Ben arrivato 2018 (parte 2): si torna a fare sul serio?

C'è una "favola", una "leggenda", che domina sui mercati finanziari da un anno, e che tiene in piedi (miracolosamente) una impalcatura fragile e pericolosissima.

Più o meno, si dice: oggi i dati sono normali, ma domani ..., beh domani vedremo cose spettacolari. Domani tutto sarà fantastico.

Cosa tiene in vita questa "speranza"? Quali sono i punti di debolezza, e dove compariranno le future crepe?

Tra i tanti punti di debolezza, oggi scegliamo di parlare degli utili aziendali, visto che tra 10 giorni (il 12 gennaio) con JP Morgan si aprirà la stagione delle trimestrali relativa al quarto trimestre 2017 per gli USA.

Recce'd vi ha documentato, in un Post della metà di dicembre, la "leggenda" che ha dominato, a proposito degli utili, nel 2017. e lo abbiamo fatto con dati molto precisi, specifici.

Ora è tempo di guardare al 2018: perché proprio il 2018 sarà l'anno di svolta. Se non arrivano conferme alla "speranza" ... allora si salvi chi può.

Vediamo un po' di dati per inquadrare la questione.

Primo dato: negli USA oggi siamo ai massimi di ogni tempo (con la sola eccezione dell'anno Duemilanove) del rapporto tra gli utili già comunicati ed i prezzi. La scommessa sul futuro, pertanto, è senza alcun precedente.

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Secondo dato: le banche di investimento globali prevedono una forte crescita degli utili nel 2018, ma non si vede il minimo effetto dei tagli alle tasse di Trump nelle stime degli analisti (la riga in alto nel grafico parte dal 2016).

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Terzo dato: sempre dal grafico qui sopra: notate che il consuntivo per il 2017, per l'indice S&P 500, è di 131 dollari USA per azione (la riga in basso nel grafico) e che non c'è stato il minimo miglioramento nel corso del 2017. Vi avevamo già documentato che 131 dollari era la stima delle stesse banche di investimento a metà 2014, ovvero 3 anni fa, per i 12 mesi successivi. Ma ... ci siamo arrivati invece solo 3 anni dopo. Capita.

Quarto dato: il rialzo registrato fino ad oggi (terzo trimestre 2017) degli utili USA non è nulla di sensazionale. E' documentato dal grafico sotto. Il trimestre veramente forte dovrebbe essere il quarto 2017, come vedete nel grafico, e poi viene stimata (ovvero prevista, o meglio immaginata) una sostanziale esplosione, ma soltanto dal secondo trimestre 2018 (il primo sarebbe, a vedere bene il grafico, in calo).

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Ci sono poi numerosi altri dati, relativi agli utili sia negli Stati Uniti sia in Europa, che devono essere presi in attenta considerazione da tutti gli investitori: i nostri Clienti riceveranno da noi tempestivi, ed utili, approfondimenti in merito.

Aggiungete poi a questi dati le necessarie considerazioni sulla crescita dell'economia nel suo insieme, dei tassi di interesse di mercato, dei tassi della Fed, dell'inflazione, del cambio del dollaro, e così via. Anche su questo, il nostro lavoro per i Clienti sarà tempestivo e di dettaglio.

Per ragioni di spazio, qui nel Post ci limitiamo però a segnalare un ultimo dato.

Quinto dato: le stime, di regola, sono sempre sbagliate per eccesso. Lo vedete qui sotto nell'ultimo grafico. Il fatto notevole del 2017 è che nel corso dell'anno sono scese ma meno che negli anni precedenti.

Come investitori, vi dovete chiedere se anche il 2018 somiglierà al 2017, oppure se sarà più simile a tutti gli anni precedenti. Da qui, poi, fate scaturire le vostre scelte operative. Come minimo, fatevi almeno qualche domanda. Nel vostro interesse.

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Valter Buffo
Ben arrivato 2018 (parte 1): vincitori e perdenti

Guardiamoci indietro per un'ultima volta: il 2017 ci lascia un'eredità che ci ha visti in difficoltà, per ciò che riguarda i risultati, ma che allo stesso tempo ci crea opportunità molto grandi per il 2018, molto più grandi rispetto al recente passato.

Non nascondiamoci, però: c'è chi, nel 2018, ha fatto meglio. Cavalcando l'onda, seguendo il trend, scommettendo sull'entusiasmo, approfittando del "momento di mercato".

Ci interessa? Ci tocca da vicino? Ci preoccupa? Ci fa sentire ... sconfitti?

Per dare una risposta che sia oggettiva, e non emotiva, diventa importante quantificare: chiedersi "quali occasioni abbiamo perso" nel 2017.

Il sito Morningstar, che voi stessi potete consultare in ogni momento, ci aiuta proprio in questo senso, con la tabella che segue.

