Lo Zeppelin del risparmio gestito (parte 3): Fideuram e le altre

Se vieni deriso anche in prima serata, vuole dire che hai toccato il fondo. Anzi, il Fondo.

Come abbiamo scritto già in precedenza, il Grande Imbroglio del "risparmio gestito" è stato ormai svelato agli occhi del pubblico, anche di quello meno attento, e chi si ostina ad affidarsi a GPM e Fondi Comuni lo fa senza saperne la ragione. Diciamo per beneficenza.

I primi a soffrire per la fine del "ventennio delle vacche grasse saranno i distributori. L'industria aveva infatti diviso i compiti come se il risparmio fosse uguale agli insaccati: la fabbrica produce le mortadelle, poi partono quelli con il furgoncino e vanno a venderle in giro per il paese. Banca d'Italia e CONSOB? D'accordissimo!

Come è finita? Ve lo racconta Crozza qui sopra. Un Grande Imbroglio.

In Italia, come nel resto del Mondo, è partita lo corsa al ribasso delle commissioni. come in ogni altro settore, quando scatta la corsa al ribasso la prima che ne soffre è la qualità, e quindi il Cliente Finale. le grandi reti di vendita, che in Italia sono quattro (Fideuram citata nel titolo è la più grande, poi ci sono Mediolanum, Azimut e l'ultima arrivata Banca Generali) hanno da tempo perso la loro stessa ragione di esistere, il modello di business è fallito. "Piazza questi Fondi Comuni oppure le GPM, e noi ti ritorniamo il 50% delle commissioni che il Cliente ci paga": così per vent'anni ha funzionato il mercato.

Proprio da qui è nata la fine del "risparmio gestito": dal fatto che i risultati del Cliente non hanno mai fatto parte degli obbiettivi di chi vende, come i numeri dimostrano, nasce la reazione del pubblico, che scarica dai propri portafogli i "prodotti finanziari" senza valore e si rivolge ad altri strumenti, come gli ETF (ma non solo), le cui commissioni di gestione stanno allo 0,09%, oppure al massimo allo 0,30%. Se lo mettete a confronto con il 4-5% dei Fondi di Fondi (l'ultima speranza alla quale il settore del "risparmio gestito" si era aggrappato per sopravvivere) vedete subito che siamo di fronte ad un processo che nessuno potrà fermare.

Non vi aiuta, né via aiuterà, in questo senso, la stampa nazionale: c'è anche qui un preciso conflitto di interesse, e le Società della catena fabbrica-Rete (SGR da un lato, e Reti di promotori dall'altro) sostengono tutta una serie di quotidiani e settimana per avere in cambio da loro interviste compiacenti e compiaciute, e il silenzio assoluto su temi come quelli che Recce'd invece vi propone in quest serie di Post.

Potrebbe aiutarvi invece la stampa internazionale, meno compromessa: a titoli di esempio, sul maggiore quotidiano del Pianeta è stato pubblicato un articolo dal titolo:

The 21 Questions You’re Going to Need to Ask About Investment Fees

che conteneva una frase utilissima per ognuno di voi, investitori intelligenti e critici:

Every time you do business with people in the financial services industry, ask them this: How much money are you making, and what are the different ways you are making it?

Lo Zeppelin del risparmio gestito (parte 2): perché è finita

Chi oggi tiene i propri soldi in prodotti del risparmio gestito come GPM, GPF e Fondi comuni è un benefattore, agisce come un benefattore che sostiene una ONLUS. Perchè le SGR oggi sono di fatto "senza scopo di lucro" (ma solo per i propri Clienti). Non sanno produrre alcunchè di utile.

Stiamo parlando di realtà, le Case di Fondi, che non hanno prodotto alcun valore per i loro Clienti negli ultimi cinque, dieci, venti anni. il fatto è ampiamento documentato, anche dai mezzi di comunicazione di massa, e la tabella qui sopra non è che una ulteriore, ed ennesima, conferma.

Conferma di scarsa professionalità. Conferma di strategie perdenti. Di un modello di business che non funziona.

Conferma che però diventa utile se guardiamo avanti: perchè i dati (impresentabili) della tabella sopra, e di tante altre, ci devono fare riflettere sul futuro. E' chiaro che gli anni "facili" sono finiti, ed è chiaro che è finita la "stagione delle vacche grasse".

Per ragioni a tutto oggi misteriore, e certamente suscettibili di critiche (per potenziale conflitto di interessi), l'autorità politica ha deciso negli ultimi anni che gonfiando i prezzi degli asset finanziari si facesse il "bene collettivo". Era una stupidaggine clamorosa, ed oggi stiamo per pagarne il prezzo.

