La Nouvelle Vague tra gli ETF: cosa sono gli Smart Beta?

Nel mondo del risparmio, la Nouvelle Vague da qualche anno sono sicuramente gli ETF. ne abbiamo scritto più volte in questo Blog, e la settimana scorsa abbiamo offerto ai nostri Clienti un'analisi di dettaglio, mennendo anche in luce i limiti (che ci sono!) di questa corsa agli ETF.

Di recente, per "diversificare l'offerta", nel mondo degli ETF si è spinto molto su una sotto-categoria: che è stata chiamata, dagli uffici del Marketing, Smart Beta.

Smart, più che "intelligente", in inglese significa "furbo": E come tutti sanno, sono due cose MOLTO diverse. Come vedremo nel seguito del nostro Post.

Gli ETF Smart Beta sono prodotti solo azionari, che utilizzano una serie di strumenti messi a disposizione, già venti anni fa, dalla letteratura accademica, ed in particolare dalla tradizione dei modelli Fama-French degli anni Novanta (chi è interessato ad approfondire ci scriva e forniremo la documentazione di base). Nulla di nuovo, dunque, se non la loro massiccia diffusione verso il pubblico degli investitori individuali, dopo che presso gli istituzionali si erano alternati successi e delusioni (forti). Una operazione di commercializzazione di massa.

Questa diffusione verso il pubblico è, va detto, una FORZATURA COMMERCIALE: vengono proposti da parte di un esercito di promotori che NON li ha capiti nei loro criteri di funzionamento, ad una massa di investitori che NON li ha capiti in termini di cosa è lecito attendersi (rischio e rendimento).

Detto questo, se ne parla: e di recente, lo scontro tra due dei gestori più noti nel comparto Smart Beta, Rob Arnott e Cliff Asness, è arrivata addirittura sulle prime pagine di tutto il Mondo.

Recce'd ve ne parla per questo, ovvero perchè se ne parla. La nostra opinione di gestori professionali di portafoglio, su questo tema, è chiara da tempo, e di recente abbiamo anche pubblicato sul Financial Times un documento di lavoro (paper) che spiega le ragioni per le quali questi "Beta" in realtà sono solo parametri statistici, e quindi storici, e quindi inutili quando si tratta di prendere decisioni di investimento. I Beta secondo Recce'd NON ESISTONO. Il paper è disponibile per i nostri Clienti.

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Visto che se ne parla però è giusto che anche noi ne parliamo: ed è giusto che, finalmente, si chiarisca al pubblico degli investitori che cosa sono davvero questi Smart Beta, o "modelli a fattori".

Charito che sono modleli che funzionano solo se applicati alle azioni (e quindi NON a tutto il portafoglio) ecco qui alcune chiarissime parole che ne spiegano i criteri di base. La lingua inglese come sempre serve per non snaturare il significato originale.

What has been at the vanguard of thinking in finance is the breakdown of returns into its constituent parts or risk factors. Finance has moved well beyond market beta. The primal breakdown for a portfolio is not returns by asset class but returns by risk factors. Some have criticized the current situation a factor zoo; however, even factor excesses does not change the fact that factorization is the paradigm used more and more by investors. 

There are many factors and many assets to map with factor weighting. The shear size of the problem lends itself to computerization and data mining. The role of the analyst as story-teller is diminished when a stock can be described through a set of modeled factor. Investors now buy risk premia not stories or names. Individual names are just the means to the end of gathering beta risks. Smart beta is just the realization that if factors can be used to describe stocks they can also be used to weight stock portfolios. This may be smart or it could just be the outgrowth from how the finance world is being viewed. 

Factors can be classified into two main categories: micro factors which are asset specific and macro factors which are related to macro events like the business cycle or changes in rates and credit availability.

La parte qui sopra in grassetto dice tutto: invece di investire su Società Quotate sulla base dei loro profili di business complessivi, si investirà selezionando il modo in cui i singoli titoli reagiscono a "fattori di rischio". Queste reazioni sono misurate sul passato. Ovvero la selezione viene fatta sulla base di come i titoli hanno reagito in passato ai diversi "fattori di rischio".

Aggiungete poi il fatto che la scelta di questi fattori viene fatta ex-ante, una volta per tutte, definisce il modello, ed è in buona sostanza arbitraria. Viene fatta da chi gestisce il modlelo, sulla base delle sue "convinzioni". Qui sotto vedete un esempio di quanti "fattori di rischio" esistono in questo nostro complicato, ma bellissimo Mondo: la slide è tratta da una presentazione del World Economic Forum di Davos 2017.