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Come abbiamo fatto anche in passato, utilizziamo i dati relativi ai Fondi Comuni in Italia, che potete vedere qui sopra. La terza colonna è quella della performance annuale, mentre la quinta colonna è quella della performance media degli ultimi cinque anni.

Nell'analizzare questi dati, vi chiediamo di ricordare che sono dati che arrivano alla fine di un lungo periodo di rialzi degli indici, di tutti gli indici: sono, quindi, i dati che i Fondi Comuni hanno realizzato in un periodo che, per i Fondi Comini stessi, non poteva essere più favorevole. La "famosa" marea che ha fatto salire tutte le barche.

Marea che, prima o dopo, si ritirerà certamente.

Tutto ciò detto, vi chiediamo di analizzare anche con attenzione i dati della sesta colonna, che è la deviazione standard, ovvero la volatilità (la "instabilità") dei portafogli: vi ricordiamo che questo è il SECONDO OBBIETTIVO ESPLICITO delle nostre gestioni.

Grazie alla nostra scelta di grande prudenza (LONG di cassa, di liquidità) noi nel 2017 abbiamo realizzato una deviazione standard dei portafogli vicina a 5 sul portafoglio RNI che è quello più rappresentato nelle scelte dei Clienti.

Il dato è importantissimo: aiuta l'investitore a NON mischiare ... le mele con le patate.

Tutto ciò detto, vi scriviamo anche quale è la NOSTRA conclusione, una volta esaminati questi dati: Recce'd non si ritiene perdente, anche se nel 2017 abbiamo faticato, e molto. 

Recce'd guarda sia al dato annuale sia a quello degli ultimi cinque anni, che ci vede ancora in vantaggio.

Recce'd conclude che molto presto torneremo in cima anche alle classifiche annuali (dove stiamo quasi sempre), e questo mantenendo però sempre il profilo di rischio sotto uno stretto controllo (in termini di deviazione standard).

Mercati oggiValter Buffo
Come gestire nel 2018 (parte 5): sperare NON è una strategia
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Il titolo è una notissima (ci hanno intitolato anche dei libri) frase fatta degli anglosassoni: "hope is not a strategy".

Sta di fatto che, nel 2018, le masse degli investitori hanno scelto di agire proprio in quel modo: "sperando" che da oggi in poi le cose vadano alla grande.

Certo, sono stati spinti, pressati, indottrinati. E' vero, va riconosciuto. E tuttavia ... così tanta "ingenuità" a noi sembra un caso da "psicologia delle masse".

Da anni, Recce'd sta qui a spiegare ai Clienti che "hope is not a strategy": anche solo per un istante, allontanare gli occhi dai dati di fatto, e farsi coinvolgere nella psicologia di massa, può essere un errore fatale.L'errore di una vita intera.

Se non ne siete convinti, rileggetevi questo brano: un brano che riportiamo in inglese per non modificare nulla. Non ci sono opinioni: solo un elenco di eventi storici e di dati di fatto, molto recenti, dai quali però (almeno fino ad oggi) le varie BCE, Fed, Goldman Sachs, Morgan Stanley, e la massa degli investitori sembrano non avere imparato nulla.

Recce'd vi invita non solo a riflettere: noi vi invitiamo, a investire, insieme a noi, in modo conseguente.

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During the 40 months after Alan Greenspan's infamous "irrational exuberance" speech in December 1996, the NASDAQ 100 index rose from 830 to 4585 or by 450%. But the perma-bulls said not to worry: This time is different----it's a new age of technology miracles that will change the laws of finance forever.

It wasn't. The market cracked in April 2000 and did not stop plunging until the NASDAQ 100 index hit 815 in early October 2002. During those heart-stopping 30 months of free-fall, all the gains of the tech boom were wiped out in an 84% collapse of the index. Overall, the market value of household equities sank from $10.0 trillion to $4.8 trillion----a wipeout from which millions of baby boom households have never recovered.

Likewise, the second Greenspan housing and credit boom generated a similar round trip of bubble inflation and collapse. During the 57 months after the October 2002 bottom, the Russell 2000 (RUT) climbed the proverbial wall-of-worry----rising from 340 to 850 or by 2.5X.

And this time was also held to be different because, purportedly, the art of central banking had been perfected in what Bernanke was pleased to call the "Great Moderation". Taking the cue, Wall Street dubbed it the Goldilocks Economy----meaning a macroeconomic environment so stable, productive and balanced that it would never again be vulnerable to a recessionary contraction and the resulting plunge in corporate profits and stock prices.

Wrong again!

During the 20 months from the July 2007 peak to the March 2009 bottom, the RUT gave it all back. And we mean every bit of it----as the index bottomed 60% lower at 340. This time the value of household equities plunged by $6 trillion, and still millions more baby-boomers were carried out of the casino on their shields never to return.

