State in casa!
 
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Quando Recce’d ne scrisse mesi fa (ai propri Clienti già nel luglio 2020, e poi anche sul Blog pubblico, nell’agosto del 2020 e poi nuovamente nel settembre 2020) per molti Robinhood era nulla più che un argomento di colore, un tema … folkloristico, un argomento al margine della grande sinfonia dei mercati finanziari. Una perdita di tempo, o poco più.

Noi facemmo, già nove mesi fa, uno sforzo importante per illustrare un fatto: che dietro a Dave Portnoy e dietro a Robinhood c’era un movimento importante, un cambiamento di tipo strutturale. I mercati finanziari funzionano in modo diverso, anche soltanto al confronto di 18 mesi fa.

I segnali, già nell’agosto 2020, erano chiari: il rischio di delirio stava giusto dietro l’angolo.

Per alcuni, nell’agosto 2020, quel nostro segnale era enfatizzato. Per altri, era soltanto un ennesimo esempio di come Recce’d punti a mettere in evidenza gli aspetti negativi della situazione.

Tre mesi dopo, le cose erano già cambiate: noi sia con i Clienti sia in pubblico scrivevamo ancora di Robinhood: ma allora, tre mesi fa, era arrivato Biden ed era arrivato il “vaccino”. E allora … dai, diamoci dentro! La parola più utilizzata, all’inizio di novembre, era “opportunità”, opportunità di qua, opportunità di là, opportunità a destra ed opportunità a sinistra. Ed anche l’umore degli investitori era cambiato: “d’accordo la strategia, ma perché nel frattempo non cogliere almeno qualcuna di queste mille e mille … opportunità?”.

Chiaro che a quel punto l’esercito dei Robinhooders … era quello che aveva capito tutto. Avevano vinto loro.

Poi, che cosa è successo?

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Non possiamo spiegarvelo: perché non c’è nessuna spiegazione. Semplicemente, nessuna di quelle “opportunità” si è materializzata. Nulla di “storico”, nulla di imperdibile.

E, nel frattempo, negli ultimi tre mesi, si sono perse le tracce pure de “il vaccino” (ce n’è uno al giorno, ma conta più nulla) e di Biden.

Già. Biden: paradosso della storia, invece che occuparsi di varare un piano da 2 mila milioni, di miliardi di fantastilioni, in pubblico annuncia che si occuperà di Gamestop.

Difficile, passare alla storia, occupandosi di Gamestop.

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Morale: adesso di Robinhood parla anche, in prima pagina, la stampa generalista, i grandi giornaloni, e poi il TG delle venti, e poi PLUS del Sole 24 Ore e poi il Corriere Economia.

Purtroppo, amici lettori che investite sui mercati finanziari, leggere questi articoli della stampa generalista non vi aiuterà a capire nulla: vi invitiamo a fare un giro sul Web, e vi preghiamo di segnalarci se trovate qualche cosa che sia (almeno in parte) diverso da luoghi comuni, frasi scontate, ovvietà in grande quantità, ed analisi confuse che mettono insieme troppe cose (solo per confondere le idee del lettore..

Scrivete e segnalateci: siamo felici di imparare qualche cosa di nuovo, se esiste.

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Purtroppo, però, anche leggere il nostro Blog in questo caso non vi servirà a nulla: e per due ragioni.

Prima ragione: per utilizzare le informazioni su Gamestop e Robinhood, il tempo giusto era agosto 2020. Forse, ancora ottobre 2020. Oggi, serve più a nulla: i fatti, sono già lì davanti a vostri occhi. Sul piano operativo, per la movimentazione dei portafogli, oggi è necessario agire, ma guardando al DOPO: guardando a che cosa succederà, sui mercati finanziari, DOPO Gamestop.

Cosa che, senza dubbio, il vostro promotore finanziario ha già fatto. Oppure il family banker, il private banker, il “consulente” mascherato.

E quindi siamo a posto così.

C’è poi una seconda ragione, per la quale purtroppo non siamo in condizione di aiutarvi, ed è che non ne abbiamo voglia. Non sentiamo lo stimolo, la necessità, l’impellenza.

Ne abbiamo scritto per mesi, ai nostri Clienti. Oggi, ne scrive chiunque (e anche il suo cane). Fatevelo bastare. Il tema a noi sembra vecchio, e poco stimolante. Sono tutte cose già viste, come scriviamo oggi in un altro Post, e vicende il cui sviluppo è prevedibile. Noioso, perfino.

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Siamo persone pratiche, e ci piace molto la pratica sui mercati finanziari (più dello scrivere). L’indicazione pratica per i lettori del Blog che sono anche investitori on-line, del tipo fai-da-te, è la stessa che viene data dalle Autorità britanniche ai propri cittadini in questi giorni nei quali impazza un’epidemia.

“Ma statevene in casa!”.

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Mercati oggiValter Buffo
Tra sei mesi sarà tutto come prima. Proprio come nel 2019 (parte 2)
 

Come abbiamo scritto (documentando) sia ieri, sia anche qualche settimana fa, sia persino un anno fa, il 2 febbraio del 2020, e dunque poco meno di un anno fa, sul COVID operatori finanziari e venditori di Fondi Comuni hanno giocato in modo cinico, rappresentando ai loro Clienti una prospettiva non solo lontana dalla realtà ed artefatta, ma pure non sostenibile.

Gli investitori finali, sovrastati dalla massiccia campagna mediatica e di disinformazione, si sono fatti convincere di qualche cosa che poi, alla prova dei fatti, si è rivelato essere falso.

In apertura di Post, abbiamo detto che Recce’d ne aveva già scritto, e in tempi non sospetti. Non ripeteremo qui cose già scritte: non serve. Abbiamo già dimostrato tutto ciò che c’è da dimostrare, ed è sufficiente.

Ma per chi proprio non volesse farsi convinto, in particolare sul tema della “relazione tra crescita delle economie ed epidemia di COVID-19”, un tema sul quale le grandi Reti di promotori finanziari e le grandi banche di investimento ancora oggi nel gennaio 2021 giocano gran parte delle loro carte (“con la distribuzione del vaccino, tutto tornerà come nel 2019”9 noi siamo certi di fare cosa utile alla grande maggioranza dei nostri lettori riproponendo in lettura ciò che si leggeva sul Financial Times nel mese di agosto del 2019, e quindi sei mesi prima dell’esplosione dell’epidemia. Gli articoli sono riproposti nella loro forma integrale (non abbiamo tagliato nulla).

Quella che leggete di seguito, descritta dal Financial Times, è la situazione alla quale, se le cose andassero come vi stanno vendendo oggi, si ritornerebbe dopo che è scomparsa per sempre l’epidemia.

