Sorpresa nell'uovo di Pasqua (parte 4)
 

Oggi giorno della Pasqua 2021 Recce’d pubblica cinque nuovi Post. Come sapete siamo preparando un nuovo Longform’d dedicato al tema dei tassi di interesse, dei rendimenti delle obbligazioni, e della Federal Reserve: vsarà questo il tema centrale del secondo semestre 2021 Non sentiamo l’urgenza di scriverne oggi per ila ragione che ne scrivemmo già quattrodici giorni fa, e che ne abbiamo scritto anticipando i fatti di queste settimane fino dallo scorso mese di agosto 2020.. Per questo siamo tranquilli: i nostri lettori hanno già oggi le idee chiarissime su ciò che sta per accedere. Ai nostri lettori, insieme con i nostri Clienti, rivolgiamo un Augurio per le Festività della Pasqua e per tutto il resto del 2021.

 

Nell’uovo di Pasqua quest’anno la sorpresa è la magia dei numeri rotondi

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Pensate che fortunatissima combinazione: proprio esattamente prima del weekend di Pasqua, uno dei più lunghi dell’intero calendario, per i paesi Occidentali, la Borsa degli Stati Uniti ha superato una barriera psicologica importante, un numero “tondo” come i 4000 punti dell’indice S&P 500.

Ma non basta. nella medesima seduta, anche l’altro indice di New York, l’indice Dow Jones Industrial , si è riportato sopra i 33000 punti. Appena poco poco sopra.

Ma non basta

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Ma non basta il 4000. Anche in Europa, e proprio prima di una chiusura delle Borse per quattro giorni consecutivi, come mai in alcun altro periodo dell’anno, gli indici di Germania e Francia sono saliti, rispettivamente, sopra i 15000 punti e sopra i 6000 punti.

La magia dei numeri tondi. Numeri magici, che ispirano.

Ispirano i giornalisti, per i loro titoli sui giornali. Ispirano i venditori di Fondi Comuni, che hanno qualche cosa da raccontare al Cliente, finalmente. Ispirano i servizi dei TG Economia.

Peccato che i numeri tondi non significano assolutamente nulla.

Sono significativi quanto le “visite a sorpresa” di certi programmi che si vedono in televisione, programmi come l’Isola dei Famosi oppure la Casa del Grande Fratello.

Sono significativi quanto le sorprese che in TV ci propongono in programmi come Carramba che Sorpresa!, oppure quelli di Barbara d’Urso.

Tutte mosse abilmente confezionate ed impacchettate da uno staff di smaliziati sceneggiatori per un pubblico che evidentemente si emoziona con poco.

Anche sui mercati finanziari, quando si è in attesa che succeda qualche cosa di autentico, ragazzini annoiati nelle sale di trading si divertono a fare salire gli indici fino a quel punto, nel quale gli indici “fanno parlare”. Ragazzini senza esperienza e senza responsabilità, che agiscono sfruttando un clima, artificiale e artefatto, creato da chi dovrebbe invece esercitare l’Autorità in materia di politica economica e di regolamentazione dei mercati finanziari.

Si creano per questo situazioni come quelle che leggete nelle due immagni che avete visto sopra: neppure il più ingenuo e disinformato degli osservatori potrebbe credere che si tratti di una “fortunata combinazione”.

Si tratta al contrario di un accordo, accordo che non ha bisogno di parole. A tutti gli intermediari di mercato fa comodo così: ed il pubblico degli investitori, anche in questa occasione come in centinaia di occasioni precedenti, viene considerato come una massa di ingenui sempliciotti che si fanno affascinare dai numeri tondi.

Purtroppo, la cosa fino ad oggi ha funzionato.

E domani? Potrebbe cambiare?

Recce’d ha la certezza che cambierà, rapidamente e violentemente. Anche se la cosa viene ogni giorno negata dalle Reti di vendita di prodotti finanziari

A differenza di Recce’d infatti molti “cosiddetti consulenti” fanno la scelta di “cavalcare l’onda” e di trattare i loro Clienti, o anche solo i lettori delle loro pubblicazioni, come ingenui, stupidi, superficiali.

Un esempio lo potete leggere qui sotto, in una pubblicazione distribuita via e-mail dalla Società USA di consulenza all’investitore retail che si chiama Zacks. Si tratta di una scelta del tutto casuale e priva di intenzione: come questo, avremmo potuto portarvi altri cento o mille esempi, molti dei quali italiani.

E’ estremamente divertente, ed utile leggere nelle immagini che chiudono il nostro Post il tentativo (disperato) di spiegare che la Borsa salirà ancora e ancora e ancora, grazie al fatto che “l’economia cresce a ritmi elevati”, facendo finta di dimenticare che la crescita economica di questi mesi è spiegata per intero dal più grande piano di spesa pubblica della Storia e dalla più grande immissione dei liquidità sui mercati finanziari della Storia.

Come scritto sopra, si tratta di un tentativo disperato: ragionare di titoli dell’Energia, e di titoli della Tecnologia, come se intorno tutto fosse normale, come se ancora la Borsa si trovasse nel medesimo contesto di dieci, venti, trenta anni fa.

