Un triste finale per Draghi (parte 2)

Nel primo Post di questa serie, pubblicato lo scorso 27 luglio, abbiamo dettagliato le ragioni per le quali l'uscita di scena di Mario Draghi avviene in un contesto per lui sfavorevole, che non premia le sue politiche e che lo vede in difficoltà da più punti di vista.

Ieri, 23 agosto 2017, nel suo intervento al Lindau Nobel Laureate Meeting, in Germania, Draghi ha sostenuto che il QE è stato un successo, successo che sarebbe confermato anche dai risultati della ricerca accademica.

Non solo Recce'd non è d'accordo: Recce'd dipone anche di (abbondante) ricerca accademica che arriva a risultati diametralmente opposti a quelli che Draghi dice di conoscere. ma questo è un dibattito sterile.

Ben più attuale e concreta è l'osservazione che il (modestissimo) miglioramento registrato in Eurozona sul fronte dei dati macroeconomici può, senza alcun dubbio, essere associato (anche) alla insistita, e costante, espansione del debito, sia pubblico, sia privato, in Eurozona.

E ci permettiamo di chiedere, a Draghi ed al suo "coro" di opinionisti compiacenti: che razza di miglioramento sarebbe, questo? Non sarà invece, forse, un peggioramento? Politiche di questo tipo si fecero già negli anni trenta, e almeno, a quei tempi, i debitori pagavano ai creditori un interesse.

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Non è questo, però, il punto del nostro Post di oggi. Se abbiamo deciso di scrivere questo Post è perché nelle frasi di Draghi ieri ce ne è almeno una con la quale noi siamo, totalemnte, in sintonia. E visto che il fatto non è frequente, sentiamo l'obbligo di evidenziarla.

Draghi ha detto ieri:

"Quando il mondo cambia come fatto dieci anni fa, le politiche, in particolare la politica monetaria, devono essere aggiustate. Tale aggiustamento, non facile, richiede una valutazione priva di pregiudizio e onesta delle nuove realtà con occhi limpidi, non gravati dalla difesa di paradigmi precedenti che hanno perso qualsiasi potere esplicativo".

Recce'd nasce proprio da osservazioni come queste: quante volte Recce'd ha messo in evidenza che "il Mondo è cambiato"?

E vi domandiamo: davvero ritenere che sia adeguato andare "nel Mondo nuovo" con i vostri vecchi private bankers? Credete che il vostro promotore finanziario sia adeguato al Nuovo Mondo?

Davvero volte affrontare il Nuovo Mondo con quei vecchissimi Fondi Comuni di Investimento al 4% di costo?

Credete che le grandi reti di distribuzione abbiamo le caratteristiche necessarie per sopravvivere nel Nuovo Mondo?

Non pensate anche voi che (citiamo a titolo di esempio) le Fideuram, le Mediolanum, le Generali, le Azimut del Vecchio Mondo oggi siano impegnate (come dice Draghi) nella difesa di paradigmi precedenti che hanno perso qualsiasi potere esplicativo? E che lo stesso oggi facciamo le Goldman Sachs, le UBS, le Credit Suisse, le Morgan Stanley? Insieme con le grandi Case di Fondi? A chi serve più, tutta quella roba, tutte quelle strutture? A che servono? A chi servono?

Non saranno sei mesi di Trump a salvare la "baracca" per questi grandi dinosauri destinati all'estinzione.

Credete forse che la vostra vecchia GPM ad asset allocation, quella che dice "se vuoi meno rischio, metti più obbligazioni", quella del 30% e 70%, quella del "mettiamoci anche un po' di Emergenti", quella del "nel lungo periodo le Borse salgono sempre", quella del "profilo di rischio",abbia ancora un senso nel nuovo Mondo di Draghi? Volete tirare avanti con soluzioni vecchie e prodotti obsoleti, che negli ultimi 20 anni vi hanno, in più occasioni, dimostrato di NON essere efficaci?

