Trump - O NO? - mics

Non scriviamo molto di Donald J. Trump: ci interessa poco, dal punto di vista delle implicazioni per i rendimenti attesi, e per i rischi impliciti, dei vari asset e classi di asset che compongono il nostro universo investibile. Scrivevamo questo anche prima delle elezioni USA di novembre, lo ripetiamo serenamente anche oggi primo giorno del mese di Marzo, con lo S&P 500 a 2300 punti, il Dow Jones a 21.000 punti ed il DAX a 12.000 punti. Non siamo emozionati. Siamo meno emozionati oggi di quanto lo fossimo 24 mesi fa, quando le Reti di promotori italiane, insieme coi giornali e le tv, ogni mattina ci ingolfavano le orecchie con il termine "bazooka" e le altre sciocchezze assortite. Momenti di mercato come questi li conosciamo bene, li sappiamo gestire, e vanno poi tutti a finire allo stesso modo.

Vogliamo però scrivere di Trump esattamente oggi, perché nessuno pensi che Trump ci imbarazza: tutto il contrario. Il rally di Borsa di oggi, dopo il primo discorso di Trump al congresso, è perfetto per i nostri scopi. Volevamo, speravamo ardentemente, che venisse qualche cosa a sbloccare una situazione incagliata, e forse quel qualcosa è arrivato. Almeno: la Borsa negli USA ha preso una direzione: lo dimostra il fatto che dopo un record di ben 50 sedute (grafico sotto) abbiamo finalmente una seduta con un movimento dell'indice più ampio dello 1%. Finalmente! Quindi, siamo tutti ottimisti!

OK: quindi la Borsa di New York è positiva su Trump e la sua Trumponomics. Fantastico. E adesso ... dove vogliamo andare?

Recce'd lo afferma chiaramente: fino a ieri, il rally era stato "montato" dalle sale di negoziazione, quella di Goldman Sachs e tutte le altre banche di investimento, per creare "un evento", un qualcosa, per reagire alla mancanza totale di flussi e "mettere giù qualche commissione". Era niente di più che un FAKE rally.

Da oggi è diverso: qualcuno è uscito allo scoperto. Ora si salirà oltre? I Fondi Comuni sottopesati adesso compreranno? Chi andrà dietro allo 1% di rialzo di oggi? Chi comprerà domani?

Noi di Recce'd no di certo. Noi non comperiamo FAKE e non comperiamo "bazooka", per i nostri portafolgi modello. Quanto a Trump (per chiudere il cerchio) la nostra opinione non la nascondiamo. Per commento al suo intervento di ieri, prendiamo a prestito un titolo del WSJ di oggi, che dice:

Trump tries an experiment: Say the same old things, but in a nicer way

Al quale si aggiunge un sintetico commento di Bloomberg:

Trump cast aside the dark rhetoric of carnage and conflict that defined the start of his administration and left in its place a recitation of familiar campaign promises with few details on how he’d turn them into reality. His address to Congress on Tuesday featured an Obamacare repeal, a $1 trillion infrastructure plan, an immigration crackdown and a defense buildup. The speech fell far short of providing direction–what many voters, lawmakers and investors said they wanted to hear.

Noi italiani, ovviamente, ne sappiamo qualche cosa. Draghi alla BCE tira avanti esattamente così da cinque anni, creando aspettative, e poi aspettative, e poi altre aspettative, e spostando sempre un po' più in là il punto di arrivo. I governi iatliani, poi, tutti quanti sono maestri in quest arte. I risultati: li avete davanti al naso, li toccate ogni giorno con mano.

Requiem per un tirarighe: RIP 2017

Per anni, tutti noi operatori, e anche molti di voi lettori, siamo stati "perseguitati" da sentenze tombali come quelle che seguono: tutte appartenenti alla famiglio "è charissimo dove andrà il mercato: si capisce dal grafico". Su basi come queste, c'è chi ha costruito strategie più o meno chiare, formule magiche per "catturare il trend", formulette buone per tutte le stagioni e tutti i mercati, dal cacao ai titoli con una micro-capitalizzazione. Wow!

