Il giorno che Bob Dylan diventò elettrico
 
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Il secolo scorso è un secolo segnato da molti eventi drammatici.

L’evento che abbiamo ricordato nel nostro titolo non è certo uno dei più drammatici: ma è un evento che lasciò un segno forte su tutti quelli che seguono il mondo della musica.

Bob Dylan, uno dei personaggi che senza dubbio hanno fatto la storia della musica nel XX Secolo, Premio Nobel per la Poesia, si affermò come cantante folk. Pochi lo ricordano, ma i suoi primi LP (per chi si ricorda dell’esistenza del vinile) furono incisi soltanto con voce e chitarra. Bob Dylan apparteneva al mondo della musica folk.

Fu drammatico, per i puristi di quel genere musicale, il momento nel quale il mitico Bob decise di passare alla chitarra elettrica: furono scritte, allora decine di migliaia di pagine, in molte delle quali si accusò Dylan di tradimento. Un dibattito che, per alcuni, ancora oggi è vivo: era meglio che Dylan rimanesse un cantante folk?

(Per inciso: noi che amiamo “Blonde on Blonde” siamo felici del suo “tradimento”).

Si tratta di momenti che segnano la storia. In un certo senso, di punti di svolta epocali.

Questa lunga introduzione a che cosa serve? Serve a affermare ancora uno dei nostri punti forti per questo 2019. Che, a nostro modo di vedere, ma pure sulla base di ciò che ci dicono i fatti che vediamo ogni giorno, sfugge tutt’ora alla grande maggioranza degli investitori.

Il fatto è questo: stiamo attraversano giorni, mesi, ed anni, che NON sono normali. Neppure un poco pochino. Siamo in una fase che è eccezionale e che resterà nella storia.

In una fase come quella attuale, le cose cambiano, ma cambiano molto in fretta. Anche dalla sera alla mattina. “Dopo 10 anni fermi, 128 miliardi in due giorni?”, si domanda l’immagine qui sotto? Si è così. In due giorni.

Chi si salverà? Solo quei (pochi, a noi sembra) soggetti che hanno compreso questo fatto, ed hanno accettato la situazione adattando PRIMA i loro portafogli a ciò che DOPO, inevitabilmente, succederà sotto i loro occhi. Quelli che hanno capito: che cosa è la macroeconomia e cosa ci dicono i dati; che cosa è la microeconomia e dova stanno andando gli utili; che cosa è il rischio finanziario e come ci si difende; come si costruisce un portafoglio e come si segue una strategia di investimento; che cosa è la politica monetaria e che cosa fa una Banca Centrale; che cosa è la politica fiscale e come si fanno le scelte dei Governi. Non gli improvvisati, quindi: si salverà soltanto chi ha solide basi di conoscenza.

Questi sono i giorni in cui “Dylan diventò elettrico”, come dice qui sotto l’immagine. Il nostro suggerimento ai lettori è questo: non rimanete lì imbambolati e frastornati, in lutto perché Dylan non è più un cantante folk. Tanto Dylan, ve lo assicuriamo, dopo la svolta non torna più indietro. Per il suo primo LP elettrico Dylan scelse il titolo “Bringing it all back home”: che è un buon consiglio anche per voi, amici lettori, provate a vedere se riuscite come minimo a riportare a casa i vostri soldi.

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Mercati oggiValter Buffo
Tre mesi alla fine del 2019: guardiamo oltre le Banche Centrali
 
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Via avevano detto e scritto di aspettare la BCE. Via avevano detto e scritto di guardare alla Federal Reserve. Vi avevano garantito che coi tagli ai tassi ufficiali sarebbe cambiato tutto.

Voi ci avete creduto?

Perché … erano tutte balle.

Poi però è successo questo.

