Lo Zeppelin del risparmio gestito (parte 6): le banche di investimento globali

Tra le vittime dello sconvolgimento in atto nel settore del risparmio gestito ci sono anche le grandi banche globali di investimento, che oggi si sognano quella "dominanza globale" che ci era stata annunciata solo 10 anni fa. C'è stato un momento nel quale, per fare Finanza e gestire il risparmio, sembrava fosse necessaria una "licenza burocratica", invece che competenza: una licenza d tipo quelle dei taxi, che paghi, e nessuno ti chiede più nulla. Licenze di una natura che oggi è contestata in sedi pubbliche, in tutto il Mondo, e in tutti i settori. Oggi pure in Finanza è così: le cose sono state rimesse in discussione dai fatti.

E' vero che nella nuova Amministrazione Trump ci sono due uomini di Goldman Sachs in posizioni di vertice, ma è altrettanto vero che, a differenza delle amministrazioni precedenti questa oggi sembra essere una mossa difensiva. Non per aprire nuovi spazi, bensì per difendere quelli vecchi (Legge Dodd Frank, ma soprattutto Fiduciary Rule: frenare, frenare, frenare): né più e né meno di ciò che fanno a Milano e a Roma i tassisti.

Le mosse difensive delle banche di investimento si spiegano con il fatto che queste banche globali sono ben consapevoli del tornado che sta per investirle: un tornado che parte proprio dal settore del "risparmio gestito", e che noi abbiamo descritto nei Post precedenti di questa serie ed in altri Post del Blog.

Ne scriveva ad esempio lo scorso ottobre la banca di investimenti Goldman Sachs, come riportato qui sotto da Milano Finanza in un articolo di cui pubblichiamo alcuni estratti. Gli estratti mettono in luce, in modo efficace, le difficoltà attuali ed il destino molto incerto del settore del "risparmio gestito".

 

È una dieta inorganica quella che attende nel brevissimo l’industria europea dell’asset management. Una dieta fatta di minori asset, minori margini e maggiori difficoltà a offrire prodotti che soddisfino la clientela in un perdurante contesto di tassi bassi. Switching to an inorganic diet è il titolo del corposo report di Goldman Sachs che prende in esame tredici asset manager europei quotati, tra cui gli italiani Anima Holding , Azimut , Banca Generali e Banca Mediolanum .

Un mondo con bassi rendimenti, anzitutto, crea quattro sfide per le società di asset management. La prima, forse la più preoccupante, è che la crescita dell’industria sarà di almeno 400 punti-base (4%) inferiore rispetto agli anni recenti; poi sarà sempre più difficile costruire prodotti attraenti del risparmio gestito attraenti; inoltre si verificherà una crescente pressione da parte di Etf e fondi a gestione passiva; e infine un’ulteriore pressione si scatenerà sulle commissioni, che mostrano già una tendenza a decrescere del 2% su base annua.

(...)

Molti asset finanziari sono oggi assai cari in rapporto alle medie storiche: è dunque difficile che vi sia una loro rivalutazione nei prossimi anni. Tra il 2009 e il 2014, la crescita aggregata annua degli asset under management delle società di gestione è stata pari al 7,2%; tra il 2014 e il primo trimestre del 2016 è nettamente scesa al 2,6%. Nei prossimi anni, visto che gli asset sono già molto cari e una loro rivalutazione è difficile, la crescita delle masse sarà probabilmente guidata in buona parte da nuovi flussi di raccolta (...).

C’è poi il problema di fronteggiare le performance poco brillanti e reggere la concorrenza della gestione passiva. Infatti si stima che negli ultimi 5 anni solo il 36% dei fondi ha sovraperformato i rispettivi benchmark di riferimento. Riuscire a proporre prodotti capaci di generare Alpha, cioè un extra-rendimento rispetto al mercato, sarà un valore aggiunto per le case di asset management, ma sarà anche una sfida molto difficile. E come se non bastasse si fa sempre più forte la pressione dei prodotti a gestione passiva come gli Etf, la cui crescita annua aggregata viaggia a un ritmo del 22% circa, 10 volte di più della media di tutta l’industria del risparmio gestito. (...).

A queste difficoltà si aggiunge la crescente pressione sui prezzi. Goldman Sachs stima che le commissioni incassate dalle società di asset management stanno rapidamente scendendo a un tasso annuo dell’1,8% a causa della concorrenza dei prodotti low cost. Inoltre, il margine di profitto che le case di gestione riescono a ricavare dalle commissioni di gestione (cioè il guadagno al netto dei costi) è diminuito dallo 0,7% del 2009 allo 0,6% del 2016. In uno scenario di tassi bassi, anche le commissioni di performance sono sotto pressione.