E poi, suggerire al lettore/Cliente di “stick to fundamentals”, affidarsi ai fondamentali. Qui, la presa in giro dell’investitore retail è esplicita. Dice Zacks: “Non tentate neppure di proteggervi da un evento negativo per i mercati 8come fu il COVID-19): state semplicemente fermi come siete”. Arriverà sempre qualcuno dal cielo con 4000 miliardi da gettare sui mercati e altri 3000 miliardi da versare sui conti dei cittadini. Ridicolo? Tragico?

Come strategia di investimento, questa è sia ridicola sia tragica. Una Società che si fa chiamare “consulente” ed agisce in questo modo si prende deliberatamente gioco dei suoi lettori e/o Clienti.

Ma naturalmente, questa presa in giro sta benissimo sia alla Federal Reserve ed alla BCE, sia alla Amministrazione Biden ed alla Commissione UE, sia alle grandi reti di promotori finanziari.

Come sempre, poi, come ogni altra volta, il gioco verrà svelato in un tempo brevissimo ed in modo improvviso: e si scoprirà l’inganno ai danni degli investitori.

Per molti dei quali, però quel momento arriverà … troppo tardi.

Proprio come fu, se guardiamo all’Italia, per Parmalat, e poi per il Monte dei Paschi di Siena, e poi, e poi, e poi …

E poi tutti giù a piangere. Come fanno i bambini se nell’uovo di Pasqua non trovano la sorpresa.

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Valter Buffo
Un portafoglio "evoluto" per una consulenza "evoluta"
 

Oggi Recce’d pubblica quattro nuovi Post. Siamo preparando un nuovo Longform’d dedicato al tema dei tassi di interesse, dei rendimenti delle obbligazioni, e della Federal Reserve: verrà pubblicato … quando sarà stato completato. Non sentiamo l’urgenza di scriverne oggi (anche se si tratta del tema intorno al quale ruotano, e ruoteranno tutti i mercati finanziari di tutto il Mondo per tutto l’anno (ed oltre) per ila ragione che ne scrivemmo già quattrodici giorni fa, e che ne abbiamo scritto anticipando i fatti di queste settimane fino dallo scorso mese di agosto 2020.. Per questo siamo tranquilli: i nostri lettori hanno già oggi le idee chiarissime su ciò che sta per accedere. Ai nostri Clienti, durante questo weekend, abbiamo spedito una nuova Lettera, all’interno della quale (insieme con la analisi delle performances ottenute) spieghiamo anche le cause autentiche delle tensioni senza precedenti nel mondo delle obbligazioni nel primo trimestre 2021.

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L’ultimo trick, l’ultimo trucco, del marketing delle Reti italiane di promotori finanziari è la scelta del termine “evoluto”.

L’etichetta di “evoluto” viene sempre più spesso appiccicata alla “consulenza a parcella”, che per queste Reti significa un rapporto commerciale regolato da una parcella calcolata sulla percentuale degli asset investiti, piuttosto che sulle retrocessioni che i Fondi Comuni garantiscono a quel venditore (promotore finanziario o private banker o weaalth manager) che le piazza ai propri Clienti.

E quindi: il Cliente paga un fisso (diciamo il 2%, a volte il 3%) ma poi si vedere restituire dalla Rete dei promotori finanziari le retrocessioni ricevute dai Fondi Comuni.

Nel senso che la Rete le retrocessioni le prende comunque. Poi dopo un po’ le ritorna al Cliente,. Forse, e forse tutte. Il Cliente non ha gli strumenti per verificare.

Nel frattempo (è ovvio, e lo sanno tutti) la Fideuram, FINECO, Mediolanum e Allianz di turno si è già da anni accordata con la Casa dei Fondi Comuni per ricevere solo una parte delle retrocessioni nella forma tradizionale. Da anni esistono poi le cosiddette “soft commission”: la Rete dei promotori riceve soldi in altre forme, nel senso che è la Società dei Fondi Comuni a pagare direttamente una parte dei costi della Rete di promotori oppure private bankers.

Il Cliente non lo sa, e quindi quei soldi non li vede più: ma li hanno presi dai suoi soldi, dalla sua quota del Fondo.

Ma il punto che Recce’d vuole illustrare, a proposito della consulenza “evoluta” è un altro: il punto sta nel fatto che il Cliente riceve esattamente lo stesso servizio, e alla fine paga più o meno al medesima cifra.

Il punto, a giudizio di Recce’d, sta proprio nel servizio. La solita, vecchissima ed inefficace ed inefficiente, asset allocation strategica, con i ribilanciamenti periodici, fatta di Fondi Comuni. Il solito insieme di cose da rigattiere, da mercatino di piazza dell’usato. la solita roba vecchia che non funziona più. Quella che tentano di propinarvi anche attraverso gli spot televisivi.

Quella che i più ambiziosi chiamano wealth advisory. Quella che i più incapaci affidano al robot (quando la può fare benissimo un ragazzino della terza media). Quella che per ingannarvi vi dicono che è affidata “ad un algoritmo”, ma è sempre esattamente la medesima cosa da trenta, quaranta, cinquanta anni.