Ah … e non ci sarebbe neppure più (peccato) l’intrattenimento del “più grande accordo commerciale della Storia” tra Mr. Trump e la Cina.

Se leggete bene, ma bene bene, con tutta la vostra attenzione, e con senso critico, capirete facilmente una cosa: non è ovvio, arrivare alla conclusione di CHI ha subito il COVID-19 come una disgrazia. Non è ovvio capire PER CHI il COVID-19 è stato, nella realtà dei fatti, la via di uscita per un problema altrimenti irrisolvibile.

Altro che “chi avrebbe mai potuto prevedere una cosa simile!”.

Allo scopo di aiutarvi a ricordare (ah, quanta fatica ricordare, anche soltanto la situazione di 18 mesi fa …) abbiamo scelto di riproporvi anche le due immagini del Financial Times che accompagnavano i due articoli che qui riproduciamo.

Per il resto, beh … vedete un po’ voi che cosa fare.


FINANCIAL TIMES 11 AGOSTO 2019

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It’s the calm before the storm.

Last week’s market volatility was ostensibly triggered by the US-China trade conflict turning into a full-blown currency war. But at heart, it’s about the inability of the Federal Reserve to convince us that its July rate cut was merely “insurance” to protect against a future downturn.

As any number of indicators now show — from weak purchasing managers' indices in the US, Spain, Italy, France and Germany, to rising corporate bankruptcies and a spike in US lay-offs — the global downturn has already begun. Asset prices will undoubtedly begin to reflect this, and possibly quite soon. China may have temporarily calmed markets by stabilising the renminbi.

But we are in for what Ulf Lindahl, chief executive of AG Bisset Associates currency research, calls “a summer of fear.” He expects the mean-reversion in the Dow that started in January 2018 to turn into a bear market that lasts a decade. It’s an opinion based on data, not on emotion. There have been only 20 months since 1906 when the Dow’s deviation from its trend line has been 130 per cent or more, as it is today. Those periods cluster rather frighteningly around the years 1929, 1999 and 2018. “US equities are at the second most expensive period in 150 years,” says Mr Lindahl. “Prices must fall.” I don’t think it’s a question of whether we’ll see a crash — the question is why we haven’t seen one yet. After all, there are plenty of worried market participants, as best evidenced by the $14tn horde of negative-yielding bonds around the world. When this many are willing to pay for the “security” of losing only a little bit of money as a hedge against losing quite a lot, you know there’s something deeply wrong in the world (full disclosure — most of my own net worth is now in cash, short term fixed-income assets and real estate).

My answer to the question of why we haven’t yet seen a deeper and more lasting correction is that, until last week, the market had been wilfully blind to three things. First, the fact that there will be no trade deal between the US and China. Both sides are desperate for one but China will only do a deal between equals. Donald Trump is psychologically incapable of accepting this — his entire history demonstrates his need to feel that he has crushed the other side. It’s a pathology that will only increase as the market goes down. Is a global recession on the horizon? We’ve all known this for some time. But I think fear of what Mr Trump might do has been masked in part by algorithmic trading programs that buy on every dip that results from his erratic actions.

This has diminished any lasting signal about the unsustainable current market paradigm. Now, by allowing the renminbi to slide briefly after Mr Trump labelled Beijing a currency manipulator, China has shown that if the US president tries to play tough rather than play fair, it will take down the US markets and suffer whatever pain may ensue. It’s a new reality hard for anyone to ignore. In short, the Thucydides Trap is for real. In lieu of some big shift in US foreign policy post 2020 (one that none of the major Democratic candidates has yet articulated) the US and China are now in a multi-decade cold war that will reshape the global economy and politics.

Meanwhile, the Fed’s decade-long Plan A — blanket the economy with money, and hope for normalisation — has failed. There is no Plan B. That’s why gold is in demand, some hedge funds are putting up cash-out barriers, traders are shorting some investment grade bonds deep in negative yield territory, and we are poised to see the reversal of the last 10 years of capital inflows into US equities and the dollar. Mr Lindahl believes the US currency is now 25 per cent overvalued against the euro. The Fed will undoubtedly try to paper over all this with more rate cuts. But as another savvy strategist, Dave Rosenberg of Gluskin Sheff, has pointed out, “the private sector in the US is choking on so much debt that lowering the cost of credit . . . won’t cause much of a demand reaction.”

As he wrote recently, the term “pushing on a string” was first coined by Fed chairman Marriner Eccles in March 1935 to describe the bank’s inability to create demand via easier monetary policy. It didn’t work then, and it won’t work now. You cannot solve the problems of debt with more debt. And central bankers, well-meaning and desperate as they might be to offset the damage caused by an erratic US president, can’t create real growth; they can only move money around. At some point, the markets and the real economy must converge. I think that point is now. Capital expenditure plans are being shelved. Existing home sales are dropping, despite lower mortgage rates. And perhaps most tellingly, American consumers are cutting both credit card balances and their usage of motor fuel, as Gluskin Sheff points out — two things that are uncommon at any time, let alone in the middle of the vacation season. A summer of fear indeed.

FINANCIAL TIMES 18 AGOSTO 2019

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Paradigm shifts tend to happen slowly, and then all at once.

That’s the lesson I’ve taken away from the recent market turmoil. As I wrote last week, the surprise is only that the upset didn’t come sooner. Pundits may have pegged the worst Dow drop of the year to fresh bond yield curve inversions in the US (a historic predictor of downturns) but the underlying signs of sickness in the global economy have been with us for a long time. The question was when the markets were going to put aside the complacency bred by a decade of low interest rates and central bank money dumps, in the form of quantitative easing, and embrace this new reality.

Consider that since January 2018 every major economy except India’s has seen a deterioration in its purchasing managers’ indices. PMIs are one of the best forward-looking indicators of economic conditions for the manufacturing sector, which is a bellwether for overall economic activity. The slowdown in the eurozone has been dramatic — particularly in places such as Italy and Germany, where the economy is now officially shrinking. As strategist Louis-Vincent Gave of Gavekal pointed out in an investor note, the “fingerprints of many culprits can be detected” in the manufacturing sector’s troubles, from an automobile sector facing structural challenges, to the Boeing 737 Max fiasco and its effect on global supply chains, to the lack of any big new product launches in the technology sector, to lacklustre corporate investment, a weak energy sector and a slowdown in China. All that is required is one big sovereign default or a cascade of corporate bankruptcies and we could see the market in free fall.

