Una forte accelerazione nella direzione prevista
 

Prevedere un terremoto è impossibile.

Fare finta che i terremoti non esistono? E’ un errore irrimediabile.

Iniziamo con una premessa, necessaria.

Tra i punti fermi della impostazione di Recce’d alla gestione del portafoglio titoli, che poi Recce’d applica alla gestione dei propri portafogli modello riservati ai clienti, come tutti i nostri lettori sanno, ci sono i seguenti punti

  1. per gestire con successo un portafoglio titoli occorre competenza specifica: non è vero che “è facile”, e non è vero che “chiunque lo può fare”

  2. per gestire con successo un portafoglio titoli, occorrono rigore, e metodo e disciplina

  3. per gestire con successo un portafoglio titoli, è necessario effettuare una analisi accurata e non superficiale, dei fatti, delle notizie e dei dati

  4. per gestire con successo un portafoglio titoli, è necessario agire con tempestività (il che NON significa agire con frequenza eccessiva ed immotivata)

  5. per gestire con successo un portafoglio titoli, l’attenzione non può essere limitata a “una volta alla settimana” oppure “ogni volta ogni tre mesi”: è necessaria una attenzione quotidiana.


Per queste, ed altre, ragioni il nostro claim è

capire per investire.

Ovvero: prima capire, e solo dopo investire.

A tutto questo aggiungiamo che, da sempre, Recce’d scrive ed opera mettendo il rischio sul medesimo piano del rendimento.


Il rendimento di un insieme di titoli (un portafoglio, appunto) nel corso tempo sale e scende: il rischio è altrettanto importante del rendimento, perché il rischio cambia il rendimento.

Il rendimento di 10 anni di un intero portafoglio titoli sparisce nello spazio di tre mesi: tutti voi lo avete già visto (e di recente, nel 2020).

Per la gestione del rischio, sono necessari (altrettanto quanto per il rendimento del portafoglio) tutti e cinque i criteri che trovate nel nostro elenco più sopra.

Nei quattro anni tra il 2000 ed il 2023, una serie di gravissimi errori nella gestione della politica economica hanno creato nella massa degli investitori l’illusione che il rischio finanziario fosse stato cancellato: che si potesse mettere i propri soldi sui mercati finanziari senza paura.

Ma la paura è un elemento fondante della nostra vita di noi umani, è un sentimento forte ma anche ispiratore, che ci limita, che ci impone disciplina, ma che allo stesso tempo ci porta anche verso le soluzioni più solide e vincenti.

Nella vita in generale è così: ed è così anche nelle nostre attività di investimento.

Per quattro anni, tra il 2020 ed il 2023, nel pubblico si è diffusa questa bizzarra visione delle cose, come detto per effetto di una operazione concertata di creare nella mente del pubblico la visione di qualche cosa che nella realtà non esiste. Di illudere le persone che tra gli umani esistesse qualcuno, con poteri evidentemente divini, capace di neutralizzare ogni rischio di qualsiasi natura.

Personaggi, evidentemente, deliranti.

Proprio nel 2024, questa pericolosissima illusione è destinata (per fortuna) a scomparire: alcuni, tra quelli che hanno collaborato alla costruzione di questa illusione collettiva, hanno già pagato un prezzo, ed altri stanno per pagarlo molto caro.

Tra questi ci sono molti leader politici. Tra poco tempo, ci saranno poi anche i banchieri centrali dell’Occidente, e notissimi CEO di notissime Aziende, anche nel settore delle banche e della Finanza, e una parte importante della massa dei risparmiatori.

Tutti quelli che hanno perso tempo e denaro a rincorrere un miraggio.

Tutti quelli che ancora non hanno accettato di avere perso (definitivamente) il 15% oppure il 20% sulla parte in obbligazioni del loro portafoglio titoli: parte sulla quale le perdite sono destinate ad aumentare.

Non è una novità: tutti noi, e tutti voi, abbiamo già visto accadere fatti come questi.

Anche se questa volta il tutto sarà un po’ più caotico, un po’ più grande, ed un po’ più lungo rispetto al passato

Come tutti sapete, situazioni come queste si trasformano, per alcuni investitori, in eccellenti occasioni di guadagno.

Per chi sa guadagnare.

Veniamo a noi di Recce’d: della nostra visione, della nostra prospettiva, sulla quale abbiamo fondato la nostra strategia di investimento, poi applicata ai nostri portafogli modello, voi lettori del Blog sapete tutto e da mesi.

Abbiamo ripreso proprio questo tema la settimana scorsa, qui nel Blog.

Oggi ci limiteremo a mettere alla vostra attenzione un aspetto della realtà dei mercati che vi aiuterà a comprendere meglio il punto nel quale tutti ci troviamo, e che cosa fare domattina.

Partiamo dalla figura di Emmanuel Macron: proprio a noi non interessa di prendere una posizione politica (se ci piace oppure no, se lo avremmo votato oppure no, se condividiamo le sue idee politiche oppure no): la sola cosa che qui ci interessa è di mettere alla vostra attenzione il peso di un personaggio come Macron sulla performance dei vostri e dei nostri portafogli titoli.

Dopo l’uscita di scenda di Angela Merkel, Macron è stato la figura politica più forte (e continuativa) tra i Capi di Stato e di Governo in Europa. Forse senza averlo scelto, è diventato lui l’uomo simbolo dell’Europa durante gli anni della pandemia.

Questa è la ragione per la quale, come tutti voi avete già letto sul giornale, oppure ascoltato al TG, lo shock politico di questi giorni è stato il maggiore shock dal 2011.

Noi adesso vi faremo leggere un commento pubblicato dal Corriere della Sera, nel quale troverete forti implicazioni per i vostri stessi investimento.

Una premessa va fatta anche qui: per tutti i mercati, è stato uno shock forte, ma NON sarà lo shock più forte del 2024.

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI - Tre giorni dopo l’azzardo, le
reazioni febbrili e scomposte del mondo politico francese sembrano andare nella direzione sperata da Emmanuel Macron: porre sé e il proprio partito, ancora una volta, come il polo della ragione e della competenza di fronte all’irresponsabilità degli altri due poli di destra e di sinistra, sempre più attratti e corrotti dalle ali estreme.

È la strategia politica che il presidente, in fondo, usa con successo da anni, e che domenica sera ha voluto interpretare al limite del virtuosismo — o della follia, secondo i punti di vista — convocando rapidissime elezioni anticipate che tra poche settimane potrebbero consegnare il Paese al suo maggior nemico, il Rassemblement national di Marine Le Pen e Jordan Bardella. Andiamo a vedere le carte, è sembrato dirsi Macron, e lo spettacolo adesso è un leader di partito (Ciotti, a destra) barricato nel suo ufficio mentre i quadri riuniti in strada lo espellono, e un altro (Glucksmann, a sinistra) che tenta di frenare su un’alleanza già conclusa a sua insaputa.

Viste queste reazioni la scommessa di Macron potrebbe anche funzionare, ma il presidente sembra sottovalutare un elemento molto potente, che potremmo chiamare il «fattore M»: ovvero l’avversione epidermica, istintiva, talvolta anche irrazionale ma ormai molto tenace, che proprio lui, Macron, suscita in una parte consistente della popolazione. Specie tra quei 66 milioni di francesi su 68 che non abitano a Parigi.

La conferenza di ieri è un ottimo esempio di questa contraddizione. Chi lo apprezza ha visto il solito presidente: sicuro di sé, ragionevole, capace di usare ottimi argomenti per dire alla sinistra moderata, socialdemocratica, pro-Ucraina e pro-Europa: non potete andare con quell’estremista filo-Putin di Mélenchon, passate dalla mia parte. E alla destra gollista: non potete andare con i nemici di De Gaulle, venite con me.

Ma che cosa avranno pensato tutti gli altri, quei francesi che da anni scendono in piazza per i motivi più vari ma sempre gridando «Macron démission!», o quelli che all’inizio lo guardavano con favore ma sono delusi?

Ai loro occhi Macron, percepito come un insopportabile tecnocrate lontano dalla gente comune, sarà forse sembrato come colui che cerca di riconquistare la persona amata inondandola di ragionamenti, spiegazioni, dimostrazioni. 

Due ore di parole ragionevoli, senza capire che il punto non è avere ragione o torto, il punto è che è finita. E non nell’indifferenza, ma nel disprezzo. È questo il personale «fattore M» che minaccia la scommessa, pur politicamente sensata, di Emmanuel Macron. 

Il nostro suggerimento? Rileggete una seconda volta questo breve articolo. Poi rileggete anche, subito dopo, il nostro Post della settimana scorsa, che anticipava (guarda che caso …) proprio le Elezioni Europee dello scorso weekend.

Vedete quanto vi è utile leggere con regolarità le nostre pagine del sito? Da MERCATI al BLOG, da TWIT - TWOO a SCELTE DI PORTAFOGLIO (che è poi quella che davvero è importante, ed è la più utile sul piano pratico).

Alcune delle frasi che avete letto poco sopra in questo Post sono davvero, davvero importanti per voi oggi: per voi lettori del Blog che, avendo investito in BTp ed in Fondi Comuni, adesso preferireste evitare di … farvi un bel un giro in Argentina.

Ma se non è Argentina, che cosa potrebbe essere’ Gli Stati Uniti? Davvero? Ne siete convinti?

Ma avete ascoltato bene Jerome Powell (nell’immagine sopra) tre giorni fa, in chiusura della riunione della Federal Reserve?

Oppure stavate seguendo in TV la partita?

Low volatility shows investors are underpricing risk Policy mistakes and economic vulnerabilities could disrupt markets.

The writer is chief economic strategist at Netwealth

I mercati finanziari prezzano sufficientemente i rischi futuri? Le misure della volatilità dei mercati finanziari suggeriscono di no.

Esistono diverse misure della volatilità del mercato. Occasionalmente si muovono allo stesso modo. Questo è spesso anticiclico, quando il contesto economico è stabile e le prospettive politiche sono chiare e prevedibili. Allo stesso modo, gli shock possono avere un effetto simile, innescando solitamente un aumento della volatilità. Quindi la risposta politica potrebbe portare le classi di asset a comportarsi diversamente, sia in termini di direzione che di volatilità. E adesso?

La volatilità sui mercati azionari e valutari è bassa. L’indicatore più seguito delle aspettative di volatilità del mercato azionario è il Vix. Il suo valore di 12,46 si confronta con una media su cinque anni di 21,5 e su un lungo periodo di 19,9. La maggiore emissione di prodotti di investimento strutturati che migliorano il rendimento e il loro maggiore utilizzo da parte degli operatori di opzioni ha rafforzato il basso valore del Vix. Nonostante ciò, altre misure come le deviazioni standard nei movimenti di mercato confermano una bassa volatilità.

Il calo dell’inflazione dal 2022 è stato il driver principale. I mercati azionari, a quanto pare, scontano buone notizie e un contesto disinflazionistico. Ancora più notevole, forse, è la bassa volatilità sui mercati valutari. L’indice DB della volatilità dei cambi cattura il quadro. Si attesta a 6,3 contro una media di 7,6 su cinque anni e di 9,3 su quello a lungo termine. Ciò nonostante gli episodi di volatilità associati all’indebolimento competitivo di yen, renminbi e won. Tuttavia, la bassa volatilità valutaria può scoraggiare la copertura, minare la profondità e la resilienza del mercato.

La bassa volatilità e gli spread ridotti dei tassi di interesse creditizi rispetto ai benchmark sono stati evidenti anche nei mercati delle obbligazioni societarie, nonostante i maggiori costi di rifinanziamento e i default. Al contrario, quest’anno la volatilità sui mercati obbligazionari è aumentata. L’indice di volatilità ICE BofA Move dei titoli del Tesoro statunitensi è a 83,6, appena al di sotto sia della media quinquennale che di quella a lungo termine. Ciò si spiega con l’allontanamento del mercato dalle aspettative di un gran numero di tagli dei tassi negli Stati Uniti. Con il calo dei tassi ufficiali, la volatilità del mercato obbligazionario dovrebbe attenuarsi, forse temporaneamente.

Ma la sfida è che molte delle ipotesi alla base della bassa volatilità nei mercati potrebbero essere messe in discussione. Non ultimo è il modo in cui è probabile che si allinei la congiuntura dei rischi politici, geopolitici, politici ed economici.

Prendi l'inflazione. Una politica monetaria inadeguata e shock dal lato dell’offerta hanno portato l’inflazione a persistere.

Un fattore chiave della bassa inflazione globale nell’ultimo quarto di secolo è stata la combinazione di globalizzazione, tecnologia, finanziarizzazione e riduzione della quota dei redditi nazionali destinata al lavoro o alle quote salariali. Ora la globalizzazione viene sostituita dalla frammentazione e, di conseguenza, le quote salariali sono aumentate. Il risultato netto è che la politica monetaria dovrà lavorare di più per raggiungere gli obiettivi di inflazione.

Sebbene i tassi ufficiali possano scendere, si stabilizzeranno su livelli più elevati rispetto a quelli pre-pandemia. Inoltre, vi è incertezza su dove si trovino i tassi neutrali, ovvero quando la politica monetaria non è né troppo restrittiva né troppo accomodante.

La frammentazione ha ancora molta strada da fare. Un’area da tenere d’occhio sono le valute digitali. Se l’imminente lancio su scala ridotta di mBridge, un progetto che coinvolge Cina, Hong Kong, Tailandia ed Emirati Arabi Uniti, con maggiori probabilità di aderire, avrà successo, non solo ridurrà i costi dei flussi transfrontalieri, ma rafforzerà uno spostamento nel partecipazioni valutarie. La diversificazione passiva del dollaro sarà la norma, poiché sempre più banche centrali investiranno meno riserve future in Occidente. Questo sarà dirompente.

I mercati si stanno evolvendo dall’attenzione all’inflazione alla crescita. Seguirà un focus sul debito. Sebbene la maggiore crescita del PIL nominale offra una tregua temporanea, i livelli di debito, a livello globale, sono vicini ai massimi storici. Non è solo il livello, ma il futuro rapporto tra crescita e tassi a porre problemi.

