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Sterlina GBP: una scommessa persa? (parte 5)

Che la sterlina GBP sia oggi un motivo di disagio ed anche di preoccupazione, per noi di Recce'd, è un fatto certo: e che sia un fattore che pesa in negativo sui risultati dei nostri portafogli è altrettanto certo. Ed è proprio per questi che noi ne parliamo e scriviamo così spesso. E' stata, fino ad oggi, una nostra scelta sbagliata di investimento: ma che sia una scommessa persa, questo non ci sentiamo di dirlo. Ci sembra, ancora oggi, una conclusione affrettata. Molto affrettata, visti i fatti degli ultimi giorni.

Un concreto esempio? Le dichiarazioni di Carney di venerdì 14 ottobre: la prima, e forte, rpesa di posizione ufficiale della Bank of England. Carney ha dichiarato: "accetteremo un po' di inflazione in più, per non penalizzare la crescita economica". La Bank of England, come era facile anticipare, è stata costretta ad uscire allo scoperto dopo due settimane di turbolenza sul cambio (che hanno fatto seguito alla Conferenza del Partito al Governo). E sceglie di dire che 1) l'aumento dell'inflazione è inevitabile; e che 2) se reagisse subito, sui tassi ufficiali, metterebbe a rischio la crescita dell'economia. In pratica, ricorda a Theresa May che tutto ha un prezzo, un costo, anche sociale.

14 OCTOBER 2016 • 8:32PM

The Bank of England is prepared to tolerate higher inflation over the next few years and will keep interest rates low to support economic growth, according to Governor Mark Carney. Mr Carney told an audience in Nottingham that the current environment of low inflation was “going to change”, with the drop in the value of the pound likely to push up prices across the economy. He said food prices were likely to be affected first, signalling that the situation was “going to get difficult” for those on the lowest incomes as the UK moves “from no inflation to some inflation”.

Queste dichiarazioni hanno una valenza doppia, viste le esplicite critiche ricolte dagli ambienti pro-Brexit alla Banca d'Inghilterra ed al suo Governatore (che oggi è canadese): ne ha scritto così la Repubblica:

Una settimana dopo le critiche pronunciate da Theresa May al suo indirizzo, il governatore ha risposto che la banca d'Inghilterra "non accetterà istruzioni sulla propria politica dai leader politici". Ha aggiunto che i compiti della banca diventano più difficili, quando i politici fanno commenti sulle scelte della banca, piuttosto che sugli obiettivi generali. Insomma, ha risposta alla premier pan per focaccia. Una dichiarazione per difendere l'indipendenza della banca centrale. Ma che potrebbe segnalare un ripensamento sulle sue intenzioni di rimanere fino alla fine del suo mandato.

Su questo tema, il nostro the Morning Brief, che è riservato ai Clienti, scriverà per tutta la prossima settimana, prendendo spunto dal "caso Marmite", la crema spalmabile che è stata tolta dagli scaffali dei supermercati la settimana scorsa.

Tornando ai segnali di tensione crescente, causati dal deprezzamento del cambio, segnaliamo che anche la stampa pro-Brexit si sta giorno dopo giorno rendendo conto dei costi di questa situazione.  Il giornale Conservatore più autorevole, The Telegraph, sabato 15 ottobre ha ricordato ai suoi lettori che le politiche centrate sulla svalutazione della sterlina in passato furono tipiche dei Governi Laburisti, ed ha anche ricordato quali furono, allora, le conseguenze si queste politiche:

Does this sound familiar? The pound has long been far too strong, so devaluation is very much to be welcomed; it will allow Britain to tackle the “root cause” of its economic travails, “break out from the straitjacket” of boom and bust, and “in summary … sell more goods abroad on a competitive basis”. Well it should be familiar, because it is the sort of stuff we have been hearing almost daily from leading Brexiters ever since the pound took its latest, post-referendum tumble. But it is also almost word for word what Harold Wilson said about his own devaluation nearly 50 years ago. As everyone who lived through those times knows, he then went on to explain: “It does not mean, of course, that the pound here in Britain, in your pocket or purse or in your bank, has been devalued". It scarcely needs pointing out that in practice it meant precisely that. Within two years, the rate of inflation doubled to more than 6pc. Pretty soon we were on to the near hyper-inflation of the Seventies. The pound in your pocket bought steadily less and less. I don’t intend to argue that events are about to repeat themselves, but I do worry that some of the downsides of devaluation are being quite widely overlooked or even deliberately ignored. Voters may be in for a very rude awakening, for the fact is that devaluation is not the pain-free economic panacea of political imagination. It may have been unavoidable, and it probably would eventually have happened regardless of Brexit, but the bottom line is that Britons are about to become notably poorer as a consequence.

Come viene detto chiaramente in questo articolo di The Telegraph, c'è una ritardata presa di coscienza tra i pro-Brexit delle implicazioni negative di una svalutazione: e questo è un motivo forte, solido, verificabile, concreto per dire che oggi la nostra scommessa sulla sterlina GBP non è (ancora) una scommessa persa. Molte cose dovranno ancora succedere: non "potranno", ma "dovranno".

Mercati oggiValter Buffo
Banche italiane: dove stiamo andando?

Nel fine settimana del 15 e 16 ottobre, tornano sui quotidiani dopo un mese abbondante di stop le notizie sulle banche in Italia. Si legge della assemblea Popolare - BPM, e poi di Unicredit che vende Pekao (sembra il 30%), e infine di MPS che prende in esame il "Piano Passera". Nelle medesime ore, si legge anche di Deutsche Bank, che dovrà "modificare il proprio modello di business", e di Wells Fargo, che nell'ultima settimana ha perso il suo "storico" boss.

Tutto si muove così tanto in fretta, che in molti investitori prevale la confusione: dove stiamo andando? Il contesto internazionale ci indica, con chiarezza ed urgenza, che il settore bancario è entrato in una fase di profondo stravolgimento: e vedremo proprio nella prossima settimana i risultati di grandissime banche globali come Goldman Sachs, Morgan Stanley e Bank of America Merrill Lynch, dopo che venerdì 14 abbiamo letto i dati trimestrali di Citigroup, di JP Morgan e della stessa Wells Fargo.

Per ciò che riguarda l'Italia, a cui si riferisce questo Post, stiamo andando ... da nessuna parte. Non c'è alcun "punto di svolta" all'orizzone, e certamente non saranno punti di svolta la fusione Popolare - BPM, né il Piano Passera - MPS, e tanto meno la vendita di Pekao.

Nel frattempo, cresce il disagio del Fondo Atlante, che non riesce a piazzare Veneto Banca e Popolare Vicentina, e cresce in parallelo il disagio dei crediti non esigibili (Atlante ovviamente non fa nulla), che continuano ad aumentare. e poi ci sono le questioni della Vigilanza Europea e dei requisiti di capitale.

In sintesi: nessun punto di svolta, problemi che continuano a crescere e un atteggiamento che resta quello di "spostare i problemi un po' più in là nel tempo" come se non ci fosse alcuna urgenza. Una tattica rischiosissima.

Mercati oggiValter Buffo
Wells Fargo e noi (parte 2)

Nel primo Post di questa serie (che potete leggere poco sotto) abbiamo messo in evidenza il modo in cui la stampa italiana ha trattato la vicenda Wells Fargo. Una vicenda di portata è globale, che probabilmente passera alla Storia dei rapporti tra banche e Clienti, così come segnerà un punto importante nella Storia del sistema bancario internazionale, e delle cosiddette "grandi banche globali" in particolari.

Nel secondo Post, che è questo, richiamiamo la vostra attenzione sull'intervista che è andata in onda sulla Rete La 7 venerdì 14 ottobre circa alle 21: l'intervistato era Davide Serra, gestore di Fondi basato a Londra, che il giornalista ha chiamato in causa sul tema referendum Costituzionale italiano. Domande dirette sulle reazioni dei mercati internazionali al risultato del Referendum: "se vincerà il SI i capitali entreranno in Italia, se vincerà il NO i capitali usciranno".