Now has come the greatest central bank fueled bubble ever. During nine years of radical monetary experimentation under ZIRP and QE, the value of equities owned by US households exploded still higher----this time by $12.5 trillion. Yet this eruption, like the prior two, was not a reflection of main street growth and prosperity, but Wall Street speculation fostered by massive central bank liquidity and price-keeping operations.

Nevertheless, this time is, actually, very different. This time the central banks are out of dry powder and belatedly recognize that they have stranded themselves on or near the zero bound where they are saddled with massively bloated balance sheets.

(...) 

In short, this time is truly different because the impending, spectacular late-cycle collision of US fiscal and monetary policies is sure to rock the $100 billion global bond market with severe, cascading ripples of downward pricing adjustments (i.e. higher yields and wider spreads). Yet the entire price structure of the equity market incorporates the previous era of drastically repressed yields.

In our judgment, a large share of the $15 trillion of US stock buybacks and M&A deals over the last decade would not have happened---save for the ultra-low after-tax cost of debt. For instance, mega-M&A deals by investment grade companies always look accretive to earnings because they have been 85% cash/debt financed at a weighted average after-tax cost of under 2.0%.

Likewise, the scramble for yield has funded a massive revival of the junk loan and bond markets---with combined outstandings now pushing $4 trillion or more than double the 2007 level. On the margin, virtually every dollar of that $2 trillion gain went into the liquidation of corporate equities via LBO's and leveraged recaps.

In a word, a huge chunk of the over-valuation in today's stock markets reflects the cheap debt fueled financial engineering "bid" for stocks that will be literally monkey-hammered by the central bank pivot to QT---compounded by the fiscal insanity of the Trump-GOP debt binge.

In that context, the insouciant complacency in today's casino is all the more remarkable---and dangerous. The VIX index average during 2017 came in at 11.1. That is the lowest reading ever - by more than one and a half points - since the VIX inception in 1986. By way of comparison, the daily average for all years since then was over 20.

Likewise, the maximum level reached by the VIX in 2017 was 17.3. That's the lowest maximum level attained in any year since inception----and 60% lower than average.

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Mercati oggiValter Buffo
Come gestire nel 2018 (parte 4): buttarsi nel vuoto "perché lo fanno tutti"?

Non è una buona idea, ve lo diciamo subito: seguire il branco e buttarsi dal ponte solo perché "lo fanno gli altri" non garantisce risultati. Ci sono decenni di storia dei mercati finanziari che lo raccontano. E disastri di investitori che non sanno ragionare con la propria testa.

Certo: la pressione è immensa: quotidiani che spingono, tv che rilanciano, e Reti di Vendita che pressano spiegando "quanti soldi ha guadagnato quest'anno mia zia".

Quando tutti scrivono che "le cose anno piuttosto bene", che "c'è in giro grande ottimismo", che "si vedono ulteriori miglioramenti all'orizzonte", ognuno di noi investitori deve farsi delle domande.

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Un asset finanziario, di qualsiasi tipo, dalle azioni alle obbligazioni agli altri, è sempre una scommessa sul futuro. Oggi per oggi, vale nulla: non ha un valore d'uso, come un'auto oppure un orologio.

Il valore di un asset finanziario deriva dal fatto che quell'asset garantisce, a chi lo detiene, benefici FUTURI. Il suo prezzo sarà quindi interessante solo in un caso: se NON TUTTI quei benefici futuri sono già stati previsti, e scontati nei prezzi di oggi.

Moltissimi, tra gli investitori finali, sono ancora oggi convinti che investire in un asset finanziario sia come comperare una merce, un bene: un'auto oppure un vaso di vetro oppure un quadro.

Non è assolutamente così. Investire in un asset significa, prima di tutti, valutarne il prezzo e chiedersi se corrisponde a quei benefici futuri di cui sopra.

Per questa ragione, molto semplice, Recce'd insiste sempre coi suoi Clienti: operare sui mercati non è solo comperare, è anche vendere. Se i prezzi sono interessanti, si compera un'azione oppure un'obbligazione. Se i prezzi sono troppo alti, come accade oggi (ma pure 12 mesi fa), la si vende e si aspetta che il prezzo ritorni a livelli di equilibrio.

Sembra semplice, ma non lo è: perché, fatte queste valutazioni, dovete poi farvi molte altre domande. Ad esempio dovete ogni giorno chiedersi che cosa fanno "gli altri", ed in particolare che cosa sta facendo "la mandria" di sui si diceva all'inizio. Grafici come quello che segue aiutano a trovare la giusti risposta.