Si tratta di un esempio che vi può servire ad intuire perché quella degli Smart Beta non è e non sarà in futuro la strada di Recce'd: per noi si tratta solo della Ultima Moda dell'industria del "risparmio gestito", e Recce'd si colloca fuori da quell'industria, e soprattutto ... dalla parte del Cliente investitore.

Valter Buffo
Sterlina GBP alle grandi manovre

La sterlina GBP è uno dei temi di Recce'd come tutti sanno: un tema di investimento, specie nel 2017. Oggi 18 aprile 2017 abbiamo tre cose importanti da segnalare a chi investe, e precisamente:

  1. la scelta di Theresa May di convocare nuove Elezioni Politiche per il prossimo mese di giugno
  2. da parte del Fondo Monetario Internazionale, la revisione AL RIALZO della crescita GDP del Regno Unito per il 2017, che adesso sta al 2% (fa sorridere, oggi, rileggere quello che si scriveva in giro nel luglio 2016, sulla "recessione inevitabile")
  3. Il cambio della sterlina che risale a 1,2750 contro USD, una soglia la cui importanza noi abbiamo messo ulteriormente in evidenza con il grafico qui sopra
Mercati oggiValter Buffo
Whatever it takes: a chi è servito? (parte 1)

Molti amici e Clienti ci domandano perché è stata ingaggiata da anni una fuorisa battaglia contro i mercati, per schiacciarne la naturale volatilità e per fare salire tutto, un rialzo generalizzato che anche agli investitori meno informati, ovvero più distratti, risulta alla lunga poco chiaro, poco convincente, e sospetto.

Ci sono più risposte, alcune delle quali le avrete forse già lette, negli anni passati, proprio in questo Blog. Tutte le risposte convergono però su di un solo punto di analisi, ovvero che le politiche del QE sono state dirette, in modo esplicito, a salvare una industria delle banche e del risparmio vecchia, costosa, rigida, non efficiente, facendo salire il valore degli attivi (ovvero, dei Titoli di Stato detenuti dalle banche) e dei loro Fondi Comuni (portati tutti su dalla marea come le barche al molo).

Un ulteriore conferma arriva da una recente analisi del (notissimo) problema dello underfunding dei Fondi Pensione negli Stati Uniti. Un problema che per il momento rimane e rimmarrà fuori controllo, fino a che i suddetti Fondi Pensione continueranno ad investire i loro attivi seguendo la asset allocation tradizionale proposta dalle banche di investimento che sono loro consulenti (e costosissime).

Il punto è il seguente: i Fondi Pensione devono bilanciare performances attese ed uscite attese. le uscite attese sono fisse, determinate, sono le prestazioni che saranno dovute agli aderenti a questi Fondi.

Le entrate invece sono le performances di portafoglio: e per bilanciare le entrate con le uscite, da oltre venti anni tutti i Fondi pensione ricorrono a un piccolo trucchetto, ovvero dichiarare attese di performance del tutto NON realistiche. Ancora oggi, nel 2017, i Comitati di Investimento dei Fondi pensione basano la loro allocazione "strategica" su previsioni di rendimento della parte azionaria dei loro portafogli del 7,5% oppure dello 8% anno dopo anno.

Sono numeri che non hanno alcun senso: ma allora perché questi signori, nei Comitati di Investimento (pagatissimi) non cambiano queste attese di rendimento?

La ragione è semplice: come vedete sopra, oggi il 27% degli impegni presi dai Fondi Pensione non trova corrispondenza nel valore dei loro attivi: non ci sono i soldi. Dichiarare obbiettivi di rendimento più bassi vorrebbe dire accettare che, in futuro, per fare fronte agli impegni pressi dai Fondi Pensione sarà necessario un salvataggio da parte dello Stato. Esatto: proprio come accade in Italia, sarà necessario togliere soldi dalle tasche dei più giovani per pagare la pensione alle generazioni meno giovani.

U.S. funds assume an average return of 7.6%. If they were to assume the return on a low-risk U.S. government bond, it would be only 2.5% or 3%. That is why some experts who analyzed recommendations made by the Pension Task Force of the Actuarial Standards Board believe U.S. state and local government pensions could be underfunded by $5 trillion. Put another way, if those pension funds tried to buy annuities from insurance companies to fund the future benefits they have promised, they would be short $5 trillion. That’s why the Pension Task Force recommended that pension funds switch to using a “market rate of return”— which would be, for guaranteed future benefits, the much lower return on an annuity or government bond.

