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ROBO advisory: la festa è già finita (non è mai cominciata)

Quando, nel maggio del 2015, poco meno di due anni fa, noi vi scrivemmo a proposito di ROBO advisory che si era di fronte a una specie di "ultima moda" per re-impacchettare prodotti e metodi vecchi senza aggiungere valore, avevamo comunque in mente per questo comparto del mercato del risparmio un orizzonte di alcuni anni nei quali l'elemento della "novità" associato a parole difficili come "algoritmo" e "online" avrebbe garantito uno sviluppo importante.

Non è stato così: oggi, solo a 19 mesi di distanza, registriamo un passo indietro generale. Quella strategia di business è già dichiara fallita.

Da chi? Non da noi, certo: dagli stessi protagonisti di quella ondata di "novità", visto che è di oggi la notizia che il leader del mercato negli USA, Betterment, ha inserito i "consulenti" nel suo piano di sviluppo. Lo riporta tutta la stampa internazionale.

E' una contraddizione fatale. Volete rendervene conto? Fatevi due semplici domande:

  1. se il ROBO funziona, nel senso che l'algoritmo è uno strumento "superiore", a che cosa vi servirebbe il consulente? Che cosa avrebbe da dire, da aggiungere? Perché non se ne occupa, invece, proprio il ROBO? E chi lo decide, fino a che punto arriva il ROBO e quando ... non ce la fa più?
  2. ma se il ROBO invece NON funziona, nel senso che il consulente ne capisce di più, e deve correggere, integrare, supportare, capire ... allora a che cosa vi serve il ROBO? A chi serve? Serve al Cliente? Davvero? Oppure serve solo a quelli che lo hanno proposto al Cliente, per vedere in un modo diverso sempre le stesse storie?

Insomma: siamo già alle scene finali di questo film, ormai si è capito ... chi è l'assassino (e non è il maggiordomo).

Quanto alla grande quantità di soldi investiti in sofisticati computers, nello sviluppo dei famosi "algoritmi", e poi anche in marketing e pubblicità, beh ... quelli sono andati.

Noi andiamo di Recce'd avanti per la nostra strada: restiamo Quant, ma Quant non è solo ROBO, e ve lo dimostriamo da anni. Il nostro film è appena cominciato: come avete letto grazie al link, fin dal maggio 2015 questo è stato il nostro modo di "fare la differenza".

Mercati oggiValter Buffo
Italexit: are you serious?

La stampa nazionale ha ripreso da una settimana il tema dell'uscita dall'euro. Questo risveglio a noi non sembra del tutto casuale: potrebbe (ma il condizionale è necessario in casi come questo) essere un segnale di Elezioni Politiche più vicine.

Sul tema dei benefici e dei costi dell'adesione alla Unione Monetaria, che implica il passaggio all'euro, il dibattito politico in realtà non si è mai spento. E ci sono ragioni forti sia da una parte sia dalla parte opposta.

Noi di Recce'd che guardiamo a questo tema esclusivamente dal punto di vista degli investimenti di portafoglio e dei mercati, ci sentiamo di affermare a proposito una sola cosa: oggi, l'Italia non potrebbe affrontare una uscita dall'Unione Monetaria, e quindi dall'euro, senza subire conseguenze dolorosissime, al limite dell'insostenibile.

La vicenda Trump ha insegnato al Mondo che oggi si possono vincere le Elezioni con slogan molto aggressivi, e con obbiettivi annunciati con grande clamore, che forse poi non verranno MAI raggiunti. Potrebbe accadere anche in Italia, che una parte politica vinca le Elezioni spingendo l'acceleratore su una uscita dell'euro: dovrebbe poi rendersi conto, una volta al Governo che ... semplicemente non possiamo farlo.

Su questo, nei dibattiti in tv non c'è mai il tempo di un approfondimento: dettano legge i "tempi televisivi" e poi gli argomenti con i numeri annoiano il pubblico: purtroppo però la questione sta tutta nei numeri (l'Unione Monetaria si libererebbe volentieri di un partner scomodo fin dai primi giorni).

Oggi 31 gennaio il Corriere della Sera, che sostiene anche lui la "di fatto impossibilità" per l'italia di uscire dalla Unione Monetaria, affronta la questione dei numeri:

(...) le porte dell’Unione si chiuderebbero quasi subito. Tornerebbero le barriere doganali verso i primi due mercati di sbocco: la Germania, verso la quale esportiamo per oltre 50 miliardi l’anno; e la Francia che assorbe 40 miliardi di made in Italy (con un forte surplus commerciale a nostro favore).  (...) Ci accorgeremmo presto di dover spendere almeno 14 miliardi di euro l’anno in più — secondo la visione di Trump — solo per garantire il nostro posto nella Nato. E vedremmo minacciato il nostro export verso l’America che oggi fattura 40 miliardi di euro l’anno (anche qui, con forte surplus a favore dell’Italia).