Politics, of course, hasn’t helped. But again, none of the recent developments have been very surprising. Take Argentina, which suffered a 48 per cent one-day market drop last week after its presidential primary election saw the Peronist opposition comfortably ahead. The question is why investors were, as the old Casablanca line goes, “shocked, shocked!” to find that a country that has been a serial defaulter would swing back to the left. This raises other questions. What might happen in the UK if a general election, before or after a no-deal Brexit, allows Jeremy Corbyn to take power? What might the future of Italy’s turbulent politics hold? What could be the impact of an Elizabeth Warren or Bernie Sanders victory in the US primaries?

As a recent 13D Global Strategy and Research note put it, such events would “fit perfectly into the cyclefrom wealth accumulation to wealth distribution”, which I believe will be the biggest economic shift of our lifetimes. Is a global recession on the horizon? Why is this new reality taking so long to sink in? Because we have spent decades of living in the old reality — the post-Bretton Woods, neoliberal one. Unfettered economic globalisation and years of easy monetary policy have buoyed asset prices and favoured capital over labour, seemingly indefinitely. Our senses have been numbed by trillions of dollars released by central banks, by algorithmic trading programs that buy on the dip and thus diminish the sense of long-term political risk, and by record passive investing.

All this has combined to dampen the signals that are now, finally, blinking red. Witness the recent downturn in bank, transport, and industrial indices, as well as the fall in small-cap stocks, a historic predictor of trouble in bigger companies. At the end of a recovery cycle, capital tends to crowd into large companies and smaller firms suffer. As the markets finally come to terms with increased political risk, currency risk, credit risk, and the growing likelihood of leftwing governments, it’s clear that the shifts and the shocks are coming fast and furious.

No wonder that everyone is now left asking, “What comes next?” The answer, I believe, is very likely to be a synchronised global recession, punctuated by a step-by-step market downturn — one in which there may be the odd rally, but the general direction is down. This could last for some years. In the next few weeks, I would expect new lows in bond yields, a deepening of the yield curve inversion, higher prices for “safety” assets like the yen and swiss franc, and a continued bull market in gold. I would also expect more tough talk from Donald Trump. The US president’s persistent bashing of China and the Federal Reserve will follow any market downturn. There will probably be more attempts by Mr Trump to wrongfoot the opposition, such as the decision to delay new tariffs on Chinese goods until December so that consumers won’t be hurt during the Christmas shopping season. (None of this makes a real trade deal more likely.) Meanwhile, American consumers are already hurting and that could have big implications for Mr Trump’s 2020 re-election campaign. Momentum in job growth in swing states such as Michigan, Ohio and Pennsylvania is slowing. One recent report conducted by liberal pollster Stan Greenberg showed that a third of working-class white women in some conservative areas are starting to turn against the president, irritated by his frequent boasts about the booming US economy. “Maybe in New York City,” said one woman from Wisconsin. “But not here.” For Mr Trump, and the US public at large, the summer of fear may turn into a winter of political discontent.

Mercati oggiValter Buffo
Come le rane in acqua tiepida
 

Da anni, attraverso i nostri Post, voi amici lettori che seguire il nostro Blog avete fatto conoscenza con personaggi le cui idee e le cui azioni sono molto conosciute a tutti gli operatori, ma sono tenute ben distanti dal pubblico degli investitori finali, perché spesso risultano più “difficili da spiegare” e soprattutto non allineate.

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Il settore della vendita di prodotti finanziari (Fondi Comuni, certificati, polizze vita ed altre soluzioni, del tutto inefficienti per chi ci investe ma molto redditizie per tutte le Reti di promotori e per le banche di investimento internazionali) ha assoluto bisogno di una “narrativa”, di una storia condivisa di cui convincere i Clienti (addomesticando anche ovviamente i media, le TV come CNBC, i quotidiani di settore, e tutto il contorno via Web).

Il settore ha bisogno di una “narrativa” a cui allinearsi, perché tutti i Clienti debbono investire allo stesso modo, e tutti i Clienti soprattutto NON devono avere dubbi. Non deve esistere alcun dubbio, perchè la “narrativa” deve fare credere in qualche cosa che NON ESISTE, e tutto questo impianto può resistere soltanto se tutti in un dato momento si convincono che qualche cosa che NON ESISTE in realtà è proprio lì, davanti ai loro occhi.

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Ecco spiegata la ragione del nostro impegno, del nostro sforzo, e del nostro quotidiano lavoro di selezione di fonti autorevoli che allo stesso tempo offrano al nostro lettore un AUTENTICO contributo di idee, valutazioni e spunti operativi. Qualche cosa che sia UTILE stimolando la parte critica del vostro cervello.

Come sapete, Recce’d cita sempre, e da sempre, le fonti: a differenza di tutti gli altri, non siamo qui a ripetervi con parole nostre idee di altri. Per questa ragione, come già detto in apertura, trovate qui nel Blog i personaggi che spesso vengono tenuti nascosti dal cosiddetto mainstream dell’industria di vendita e dei media che le fanno da coro.

Citiamo sempre le nostre fonti, perché il nostro (ampio) vantaggio sugli altri sta in COME utilizziamo le nostre fonti, sul lavoro che viene DOPO: Recce’d non dispone di informazioni privilegiate, segrete, sussurrate all’orecchio, utilizza informazioni pubbliche. Il nostro segreto sta nel nostro criterio di scelta, di quali informazioni utilizzare, e poi nel fatto che dopo siamo in grado di utilizzarle MEGLIO degli altri.

Il caso di oggi è quello di Seth Klarman, gestore molto noto di Fondi Hedge, che in gennaio ha spedito ai propri Clienti una Lettera molto stimolante, che è stata poi ripresa dal Financial Times, che ha poi pubblicato la settimana scorsa un articolo che noi vi mettiamo a disposizione.

Se lo avete già letto, meglio per voi: ma se per caso non lo avete ancora letto, siamo certi che porterà un arricchimento al vostro processo di decisione per la composizione del portafoglio in titoli.

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In particolare, ci pare utile il richiamo all’immagine della “boiling frog”: la rana che, messa a bollire in un recipiente dove l’acqua inizialmente è tiepida, e sale di temperatura solo gradualmente, si accomoda e si gode quel tepore, fino a rimanerne stordita.

Klarman usa questa immagine per descrivere quella che oggi sembra essere l’attitudine della maggioranza degli investitori, e Recce’d in questo si ritrova in pieno accordo.

Una grande massa di investitori (inclusi quasi tutti gli investitori Istituzionali) oggi se ne sta lì come addormentata, con i loro portafogli di asset allocation, fatti di “Fondi Comuni 30% azioni, 40% obbligazioni, e 30% ..,. porcherie assortite e prive di senso”, e aspetta, fiduciosa, di leggere che la Federal Reserve nel 2021 farà un ennesimo QE (perché senza quello, è chiaro che viene giù tutto)..