La pletora di elezioni quest’anno non ha destabilizzato i mercati come alcuni temevano. Ciò è dovuto in gran parte al fatto che nelle economie emergenti i politici in carica sono stati rieletti o è probabile che lo siano. In Europa, gli operatori storici del Regno Unito e degli Stati Uniti soffriranno, come accadde durante l’inflazione degli anni ’70. Ciò scatenerà incertezza politica e volatilità del mercato. Inoltre, il panorama geopolitico si sta spostando verso un mondo G3 meno prevedibile, che comprende Stati Uniti, Cina più il terzo gruppo di potenze di medio livello, come India, Nigeria e Brasile. È difficile quantificare pienamente i rischi politici e geopolitici, ma suggerisce maggiori premi di rischio in molte aree.

Non si tratta solo di rischi estremi, ma anche di errori politici e di vulnerabilità economica a possibili shock che potrebbero sconvolgere i mercati. Ciò suggerisce che l’attuale calma potrebbe essere sostituita da una crescente volatilità dei mercati finanziari


L’estratto che avete appena letto spiega, abbondantemente, anche i dati che leggete nell’immagine che oggi chiude il nostro Post.

Ricordate che, dal punto in cui siamo, c’è un’unica direzione verso le quale le cose possono evolvere.

Non venite poi a dirci che non ve lo avevano detto prima: come vedete dai testi e dalle immagini, adesso (metà giugno 2024) sta scritto proprio dappertutto.

Se interessati ad approfondire, sapete come contattarci: ci confronteremo sui temi di questo Post.

Valter Buffo
Finiti. Sono fi-ni-ti.
 

Qualcuno forse sarà sorpreso.

La settimana appena conclusa ha visto la BCE tagliare, per la prima volta dal 2019, il costo ufficiale del denaro. Grande fanfara dei TG, dei quotidiani, e grande risalto sul Web, ma pure sui social, nelle chat e nelle community di investitori. Noi parliamo poi dei promotori finanziari (private banker, personal banker, family banker, wealth managere, venditori porta a porta di prodotti finanziari): parole, parole, parole, parole a fiumi, una alluvione di parole.

Alla fine della settimana, la sera di venerdì 7 giugno 2024, i prezzi dei BTp e delle altre obbligazioni, però, erano più BASSI del lunedì precedente. La questione resta anche oggi il 4,50% di rendimento del decennale USA. E … NO, ancora una volta NO, non siamo nello “anno delle obbligazioni”.

E poi diamo uno sguardo alle Borse: in Europa, tutto fermo: la questione, non risolta, resta quella dei 500 punti dell’indice europeo Stoxx 600.

Qualcuno sarà sorpreso. Altri invece non sono sorpresi.

I Clienti di Recce’d, ad esempio: non sono sorpresi, e sanno come si può guadagnare da una situazione come quella attuale. Sono già posizionati a favore di vento.

Ma pure chi legge regolarmente la pagina MERCATI e la pagina TWIT - TWOO del nostro sito, sapeva già tutto grazie alle nostre anticipazioni.

Non solo non è successo nulla: si sono al contrario RINFORZATI tutti gli argomenti e le valutazioni che Recce’d propone da fine 2024: c’è una sola destinazione possibile, per i mercati del 2024, ed è OPPOSTA a quella che viene propagandata dalla macchina dei social, dei media e dall’esercito dei promotori finanziari delle Reti come Mediolanum, FINECO, Fideuram, Allianz, Generali, e tutte le altre in coro unanime.

Vi interessa di capire il perché?

Ritorniamo indietro di qualche settimana. Proprio qui, in Italia, qualche settimana fa, il il Ministro del Tesoro ha detto al pubblico: “i soldi sono finiti”.

Tutto parte da qui e tutto finisce qui.

I soldi sono finiti: sono finiti i soldi per il superbonus, per le sovvenzioni alle auto elettriche, i soldi da regalare ai consumatori per cambiare il telefono cellulare. Sono finiti anche i soldi per “AI” ed i chips di Nvidia, come tutti vedremo a breve.

Ed ovviamente sono finiti anche i soldi per fare i cretini in Borsa con le opzioni del tipo 0DTE, oppure con i cosiddetti “meme-stocks” come GME (Game Stop), di cui avrete certamente letto sui quotidiani.

Sono finiti i soldi che finanziavano tutte quelle assurdità che furono giustificate con il tema “pandemia” (ma non c’entravano nulla).

Grazie a quelle assurde iniziative di spesa all’eccesso, però, si è materializzato sui mercati finanziari uno scossone, che nel primo periodo sembrava euforia, ma che oggi si sta trasformando in altro. E proprio grazie a questo, tutti siamo entrati in una Nuova Era dei mercati finanziari, che noi di Recce’d vi abbiamo già raccontato, e che a noi permetterà di fare ottimi risultati grazie alle nostre strategie proprietarie di investimento.

I segnali sono numerosissimi, e noi di Recce’d li abbiamo messi con regolarità alla vostra attenzione sia alla pagina MERCATI sia alla pagina TWIT - TWOO del sito.

Il nostro Blog, che state leggendo, è dedicato alla visione (di breve e medio termine): aiuta i lettori ad alzare lo sguardo, e fornisce un supporto concreto alla costruzione di una strategia coerente.

Nel giugno 2024, per risultare di successo, la strategia di investimento deve restare lontana dal giorno-per-giorno, e dalla pressione asfissiante dei media, sei social e del Web. Deve avere respiro, prospettiva, visione.

E deve tenere conto anche della geopolitica, e di eventi politici come le Elezioni.

A proposito delle Elezioni Europee che si svolgono proprio in questo weekend, noi oggi vi riportiamo le riflessioni e le valutazioni di un uomo politico dii fama, un ex Presidente del Consiglio spagnolo, José Maria Aznar. Fu Presidente di un Governo espresso da una coalizione di centro-destra, ma le considerazioni che leggete qui sotto non riflettono le idee di un particolare schieramento politico: si tratta di valutazioni, per una volta, che riguardano interessi generali, come la crescita delle economie e la stabilità dei mercati finanziari (e quindi dei nostri risparmi e dei nostri investimenti).

Lasciamo a Josè Maria Aznar di spiegarvi il senso autentico di questa tornata elettorale in Europa. I nodi da sciogliere. Il vero ed unico problema da affrontare e (se è ancora possibile) risolvere.


La legislatura europea che si sta per chiudere non è stata esattamente priva di forti emozioni.

Quando tanti analisti parlano di «ritorno della storia», possiamo dire che in Europa il suo ritorno si è fatto sentire: Brexit, pandemia e invasione russa dell'Ucraina rappresentano quegli «eventi» che Harold Macmillan diceva essere ciò che più temeva in politica.

L'Unione europea ha dovuto affrontarli tutti a partire da un Parlamento frammentato e da una Commissione ostacolata da questa frammentazione. L'ampia rappresentanza dei Verdi ha pesato sul processo decisionale, spostando il baricentro a sinistra, mentre l'emergere della destra «alternativa» ha contribuito ad offuscare gli equilibri classici su cui si è tradizionalmente basata la stabilità politica dell'Unione. Tutto ciò ha spinto il centrodestra europeo, rappresentato dal PPE, su posizioni difensive, comprensibilmente più preoccupato di levigare gli spigoli altrui che di sviluppare una propria leadership.

La verità è che gli «eventi» hanno avuto un impatto significativo - e una duratura inerzia - sulle politiche europee. La pandemia ha imposto un «fermo» generalizzato, congelando le economie; si sono dovute adottare misure di emergenza che hanno inciso, in alcuni casi, sulla vita parlamentare e sulla normalità istituzionale di alcuni Stati europei; tutti i sistemi sanitari sono stati sottoposti a uno stress test di ampiezza e portata senza precedenti; si sono dovute improvvisare risposte a tutti i livelli che hanno portato a un'ipertrofia del settore pubblico e a un massiccio interventismo di emergenza, soggetto a controlli alquanto precari. Nel dibattito pubblico, la divisione globale del lavoro è stata seguita dall'«autonomia strategica» come argomento di conversazione preferito, mentre gli Stati sono entrati in un limbo di sospensione delle regole fiscali, di ricorso illimitato al deficit, di indebitamento senza alcuna condizionalità...

In breve, un vero e proprio «open bar» della spesa pubblica per «riaccendere» un motore economico che si era bloccato perché la produzione doveva essere fermata. Keynes tornò di moda nelle librerie e qualcuno dimenticò troppo presto che le politiche di stimolo - il pump priming, l'intervento della spesa pubblica per incoraggiare investimenti privati - non rispondevano questa volta a un fallimento del mercato, ma a una causa esogena: un virus altamente infettivo, non una fase recessiva del ciclo economico.

Certo, i vaccini dovevano essere acquistati e distribuiti, e bisognava evitare che una recessione abissale si trasformasse in una depressione letale. Ma ogni trattamento ha effetti collaterali e controindicazioni se viene prolungato oltre quanto consigliato dalla terapia. I governi si sono assestati su un'eccezionalità molto comoda: spendere senza tassare, indebitarsi senza responsabilità e legiferare senza controllo. L'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, che ha avuto un impatto sulle catene del valore, sull'approvvigionamento energetico e ha generato tensioni inflazionistiche, ha accentuato questa dinamica.

Il nuovo Parlamento e la nuova Commissione dovranno costruire una nuova realtà e un nuovo equilibrio di poteri.

Credo che nell'agenda strategica dell'Unione si possano individuare chiaramente quattro sfide principali. In primo luogo, è imperativo rafforzare lo Stato di diritto. Lo scivolamento verso forme illiberali di democrazia, l'effetto corrosivo del populismo e l'impatto della disinformazione sono gravi fattori di deterioramento istituzionale che minano la fiducia dei cittadini.

In secondo luogo, l'Europa deve affrontare un'enorme sfida sociale e culturale. La crisi demografica diventerà molto visibile nei nostri mercati del lavoro con il pensionamento della generazione del baby boom. Con l'attuazione del nuovo quadro europeo per l'immigrazione e l'asilo, la posta in gioco è alta per ottenere il giusto approccio all'immigrazione sia in termini di problema che di soluzione.

La terza sfida è di natura economica. L'Europa deve tornare a un percorso di equilibrio dei conti pubblici nazionali e generare più crescita per finanziare i costi crescenti del suo modello di welfare. L'Unione deve essere consapevole dell'ambiente competitivo globale in cui opera a tutti i livelli e agire di conseguenza. Molti programmi dovranno adattarsi a questa realtà inevitabile; altri dovranno essere sottoposti a una valutazione rigorosa per rendere conto dei loro effettivi risultati: l'utilizzo nazionale dei fondi Next Generation, ad esempio, dovrà essere monitorato, valutato e pubblicato.

La quarta sfida è senza dubbio strategica: che ruolo vuole avere l'Europa nel mondo? Con una guerra non alle porte, ma in Europa stessa; un conflitto in Medio Oriente che include attori pericolosi come l'Iran; un'elezione presidenziale negli Stati Uniti con un orizzonte incerto per le relazioni transatlantiche... In un simile scenario, l'Europa non può evitare una risposta udibile e comprensibile a livello globale se non vuole passare da soggetto a oggetto della storia. Russia e Cina, d'altra parte, non cesseranno di essere, da un giorno all'altro, una costante cartina di tornasole per la coesione interna dell'Unione e per ricordarci che, nel mondo di oggi, gli idilli autoreferenziali sono finiti.

Continuo a credere che la migliore guida per il futuro dell'Europa sia ciò che l'ha resa tale: la libertà ordinata e la razionalità critica. Un grande liberale italiano, il professor Nicola Matteucci, ha condensato le sue riflessioni sul ruolo della libertà nel mondo contemporaneo in un magnifico libro, Il liberalismo in un mondo in trasformazione. Il libro si apre con una citazione di Tocqueville sul timore di essere accusati di manifestare «un amore per la libertà un po' antiquato». Lì Matteucci argomentava la sua visione del liberalismo come, prima di tutto, una risposta a una sfida.

Credo che la visione di Matteucci del liberalismo come teoria empirica, non speculazione astratta, e quindi come «risposta alla sfida» di ogni sviluppo politico in un determinato momento storico, sia ancora oggi molto valida. Da qui si possono trovare soluzioni affidandosi al diritto e alle istituzioni che la civiltà europea ha costruito. Alla libertà non mancheranno mai sfide e avversari, come lo sono stati in epoche diverse l'assolutismo, il conformismo di massa e il totalitarismo.

La malattia delle nostre società, tentate di abbandonare l'eredità liberale a favore di due nemici fratelli - il populismo e la tecnocrazia - è stata diagnosticata molte volte; un italiano, Nicola Matteucci, e uno spagnolo, José Ortega y Gasset, hanno concordato sulla diagnosi. Sono felice di poter dire che erano d'accordo anche sulla ricetta: la limitazione del potere per legge come garanzia di libertà.

Questa idea centrale della civiltà europea deve continuare a ispirare la costruzione dell'Unione europea di oggi

Le “quattro sfide” indicate da Aznar sono ciò che dovete avere in mente, se e quando farete la vostra scelta elettorale nel weekend. Tutto il resto, conta poco o nulla.

Detto dell’Europa, il nostro tema di oggi deve essere completato con uno sguardo agli Stati Uniti.

La lettura dell’articolo che chiude il Post di oggi aiuterà il lettore a cogliere le numerose affinità, ed alcune differenze, tra la situazione attuale in Europa e la situazione in cui si trovano gli Stati Uniti.

La strada per i mercati finanziari, e per il vostro risparmio, è segnata: ed è segnata proprio dai fattori evidenziati nell’intervento di Aznar ed in questo che segue. Non esiste una via di fuga: se volte fare qualche soldo, invece di perderne, con i vostri investimenti, la strategia deve partire da qui. E poi fare le scelte giuste.

Nel suo discorso di addio, Ronald Reagan descrisse l'America come la “città splendente su una collina”, aperta a “chiunque abbia la volontà e il cuore di arrivare qui”. Sono stato uno di quelli ispirati a provare, e oggi il mix dinamico di accademici e imprenditori che danno energia al leader tecnologico mondiale mi colpisce ancora come una meraviglia. Delle 100 principali aziende statunitensi, 10 ora hanno amministratori delegati nati nel mio paese d’origine, l’India, una svolta che sarebbe potuta avvenire solo in una meritocrazia capitalista.

