressivamente spostata verso i Mercati Emergenti, con un listino fatto in larga parte da Società poste sotto gli indirizzi, e a volte il controllo, delle forze politiche. Noi la trattiamo come tale, nella gestione dei nostri portafogli.

Ed abbiamo chiarito, fin dall'estate, che il Referendum Costituzionale NON sarà (a prescindere dal risultato) un fattore decisivo per il futuro degli investimenti sulla Borsa di Milano.

Perché allora questo Post? Perché sappiamo che molti, tra i nostri lettori, sono comunque legati alla Borsa di Milano, ai suoi titoli, ed alle sue prospettive. A loro favore, ci soffermiamo quindi (rapidamente) sullo stato delle cose in questo mercato, che è fra i pochi mercati di Borsa che NON sono saliti dopo le Elezioni Presidenziali negli USA. Vediamo allora che sta succedendo, partendo da ... quello che è già successo.

PRIMA PARTE: IL BREVE TERMINE

Che cosa ci raccontano gli ultimi sei mesi? Che siamo rimasti per la gran parte del tempo in un intervallo del 10% di ampiezza, tra 16.000 e 18.000 punti. Qui sopra vedete le oscillazioni post-Referendum britannico, e poi un movimento laterale con due tentativi, entrambi falliti, a 17.500 punti. Oggi, 18 novembre, siamo di nuovo vicino ai 16.000 punti. Sono i timori per il Referendum? Per nulla: è solo il BTp a 2,20%, ovvero un rialzo di 115 punti base dai minimi di rendimento di luglio (1,05%): Le politiche fiscali in deficit costano, e costano molto di più a chi ha già un grande debito da finanziare.

PARTE SECONDA: IL LUNGO TERMINE

La storia di lungo termine (cinque anni) che cosa ci racconta? Il valore minimo, segnalato con il puntino arancione a sinistra, è quello toccato poco prima che Draghi pronunciasse la sua frase più famosa ("Whatever it takes"), mentre il valore massimo segnalato dall'altro puntino arancione corrisponde a quel momento in cui tutte le banche, e le Reti di promotori in particolare, spingevano a più non posso sul bazooka di Draghi, senza avere capito assolutamente nulla di che cosa fosse in realtà. Come oggi vediamo tutti, da quando Draghi avviò la politica del QE (marzo 2015) la Borsa italiana è sempre e solo scesa di valore. Le frasi sul bazooka erano solo sciocchezze mal ragionate e prive di fondamento. Col senno di poi sono bravi tutti? Beh ... Recce'd scriveva nel Blog, in pubblico, le medesime cose già nel luglio del 2015, un anno e mezzo fa circa.

PARTE TERZA: IL FUTURO

Chi avrà voglia di tornare ai mesi di agosto, settembre ed ottobre, troverà una serie di nostri Blog che spiegano perché noi già allora avevamo suggerito di lasciare da parte la Borsa di Milano e di non perderci troppo tempo. Oggi vale ancora quella indicazione, ma vogliamo aggiornarla chiarendo che noi non ci aspettiamo alcun crollo se il Referendum fosse vinto dai NO, ma neppure un forte rialzo se al referendum vincessero i SI. In entrambi i casi, il quadro politico resterebbe quello che è oggi (ovvero: molto fragile), e la Borsa di Milano resterebbe perciò una barchetta di sughero in un grande mare con onde altissime, la più pericolosa delle quali è quella dei tassi di interesse, come abbiamo scritto già nel febbraio 2016Volete capire dove andrà la Borsa di Milano? Seguite, ogni mattina, il rendimento dei Treasuries (e anche il dollaro contro euro). 

Mercati oggiValter Buffo
La storia che accade sotto in nostri occhi

Il vostro problema (non il nostro): per molti dei nostri lettori, il problema sono quelle serate di relax sul divano, guaradndo magari un film su Sky Cinema. Rilassati, e convinti che quello che succede nel film è drammatico, è estremo, e che poi nella nostra vita le cose non andranno in quel modo.

Subentra la convinzione che che sta per succedere qualche cosa, ci sarà scritto la mattina prima, su La Repubblica, il Corriere e La Stampa. Che prima ci avviseranno e dopo, solo dopo, succede: "abbiamo tutto il tempo".