Il QE è come l’acqua tiepida: uno si siede nella vasca, e si lascia lentamente scivolare nel sonno. Lui lo sa (e lo sanno tutti) che la temperatura salirà fino a farlo bollire (come le rane, appunto).

Ma in quel momento, il piacere di avere le proprie terga immerse nell’acqua tiepida spinge alla pigrizia, all’indolenza, allo smettere di ragionare ed usare la testa, che è più faticoso, più irritante persino, rispetto al lasciarci vincere dall’indolenza, ed andare verso il proprio destino senza reagire. Tanto più che “lo fanno tutti, quindi …”..

Seth Klarman, the founder of hedge fund Baupost Group, has told clients central bank policies and government stimulus have convinced investors that risk “has simply vanished”, leaving the market unable to fulfil its role as a price discovery mechanism.

The private letter to investors in his fund, seen by the Financial Times, amounts to a damning critique of market behaviour by one of the world’s foremost value investors. Mr Klarman criticised the Federal Reserve for slashing rates and flooding the financial system with money since the onset of the coronavirus pandemic, arguing that the central bank’s moves have made it difficult to gauge the health of the US economy.

“With so much stimulus being deployed, trying to figure out if the economy is in recession is like trying to assess if you had a fever after you just took a large dose of aspirin,” he wrote. “But as with frogs in water that is slowly being heated to a boil, investors are being conditioned not to recognise the danger.” US stocks are up more than 75 per cent since their low in March, while spreads on corporate debt — a measure of how much extra interest corporate borrowers have to pay compared with the US government — returned to pre-Covid levels this month.

Mr Klarman — who founded Boston-based Baupost almost four decades ago and has grown it to $30bn in assets under management — underperformed the market in 2020. He has intensified his criticisms of US central bank interventions over the past several months. In the latest quarterly letter, Mr Klarman referred to the Fed as an “800-pound gorilla” that has priced out investors who typically provide liquidity in moments of distress.

“The biggest problem with these unprecedented and sustained government and central bank interventions is that risks to capital become masked even as they mount,” he said. Recommended Markets InsightPaul Tucker Time to look again at the financial system’s dangerous faultlines Mr Klarman also said the Fed’s policies had exacerbated economic inequality, referring to a “K” shaped recovery that has seen “the fortunes of those already at the top bounding swiftly upward, while those at the bottom remain on a downslope without end”.

Using Tesla as an example, Mr Klarman said shares in the “barely profitable” electric carmaker had soared “seemingly beyond all reason”, briefly making the company’s founder Elon Musk the richest person in the world. Low interest rates have made projected cash flows more valuable, he said, a point many investors have unwisely used to justify valuations on companies that sit far above historic norms. “The more distant the eventual pay-off, the more the present value rises,” he wrote. “When it comes to the value of cash flows, the vast and limitless future, yet to unfold, has gained considerable ground on the more firmly anchored present.”

The Fed’s policies and programmes “have directly contributed to exceptionally benign market conditions where nearly everything is bid up while downside volatility is truncated”, he added. “The market’s usual role in price discovery has effectively been suspended.” Mr Klarman said investors were now in a constant hunt for yield that was driving them to riskier corners of the market, including investment-grade corporate debt, private credit or junk bonds. The Fed’s drastic measures have helped to boost economic activity and rescue ailing businesses, Mr Klarman said. “But they have also kindled two dangerous ideas: that fiscal deficits don’t matter, and that no matter how much debt is outstanding, we can effortlessly, safely, and reliably pile on more.”

Come già scritto sopra, condividiamo buona parte delle cose che Klarman afferma, ed in particolare ci sembra azzeccata l’immagine della “boiling frog”.

Per completare il nostro Post, e sempre citando le fonti, vi chiediamo di leggere alcune affermazioni di un secondo personaggio che noi di Recce’d vi presentammo anni fa, e precisamente Jeff Gundlach: anche lui ha parlato la settimana scorsa (in pubblico via Web con un webcast), e se tra i lettori qualcuno non avesse seguito via Web la sua presentazione ecco di seguito una sintesi delle sue idee sui mercati finanziari nel gennaio 2021.

Non ci importa del fatto che oggi Gundlach la vede in modo diversa da Recce’d: è normale, e ci sta. Anzi, è sempre utile confrontarsi con professionisti (quando sono professionisti autentici) dotati di grande competenza, e che la vedono in modo diverso.

Ciò che trovate di utile per voi qui è il metodo di analisi e di decisione: non è rilevante, al contrario, se oggi lui è corto o lungo di dollaro USA (potrebbe rivedere la sua posizione a breve).

Sono in ogni caso idee interessanti, con cui misurarsi: ma non ditelo al vostro private banker, family banker o promotore finanziario consulente: per lui, queste cose non esistono!

Summarizing everything Jeff Gundlach said in and hour and 15 minutes, speaking at a furious pace and covering no less than 80 slides, would be next to impossible (at one point in the whirlwind presentation Gundlach went from record U.S. IPOs to Latin America’s health-care system to the role of exports in South Korea’s economy in the space of 60 seconds), but here is Bloomberg's attempt at highlighting the main items:

  • Asian equities are extremely disliked, something he called “unfounded.” Gundlach said he would put them high on his “like list” and finds them extremely attractive. Emerging markets have beaten the S&P 500 since June, partly because of a weaker dollar, and there may be more room to run there, he added.

  • The fund manager said he’s short-term bearish on the dollar. The dollar “should” be weak given the Federal Reserve’s pledge to hold interest rates near zero for years to come, he said.

  • Don’t count on foreigners to buy Treasuries, Gundlach said. The non-U.S. share of purchases has been going down for years. He added that he worries who will buy them.

  • The dollar has fallen enough to make him believe commodities have room to run, he said. Investors should have 25% of their portfolios in some sort of real asset play, such as real estate or industrial commodities, according to Gundlach.

  • He said he turned neutral on Bitcoin at $23,000 and remains neutral on the fast-moving digital currency, just as he is on gold.

Earlier:

As a reminder, courtesy of Bloomberg here are some of the predictions Gundlach made in his “Just Markets” presentation in 2020.

  • He said his strongest market conviction is that the then-resilient dollar will weaken. He said growing U.S. government and trade deficits, a steepening yield curve and a pull-back in foreign investment may finally hit the currency.

  • On broader stock and bond market returns he said he didn’t expect 2020 to come “anywhere close” to 2019, when virtually all major assets delivered once-a-decade. “It won’t be the roaring ’20s and it won’t be the boring ’20s,” he said.

  • He said investors could expect higher volatility.

  • Bitcoin could climb as high as $15,000 in 2020.