Tutte affermazioni condivisibili e puntuali: ma qui manca qualche cosa. Ed in generale, anche al di là di questo articolo, oggi nel dibattito in Italia prevale un atteggiamento che in Recce'd risulta difficile da capire.

Molti parlano come se fosse possibile "lasciarsi alle spalle il passato": intendendo i debiti. Sembra quasi che in molti si siano convinti che "quello che stato è stato": il debito accumulato non conta più, e "chi si è visto si è visto". Ce ne andiamo, e arrivederci.

A puro titolo di esempio, noi vi alleghiamo qui un nostro documento interno di lavoro, che presentiamo senza formalità, appunto come un appunto di lavoro. Si tratta di un articolo, annotato da noi di Recce'd (le note solo di colore rosso) durante uno scambio interno di opinioni, che poi è servito per altri scopi. Si tratta di un argomento "tecnico", ma allo stesso tempo di attualità, visto che tutta la stampa nazionale ha messo sulla prima pagina la frase di Draghi sui "350 miliardi di euro di debiti Target 2". 

L'articolo che abbiamo commentato e che trovate con il link è tratto da un sito che è italiano ma è basato a Bruxelles, e che opera probabilmente in quella città anche per esercitare un (legittimo) lobbying politico. Il sito si dichiara anti-euro: ma la pubblicazione di interventi così tanto imprecisi e grossolani, a nostro parere, è un danno per la stessa causa per la quale era stato scritto.

Recce'd in chiusura, e per ritornare alle tematiche di investimento, vi dice che la vera ragione per la quale l'Italia non potrà uscire dall'euro è la dimensione del debito. L'alternativa è quella di saldare prima i debiti, oppure pagare poi l'interesse sui medesimi debiti (contratti in euro).

La linea "quello che è stato è stato" è del tutto irrealistica. Chi argomenta in quel modo (e parla ad esempio di "ridominare in lire il debito") non dispone delle conoscenze elementari di economia e finanza: non si rende conto che anche se l'Italia prendesse una strada tanto azzardata, verrebbe poi comunque ed in ogni caso costretta a pagare quanto dovuto.

Mercati oggiValter Buffo
Italia e le sue banche: affondare insieme?

Ne scriveremo durante la settimana del 30 gennaio 2017, nel nostro The Morning Brief: ci sono numerosi segnali, da qualche settimana, di una situazione italiana in rapidissima evoluzione.

Avevamo pronosticato che la temperatura si sarebbe alzata in gennaio: era un facile pronostico. Prima di tutti per il fatto che l'attuale Governo, e più in generale l'assetto politico nazionale, non godono di un sostegno ampio, ed è quindi nell'interesse di molti mettere in evidenza i punti deboli.

Si sviluppa in questo ambito, politico e non economico, anche la vicenda intorno alle Assicurazioni Generali: si legge sui quotidiani che si tratterebbe di una "difesa della italianità" e forse anche della "creazione di un campione nazionale del risparmio gestito", ma chi fa queste affermazioni lo fa in modo interessato. Deve essere per forza così, perché la sola alternativa disponibile è che questi commenti arrivino da persone che, pur occupando posizioni di elevata responsabilità non siano informate di ciò che nel mondo sta capitando al settore bancario e della gestione del risparmio. Altro che "campioni nazionali", qui è ora di chiudere bottega: se il pubblico non usa più la ferrovia perché è arrivata l'automobile, le ferrovie chiudono.

Nel coro delle banalità uscite, ad esempio, dalla annuale assemblea del Forex (che ricorda sempre di più una cittadella sotto assedio dove gli assediati si fanno forza gli uni con gli altri, sapendo che il destino è segnato)  spiccano queste parole lungimiranti del vertice operativo della Banca BPER, Vandelli:

Ci riempie di orgoglio leggere parole analoghe a quelle che Recce'd vi ha scritto da almeno cinque anni: è un modello di business che ha fallito, va spazzato via, e non è stato ancora spazzato via solo per una unica ragione, ovvero che è protetto da una Regolamentazione di settore che di fatto protegge un cartello.

Detto questo, la versione che Vandelli propone è molto "soft": l'analogia con gli aeroporti ci sta tutta, ma non è sufficiente. Non basta parlare di "equilibrio costi ricavi", perché a differenza degli aeroporti qui siamo di fronte a un gigantesco dissesto patrimoniale. Gli aeroporti anni fa erano strutture in difficoltà, le banche di oggi sono strutture che soffrono di un folle sovradimensionamento e che da tempo hanno smarrito la loro catena del valore. Sono una zavorra che trascina tutta l'economia nazionale a fondo. Vanno chiuse, a differenza degli aeroporti che comunque a qualche cosa servivano, la gente ci deve comunque passare. In banca, no.