Continuerò quindi ad alzarmi la mattina, andare nella stessa banca, e in nomi "importanti" resteranno per sempre gli stessi, perché "il mondo non cambierà mai".

Purtroppo per questi amici, è una previsione del tutto sballata.

A volte, la storia accade: e proprio qui, sotto i vostri occhi. Un qualsiasi lunedì 14 novembre, il rendimento a due anni dei Titoli di Stato negli Stati Uniti supera lo 1%, e voi siete costretti a chiedervi se per caso, per puro caso, non stia già succedendo qualche cosa.

"Mah .. a mé avevano spiegato che Draghi ...". "Il mio consulente mi aveva detto che i tassi restavano bassi per anni ...".  "Ma io avevo investito nei Fondi Comuni americani ...".

E' la vita: una sorpresa via l'altra.  Siete tutti pronti? Noi sappiamo, per certo, che alcune grandi banche ed Istituzioni (Fondi Pensione inclusi) non sono per nulla pronte, e non sanno che cosa fare.  Come andrà a finire? Non lo sa nessuno (neppure quelli che ci lavorano).

Voi, che state leggendo, vi sentite pronti per quello che sta arrivando?

Mercati oggiValter Buffo
Trump World: che cosa cambia per noi? (parte 10: considerazione finale)

Tra le decine di migliaia di valutazioni che tutti abbiamo letto ed ascoltato, a noi sembra che manchi proprio la più importante.

Ci colpisce, e ci incuriosisce, il fatto che gli analisti politici utilizzino così spesso il termine populismo" e parlino poi di "rabbia populista" per spiegare il successo elettorale di Donald Trump, ma poi nessuno di loro faccia quel (logico) passetto in avanti ed arrivi a chiedersi: ma come, negli Stati Uniti?

La forza dei leaders populisti, ad esempio in Sud America, è sempre quella di saper risvegliare la rabbia dei ceti disagiati. Quindi? Quindi è curioso che si parli di "rabbia populista" in una paese che da anni cresce del 2-3% l'anno, dove l'inflazione non esiste, e soprattutto dove la disoccupazione è ai minimi di ogni tempo? Che senso ha? E possibile che NESSUNO lo abbia notato?

La nostra risposta a questo quesito è semplice: i commentatori del mainstream, quelli dei mezzi di informazione, preferiscono evitare l'argomento: fanno parte di quella schiera di analisti-tifosi di cui parlava ieri Battista sul Corriere.

A noi in un momento come questo tornano in mente le frasi ascoltate da moltissimi, all'interno dell'industria del risparmio: frasi pronunciate sempre con sufficienza, con il tono di chi "la sa lunga", frasi di replica alle critiche alle politiche delle banche centrali.

Dicevano, questi "colleghi", che è facile criticare le politiche monetarie non convenzionali, ed il QE, che si tratta di critiche massimaliste, che si tratta di critiche semplicistiche, che "in fondo ci hanno salvato", ovvero che "in fondo, che cosa potevano fare?". Insomma: critiche a buon mercato. Tutto va bene così. Tutto continuerà come sempre e non c'è alternativa.

Si sbagliavano di grosso: perché l'alternativa c'era, ed intanto il Mondo è già cambiato, proprio sotto i loro occhi: le "tre frecce di Abe" ed il "bazooka di Draghi" oggi fanno sorridere, sono ricordi di un'altra epoca. E persino i mezzi di informazione hanno messo questi slogan da parte, su in alto nell'ultimo scaffale, dove non si vedono.

Ma soprattutto tutti è chiarissimo che non è vero che "quelle politiche ci hanno salvato". Hanno salvato SOLO LORO, quelli in posizione di beneficiarne direttamente: un circolo chiuso e ristretto, a cui oggi però toccherà di uscire fuori, in strada, e respirare la medesima aria che respiriamo tutti.

Purtroppo le politiche monetarie di questi ultimi anni hanno salvato solo molte realtà Zombie, molte posizioni di rendita, hanno salvato lo status quo. Che però, oggi è solo "il vecchio status quo, quello che c'era prima": e quelle realtà Zombie dovranno farsi da parte, molto rapidamente.

Recce'd non vi sta dicendo qui che andremo necessariamente  verso il meglio: non lo sappiamo. Ma ci pare chiaro che la situazione precedente era insostenibile (e pericolosa), mentre del futuro, almeno, non sappiamo ancora.

Mercati oggiValter Buffo