  • Forward economic indicators are “flashing yellow” for recession, the bond manager said. He continued to put the odds of a U.S. recession by the end of 2020 at 30%-35%, though he warned that the probability would rise if there’s lower purchasing managers and consumer confidence data as well as higher unemployment.

One topical observation he made last time, is to watch out if the 10-year yield gets above 1%, because it will then head straight for 2% unless the Fed steps in. This is relevant because the 10Y yield has climbed notably since it crossed that threshold after Georgia’s elections last week, and today approached 1.20% before reversing sharply after today's strong 10Y auction. That suggests buyers are ready to step up as the market weakens, which may slow the yield’s climb.

Mercati oggiValter Buffo
Il Bitcoin non è un investimento
 

Recce’d fornisce servizi (della massima qualità rispetto ad ogni standard) a quegli investitori che chiedono supporti alla loro attività di investimento.

E’ proprio questa la ragione per la quale Recce’d non si occupa di Bitcoin: perché non è un investimento.

Il 99% delle persone che operano sul Bitcoin non sono in grado di rispondere alla più semplice delle domande: “Che cosa è il Bitcoin?”. Non ne hanno proprio idea. Ma “hanno letto sul giornale” che interessarsi al Bitcoin è diventato indispensabile, e che acquistando Bitcoin si guadagnano sempre soldi, e tanti soldi.

Noi non ci occupiamo di Bitcoin: facciamo parte di quello 1% che saprebbe rispondere alla domanda “Che cosa è il Bitcoin”, e proprio per questo siamo in grado di affermare (e nessuno ci può smentire) che il valore intrinseco del Bitcoin è pari a zero.

A noi di Recce’d fa zero effetto che il Bitcoin sia scambiato a 42000 dollari USA: non è certo la prima volta che si verificano fenomeni di isteria collettiva come questo, e chiunque ricorda che a metà del XVII secolo un solo seme di tulipano era scambiato al medesimo valore di un appartamento.

Sono fatti di costume, come i pantaloni a zampa di elefante: durano quello che durano, poi finiscono nei ricordi e in qualche bidone per la raccolta di abiti smessi da mandare al macero.

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Nel frattempo, chi si eccita con i grafici non resiste alla tentazione e si esalta vedendo che il Bitcoin stava a 10000, poi sale a 42000, poi scende sotto 30000: favoloso, come videogioco. perché non giocarci almeno un po’?

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A questi amici lettori, noi vogliamo segnalare che … c’è di meglio. C’è almeno un’altra cripto-valuta, Ethereum, che prima è scesa del 94%, vicino a zero, e poi è risalita ai massimi precedenti (proprio la settimana scorsa), mettendo così a segno un rialzo percentuale che a scriverlo non ci sta neppure in questa pagina.

Questi, amici lettori, non sono temi da investimento: non è materia di cui si occupa che fornisce un servizio professionale sugli investimenti.

Questi sono temi in merito ai quali la sola categoria qualificata per fornire un sostegno professionale è quella degli psicologi oppure degli psichiatri.

Chiunque abbia conoscenze professionali adeguate, ed una coscienza professionale adeguata (che sicuramente non è tra i requisiti richiesti dall’Albo nostrano) dirà al Cliente di non perdere tempo con i giochi da adolescenti. Se parliamo di investimenti, allora non parliamo di Bitcoin. Se parliamo di Bitcoin, allora non parliamo di investimenti.

Non tutti ovviamente la vedono in questo modo. e per risultare completi nell’informazione, vi facciamo leggere che cosa pensa, al proposito dei Bitcoin nel portafoglio titoli, una grande Banca come JP Morgan

With cryptocurrencies such as bitcoin surging in value, a question confronting investors is what role should it play in a standard portfolio.

Many strategists would reply, zero, given the relatively short history of these assets and their still uncertain role going forward.

John Normand, head of cross-asset fundamental strategy for JPMorgan, has studied the issue, and, like many, he doesn’t see a big role for cryptocurrencies. But Normand didn’t discount its use altogether.

“Small (up to 2%) allocations to cryptocurrencies still improve portfolio efficiency due to high returns and moderate correlations, but the persistence of this diversification effect is questionable from both ends. Current prices are so far above production costs that mean-reversion lower in returns is a recurring concern. Also, the mainstreaming of crypto ownership is raising correlations with cyclical assets, potentially converting them from insurance to leverage,” said Normand.

He said cryptos don’t work as a hedge for stocks — particularly against fiat currencies like the dollar that enthusiasts hope to displace.

“To the extent that bitcoin remains an investment vehicle rather than a funding currency, it will always lack the short base that sponsors U.S. dollar (and Japanese yen and Swiss franc) strength during periods of acute market stress,” he said.

Even after a decade, cryptocurrencies are still about four times more than equities or gold , he added. And the ratio of the bitcoin market price to its cost of production is over 3.

Furthermore, the mainstreaming of cryptocurrencies — notably with retail investors — is raising its correlation with all cyclical assets. “If sustained, this development could erode diversification value over time,” he said.

Over the last 12 months, bitcoin has surged 278% and ethereum has leapt 649%. The S&P 500  has gained 16%, and the dollar index has dropped 8%..

Con abilità, JP Morgan con le parole che leggete qui sopra colloca il Bitcoin all’interno del processo di costruzione di un portafoglio, chiamando in causa concetti come “rendimento atteso”, “diversificazione” e “correlazione”.

A giudizio di Recce’d parlare scrivere di “rendimento atteso”, “diversificazione” e “correlazione”. a proposito del Bitcoin è una sciocchezza senza giustificazioni, ma è giusto registrare anche questo parere, ed è giusto completare il tutto con l’immagine che segue.

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Abbiamo giudicato, tutti noi, davvero fantastico, stupendo, eccezionale questo argomento di vendita che viene riportato, è che arriva di nuovo da JP Morgan.

Ha assolutamente centrato il problema, JP Morgan, segnalando come argomento di vendita per il Bitcoin “una eventuale perdita di fiducia nella moneta creata dalle Banche Centrali”., che è chiamata nei libri di testo fiat money.

Magnifico, giustissimo.

Il pubblico potrebbe dubitare del valore del dollaro USA, dell’euro, dello yen o dello yuan, perché si tratta di fiat money ovvero di denaro creato dal nulla. Ci sarebbe una fuga dalle valute create dalle Banche Centrali. Ci sarebbe quel fenomeno che chiamano debasement.

Giusto. Ovvio. Chiaro, e grazie del consiglio! Fantastico. In effetti, il Bitcoin sarebbe un’ottima protezione contro il debasement.. Notate la parola “protezione”: il pubblico troverebbe nel Bitcoin protezione.

