Longform'd (seconda parte). Giugno 2022: la crisi di fiducia è arrivata

 

La settimana, nel Blog, Recce’d ha dedicato un Longform’d al tema della “crisi di fiducia”. Alcune delle cose che avremmo voluto portare all’attenzione del lettore, in quel nostro Longform’d, erano rimaste fuori per ragioni di spazio.

Le riprendiamo questa settimana, allo scopo di completare la nostra analisi di quello che sicuramente è il tema di mercato dominante, in questi ultimi mesi e forse anche da qui a fine 2022.

Premessa: il temi di investimento per la seconda parte del 2022, quelli che fanno da fondamenta alle scelte per i portafogli modello, i temi che porteranno rendimenti a chi investe, a nostro giudizio sono altri, e sono a nostro giudizio cinque. Ne abbiamo accennato anche nel Blog, la prima volta, lo scorso 10 giugno e ve ne accenna anche l’immagine qui vicino.

Ma qui, in questo Blog, noi ci dedichiamo soprattutto al commento dell’attualità, per aiutare i lettori a comprendere ciò che accade intorno a loro e nei loro portafogli titoli. Ai cinque temi fondamentali appena citati dedichiamo altri interventi in sedi diverse.

Torniamo quindi all’attualità: per il grande pubblico degli investitori, oggi, non ci sono dubbi: il tema dominante è “che cosa fare adesso che le Banche Centrali non guidano più i mercati”? Quali scelte di investimento vanno fatte, come conseguenza del cambiamento di una situazione che dominava da quindici anni?

La massa degli investitori è disorientata. I quotidiani e i commentatori nella gran maggioranza non sanno più che storia raccontare. E soprattutto, sono andate totalmente nel panico sia le banche internazionali di investimento (due immagini qui sotto) sia tutte le Reti italiani di promotori finanziari che spingono le famigerate polizze assicurative UCITS sia i Fondi Comuni di Investimento. Tutti i loro Clienti vorrebbero scappare via, ma non sanno come fare.

Noi di Recce’d possiamo aiutarvi, se ci contatterete, con utili indicazioni, analisi e suggerimenti pratici. Noi oggi siamo pro-attivi, concreti e dominiamo la situazione, mentre tutti gli altri, come si legge anche nell’immagine che segue, quasi ogni giorno devono fare una telefonata oppure scrivere una lettera ai loro Clienti per scusarsi delle tante indicazioni sbagliate.

Dice l’immagine: “Forse se Goldman avesse anticipato sei mesi fa ai Clienti quello che sta succedendo oggi, non sarebbe costretta a scrivere ogni 5 minuti un report pieno di mea culpa”.

Ecco, invece noi di Recce’d lo abbiamo anticipato. E non sei mesi fa: due anni fa.

Torniamo però al tema dominante citato più sopra: le Banche Centrali non guidano più i mercati. I mercati finanziari non fanno più quello che dicono le Banche Centrali.

Chi lo dice? Ce lo dicono i fatti, ed in particolare quattro fatti che elenchiamo di seguito:

  1. i mercati finanziari hanno sfiduciato le Banche Centrali qualche mese fa, di fatto obbligando Powell e Lagarde a ritirare (sono parole di Powell) il termine “transitorio”

  2. i mercati finanziari hanno imposto successivamente alla Federal Reserve di passare da rialzi dello 0,50% ad un rialzo dello 0,75%, contraddicendo ciò che la stessa Federal Reserve aveva detto solo un mese prima

  3. i mercati finanziari hanno imposto alla BCE, la settimana scorsa, la prima “riunione di emergenza” sui rendimenti delle obbligazioni, dopo 11 anni

  4. ed anche in questa ultima settimana il ribasso dei rendimenti (rialzo dei prezzi) delle obbligazioni è andato nella direzione opposta a quella che la Fed e la BCE desiderano: non è adesso (questo è certo) che le Banche Centrali vogliono vedere un calo dei rendimenti (che peggiora, e non migliora, i loro problemi di gestione dell’inflazione)

Aggiungete a tutto questo che in Giappone la Banca Centrale ha imposto un “tetto” ai rendimenti del debito pubblico che, fino alla settimana scorsa, il mercato ha superato ogni giorno. Il Giappone è sull’orlo di un cornicione di un grattacielo, da questo punto di vista.

Ma ritorniamo ora a Fed e BCE. la grande maggioranza degli investitori, fino ad oggi, continua a ragionare di mercati finanziari come ha ragionato negli ultimi quindici anni, e rimane convinta che:

  1. se comparissero problemi gravi, le Banche Centrali sono pronte ad intervenire; e anche che

  2. i problemi dell’economia reale sono problemi ciclici, il ciclo economico ha alti e bassi, dopo un basso poi arriva una nuova salita; e soprattutto che

  3. alla fine, i mercati finanziari “recuperano sempre”.

