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La Fed in testacoda: che cosa cambia per gli altri
 

La settimana scorsa, avevamo anticipato i temi della riunione della Federal Reserve pubblicando sulla pagina MERCATI del nostro sito questo estratto da un articolo di El Erian.

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Per chi lo ha letto si è trattato di una introduzione molto utile per comprendere ciò che poi, effettivamente, è successo.

Tutti i lettori del sito sono già informati del fatto che abbiamo assistito a un fatto epocale: mai, in precedenza, una Banca Centrale aveva in sole sei settimane invertito la rotta della propria politica monetaria. Sono stati in tanti, ad utilizzare il termine “capitolazione”.

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La mossa, del tutto inaspettatata e senza precedenti, della Fed ha immediatamnete riacceso il dibattito sull’esistenza della “Fed put” e sulla suo essere una espressione dell’interesse generale (come, per mandato della Fed, dovrebbe necessariamente essere) oppure funzionale ad interessi moto particolari e specifici.

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Le implicazioni, per le previsioni sull’andamento futuro del tasso ufficiale di interesse USA, sono quelle ovvie, che vedete ben rappresentate sotto, nel grafico di Bloomberg.

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Tutt’altro che ovvie, ed al contrario molto incerte, sono le implicazioni per i mercati finanziari: come dice il brano qui sotto, la riunione del 29 gennaio 2019 ha sancito il fallimento del tentativo, da parte della Fed, di anticipare i mercati finanziari, invece di essere costretta a seguirli. Questa scelta mette in discussione il concetto stesso di indipendenza della Banca Centrale. Ed aumenta l’incertezza su tutte le prossime mosse, dai tassi ufficiali alla gestione dell’attivo. Esattamente il contrario di ciò che i mercati chiedono alla Banca Centrale.

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Per una analisi di maggiore dettaglio il Post di un Blog non è la sede appropriata. La nostra analisi di dettaglio sarà disponibile per i Clienti la settimana prossima in the Morning Brief, ogni mattina. Proporremo al Cliente alcune osservazioni originali, come ad esempio quella che vedete sotto nel grafico: il recente rimbalzo della Borsa di New York in una prima fase è stato accompagnato dal rimbalzo delle attese sui tassi ufficiali di interesse (la riga di colore rosso), ma come vedete nelle ultime settimane i due andamenti si sono separati.

Che cosa ci dice questo dato, sui tassi, sulle economie, sulla Borsa stessa, sul dollaro USA?

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Mercati oggiValter Buffo
Gestori tradizionali. Gestori alternativi. E poi ci siamo noi.
 

In più di una occasione, ed anche in precedenti Post di questo Blog, abbiamo spiegato che il progetto Recce’d si propone come obbiettivo principale quello di soddisfare la domanda che viene dai Clienti investitori finali, in numero crescente, e sempre più significativo, con il trascorrere delle settimane e dei mesi.

Di che cosa si tratta? I Clienti investitori sono stanchi di essere trattati come un “gregge” da spostare per tosare meglio. Da qui arriva una richiesta di standard di qualità, e di quantità, più elevati a chi fornisce servizi per il Cliente investitore.

Abbiamo poi illustrato, in più occasioni, che sono tre i pilastri sui quali il nostro progetto si poggia, sui quali è stato progettato, sui quali ogni giorno si sviluppa.

Il primo dei tre pilastri è: eliminare tutti i costi inutili. Oggi, i nove decimi, ovvero circa il 90%, dei costi che il Cliente investitore sopporta, a cui deve fare fronte, se si affida ad un private banker, ad un personal banker, ad un family banker, all’incaricato della Banca, e quindi in tutti questi casi ad un vero e proprio promotore finanziario, sono costi commerciali, i costi che pagano il venditore, i costi per mantenere una Rete di salesmen.

Si tratta di costi del tutto inutili per chi investe: soldi che l’investitore finale butta nella spazzatura. Non servono, nella minima misura, a migliorare i suoi risultati di investimento.

Recce’d questi costi li azzera. Recce’d dimostra che non ce n’è alcuna necessità. Dimostra che il nostro servizio via web vi mette a disposizione non solo un servizio alla pari, ma pure un servizio migliore, nella qualità e nella qualità, rispetto a quello che oggi ricevete dalla vostra Rete di Vendita, quella Rete che mangia ogni giorno grazie ai soldi che incassa dalle retrocessioni dai Fondi Comuni di Investimento.