Chi è più veloce, rapido, flessibile, e di mente aperta forse eviterà di pagare. Mentre le vecchie strutture, i vecchi operatori, e gli investitori con una mentalità vecchia pagheranno un prezzo molto elevato ai "bagordi" degli anni tra il 2000 ed il 2015.

Lo Zeppelin del risparmio gestito (parte 1): una storia che è finita

La stagione del "risparmio gestito" è durata quanto quella dello Zeppelin che vedete qui sopra nella figura: hanno volato poco, e male, malissimo, per finire con un disastro.

Il disastro dello Zeppelin lo conoscono tutti: è finito con la classe Hindenburg. Quello del risparmio gestito sta rapidamente prendendo forma.

La formula di "risparmio gestito" non significa, in concreto, nulla. E' stata creata da abili commerciali per spingere contenitori chiamati "prodotti finanziari", che poi sono le GPM, le GPF, i Fondi Comuni di investimento, i prodotti assicurativi, e contorno.

Si è voluto raccontare, a tutti i costi, al pubblico dei risparmiatori, che le GPM e i Fondi Comuni erano una scelta obbligata: un modo più "intelligente" di investire, il solo modo di "proteggere" il risparmio. Ricordate? Girava quel grafico, nel quale si raccontava che il risparmiatore "fai da te" era destinato a perdere i soldi, mentre con il "risparmio gestito" li avrebbe certamente guadagnati. Peccato solo che in quel grafico i numeri erano inventati di sana pianta.

I fatti hanno dimostrato che non è così: i nostri lettori ormai lo sanno bene, e i dati sono disponibili su tutti i quotidiani. Non c'è alcuna necessità né alcun vantaggio, ad investire utilizzando contenitori come GPM e Fondi Comuni. I danni, il Cliente ... può farseli tranquillamente da solo. Oppure, affidarsi non ai prodotti, bensì a professionisti competenti, e buttare via tutti i "contenitori" che costano e servono a nulla.

Il pubblico dei risparmiatori, in tutto il Mondo, lo ha capito: i flussi in uscita dai "prodotti finanziari" sono la caratteristica più visibile del mercato finanziario, in questi ultimi 12 mesi.

 

I dati del grafico qui sopra contano, pesano e peseranno sul vostro futuro di investitori molto più di Trump, di Brexit, di Renzi. Cambiano flussi di ricavo, cambiano flussi di costo, cambiano decisioni sugli investimenti da fare, scelte di servizio, definizione dei prodotti, modificano la forza relativa tra Società grandi e piccole, cambiano il potere di decisione tra Aziende di ieri ed aziende di domani, cambiano il Mondo. 

Ogni risparmiatore deve confrontarsi, rapidamente, con un mondo che viene stravolto: e decidere oggi se vuole rimanere dalla parte dei perdenti oppure passare con i vincenti. E questo vale anche per chi opera come professionista nel settore.

Il disastro dell'Hindeburg? Quello oggi non c'è ancora, almeno non è ancora visibile: ma volete proprio stare lì ad aspettare fino al momento in cui vedete con i vostri occhi che il dirigibile prende fuoco? Il settore del "risparmio gestito" viaggia verso il collasso, ed al primo momento di instabilità sui mercati finanziari il collasso destabilizzerà istituzioni grandi ed istituzioni piccole.

Non ne siete convinti? Qualcuno vi dice che "non ci sono problemi"? Altri dicono che "stiamo esagerando"? Benissimo.

Prendete le performances del settore del risparmio gestito negli ultimi tre-cinque anni. Poi rivolgetevi al vostro abituale interlocutore e chiedetegli questo

"Perché le Società del risparmio gestito oggi sono in difficoltà? Con tutti i mercati obbligazionari ai massimi di ogni tempo? E moltissimi mercati azionari ai massimi? Non è una grande festa? Perché allora non siete in buona salute, come dicono i prezzi di Borsa? Perché le SGR sono valutate zero o peggio?". E ascoltate la risposta.

Financial Times pubblica il lavoro di Recce'd: 17 febbraio 17

Oggi 17 febbraio sul Financial Times è stato pubblicato un lavoro prodotto da Recce'd, in una sezione riservata agli Abbonati.

Si tratta di un nostro lavoro di ricerca. Il documento è scritto in lingua inglese, e fa parte di una serie di 11 papers che descrive i criteri sui quali in Recce'd abbiamo sviluppato la strategia proprietaria di investimento Risk-Neutral. I nostri Clienti hanno conosciuto la strategia RNI attraverso la sua traduzione in pratica (e quindi attraverso le nostre pubblicazioni periodiche e attraverso i nostri risultati degli ultimi anni).