Da molti molti mesi, noi di Recce’d ci impegniamo a mostrare ai lettori gli importanti segnali che ci fanno concludere che:

  1. non è sicuro che le Banche Centrali siano oggi in condizione di intervenire; e non è detto, oggi, che un loro intervento potrebbe migliorare la situazione

  2. non è detto che la crisi nella quale ci troviamo sia di natura “ciclica”: riflettere sul fatto che questa potrebbe NON essesere una “recessione” come tutte le precedenti “recessioni”, ma potrebbe avere uno sviluppo (nel tempo e nei modi) completamente diverso

  3. e non è detto che “i mercati nel lungo termine recuperano sempre (gli esempi? li abete davanti ai vostri occhi: e noi ve li abbiamo già mostrati

Un investitore capace, oggi, deve assolutamente prendere in considerazione questi nostri tre punti, e valutarli: se poi non si trovasse d’accordo con la nostra visione delle cose, l’investitore potrebbe procedere con il suo attuale portafogli di Fondi Comuni ed UCITS, ma nel caso contrario farà bene a dialogare con noi di Recce’d.

Solo qualche mese fa, la nostra posizione e la nostra strategia erano definite (in modo semplicistico) come “contrarian”. la situazione è del tutto cambiata oggi, e persino sui siti più agguerriti di trading on line si leggono critiche violente alle Banche Centrali e si suggeriscono “strategie di investimento alternative”.

Noi non eravamo “contrarian” allora, ed oggi non sentiamo quindi la minima necessità di una “strategia alternativa” a quelle già applicate ai nostri portafogli modello. Che funzionano, in alcuni momento in modo eccellente (ovvero meglio di tutti quanti), e che producono risultati ottimali dato un rigido controllo del rischio di portafoglio.

Sentiamo tuttavia la necessità di insistere sul tema del Longform’s della settimana scorsa proprio perché può essere utilissimo per i nostri lettori riflettere sul fatto che sui maggiori media del Mondo oggi si leggono analisi dei mercati finanziari che somigliano moltissimo a quelle lette in questo Blog fin da due anni fa (estate 2020) come già in precedenza abbiamo ricordato.

Un esempio eccellente, per forma contenuto e qualità, è l’articolo di John Authers, uno dei più affermati e prestigiosi commentatori di mercato al Mondo, pubblicato venerdì 24 giugno sul sito di Bloomberg.

Un articolo che oggi vi proponiamo di rileggere insieme, paragrafo per paragrafo, accompagnando ogni paragrafo con un nostro commento.

Partendo dal primo paragrafo, dove Authers scrive: “I regimi monetari non crollano spesso. Mezzo secolo fa, nell’agosto 1971, Richard Nixon dichiarò la fine del gold standard”.


By John Authers

23 giugno 2022, 06:01 CEST

Monetary regimes don’t fall often. Half a century ago, in 1971, Richard Nixon ended the Age of Gold by formally eliminating the dollar’s peg to the precious metal. Since then, the dollar and other currencies have rested on fiat—they’re worth something because governments say they are. You could call this the Age of Credibility. In place of gold, currency’s anchor is the trust in the central banks that issue them. Now credibility appears to be at an end. With central banks desperately ripping up their playbooks to try to rein in inflation that’s veered far beyond target, they’re admitting they’ve been wrong, and giving up on trying to steer the markets on their plans for the future.

Nel paragrafo qui sopra, Authers definisce “L’epoca della Credibilità” quella che è seguita all’uscita dal gold standard. Un’epoca nella quale il valore delle monete nazionali è stato supportato unicamente dalla credibilità delle Banche Centrali, e da null’altro.

Authers scrive: “Ora quella credibilità sembra arrivata alla fine”

E poi prosegue, nel paragrafo successivo, con un paragone con gli Anni Settanta: un altro tema di cui, nel nostro Blog, leggete da due anni buoni.

That’s alarming, because the precedent of the 1970s is not encouraging. Oil briefly took over from gold as the anchor for currencies, and the world suffered through a period of protracted stagflation. The new Age of Credibility arrived courtesy of Paul Volcker, who as chairman of the Federal Reserve raised rates repeatedly at the turn of the ’80s and managed to squeeze inflation out of the system. For the four decades since, central bankers’ credibility has been the anchor. Provided everyone trusts central bankers to do what it takes to protect the buying power of the money, fiat currencies can work.