New York SEPTEMBER 17, 2019

The Federal Reserve Bank of New York announced plans to inject another $75bn into the US financial system when trading resumes on Wednesday, a day after making its first such intervention in more than a decade to alleviate funding pressures in short-term lending markets. The cost of borrowing cash overnight via repurchasing agreements, known as repos, surged on Tuesday morning to as high as 10 per cent, a more than fourfold increase from Monday morning, according to Refinitiv data.

A senior executive at a large US bank said the sharp rise in the so-called repo rate, reflected a “pretty sizeable dislocation between funding needs and funding” in a key portion of the US money market. Repos are vital to the financial system because they give companies access to cash overnight using US Treasuries as collateral. Ashish Shah, co-chief investment officer for fixed income at Goldman Sachs Asset Management, described the abrupt tightening of the US money market as a “big deal”. “When things like this happen it increases the uncertainty and leaves fixed income markets jittery. And that is the job of central banks to avoid Ashish Shah, Goldman Sachs “When things like this happen it increases the uncertainty and leaves fixed-income markets jittery. And that is the job of central banks to avoid,” he said.

The sharp rise in the repo rate created a predicament for the Fed just as top policymakers were meeting in Washington to make a decision on monetary policy because it pushed up the central bank’s benchmark interest rate. The so-called federal funds rate rose to 2.25 per cent, the very top of the range the central bank targets, from 2.14 per cent at the end of last week. In response, the New York Fed, which conducts market operations for the central bank, launched an operation to “help maintain the federal funds rate within the target range”. The New York Fed made up to $75bn available through a repo auction in which the Fed accepts Treasuries and other securities as collateral, and in exchange, provides cash. The facility had not previously been used at such a scale since 2008.

The bank had to cancel the operation on the first attempt due to “technical issues”. On the second effort, primary dealers — big banks that act as trading counterparties of the Fed — tapped the facility for $53bn. Recommended Federal Reserve Why did the repo market’s wheels stop turning? The operation appeared to have succeeded in calming the money markets. The repo rate tumbled soon after the New York Fed announced its action. The New York Fed said on Tuesday afternoon that it would repeat the operation on Wednesday morning during a 15-minute window before 8:30am, again offering to inject up to $75bn into financial market.

Bank executives and analysts said several factors were behind the abrupt rise in the repo rate. Lenders’ reserves above legally required amounts have been declining since the Fed ended its bond-buying programme in 2014, reducing the amount of cash they are willing to lend through repo operations. The system came under additional stress in recent days as companies pulled cash out to pay tax bills. More cash left the system as investors settled Treasury purchases after a flurry of recent issuance. We think that the culprit is the scarcity of bank reserves, which are the only asset that provides banks with intraday liquidity TD Securities “We think that the culprit is the scarcity of bank reserves, which are the only asset that provides banks with intraday liquidity,” said TD Securities. “Reserves have been declining since 2014 and we expect them to decline further as Treasury’s cash balance increases and currency in circulation grows.” A senior executive in the repo operation of a big US bank added that the recent issues were not the same as the causes of spikes in overnight lending rates during the financial crisis. “This is a money markets phenomenon — not something that has to do with perceptions of credit quality at banks or anywhere else,” he said.

Insomma: dai mercati (come accade sempre) è arrivata la risposta forte, chiara e definitiva. Il gioco, NON lo comandano i tagli dei tassi di interesse ufficiali.

E, beffa nella beffa, il segnale è arrivato esattamente nella settimana nella quale prima la BCE e poi la Federal Reserve annunciavano i loro tagli dei tassi.

Ma non è servito: non è servito a nulla. Ed ora, la situazione rischia di andare fuori controllo.

Come gestire i propri investimenti, alla luce di questi nuovi fatti, da qui alla fine del 2019?

Prima di tutto, le cose voi dovreste già averle fatte. E da molti mesi. Perché è del tutto assurdo (e non vogliamo dire stupido … ma ci starebbe) muoversi DOPO, quando le cose sono già scritte sui quotidiani.