Serra però non è un gestore qualsiasi: quel suo Fondo fu creato sfruttando l'onda degli anni 2003-2008, gli anni di euforia internazionale sul settore bancario: ricordate? Deutsche Bank trattava a 150 euro: centocinquanta; e le altre banche viaggiavano su prezzi altrettanto privi di senso, come vedete nel grafico sotto.

 

Di quel periodo ha scritto di recente Larry Summers:

Unless the global financial crisis was an extremely unlikely and unforeseeable act of divine wrath, bank investors clearly got the maths wrong in the mid-2000s.

Fu proprio questo clima di euforia "irrazionale" che permise a Serra di raccogliere capitali sul'onda dell'euforia, e avviare così un Fondo che è dedicato solo alle banche, investe solo sulle banche, ed oggi in particolare alle banche in Italia.

Il Fondo di Serra ha poi partecipato, in questi ultimi mesi, anche ad alcune di quelle "operazioni di mercato" volute dal governo Italiano per mettere alcuni cerotti alla situazione di fragilità che interessa il sistema bancario in Italia.

Ora vi chiediamo: che cosa altro poteva dire, in televisione, un gestore la cui sola via di uscita è che i prezzi delle banche in Borsa salgano? Ed in particolare, che i prezzi delle banche italiane in Borsa salgano? Un soggetto che da anni pretende di spiegare lui, a tutti gli altri, che c'è un "grande valore nascosto" nei titoli delle banche italiane. Lo scopo, chiaramente, è quello di convincere il pubblico ad investire nelle quote dei suoi Fondi.

Che senso ha, mettere in vetrina un venditore di quote di Fondi Comuni che investono solo nelle banche alle ore 21 sulla televisione italiana? Una mano tesa a quelle banche italiane che oggi spingono, attraverso la Rete di sportelli, proprio i Fondi Algebris?

Se poi passiamo dal tema dei mezzi di informazione a quello degli investimenti e dei mercati, dobbiamo poi rilevare che se davvero serra è convinto (chissà ...) di ciò che dice sulle banche, dovrebbe consultarsi con Renzi su questo tema, visto che proprio Renzi ha sostenuto che le banche sono troppe e i dipendenti dovrebbero essere tagliati del 50%. Tutto il contrario di "valore nascosto", qui si vede solo disvalore: un settore sovra dimensionato ed inefficiente, i cui prezzi di Borsa oggi sono quelli che sono soltanto per una ragione, ovvero per la "garanzia pubblica" che il mercato crede sia fornita da Banca d'Italia e Governo. Fino a che punto, nessuno lo può dire.

Mercati oggiValter Buffo
Wells Fargo e noi (parte 1)

Lo scorso 9 settembre, Recce'd ha portato all'attenzione di chi ci segue la vicenda di Wells Fargo, che ha frodato due milioni (2.000.000) si suoi Clienti facendo pagare commissioni non dovute ed aprendo conti inesistenti.

Oggi, 14 ottobre, ne scrive il Corriere della Sera: partendo dallo spunto delle dimissioni (ieri) del suo Vertice (il CEO Stumpf).

L'articolo la butta sul colore: spiegando di western, di diligenze nelle filiali, di allevamenti di mucche e polli, di John Wayne e di San Francisco.

Un accenno al fatto che a fine agosto Wells Fargo era la banca più capitalizzata d'America? Si, ma fatto di fretta. 

Accenni al fatto che oggi, 14 settembre, JP Morgan e Citigroup dicono al mondo che "hanno rilevato alcuni casi di cross selling" anche al loro interno? No, zero: non gli è venuto in mente.

Un accenno al fatto che qui da noi, in Italia, molte delle banche di cui sono Clienti i lettori del Corriere della Sera opera in pieno conflitto di interesse? Neanche per idea: non è proprio il caso.

E' solo una storia western, una storia da riderci sopra: è solo folclore. Un film in bianco e nero con John Wayne (citato).

Mercati oggiValter Buffo
Sterlina GBP: una scommessa persa? (parte 4)

Nel nostro terzo Post, lunedì scorso (lo trovate scorrendo in basso) abbiamo chiarito senza alcuna paura (come Recce'd fa da sempre) quale è la nostra visione e la nostra posizioone sulla sterlina.