Le parole di Visco, che alla medesima riunione ha addebitato questa situazione ad una "recessione mondiale senza precedenti", sono del tutto sbagliate e distorcono la realtà, che è quella di un sistema bancario che è stato gestito in modo non solo cattivo ma pure  distorto per soddisfare specifici interessi individuali, come in nessuno degli altri Paesi occidentali Sviluppati. Da persone che, in una buona parte, stanno ancora oggi sedute comode sulle medesime poltrone, da MPS a Unicredit a Cassa Depositi e Presiti, per fare solo tre esempi tra tanti. A queste persone va detto, e dovrebbe farlo proprio Visco, che la comodità è finita.

Fino a che la Banca d'Italia, nel suo più alto esponente, continuerà a creare una cortina fumogena, con atteggiamenti da corporazione come questi, sullo stato reale del sistema bancario, ingannando il pubblico sul fatto che "in Francia ed in Germania hanno i medesimi problemi", il disastro continuerà ad allargarsi: da questo punto di vista, una eventuale operazione Generali - Intesa - Unicredit non cambia nulla. La somma di due o tre soggetti malati non produce un soggetto sano, fa soltanto chiacchierare i quotidiani ed i TG, che volentieri partecipano a creare quella cortina fumogena sui problemi che vanno affrontati.

Mercati oggiValter Buffo
Gennaio 2017: quanta differenza dal gennaio 2016!

Fino a stamattina 24 gennaio, i maggiori mercati finanziari del Pianeta hanno di fatto mantenuto i medesimi livelli di metà dicembre 2016, con in aggiunta una volatilità (misurata dall'indice VIX) ai minimi dell'ultimo decennio.

E' finito il mercato? NO: all'opposto, stiamo assistendo ad una fase di "calma nervosissima". L'ossimoro ci serve per illustrare il fatto che questa calma non solo è apparente, ma è pure carica di rischi per chi investe.

Sul piano della gestione, la nostra scelta si è rivelata pertanto azzeccata: abbiamo privilegiato la liquidità.

Sul piano invece delle valutazioni dei titoli e delle classi di asset, fate bene attenzione. Ci sono in giro migliaia di falsi segnali, e di specchietti per le allodole. Ed è un attimo, ritrovarsi con il cenrino in mano: molti ricorderanno il gennaio di 12 mesi fa.

Vediamo allora quale è, a nostro modo di vedere, il tema centrale a cui fare attenzione. Si tratta del tema della crescita economica.

Donald J. Trump ha ribadito nel suo discorso di Insediamento che l'obbiettivo è riportare gli USA ai "bei tempi andati". che tradotto in pratica vuole dire al 4% di crescita del GDP.

Il mercato ci crede? Si, e no. Ci crede la Borsa, che resta ai massimi di ogni epoca. Ma non ci crede il mercato delle obbligazioni, con i rendimenti bloccati sotto allo 2,50% (mentre l'inflazione sale allo 2,1%).

Chi ha ragione? Riuscirà Trump a fare accelerare l'economia? Tutto dipenderà dalle misure che Trump annuncerà. E queste misure saranno da valutare, perché risulteranno più o meno efficaci a seconda di quali sono le ragioni della debolezza recente dei dati per la crescita.

Affidiamoci per una introduzione a queste scelte al più noto economista della Finanza al mondo, John Cochrane:

Sclerotic growth is America’s overriding economic problem. From 1950 to 2000, the U.S. economy grew at an average rate of 3.5% annually. Since 2000, it has grown at half that rate—1.76%. Even in the years since the bottom of the great recession in 2009, which should have been a time of fast catch-up growth, the economy has only grown at 2%.

Looking ahead, solving almost all of America’s problems hinges on re-establishing robust economic growth. Over the next 50 years, if income could be doubled relative to 2% growth, the U.S. would be able to pay for Social Security, Medicare, defense, environmental concerns and the debt. Halve that income gain, and none of those spending challenges can be addressed. Doubling income per capita would help the less well off far more than any imaginable transfer scheme. 

Why is growth slowing down? 

1.     One camp says that we’ve run out of ideas. We were supposed to have flying cars and all we got was Twitter. Get used to it, the thinking goes, and start fighting over the shrinking pie.

2.     Another camp holds that the culprit is “secular stagnation,” a “savings glut” demanding sharply negative interest rates that the Federal Reserve cannot deliver. That outlook attracts clever new economic theories and promotes vast new stimulus spending of the sort that Japan has fruitlessly followed. 