Nessuno al Mondo, infatti, ha la capacità di prevedere esattamente QUANDO. Alcuni però, come ad esempio Recce’d, basandosi su un metodo di lavoro ormai verificato e consolidato, sono in grado di dirvi COSA.

COSA vi imposta, cosa vi tocca più da vicino, cosa determina i risultati di investimento, e PRIMA che stia scritto in prima pagina sul vostro giornale.

Questo, Recce’d lo sa fare, e lo ha dimostrato in numerose occasioni ai propri Clienti.

Guardiamo allora alla fine del 2019: che cosa rimane da fare? Le indicazioni sarebbero numerose, e concrete, ma in questo Post noi ci limiteremo a citarne una.

Prima di ogni altra cosa, un consiglio pratico: dimenticate le Banche Centrali, perché sono ormai fuori dal gioco. Non soltanto per noi investitori non sono più un punto di riferimento, ma sono loro (le Banche Centrali di Powell, Draghi e Kuroda) oggi a chiedere a noi di dare loro dei punti di riferimento, attraverso i nostri acquisti e le nostre vendite, ovvero attraverso i mercati e i prezzi.

Una situazione di autentico caos.

Peraltro NON inattesa: ne scriveva così, già tre anni fa, e quindi nel 2016, in un best-seller poi famosissimo, un grande commentatore. Su questa base, oggi, dovete fare le vostre scelte di investimento.

…to what extent were central banks risking to transition from being a major part of the solution to becoming a significant part of the problem? That is to say, rather than facilitate an orderly gradual deleveraging in the context of a growing global economy, they would end up enabling an additional accumulation of debt that would leave Western economies mired in an even deeper growth malaise—one coupled with recurrent financial instability that would disrupt the economic well-being of countries in the rest of the world, including well-managed developing economies.

Mercati oggiValter Buffo
Prioritizzazione
 

Tra le attività sulle quali noi di Recce’d investiamo tempo e risorse finanziarie, una riguarda l’informazione: la raccolta delle notizie dei dati, la selezione delle fonti, l’allargamento delle Rete globale di corrispondenti, la gestione della banca dati.

A monte di tutto questo ci sono le nostre tecniche di prioritizzazione: una parolaccia antipatica, ma anche pratica essenziale.

Ognuno di voi lettori è travolto da un quotidiano diluvio di informazioni, nelle forme più diverse e dalle fonti più disparate. Che importanza dare? Quale fiducia attribuire? ma soprattutto: su che cosa mi concentro? A che cosa devo dedicare la mia attenzione? Al bazooka di Draghi? A quota 3000 dell’indice S&P 500? All’ultimo Tweet di Trump? A quello che succede in Cina? In India? In Argentina? In Arabia Saudita?

E’ necessario disporre di una (affidabile e testata) scala di priorità, una gerarchia di importanza, una scala lungo la quale dovrete poi disporre le notizie ed i dati in arrivo.

Tra i diversi criteri di prioritizzazione, tra di loro concorrenti, un criterio solido è sicuramente quello delle dimensioni relative dei mercati finanziari. Persino un investitore che investe soltanto in Italia, e magari soprattutto in small caps, avrà ormai capito che ciò che ogni mattina accade sui mercati in Italia è, per la gran maggior parte, un riflesso di ciò che accade sui mercati internazionali.

Per ciò che riguarda ad esempio i Titoli di Stato, ne avete un concreto esempio nella recente discesa dei rendimenti dei BTP: anche se qualcuno la attribuisce alle vicende politiche locali, e quasi se ne assume il merito (tra i tanti, citeremo il mitico Borghi dei guadagni sui BTP) la sola ed unica spiegazione del BTP decennale allo 0,90% sta nel Bund tedesco decennale a meno 0,50% dal +0,40% di fine aprile 2019.

Quanto alla Borsa di Milano … aspetta, aspetta che la cerco qui sotto nel grafico … un attimo di pazienza … ma dove è finita? Se la sono dimenticata?