Tutti i dati pubblicati nel corso dell'ultima settimana hanno confermato la nostra visione delle cose, che qui riaffermiamo senza modificare alcunché. Vuole dire che il flash crash di venerdì mattina in Asia non ci fa paura? Ce ne fa, e molta. Ma per qualificare meglio questa "paura" sarà bene chiarire: la paura non riguarda la sterlina.

Il flash crash ci fa paura perchè sappiamo (noi lo sappiamo benissimo e ne scriviamo spesso) che oggi i mercati finanziari sono questi. Tutti. Ed è per questo che conviviamo con una sana paura, ogni mattina. La paura che le cose sfuggano dal controllo, cosa che potrebbe succede domani, lunedì 10, o tra una settimana oppure tra un mese, e coinvolgere qualunque settore dei mercati finanziari.

Per limitarci alla sterlina GBP, episodi di flash crash si sono registrati con una certa frequenza, negli ultimi 30 anni: nel'utilissimo grafico di Nomura che vedete sotto, si racconta che nei più importanti (per ampiezza) flash crash che hanno interessato la sterlina GBP contro dolalro USA, si è registrato poi un calo di circa il 3% nei 100 gionri successivi (tre mesi). Lo potete vedere seguendo la linea in rosso, sia a sinistra, sia a destra 8che ripete).

In soli due episodi (grafico a sinistra) abbiamo registrato poi un recupero del cambio contro dollaro: nel gennaio 2009 (+16%) e nel febbraio 1993 (+3%).

Per chiarezza, va detto che una variazione del cambio del 3% in tre mesi costituisce, dal punto statistico, un ... nulla. Tanto più che poi sarebbe necessario andare a capire le differenze, tra i citati episodi di flash crash e questo, nel quale Brexit costituisce, oggettivamente, un "evento unico senza alcun precedente".

Il grafico racconta tantissime cose: la più importante è che i flash crash aumentano di frequenza negli ultimi anni. Questo è il mondo nel quale viviamo, e quello nel quale ci hanno portato molte scelte sbagliate fare da chi credeva di sapere tutto. Ma è inutile riparlarne ora, quindi torniamo alla sterlina GBP.

Ha spiazzato noi in Recce'd, ma pure la gran parte del mercato (se giudichiamo dalle oscilalzioni dei prezzi) il tono ed il contenuto delle recenti prese di posizione di Theresa May, che la avvicinano al cosiddetto "populismo globale". Lo diciamo con chiarezza: noi in Recce'd abbiamo sottovalutato questo rischio, ed è stato un errore. Per fortuna, rischi di questo tipo hanno solo effetti transitori sui mercati finanziari, ce lo insegna la storia.

Altre cose, invece, a noi sembrano più importanti: su queste altre cose, su questi fattori, noi basiamo le scelte di portafoglio.

Ad esempio: come leggete qui sopra, dal Financial Times di oggi, due boss delle grandi banche globali condividono una visione di ciò che sta accadendo che si riassume in queste poche frasi.

Per una volta, noi siamo in piena sintonia con loro. M a è proprio per queste ragioni che siamo LONG e ci restiamo: se davvero dovesse concretizzarsi uno scenario catastrifico per l'Eurozona, allora vorrei avere ancora più sterline nei miei portafogli titoli, molte di più.

E quanto alle banche "with large operations in London" quella di certo non è una nostra preoccupazione: dal punto di vista dei portafogli modello e dei nostri Clienti, quello sarebbe un "plus", con grandi opportunità di guadagno e mercati finanziari più puliti e trasparenti se i "cartelli" uscissero per sempre di scena.

Se poi i due signori qui sopra avessero mandato in questo modo al pubblico iil segnale di "rischio di crollo per l'economia del Regno Unito se non ci fosserro più Morgan Stanley e JP Morgan (del tipo "dopo di noi il diluvio"), allora noi rispondememmo "via ... siate seri, su argomenti seri".

Mercati oggiValter Buffo