Vediamo qualche esempio:

  • quando l'indice buca la media mobile a 200, è ora di vendere
  • questa figura grafica ci segnala che il rialzo continuerà
  • il grafico ti inchioda: il trend è chiaro, il titolo può solo salire
  • l'indice sta sempre sopra la media a 50 giorni, è ora di comperare (ma questa vale solo ... finchè il mercato sale!)

Le frasi qui citate vengono sempre ... promulgate come Editti Divini: "è sicuro che andrà così, non può essere diversamente".

Poi però gli stessi individui che ci fanno omaggio di queste "verità", tutti quanti, al momento della decisione esitano, balbettano, e si impappinano. Quando ad esempio un indice scende sotto la media a 200 giorni, la regola è che nessuno dei graficisti ci dice "vendiamo tutto". Saltano fuori strani (per loro) argomenti del tipo "adesso vediamo", "bisogna tenere conto di altri fattori" oppure "questa volta è diverso". E così, quello che succede è che questi analisti tecnici poi stanno sempre fermi: la sieretà non è il loro punto forte.

Forse proprio per questo, la moda dell'analisi tecnica, negli ultimi mesi ed anni, è passata di moda (perché NON funziona), come raccontava anche qualche giorno fa il Wall Street Journal in modo chiarissimo. Riportiamo qui sotto le frasi del quotidiano USA, senza modificarle:

(...) market timers are indeed struggling. In fact, in my four decades of tracking the industry I have hardly ever witnessed market timing to be more out of favor than it is now. To illustrate, consider perhaps the most widely used technical indicator that market timers use to determine that we’re in a major bear market: the stock market breaking its 200-day moving average. When this happened to the S&P 500last June, however, the break marked the end of the market’s decline, not the beginning. The same thing happened last November in the hours after it became clear that Donald Trump would win the election. Of course, many market timers focus on a myriad of different indicators besides the 200-day moving average, and not all of them have struggled. But the vast majority have. One of the advisory industry’s most successful timers recently told me that “2016 was the worst year of my 35-year career!”

Noi in Recce'd abbiamo scritto, in più occasioni, che tirare righe colorate su un foglio di carta è un pessimo modo di fare scelte di investimento: essendo però che ad alcuni piace questo giochetto, noi ne abbiamo sempre tenuto conto nella nostra valutazione della psicologia di mercato.

Da oggi in poi, lo faremo ancora, ma in misura MOLTO minore. Perchè è chiaramente diminuito il numero di quelli che ci credono, e che scommettono sulle "righe colorate". Un vecchio abito fuori moda, e neppure ancora Vintage.

Lo Zeppelin del risparmio gestito (parte 6): le banche di investimento globali

Tra le vittime dello sconvolgimento in atto nel settore del risparmio gestito ci sono anche le grandi banche globali di investimento, che oggi si sognano quella "dominanza globale" che ci era stata annunciata solo 10 anni fa. C'è stato un momento nel quale, per fare Finanza e gestire il risparmio, sembrava fosse necessaria una "licenza burocratica", invece che competenza: una licenza d tipo quelle dei taxi, che paghi, e nessuno ti chiede più nulla. Licenze di una natura che oggi è contestata in sedi pubbliche, in tutto il Mondo, e in tutti i settori. Oggi pure in Finanza è così: le cose sono state rimesse in discussione dai fatti.

E' vero che nella nuova Amministrazione Trump ci sono due uomini di Goldman Sachs in posizioni di vertice, ma è altrettanto vero che, a differenza delle amministrazioni precedenti questa oggi sembra essere una mossa difensiva. Non per aprire nuovi spazi, bensì per difendere quelli vecchi (Legge Dodd Frank, ma soprattutto Fiduciary Rule: frenare, frenare, frenare): né più e né meno di ciò che fanno a Milano e a Roma i tassisti.