Ciò nonostante, mi preoccupa la posizione che gli Stati Uniti stanno guidando nel mondo adesso. La fiducia nel capitalismo americano, costruito su un governo limitato che lascia spazio alla libertà e all’iniziativa individuale, è crollata. La maggior parte degli americani non si aspetta di “migliorare la situazione tra cinque anni”: un minimo storico da quando l’Edelman Trust Barometer ha posto per la prima volta questa domanda più di due decenni fa. Quattro su cinque dubitano che la vita per la generazione dei loro figli sarà migliore di quanto lo sia stata per la loro, anche questa ad un nuovo minimo. Secondo gli ultimi sondaggi Pew, il sostegno al capitalismo è diminuito tra tutti gli americani, in particolare tra i democratici e i giovani. Infatti, tra i democratici sotto i 30 anni, il 58% ha ora una “impressione positiva” del socialismo; solo il 29% dice la stessa cosa del capitalismo.

Ciò non sorprende, visto quello che ci è stato detto. Quando Joe Biden vinse nel 2020, gli editoriali dei giornali di tutto il mondo salutarono la sua presidenza come una campana a morto per “l’era del piccolo governo”, che facevano risalire alla ribellione “neoliberale” contro lo stato sociale lanciata da Reagan e Margaret Thatcher . Le storie recenti del capitalismo delineano lo stesso arco narrativo, sostenendo che quei due leader hanno posto fine a tre decenni “gloriosi” del dopoguerra per la socialdemocrazia, quando governi ambiziosi collaboravano con leader aziendali e sindacali per generare una crescita più rapida e distribuire i proventi in modo più equo. In breve, questi pensatori considerano i piani di Biden per una nuova spesa e regolamentazione come una gradita pausa dal governo piccolo e spilorcio e una soluzione plausibile alla frustrazione popolare nei confronti del capitalismo.

C’è solo un problema: l’era del piccolo governo non è mai esistita. Il governo è in espansione da quasi un secolo praticamente sotto tutti gli aspetti misurabili, come spenditore, mutuatario e regolatore; l’unica breve ritirata, sotto Bill Clinton, dimostra la tendenza. Negli Stati Uniti, la spesa pubblica è aumentata di otto volte dal 1930, passando da meno del 4% al 24% del PIL – e del 36% includendo la spesa statale e locale. Ciò che cambiò sotto Reagan fu che con l’aumento della spesa, la riscossione delle tasse rimase stabile, così il governo iniziò a pagare la propria espansione attraverso il prestito. I deficit sono passati da rari a routine e di conseguenza il debito pubblico è quadruplicato negli Stati Uniti fino a superare oggi il 120% del PIL.

L’America sta sostituendo l’Europa come società meno tollerante nei confronti delle difficoltà finanziarie per chiunque, compresi i super-ricchi

Invece di invertire la rotta del governo, Reagan cambiò il discorso, che spesso si concentrava su un programma neoliberista di tagli alle tasse, ai deficit o alla regolamentazione. Ma anche quando i governi hanno tentato di deregolamentare, il risultato sono state regole più complesse e costose, che i ricchi e i potenti erano meglio attrezzati per gestire. Negli anni ’80, temendo che l’aumento dei debiti potesse sfociare in un’altra depressione in stile anni ’30, le banche centrali iniziarono a lavorare a fianco dei governi per sostenere le grandi aziende, le banche e persino i paesi stranieri, ogni volta che i mercati finanziari vacillavano.

Con buona ragione, i progressisti deridono questa nuova versione del capitalismo definendola “socialismo per i più ricchi”, ma i governi stavano distribuendo aiuti anche ai poveri e alla classe media. Più che socialismo per i ricchi, si tratta di “rischio socializzato”, una campagna per vaccinare un’intera società contro le recessioni economiche. Sebbene sia ancora ampiamente criticata come la terra del “grezzo” capitalismo reaganiano, l’America sta soppiantando l’Europa come società meno tollerante nei confronti delle difficoltà finanziarie per chiunque, compresi i super-ricchi.

Qualcosa è cambiato nella cultura. Proprio mentre la “rivoluzione nella gestione del dolore” americana, che insisteva nel trattare anche lesioni moderate con potenti oppiacei, stava agganciando la nazione all’OxyContin, il suo approccio alla gestione economica del dolore stava inducendo il sistema ad una flebo di sostegno governativo. Negli ultimi due decenni, gli Stati Uniti sono scesi dal quarto al 25° posto nella classifica della Heritage Foundation per la libertà economica, poiché sia ​​la regolamentazione che il debito sono aumentati.

Qualcosa è cambiato nella cultura. Proprio mentre la “rivoluzione nella gestione del dolore” americana, che insisteva nel trattare anche lesioni moderate con potenti oppiacei, stava agganciando la nazione all’OxyContin, il suo approccio alla gestione economica del dolore stava inducendo il sistema ad una flebo di sostegno governativo. Negli ultimi due decenni, gli Stati Uniti sono scesi dal quarto al 25° posto nella classifica della Heritage Foundation per la libertà economica, poiché sia ​​la regolamentazione che il debito sono aumentati.

Se l’era del piccolo governo fosse un mito, allora la maggioranza che vuole che il governo “faccia di più” farebbe bene a pensarci due volte. Un governo ancora più grande è più propenso ad amplificare che ad alleviare la loro frustrazione per le disfunzioni del capitalismo moderno.

La storia tende verso il grande governo

Reagan non ha sventrato lo stato sociale. Dal 1980, la spesa sociale è aumentata nella maggior parte delle economie sviluppate monitorate dall’OCSE – ed è cresciuta più velocemente della media degli Stati Uniti. Persino i liberali favorevoli a una maggiore spesa per il welfare non contestano questa tendenza. Matthew Desmond, lo studioso della povertà americana, ha scritto che si aspettava di scoprire che la spesa americana per i poveri era diventata “più avara nel tempo”, perché questa è la storia standard, ma ha scoperto invece che “è vero il contrario”.

L’idea keynesiana originale era che il governo dovesse risparmiare durante la ripresa, in modo da poter spendere pesantemente per alleviare le recessioni. Negli anni ’60, il partito salvifico era morto: un democratico, John F. Kennedy, aveva lanciato il primo grande stimolo per accelerare la ripresa. Ben presto il governo degli Stati Uniti si trovò a registrare deficit significativi sia nei periodi buoni che in quelli cattivi, con una media del 4% del PIL nelle recessioni e del 3% nelle riprese tra il 1980 e la fine del 2019. Questa epoca di “austerità” fiscale, spesso criticata, è più appropriatamente descritta come un’era di stimoli costanti.

Lo Stato onnipresente divenne una joint venture bipartisan tra il Tesoro e la Federal Reserve. Dopo il crollo del mercato azionario del 1987, la Fed, sotto la guida di un repubblicano, Alan Greenspan, fece la sua prima promessa pubblica di sostegno ai mercati finanziari in difficoltà, e nel decennio successivo si unì al progetto di stimolo costante con i primi tagli dei tassi per accelerare – e successivamente prolungare: una ripresa. Nel 2008, la Fed non riuscì più ad abbassare ulteriormente i propri tassi, così cercò di abbassare i costi di finanziamento in un nuovo modo, acquistando obbligazioni e altro debito sui mercati pubblici, in quantità di miliardi di dollari.

A poco a poco, accumulando debiti, le autorità hanno reso il sistema più fragile, esercitando pressioni su se stesse per offrire maggiore sostegno in ogni crisi. Presi in questo circolo vizioso, i governi hanno ampliato i piani di salvataggio – che erano rari e piccoli prima degli anni ’80 – fino ai salvataggi multimiliardari del 2008 e agli eccessi multimiliardari della pandemia, quando gli Stati Uniti hanno sparso aiuti come pioggia: offerte non richieste di aiuto per aziende grandi e piccole, in difficoltà o meno, centinaia di miliardi in contanti a più della metà del paese, 170 milioni di americani, disoccupati o meno, una buona parte di essi a persone che guadagnano più di 100.000 dollari all’anno.

La storia della contrazione del governo era basata sulle chiacchiere, non sui dati. I tagli fiscali di alto profilo sono stati controbilanciati anche sotto Reagan con aumenti di basso profilo, quindi la riscossione delle tasse è rimasta stabile in percentuale del PIL dagli anni ’50. Le campagne di “deregolamentazione” hanno finito per riscrivere le vecchie regole in modo più approfondito ma con “intento deregolamentazione”, creando una serie di scappatoie che favoriscono le banche più grandi con il maggior numero di avvocati. Negli ultimi tre decenni, la burocrazia ha eliminato un totale di appena 20 regole, aggiungendone di nuove a un ritmo quasi metronomico di circa 3.000 all’anno, sotto entrambi i partiti.

L’istinto pre-Depressione di “liquidare” le aziende deboli durante una crisi ha lasciato il posto all’eccesso opposto: “liquefare, liquefare, liquefare”.

Sebbene alcune deregolamentazioni del settore finanziario abbiano effettivamente aperto nuove opportunità per i grandi investitori, la fonte da cui scaturiscono i loro capitali sono stati i governi e le banche centrali. Includendo azioni e debito, la dimensione dei mercati finanziari è passata da poco più grande dell’economia globale nel 1980 a quasi quattro volte più grande oggi. Questo boom mondiale alimentò l’illusione che i mercati corressero liberi e selvaggi mentre i governi si ritiravano, quando in realtà la forza trainante dietro la galoppante “finanziarizzazione” del capitalismo era il denaro facile che scorreva dal governo.

Già negli anni ’80, un gruppo sempre più isolato di conservatori iniziò ad avvertire che un governo più grande avrebbe portato ad una crisi di scioglimento dei debiti o di aumento dell’inflazione – che non arrivò mai. La globalizzazione ha portato maggiore concorrenza, mantenendo un freno all’inflazione dei prezzi al consumo e consolidando la convinzione che i deficit e il debito pubblico non contano. L’istinto pre-Depressione di “liquidare” le aziende deboli in caso di crisi ha lasciato il posto all’eccesso opposto: “liquefare, liquefare, liquefare”. Perché non salvare tutti, in ogni momento, quando i governi possono prendere in prestito gratuitamente?

Molti osservatori ritengono che l’era del denaro facile sia finita con il recente ritorno dell’inflazione, che ha costretto le banche centrali ad aumentare i tassi di interesse. Ma quest’era non è stata definita solo dai tassi bassi e non è iniziata solo nel 2008; comprende l’insieme di abitudini – prendere in prestito, salvare, regolamentare, stimolare – che si sono sviluppate per un secolo. Non finirà finché le vecchie abitudini non cambieranno.

La nuova spesa di Biden e i tagli fiscali di Donald Trump stabiliscono entrambi record di stimoli governativi in ​​una fase di ripresa. Le loro amministrazioni hanno ideato congiuntamente salvataggi pandemici “qualcosa per tutti”, che saranno riproposti nelle crisi future come niente di nuovo.

Cosa c’è di sbagliato negli aiuti governativi?

La crisi del capitalismo non è speculativa o distante, è chiara e presente nei modi insidiosi in cui un governo iperattivo sta ampliando i principali difetti del capitalismo moderno: crescita più lenta, distribuzione meno equa.

Verso la fine del millennio, l’impatto del denaro facile ha cominciato a manifestarsi nel ciclo economico appiattito. Le recessioni erano meno frequenti e più distanti tra loro, cosa che a nessuno importa. Sorsero frustrazioni perché l’aumento del debito stava prolungando ma rallentando la ripresa. La ripresa degli anni 2010 è stata la più lunga e debole di sempre. Su un grafico, le oscillazioni della crescita americana assomigliano all’ECG piatto di un paziente morente.

Dietro il rallentamento della ripresa c’era il mistero centrale del capitalismo moderno: un collasso del tasso di crescita della produttività, o produzione per lavoratore. All’inizio della pandemia era diminuito di oltre la metà rispetto agli anni ’60. E un numero crescente di prove punta il dito contro un ambiente imprenditoriale denso di regolamenti governativi e debito, in cui le mega-aziende prosperano e sempre più aziende restano inerti sopravvivendo a ogni crisi.

Se ogni miliardario trincerato è un “fallimento politico”, come dice lo slogan, l’errore fondamentale è il sostegno statale eccessivo, non troppo scarso.

Sebbene le mega-aziende del settore tecnologico ricevano tutta l’attenzione, tre industrie statunitensi su quattro si sono fossilizzate in oligopoli, dominati da tre o quattro nomi. Quel che è peggio è che questi oligopoli sono sempre più spesso del “tipo cattivo”, e prosperano esercitando pressioni sui regolatori e uccidendo i concorrenti, non attraverso l’innovazione.

Il denaro facile ha anche generato gli “zombi”, una classe di aziende che non guadagnano abbastanza per coprire nemmeno il pagamento degli interessi sul proprio debito, e sopravvivono assumendo nuovi debiti. Sono difficili da identificare e monitorare e le stime variano, ma prima del 2000 gli zombi esistevano a malapena fuori dal Giappone e ora rappresentano una società pubblica su cinque negli Stati Uniti. Gli zombi tendono a essere essi stessi deboli e non redditizi e a ostacolare le prestazioni dei rivali nello stesso settore risucchiando talenti e finanziamenti.

Schiacciato dall’alto dagli oligopoli e dal basso dagli zombi, il centro aziendale è rimasto stagnante. Prima degli sconvolgimenti della pandemia, gli Stati Uniti creavano nuove imprese a un ritmo poco più della metà del ritmo e chiudevano quelle vecchie a soli due terzi del ritmo dei primi anni ’80.

Per funzionare, il capitalismo ha bisogno di un terreno di gioco in cui i piccoli e i nuovi abbiano la possibilità di sfidare – distruggere in modo creativo – le vecchie concentrazioni di ricchezza e potere. Oggi, mentre le industrie si concentrano e decadono sempre più, sempre più città e contee degli Stati Uniti fanno affidamento su un unico grande datore di lavoro. Prima del 1980, rispetto a oggi, gli americani avevano il doppio delle probabilità di spostarsi da uno stato all’altro e il 25% in più di cambiare lavoro nello stesso settore.

Nel complesso, la disuguaglianza dei redditi è andata ampliandosi, ma dal 2000 questa tendenza non è più spiegata principalmente dall’aumento degli amministratori delegati, che guadagnano più dei propri dipendenti. Deriva dall'ascesa di aziende superstar come Google, dove tutti i dipendenti guadagnano più di tutti i loro colleghi delle aziende più deboli.

L’immobilità sta soffocando il sogno americano. Oltre agli inglesi, gli americani sono le persone che hanno meno probabilità di guadagnare molto di più dei loro genitori. In mezzo ai salvataggi pandemici record, i principali magnati statunitensi hanno visto le loro fortune crescere di decine di miliardi in 12 mesi. Ma se ogni miliardario trincerato è un “fallimento politico”, come dice lo slogan, l’errore fondamentale è il sostegno statale eccessivo, non troppo poco.