Political resistance to making this change is very strong. It would mean that governments — i.e. taxpayers — would have to contribute up to three times as much as they do now. Consequently, the funds continue assuming an unrealistically high return. They hire consultants and money managers who happily acquiesce, tacitly implying they can achieve it. Trouble is, they can’t. But both consultants and investment managers — particularly the hedge-fund managers that consultants recommend — charge absurdly high fees. These fees come out of pension funds’ coffers and, ultimately, from taxpayers, unless they default on the promises to retirees.

Se a queste considerazioni aggiungete quelle del Post precedente (Meet John Bogle, parte 3), sul forte calo delle performances degli indici nei prossimi decenni, e mettete il tutto insieme alla asset allocation tradizionale 30/70, capite perchè questo elemento risulterà uno dei maggiori, e forse il maggiore, condizionamento alla politica monetaria, negli Stati Uniti ma pure nel resto del Mondo.

Forse è bene ricordare le cifre in discussione: i Fondi Pensione negli Stati Uniti ad oggi hanno passività (prestazioni garantite) per 8,63 mila miliardi di dollari, dei quali 2,33 mila miliardi (come stima minima) oggi risultano unfunded. Se vi serve un termine di paragone, il debito pubblico degli Stati Uniti oggi ammonta a circa 10,5 mila miliardi di dollari.

Anche se nessuno ve lo racconta, questi sono i fattori che oggi condizionano, in modo decisivo, il rendimento futuro dei vostri portafogli di investimento: e non la "politica del dollaro forte" della Amministrazione Trump, e meno che mai le Elezioni in Francia oppure in Italia.

Mercati oggiValter Buffo
Meet John Bogle (parte 3)

Vi abbiamo già presentato lo scorso novembre John Bogle, un uomo che quaranta anni fa seppe vedere, prima di quasi tutti gli altri, la Rivoluzione del risparmio che è in corso da qualche anno, e di cui sta grandemente beneficiando attraverso Vanguard, la Società che ha creato.

Oggi riproponiamo ai nostri amici Clienti e lettori alcune frasi di una sua recente intervista al Wall Street Journal, frasi che noi riteiamo illuminanti in merito all'attualità dei mercati fnanziari e a ciò che ci attende, in quanto investitori, nei prossimi decenni.

Le frasi sono riproposte in lingua originale perché la traduzione potrebbe indebolirne il significato (e anche ... per ragioni di tempo, che è sempre scarso).

The Vanguard veteran said investors should always be prepared for the market to fall by as much as 20% to 30% — or even more. Right now, U.S. stocksare up nearly 15% over the past 12 months and close to record highs. Given that they’re fully valued, a slump could come this year or next, Bogle suggests.

La prima frase che abbiamo selezionato per voi riguarda le probabilità di un movimento al ribasso degli indici. la seconda, che segue, riguarda invece quello che dobbiamo attenderci dagli indici di mercato nei prossimi decenni (attenzione: dagli indici, e NON dal vostro portafoglio di investimenti).

“It’s hard for me to figure out how this period stands out in an awful lot of good ways,” “What the markets seems to be telling us here in the U.S. is that there are a few bullish things going on with the new administration, which is determined to borrow a lot of money to spend a lot of money,” he added. The big question for Bogle is how much of Trump’s tax and reform agenda will become reality. That’s the big unknown. But he does have an inkling of how things could go. “My feeling is that anything that increases the gap in wealth in the U.S. is bad for our society and bad for markets. Anything that increases racial division here is bad for our economy,” he said“. So we’re having a battle between the short run and the long run. The short run is bullish, the long run more bearish.” Given that, Bogle doesn’t see the next few years bringing stock gains anything like the average 11% rise across his own career. Instead, investors should expect annual returns of around 4% for equities, he said. For bonds, returns could be even lower. “We are not going to have Nirvana. We are going to have — I’m quite sure — profits and returns on stocks and bonds over the next decade. But they will be low,” he said. “I don’t mean to be downbeat. I mean to be realistic,” he added.

Infine, ecco il suo pensiero sulle strategie di investimento, riassunto in una frase sola.