Abbiamo usato la parola inganno, e con intenzione: vogliamo svelarvi, con l’aiuto di alcuni dati, dove sta l’inganno della “asset allocation strategica con diversificazione geografica e ribilanciamenti periodici”

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Quello che vedete rappresentato nel grafico qui sopra è, almeno per il 95% di voi, il vostro portafoglio e la vostra performance.

Tutti voi avete la medesima cosa, il medesimo portafoglio: la metà, più o meno, di obbligazioni che non rendono nulla, poi le azioni, magari un 10% di “stranezze assortite” delle quali voi stessi non avete capito assolutamente nulla.

Il Cliente che investe con la stragrande maggioranza di tutti i Clienti delle Reti di promozione finanziaria, che possono chiamarsi FINECO, Fideuram, oppure Mediolanum oppure Banca Generali, oppure Azimut (il prodotto venduto è esattamente lo stesso in tutti questi casi) si ritrova ad avere in portafoglio un mix di cosse poco trasparenti, e molto costose.

Dove sta l’inganno? Sta nel fatto che, banalmente e semplicemente, hanno gettato il bussolotto e poi vi hanno lasciati lì, esposti ai venti dei mercati.

Se i mercati salgono, loro guadagnano e voi guadagnate. Se i mercati scendono, loro guadagnano come prima, ma voi perdete.

Lo capite, o non ancora? Loro NON FANNO NULLA. Se voi guadagnate, è perché “i mercati sono saliti”. Punto.

Il grafico che avete visto più in alto ve lo racconta.

Voi ed il vostro portafoglio, oggi, avete accumulato un guadagno in tre anni di alcuni punti percentuali. Diciamo 10 punti percentuali (ad essere generosi). Il problema quale è? Il problema sta qui: che con i dati vi viene detto che questo portafoglio ha una “possibilità di perdita” pari al 30%. E’ scritto nei dati e lo vedete nel grafico.

Abbiamo commentato il medesimo grafico nella nostra Lettera al Cliente di oggi.

Voi non ve ne rendete conto, e nessuno ve lo spiega: ma se vi fermaste un secondo a riflettere vi rendereste conto che avete deciso di investire su una cosa che quando tutto tutto tutto va bene vi fa guadagnare in tre anni e mezzo il 10%, ma che vi espone a una perdita del 30%.

Fermatevi un attimo e riflettete: soltanto un pazzo potrebbe investire in una proposta del genere.

Guardate il grafico che trovate più in basso: 12 mesi fa, eravate SOTTO i vostri valori del 2016: cinque anni fa..

Fermatevi a riflettere: è proprio questo, che volete fare dei vostri risparmi?

Non sarebbe ora di cercare una soluzione diversa?

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Chiudiamo rivolgendoci ancora una volta ai promotori finanziari, ai private bankers, ai welath managers: amici, lo sapete perfettamente che tutti i vostri Clienti oggi sono esposti ad un rischio di ribasso MAGGIORE di quello visto nel 2020. Voi al Cliente non lo dite, per paura di perderlo. ma lo perderete comunque, quando arriverà quell’onda alta che non è questione di SE ma di QUANDO.

Al piccolo soldato, mancava solo più questa: essere mandato all’attacco come paracadutista, ma senza il paracadute. Prima di precipitare nel vuoto, dopo essere stati spinti alle spalle dai dirigenti che vi chiamano “piccolo chimico”, mettetevi in contatto con noi.

Lavorando con Recce’d, non c’è bisogno del paracadute: noi non buttiamo il cliente dal quanto piano.

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Mercati oggiValter Buffo
Effetto Draghi 2021 (parte 3)
 

Oggi Recce’d pubblica quattro nuovi Post. Siamo preparando un nuovo Longform’d dedicato al tema dei tassi di interesse, dei rendimenti delle obbligazioni, e della Federal Reserve: verrà pubblicato … quando sarà stato completato. Non sentiamo l’urgenza di scriverne oggi (anche se si tratta del tema intorno al quale ruotano, e ruoteranno tutti i mercati finanziari di tutto il Mondo per tutto l’anno (ed oltre) per ila ragione che ne scrivemmo già quattrodici giorni fa, e che ne abbiamo scritto anticipando i fatti di queste settimane fino dallo scorso mese di agosto 2020.. Per questo siamo tranquilli: i nostri lettori hanno già oggi le idee chiarissime su ciò che sta per accedere. Ai nostri Clienti, durante questo weekend, abbiamo spedito una nuova Lettera, all’interno della quale (insieme con la analisi delle performances ottenute) spieghiamo anche le cause autentiche delle tensioni senza precedenti nel mondo delle obbligazioni nel primo trimestre 2021.

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Abbiamo subito, ad inizio febbraio, comunicato in modo chiaro ed esplicito, come sempre facciamo, il nostro modo di vedere questa storia.

In merito al tema “Mario Draghi” abbiamo detto a tutti, Clienti e non: “non prendiamo una posizione; non è un fatto importante a sufficienza”.