Ovvio, giusto e meraviglioso.

In effetti, il grande pubblico potrebbe perdere fiducia, e fuggire da una valuta fiat money basata sul nulla, e rivolgersi invece con piena fiducia verso il Bitcoin, che non è basato sul nulla ma è basato invece … sui pirla.

E la cui liquidità, di cui scrive JP Morgan, è garantita direttamente da … Batman e Robin.

L’eventuale investitore scontento del Bitcoin potrebbe scrivere una lettera di reclamo a Darth Vader ed ottenere in cambio direttamente dallo spazio una spada-laser.

Per chi segue le serie televisive, sembra di ritrovarsi in una puntata del divertente The Big Bang Theory.

Battute a parte: lasciamo ai lettori di fare l’utilizzo che meglio credono di questi suggerimenti di JP Morgan.

Noi, per parte nostra, più seriamente abbiamo chiarito più in alto che (anche sulla base dei grafici che vedete in questo stesso Post) giudichiamo del tutto privo di senso, e quindi una perdita di tempo, valutare il Bitcoin come “asset investibile”. Ed è per questo, che NON lo facciamo, e ci importa zero del +1000%.

Quel 1000%, per noi di Recce’d, non significa che il Bitcoin VALE più di prima (zero per 1000 fa zero). Per noi significa che Banche Centrali e Governi hanno del tutto perso il controllo della situazione.

Da lì, si comincia per gestire e per guadagnare con i propri investimenti.

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Ma allora per quale ragione dedicare un Post alle cripto-valute? La risposta è semplice, e la riassumeremo come segue:

  1. vogliamo, come sempre, rendere un servizio gratuito agli amici lettori del Blog, mettendoli in guardia da rischi che non capiscono, e dai quali nessuno li mette in guardia (al contrario sono in molti quelli che per trarre profitto personale dalla situazione spingono l’investitore … sotto al tram)

  2. vogliamo inoltre mettere in luce le opportunità che derivano da fenomeni di psicosi collettiva come questi: si tratta di opportunità che sono lì, visibili e disponibili, ma in ALTRI comparti del mercato finanziario

  3. infine vogliamo anticipare un tema, di cui i nostri amici leggeranno spesso nel 2021: e spiegare allo stesso tempo la ragione per la quale questo tema interessa anche noi, ed i nostri portafogli modello.

Il tema a cui facciamo cenno al punto numero 3 è questo: le cripto-valute verranno regolamentate? Acquisteranno una collocazione ufficiale? E diventeranno in questo modo appetibili, anche per nuove categorie di investitori, ed in particolare gli Investitori Istituzionali che oggi NON POSSONO mettere Bitcoin in portafoglio?

E’ banale sottolineare che, per rispondere a queste domande, è necessario ritornare all’inizio del nostro Post, e risponder alla più semplice delle domande: “Che cosa è un Bitcoin?”. L’aspetto grottesco, di questa vicenda, è che la definizione non esiste: non saprebbero rispondere 99 operatori su 100, ma neppure Lagarde, neppure Powell, neppure Joe Biden, o Macron, oppure Merkel, e neppure Xi. Nessuno, al Mondo, saprebbe dire cosa in termini “ufficiali”, “legali” è un Bitcoin. Vale quanto le banconote del Monopoli.

Quando arriverà questa definizione? Forse mai: si tratterebbe di fissare criteri, soggetti autorizzati, canali di distribuzione. Un lavoro enorme, che forse a nessuno importerà di fare. Si tratterebbe di mettere gli abiti di un neonato ad un gorilla agitatissimo: è più il rischio del beneficio.

Il parere di Recce’d è che non si arriverà mai ad una definizione ufficiale, in ragione del fatto che semplicemente spingendo un bottone le maggiori Banche Centrali potrebbero azzerare il valore di tutte le cripto-valute.

Se per puro caso le Banche Centrali fossero già da mesi attive nel progettare e sperimentare un loro circuito digitale, per le valute che già esistono, allora potrebbe succedere questo: che l’utilizzo delle cripto-valute oggi più “famose” verrebbe in un istante limitato alle sole transazioni “in nero”, che siano esse da attribuire a semplici finalità di evasione dal Fisco oppure al riciclaggio di denaro da fonti non lecite.

Questo in ragione del fatto che neppure il più ottuso e stupido dei trader potrebbe credere che il Bitcoin vale più del futuro “digit-US-dollar” quando mai fosse circolante e accettato: e allora, per quale ragione al Mondo un operatore dovrebbe detenere Bitcoin? Che cosa se ne fa? Lo appende alle pareti in un quadretto, come i marchi di Weimar.

Il film delle cripto-valute sarebbe finito: in un istante.

Ovvio che questa che noi facciamo qui è solo una ipotesi, un esercizio di fantasia non supportato da alcun fatto oppure informazione diretta. Noi di Recce’d non ne sappiamo proprio nulla.

Per questo, e per chiudere in bellezza questo Post, affidiamo il seguito ad un Autore di fama mondiale, John H. Cochrane, che sul Sole 24 Ore ha pubblicato qualche settimana fa un interessante articolo sull’argomento, che noi riproduciamo qui sotto.

Perché riproduciamo questo articolo di Cochrane? Perché a nostro giudizio, è questa la sola, l’unica chiave nella quale può essere utile guardare al Bitcoin, se vogliamo migliorarre la performance e contenere il rischio dei portafogli di investimento dei Clienti di Recce’d.

L’autore di questo articolo è John H. Cochrane, Senior Fellow della Hoover Institution all’Università di Stanford, e autore del blog The Grumpy Economist – 

Una moneta digitale pubblica è in principio un’ottima idea. (Le monete digitali pubbliche, come l’Euro digitale, vengono chiamate “CBDC”, “Central Bank Digital Currency” ndr). Offrirebbe la possibilità di transazioni a basso costo per famiglie e imprese. Sarebbe particolarmente utile per negoziare titoli e fare transazioni internazionali. Per di più, una CBDC potrebbe essere il fondamento per un sistema finanziario agile e immune da crisi ricorrenti.

Una CBDC pone però un dilemma, perché minerebbe molti dei (discutibili) obiettivi dei governi e delle banche centrali. Le banche centrali vogliono sostenere le banche commerciali, che beneficiano dei depositi. I governi difficilmente permetteranno l’anonimato, che è un attributo cardine del denaro contante.

Una prima visione della CBDC è che permetterebbe a tutti di accedere alle riserve bancarie, le quali sono conti remunerati che le banche detengono presso la banca centrale. Quando la banca A deve pagare la banca B, lo notifica alla banca centrale, che semplicemente cambia il saldo di ciascun conto nel proprio computer. La transazione viene eseguita in millisecondi e non costa quasi nulla. Perché i cittadini non hanno accesso a questo sistema? Dovrebbero.