Oppure, come noi, credete che il Nuovo Mondo richieda nuovi strumenti, e nuovi interlocutori, e nuove strategie, e nuovi prodotti e servizi?

Draghi vi ha detto: Quando il mondo cambia come fatto dieci anni fa, le politiche, in particolare la politica monetaria, devono essere aggiustate.

Le politiche devono cambiare: anche, e nel vostro interesse, le vostre politiche di investimento.

Mercati oggiValter Buffo
I mercati di Ferragosto (parte 2)

Diamo un seguito al primo Post dello scroso 18 agosto, per offrire a chi ci segue una serie di spunti, spunti che noi a nostra volta abbiamo trovato in una delle (centinaia di) ricerche che riceviamo ed analizziamo.

Ci scusiamo coi lettori per i quali la lingua inglese è un ostacolo. Ci sono casi nei quali conservare la lingua originale significa conservare una parte del contenuto.

Sul momento dei mercati a Ferragosto 2017:  “Everything used as an excuse for markets to push higher has turned out to be false. Now, with fragility as high as it seems to be, it won’t take much for volatility to sustainably increase and for a lot of money to suddenly realize there has been misguided euphoria in complacency,” 

Sulla Borsa di New York di Ferragosto 2017: “Post election the U.S. stock market rally was driven by hopes of fiscal stimulus to the economy or reflation. But commodities did not confirm this and neither did the bond market, with long-term yields falling instead,” 

Sul ruolo delle Banche Centrali oggi ed in una eventuale fase di crisi: “Consider that following Thursday’s 1% decline in the S&P 500, the odds of a Fed cut are higher than odds of a hike in the next two meetings. Are things that vulnerable and fragile that mere noise results in a re-evaluation of Fed policy? If they are, does that not suggest that the extreme in stability is wildly misplaced?”

Sui rendimenti delle obbligazioni: “There is a big disconnect between various markets. Despite the reflation narrative, the yield curve is suggesting investors are more worried about deflation than inflation, referring to the difference between the yield on the 2-year and 10-year notes. The spread between those Treasury maturities is commonly used to gauge investor’s outlook for inflation and the health of the market, with a narrowing differential, or flattening, suggesting that investors maintain a bearish outlook over the long term. "

Sul ruolo dei tassi di interesse: “We are also seeing interest-rate sensitive sectors, such as utilities outperform in the short-term. Our research shows that when Treasuries and utilities outperform in the short term, market volatility rises. It does not mean it will do so this time too, but there are enough reasons to be prepared for such an outcome”

Chi oggi agisce, investe o gestisce portafogli senza dare la giusta importanza a questi elementi, compie un azzardo che potrebbe rivelarsi non rimediabile.

 

Mercati oggiValter Buffo
Il (solito) problema con l'analisi tecnica
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L'analisi tecnica ha da sempre un solo, grande problema: quando ti servirebbe, non c'è mai.

L'analisi tecnica è un bellissimo giocattolo, che consente a molti di sognare che l'attività di investimento possa essere una cosa semplice ed intuitiva, facile come disegnare righe colorate su un foglio di carta, come fanno i bambini all'asilo.

La realtà, purtroppo, è infinitamente più complessa (ma anche più ricca, per fortuna).

L'analisi tecnica è uno strumento per certificare l'ovvio: "se sta salendo, vuole dire che salirà ancora, perchè ci sono più compratori che venditori".

Anche gli analisti tecnici hanno i loro momento di gloria, come in questi primi mesi del 2017: "l'indice non è mai sceso sotto la media a 50, e quindi può solo salire".

Purtroppo però non va sempre così. E qui, ovvero proprio nel momento in cui qualcosa cambia, l'analisi tecnica risulta del tutto impotente.

Non hanno la più pallida idea del perché le cose adesso non vanno più come prima. Ti spiegano solo, come fa il grafico sopra, che si è "interrotto lo uptrend, e adesso c'è un downtrend".

E quindi?