Passiamo al nostro secondo pilastro: è la comunicazione con il Cliente. Il Cliente finale a nostro avviso ha il diritto di capire, ed il suo consulente ha il dovere di informare. Di informare davvero, e non con le fake news che hanno fatto la fortuna delle Reti di Venditori di Fondi. Su questo argomento, ritorneremo più sotto e poi in un Post successivo.

Il terzo pilastro è la strategia di gestione. La strategia è quella che genera i risultati, sia in termini di performance, sia in termini di gestione del rischio.

Su questo, Recce’d è in grado di garantire ai Clienti il meglio.

Ogni giorno, in Recce’d, ci confrontiamo con tutti gli operatori del mercato del risparmio, ed i risultati degli ultimi 11 anni ci confermano che le nostre strategie risk neutral garantiscono risultati superiori, in termini non soltanto di performance ma pure di controllo dei rischi.

Sono pochi, i Clienti consapevoli che il mercato di oggi è del tutto diverso dal mercato finanziario di 10, 20 e 30 anni fa. Noi, di Recce’d, lo abbiamo documentato in centinaia di occasioni. Tutti gli altri, tutti gli operatori tradizionali dell’industria tradizionale, lo nascondono ai Clienti, con lo scopo di difendere la loro tradizionale strategia di gestione, quella basata sulla asset allocation statica. Che poi in pratica significa per chi ci investe: stare fermi sulla riva del mare, ed aspettare che la marea faccia salire tutte le barche, se lo farà, e quando lo farà.

Ma negare la realtà non è una buona tattica. Il confronto con la realtà non può essere rimandato per sempre.

E la quotazione, in Borsa, delle Società tradizionali di gestione ce lo conferma in modo molto concreto. Lo vedete qui sotto nel grafico. Un business destinato a perdere, progressivamente, di importanza.

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Come i nostri lettori sanno, sul piano operativo Recce’d non si confronta con i gestori tradizionali. Il nostro lavoro, la nostra strategia, ci impongono un confronto più ambizioso, con la categoria dei Fondi Hedge.

Si tratta di Fondi comparsi al Mondo negli anni Ottanta come Fondi “non correlati ai benchmarks” e poi etichettati dalle Reti di Marketing come “Alternativi”.

In numerosi Post degli ultimi anni, ed in altre sedi (riservate ai Clienti) abbiamo illustrato al lettore che esistono strategie che sono definite Alternative ma lo sono solo per l’etichetta. Ed altre strategie di gestione di portafoglio che sono Alternative davvero.

E lo si vede nei risultati.

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Il 2018 ha confermato quanto Recce’d vi aveva già scritto negli anni scorsi: la “vecchia” industria dei Fondi Hedge ormai è, nel suo insieme, correlata allo S&P 500. Sale quando New York sale, e scende se New York scende. Come nel 2018.

La “mission”, quella di produrre rendimenti non correlati ai benchmarks, per varie ragioni è stata messa da parte. Il grafico sotto ve lo conferma: segue mese per mese lo S&P 500. E allora … all’investitore costa meno un ETF sull’indice, no?

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Naturalmente ci sono eccezioni, e si tratta di eccezioni molto importanti, che per noi diventano anche esempi, significativi di attività di gestione svolte con successo, per il gestore ma prima di tutto per il Cliente. Le eccezioni noi le studiamo: e sappiamo però di poter fare di meglio, senza entrare nella vecchia categoria Hedge.

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Tanto per non rimanere nel vago: leggete qui sotto i guadagni (NON IN PERCENTUALE bensì in miliardi di dollari USA) dei maggiori Fondi Hedge, dal loro avviamento (la colonna blu) e nel 2018 (il pallino rosa).

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Vedete bene che, per alcuni Fondi Hedge, il 2018 è stato un buon anno: ma come vi diciamo sempre per avere un criterio di valutazione valido un solo anno non sempre è sufficiente. Ecco perché per noi di Recce’d è utilissimo il grafico qui sotto.

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Nel grafico c’è tutto: il grande successo dei primi anni, la moderazione del decennio dopo il 2000, e poi la crisi di risultati a fronte di indici di mercato sempre “a nuovi livelli record”.

Nei dati del grafico c’è tutto, per chi vuole capire: il fenomeno Hedge Fund si è sviluppato, nei primi anni della sua storia, sulla base di strategie che sfruttavano “anomalie di mercato” (George Soros è un esempio che tutti conoscono). Con l’aumentare del numero di Fondi Hedge, queste anomalie sono quasi del tutto scomparse, non ci sono più, e quindi non è più possibile guadagnarci dei soldi sopra.

E i risultati allora sono quelli che vi abbiamo mostrato.

Negli anni dopo il 2007, i portafogli di Recce’d hanno prodotto rendimenti più elevati, e con un livello di rischio più basso, rispetto a quelli che leggete nel grafico.