3.     The third camp (mine) holds that the U.S. economy is simply overrun by an out-of-control and increasingly politicized regulatory state. If it takes years to get the permits to start projects and mountains of paper to hire people, if every step risks a new criminal investigation, people don’t invest, hire or innovate. The U.S. needs simple, common-sense, Adam Smith policies. 

 America is middle-aged and overweight. The first camp says, well, that’s nature, stop complaining. The second camp looks for the latest miracle diet—try the 10-day detox cleanse! The third camp says get back to the tried, true and sometimes painful: eat right and exercise. 

Mercati oggiValter Buffo
Inizia la fine dei Fondi Hedge: chi cercherà l'Alfa? (parte 3)

Se qualche lettore si domanda: "Ma che mi importa poi di 'sto Alfa", rispondiamo subito.

Non solo ve ne importa: è tutto ciò di cui vi deve importare. Perché nel "gergo" dell'industria del risparmio, Alfa è quel numerino che esprime quanto rende un portafoglio AL NETTO dei movimenti degli indici di mercato.

Esempio concreto: negli ultimi 10 anni, il vostro private banker oppure il vostro promotore vi racconterà che "vi ha fatto guadagnare molto". Ma non è vero.

Guardate agli ultimi due anni e mezzo: nella grande maggioranza dei casi, il vostro promotore oppure il vostro consulente vi ha fatto perdere soldi, o al meglio vi ha fatto perdere tempo e guadagnare nulla.

Che cosa significa? Che negli anni precedenti avevate guadagnato solo perché guadagnavano tutti, perché salivano gli indici di mercato, perché DALL'ESTERNO qualcuno (Bernanke) aveva deciso che "Le Borse devono salire", per decreto del ministero della Felicità.

Quello non è Alfa, quello è stare seduti comodi ed aspettare l'intervento divino, la provvidenza, la fortuna. Non è un lavoro, quello.

Il risparmiatore NON DEVE pagare commissioni per questo tipo di guadagni, di performances che derivano al 100% dal fatto che "i mercati salgono": l'investitore deve pagare commissioni solo per l'Alfa, per la capacità del consulente, o del gestore, di generare performance INDIPENDENTE dal movimento degli indici di mercato. Se no, a che cosa vi serve la GPM, il consulente, il Private Banker? Ve lo fate da soli.

L'investitore privato ed Istituzionale in Italia è stato tenuto all'oscuro, o peggio a volte disinformato con intenzione, a questo proposito. Ad esempio, quasi tutti gli raccontano che "se il mercato scende, siete costretti tutti a perdere i vostri soldi", che siete costretti a stare li fermi e subire, pensando che "poi le cose migliorano".

Non è una cosa vera, e non è una cosa seria, raccontare una storia del genere. La realtà è diversa, ed è possibile dimostrarlo.

Da quanti anni, in gennaio, vi raccontano, in modo insistente, che le azioni in Europa sono "una grande opportunità" se non addirittura la "migliore opportunità"? Anche nel 2017: come nel 2014, poi nel 2015, poi nel 2016. Ed anche prima, a pensarci bene.

Delle azioni non sanno nulla, questi commentatori o consulenti, o presunti gestori, non saprebbero neppure calcolare un P/E e valutano gli investimento "a braccio", ma ne parlano lo stesso ai Clienti investitori, perchè a loro interessano ... le vostre commissioni. Se poi non andasse come vi raccontano sui mercati, beh ... mica sarà colpa loro, sarà "colpa dei mercati". Certo: c'è il piccolo particolare che gli utili oggi sono i medesimi di sei anni fa (grafico), del 20% inferiori a quelli del 2008, ma quello ... è un dettaglio.

Noi di recce'd vi dimostriamo, in modo facilissimo, che era possibile fare almeno quattro cose diverse:

  1. era possibile informare i Clienti
  2. era possibile fornire una consulenza di maggiore qualità
  3. era possibile fare scelte diverse
  4. era possibile guadagnarci dei quattrini.

Se avete aperti i link, fate bene attenzione alle date (e notate che si tratta di documenti pubblici, nulla di ... segreto).

Vedete come è facile, generare Alfa?

Eppure, come vedremo nei prossimi Post:

  • per Recce'd Alfa non esiste: è solo un dato statistico ex-post ma nella gestione di portafoglio non serve a nulla; Recce'd è per una gestione a rendimento assoluto, buttiamo via il Beta e l'Alfa, andiamo oltre, andiamo avanti
  • per l'industria dei Fondi comuni l'Alfa non esiste: come avete visto nei Post precedenti, è un'intera industria a performare sempre al di sotto del proprio benchmark di riferimento
  • per i consulenti non esiste: dovete stare li fermi a subire i mercati e perdere se i mercati perdono

Qualcosa non va: datevi da fare, cambiate subito modo di pensare, e di agire.

Mercati oggiValter Buffo