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Mercati oggiValter Buffo
Ok ma allora ... che cosa conta davvero?
 

Tutti ci avevano detto che il calo della produzione di petrolio di Arabia Saudita avrebbe sconvolto i mercati: invece, non è successo nulla.

Tutti ci avevano informato delle enormi conseguenze del bazooka di Draghi: e poi, non è cambiato nulla.

Tutti avevano enfatizzato la riunione della Federal Reserve ed il taglio dei tassi: e poi, non è successo nulla.

Trump ci aveva promesso il boom economico dopo avere tagliato le tasse sugli utili delle Società: ma non è successo nulla.

Ogni investitore, di fronte a così tanti dati di fatto, si sente obbligato a chiedersi: si, ok ma … allora per mé quali sono le cose DAVVERO importanti?

Noi di Recce’d esistiamo proprio per questa ragione. Lavoriamo per questo. Garantiamo ai nostri Clienti una informazione quotidiana, accurata, professionale e spesso in anticipo sui fatti, a proposito delle cose che DAVVERO influenzeranno il rendimento dei loro investimenti finanziari.

Le cose di cui leggete attraverso i media, l’informazione, la stampa e la TV nella maggior parte dei casi aumentano la vostra confusione: non chiariscono, ed anzi spesso distorcono il vostro modo di percepire la realtà dei fatti. Il bazooka di Draghi è l’esempio più recente, e molto concreto; così come è tangibile il fatto che nella settimana in cui Draghi taglia i tassi l’euro si rafforza, e nella settimana in cui la Fed taglia i tassi, il dollaro USA si rafforza (grafico qui sotto). Non dimenticate questi dati di fatti: ricordateli, e per qualche anno.

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In questa parte finale del 2019, Recce’d prevede che diventerà evidente, per tutti voi lettori, che cosa è che conta davvero. Quali sono i fattori che determinano i vostri risultati. Che cosa è che decide se nel 2019 con i vostri investimenti avrete guadagnato, oppure perso i soldi.

Mercati oggiValter Buffo
E chi se lo aspettava?
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Quando si mette la retromarcia, le cose arrivano da dietro, Tyrone!

Quando, due settimana fa, nel corso del weekend, decidemmo di portare all’attenzione dei Clienti (attraverso The Morning Brief) alcuni movimenti anomali sulla Borsa di New York, ed in particolare il “Value vs Momentum”, per molti si trattava ancora di un tema marginale. Molto distante.

Per tutti, 15 giorni fa, esistevano solo le Banche Centrali. La riunione della BCE, la riunione della Federal Reserve, la riunione della Banca del Giappone, la riunione della Banca di Inghilterra.

Il destino dei mercati finanziari, e quindi dei titoli, e quindi dei vostri e nostri portafogli, sembrava in tutto e per tutto legato a quelle riunioni, e ai tagli dei tassi, ed al Quantitativa Easing.

Per il nostro lettore, è davvero molto utile riflettere sul perché allora le cose stavano così, e sul perché a soli 15 giorni di distanza adesso non stanno più così.

Perché da più di una settimana nessuno, ma proprio nessuno, sui mezzi di informazione scrive oppure parla del bazooka di Draghi? perché la riunione della Fed, ed il taglio dei tassi, ha avuto zero, ma proprio zero riscontro sui prezzi dei mercati?

Ma soprattutto: perché diavolo, dopo due tagli dei tassi, in Eurozona e negli Stati Uniti, ma perché diavolo il tema numero uno adesso è la crisi della liquidità interbancaria? Perché nessuno più scrive o parla del taglio dei tassi USA dello 0,25%?

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Per molti è una sorpresa. Non per i nostri Clienti. Della crisi della liquidità, Recce’d ha scritto, ai propri Clienti, ogni mattina dall’inizio della settimana scorsa a pagina 2 (16 settembre), nella Sezione Operatività.