Noi crediamo invece che l'investitore, invece di guardare le righe che salgono, farebbe bene a concentrarsi sui fatti: come vedete sotto, tra il 1 marzo e giovedì scorso l'indice della Borsa di New York, proprio la Borsa dei "nuovi record", aveva fatto solo 20 punti di rialzo. Nulla: non si è mosso. Questo, che è un fatto e non un opinione, dovrebbe aiutare molti investitori a riflettere, sia su ciò che leggono, sia sui commenti che ascoltano da chi dà loro consigli sugli investimenti.

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Mercati oggiValter Buffo
La stangata: remake 2017 (parte 2)
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Nel primo dei Post con questo titolo, dello scorso 21 luglio abbiamo messo in evidenza a chi ci segue che anche i mercati hanno una loro "narrativa" (termine in voga in questi mesi): ci sono "storie che circolano", modi di dire che diventano consuetudine, frasi che si ripetono solo per abitudine. Lo ha detto lui, ho sentito che, mi pare di capire che.

"Ripresa globale sincronizzata", "dati economici in miglioramento", e così via: quante volte avete letto o ascoltato espressioni come queste durante l'estate?

Ma dove? Dove sta l'evidenza? Perché si insiste così tanto?

Osservate con attenzione il grafico che segue.

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Nel grafico, vedete rappresentato l'indice che viene calcolato dalla banca globale Citigroup per le "sorprese" economiche, ovvero i dati economici pubblicati e migliori di ciò che era stato previsto da quei cosiddetti "economisti" delle banche di investimento globali.

Il grafico non è difficile da interpretare, anzi è molto semplice:

  1. negli ultimi mesi, per le quattro grandi aree economiche, l'indice delle "sorprese" è negativo per gli Stati Uniti, a zero per l'Europa, negativo per il Giappone, e positivo solo per i Mercati Emergenti
  2. l'indice globale (ultimo in basso) sta a zero
  3. e quattro su cinque di questi indici oggi sono SOTTO il livello del mese di novembre 2016, quando fu eletto Donald J. Trump; anche qui fa eccezione solo il mondo EM

Questi sono dati che tutto il mercato conosce: chiedetevi perché, allora, si insiste sulla "ripresa globale sincronizzata" e sul "clima di positività".

Come dicevamo sopra, anche i mercati hanno la loro "narrativa". Cose del tutto inventate, che prendono forza perché si ripetono dall'uno all'altro. Molti, tra quelli che ripetono, ripetono senza avere capito, oppure senza avere visto i dati, o meglio senza averli analizzati. Molti, poi lo fanno con cattiva intenzione: "creare un clima di positività" è un obbiettivo chiaro, sia dell'industria dei Fondi Comuni, sia dell'industria dell'intermediazione in titoli, ovvero le grandi banche globali di investimento.

Qualcuno ci chiederà: "ma volete forse sostenre che gli investitori, allora, sono tutti pazzi?".

Pazzi no, ma accade oggi come molte volte abbiamo visto in passato che quasi tutti si buttino a rincorrere qualche cosa che non esiste, spinti dalla fretta, dalla voglia di risultati facili, dalla voglia di credere a cose semplici, e di credere che NON esista la necessità di ragionare, ponderare, valutare, riflettere ed avere pazienza.

Ed è proprio qui, a questo punto, che risulta evidente quale è il valore aggiunto che noi di Recce'd possiamo offrire ai nostri Clienti.

Mercati oggiValter Buffo
Perché Recce'd non vende la cosiddetta "ricerca"

Recce'd è una realtà del tutto innovativa nel panorama italiano dei servizi per risparmio: offre servizi di gestione del portafoglio online, che consentono al Cliente di abbattere i costi collegati alla catena fabbrica- rete (quella delle tradizionali GPM e dei tradizionali Fondi Comuni) basando le sue strategia di portafoglio su criteri innovativi ed alternativi alla tradizionale asset allocation statica.