Ora, far accedere tutti alle riserve non sarebbe pratico. Le banche centrali non hanno le competenze per interfacciarsi quotidianamente con milioni di clienti. Se si perde la password, se si fa un pagamento per errore, se si va in rosso sul conto, la BCE sarebbe in grado di rispondere al telefono o di gestire bene un sito internet? Siamo sicuri che la BCE riuscirebbe a rispettare le sue stesse regole nell’erogazione dei servizi alla clientela? Probabilmente no.

Quindi nella pratica una CBDC dovrebbe essere accessibile tramite un’ampia gamma di istituzioni finanziarie non-bancarie, che gestirebbe i rapporti con il pubblico per una piccola commissione. Ma a questo punto, abbiamo essenzialmente riscoperto le narrow banks: istituti finanziari che ricevono depositi, li garantiscono al 100% con riserve presso la banca centrale e forniscono sistemi di pagamento rapidi.

Le narrow banks sono un’ottima idea. Non possono fallire, non soffrono crisi, e non possono subire una corsa agli sportelli. Se i nostri regolatori decidessero che solo le narrow banks possono offrire depositi e che le banche commerciali devono raccogliere fondi emettendo azioni o debito a lungo termine, avremmo un sistema finanziario per sempre immune da crisi e le banche avrebbero bisogno di pochissima regolamentazione.

Allora perché non abbiamo già le narrow banks – sia in forma di banche commerciali o come money market funds che offrono carte di debito? La risposta è semplice e paradossale: le stesse banche centrali e regolatori che progettano il lancio di una CBDC, vietano le narrow banks. Le motivazioni che danno sono per questo divieto sono principalmente due (vedete anche articolo di Lea Zecchino).

La prima è che le persone potrebbero più facilmente ritirare i depositi durante una crisi, o corsa agli sportelli. Questo però già avviene: le persone, e in particolare gli istituti finanziari, in tempo di crisi possono rifugiarsi nei contanti, nei vari tipi di fondi, nelle note commerciali o in molti altri asset finanziari. Il punto della questione è da cosa le persone scappano, non verso cosa scappano. Riducendo i depositi bancari, una CBDC risolverebbe questo problema, non lo peggiorerebbe.

La seconda motivazione è che se i depositi bancari si riducono a favore di una CBDC, le banche perderebbero una fonte di finanziamento economica e potrebbero aumentare i tassi sui prestiti.

Ora, ogni volta che ti viene chiesto supporto per una regolamentazione che ti obbliga ad acquistare prodotti costosi (interesse basso), inefficienti (transazioni lente e costose) e fragili (prono alle crisi) in modo che un settore oligopolista e iperregolamentato possa finanziarsi a basso costo, nella speranza che passi benevolmente questo risparmio al pubblico, bisogna essere sospettosi. Forse quel basso costo di finanziamento va direttamente nelle tasche degli azionisti e dei manager!

Nei fatti le banche possono raccogliere tutti i finanziamenti di cui hanno bisogno emettendo debito a lungo termine o azioni. Se la nostra società desidera sussidiare il credito bancario, che lo si faccia direttamente ed esplicitamente, non obbligando tutti a detenere prodotti scadenti.

Una seconda visione della CBDC, prendendo spunto dalle criptovalute, è che una CBDC possa sostituire il contante. L’infrastruttura elettronica delle criptovalute è differente, meno efficiente, ma se garantita dalla banca centrale, è finanziariamente equivalente a dare accesso alle riserve a tutti. Ciononostante, nel caso la CBDC diventasse il denaro del XXI secolo, non aspettiamoci gli stessi servizi dei depositi bancari. Se perdi la tua password o se paghi qualcuno per errore, perdi per sempre i tuoi soldi. (Elon Musk ha dimenticato la sua password e perso 100 000 dollari in Bitcoin. Tanto peggio per lui.)

Questa forma di CBDC potrebbe essere emessa direttamente dalla banca centrale, esattamente come lo sono i contanti. Molti economisti (non io, ma questo è un altro discorso) auspicano l’eliminazione del contante, in modo che la banca centrale possa implementare tassi negativi.

Ma l’anonimato è uno degli attributi principali del contante. Nessuno sa quanti contanti hai. Nessuno può tracciare le tue transazioni. La sfida delle criptovalute come bitcoin è che offrono la possibilità di transazione anonime più efficienti, nel bene o nel male. La domanda dunque è: se vogliono rimpiazzare i contanti, sono disposte le banche centrali a offrire la possibilità di fare transazioni completamente anonime?

Uno degli obiettivi, nemmeno troppo velati, di una CBDC è quello di ridurre le transazioni illegali. Ma se un paese, e in particolar modo l’Italia, ponesse fine alle transazioni illegali, la sua economia inchioderebbe all’improvviso. Immaginate per un momento che ogni tassa fosse pagata, che ogni lavoratore in nero venisse licenziato o regolarizzato, incluse le badanti, e che ogni transazione fosse visibile all’occhio della legge. Il contante è una valvola di sfogo importante per le leggi idiote e le tasse soffocanti.

Immaginate anche la perdita di libertà politica se ogni transazione fosse registrata e a disposizione delle autorità o anche solo un’imbarazzante fuga di notizie. La privacy nelle transazioni è uno dei diritti fondamentali di una società libera.

D’altro canto, la diffusa evasione fiscale, la mafia, la corruzione, e le attività illegali sono un male tremendo per l’economia e la società. Infatti, le criptovalute sono molto usate da hackers e criminali digitali.

Il contante dà un grezzo equilibrio: è abbastanza scomodo da limitare gli abusi e abbastanza privato da funzionare come valvola di sfogo.

Abbiamo un dilemma: se la CBCD permettesse una privacy completa, si favorirebbero di molto le attività illegali. Se, in alternativa, tutto fosse tracciabile, l’economia crollerebbe. Possiamo dunque creare una CDBC che possa offrire un po’ di privacy, anche per usi formalmente illeciti, e permettere alle autorità di combattere la grande evasione e le vere attività illegali?

Questo è il problema da risolvere. Si va, penso, verso un sistema con una moneta digitale garantita da riserve presso la banca centrale ma gestita da intermediari privati e indipendenti, che possano garantire un po’ di privacy e richiedere standard di protezione davanti alla legge per l’accesso dello stato ai dati. Raggiungere questo equilibrio richiede però una forte insistenza dell’opinione pubblica per una solida protezione della privacy delle loro transazioni, che burocrati e governi assetati di potere difficilmente concederanno.