Stiamo valutando una traduzione in italiano dell'intera serie di 11 papers, per una pubblicazione in volume, entro la fine del primo semestre 2016.

Stiamo poi valutando l'organizzazione di una Conferenza via Web a commento di questo lavoro, con ospiti esterni.

I nostri Clienti su richiesta potranno riceverne una copia in formato PDF del documento pubblicato dal Financial Times oggi 17 febbraio, per il momento nella versione in lingua inglese. Siamo ovviamente a disposizione dei nostri Clienti anche per approfondimenti one-to-one.

Mercati oggiValter Buffo
Svelato un mistero: avevano ragione i "falchi della Germania" (parte 2)

Leggiamo con grande soddisfazione, sul principale quotidiano del Paese, parole che (finalmente!) somigliano alle nostre: è tempo di farla davvero finita, e per sempre, coi "falchi della Germania" che vogliono, per crudeltà tipica del bullismo, punire il Popolo italiano.

Non solo si tratta di un argomento infondato, semplicistico per non dire puerile, è una fesseria: "i bambini che ci vogliono male" non esistono, ma se ci mettiamo in condizioni di debolezza è normale che verremo attaccati. Noi italiani come chiunque altro.

Ed è sbagliato parlare di "attacchi speculativi": un tema che ci è stato suggerito da un attento Cliente proprio questa settimana. Chiariamo bene: chi ha aperto posizioni SHORT sulle banche italiane, negli ultimi 10 anni, non era un "perverso speculatore", era semplicemente qualcuno che vedeva meglio, e più lontano, del nostro Governo, della Banca d'Italia, dei quotidiani italiani in blocco, delle Reti di promotori e dei private bankers. Erano investiori più capaci, punto: speculatori lo siamo tutti, anche chi si è sempre limitato ai BOT ha fatto una speculazione.

Torniamo però all'articolo letto sul Corriere oggi: Bini Smaghi scrive (finalmente, lo ripetiamo: la linea del Corriere è sempre stata un'altra):

Da quest’analisi emerge una conclusione semplice. Contrariamente a quanto sostiene chi propone di uscire dall’Europa, o dall’euro, o chi denuncia i danni dell’«austerità imposta da Bruxelles», non c’è nessuna evidenza che i problemi dell’Italia nascano dall’Europa. I problemi dell’Italia nascono in Italia, in particolare: dal rinvio, anno dopo anno, del risanamento dei conti pubblici per ridurre in modo sostenibile il peso del debito, che crea nei cittadini e nei risparmiatori un senso di incertezza e scoraggia consumi e investimenti; dalle difficoltà, o dalla mancanza di coraggio, per realizzare riforme strutturali incisive, che consentano di invertire la dinamica negativa della produttività (-0,6% negli ultimi tre anni, contro +2% nell’area euro); dall’incapacità di realizzare investimenti pubblici, e togliere gli impedimenti a quelli privati, per attivare un effetto moltiplicatore sul sistema economico, ecc. Fin quando il pensiero prevalente, soprattutto della classe politica italiana, continua ad attribuire la colpa di tutti i mali del Paese all’Europa, siamo destinati a rimanere il fanalino di coda. Più isolati, e più poveri.

Tutto vero, tutto giusto e tutto bello: lo aveva scritto anche Recce'd ma sei mesi fa. Ci sembra meno giusto, e meno bello, che Bini Smaghi nella sua analisi non si chieda il perché.

Poche righe sopra, Bini Smaghi aveva infatti scritto in questo articolo che:

L’Italia è tra i Paesi che hanno tratto maggior beneficio della riduzione dei tassi d’interesse, prodotta dalla politica monetaria messa in atto dalla Banca centrale europea, in particolare con il quantitative easing. Nell’ultimo triennio il peso degli interessi sul debito pubblico si è ridotto di circa 1 punto percentuale di Pil, contro un calo dello 0,6% per la media dell’area euro. L’Italia è inoltre il Paese che ha messo in atto la politica fiscale più espansiva. Il surplus primario di bilancio pubblico — cioè al netto degli interessi sul debito — è sceso dal 2,1% nel 2013 all’1,7% lo scorso anno, ed è previsto diminuire ulteriormente nel 2017. L’espansione fiscale è ancor più evidente se si corregge questo dato per gli effetti ciclici.

Avremmo (molto) apprezzato da Bini Smaghi un piccolo sforzo in più: uno sforzo di intelletto. Possibile, ci chiediamo, possibile che a Bini Smaghi, uno che alla BCE c'è stato, e su una poltrona grande, non sia venuto in mente di collegare la seconda frase che abbiamo citato qui sopra alla prima che è riportata più in alto?

Non gli viene in mente proprio nulla? Neppure adesso che le rilegge?

Mercati oggiValter Buffo