In particolare, nella nostra Lettera al Cliente di inizio febbraio oggi è stata spedita la Lettera di marzo), noi scrivemmo ai nostri Clienti quello che segue:

Questa lettera si apre con una premessa: nella Lettera, Recce’d non vi scriverà di Mario Draghi, e per più ragioni:

1.      Se ne parla già moltissimo dovunque, anche e soprattutto al bar

2.      Recce’d non ritiene che Mario Draghi sarà un argomento decisivo, per i mercati finanziari, per le performances, e quindi per il nostro portafoglio (sarà meno importante de “il vaccino” del 9 novembre)

3.      Recce’d non giudica Mario Draghi così rilevante neppure per l’economia dell’Italia: il Governo tutta la stampa italiana ha annunsiato (con un unanime entusiasmo che a noi suscita alcune domande) dispone del supporto politico unanime dei primi mesi di Mario Monti, e lascia non risolto il (pericolosissimo) dubbio sul governo “politico” oppure “dei tecnici (ed anche qui, la differenza con Mario Monti è profonda). La nostra previsione perciò è che inciderà meno di quanto dieci anni fa seppe incidere Mario Monti

Allora, un mese e mezzo fa, su questo argomento eravamo soli, isolati, e venivamo accolti in modo scettico: oggi però di “effetto Draghi sui mercati” nessuno parla e nessuno scrive più. Draghi dai media di settore, dalla stampa di settore, e dalle ricerche delle banche di investimento, viene del tutto ignorato.

Figuratevi poi le Reti di promotori finanziari! Quelle sono sempre le più rapide, a cambiare la bandiera, a seconda di dove tira l vento.

Perché allora oggi Recce’d ne parla? L’occasione ci viene offerta da un articolo pubblicato dal quotidiano la Repubblica, pubblicato la settimana scorsa. Lo riportiamo qui di seguito.

Articolo che Recce’d giudica di interesse per due aspetti: prima di tutto per il tono di chi scrive, e poi per i contenuti.

Esaminiamo prima il tono del giornalista: abbiamo isolato due frasi, che vedete anche più sotto evidenziate in grassetto.

Ma quando c'è lo spessore, l'esperienza e il pensiero i concetti escono fuori anche non volendo. E Mario Draghi, per chi ama e segue i fatti economici e il relativo dibattito, ha buttato lì quattro affermazioni che chiudono con saggezza e semplicità …

Come un giocatore della nazionale nel campetto dell'oratorio.

Nel Mondo, non mancano esempi di “esaltazione del leader politico” allo scopo di “rappresentare la persona del leader sovra-umana”: ad esempio, accade in Corea del Nord.

Ci ha colpiti, e molto, ritrovare un atteggiamento del tutto simile in un quotidiano italiano: e più precisamente, in un quotidiano italiano a grandissima tiratura.

Il giornalista si è trattenuto, ma avrebbe voluto completare l’articolo scrivendo “… e Draghi è anche un bell’uomo”.

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Lo abbiamo messo in evidenza fin dai giorni dell’incarico: quasi tutta la stampa italiana ha lavorato per creare intorno a Draghi un clima di “consenso sociale senza opposizione”.

Alcune testate in modo particolare si sono spinte all’esaltazione acritica della persona, esaltazione che prosegue anche oggi, come leggete qui sotto.

Siamo a disagio, e persino in imbarazzo, nel leggere toni e frasi di questo tipo, Ci domandiamo (e suggeriamo questa domanda anche al lettore) quali interessi siano alla base di questo atteggiamento, di cui non ricordiamo alcun precedente nella Storia nazionale..

Ammettiamolo: fa anche un po’ ridere. Leggere di “spessore, esperienza, pensiero … saggezza e semplicità” in una sola frase, e poi vedere Draghi messo sul piedistallo mentre i suoi colleghi politici vengono definiti “giocatori da oratorio” ci ricorda un recente film del comico Sacha Baron Cohen, che rappresenta il Generale Ammiraglio Aladeen, dittatore dello Stato di Wadiya, in visita negli Stati Uniti.

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Detto dell’atteggiamento dell’articolista, passiamo ai contenuti: che naturalmente hanno maggiore importanza.

La lettura dell’articolo (si fa in fretta, è molto breve) a noi suscita una domanda: se è questa la linea del Governo Draghi in materia di politica economica, sotto quale aspetto il Governo Draghi si differenzia dai Governi che lo hanno preceduto?

i punti evidenziati in questo articolo sono quattro: niente MES, niente austerità, più debito e revisione del Patto Europeo di Stabilità.

Ognuno dei precedenti Capi di Governo, da Berlusconi a Renzi, da Conte con Salvini fino al più recente Conte con Zingaretti si ritroverebbe del tutto a suo agio con un piano di questo tipo.

“Spendiamo di più, facendo più debito, e senza sopportarne le conseguenze”: chi non sarebbe d’accordo? Una linea di politica economica come questa mette d’accordo destra e sinistra, LEU con Meloni, Salvini con Letta, e naturalmente i 5 Stelle con sé stessi.

Conte sarebbe ancora in carica. Salvini sarebbe ancora al Governo,. Persino Renzi sarebbe ancora Presidente del Consiglio.

Ci fermiamo qui: la politica non è tra le nostre competenze. Siamo solo stupiti, di fronte al fatto che adesso va benissimo ciò che per tutti i precedenti Presidenti del Consiglio era invece impossibile, vietato, irraggiungibile.

