Quando Donald J. Trump ci fa pubblicità
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Ringraziamo il Presidente Trump, che venerdì 5 aprile ha fatto pubblicità a noi di Recce’d, che da mesi abbiamo anticipato ai Clienti il rallentamento dell’economia degli Stati Uniti che lui stesso oggi riconosce, seppure attribuendo per intero la responsabilità alla Federal Reserve (mentre forse poteva domandarsi che fine hanno fatto i clamorosi effetti benefici sugli investimenti dei suoi tagli alle tasse).

Ringraziamo anche il Presidente degli Stati Uniti perché ci garantisce lavoro ed opportunità: con i suoi più recenti attacchi alla politica della Federal Reserve (che in passato avevamo visto soltanto in Paesi come Argentina, Brasile o Turchia) ci garantisce periodi di prolungata instabilità dei mercati finanziari, che per noi gestori poi significa opportunità di mettere in pratica le nostre capacità di gestione, e fare vedere come e quando siamo differenti (molto) dalla massa dell’industria dei Fondi Comuni.

In buona sostanza, come ha detto solo pochi giorni fa il Capo Supremo della banca JP Morgan (immagine sotto), Trump ci garantisce che ciò che abbiamo visto tra ottobre e dicembre del 2018 è soltanto un anticipazione di cose ben più grandi che stanno per accadere.

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Situazioni già viste e scelte già fatte
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Ci ritroviamo anche questa settimana nella scomoda posizione di chi deve scegliere tra il ripetere cose già dette oppure rinunciare a commentare.

Come dice l’immagine qui sopra, si tratta di scegliere: e Recce’d per i suoi Clienti ha già fatto le scelte più opportune.

Nelle ultime settimane, la situazione non si è modificata. E’ rimasta inchiodata, bloccata da una tensione elevatissima che si traduce poi in indici di mercato (azioni, obbligazoni e valute) che si muovono poco anche a causa di volumi scambiati sui mercati che rimangono bassissimi. Tutti in attesa.

La nostra capacità di gestori, proprio in fasi di elevata tensione come queste, deve essere quella di sapere guardare oltre il chiasso, il cosiddetto noise, alle variabili fondamentali che nelle prossime settimane daranno ai mercati una direzione definitiva.

La “bocca del coccodrillo” che vedete (o meglio, che rivedete) nell’immagine in basso si chiuderà presto, e la sola cosa che oggi conta è non rimanere poi schiacciati e triturati nelle fauci del coccodrillo, quando alla fine si faranno i conti (quelli veri).

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Con un sorriso (parte 4)
 

La storiella attribuita ad Abramo Lincoln, che abbiamo pubblicato nel Blog la settimana scorsa, è molto piaciuta a numerosi lettori: ed è per questo che oggi ne proponiamo una seconda.

E restiamo, visto il successo, sul tema del cane.

Si attribuisce ad un noto gestore americano (Ralph Wagner) la storiella che leggete qui sotto, e che fa più o meno così:

“A New York c’è un cane che va a passeggio con un guinzaglio lunghissimo

attraversa tutti i luoghi più tipici della città, da Central Park al Metropolitan Museum

e grazie al suo lunghissimo guinzaglio può fare delle amplissime escursioni, in tutti gli angoli più impensati, tanto che è impossibile immaginare fino a dove arriverà

la sola cosa certa è che procede verso nord alla velocità di circa 4 km/h: e ciò che stupisce, è che tutti sono così occupati a seguire quello che fa il cane, che non si accorgono di dove va il suo padrone”

Inutile precisare che il padrone in questione è l’economia reale, mentre il cane è la Borsa. Immagine molto efficace, anche oggi.

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Esercizi di memoria
 

Come abbiamo scritto anche la settimana scorsa, l’investitore finale ha la memoria corta, e questo a volte è dannosissimo (per lui e per il suo portafoglio titoli).

Può al contrario essere utile andare a rivedere ciò che è accaduto nel passato, e domandarsi se ci sono analogie con la situazione attuale.

Un esempio è la frase di Ben Bernanke, allora Chairman della Federal Reserve (il posto occupato oggi da Jay Powell) sulla curva dei rendimenti, che allora era invertita (come oggi).

Dopo averle lette, può essere utile chiedersi quanta fiducia attribuire a ciò che la Federal Reserve dice oggi, anche alla luce della sue recente, rapida e ad oggi non giustificata revisione radicale delle proprie posizioni nello spazio di tre mesi.

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In sostanza: quelli che ancora si affidano a vecchie frasi (stereotipi) del tipo “Don’t fight the Fed” a quale Fed si riferiscono? A quella di Bernanke del 2006? Oppure del 2008? Alla Fed di Powell di dicembre 2018? Oppure del marzo 2019? Ecco qui un ottimo esercizio di memoria.

Sempre a proposito di memoria: quando si parla di recessione (immagine sotto) è utile ricordare il momento in cui, nel passato, fu riconosciuta dalle Banche Centrali e dai politici l’esistenza di un problema “recessione” (prima, durante o dopo?), e dove stavano in quel momento gli indici delle Borse..

Non lo ricordate? Ed allora vi lasciamo da fare questa indagine a ritroso. Un eccellente esercizio di memoria, per il vostro weekend.

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Dati pessimi che vedono tutti
 

Soltanto 12 mesi fa, eravamo costretti tutti a perdere tempo con la favoletta della “crescita globale sincronizzata”.

Oggi, siamo in una situazione per molti versi simile: siamo costretti a leggere e poi a commentare analisi e commenti sul fatto che “la svolta ad U delle Banche Centrali ha evitato la recessione”.

Che sia una stupidaggine, non c’è alcun dubbio: il solo fatto di pensare che nello spazio di qualche settimana le dichiarazioni di Powell e Draghi abbiamo modificato il comportamento di aziende e consumatori è assurdo.

Ma soprattutto, ci sono i dati.

Guardando ai dati, noi abbiamo combattuto e vinto negli ultimi anni battaglie fondamentali per il nostro Cliente investitore, a cominciare dal “bazooka di Draghi” del 2014 (ricordate?). I dati sono tutti lì, da vedere, come si possono leggere le cose che Recce’d scriveva allora.

Torniamo ad oggi: e diciamolo chiaramente. I dati visti nelle ultime settimane sono PESSIMI. Sono peggiori di quanto noi in Recce’d avessimo visto e stimato. E anche in questo caso sono tutti lì, solo da vedere e capire.

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Il grafico qui sopra si riferisce alle vendite al dettaglio USA, che poi sono le spese delle famigli,e, ovvero l’80% dell’economia USA.

Il grafico qui sotto misura, invece, lo scarto, la differenza, tra i dati USA che sono stati pubblicati e quello che veniva invece previsto dagli analisti.

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Ma non ci occupiamo, ovviamente, soltanto dei dati USA: noi guardiamo sempre, ogni giorno, ai dati di tutto il Mondo. Il grafico qui sotto vi aggiorna proprio sui dati globali. Uno tra i tantissimi di cui disponiamo in Recce’d.

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Questo resta e resterà sempre il nostro punto di partenza per le scelte di gestione del portafoglio.

Poi potete aggiungerci tutti i dati che volete, dai flussi all’analisi tecnica, dalle dichiarazioni di Draghi a quelle di Trump, dagli indicatori di fiducia alle analisi geopolitiche.

Ma la situazione rimane, in ogni caso, quella che avete visto qui sopra, e che ogni mattina leggete in The Morning Brief. I dati non mentono, e non deludono mai l’investitore.