Le mosse difensive delle banche di investimento si spiegano con il fatto che queste banche globali sono ben consapevoli del tornado che sta per investirle: un tornado che parte proprio dal settore del "risparmio gestito", e che noi abbiamo descritto nei Post precedenti di questa serie ed in altri Post del Blog.

Ne scriveva ad esempio lo scorso ottobre la banca di investimenti Goldman Sachs, come riportato qui sotto da Milano Finanza in un articolo di cui pubblichiamo alcuni estratti. Gli estratti mettono in luce, in modo efficace, le difficoltà attuali ed il destino molto incerto del settore del "risparmio gestito".

 

È una dieta inorganica quella che attende nel brevissimo l’industria europea dell’asset management. Una dieta fatta di minori asset, minori margini e maggiori difficoltà a offrire prodotti che soddisfino la clientela in un perdurante contesto di tassi bassi. Switching to an inorganic diet è il titolo del corposo report di Goldman Sachs che prende in esame tredici asset manager europei quotati, tra cui gli italiani Anima Holding , Azimut , Banca Generali e Banca Mediolanum .

Un mondo con bassi rendimenti, anzitutto, crea quattro sfide per le società di asset management. La prima, forse la più preoccupante, è che la crescita dell’industria sarà di almeno 400 punti-base (4%) inferiore rispetto agli anni recenti; poi sarà sempre più difficile costruire prodotti attraenti del risparmio gestito attraenti; inoltre si verificherà una crescente pressione da parte di Etf e fondi a gestione passiva; e infine un’ulteriore pressione si scatenerà sulle commissioni, che mostrano già una tendenza a decrescere del 2% su base annua.

(...)

Molti asset finanziari sono oggi assai cari in rapporto alle medie storiche: è dunque difficile che vi sia una loro rivalutazione nei prossimi anni. Tra il 2009 e il 2014, la crescita aggregata annua degli asset under management delle società di gestione è stata pari al 7,2%; tra il 2014 e il primo trimestre del 2016 è nettamente scesa al 2,6%. Nei prossimi anni, visto che gli asset sono già molto cari e una loro rivalutazione è difficile, la crescita delle masse sarà probabilmente guidata in buona parte da nuovi flussi di raccolta (...).

C’è poi il problema di fronteggiare le performance poco brillanti e reggere la concorrenza della gestione passiva. Infatti si stima che negli ultimi 5 anni solo il 36% dei fondi ha sovraperformato i rispettivi benchmark di riferimento. Riuscire a proporre prodotti capaci di generare Alpha, cioè un extra-rendimento rispetto al mercato, sarà un valore aggiunto per le case di asset management, ma sarà anche una sfida molto difficile. E come se non bastasse si fa sempre più forte la pressione dei prodotti a gestione passiva come gli Etf, la cui crescita annua aggregata viaggia a un ritmo del 22% circa, 10 volte di più della media di tutta l’industria del risparmio gestito. (...).

A queste difficoltà si aggiunge la crescente pressione sui prezzi. Goldman Sachs stima che le commissioni incassate dalle società di asset management stanno rapidamente scendendo a un tasso annuo dell’1,8% a causa della concorrenza dei prodotti low cost. Inoltre, il margine di profitto che le case di gestione riescono a ricavare dalle commissioni di gestione (cioè il guadagno al netto dei costi) è diminuito dallo 0,7% del 2009 allo 0,6% del 2016. In uno scenario di tassi bassi, anche le commissioni di performance sono sotto pressione.

Lo Zeppelin del risparmio gestito (parte 5): il destino delle SGR

Come vedete bene qui sopra, il Mondo intero ha già decretato la fine della storia, breve per altro, e piena di insuccessi, del "risparmio gestito". Prodotti come i Fondi Comuni, ma pure le GPM e le GPF, non servono a nulla e per questo adesso il pubblico dei risparmiatori li evita.