Al lettore, Recce’d si limita a ricordare che proprio seguendo una linea di politica economica come questa l’Argentina è diventata … l’Argentina.

Per questo, noi pensiamo che la linea di politica economica descritta qui sotto non sia la linea di politica economica del Governo Draghi. Sicuramente, il giornalista di Repubblica ha preso un abbaglio, e la sua Direzione approvando l’articolo ha preso un abbaglio, e l’Ufficio Stampa della Presidenza del Consiglio ha sicuramente protestato, e chiesto una rettifica.

Rettifica che noi di Recce’d ci attendiamo di leggere quanto prima. In quanto cittadini italiani, chiediamo che il Paese non venga condotto lungo questa strada che porta, inevitabilmente, al disastro finanziario.

Ci porta in Argentina. Ci porta a Wadiya.

Noi siamo certi che Draghi, uomo di esperienza e di conclamate competenze, non intenda raccontare al popolo italiano favole come queste, e che non intenda travestirsi da Dittatore di Wadiya.

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ROMA - Con un certo understatement Mario Draghi in un passaggio della conferenza stampa di ieri, la sua prima da premier, ha detto che questo non è il momento delle grandi visioni economiche, di esprimere concetti di fondo sullo Stato e sull'economia ma di affrontare l'emergenza. Pragmatismo dunque, ed anche necessario. Ma quando c'è lo spessore, l'esperienza e il pensiero i concetti escono fuori anche non volendo. E Mario Draghi, per chi ama e segue i fatti economici e il relativo dibattito, ha buttato lì quattro affermazioni che chiudono con saggezza e semplicità un dibattito che si è protratto negli ultimi mesi con più o meno competenza, a vari livelli.

Numero uno: il Mes

"Al momento il livello dei tassi d'interesse è tale (cioè basso, ndr) per cui prendere il Mes non è una priorità". Il banchiere centrale più importante del mondo con poche semplici parole ha chiuso la diatriba sul "costa meno, costa più" sul Mes, il meccanismo salva Stati. Solo Draghi poteva rivelare una verità assai semplice ma impossibile da pronunciare da altri: i soldi del Mes, ha aggiunto, sono per la sanità. "Dunque - ha concluso - quando avremo un piano della sanità condiviso dal Parlamento allora verrà il momento di chiedersi se vale la pena prendere il Mes, altrimenti sono soldi buttati".

Numero due: austerità a tutti i costi

Non è proprio il momento. "E' un anno in cui non si chiedono i soldi, si danno". Perché è necessario accompagnare imprese e lavoratori nel percorso di uscita dalla pandemia

Numero tre: il debito

"Non bisogna guardare al debito, non è questo il momento, c'è la recessione. Verrà quel momento". Draghi aveva già detto in un celebre articolo sul Financial Times che per uscire dalla crisi sarebbe stato necessario utilizzare il debito e anche che questo debito deve essere "buono", cioè destinato ad investimenti produttivi. Ora va anche più avanti.

Numero quattro: Patto di Stabilità

Da anni ci si accapiglia sul Patto di stabilità che presiede la moneta unica e il sistema europeo e che limita deficit e debito. Oggi sono in molti a volerlo più morbido. Draghi dà la sua linea; all'Europa si direbbe. "Le regole del Patto di Stabilità verranno discusse ed è difficile che restino uguali: in Germania è stata avanzata una richiesta di debito, in Francia e Spagna anche".

Come un giocatore della nazionale nel campetto dell'oratorio.

Mercati oggiValter Buffo
Non cercate il futuro nello specchietto retrovisore (parte 2)
 

Oggi Recce’d pubblica quattro nuovi Post. Siamo preparando un nuovo Longform’d dedicato al tema dei tassi di interesse, dei rendimenti delle obbligazioni, e della Federal Reserve: verrà pubblicato … quando sarà stato completato. Non sentiamo l’urgenza di scriverne oggi (anche se si tratta del tema intorno al quale ruotano, e ruoteranno tutti i mercati finanziari di tutto il Mondo per tutto l’anno (ed oltre) per ila ragione che ne scrivemmo già quattrodici giorni fa, e che ne abbiamo scritto anticipando i fatti di queste settimane fino dallo scorso mese di agosto 2020.. Per questo siamo tranquilli: i nostri lettori hanno già oggi le idee chiarissime su ciò che sta per accedere. Ai nostri Clienti, durante questo weekend, abbiamo spedito una nuova Lettera, all’interno della quale (insieme con la analisi delle performances ottenute) spieghiamo anche le cause autentiche delle tensioni senza precedenti nel mondo delle obbligazioni nel primo trimestre 2021.

 

Abbiamo messo in grande evidenza già la settimana il ruolo della Banca del Giappone in questo 2021.

Mentre le altre due maggiori Banche Centrali (Federal Reserve e BCE) appaiono inchiodate a terra dalle loro stesse scelte del 2020, e non possono fare altro che ricorrere a parole e concetti già spesi, senza successo, in occasioni precedenti, la Banca del Giappone si è staccata, e procede per una strada diversa.