L'uscita

Continuando a fare crescere ciò che è già cresciuto in misura eccessiva, i leader di governo stanno cercando di accontentare tutti, ma è più probabile che minino ulteriormente la crescita delle economie, e che aumentino le disuguaglianze ed approfondiscano la sfiducia popolare. Tuttavia, anche solo per evitare il pessimismo di moda, vale la pena riflettere su come sarebbe un capitalismo rinvigorito.

Non esiste una soglia chiara oltre la quale il governo è diventato troppo grande, ma i leader devono essere consapevoli della posizione della loro nazione, rispetto al proprio passato e ai suoi pari.

I nostalgici dell’ottimismo americano degli anni Sessanta dovrebbero tenere presente che allora il governo era più piccolo e meno missionario. Riportare indietro l’era “gloriosa” della socialdemocrazia richiederebbe meno governo, non di più. Nelle crisi recenti, le autorità hanno promesso apertamente di fare troppo e troppo in fretta per prevenire un’altra Depressione, anche se la minaccia è minore (come nel caso del fallimento della Silicon Valley Bank lo scorso anno).

Fino ad oggi, il capitalismo è probabilmente andato più storto in Europa, dove lo Stato è stato più rapido nel salvare e regolamentare, e la crescita della produttività e dei redditi medi è rallentata più che negli Stati Uniti. Ora, però, le due sponde dell’Atlantico potrebbero scambiarsi di posto. Sotto Biden, gli Stati Uniti sono diventati un’anomalia estrema, con deficit e debito sulla buona strada per stabilire record e crescere molto più velocemente di quelli dei loro pari.

I politici di oggi sono “status quoisti”, indulgendo al solito vecchio impulso a salvare, regolamentare e spendere, e sperano in risultati migliori. Invece, è probabile che ottengano gli stessi risultati: giorni di piacere per i mercati e i miliardari, non per la società nel suo insieme. La premessa del capitalismo, secondo cui un governo limitato è una condizione necessaria per la libertà e le opportunità individuali, non è stata messa in pratica da decenni.

Una vera svolta richiederebbe moderazione, trovando una via di mezzo tra i liquidatori del XIX secolo e i liquefazionisti di oggi. Durante le recessioni, le autorità devono estendere gli aiuti ai disoccupati e mantenere il flusso di capitale e credito attraverso i mercati finanziari quando sono congelati dalla paura. Ma la loro recente ricerca sperimentale verso una crescita infinita è utopica, un passo troppo controproducente. Devono smettere di stimolare durante la ripresa e lasciare i mercati finanziari abbastanza liberi da vacillare, a volte.

Sebbene i nostri leader parlino spesso dell’economia come di un “motore” soggetto a “messa a punto”, è più simile a un ecosistema naturale in cui gli esseri umani si intromettono con grande rischio per il sistema e per se stessi. Le autorità non oseranno più provare a rimodellare foreste e oceani in nome del progresso, come fecero un secolo fa – le proteste sarebbero assordanti – ma possono contare sugli applausi quando sperimentano sull’economia. Questo modo di pensare deve cambiare.L’economia non è una scienza così difficile come molti immaginano.

Le vere scienze spiegano la vita come un ciclo di trasformazione, cenere dopo cenere, eppure i leader politici continuano ad ascoltare i consiglieri che affermano di sapere come generare una crescita costante. La loro eccessiva sicurezza deve essere contenuta prima che possa causare ulteriori danni. Il capitalismo è ancora la migliore speranza per il progresso umano, ma solo se ha abbastanza spazio per funzionare.

Valter Buffo
Investitori realistici
 

Molti, tra i lettori di Recce’d, oggi 1 giugno 2024 provano uno strano disagio: sentono in bocca uno strano retrogusto.

Non capiscono: e si fanno domande.

Sentono come un’ansia, un filo di paura. In bocca, un senso di amaro e di acido.

Temono: temono di essere caduti in una trappola. E di non poterne più uscire.

Hanno ragione: è una trappola.

Ma allo stesso tempo si sbagliano: perché ne possono uscire.

Ne possono uscire, se iniziano a pensare in modo positivo, attivo, costruttivo, innovativo. Diverso dal passato.

Questo primo giorno di giugno, infatti, è un momento molto positivo per noi investitori.

Quando si tratta di investire il proprio risparmio, essere pessimisti è un errore.

Un grave errore, se si tratta di investimento: i mercati finanziari offrono sempre nuove opportunità. Offrono sempre una via di uscita. Da qualsiasi situazione.

Basterà sapere individuare quella vera: ed evitare le trappole e li specchietti per catturare le allodole.

Per questa ragione, noi in Recce’d siamo sempre positivi: le opportunità ci sono sempre, e nel 2024 sono ancora maggiori rispetto al passato. Sono grandissime, ed è un dovere coglierle, per chi come noi fa il gestore di portafogli modello.

Il 2024, come abbiamo anticipato già a fine 2023, sarà per gli investitori che sanno scegliere, sarà un anno memorabile.

Ed anche semplice: sarà sufficiente non farsi raccontare che Nvidia è una opportunità di investimento.

Oppure Tesla.

Essere pessimisti è un errore. Il solo errore più grande è essere ottimisti.

Investire come gli ottimisti è una sciocchezza: a voi, raccontano da sempre che “bisogna essere ottimisti”, ma lo fanno soltanto a scopo commerciale. Per piazzarvi il prodotto. “Essere ottimisti” è una tattica di vendita del marketing.

Essere ottimisti è soprattutto un errore colossale, e porta a veri e propri disastri: vi allontana dalla realtà e vi costringe a guardare ad un futuro che non esisterà mai. Oggi, il marketing lo chiama “AI”, mentre ieri, ed anche ieri l’altro, aveva altri nomi.

Chi si fa ingannare e cade nella rete di queste martellanti campagne di pubblicità non potrà che finire a perdere il proprio risparmio, pazientemente accumulato.

I dubbi, su questo, stanno a zero.

Oggi 1 giugno 2024 resta una sola strada, davanti ai mercati finanziari: e quindi, quella strada, che Recce’d anticipava già a fine 2023, verrà percorsa, e fino in fondo.

Resta un solo scenario. Perché? Perché le cose non possono che andare in quella direzione.

La soluzione vincente, allora? E’ quella di essere realisti.

In un mercato finanziario internazionale che, come tutti avete visto, nel mese di maggio ha totalmente perso la strada, la massa degli investitori non sa più da che parte guardare.

Questo fatto rende più difficile guardare al futuro con realismo: perché aumenta la confusione nella massa degli investitori.

“Tagli dei tassi, oppure AI, inventiamoci cose che non esistono, l’importante è che continui a salire tutto”: così ragiona l’industria dei promotori finanziari, dei Fondi Comuni, e delle banche internazionali. Tutti, ogni mattina, vanno in giro di casa in casa a raccontare che “salirà sempre”. E’ quello che noi, proprio qui nel Blog, abbiamo etichettato come la Grande Presa in Giro.

Ovviamente, si tratta di una sciocchezza colossale: i mercati non salgono sempre, ed è l’intera storia dei mercati e delle economie a raccontarcelo.

Come agire in modo realistico, se la confusione domina alla TV, sui quotidiani, nella mente di tutti i promotori/venditori, e nella mente degli analisti delle banche internazionali?

Noi possiamo esservi utili.

Con grande gioia, noi possiamo da oggi ritornare a parlare di strategia, per la gestione dei portafogli modello, nel nostro Blog.

Dopo ben cinque settimane, lasciamo la stretta attualità da parte (quella si spiega da sola e facilmente) e ritorniamo per fortuna ad occuparci di ciò che davvero conto nella gestione del proprio portafoglio titoli: ovvero, di come legare insieme, in una visione unica, coerente e quindi pratica ed applicabile, i tanti pezzi che oggi formano il quadro che un investitore ha davanti.

Vediamo di essere estremamente chiari e concreti: quel vostro amico, quello che a voi racconta di tutti i soldi che ha guadagnato con Nvidia, a voi però nasconde tutti i soldi che lui ha perso con tante altre operazioni sbagliate sul proprio portafoglio.

Ed è questo fatto che spiega perché, alla fine, quel vostro amico, lui, con il suo portafoglio titoli sta sempre sotto.

Sta sott’acqua. E resta sotto di noi.

Sarà necessaria una serie di Post, consecutivi, per fare il punto ad oggi, 1 giugno, della nostra visione d’insieme e della nostra strategia per i portafogli modello.

In questo Post, lo spunto iniziale è raccontarvi quale è, oggi, la facciata: la facciata dietro la quale molte altre cose, di maggiore peso sul futuro della vostra performance, si stanno evolvendo e sviluppando. La facciata che vedono tutti, e che impedisce di vedere quello che c’è dietro.

Restiamo per ora alla facciata: al problema più evidente, più discusso dai media, e dai TG, più spesso tirato in ballo da venditori di GPM e Fondi Comuni (che ingannevolmente si presentano come consulenti) e dalle banche internazionali. Problema che, vi anticipiamo, NON è quello più importante che tutti dobbiamo affrontare.

Oggi, voi come noi, leggete, e sentite migliaia di commenti sull’inflazione: ma sempre e soltanto su quella dei prossimi trenta giorni.

Persino i banchieri centrali, ormai ci hanno rinunciato: parlano sempre e soltanto del prossimo dato.

Non vi colpisce?

Non vi colpisce il fatto che nessuno, con voi, si spinga mai più in là di un mese? Mai una spiegazione, su che cosa ha originato questa ondata di rialzi dei prezzi di merci e di servizi che ogni giorno tutti dobbiamo constatare. Ma, nessuno che, partendo dalle cause, a voi illustri COME verrà vinta questa battaglia.

Ora, noi lo facciamo. Adesso alziamo un po’ lo sguardo.

Precisando però una cosa: l’inflazione (in quanto investitori) NON è un problema che vi riguarda. Non sarà certo l’inflazione, a determinare perdite e guadagni nei vostri portafogli. L’inflazione è un dato di fatto, nel 2024: bisognava vederla nel 2020, per guadagnare invece che perdere soldi. Recce’d, per i suoi Clienti, lo ha fatto. Con pieno successo. Oggi, l’inflazione come vi dicevamo NON vi riguarda: sono ALTRE le scelte che dovete fare.

Nonostante questo, tuttavia, vi sarà utile capire da che cosa è stata generata questa ondata di rialzi dei prezzi di merci e servizi. Se voi non capite il passato, come potete anche soltanto immaginare di capire il futuro dei mercati finanziari?


Mentre la politica monetaria basata su regole ha prosperato quando la globalizzazione ha esercitato pressioni al ribasso sull’inflazione, la pandemia di COVID-19 ha rilanciato la preferenza a lungo dormiente dei banchieri centrali per le politiche inflazionistiche. Questo cambiamento potrebbe aiutare le banche centrali a mantenere la loro indipendenza, ma aumenta anche la probabilità di un’altra impennata della crescita dei prezzi.

CAMBRIDGE – Ascoltando i banchieri centrali, si potrebbe pensare che la recente ondata di inflazione elevata sia stata semplicemente un errore scusabile di previsione post-pandemia commesso in condizioni di estrema incertezza. Ma anche se oggi questa narrazione prevale nei mercati e nella stampa finanziaria, essa presuppone un livello di indipendenza della banca centrale che è semplicemente irrealistico nell’attuale contesto economico e politico instabile. E anche se le banche centrali riuscissero a riportare l’inflazione al 2% nel prossimo futuro, la probabilità di un altro aumento dell’inflazione nei prossimi 5-7 anni è notevolmente aumentata.

Questo non vuol dire che i singoli banchieri centrali siano inaffidabili. Il problema è che la maggior parte delle banche centrali non sono così indipendenti come molti credono. In un contesto globale caratterizzato da polarizzazione politica, onerosi oneri del debito pubblico, tensioni geopolitiche e deglobalizzazione, l’autonomia delle banche centrali non può essere assoluta. In quanto tecnocrati non eletti, i banchieri centrali possono avere indipendenza operativa a breve termine, ma in ultima analisi sono i governi a controllare le nomine e a supervisionare i bilanci. In molti paesi, il governo ha anche il potere di ridefinire i mandati monetari. Gli economisti che bevono Kool-Aid mirati all’inflazione delle banche centrali e considerano sacrosanti gli accordi esistenti non riescono a riconoscere che la convinzione che l’indipendenza della banca centrale possa aiutare a controllare l’inflazione è vecchia di appena quattro decenni. Mentre Finn Kydland e Edward Prescott hanno giustamente ricevuto il Premio Nobel per l’economia nel 2004 per aver sviluppato una teoria della distorsione inflazionistica nella politica monetaria, la soluzione da loro proposta – semplicemente istruire le banche centrali a seguire linee guida specifiche – era piuttosto ingenua. Lo stesso si potrebbe dire dei moderni regimi di inflation targeting o della cosiddetta regola di Taylor. Il problema è che regole semplici incorrono inevitabilmente in periodi in cui funzionano malissimo e devono essere riviste a fondo. Ciò si è verificato, ad esempio, dopo la crisi finanziaria globale, quando la percezione dei banchieri centrali su cosa costituisse un tasso di riferimento restrittivo è cambiata radicalmente; sembra che stia succedendo di nuovo adesso. In questi periodi chiave, le banche centrali sono estremamente vulnerabili alle pressioni politiche.

In effetti, la pandemia di Covid-19 ha riportato in primo piano forze politiche ed economiche a lungo dormienti. Come sostengo in un recente articolo scritto in collaborazione con Hassan Afrouzi, Marina Halac e Pierre Yared, è improbabile che queste forze scompaiano presto. Sebbene il periodo post-pandemia sia stato caratterizzato da una maggiore incertezza, rendendo difficile prevedere le tendenze macroeconomiche, è proprio in questo periodo che le banche centrali tendono ad essere più propense a rischiare un’inflazione elevata piuttosto che una massiccia recessione. Dopotutto, alla gente può non piacere l’inflazione, ma ancora di più non amano le recessioni profonde e le crisi finanziarie.