Queste furono le nostre scelte fino dall'avvio di questa attività: in quella medesima fase di avvio, Recce'd decise che non avrebbe venduto servizi di semplice opinione: non avrebbe venduto "la ricerca".

Questo perché "la ricerca", nell'ambito dei servizi all'investimento, è un falso. Nella grandissima maggioranza dei casi, ciò che viene etichettato come "ricerca" è solo materiale pubblicitario per spingere questo o quel tema di mercato, quello che va di moda in quel momento e fa vendere e genera commissioni. Trump è il classico esempio.

Recce'd non vende "la ricerca" perché la ricerca, sganciata dai risultati (di rendimento e di rischio) è un falso: è troppo facile, per chi produce questa "ricerca", arrivare alla conclusione ... senza concludere. E' troppo facile tenere le mani libere.

Ci è sembrato opportuno fare un esempio concreto. Del tutto a caso, abbiamo preso in considerazione ciò che scrive in questi giorni Morgan Stanley, una delle più grandi banche di investimento del Pianeta, una delle più autorevoli e stimate. Milioni di persona nel Mondo leggono la "ricerca" di Morgan Stanley.

Perché la leggono? Noi la leggiamo per sapere quali sono i temi di vendita che circolano con maggiore insistenza, per dovere professionale: ma perché la leggono gli investitori finali? Non siamo riusciti a comprenderlo.

Ecco allora tre estratti dalla "ricerca" di Morgan Stanley di  questa settimana (tre giorni lavorativi), tutti relativi alla Borsa di New York, e tutti riportati dai media di settore specializzati.

  • Morgan Stanley brushed off those concerns. “We are focused on what actually drives stocks,” wrote Chief U.S. equity Strategist Michael Wilson, “and our bull market check list remains intact: Economic and earnings growth, interest rates, inflation, Fed/central banks, credit markets, valuation and technicals.”
  • Analysts at the Wall Street behemoths cite signals including the breakdown of long-standing relationships between stocks, bonds and commodities as well as investors ignoring valuation fundamentals and data. It all means stock and credit markets are at risk of a painful drop. Equities have become less correlated with FX, FX has become less correlated with rates, and everything has become less sensitive to oil,” Andrew Sheets, Morgan Stanley’s chief cross-asset strategist, wrote in a note published Tuesday. His bank’s model shows assets across the world are the least correlated in almost a decade, even after U.S. stocks joined high-yield credit in a selloff triggered this month by President Donald Trump’s political standoff with North Korea and racial violence in Virginia.
  • For once, stability in stocks might be a bad thing. Technical analysts at JPMorgan Chase & Co. say that if the S&P 500 can’t escape its 2,400 to 2,500 range, it could spell trouble for U.S. equities heading into September. Amid the slew of headline risks -- including Washington turmoil, North Korea tension, and monetary policy shifts -- the last two weeks’ price declines and initial volatility spikes from extreme low levels highlight stocks’ vulnerability, raising the prospect of a flight to Treasuries, according to strategists including Jason Hunter and Alix Tepper. “It’s a time when you want to be extremely nimble,” New York-based Hunter said by phone. “As we move into the typical seasonally weak period of September and October” there’s a growing probability of increased volatility leading to a typical movement into safe haven assets, he said

Eccoci dunque a dovere scegliere, tra opinioni divergenti, tutte espresse dalla medesima banca di investimento (poteva essere, allo stesso modo, Goldman Sachs, o UBS, oppure BNP Paribas: non fa alcuna differenza).

Questo tipo di "ricerca" serve a nulla, se la leggiamo con gli occhi di un gestore che deve decidere: non aiuta a decidere, ed al contrario aumenta la confusione. Offre spunti, stimoli: stimoli ad operare, comunque, e a pagare commissioni alla banca di investimento. Non produce alcun risultato ed alcun beneficio nel momento della decisione.

Non è questa "ricerca" il mestiere di Recce'd: non ci interessa, non ci piace, non è il nostro target.

Mercati oggiValter Buffo