Questo risultato è dovuto ad una strategia di investimento che non è quella perdente della asset allocation (media/varianza) usata ancora oggi dai private bankers, ma al tempo stesso non punta neppure a sfruttare le stranezze e le anomalie che hanno fatto la fortuna dei Fondi Hedge fino a 15 anni fa.

Il modello Hedge Fund è a nostro parere fallito perché è del tutto falso che esistono “segretissimi segreti” sui mercati, segreti che solo pochissimi operatori sanno, e che sanno soltanto perché prima hanno lavorato nelle sale operative di Credit Suisse, Goldman Sachs oppure magari Lehman Brothers.

Non esiste nessun segreto. Esistono, invece, criteri di valutazione degli asset, e strategie di investimento adatte ai nuovi mercati finanziari dopo il 2009, che danno ai Clienti investitori risultati superiori e regolari nel tempo. Una di queste è la nostra strategia risk-neutral, e le sue procedure di applicazione ai portafogli.

Ripetiamo che non esiste alcun segreto con cui fare i soldi, alcuna informazione “sussurata all’orecchio”, e non esiste alcun “circolo ristretto di quelli che sanno”. Se no, Lehman Brother sarebbe ancora fra noi, ed il settore banche non sarebbe costretto a sopravvivere aggrappato al giubbotto salvavita che è il QE.

Questo perché Jay Powell, oppure Jamie Dimon, oppure Mario Draghi, oppure anche George Soros, ne sanno quanto voi, e quanto noi, di dove sarà il mercato tra 6 oppure 12 mesi. Investire non è fare il mago con la sfera di cristallo, e meno che mai azzeccarla come alle corse dei cavalli: per vincere, ciò che serve è lavorare ogni giorno, 16 ore al giorno.

E qui torniamo alla comunicazione: a differenza del gestore di un Fondo Hedge che leggete più in basso, in Recce’d puntiamo ed investiamo sulla comunicazione con i Clienti. proprio perché non esiste alcun segreto, il Cliente investire deve essere informato al meglio, e di tutto. Ne ha diritto, i soldi investiti sono i suoi, ha diritto alla massima chiarezza.

Per questo il gestore di Fondo Hedge qui sotto è il vecchio, e Recce’d è il nuovo, che avanza e che vince.

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Mercati oggiValter Buffo
2019: le nuove certezze (parte 3)
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Quelli che vivono con i soldi delle retrocessioni dai Fondi Comuni di Investimento ci bombardano ogni giorno di spot pubblicitari dove si parla di “personalizzazione” e di “creazione di valore per il Clienti”. Frasi sentite già troppe volte, frasi fatte, e vuote di significato concreto.

Guardiamo al contrario ai fatti.

Il mercato dei servizi per il risparmio è entrato, ormai da un decennio, in una fase di trasformazione radicale, che le vecchie Istituzioni (banche e Reti di promotori finanziari) hanno cercato in ogni modo di rallentare.

Ma la storia non si rallenta con le lobby in Parlamento. I dati del grafico in alto ci raccontano di un destino inevitabile: chi vive delle retrocessioni garantite dai Fondi Comuni di Investimento guadagna ogni anno meno soldi.

E presto sarà costretto a ripensarsi, oppure a chiudere, perché ci sono sempre fasi improvvise di accelerazione in processi come questi. Chi si auto convince che MIFID II “non ha cambiato nulla” vive di sogni, e i sogni … non si mangiano.

Per sopravvivere, ma soprattutto per vincere, nel nuovo contesto sono necessarie qualità del tutto diverse da quelle del salesman, del venditore, di chi ti contrabbanda un Fondo Comune dall’etichetta estera e non comprensibile come una “soluzione di investimento”, quando è soltanto un modo (per lui) per togliere a te, Cliente investitore, il 3-4% di commissioni ogni anno, e soprattutto a prescindere dal risultato.

Occorrono come detto qualità e competenze del tutto diverse da quelle del venditore: una delle più importanti è capire che cosa deve fare l’investitore finale in un contesto di mercato che è senza precedenti, che è totalmente diverso da ogni altro episodio del passato, e che offrirà (se va tutto bene) rendimenti come quelli del grafico qui sotto, per quelli che si lasceranno ancora abbindolare dalla storiella della asset allocation di Fondi Comuni di Investimento.

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Mercati oggiValter Buffo
2019: le nuove certezze (parte 2)
 

Il 2019, non somiglierà al 2018. E somiglierà ancora meno al 2017.

I fatti, già oggi, ci offrono elementi per affermare questo.