Con l’impennata delle tensioni geopolitiche e il rallentamento della crescita globale, è probabile che l’incertezza economica rimanga elevata. Ciò è in parte dovuto al fatto che, nonostante i loro fronzoli, i modelli di previsione “nuovi keynesiani” delle banche centrali sono fondamentalmente basati sull’estrapolazione. In altre parole, si comportano bene in condizioni stabili, ma spesso non riescono a prevedere i principali punti di svolta. In momenti così cruciali, quando le banche centrali sono particolarmente vulnerabili alle pressioni politiche, è generalmente molto più produttivo cercare paralleli storici o considerare le esperienze di altri paesi.

A dire il vero, le impennate inflazionistiche non si verificano ogni anno. Ma un’altra ondata di inflazione potrebbe verificarsi prima di quanto previsto dai mercati. Di fronte alle incertezze economiche, le banche centrali potrebbero non puntare a un’inflazione elevata, ma probabilmente adegueranno le loro politiche sui tassi di interesse in modo da rendere tale risultato più probabile di una profonda recessione o di una crisi finanziaria.

Nonostante sia ben nota agli economisti, questa distorsione inflazionistica non è stata riconosciuta dai mercati finanziari, forse perché i messaggi delle banche centrali sono diventati eccezionalmente efficaci negli ultimi decenni.

I banchieri centrali comprendono che non appena i mercati dubitano delle loro intenzioni, i tassi di interesse rifletteranno rapidamente le crescenti aspettative di inflazione. Tuttavia, è improbabile che questa presa di coscienza li aiuti a resistere alle pressioni dei politici, che spesso si concentrano solo sulle prossime elezioni e potrebbero dare priorità ad altre questioni rispetto alla stabilizzazione dell’inflazione a breve termine.

Anche se i governi potrebbero adottare diverse misure per rafforzare l’indipendenza delle banche centrali, tali misure sono improbabili nell’attuale contesto populista. Invece di garantire che l’inflazione rimanga entro l’intervallo target, le banche centrali sono sempre più costrette a concentrarsi su questioni per le quali non dispongono degli strumenti, delle competenze o della legittimità politica necessari, come la disuguaglianza, il cambiamento climatico e la giustizia sociale.

I banchieri centrali mirano senza dubbio a raggiungere i loro obiettivi di inflazione, ma devono sempre diffidare dei loro padroni politici. Per mantenere la propria indipendenza sotto una pressione crescente, le banche centrali dovranno essere flessibili e occasionalmente fare concessioni, il che potrebbe portare a una ripetizione dell’impennata inflazionistica post-pandemia nei prossimi dieci anni.

Di conseguenza, gli investitori realistici dovrebbero capire che, anche se le banche centrali riuscissero a contenere l’elevata inflazione adesso, è destinata a ritornare prima di quanto previsto dalla maggior parte delle previsioni attuali.

La situazione che voi avete di fronte, oggi, è esattamente questa che avete appena letto.

Questo, è il passato recente di noi investitori. E con l’inflazione, l’abbiamo finita qui: fine del discorso.

Detto del passato e dell’inflazione, e ripetuto però che la cosa oggi ha scarsa incidenza sui rendimenti futuri di azioni, obbligazioni, valute e materie prime, ora guardiamo avanti, allo scenario per i prossimi mesi ed anni.

E partiamo dalle cose da NON fare per ciò che riguarda il futuro: e tra le tante, anche qui scegliamo il tema che viene più spesso toccato dai promotori finanziari, dai wealth manager, dai direct banker, dai family banker. L’intelligenza artificiale, ovvero “AI”, che fa ogni mattina comparsa sulle prime pagine dei quotidiani.

Vi domandate quale è l’opinione di Recce’d su questa materia?

La abbiamo anticipata, in pubblico, sia qui nel Blog, sia alla pagina TWIT - TWOO. In numerose occasioni.

Se siamo stati poco chiari, eccovi un riassunto, davvero molto efficace.

Ricordate tutti i rialzisti all’inizio di quest’anno entusiasti del fatto che il rally si stava ampliando oltre i titoli “Magnifici Sette”, e in che modo i guadagni più ampi erano un segno che la crescita del mercato era sostenibile? Non è andata così, per nulla.

Questo mese, quando gli indici hanno raggiunto nuovi record, solo quattro giganteschi titoli tecnologici hanno aggiunto più valore di mercato rispetto al resto dell’indice S&P 500 messo insieme. Una breve esplosione di sovraperformance da parte dei titoli più piccoli sembra essersi nuovamente esaurita.

Nvidia NVDA, , Microsoft MSFT, Apple AAPL e Alphabet GOOGL nel loro insieme hanno guadagnato oltre 1.400 miliardi di dollari questo mese, più degli altri 296 titoli che sono aumentati messi insieme. La metà del guadagno è stata ottenuta da una sola azienda, il produttore di chip Nvidia.

L’intelligenza artificiale ha avuto un andamento sorprendente da quando OpenAI ha presentato ChatGPT al mondo alla fine del 2022, e Nvidia è stata la più grande vincitrice poiché tutti corrono per acquistare i suoi microchip.

Per vedere cosa potrebbe andare storto, tieni presente che questa non è la solita mania speculativa (anche se l’anno scorso si è verificata una mini bolla dell’intelligenza artificiale). I profitti di Nvidia stanno aumentando alla stessa velocità del prezzo delle sue azioni, quindi se c’è una bolla, è una bolla della domanda di chip, non una pura bolla azionaria. Nella misura in cui vi è un errore di prezzo, assomiglia più alle banche nel 2007 – quando i profitti erano insostenibilmente alti – che alle dot-com senza profitti della bolla del 2000.

La minaccia al prezzo delle azioni di Nvidia riguarda quindi le minacce ai suoi guadagni. I rischi sono quattro:

1) La domanda diminuisce perché l’intelligenza artificiale è sovrastimata. Il Fondo monetario internazionale afferma che l’intelligenza artificiale “trasformerà l’economia”. Il presidente Biden afferma che l’intelligenza artificiale è “la tecnologia più importante del nostro tempo”. E i principali fornitori di intelligenza artificiale, incluso l’amministratore delegato di OpenAI, hanno affermato in una lettera congiunta che “mitigare il rischio di estinzione dell’intelligenza artificiale dovrebbe essere una priorità globale”.

Tuttavia, i modelli linguistici di grandi dimensioni rimangono limitati. Devo ancora incontrare qualcuno che sia contento di trovarsi di fronte a un chatbot per il servizio clienti, il cui caso d'uso principale sembra essere quello di cercare di capire come superarlo per parlare con un vero essere umano.

Aiuta i programmatori, ma pochi al di fuori della comunità di programmazione si sono entusiasmati quando, ad esempio, GitHub ha trasformato lo sviluppo del software, molto prima che arrivasse ChatGPT. Copilot di Microsoft può aiutare i principianti a migliorare le presentazioni PowerPoint, il che potrebbe rendere la vita in ufficio un po’ meno noiosa. E aiutare gli utenti con Excel è importante. Ma ancora una volta, una migliore funzione di “Aiuto” normalmente non farebbe battere forte il polso degli investitori.

Non fraintendermi. Sono profondamente colpito dal progresso dei grandi modelli linguistici e dalla tecnologia alla base di ChatGPT. Ma tutti i miei tentativi di usarlo per lavoro comportavano errori che richiedevano più tempo per essere risolti che se lo avessi fatto da solo. È come avere una dodicenne che ci aiuta.

Molti LLM non superano i test di base, spesso in modi divertenti: Google consiglia, ad esempio, di aggiungere colla alla pizza. Il copilota sottolinea il rischio di essere mangiati da un cavolo quando gli viene chiesto come attraversare un fiume con una capra. Sono davvero pronti per la prima serata? Perplexity è un ottimo motore di ricerca assistito dall'intelligenza artificiale, ma la promessa dell'intelligenza artificiale va molto oltre un Google migliore. La tecnologia deve ancora essere all'altezza delle aspettative e il rischio è che ci vorrà molto più tempo di quanto credono gli acquirenti di chip Nvidia.

2) La concorrenza riduce i prezzi. Nvidia regna sovrana nelle unità di elaborazione grafica di fascia alta utilizzate per l'intelligenza artificiale. Ma deve affrontare la concorrenza di clienti ben finanziati come Alphabet e Meta Platforms, una serie di startup e rivali tradizionali come Intel che cercano di recuperare terreno. Anche se non sono così buoni, dovrebbero limitare la capacità di Nvidia di caricare praticamente quello che vuole.

3) Il più grande fornitore di Nvidia, Taiwan Semiconductor Manufacturing, potrebbe volere una fetta più grande. TSMC produce effettivamente i chip. Se aumentasse il prezzo addebitato a Nvidia, nessun altro potrebbe intervenire per sostituirlo in un periodo di tempo ragionevole. Potrebbe non voler rischiare la sua relazione a lungo termine. D'altra parte, potrebbe volere che parte del denaro venga versato in Nvidia.

4) Cosa succede se la scala non conta? I progettisti dei modelli di intelligenza artificiale ritengono che ci sia un vantaggio nel diventare grandi rapidamente. Un maggiore utilizzo raccoglie più dati, il che rende i modelli migliori e attira più utenti, in un circolo virtuoso. Il grande dovrebbe diventare più grande. Una tale frenesia alimenta la domanda di chip IA.

Se l’argomentazione è giusta, molte persone che hanno investito nei modelli che si sono rivelati perdenti avranno sprecato i loro soldi. Anche l'attuale boom della domanda di patatine dovrebbe attenuarsi una volta che gli anche-ran si arrenderanno. Si tratta di una soluzione lontana, ma rappresenta una minaccia per le future vendite di Nvidia.

Se l’argomento della scala è sbagliato, e ciò che le aziende in realtà vogliono sono modelli di intelligenza artificiale più piccoli e dedicati, addestrati in gran parte sui propri dati, o che le startup possano fare intelligenza artificiale altrettanto bene dei giganti, molti soldi saranno stati sprecati.

Gli investitori presuppongono una crescita rapida e continua da parte di Nvidia, con il titolo su un multiplo di 38 volte gli utili futuri. La commercializzazione superveloce degli LLM è diventata la linea di base per gli investitori che hanno spinto al rialzo altri titoli che dovrebbero trarne vantaggio, come i fornitori di elettricità, cavi e data center. È un altro segno di quanto gli investitori abbiano ingoiato l’hype secondo cui sarebbero disposti a scommettere su potenziali beneficiari così lontani del boom dell’intelligenza artificiale.

Temo che il mercato stia prestando troppo poca attenzione ai rischi. L’intelligenza artificiale può essere un grosso problema, ma è improbabile che abbia i risultati che la gente sembra pensare.

Noi di Recce’d riteniamo che nell’articolo che avete appena letto ci sia tutto ciò che è necessario: in modo sintetico, ma viene detto tutto ciò che davvero conta per noi investitori.

Il fatto che queste osservazioni ed analisi oggi NON venga trasmesso alla massa deli investitori (da banche di investimento, da venditori ed agenti commerciali come i promotori finanziari, da stampa e TV) non ci colpisce, non ci spaventa, e non modifica neppure di un millimetro le nostre valutazioni. Che derivano proprio da ciò che avete appena letto: e che restano valutazioni corrette, anche se in questo momento la massa sceglie di NON leggere ciò che è scritto a chiare lettere nel futuro della vicenda “AI”.

“AI” non è e non sarà un fattore decisivo, per le economie e neppure per i mercati finanziari.

Oggi colma un vuoto, un vuoto che riguarda il marketing: “EV” non funziona più, Tesla non funziona più, serve qualche cosa di luccicante per attirare i tordi.

Veniamo invece ai fattori che sono determinanti, sia nel breve, sia nel medio termine, per le performances dei nostri portafogli modello e dei vostri portafogli di investitori.

E quindi parliamo di quello che nel secondo semestre sarà il tema numero uno. Non di sicuro l’inflazione, non di sicuro Nvidia.

Sarà invece il debito, il deficit, ed il suo finanziamento.

Anche in Europa: non ci sono dubbi. Ma noi oggi ci concentriamo sugli Stati Uniti.

Alla fine di ottobre del 2023, con il rendimento del decennale USA sopra il 5%, il Ministro del Tesoro Yellen tirò fuori dal cilindro una mossa a sorpresa: come leggete nel grafico qui sopra, il Tesoro degli Stati Uniti modificò la sua politica di emissione di titoli di debito, privilegiano le scadenze brevi (2, 3 e 5 anni: che nel grafico sono le tre che stanno più in basso, e di cui aumenta come vedete il peso sul totale).

Ma soprattutto ciò che ebbe peso ed influenza sui mercati fu la scelta di emettere una sempre maggiore quantità dei cosiddetti T-bills, i Buoni del Tesoro in italiano (BOT), a 3 mesi, a 6 mesi, e ad un anno.

Lo vedete guardando, nel grafico sotto, dentro al nostro riquadro giallo: la parte che è in rosso sono i BOT.

Una scelta azzardata, di Yellen (non la prima, questo è certo): nei prossimi 12 mesi, il Tesoro USA si ritrova con 10 mila miliardi di titoli di Stato in scadenza e da rinnovare. Ai tassi di mercato (immagine qui sotto).

Yellen ha scommesso su una futura diminuzione dei tassi di mercato: al 31 maggio 2024, ha perso questa scommessa.

Lo scopo di tutto questo? Nell’immediato, lo scopo è quello di conservare il consenso, mettendo il pubblico in condizione di spendere ciò che ancora non è stato guadagnato (immagine sotto). E questo lo si ottiene facendo nuovo debito, e sempre maggiore debito.

Proprio questo a sua volta genera creando un effetto euforia ed esuberanza, che fa spendere denaro sia nelle automobili Tesla sia nei chip Nvidia.

Noi investitori possiamo, però, in modo facile evitare questa trappola, evitando di andare dietro alla massa.

Ai nostri lettori, noi suggeriamo quindi di rileggere questi dati con attenzione, ed anche di fare un lavoro di analisi accurato, come è necessario.

Che cosa implicano, questi dati, per azioni, obbligazioni, valute e materie prime, nel 2024 e nel 2025?

Può aiutarvi leggere il brano che segue, qui in chiusura del Post. Ma il brano, seppure di elevata qualità, non è sufficiente.

Noi di Recce’d infatti espanderemo questo tema, insieme con altri fattori determinanti per le vostre performances, in futuri Post del Blog, che noi pubblicheremo con la tempistica che ci sarà possibile realizzare.

Nel frattempo, voi fatevi aiutare, da chi ha le competenze necessarie: magari sui social, in chat e nella community. Magari chiedete al direct banker, al personal banker, al family banker, al wealth manager, e a tutti quelli che si fanno chiamare “consulenti” senza esserlo.