Poi, piano piano lemme lemme, ne ha scritto anche la stampa in Italia. Ad esempio, il principale giornale italiano ha messo il fatto in prima pagina la mattina di venerdì 20 settembre, e ve lo facciamo vedere qui sotto. Nella stessa giornata (ovviamente) è finito in prima pagina anche su altri giornali, come ad esempio La Repubblica.

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Notate bene il tono, perché è una cosa … che non si può vedere. A poche ore di distanza dal bazooka di Draghi, la stampa in Italia è in piena e totale retromarcia: costretta a spiegare al lettore che NO, non corrisponde a verità il fatto che i tagli dei tassi risolvono tutto e che SI anche dopo i tagli dei tassi i mercati restano in forte tensione. L’imbarazzo è tanto grande, che la stampa si vede costretta a ricorre ad immagini come Lehman Brothers, e proprio perché … non sanno cosa dire altrimenti.

Ma non si tratta della sola retromarcia. E neppure di quella più importante. Molto più significativo è il dato di fatto che la Banca Centrale più forte e potente del Pianeta è stata costretta dal mercato (NOTATE bene che non lo ha scelto, di procedere in questo modo) ad aumentare la liquidità sul mercato interbancario USA. Cosa che NON era stata prevista, NON era stata annunciata al mercato e NON è stata spiegata da Powell mercoledì sera durante la conferenza stampa.

Ed è un peccato, perché si tratta di una cosa semplicissima da spiegare, anche al pubblico dei meno informati. Le banche commerciali, inclusa la banca presso la quale avete il vostro conto corrente, ogni giorno (ogni minuto) si scambiano fra loro liquidità, il contante, il cash. Quella banca che ne ha troppa, di liquidità (i cui Clienti sono … troppo ricchi), la presta a quella che ne ha poca. A brevissimo: 24 ore, una settimana, un mese. Soprattutto a 24 ore. E poi ci sono i repos, ovvero i pronti-contro-termine (specie sui Titoli di Stato): operazioni che molti fra i nostri lettori avranno fatto, loro stessi e presso la propria banca sotto casa, per impiegare liquidità a uno, due, tre mesi, e guadagnarci qualche cosa. Ebbene, i pronti-contro-termine li fanno anche le banche. Tra di loro. In tutto il Mondo. E per lo stesso motivo.

Oggi che problema c’è? Semplice: le banche negli Stati Uniti non si prestano più il denaro fra di loro. Non si tratta di una cosa complicata da capire: basta guardare il grafico sotto, che è proprio il costo della liquidità interbancaria negli Stati Uniti. Quanto una banca chiede ad un’altra banca per prestarle dei soldi per 24 ore. Notate qualche cosa di particolare nel grafico?

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Noi continueremo a parlarne, nel nostro The Morning Brief, da lunedì. Non ci iscriviamo alla gara, già partita sulla stampa in Italia, a chi la spara più grossa: non vogliamo fare i complottisti e neppure fare vedere ai lettori quello che non c’è inventandoci storie e favole. Lasciamo questo gioco a quelli che neppure sanno cosa siano i pronti-contro-termine, così come non sanno (in realtà) che cosa sia la politica monetaria, che cosa sia una Banca Centrale, che cosa sia la manovra dei tassi di interesse. Ma ne parlano, ne parlano e ne scrivono, ogni giorno.

Torniamo alle cose concrete: quale è la principale implicazione operativa per voi, amici lettori che investite sui mercati finanziari? Se avete costruito un portafoglio di Fondi Comuni, o di titoli, scommettendo sul fatto che “tutto è sotto controllo e vincono sempre le Banche Centrali”, allora forse avete un (grosso) problema.

Un riferimento storico? Estate 2007, anzi agosto 2007 per la precisione. Fondi Comuni Parvest (gruppo BNP Paribas) quotati a New York. Money Market Funds. E poi arrivò il Fondo Comune Global Alpha di Goldman Sachs.

Altri tempi, dice qualcuno.