Prendete ad esempio il VIX: che scende, ed è sceso, grazie alle parole della Federal Reserve. Ma al tempo stesso resta molto più vicino a 20, che a quota 10.

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Sono scesi anche i rendimenti delle obbligazioni più rischiose, le High Yield. E quindi, sono saliti i prezzi. E quindi vi diranno che “c’è più ottimismo”. Vero. Ma date un’occhiata al grafico, e rendetevi conto di dove stiamo oggi, e di dove stavamo 12 mesi fa.

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E, come già detto in un Post recente, poi ci sono i dati per il debito, come ad esempio quelli che leggete nell’immagine qui sotto. Il mercato oggi li ignora? Ricordate quello che è successo tra novembre e dicembre 2018.

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Offriamo un ultimo esempio: la Cina. Non si tornerà mai più alla situazione precedente, e Trump ha (a nostro giudizio) zero possibilità di portare a casa un risultato (come noi dicemmo già due anni fa sul tema della crescita del PIL).

La ragione è che la Cina può resistere (e resisterà) molto più a lungo degli USA alle tensioni commerciali ed economiche.

Se siete lì seduti davanti allo schermo, sperando che torni il rally … fareste bene ad uscire e andare a comperarvi un bel gelato, di quelli nel tazzone con la panna, per consolarvi.

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Mercati oggiValter Buffo
2019: le nuove certezze (parte 1)
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A che cosa serve? E a chi serve una manipolazione del mercato finanziario come quella del venerdì 25 gennaio, che abbiamo già commentato nella nostra utilissima pagina di ricapitolazione settimanale su questo sito?

E perché l’Amministrazione Trump mostra segni sempre più evidenti (e forse eccessivi) di ansia per l’andamento del mercato di Borsa?

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La risposta è semplice: si vuole muovere la massa degli investitori, quello che noi ed altri chiamiamo “il gregge” e spingerli di nuovo verso il rischio, verso gli asset rischiosi, verso la Borsa. creare una sensazione di euforia, attraverso una (falsa, falsissima) impressione di ricchezza.

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Vi chiederete, e ci chiederete: perché proprio adesso? Lo scopo è contrastare una consapevolezza crescente, anche sui mezzi di informazione, di come le cose stanno nella realtà. E’ stata distrutta la retorica della “crescita globale sincronizzata”, ed ormai anche i titoli dei quotidiani parlano in modo aperto di economia che rallenta. Anche negli Stati Uniti.

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Proprio questa consapevolezza, diffusa, ha costretto Trump prima fare marcia indietro sulla Cina e le tariffe, e poi alla clamorosa marcia indietro sul muro con il Messico e lo shutdown di questo weekend.

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La leva che è stata utilizzata nel mese di gennaio è quella che vedete nel grafico qui sotto: il calo del rendimento dei Titoli di Stato, in particolare sulle scadenze brevi (nel grafico, i 2 anni) del debito USA, che ha fatto seguito alla “svolta verbale” della Federal Reserve (che potremmo definire la svolta “della pazienza”).

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Un suggerimento operativo da Recce’d: non date molta importanza a questi effetti che sono tipicamente aggiustamenti di breve termine.

Noi, che diciamo ai Clienti di dubitare sempre e di tutto, di questa nostra affermazione siamo invece certi, anzi certissimi. Non è così, che se ne uscirà. Non basta certo questo, per riportare l’investitore finale al RISK ON di 12 mesi fa.

Spieghiamo: la revisione delle aspettative per i tassi ufficiali di interesse c’è stata, come vedete sotto nel grafico. Oggi, sul mercato, si prevede (o meglio, si spera) che la Fed passi l’intero 2019 senza muovere il costo ufficiale del denaro.

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Ma non potrà succedere, per una serie di ragioni che sono in buona parte intuitive. La Fed deve “raccontare una storia”. E fino a dicembre 2018, raccontava una storia del tipo “l’economia è forte, l’economia è in ottima forma”. Poi, a gennaio 2019, è arrivata la “pazienza”, sia perché i mercati hanno fatto paura, sia perché l’economia reale oggi fa DAVVERO paura (e nessuno ci capisce nulla).

Saranno i fatti, a costringere la Fed ad uscire da questo buco nel quale oggi si è infilata: se le cose nei prossimi mesi andranno bene, allora i tassi ufficiali sarà costretta ad alzarli ancora; mentre se non li alzerà, i mercati sapranno che le cose NON vanno così bene e che l’economia NON è così forte. Ed anche in questo caso, costringeranno la Fed ad uscire allo scoperto.

Mercati oggiValter Buffo