Che faranno, adesso, le Case di Fondi, e le nostre SGR? Noi di Recce'd abbiamo scritto più di sei mesi fa in merito alla difficile situazione delle SGR italiane, mentre andava in onda la triste vicenda di Pioneer, una delle più grandi SGR italiane, offerta a mezzo mondo (ed anche all'altra metà) senza che nessuno mostrasse il minimo interesse.

Perché e come Pioneer poi è finita ai francesi di Amundi, per mano del francese Mustier, lo hanno scritto i giornali. A noi qui interessa invece di segnalare a chi ci legge che oggi le SGR italiane sono Società con un valore di avviamento negativo perché non hanno creato valore a favore dei loro Clienti: le scelte di quel modello di business si sono rivelate sbagliate, a partire dalla scelta dei "contenitori", dei "prodotti finanziari", quelle GPM e quei Fondi Comuni che non producono alcun vantaggio per chi ci investe, fino ad arrivare alle scelte organizzative.

Ricordate? Ci fu una stagione in cui ci si vantava di dire "abbiamo lo specialista dei mercati emergenti", oppure "abbiamo lo specialista dell'Europa dell'Est". Quanto fossero specialisti, lo hanno dimostrato i risultati, ma oggi è soprattutto il Web ad avere spazzato via ogni (ipotetico) vantaggio.

Nessuno oggi ha più l'esclusiva dell'informazione: trenta anni fa, solo chi disponeva di un terminale Reuters poteva avere notizie in tempo reale sul mercato dei cambi, mentre al contrario oggi ci sono migliaia di piattaforme, che danno notizie in tempo reale su tutto, dai cambi ai Paesi emergenti all'Europa dell'Est.

Ne deriva un bel "chissenefrega" del Cliente investitore al (presunto) specialista dei Mercati Emergenti: non si può più "fare il bullo" dicendo "solo io so le cose", e si deve puntare tutto invece sulla competenza, la capacità professionale, gli strumenti di analisi, e la capacità di definire un metodo.

Ed è propri lì, che la grandissima parte dei vecchi operatori cade in ginocchio.

Lo Zeppelin del risparmio gestito (parte 4): i Fondi di Fondi

La "mossa della disperazione" delle Società del "risparmio gestito" sono state, dieci anni fa, le Linee GFP, e i Fondi di Fondi.

Velocemente messe da parte, come prodotti del tutto inefficaci e costosissimi per chi ci investe, dalle stesse SGR e soprattutto dalla Reti di Vendita, erano prodotti che svelavano il segreto di una intera industria: ovvero che il solo scopo è quello di "tassare" il Cliente il più possibile.

Ogni Casa di Fondi, ogni SGR, ogni Rete, si è messa a raccontare al Cliente questa storia: "Ti offriamo una selezione dei migliori, noi sappiamo scegliere, abbiamo i criteri di selezione".

Una autentica sciocchezza: peggio, come avrebbe detto Totò, una vera fesseria. Se tu sia scegliere, se tu sai quali criteri di scelta adottare, se tu conosci quei famosi "parametri", ma soprattutto, se tu sei capace di gestire il denaro, perché perdere tutto quel tempo, e spiegare con tutti quei fiumi di parole scelte (in apparenza) complicatissime, anziché occuparsi di ... gestire in modo attivo e professionale i soldi del Cliente, direttamente, e semplicemente, scegliendo i mercati, il timing, le percentuali?

Se ne capisci, fallo tu. Se non ne capisci ... per cortesia fatti da parte.

Il solo scopo dei Fondi chiamati "Selection", delle GPF, dei Multimanager, e di tutte le cose che si chiamavano in quel modo, era buttare fumo negli occhi: intontire il Cliente dicendogli "Ti do un po' di JP Morgan, un po di Blackrock, un po' di Nordea, un po' di UBS". Perché? A che scopo? E chi li conosce? E che ci fanno coi miei soldi? Nessuno ha mai saputo rispondere.

Il mercato, che non tradisce, ha mandato tutti questi prodotti in soffitta, nella polvere. Quasi tutti. Qualcuno ancora resiste, ma sarà per poco tempo.