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Nell’articolo che vi suggeriamo di leggere questa settimana, il Financial Times mette in evidenza gli aspetti di questa “svolta ad U” della Banca dal Giappone che vanno a toccare direttamente gli investitori finali, come siamo noi e come siete voi lettori.

Come abbiamo scritto qui nel Blog, e poi in questo weekend anche nella Lettera al Cliente, le Banche Centrali sono le prime a sapere che la situazione che stiamo affrontando non ha precedenti, e che proprio per questo le garanzie offerte dalle Banche Centrali agli investitori oggi hanno un valore vicino a zero.

Come Recce’d ha scritto mesi fa, oggi le mosse delle Banche Centrali devono essere seguite con ancora maggiore attenzione da noi investitori, perché sono le mosse del nostro principale avversario. Cosa che avrete sicuramente chiara, se avete seguito attraverso il Blog il nostro lavoro dei mesi scorsi.



The Bank of Japan’s decision to abandon its ¥6tn ($55bn) annual target for exchange traded fund purchases and to cease buying those tracking the Nikkei 225 or Nikkei 400 raises questions about the future direction of Japan’s ETF market.

The central bank made its widely expected announcement to abandon the target on March 19, adding it would only now buy ETFs tracking the Topix. However, it said it would retain the ¥12tn upper limit to what it can purchase annually, which it introduced last March as a support measure in response to the coronavirus pandemic.

The BoJ’s total ETF holdings hit ¥47tn last month and the unrealised profit from these purchases reached ¥13tn at the end of January. It became the largest owner of Japanese stocks in early December last year, surpassing Japan’s Government Pension Investment Fund. This article was previously published by Ignites Asia, a title owned by the FT Group. Government officials, scholars and market participants have long been urging the BoJ to wean itself from the scheme, calling it “unsustainable” and “with huge demerits”. They have criticised the massive purchasing drive for distorting financial market pricing and trading. Now some question what the BoJ will do with its ETF holdings.

“What is the BoJ going to do with the ETFs they have bought so far? That is always the trillion-dollar question,” said Jackie Choy, Morningstar’s Hong Kong-based director of ETF research for Asia. “We have not heard what they would do with the existing holdings. They’ve launched a lending facility, effectively making it more liquid, but that’s not selling the ETFs,” Choy added. The central bank rolled out a lending facility in June last year through which it can temporarily lend its ETF holdings to market participants.

But the programme has struggled to attract investor interest. Driven by purchases by the BoJ, some of Japan’s broad market ETFs have regularly seen the largest inflows of any locally domiciled products in Asia. Last year, these included Nomura Asset Management’s Nomura Topix ETF, Nikko Asset Management’s Nikko Listed Index Fund Topix ETF and Daiwa Asset Management’s Daiwa ETF Topix. The central bank bought ¥6.845tn of ETFs last year. The largest five ETFs tracking domestic stocks reached ¥4.29tn in AUM combined by the end of last year, according to data from the two Japanese securities exchanges.

Among them, the Next Funds Topix ETF and Next Funds Nikkei 225 ETF, which were both launched by Nomura AM, topped the list, with ¥1.44tn and ¥773bn in assets respectively. Nikko Exchange Traded Index Fund Topix, Daiwa ETF Topix and Nikko Exchange Traded Index Fund 225 ranked third, fourth and fifth, with ¥670bn, ¥668bn and ¥361bn in respective AUM. The BoJ has acknowledged that its buying activity may have had a negative impact on other investors in the ETF space, because how and when it will clean its balance sheet of the ETFs remains the primary concern among global asset allocators when investing in Japanese equities.

Whatever the BoJ decides to do with its ETF holdings, it will “definitely not” offload them, at least not in the near future, John Vail, chief global strategist at Tokyo-based Nikko Asset Management, told Ignites Asia. “They may slow the pace of buying, but I personally don’t think that they will offload the ETFs they already hold,” Vail said. Nikko AM surveyed top investment strategists in Japan two weeks ago and the vast majority did not think BoJ would release its holdings in any way that would affect the market for at least the next 10 years. The central bank’s ETF shopping spree has not done much to encourage greater competition among ETF providers. “As far as I know, the BoJ has been buying ETFs from funds based on their market share,” Morningstar’s Choy said. “So they are doing it on a proportionate basis to avoid favouring any fund.”

Yasunori Kasai, Asia director of trading desktop at Refinitiv, a London Stock Exchange Group business, said that, if anything, the BoJ’s policy direction change offered hope that the central bank might start to diversify. “The BoJ tends to buy ETFs that target the entire market, like [those tracking the] Topix index or Nikkei index, and may not have bought many [environmental, social and governance] or thematic ones. But the GPIF and the general market are moving towards the sustainable finance market,” Kasai said. Kasai added that he had observed that the central bank was purchasing some ETFs with exposure to companies that invest in sustainable development and human interests, although those holdings were still minuscule.