Oppure, avete una migliore alternativa: scrivete a Recce’d, e ci parliamo.

Le previsioni a lungo termine di tassi di interesse più alti, secondo il segretario al Tesoro Janet Yellen, rendono più difficile controllare il fabbisogno di finanziamento degli Stati Uniti, il che sottolinea l’importanza di aumentare le entrate nei prossimi colloqui sul bilancio con i legislatori repubblicani. C'è solo un problema. Ha torto.

Secondo lo scenario di base del Congressional Budget Office (CBO), che non ipotizza un solo anno di recessione e conta già con entrate fiscali record, il deficit primario del 2025 raggiungerà gli 851 miliardi di dollari, mentre le spese per interessi netti saliranno a 951 miliardi di dollari. Inoltre, il deficit primario minimo previsto dal 2025 al 2034 sarà pari all’incredibile cifra di 676 miliardi di dollari, con 1.200 miliardi di dollari di spese per interessi netti, mentre il deficit medio annuo sarà probabilmente superiore a 700 miliardi di dollari. Le cifre accumulate sono ancora più preoccupanti. Il CBO stima che il deficit primario aggregato nel periodo 2025-2034 raggiungerà la brutale cifra di 7,4 trilioni di dollari, con spese per interessi accumulate di 12,4 trilioni di dollari. Dobbiamo ricordare che lo scenario di base del CBO prevede l’assenza di recessione e un aumento costante delle entrate fiscali al di sopra del livello record del 2024.

Se le stime ottimistiche del CBO portano alla conclusione che i deficit e le spese per interessi aumenteranno in un’economia in forte espansione, è evidente che nessuna misura sulle entrate metterà fine a questa tendenza disastrosa.

Coloro che sostengono che le misure fiscali ridurranno il deficit hanno un problema con la matematica e la realtà. Non esiste alcuna misura delle entrate in grado di generare 700 miliardi di dollari di entrate aggiuntive ogni anno. Inoltre, non esiste alcuna misura delle entrate che genererà tali entrate annuali aggiuntive, indipendentemente dal ciclo economico. Un solo anno di recessione potrebbe destabilizzare le stime ottimistiche dell’amministrazione.

Il deficit di bilancio insostenibile degli Stati Uniti è un problema e le spese per interessi sono in aumento perché il governo rifiuta qualsiasi forma di disciplina di bilancio.

L'amministrazione ritiene che tutte le spese siano necessarie ma troppo basse e che i soldi guadagnati con fatica siano eccessivi e dovrebbero essere soggetti a tasse più elevate.

I deficit sono sempre un problema di spesa. Solo i burocrati interventisti danno per scontato che il problema siano le entrate. Le entrate fiscali sono cicliche e le spese si consolidano e aumentano più rapidamente delle entrate perché l’amministrazione non ne ottiene mai abbastanza.

Quando l’economia cresce, i governi spendono di più, e quando l’economia si indebolisce, spendono ancora di più, rendendo la spesa in deficit un peso per l’economia che porta al malcontento nei periodi di recessione e di espansione.

Stiamo assistendo ad una proposta mortale per l’economia americana. Il governo rifiuta ogni possibilità di amministrare e pareggiare il bilancio. Il deficit insostenibile sta obbligando a stampare denaro, con conseguente aumento delle tasse e probabilmente un’inflazione persistente. Sei più povero e il governo diventa più grande ogni anno.

Stampando moneta e gonfiando deficit e spesa, la dimensione del governo nell’economia cresce più velocemente di quella dei settori privato e produttivo. La dimensione del governo aumenta durante le recessioni aumentando la spesa per combatterle, e aumenta anche durante le recessioni economiche aumentando le tasse e creando inflazione, che è una tassa nascosta.

Ciò a cui stiamo assistendo è una lenta nazionalizzazione dell’economia. Le piccole imprese e le famiglie soffrono a causa dell’aumento delle aliquote perché il governo ha creato inflazione e portato i deficit a livelli insostenibili, e il governo richiede maggiori entrate fiscali.

Il trucco, come sempre, sarà quello di ingannarci sostenendo che le tasse verranno imposte solo ai ricchi. Un sistema fiscale ingiusto non è meno ingiusto se colpisce solo una piccola parte dei cittadini. Tuttavia, non ha nemmeno importanza. Non c’è modo in cui il governo possa aumentare le entrate senza trasferire un onere enorme alla classe media attraverso l’inflazione, una tassa nascosta e imposte dirette e indirette più elevate.

Non c’è modo in cui l’amministrazione possa colmare un buco strutturale di bilancio annuale di 700 miliardi di dollari con “tasse sui ricchi”. Pertanto, quando parlano di compromesso, ciò che intendono è che la classe media e le piccole imprese continueranno a soffrire.

Secondo il sito web Fiscal Data del Tesoro, la spesa pubblica ha già raggiunto i 3,82 trilioni di dollari da gennaio a maggio, con un aumento del 6% rispetto allo stesso periodo del 2023. Solo se consideriamo l’aumento su base annua finora, pari a 208 miliardi di dollari, non esiste alcuna misura delle entrate che avrebbe raccolto tale importo dai ricchi, dalle aziende o da chiunque altro.

Secondo il sito web Fiscal Data del Tesoro, la spesa pubblica ha già raggiunto i 3,82 trilioni di dollari da gennaio a maggio, con un aumento del 6% rispetto allo stesso periodo del 2023. Solo se consideriamo l’aumento su base annua finora, pari a 208 miliardi di dollari, non esiste alcuna misura delle entrate che avrebbe raccolto tale importo dai ricchi, dalle aziende o da chiunque altro.

Considerando che Yellen e l’amministrazione Biden non sono disposti nemmeno a moderare la folle tendenza della spesa pubblica, la Federal Reserve si trova nella posizione di cercare di frenare il costo del debito rallentando il percorso di normalizzazione del bilancio.

Ciò significa che la Fed abbandona la lotta contro l’inflazione perché la politica fiscale non riesce a ridurre le pressioni inflazionistiche. Così facendo, la Fed sta involontariamente trasferendo l’intero peso della normalizzazione della politica e dei tassi più alti al settore produttivo, mentre il Tesoro guarda all’enorme deficit e pensa: “Bene, dobbiamo raccogliere più entrate”. Tu paghi.

C’è solo un modo per evitare che il dollaro USA perda ulteriore potere d’acquisto e che gli Stati Uniti diventino un’economia stagnante e improduttiva: ridurre le dimensioni del governo. Se ritieni che il governo sia troppo piccolo, preparati a diventare più povero perdendo il tuo salario reale e la capacità di arrivare a fine mese. Se vuoi più governo, lo avrai. E lo pagherai più del dovuto. Inflazione, tasse più alte e salari più bassi sono il prezzo di un maggiore controllo statale. Sempre.

Valter Buffo
Ieri Nvidia. E domani cosa c’è?
 

Prendendo esempio da Jerome Powell, Gran Capo della Federal Reserve, che ogni tre mesi ci ha abituato ad una inversione ad U nella sua visione delle cose, anche noi di Recce’d (per una volta) facciamo una inversione ad U.

No, non fraintendeteci: non è cambiata la nostra visione delle cose. E non c’è alcuna necessità di modificarla, guardando ai fatti.

La nostra (ben più contenuta) inversione ad U sta semplicemente nel fatto che, contrariamente a quanto abbiamo scritto sette giorni fa, per una settimana ancora il nostro Post del weekend si occupa di attualità.

La settimana prossima, il nostro Blog tornerà ma dedicarsi alla messa a punto della strategia di investimento, come succede da ormai quindici anni.

Oggi però, costretti da una attualità veramente troppo ricca, commentiamo in modo sintetico i fatti più recenti: perché i fatti della settimana appena conclusa sono così tanto rappresentativi, da offrire una opportunità eccellente per sintetizzare ciò che sta accadendo davanti ai vostri occhi.

Nei fatti degli ultimi cinque giorni, trovate tutti gli elementi di una strategia vincente per la gestione del vostro risparmio.

Che è quella che Recce’d mette in pratica per il proprio Cliente.

Rivediamo, dunque, eventi, dati e notizie dell’ultima settimana.

Al tempo stesso, tuttavia, proprio in questo Post (nella parte finale) trovate una anticipazione che riguarda la strategia di portafoglio: che verrà poi ripreso nel Post successivo a questo.

La reazione immediata alla trimestrale di Nvidia ve la ricordiamo con la parte alta dell’immagine sopra.

Chi è a capo di Nvidia ve lo ricordiamo con l’immagine della parte bassa.

La reazione immediata non è stata quella alla quale avevano lavorato, da tre mesi, tutte le banche globali di investimento, e la gran parte dei venditori deambulanti in Italia.

Nelle ultime settimane Recce’d ha spiegato, anche attraverso la propria pagina TWIT - TWOO, perché oggi Nvidia resta fuori dal nostro universo investibile (nonostante abbia raggiunto i 1000 dollari di prezzo).

Nvidia è una storia confezionata, in modo accurato, dal marketing dell’industria finanziaria: come accadde qualche anno fa per Tesla. Oggi Tesla è scivolata del tutto nelle retrovie, è un nome fuori moda.

La storia di Nvidia è stata interamente costruita su “AI”: un tema non nuovo(ricordiamolo), che circolava già sui mercati finanziari negli Anni Novanta.

In materia di “AI” ha scritto il 3 marzo scorso Noam Chomsky che leggete qui di seguito-

Per completezza, va aggiunto che il giorno dopo la pubblicazione della trimestrale Nvidia, il sito di Yahoo pubblicava questa notizia.

L’indice della Borsa USA ha chiuso la settimana senza variazioni. Che cosa ci hanno detto, i mercati, in questa occasione?

La ricerca di una spiegazione alla reazione immediata dei mercati è ancora in corso: e non bisogna mai prendere per buona una reazione immediata dei mercati, perché è sempre e solo la figlia della confusione.

Al tempo stesso, è importante osservare anche tutti gli altri fatti successi in quelle ore.

Un esempio? I Verbali della Federal Reserve, pubblicati la stessa sera.

La stessa CNBC, poche ore dopo la trimestrale di Nvidia, e capita l’aria che tirava, ha dato più spazio a Jamie Dimon che a Nvidia.

In aggiunta sempre in quelle medesime ore si è espresso il Grande Capo di Goldman Sachs

Il capo di Goldman Sachs non dice le stesse cose che dicono e scrivono quelli che in Goldman Sachs lavorano come venditori che piazzano azioni ed obbligazioni nei vostri portafogli.

Lo stesso accade per Jamie Dimon e JP Morgan.

Entrambi, poi, non dicono quello che Powell ebbe a dire il 4 maggio scorso.

Neppure i Verbali di quella stessa riunione del 4 maggio scorso dicono ciò che Powell poi disse in conferenza stampa la medesima sera (immagine sotto).

Tutto molto curioso, e degno di attenzione. Forse, merita più attenzione di Nvidia? A voi lettori la decisione.

36 ore dopo, il venerdì 24, poi arriva anche Janet Yellen, Ministro del Tesoro USA e sicuramente il personaggio più pericoloso, oggi, per tutti noi investitori.

Il maggiore responsabile della ripresa dell’inflazione globale spiega al Financial Times che “molti americani soffrono ancora per l’inflazione”.

Guardando la cosa dall’alto, con distacco.

Non è la irresponsabilità a colpirci: quella, ce la eravamo già capita, e da anni. E neppure la sfrontatezza, l’arroganza.

Ci colpisce invece rileggere, oggi come negli Anni Settanta, sempre le medesime frasi, ripieghi e scappatoie. Leggete qui sotto.

Notate come si faccia riferimento ad un controllo statale dei prezzi. E poi, agli aumenti dei salari. Gli aumenti dei salari presentati come cosa “positiva”. E quindi: auspicabile anche in futuro.

Pur sapendo che, in questo modo, non se ne esce, né si uscirà in futuro.

Tutto questo, gli investitori lo hanno già visto. Ma fino ad oggi (forse perché è passato molto tempo) non tutti lo hanno riconosciuto.

Saranno costretti a riconoscerlo.

Come leggete qui sopra, con grandissima lentezza, ma pure alla Federal Reserve stanno prendendo atto della situazione. Ottusi? Oppure ci sono cose che al pubblico è meglio non dire?

E, nelle dichiarazioni della Federal Reserve, dal 21 maggio del 2024, è ritornato un altro tema, che fu trattato già molti anni fa. Poi, è stato più comodo fare finta di averlo dimenticato.

Si chiama eccesso di esuberanza sui mercati finanziari.

Tradotto in pratica, tutto questo dove ci porta?

Ad un fatto molto semplice: subito dopo che è stato pubblicato il più recente dato per l’inflazione negli Stati Uniti, Recce’d ha scritto (anche sul sito, alla pagina TWIT - TWOO): “ieri non è successo nulla”.

E adesso, lo potete constatare nel grafico che segue.

Venendo al pratico, e ai soldoni, che a inizio 2024 ha abboccato a slogan commerciali del tipo “questo è l’anno dei bonds” oppure “correte a comperare i BTp, a fine maggio è già sott’acqua, e non di poco.

Come nel 2022.

Per completezza, è utile ed è giustificato osservare che non tutti gli investitori in obbligazioni stanno perdendo soldi.

C’è una categoria che guadagna.

Sono quelli che hanno investito in high yield, le obbligazioni “spazzatura”.

Per quale ragione, in fasi di mercato come quella del post-2020 una parte degli investitori (quella che non guarda lontano, quella più miope, e quella che rincorre quello che fanno gli altri) usa il proprio risparmio per acquistare titoli che anche i media chiamano “spazzatura”?

Per quale ragione c’è questa rincora alla scarsa qualità, nulla in alcuni casi?

Come è possibile che la massa venga in alcuni periodi prima confusa, poi impaurita, ed infine accecata, fino al punto di adottare comportamenti collettivi isterici, ai limiti della auto-distruzione?

Vi aiuterà la lettura del Wall Street Journal.

Recce’d poi, a partire da lunedì presenterà al Cliente il proprio lavoro di analisi su questa classe di asset finanziari.

Se l’economia americana è destinata ai guai, nessuno lo ha detto al mercato dei titoli spazzatura.

Il premio che gli investitori richiedono per detenere debito di società sub-investment grade invece che di titoli del Tesoro relativamente sicuri si è ridotto quasi ai minimi dell’era della pandemia, segno della diminuzione delle preoccupazioni per un rallentamento economico che causerebbe un grande aumento di default e fallimenti.