Nel paragrafo precedente, Authers spiega come la credibilità di fatto nacque con Paul Volcker (e noi aggiungiamo qui anche la Bundesbank e forse la Signora Thatcher), che non si tirò indietro e provocò una grave recessione alzando il costo del denaro, riuscendo così a stroncare l’inflazione.

Da allora, come dice benissimo qui sotto Authers, le Banche Centrali non hanno più avuto bisogno di agire, di fare qualcosa: da allora è stato sufficiente parlare.

A credible central bank doesn’t even need to act—mere words are usually enough to keep markets in line. In late 1996, Fed Chair Alan Greenspan provoked a stock market correction by musing about the possibility of “irrational exuberance” in a speech; European Central Bank President Mario Draghi halted the euro zone’s sovereign debt crisis in 2012 by promising to do “whatever it takes” to save the currency, and he never needed to do anything more. Draghi’s predecessor, Jean-Claude Trichet, even worked out his own code: If he said he was “extremely vigilant,” everyone knew that was a promise that rates would rise at the next policy meeting.

One notable feature of the Age of Credibility is that inflation stayed quiescent. From 1994 to 2021, central banks’ preferred gauge of consumer prices (excluding food and fuel) never once rose above the 3% top of the target range set in the US and the euro zone. Japanese inflation was far lower.

Come si dice proprio qui sopra, nell’Epoca della Credibilità, un dato di fatto notevole è stato il tasso di inflazione: che sempre e comunque è rimasto basso.

Dopo la pandemia, sui mercati si è però diffusa una domanda, con molta evidenza proprio nel 2022: la bassa inflazione era una conseguenza della credibilità delle Banche Centrali, oppure ne è stata la causa, ovvero il supporto essenziale per la creazione di quella credibilità?

But now it’s time to ask whether low inflation was the result of central banks’ credibility or rather the cause of it. It may just have been a felicitous confluence of factors. Demographics were favorable, with working-age populations growing and saving for the future; globalization—notably China’s insertion into the global market—held down labor costs; commodity prices stayed under control in comparison with the 1970s, with only a brief interruption when a bull market in oil turned into a price spike in the pre-crisis summer of 2008. In such an environment, inflation wasn’t difficult to tame.

Also, crucially, it was almost costless to bail out the markets with lower rates in a crisis. When Draghi promised to do whatever it took, he meant that he was prepared to cut rates, or buy government bonds, or take other actions that would normally stoke inflation. With Europe battling a deflationary slump, he could do this. That no longer holds true.

Ma oggi la situazione è profondamente diversa, come spiega qui sopra Authers: in passato la politica dei “tassi di interesse a zero” aveva anche un “costo zero”, nel senso che non esistevano implicazioni negative. Oggi, non è più così: oggi tutti hanno capito che la politica dei “tassi a zero” ha costi altissimi, ed anche per la vita quotidiana di consumatori ed aziende.

Also absent for decades: aggressive fiscal policy. Expansive Keynesian investment programs went out of favor in the early 1980s, and in the Western world there were increasingly vocal calls for balanced budgets. With elected governments generally trying to avoid what were pejoratively known as “tax-and-spend” policies, all the more weight was placed on central banks and their credibility. That approach has been fraying for years. With the bursting of the dot-com bubble in 2000, the central banking commitment effectively became one of not allowing stock prices to fall too much; and the 2008 financial crisis ushered in a decade when central bank credibility hinged on keeping bond yields low and trying to raise inflation, not lower it.

Il cambiamento di situazione è probabilmente dovuto, come spiega Authers qui sopra, alla parallela esplosione della spesa pubblica e del debito durante la pandemia: ma ciò che per noi investitori rileva, è che oggi a causa di questa situazione le Banche Centrali non sono più in grado di guidare i mercati finanziari.

Gli esempi offerti da Authers qui di seguito sono i medesimi che avete già letto più in alto nella nostra introduzione.

The pandemic-induced surge in prices has laid waste to central bankers’ credibility. The Fed and its peers around the world badly misjudged the path inflation would take, initially dismissing it as “transitory.” After a series of bad calls, they can no longer confidently guide the markets on their next steps. So they’ve given up.

June saw Fed Chair Jerome Powell reverse confident guidance that a 0.75 percentage-point rate increase was “not on the table” and hike them by 0.75 percentage point. Also in June, ECB president Christine Lagarde had to convene an emergency meeting of policymakers less than a week after their regular conclave in response to a speculative attack on Italian government bonds. That selloff had been triggered by the ECB’s failure earlier to address the question of how it would keep different countries’ debt in line once it begins hiking rates in July. Unlike Draghi a decade earlier, she needed to prove she had a plan to stop the region’s debt markets from fragmenting.