Scrapping the ¥6tn target should not have come as a surprise to market participants. There have been signs that the BoJ was looking for more flexibility in its ETF purchasing scheme since the beginning of the year. “It’s only been a handful of times they’ve stepped in this year. The BoJ is not even close to hitting the ¥6tn target this year so far,” Nikko AM’s Vail said. Although it is not an explicit rule, the central bank has tended to step in whenever the Topix index has lost more than 0.5 per cent in the morning session, analysts at Nomura wrote in a February 19 research note. However, the BoJ did not purchase ETFs on February 18 or February 19 even as the Topix index lost 0.54 per cent and 0.76 per cent on these two days, they said.

Mercati oggiValter Buffo
Bitcoin: avviate le operazioni di rientro nell'orbita terrestre. Ancora incerta la data dell'ammaraggio.
 

Oggi Recce’d pubblica quattro nuovi Post. Siamo preparando un nuovo Longform’d dedicato al tema dei tassi di interesse, dei rendimenti delle obbligazioni, e della Federal Reserve: verrà pubblicato … quando sarà stato completato. Non sentiamo l’urgenza di scriverne oggi (anche se si tratta del tema intorno al quale ruotano, e ruoteranno tutti i mercati finanziari di tutto il Mondo per tutto l’anno (ed oltre) per ila ragione che ne scrivemmo già quattrodici giorni fa, e che ne abbiamo scritto anticipando i fatti di queste settimane fino dallo scorso mese di agosto 2020.. Per questo siamo tranquilli: i nostri lettori hanno già oggi le idee chiarissime su ciò che sta per accedere. Ai nostri Clienti, durante questo weekend, abbiamo spedito una nuova Lettera, all’interno della quale (insieme con la analisi delle performances ottenute) spieghiamo anche le cause autentiche delle tensioni senza precedenti nel mondo delle obbligazioni nel primo trimestre 2021.

 

Abbiamo scritto mesi fa che il Bitcoin non è un investimento. Non abbiamo cambaito idea. ne scriviamo, e ne parliamo con i Clienti, per una sala ragione: questa vicenda ne può mettere in moto altre, molto serie. E può influenzare i mercati dei VERI investimenti finanziari. Quelli di cui Recce’d si occupa ogni giorno.

Dopo mesi e mesi e mesi passate a leggere ad ascoltare sciocchezze assortite da soggetti che non saprebbero neppure spiegare cosa è, il Bitcoin, abbiamo finalmente letto qualche parola sensata ed utile, che potrà aiutare sia noi sia i lettori a capire meglio che cosa c’è nel futuro del Bitcoin e dintorni.

In grassetto, abbiamo messo alla vostra attenzione i passaggi sui quali vi suggeriamo di riflettere.

Questo articolo (fonte: Bloomberg) può essere considerato un seguito ad un altro articolo, che Recce’d pubblicò in un Post di qualche settimana fa.

Nella nostra Lettera al Cliente, spedita oggi, non parliamo del Bitcoin ma spieghiamo nel dettaglio come verrà gestito il portafoglio modello in un contesto di mercato che (inevitabilmente) subisce l’influenza anche di queste vicende.



The Race to a Digital Currency

Dozens of countries' central banks are researching a digital form of money

Source: Atlantic Council, Bloomberg

Note: Eurozone countries include Austria, Belgium, Cyprus, Estonia, Finland, France, Germany, Greece, Ireland, Italy, Latvia, Lithuania, Luxembourg, Malta, Netherlands, Portugal, Slovakia, Slovenia and Spain.

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The financial services industry, braced for what could be its biggest disruption in decades, is about to get an early glimpse at the Federal Reserve’s work on a new digital currency.

Wall Street is not thrilled.

Banks, credit card companies and digital payments processors are nervously watching the push to create an electronic alternative to the paper bills Americans carry in their wallets, or what some call a digital dollar and others call a Fedcoin.

As soon as July, officials at the Federal Reserve Bank of Boston and the Massachusetts Institute of Technology, which have been developing prototypes for a digital dollar platform, plan to unveil their research, said James Cunha, who leads the project for the Boston Fed.

A digital currency could fundamentally change the way Americans use money, leading some financial firms to lobby the Fed and Congress to slow its creation -- or at least ensure they’re not cut out.

Seeing the threat to their profits, the banks’ main trade group has told Congress a digital dollar isn’t needed, while payment companies like Visa Inc. and Mastercard Inc. are trying to work with central banks to make sure the new currencies can be used on their networks.

“Everyone is afraid that you could disrupt all the incumbent players with a whole new form of payment,” said Michael Del Grosso, an analyst for Compass Point Research & Trading LLC.

Lawmakers, U.S. Treasury Department officials and the Fed haven’t yet approved the rollout of a U.S. virtual currency, which could still be years away. Nor have they decided how a digital dollar would interact with the existing global payments network. Still, the U.S. and other countries seem committed enough to digitizing their currencies that it’s making financial industry executives nervous.

“The fire has been lit,” said Josh Lipsky, who has helped convene government officials from the U.S. and other countries working on digital currencies as director of the GeoEconomics Center at the Atlantic Council. “The world is moving very quickly on these projects.” At issue are forms of digital cash being considered by the U.S. and other governments. The growing popularity of Bitcoin, Ethereum and other cryptocurrencies, whose market value has grown to more than $1 trillion, inspired the projects. Unlike those privately created tokens, the new currencies would be issued by central banks as an alternative to paper bills. Cash wouldn’t go away, but its use would likely decline.