Even if Bogle’s two rules sound like simple advice, he says people too often do exactly the opposite. Instead of taking a disciplined path led by rational thinking, younger and less-experienced investors let their emotions take over — particularly in times of stress. “In a great bull market, people feel good, they feel optimistic, they want to invest more in stocks. If there’s a big bear market, people are scared to death and want to take money out of stocks,” he said. “They want to put extra money in at the highs and take money out at the lows — their investment program is going to be a total failure. So you need self-discipline.”  “It’s getting your emotions out and letting the economics of investing take over.”

Questo il quadro: a voi le scelte. Partendo da queste prmmesse, potete scegliere (se le vostre idee si sono chiarite) il consulente più adatto e la strategia di investimento più efficace: non vi serve altro.

E se pensate che, davanti ad uno scenario di mercato come questo, abbia anche solo un briciolo di senso affidarsi alla asset allocation con il 30% di azioni ed il 70% di obbligazioni, oppure ai Fondi Comuni, oppure peggio ancora alle GPM, bene, allora non avrete che l'imbarazzo della scelta. Ma noi in Recce'd (purtroppo e con rammarico) non abbiamo nulla da dirvi.

Mercati oggiValter Buffo
Cinque domande semplici

Fare il gestore di un portafoglio titoli, negli anni di RISK ON - RISK OFF, è la cosa più semplice del mondo: basterà fare quello che le Banche Centrali ci dicono di fare. Finché le Banche Centrali comperano, non ci sono rischi.

Questo, almeno, è quello che ci raccontavano, in massa, banche internazionali e promotori nazionali fino a due anni fa. Poi, sono arrivate le ... mazzate, tanto forti da metterli tutti in fuga, disordinati come una mandria di bufali.

Ora, ci ritroviamo in una stagione che è un po' vecchia è un po' nuova: ci sarebbe la voglia di raccontare che siamo tornati al RISK ON ma ... no, nessuno lo dice, perché il ricordo dei recenti tracolli fa davvero paura, ed allora tutti allineati e coperti. Ed infatti: non succede più nulla.

 

I mercati finanziari, tutti, sono passati da uno stato di iper-reattività ad uno stato semi-comatoso, e ci mostrano una faccia un po' stordita, ed un comportamento che (con il dovuto rispetto) appare frastornato, se non rimbambito.

Non sappiamo che cosa farà uscire i mercati (insieme a noi gestori di portafoglio e tutti gli investitori) da questa fase: ma siamo certi, anzi certissimi, che se ne uscirà presto. E da quel momento, noi gestori attivi, noi gestori che rifiutiamo i benchmark, noi che guardiamo oltre la asset allocation, avremo a disposizione occasioni importanti per fare notevoli performances.

Che cosa ci fornisce questa certezza? Le nostre analisi, le nostre valutazioni quotidiane, le nostre simulazioni, sulla base delle quali abbiamo costruito, e costruiremo in futuro, i risultati dei nostri Clienti. Ai lettori che si chiedono quali sono i risultati delle nostre simulazioni, rispondiamo proponendo invece sei domande, molto semplici:

  1. come spiegate che i rendimenti a 10 anni delle obbligazioni nel 2017 sono scesi, e non aumentati, nonostante un rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve ed una inflazione in aumento un po' dovunque?
  2. come spiegate che lo yen giapponese tratta a 108 contro il dollaro USA, ovvero contro il "dollaro forte"?
  3. come spiegate che la Borsa di New York ha chiuso giovedì 13 aprile a 2325 punti, ovvero 50 punti sopra il livello di metà dicembre 2016, nonostante tutti gli indici di fiducia dei consumatori siano su livelli massimi?
  4. come spiegate che il petrolio greggio viene scambiato a 52$ sopo che l'OPEC ha finalmente raggiunto gli accordi sui tagli alla produzione, dopo anni di trattative?
  5. come spiegate che in aprile il VIX (indice di volatilità) è salito da 12 a 16?
  6. ed infine: come spiegate che il vostro consulente, invece di chiamare la vostra attenzione su questi elementi, vi distrae con altri argomenti, con altre questioni di importanza marginale? Perché lo fa? A che obbiettivi sta puntando?
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Sono sei domande, ma allo stesso tempo sono la risposta a chi ci chiede che cosa hanno prodotto le nostre simulazioni di portafoglio e le nostre valutazioni. I risultati si riassumono in queste sei domande, perché qui c'è tutto ciò che vi serve per adeguare il portafoglio ai prossimi nove mesi del 2017. Il vostro attuale portafoglio è pronto, è efficiente, è adatto alle sfide che queste domande vi anticipano?

Mercati oggiValter Buffo