Il debito a basso rating è stato travolto da un ampio rally del mercato alimentato da segnali di raffreddamento dell’inflazione e dalle speranze di tagli dei tassi di interesse. Secondo Refinitiv Lipper, attratti da rendimenti intorno all’8%, gli investitori hanno finora investito 3,7 miliardi di dollari netti in fondi di obbligazioni spazzatura, secondo Refinitiv Lipper, i primi afflussi in quel periodo dal 2020.

Tale domanda ha alimentato le vendite di obbligazioni da parte di società tra cui Jack Dorsey’s Block e la Icahn Enterprises di Carl Icahn nelle ultime settimane. Complessivamente, secondo PitchBook LCD, quest’anno fino a metà maggio le imprese a basso rating hanno emesso 131 miliardi di dollari di debito di grado speculativo, rispetto ai circa 71 miliardi di dollari dello stesso periodo del 2023.

Gli investitori e gli analisti osservano attentamente le obbligazioni spazzatura perché le società con rating di credito più deboli tendono ad essere colpite per prime dai problemi economici. La forte domanda in quel paese, insieme alla recente impennata dei profitti tra le società S&P 500, alimenta le speranze che l’economia si raffreddi abbastanza da far scendere i tassi, senza scivolare in una recessione.

“I mercati continuano a credere che ci sarà un atterraggio morbido”, ha affermato Matt Brill, responsabile del credito investment grade per il Nord America presso Invesco. “I rendimenti complessivi stanno invogliando gli acquirenti a investire, e ci sono poche preoccupazioni per un’economia in declino”.

Le obbligazioni di tutti i tipi si stanno riprendendo dopo tre mesi consecutivi di dati sull’inflazione più caldi del previsto che hanno scosso i mercati, minando le speranze degli investitori per i tagli dei tassi di interesse. Ora, secondo i dati del CME Group, i segnali di un raffreddamento degli aumenti dei prezzi hanno riacceso le scommesse secondo cui la Federal Reserve potrebbe tagliare i tassi più di una volta quest’anno.

Molte aziende stanno approfittando della domanda degli investitori per rifinanziare il debito esistente. SS&C Technologies, che fornisce software per i servizi finanziari e l’industria sanitaria, ha recentemente emesso 750 milioni di dollari di obbligazioni che scadranno nel 2032 per contribuire a ripagare il debito a tasso variabile in scadenza nell’aprile 2025.

Grazie ai tassi di interesse sottostanti più elevati, le obbligazioni sono state vendute con un rendimento del 6,5%, un punto percentuale in più rispetto al rendimento iniziale delle obbligazioni più vecchie della società emesse nel 2019. Tuttavia, il premio, o spread, per i Treasury è stato di 1,91 punti percentuali: o un punto percentuale inferiore allo spread iniziale sulle obbligazioni vendute nel 2019. Ciò suggerisce che gli investitori consideravano le nuove obbligazioni meno rischiose rispetto a quelle più vecchie quando furono emesse per la prima volta.

Lo sforzo di rifinanziamento di SS&C Technologies includeva anche un prestito di 3,9 miliardi di dollari, che era più grande di quanto inizialmente previsto a causa della domanda più forte del previsto da parte degli investitori.

"Abbiamo colto un'apertura per quanto riguarda i tempi del rifinanziamento", ha affermato Brian Schell, direttore finanziario di SS&C Technologies. In passato la società ha utilizzato principalmente il debito per finanziare fusioni e acquisizioni.

All’inizio dell’anno, Allied Universal, un fornitore di servizi e sicurezza per strutture, aveva circa 1,9 miliardi di dollari di debito garantito con scadenza nel 2026. A febbraio, la società ha rifinanziato 1 miliardo di dollari di quel debito, estendendone la scadenza fino al 2031. Più recentemente, ha attinto i mercati obbligazionari sono tornati per 500 milioni di dollari dopo aver visto un rapporto sull'occupazione più debole del previsto e un persistente restringimento degli spread.

“È stato un affare opportunistico per noi”, ha affermato Lasse Glassen, responsabile globale delle comunicazioni e delle relazioni con gli investitori di Allied Universal. "Abbiamo approfittato delle buone condizioni."

Ci sono segnali di stress in agguato. Secondo un’analisi di Moody’s Ratings, nei 12 mesi fino a marzo il tasso di default è salito al 5,8% per gli emittenti di obbligazioni spazzatura, il livello più alto in tre anni. Questa cifra include i fallimenti e le ristrutturazioni extragiudiziali del debito.

L’aumento riflette le attuali difficoltà finanziarie di alcune società di private equity che avevano faticato a rifinanziare il debito ai tassi più elevati di oggi, ha affermato Julia Chursin, analista senior del team di finanza a leva e credito privato di Moody’s.

"Siamo in questo ambiente favorevole in cui tutti vogliono guadagnare un po' di rendimento extra e assumere un po' più di rischio di credito, ma il rischio di credito sta aumentando", ha affermato Kevin Loome, gestore di portafoglio high yield presso T. Rowe Price.

Tuttavia, fattori tecnici potrebbero mantenere gli spread sulle obbligazioni ad alto rendimento relativamente bassi. Negli ultimi anni, sempre più aziende sono entrate nel territorio investment grade, o vi sono tornate, mentre meno sono cadute nella spazzatura. Ciò riduce l’offerta disponibile per gli investitori, hanno detto gli analisti.

“Si tratta di più denaro che insegue la stessa quantità di titoli in circolazione, e anche questo è stato di grande supporto alle valutazioni di mercato”, ha affermato Michael Anderson, responsabile della strategia creditizia statunitense presso Citigroup.

Le obbligazioni high yield si vendono dunque anche se i tassi salgono: ma si vendono soltanto a quelli che sposano la visione che viene esplicitata nell’articolo. Il soft landing.

Come vi abbiamo documentato poco più in alto, questa visione delle cose oggi non è condivisa da tutti. Per molti, è rosea ma non è realistica.

Ma questa visione serve: serve, come avete appena letto, agli intermediari dei mercati finanziari, che sono da un lato le banche internazionali di investimento, e dall’altro poi le Reti nazionali di promotori finanziari, che si occupano di “piazzare la merce” a voi investitori finali.

Molti sono quelli che abboccano, quando vedono la cedola al 6,5%: non sapendo, o non ricordando, recenti episodi del passato, che hanno toccato anche un ampio numero di risparmiatori italiani.

Che però, hanno la memoria corta. Davvero troppo corta: non arriva neppure al 2009, quando una massa di investitori fu costretta a piangere sul proprio rendiconto dalle obbligazioni Lehman Brothers.

Stiamo parlano delle obbligazioni, per chi non lo ricordasse. Delle obbligazioni, e non delle azioni Lehman Brothers.

Come promesso, chiudiamo il Post guardando in avanti, e staccandoci dalla stretta attualità.

Ritorniamo a parlare, nel brano conclusivo, della strategia per gestire il portafoglio titoli nel suo complesso.

Alla fine del mese di maggio serve ricostruire una visione di insieme, dopo i tantissimi fatti, di grande significato, che abbiamo visto nelle ultime cinque settimane.

Affidiamo questo compito a Jamie Dimon, che parla qui di seguito, e vi dice che cosa dovete fare oggi, se volete ottenere dal vostro portafoglio in titoli un risultato almeno decente, dopo anni ed anni di vostra grande insoddisfazione.

Dovete definire una strategia vincente, come è vincente la nostra. Parliamone.

Il presidente e amministratore delegato di JPMorgan Chase, Jamie Dimon, afferma che non si può escludere un “atterraggio duro” per gli Stati Uniti.

Quando Sri Jegarajah della CNBC gli ha chiesto della prospettiva di un atterraggio duro, Dimon ha risposto: “Potremmo davvero vederne uno? Naturalmente, come potrebbe qualcuno che legge la storia dire che non esiste alcuna possibilità?

Il CEO è intervenuto al JPMorgan Global China Summit a Shanghai.

Dimon ha affermato che il risultato peggiore per l’economia statunitense sarà uno scenario di “stagflazione”, in cui l’inflazione continua a salire, ma la crescita rallenta in un contesto di elevata disoccupazione.

“Osservo la gamma di risultati e, ancora una volta, il risultato peggiore per tutti noi è ciò che chiamate stagflazione, tassi più alti, recessione. Ciò significa che i profitti aziendali diminuiranno e supereremo tutto questo. Voglio dire, il mondo è sopravvissuto a tutto ciò, ma penso solo che le probabilità siano state più alte di quanto pensano gli altri.

Tuttavia, Dimon ha affermato che “il consumatore è ancora in buona forma” – anche se l’economia scivola nella recessione. Ha sottolineato il tasso di disoccupazione, che è inferiore al 4% da circa due anni, aggiungendo che i salari, i prezzi delle case e quelli delle azioni sono in aumento.

Jamie Dimon, CEO di JPMorgan Chase & Co, arriva per un'audizione della commissione del Senato per le banche, l'edilizia abitativa e gli affari urbani a Capitol Hill il 22 settembre 2022 a Washington, DC. La commissione ha tenuto l'udienza per la supervisione annuale delle più grandi banche della nazione.

Detto questo, Dimon ha sottolineato che i livelli di fiducia dei consumatori sono bassi. “Sembra che ciò sia dovuto principalmente all’inflazione. ...I soldi extra derivanti dal Covid stanno scendendo. È ancora lì, sai, nel 50% più basso è quasi sparito. Quindi lo chiamerò normale, non male.

I verbali della riunione di maggio della Fed pubblicati mercoledì hanno mostrato che i politici sono diventati più preoccupati per l’inflazione, con i membri del Federal Open Market Committee che hanno indicato di non avere fiducia nell’allentare la politica monetaria e nel tagliare i tassi.

In merito alla tempistica dei tagli della Fed Dimon ha affermato che i tassi di interesse potrebbero ancora salire “un po’”. “Penso che l’inflazione sia più viscosa di quanto si pensi. Penso che le probabilità siano più alte di quanto altri pensino, soprattutto perché l’enorme quantità di stimoli monetari fiscali è ancora nel sistema, e forse sta ancora alimentando parte di questa liquidità”.

Il mondo è pronto per un’inflazione più elevata? “Non proprio”, ha avvertito.

Secondo il FedWatch Tool del CME, circa la metà dei trader intervistati prevede un taglio di 25 punti base entro settembre. La Fed ha previsto tagli di tre quarti percentuali per tutto il 2024, ma solo se il mercato lo consentirà.

Alla domanda sulla prospettiva e sui tempi delle riduzioni dei tassi, Dimon ha affermato che le aspettative del mercato “sono piuttosto buone. Non hanno sempre ragione”. “Il mondo ha detto che [l’inflazione] sarebbe rimasta al 2% per tutto il tempo. Poi dice che andrà al 6%, poi dice che andrà al quattro. ... È stato sbagliato al 100% quasi ogni volta. Perché pensi che questa volta sia la volta giusta?"

JPMorgan utilizza la curva implicita per stimare i tassi di interesse, ha detto, aggiungendo: “So che sarà sbagliato. “Quindi solo perché dice X, non significa che sia giusto. È sempre sbagliato. Torniamo a qualsiasi punto di flessione dell’economia di sempre, e la gente pensava X e poi si sbagliava completamente due anni dopo”, ha detto.

Valter Buffo
Stimoli e stimolanti
 

Per una quarta settimana (ed è anche l’ultima) dedichiamo il nostro Post del weekend alla stretta attualità.

Chiusa questa parentesi, i nostri nuovi Post saranno dedicati alla visione strategica: che è poi l’impostazione originale di questo intero Blog, ovvero regalare a chi ci legge una collezione di dati, fatti e analisi, che possano facilitare l’investitore che ci legge a costruire uno scenario coerente, e quindi anche una strategia di investimento vincente.

Che ovviamente non può esistere, se manca uno scenario di breve, medio e lungo termine sulla base del quale fare le proprie scelte di portafoglio.

Perché allora per quattro settimane abbiamo dedicato i nostri Post alla stretta attualità?

La risposta è semplice: perché il numero, e l’importanza, degli eventi delle ultime settimane è stato eccezionale.

Abbiamo quindi deciso di seguirli più da vicino, mentre nelle prossime settimane riorganizzeremo queste nostre considerazioni all’interno dello scenario coerente di cui si diceva, scenario che nelle ultime quattro settimane si è ulteriormente definito.

Oggi le idee sono molto chiare be definite: almeno per noi di Recce’d. Le presentiamo nel dettaglio nella nuova Lettera al Cliente che è in spedizione.

Una delle nostre idee forti, un punto sul quale noi insistiamo da molti mesi, e sul quale le nostre idee sono molto chiare, è che l’inflazione oggi non c’entra più nulla, ha perso totalmente la sua rilevanza.

A noi, oggi, dell’inflazione importa nulla, per ciò che riguarda le logiche di investimento, le scelte nei portafogli modello, e l’operatività in acquisto ed in vendita. L’inflazione è irrilevante.

Oggi, nel Post che state leggendo, ne scriviamo unicamente allo scopo di dimostrare, con dati e fatti, al nostro lettore in che modo funziona la macchina della propaganda che ogni giorno agisce, attraverso numerosi canali, allo scopo di danneggiare i risparmiatori impoverendoli attraverso la distruzione di VALORE che è in corso ormai da più di 15 anni.

Illudere tutti di essere più ricchi quando, all’opposto, tutti diventano più poveri.

La macchina della propaganda, che parte delle autorità politiche e dai funzionari di stato, che è operata dalle banche internazionali e che viene poi disciplinatamente messa in pratica dai promotori finanziari (financial advisors, private bankers, family bankers, direct bankers, ogni giorno si inventano una nuova etichetta per una vecchia merce), i quali vengono costretti con spinte fortissime a “piazzare la merce” ovvero a “piazzare i prodotti finanziari”.

Oggi vediamo nel dettaglio come agisce questa macchina.

L’occasione ce la offre il dato americano dello scorso mercoledì 15 maggio 2024. Rivediamo sinteticamente insieme ciò che è stato raccontato, e ciò che invece è successo davvero.

E’ appena stata mandata in onda, per la centesima volta, la replica di un vecchio programma. No, non il Conte di Montecristo, Sandokan oppure il classico Montalbano.

Si tratta invece di un programma che non è stato, mai una volta, un successo: ma ugualmente si insiste. Sarà per fare piacere a qualcuno, probabilmente un raccomandato, uno protetto dai “piani alti”?