Using the currencies could be as simple as holding up the screen of a mobile phone to be scanned. Behind the scenes, the digital cash would move from one account to another. This is similar to how most money already works -- the majority of U.S. dollars are just digital entries in bank accounts -- but the new currency could potentially avoid the go-between of a commercial bank or credit-card network. For vendors, settlement would happen almost immediately, without having to wait for the money or worry about fraud.

The U.S. effort got an extra push last month, when Treasury Secretary Janet Yellen said such a project could help Americans who don’t have access to the banking system.

In video remarks last week to a payments conference in Basel, Switzerland, Federal Reserve Chair Jerome Powell may have eased some of the banks’ concerns when he said “digital currencies would need to be integrated into existing payment systems alongside cash and other forms of money.”

Powell in a Bank for International Settlements panel on Monday said the Fed has “an obligation to be on the cutting edge of understanding the technological challenges” and the costs and benefits of a digital dollar but wouldn’t rush the project. Powell also said the Fed wouldn’t proceed without support from Congress, ideally in the form of legislation.

Cunha said the Boston Fed and MIT hope to unveil some of their work in the third quarter, including at least two prototype software platforms that could move, store and settle transactions made with digital dollars. He wouldn’t say if either platform uses the blockchain technology that underlies Bitcoin and other cryptocurrencies. Once the prototypes are released, Cunha said, others will be able to see and build on the code.

The Fed’s work is meant to show what’s possible without taking a stand on major issues that the central bank, Treasury and Congress must address, Cunha said. These include whether the Fed itself should host customer accounts, whether to allow anonymity, and what protections consumers would have in case of a cyber-breach or mistaken transaction.

“We think it’s important that we not wait for the policy debate because then we’ll be a year or so behind,” Cunha said. “This will take significant outreach to the industry and serious debate.”

The potential that the central bank could cut banks out of their middleman role in the lucrative U.S. payments system is causing angst among banks.

So is the push coming from Ohio Democratic Senator Sherrod Brown, the new chairman of the Senate Banking Committee. Brown is urging the Fed to move quickly to create digital-currency accounts for Americans who can’t easily access the financial system and have been forced to deal with payday lenders who charge higher fees and interest rates. Brown’s plan could threaten the deposits that commercial banks rely on to make mortgages and other loans.

“Rushing anything of this potential magnitude could introduce unintended consequences that threaten the stability of the banking system without contributing meaningfully to economic inclusion,” said Steve Kenneally, senior vice president of payments at the American Bankers Association.

The ABA, which says it’s lobbying Congress on the issue, last year in written testimony called the digital dollar a costly solution in search of a nonexistent problem.

Two lobbyists for a large bank said they’re in contact with lawmakers to keep track of the issue. They expect lobbying to pick up once banks can actually see the Fed’s work and how it might affect them, said the lobbyists, who requested anonymity to discuss internal conversations.

Interest in a digital currency has gathered momentum in part because many banks take days to give consumers access to checks deposited in their accounts and some charge stiff overdraft fees. Those without bank accounts sometimes must pay high fees to cash paychecks or transmit money to relatives.

Some of the profits of credit-card companies, such as Visa and Mastercard, could be at risk if the new currencies let Americans more easily make transactions without their involvement and fees.

Spokespeople from both companies say their firms are working with central banks to ensure the new currencies can run over their networks. Mastercard in February began to issue pre-paid debit cards loaded with the “Sand Dollar,” a digital currency issued by the Bahamas.

“We’re increasingly having conversations with central banks as they think about designing potential central bank digital currency, CBDC, and we’re talking to them about how they think about design,” said Visa’s North America president Oliver Jenkyn, at a Morgan Stanley conference earlier this month. “So there’s a lot of talking, but there’s actually a lot of action alongside it as well.”

Other countries are further along. China is currently piloting a digital yuan in several cities. Lipsky said there’s a chance its currency could be ready for a broader debut at the 2022 Winter Olympics in Beijing, which he said could cause tensions if American athletes are asked to use a currency that the Chinese government can completely track.

Brown earlier this month sent a letter to Powell urging him to speed up the research. “We cannot be left behind,” Brown wrote.

Among other threats, Brown pointed to the development by Facebook Inc. and other companies of their own cryptocurrency, once called Libra. That currency, since renamed Diem, was slated to launch in 2020 but has struggled to win regulatory approval.

Advocates of existing cryptocurrencies, like Bitcoin, have mixed feelings about the Federal Reserve muscling into the industry.

A Fedcoin could acclimate Americans to purchasing Bitcoin, said Jerry Brito, who heads Coin Center, a cryptocurrency advocacy group. But depending on the government’s direction, such a currency could be used to track Americans’ spending, destroying the partial anonymity that was once the promise of crypto, he said.

A U.S. digital dollar could also put the final nail in the coffin for Bitcoin as a means of exchange, Brito said. Crypto enthusiasts have already started to acknowledge that’s happening anyway, and instead tout the currency as a store of value or “digital gold.”

Digital Ambitions

Central banks are at varying stages of developing digital currencies

Source: Bloomberg

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