Per tutto il resto che c’è da dire, vi rimandiamo a quello che scriveremo in The Morning Brief. Ed anche a questo, interessante, articolo pubblicato il 19 settembre sul Financial Times.

Gillian Tett SEPTEMBER 19, 2019

What the heck happened? That is a question many market participants are asking about events this week at the US Federal Reserve. But the confusion is not due to the issue that was supposed to grab headlines — namely Wednesday’s announcement on interest rates.

That storyline is clear (ish): although the Fed cut its core policy rate by 25 basis points, officials also signalled their reluctance to cut rates again too soon while growth is strong. That is sensible, predictable and readily understandable. Instead the development that is sowing shock and confusion is related to the normally arcane matter of financial plumbing.

At the start of the week, overnight borrowing rates in the repurchase or repo market, where traders do short-term deals to swap Treasuries for cash, suddenly rose to 10 per cent, up from their normal levels of 2-2.5 per cent. Repo rates declined after the New York branch of the Fed pumped $75bn into the markets for three days running. But conditions remain jittery. After all, the last time we experienced this scale of gyrations in repo rates was the 2008 financial crisis. So should investors worry? Yes — and no.

One piece of good news about this week’s events is that the movements were not sparked by the same issues in the 2008 panic, namely a fear of financial collapse. Instead, the trigger appears to be due to “temporary mismatches in the demand for funding and availability of cash”, as JPMorgan explained to its clients in a note. More specifically, American companies typically need around $100bn of cash to pay tax bills on September 15, which prompts big withdrawals from the money market funds that are an increasingly crucial pillar of the repo markets. This year, this outflow coincided with Monday’s $54bn settlement of Treasury coupons, creating more demand for cash. The resulting squeeze may have been exacerbated by an additional dash for funding among players hit by the unexpected surge in oil prices due to the drone strike in Saudi Arabia.

The other bit of good news is that Fed officials seem ready to offset these temporary problems by employing “flexibility when needed”, as Simon Potter, then a senior official at the New York Fed, noted last year. This nimble and creative approach is another contrast to 2008 — and very welcome. But here is the bad news: the fact that a “temporary” cash squeeze created so much drama shows that neither the Fed nor investors completely understand how the cogs of the modern financial machine mesh. That is partly because “money markets have been and are now changing quickly in response to regulatory, technology and business model incentives”, as Mr Potter put it. A decade of extraordinary monetary policy experiments has left the system badly distorted.

Thus the Fed is now like a pilot flying a plane with an engine that has been stealthily remodelled. Neither the passengers nor the pilot knows how the engine’s shifting cogs might affect the controls during a wave of turbulence, because there is little historical precedent. Take the matter of bank reserves. Quantitative easing earlier this decade caused an explosion in the level of reserves that private banks place on deposit with the Fed, hitting a peak of $2.9tn in 2014. Since the Fed started rolling back QE a couple of years ago, those reserves have shrunk to $1.3tn as of this summer.

Until recently, Fed officials thought that was enough cash to keep the system running smoothly. Although $1tn in reserves are tied up by regulatory and liquidity requirements, the remaining $300bn “buffer” was presumed to be sufficient to absorb unexpected market shocks. This calculation was always a guess, not scientific projection, since the Fed has never before unleashed QE — or tried to unwind it. And, as Lorie Logan of the New York Fed said in 2017, you only truly know that a reserve buffer has run out when rates spike. The best guess now is that $300bn is not big enough. “The Fed is learning as it goes,” explains BMO Capital Markets. Although Fed officials will probably introduce new tools to create additional safety buffers, JPMorgan fears that “this sort of volatility will only persist” given all the structural changes under way. This is unnerving. But the bigger point that investors need to understand is this: the more that QE (and its partial reversal) reshapes global finance, the greater the risk that the cogs in the machine unexpectedly misfire. That is no reason to panic. But central bank pilots — like investors — are learning on the job. Better hope they stay completely alert.

Mercati oggiValter Buffo