Si tratta del programma intitolato:

è arrivata l’ora del pivot, adesso il soft landing è una certezza, i tagli del costo del denaro sono imminenti

Sarà forse la centesima volta, che siamo costretti ad ascoltare questa medesima storiella, negli ultimi tre anni: sempre la stessa, sempre uguale, sempre con i soliti attori (invecchiati ed annoiati pure loro nel frattempo).

Ovviamente, loro sperano che a forza di ripetere sempre la stessa cosa, prima o poi succeda.

Ma può anche non succedere. Ci avete già pensato?.

Potrebbe non succedere mai: e questo perché, come abbiamo spiegato in un approfondimento per The Morning Brief la settimana scorsa (alla Sezione Analisi) non è possibile trascurare il fatto che i tassi ufficiali potrebbero anche scendere (ad oggi non è una certezza), ma potrebbero scendere per ragioni diverse da quell’unica ragione che oggi i megafoni dei media, e dei social delle chat e delle community amplificano.

Ed è proprio questa, l’ipotesi di lavoro che Recce’d ha adottato, e fino dal mese di novembre 2023.

Il dato dello scorso 15 era stato preparato attraverso un autentico bombardamento sui social e sui media. Noi ne avevamo scritto in modo analitico ai nostri Clienti, ma pure qui sul sito alla pagina TWIT - TWOO. Ecco alcune immagini che lo documentano.


Per il dato dei 15 scorso, si era preparato il pubblico degli investitori ad una GROSSA sorpresa, ad un dato MOLTO inferiore alle attese. Un GRANDE cambiamento nel dato per l’inflazione USA. Lo leggete qui sopra.

Facciamo un inciso: perché noi parliamo sempre degli Stati Uniti? Ve lo spiega, tra le altre cose, la nostra BCE, che attende di vedere che mosse farà la Fed, per decidere dei tassi ufficiali in Europa.

E quindi perdonateci ma di nuovo parleremo, anche oggi, di Stati Uniti. Perché è ciò che per voi lettori è importante.

Dicevamo che si era preparato il pubblico ad una GROSSA sorpresa, ad un dato MOLTO inferiore alle attese. Un GRANDE cambiamento nel dato per l’inflazione USA.

Che cosa aveva spinto ad una simile presa di posizione? L’analisi? Le evidenze? Il ragionamento?

No. Nulla di tutto questo.

Li aveva spinti un solo elemento: la speranza. “Speriamo che vada in questo modo”.

Ma anche questa volta NON è andata come loro speravano.

Il dato del 15 maggio 2024 lo leggete nelle due immagini qui sopra.

Che cosa c’è, in questo dato? Nulla.

E’ stato, per una ennesima volta, un non-evento che ha tradito le speranze di “pivot”, di “soft landing”, di “tagli dei tassi”. Speranze che, notate bene, sono state deliberatamente alimentate, fin dal novembre 2023, dallo stesso Capo della Federal Reserve, Jerome Powell.

Per noi investitori, in questo dato il solo aspetto degno di nota, e di una certa importanza, per tutti noi investitori, è costituito dall’osservare le cose che sono state “dimenticate” dai social, dalle chat, dai media, dalle TV, dai quotidiani.

Recce’d ovviamente NON le ha dimenticate, ed attraverso il bollettino quotidiano The Morning Brief ne ha sottolineato l’importanza (per la gestione di portafoglio) ogni giorno.

Qui nel Post ci limitiamo a metterne in evidenza due.

Il primo è quello che vedete nell’immagine in alto: ed è un dato che tutti conoscono. Se l’aumento mensile dei prezzi al consumo rimanesse sul livello del dato più recente (ovvero +0,3%) a fine 2024 negli Stati Uniti si avrebbe una inflazione superiore al 4%. Se il dato mensile aumentasse dallo 0,3% allo 0,4% in media, a fine anno si arriverebbe con il 5% di inflazione.

Non è una nostra opinione: è semplice aritmetica.

E poi, nella parte bassa dell’immagine sopra, c’è anche il “supercore”.

Il tasso di inflazione “supercore” negli Stati Uniti sale del 5% l’anno, oggi.

Ma che cosa è il “supercore”?

Il Wall Street Journal ne scrisse già nel gennaio 2023, con l’articolo che vedete nell’immagine sotto, che potete cercarvi sul Web.

Nel 2023, ma in luglio, la sede di San Francisco della Federal Reserve spiegava la rilevanza di questo indice. Lo leggete nell’immagine sotto. Rilevanza che poi lo stesso Jerome Powell ha confermato in pubblico.

Nell’immagine qui sotto, leggete le implicazioni, importanti, di questo indice.

Questi dati, per la stampa nazionale ed internazionale, per CNBC, per i TG, per le vostre chat, per le vostre community, non esistono e non contano.

Proprio per questa ragione, come vi abbiamo promesso più in alto, questo Post vi sarà utile; per comprendere come funziona la macchina della propaganda: nello specifico, potete vedere come la lettura dei titoli dei quotidiani, e l’ascolto dei TG, e la lettura delle solite chat e dei siti Web, porta il lettore ad una lettura del tutto distorta dei fatti e della realtà.

Per noi investitori, il giorno 15 maggio 2024, come minimo non è successo nulla. Se è successo qualche cosa, poi, va esattamente nella direzione opposta ai titoli dei giornali.

Ma quale scopo ha, questo sforzo enorme di disinformazione?

Leggiamo Jerome Powell del 14 maggio 2024.

La linea di Jerome Powell, che tutti voi lettori conoscete già, è questa: abbiamo alzato i tassi ufficiali dallo zero al 5%, e questo ha fatto scendere l’inflazione, ma allo stesso tempo non ha inciso sulla crescita e sull’occupazione.

Descrive un miracolo.

Subito, noi investitori dobbiamo scattare, ed allarmarci: i miracoli on sono di questo mondo. Gli esseri umani nn fann miracoli: non sono in grado. i miracoli sono riservati agli Dei del cielo. Jerome Powell non è Dio.

Qualche cosa non va: i conti non tornano.

Ce lo dicono i dati.

La politica monetaria, come vedete nel grafico sopra, non è restrittiva oggi: oggi, è altrettanto espansiva quanto lo era nel 2021. Il 2021 è l’anno che precedette il 2022.

Le implicazioni, e le conseguenze sui mercati finanziari, di questa scelta, sono ovvie, scontate. Inutile dettagliarle.

Il commento che vedete sotto al grafico qui sopra ci propone questa domanda: per quale scopo si continua ad ingannare il pubblico?

Lo scopo (ne scriviamo molto brevemente oggi, ma ci ritorneremo necessariamente nei nostri prossimi Post) è dare sostegno e supporto ad una politica fiscale che è senza freni, sia negli Stati Uniti sia in Europa. Lo dicono i dati: come quelli nell’immagine precedente

La politica fiscale oggi è sfuggita al controllo: tutti sanno che andrebbe frenata (persino il Ministro del Tesoro italiano lo ha detto proprio questa settimana) ma è impossibile frenarla, proprio perché è fuori controllo.

Sarà necessario un crash per imporre misure che riportano sotto controllo la spesa degli Stati.

La cosa non è più evitabile: la strada davanti a noi investitori, come abbiamo scritto a fine marzo 2024, adesso è una sola. E si chiama hard landing, come dice l’immagine qui sopra.

La macchina della propaganda non può farci nulla, non può risolvere. La realtà si impone sempre sulle chiacchiere.

Però la macchina della propaganda può agire nel modo di alterare la percezione del pubblico, ed allontanare più che si può nel tempo il “risveglio dal sogno” degli investitori.

Questo risultato si ottiene, ad esempio, facendo leva sui numeri tondi.

I numeri tondi impressionano il pubblico e facilitano il lavoro di chi prepara i titoli sui quotidiani.

Rileggete con attenzione le chiusure del venerdì 17 maggio:

  • indice Dow Jones: 40000 punti esatti

  • indice S&P 500: 5300 esatti

  • petrolio: 80$ esatti

Una barzelletta. La Grande Presa in Giro. Di tutti noi investitori.

Da sempre, poi, i numeri tondi vengono utilizzati anche per lanciare i messaggi di tipo politico.

Rispettiamo il nostro dovere di sintesi, e passiamo ai mercati finanziari.

L’immagine qui sotto ci è utile per richiamare alla attenzione del lettore quattro argomenti, rispettando al tempo stesso il nostro obbligo di sintesi:

  • i numeri tondi rafforzano i messaggi di chi fa le previsioni di Borsa ed indica i target (come S&P 500 a 6000 punti)

  • il rialzo delle Borse è trascinato dai buybacks (riacquisto di azioni proprie) che a loro volta sono finanziati da nuovo debito

  • il 49% si aspettava dal dato del 15 maggio 2024 un nuovo impulso al tema di investimento “risk on” ovvero “Goldilocks”, pivot, ovvero “soft landing”, ovvero “taglio dei tassi più vicino”; e non è arrivato

  • ma soprattutto, c’è quel quarto punto in fondo.

Disperatamente.

Disperatamente è la parola chiave. I funzionari pubblici e le banche di investimento, insieme con i promotori finanziari, sono letteralmente disperati.

Disperatamente attendevano un segnale Goldilocks, ovvero Riccioli d’oro. che poi significa pivot, che poi significa soft landing.

Non è arrivato, neppure questa volta, come in tutte le cento precedenti occasioni. Non arriva mai.

Perché?

Facile capirlo.

Ci sono alcune centinaia di migliaia di persone, nel Mondo, che lavorano per le banche di investimento.

E ci sono centinaia di migliaia di persone, Nel Mondo, che lavorano come promotori finanziari (wealth manager, direct bankers, family bankers, eccetera).

Tutti loro, per pagare le rate del mutuo, e della macchina, hanno bisogno di vendere. Di vendere a voi, lettori di Recce’d, il sogni, il miraggio, il miracolo di Jerome Powell.

Loro, per pagare le bollette e il gasolio, sono costretti a vendervi la speranza.

Sono disperati, come dicevamo: disperati di sostenere l’illusione collettiva, e disperati perché non hanno una alternativa praticabile. Senza il miracolo di Powell, Goldilocks, il pivot, non saprebbero più che cosa dirvi, che favola raccontarvi, e come pagare le rate. Perché non sanno nulla.

Ma la realtà è questa: che questi soggetti sono alcune centinaia di migliaia, ma poi ci sono alcuni miliardi di altre persone, sulla faccia della Terra, il cui destino, il cui benessere, il cui stipendio non è influenzato, in alcuna misura, da Goldilocks, il pivot ed il soft landing.

La cui vita non si svolge dentro una favola, bensì è nella realtà. Persone che non vivono nella speranza del miracolo. Persone i cui interessi sono totalmente diversi dagli interessi di chi lavora in Goldman Sachs oppure in Morgan Stanley oppure in UBS, e soprattutto da chi lavora per FINECO oppure per Fideuram oppure per Mediolanum.

Miliardi di persone alle quali del dato di mercoledì 15 maggio importa zero, e così del pivot, di Goldilocks e di tutto quel ciarpame assortito.

Gli interessi di questi miliardi di persone sono quelli che prevalgono. Anche sui mercati finanziari.

Come abbiamo scritto già due anni fa, economie e mercati finanziari sono entrati in una Nuova Era e devono adattarsi al Nuovo Paradigma. Non comandano, e non guidano: devono subire. Ed è arrivato il momento di subire.

Per conseguenza, come abbiamo scritto anche questa settimana in TWIT - TWOO, la gestione responsabile del proprio patrimonio oggi impone di allargare lo sguardo. Un investitore saggio e vincente oggi deve saper dire … “chissenefrega” del “nuovo record di Wall Street”e guardare ai fattori che determinano l’andamento futuro dei prezzi di azioni, obbligazioni, valute e materie prime.

Certi titoli dei quotidiano, e certi “record” degli indici, sono cose vecchie, di un passato che non ritorna.

Quella è roba stantia, che ha decisamente annoiato.

Le opportunità, nella Nuova Era del 2024, stanno da tutt’altra parte. Sono lontanissime da “quota 40000”.

I dati, i dati reali, fino ad oggi, hanno del tutto confermato la nostra visione delle cose.

Un esempio tra tanti. Tagli dei tassi ufficiali? A metà maggio sono zero, fatti salvi i casi molto particolari di Svezia e Svizzera. Domandatevi il perché: mille volte ve lo hanno detto, e mai è successo.

Al tempo stesso, noi chiediamo a noi stessi ogni giorno: potremmo esserci sbagliati completamente?

Certo, è possibile. Oppure, potrebbero essersi sbagliati completamente quelli che vedevano i tagli dei tassi ufficiali già in marzo?

La risposta, la trovate nei fatti: come le performances, i risultati. I vostri risultati, in primo luogo. E poi i risultati di quelli che “ci credono”: che credono a Powell, a Lagarde, a quota 40000, ai tagli dei tassi ufficiali, al soft landing, a Nvidia, a Tesla, all’ottimismo, agli utili delle banche italiane, al valore del BTp Valore, e magari ai meme-stocks..

Loro, quelli che ci credono, le GPM, i Fondi Comuni, e Goldman Sachs, e UBS, e Mediolanum, e Fideuram, che risultati hanno generato? Che cosa hanno prodotto? Cosa sono stati capaci di fare? Che cosa si sono messi in tasca?

Risultati inferiori a quelli di Recce’d.

Andate a controllare. Raccogliete il più grande numero di dati che è possibile: non è difficile. Non fate i pigri: svegliatevi dal sogno. Guardate i numeri, quelli veri. Confrontatevi con i fatti. Guardate in faccia la realtà.

E chiedetevi come è possibile.

Valutate e decidete voi; ma non fatevi … beccare a metà strada, che poi le cose all’improvviso accelerano, senza preavviso.

Sapete dove trovarci, e sapete che cosa possiamo fare, giorno dopo giorno, per il benessere vostro e del vostro risparmio.

Questo Post chiude una parentesi di quattro settimane, dedicata alla stretta attualità. Ovvio che in Recce’d continueremo a fare un lavoro di ricognizione di questo tipo (insieme al lavoro di stima di rendimenti e rischi per tutti gli asset finanziari del nostro universo investibile), ma non lo pubblicheremo nel Blog.

Vi può aiutare la pagina TWIT - TWOO del nostro sito, e poi tutte le altre fonti alle quali avete accesso. E buon lavoro.

Valter Buffo