Elsewhere, the Bank of England appeared to promise a rate hike in November last year, shocked everyone by not delivering, and then caused just as much surprise by hiking in December. The Swiss National Bank stunned the world on June 16 not only by hiking, for the first time in more than a decade, but also by doing so by half a percentage point.

Avviandosi alla conclusione del suo commento Authers scrive che oggi le parole delle Banche Centrali mancano di credibilità, individua una possibile spiegazione di questa perdita di credibilità (“hanno dovuto occuparsi di troppe cose”) ed implicitamente quindi indica quella che secondo lui, ed anche secondo noi, è la sola via di uscita.

Ovvero: che le Banche Centrali tornino indietro, tornino in un ambito più ristretto, tornino ad occuparsi di ciò che è nel loro mandato.

Lasciando, quindi ai mercati finanziari di determinare, in modo libero, il prezzo di azioni, obbligazioni, valute e materie prime.

E qui Authers ci ricorda che ancora oggi la BCE sta facendo QE, con l’inflazione in Europa allo 8%. Una politica suicida, alla quale seguiranno inevitabilmente altri guai.

What comes next? The implicit plan of the bankers is that after some now unavoidable ’70s-like chaos, central banks will regain their credibility and order will be restored. But that’s going to be difficult to achieve. Trust in all institutions is painfully low as it is. The word of Powell or Lagarde is no longer as good as Volcker’s, and it’s certainly not as good as gold.

Central banks have lost credibility in large part because they’ve had to do too much. With elected governments unwilling or unable to take the measures that might spur growth, or to deal with crises, unelected technocrats had to fill the vacuum. They didn’t do this willingly. The ECB dragged its feet for more than two years during the sovereign debt crisis in an attempt to force politicians to fix the euro’s structural flaws. Ben Bernanke, as Fed chairman, insisted that the Troubled Asset Relief Program bank bailout money should be voted on by Congress and not spirited into being by the central bank. But in both cases, politicians left it to bankers to sort out the mess.

Arguably, the key reason inflation returned last year was that in 2020 governments had at last resorted to stimulative spending to tide businesses and households through the worst of the pandemic—and central banks didn’t grasp that this meant they could desist from buying bonds, a policy known as quantitative easing. The Fed didn’t make its final QE purchase until March of this year, while the ECB is due to make its own final purchases this month.

Le conclusioni di Authers portano alla politica in senso stretto: e qui Recce’d vi ricorda che il nostro suggerimento forte, in questo giugno 2022, è quello di fare grande attenzione a ciò che accade FUORI dai mercati finanziari, per decidere le vostre prossime mosse sui mercati finanziari, con i Fondi Comuni e con le UCITS (disastrose, tra l’altro).

With the cost of living back as a major issue, it’s become a matter for politicians to wrestle with, and not technocrats at the Fed—much as was perceived to be the case throughout the 1970s. For some it may even be a matter of survival: In the US, Republicans are wielding the word “Bidenflation” as a cudgel heading into November’s midterm elections.

Joe Biden’s administration and many other governments are looking for ways to combat inflation other than with monetary policy. And across the world populist pressure is on governments from the left and the right to take a more active role in the economy by, for instance, capping or subsidizing energy costs for households to minimize their pain in the short term.

Thus it appears that the most likely anchor to replace central bank credibility is confidence in governments. Not a comforting thought.

La conclusione di Authers è che la fiducia del pubblico che hanno perso le Banche Centrali la dovranno recuperare, con le loro decisioni, i Governi. Governi che dovrebbero diventare il nuovo ancoraggio per i mercati finanziari, dice Authers. Dunque, un processo che si estende nel lungo, e anche lunghissimo, periodo.

I vecchi ancoraggi, per i mercati e per il vostro portafoglio di Fondi, titoli ed UCITS, in ogni caso non ci sono più.

Se non volete finire alla deriva, come la massa degli investitori, datevi da fare con quella pagaia, che il mare è agitato e sta arrivando all’orizzonte la tempesta.

Recce’d queste medesime cose che avete appena letto le scriveva, anche e non solo qui nel Blog, già nell’agosto di due anni fa, e poi in modo regolare ed esplicito nel 2021, quando a voi il wealth manager, il private banker ed il promotore finanziario che si ripresenta con mille altri nomi vi diceva esattamente l’opposto di questo.

E’ questo un ottimo momento per realizzare che non è l’etichetta che fa il vino buono, ed anche che dovreste spendere decisamente meglio il vostro tempo ed investire decisamente meglio il vostro denaro. Come dice anche il titolo di The Telegraph che chiude il Post.

Valter Buffo