Nel grafico la linea blu racconta il livello di leva finanziaria che oggi è presente sul mercato azionario negli Stati Uniti

Nel grafico la linea blu racconta il livello di leva finanziaria che oggi è presente sul mercato azionario negli Stati Uniti

Mercati oggiValter Buffo
Come gestire il 2018 (parte 3): gli obbiettivi degli altri. E i nostri

Lo abbiamo chiarino nelle nostre Lettere al Cliente dedicate al 2018, spedite circa dieci giorni fa. E lo ripetiamo, in modo più sintetico qui oggi. il 2018 si presenta come un anno ricchissimo di opportunità di guadagno a rischio BASSO, e questo proprio a causa delle enormi anomalie che Recce'd ha più volte segnalato nel corso del 2017.

"Back to normal" è forse la sintesi estrema di questa nostra visione, e su questa base ci aspettiamo dal 2018 di mettere a segno risultati di gestione molto importanti.

Ma gli altri, in Italia e nel Mondo, che cosa ne pensano?

Partiamo dalla Borsa USA, che senza dubbio nel 2017 è stata il fattore leader: ed anzi, si potrebbe dire il fattore UNICO che ha mosso, oppure bloccato, gli altri mercati e le altre asset class. 

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Qui sopra, vedete quali sono le previsioni, i target, delle grandi banche di investimento internazionali per lo S&P 500 nel 2018: la previsione è quella più o meno solita, di "grande buon senso", e quasi mai rispettata, ovvero "salirà, ma di poco".

Così si salva la faccia (la Borsa sale sempre) ma senza esagerare. Era esattamente questa la situazione 12 mesi fa, ovvero una previsione media al +4%. Una previsione ... "da prete" si sarebbe detto nelle campagne di cinquanta anni fa.

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Nella tabella che vedete qui sopra, vengono messi a confronto nel corso degli ultimi anni gli obbiettivi delle grandi banche di investimento ed i risultati effettivamente conseguiti. Lasciamo al lettore di analizzare i dati, commentando che a nostro giudizio ciò che è significativo, di tutta questa tabella, sono gli scarti di dimensione più grande dell'ultima colonna a destra. Guardateli con attenzione. E' lì, in quegli anni, che la buona gestione dei portafogli ha fatto in passato (e farà anche in futuro) tutta la differenza del Mondo.

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Nella tabella qui sopra, mettiamo a confronto i target per lo S&P 500 con quelli per lo Euro Stoxx 600 sempre nel 2018: la media delle previsioni qui è più elevata (+7%) ma non molto diversa dalla precedente. Ciò che a noi sembra interessante è notare invece la dispersione, che è molto ampia. Si passa da un dato negativo fino al +17,5%. 

Offriamo questi dati ai nostri lettori perché si tratta comunque di informazioni che sui mercati circolano in modo insistito. Cogliamo però anche questa occasione per ripetere che questo non è il nostro mestiere: Recce'd non ha "target di fine 2018".

Recce'd non crede si possa prendere sul serio, nel 2018, una cosa come la "asset allocation strategica", in un mondo, ed in un mercato, dove tutto, ma proprio tutto, si potrebbe ribaltare dalla sera alla mattina. Per due volte in dieci anni i mercati hanno mostrato il loro "lato oscuro" (2000 e poi 2007-2009) e Recce'd ritiene che quella fase non sia finita. Anzi, noi riteniamo che quella fase debba ancora toccare il suo momento più alto, in termini di tensione e di stress.

In questo contesto, la "asset allocation strategica" è una politica di portafoglio che non è solo rischiosa e pericolosa: è anche fallimentare. Chi investe sulla base della "asset allocation" verrà travolto, spazzato via nel caso di una nuova Crisi Finanziaria, che sulla base dei dati di oggi nessuno può escludere. Ne hanno parlato il FMI, la Banca dei regolamenti Internazionali, la Federal Reserve e la Bundesbank, nel 2017.

La "asset allocation strategica" ha un solo scopo, che è quello tipico delle Reti di vendita; lo scopo è "tenere tranquillo il Cliente" e NON farlo mai vendere le quote di Fondi Comuni ("se no, come guadagnamo?").

In Recce'd, trovate strategie del tutto diverse. In Recce'd non abbiamo alcuna "allocazione strategica", il portafoglio viene gestito con riferimento al mercato di oggi, alle valutazioni di oggi ed ai livelli di prezzo di oggi. Le "medie storiche di rendimento", le statistiche stagionali e l'analisi tecnica sono strumenti perdenti, come dimostra la storia degli ultimi venti anni, ed è invece una gestione dinamica del portafoglio (con il rischio controllato anche lui guardando avanti, e non indietro) a garantire risultati stabili e eventuali minusvalenze che restano all'interno dei nostri parametri di controllo.

Mercati oggiValter Buffo