Un tale sistema obbligherebbe i governi a togliere quelle tasse e leggi idiote, specialmente sul lavoro, che frenano l’economia se rispettate completamente. Il che non è male.

Le CBDC e i loro equivalenti finanziari, le narrow banks e le criptovalute garantite da depositi presso la banca centrale, non sono altro che valuta, aggiornata alla tecnologia del XXI secolo. La valuta è stata una grande invenzione. Quando le banche emettevano valute, c’erano crisi ricorrenti. Quando i governi hanno iniziato ad emetterla direttamente, queste crisi sono sparite e le banche hanno trovato altri modi di finanziarsi.

Ha assolutamente senso aggiornare la valuta per renderla elettronica, più sicura, più veloce e per poterci pagare un interesse. Da un punto di vista finanziario, abbiamo poco di cui aver paura e molto da guadagnarci. Le banche perderebbero i loro sussidi e i governi dovrebbero affrontare il nodo della privacy delle transazioni, riformare tasse e regolamentazioni in modo da eliminare il sommerso senza distruggere l’economia. Entrambi sono benefici extra, non costi.

Traduzione a cura di Luciano Somoza e Tammaro Terracciano


Mercati oggiValter Buffo
Tra sei mesi sarà tutto come prima. Proprio come nel 2019 (parte 1).
 

Di esperti in epidemie, quanti ne abbiamo visti ed ascoltati!

Ci sono centinaia di esperti in epidemia sia in TV, sia alla radio, sia sui social. E poi: ci sono esperti di epidemie, che ne sanno più di altri esperti di epidemie (che di professione fanno il medico) sia al Governo, sia alla BCE, sia alla Federal Reserve, sia e soprattutto in Goldman Sachs, in Morgan Stanley, in Bank of America, e ci sono esperti di epidemie anche in Azimut, in Mediolanum, in FINECO, in Banca Generali, in Fideuram.

Grazie a questi esperti, ed in particolare grazie a tutti gli esperti che per professione NON fanno il medico, oggi noi investitori abbiamo una serie di certezze.

La certezza che è più importante di tutte è questa: tra sei mesi, massimo un anno, sarà tutto come prima. Nel giorno stesso, nel quale Pfizer annunciò il primo di una serie di decine e decine di diversi vaccini, tutte le banche di investimento come Goldman Sachs oppure Morgan Stanley avevano già pronti grafici colorati a dozzine, grafici che ci spiegano che entro sei, massimo dodici mesi tutti staranno ancora meglio di prima.

Una parte di quegli stessi grafici, va detto, era già stata spesa sei mesi prima, ad aprile, per spiegare che non ci sarebbe stata una “seconda ondata”, ma per fortuna sono grafici riciclabili, ed eccoli di nuovo pronti all’uso, e … “scusate per il ritardo”.

Questo esercito di esperti, esercito che si è formato dalla sera alla mattina (per esigenze commerciali) proprio sulla base di queste loro “previsioni” ci racconta che, come conseguenza della rapida guarigione dell’umanità dall’epidemia, ci sarà un ancora più rapido ritorno dell’economia a condizioni di “normalità”.

In Recce’d, noi siamo decisamente scettici, e lo scrivevamo già mesi fa. Già mesi fa, abbiamo scritto di avere una posizione diversa, e profondamente diversa, sull’intera questione.

Fino ad oggi, i fatti danno ragione a noi, e torto all’esercito di “esperti del bar”. Ma vedremo come andranno le cose da oggi in poi.

Tenendo quindi il verdetto finale in sospeso, su chi avrà ragione e chi torto (necessariamente, o noi o loro), rimane una nostra profonda diversità di vedute, rispetto alle banche di investimento ed alle Reti di promozione finanziaria. per chi fosse interessato, ora noi qui riassumiamo le differenze.

  1. tra il parere dei medici, ed il parere delle banche di investimento internazionali, noi sempre e per sempre preferiamo affidarci al parere dei medici se le questioni sono questioni di salute pubblica; non c’è un solo medico che dica che tra sei mesi tutto è risolto (a parte quel certo Zangrillo e la sua corte di simpatizzanti, che però di recente ha recitato l’abiura)

  2. chiunque abbia un briciolo di memoria, ricorda perfettamente le dichiarazioni di Draghi e Powell nel gennaio 2019, dichiarazioni che parlavano in modo esplicito di “economie in difficoltà” (lo trovate sul Web); ragione più che sufficiente per affermare che “ritornare come prima” non significherebbe ritornare ad una situazione di equilibrio nelle economie

  3. per quanto detto al punto numero 2, e sulla base delle osservazioni che potrete fare facilmente leggendo i dati nei tre grafici che seguono, attribuire all’epidemia di COVID-19 lo stato di precarietà nel quale si trovano le economie oggi (e per riflesso, anche i mercati finanziari) è del tutto sbagliato; la fragilità che è emersa a causa dell’epidemia ha radici e fondamenta in altre situazioni (che Recce’d ha ampiamente commentato); non sarà il vaccino contro il COVID-19 a risolvere queste incertezze: occorrerebbe un vaccino di ben diversa natura

Nel grafico qui sotto, vengono messi a confronto i dati per la crescita del PIL nel 2020 ed i dati per la mortalità da COVID-19. Il titolo riassume la principale evidenza offerta dai dati: chi afferma che c’è un rapporto diretto e lineare tra l’epidemia e l’andamento dell’economia viene smentito dalla realtà dei fatti.

Il grafico abbiamo deciso di riproporlo tre volte, allo scopo di evidenziare tre diverse evidenze:

  1. nel riquadro di colore rosso, vedete in quali Paesi è risultato più elevato (fino ad oggi) il numero di morti per COVID-19

  2. più in basso, nel riquadro di colore giallo, mettiamo in evidenza i Paesi con il maggiore calo del PIL nazionale, nel 2020

  3. infine, nel riquadro di colore vedere vedete i (pochi) Paesi che abbinano un risultato economico positivo, o di poco negativo, ad un basso numero di morti per COVID-19.

Emergono differenze significative, sia tra Paesi che appartengono ad una medesima Area, sia tra le diverse Aree economiche del Pianeta. Il grafico offre, in questo senso, alcune indicazioni importanti. Ogni lettore potrà fare, sulla base di queste statistiche, le sue considerazioni e le sue valutazioni per il futuro. Anche del proprio portafoglio in titoli.

Noi chiudiamo questo Post con un richiamo importante: chi vi racconta che “nel 2020 le economie hanno sofferto solo a causa dell’epidemia di COVID-19” vi racconta qualche cosa che non corrisponde alla realtà.

Chiedetevi il perché.

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Mercati oggiValter Buffo