Lo shock e gli ammortizzatori
 

Siamo tutti in grossi guai.

Ed abbiamo assoluta necessità di nuovi ammortizzatori.

Ma non si tratta di un rally automobilistico nel Sahara: si tratta dei nostri risparmi che abbiamo investito sui mercati finanziari

A chi verrebbe in mente, di scrivere una frase del genere, oggi 2 febbraio 2024, con l’indice Nikkei che tocca 40000 punti, l’indice di Milano che sfiora 33000 punti, ed il S&P 500 sopra 5100 punti?

Ma a noi, ovviamente. A Recce’d.

Noi che anche nel recente passato siamo stati capaci di anticipare ai nostri lettori tutti gli eventi più importanti.

E scriviamo questa cosa non perché siamo “gufi”: i gufi, ripetiamolo ancora una volta, non esistono.

Esistono solo quelli che vedono in modo chiaro, davanti a sé, e quelli che invece vedono cose che non esistono. I miraggi. La realtà, poi, ci dirà chi stava nella prima categoria e chi invece era nel secondo gruppo.

Siamo tutti in grossi guai, e lo dicevamo in apertura, e ci servono (urgentemente) nuovi ammortizzatori.

Non è una affermazione nostra, non si tratta di un giudizio di noii di Recce’d: noi vi riportiamo solo i fatti, quelli che voi lettori non conoscete ancora.

Che siamo nei guai, ed esiste già oggi una specifica urgenza, ce lo ha detto ieri, primo giorno di marzo, la Federal Reserve americana, facendo cambiare direzione alla giornata, ed alla settimana intera, dei mercati finanziari.

Difficilmente troverete la notizia sul vostro quotidiano: ma la situazione di marzo 2024 è di molto peggiore rispetto a quella del marzo 2023. Non è ancora saltata in aria Credit Suisse? Vero, questo non è ancora successo. Ma le sorprese (vi) arriveranno, questa volta, da un’altra parte.

L’importanza delle dichiarazioni arrivate ieri da Waller e Logan sono sfuggite a voi, ma non agli operatori di mercato: Borse ed obbligazioni hanno, immediatamente, cambiato direzione. la Borsa a New York ha chiuso in positivo unicamente grazie a questa impennata dell’ultima ora.

E che cosa ci hanno detto, sia Waller sia Logan? Che la Federal Reserve sta per riprendere a fare QE.

Voi lo capite, il motivo? perché la Fed è così tanto preoccupata, visto che:

  1. il PIL cresce, e cresce più del previsto

  2. l’inflazione è tornata ad aumentare

  3. la disoccupazione rimane ai minimi storici di ogni tempo?

E se loro, alla Fed, sono così preoccupati, a voi sembra che noi investitori dovremmo rimanere indifferenti? Auto-convincerci che non potrebbe andare meglio di così? Chiudere gli occhi e sognare, come vorrebbe il vostro “consulente”, che si chiama wealth manager, financial advisor, private banker, ma resta sempre un promotore finanziario che promuove la vendita di “prodotti finanziari”?

Per i Clienti di Recce’d, non provvediamo alla fornitura di un quotidiano servizio, che evita a loro questo tipo di trappole, e le durissime conseguenze di queste trappole.

E’ ormai evidente a tutti che, a causa delle scelte fatte negli ultimi anni, ai danni di tutti gli investitori si sta consumando una truffa di massa. Gigantesca: la più grande di ogni tempo (grafico sotto).

La mossa che Waller e Logan hanno ipotizzato il giorno 1 marzo 2024 serve ad allungare i tempi, e rendere la truffa ancora più grande.

A tutti quelli che sostengono, attraverso i media ed attraverso i giornali, che “oggi il debito non conta più per i mercati finanziari”, noi suggeriamo di leggere con estrema attenzione questo nostro Post: qui ci sono dei signori, dei funzionari pubblici, estremamente qualificati, che spiegano (ma senza spiegalo) a tutti il pubblico degli investitori che

  • il debito conta, e conta molto

  • il debito preoccupa e preoccupa molto

  • il debito è un problema urgente, ed è necessario intervenire immediatamente

Il nostro, quotidiano, lavoro di analisi ci ha consentito di notare come, dopo che è stato pubblicato il dato USA per l’inflazione PCE, due giorni fa, un insolito numero di dichiarazioni sono arrivate dalla Federal Reserve, tutte orientate in un’unica direzione: e precisamente tutte finalizzate a tranquillizzare i mercati finanziari, grazie alla definizione del dato di giovedì scorso come “poco significativo”, “poco importante”, e questo perché “il dato non è indicativo di una nuova tendenza”. Ovviamente questa è una posizione che diventerebbe difficile da difendere, se anche il prossimo dato risultasse in rialzo.

Ed è per questa ragione che, proprio ieri, è successo anche altro.

Leggiamo un resoconto, molto sintetico, dei fatti che sono accaduti sui mercati ieri, primo giorno di marzo. Ricordatate che i T-bills, citati più di una volta nel seguito, sono l’equivalente dei BOT italiani.

E anche se “le cattive notizie sono buone notizie”, sono state le osservazioni di Waller a suscitare la risposta del mercato “tutto è fantastico” quando ha lasciato intendere che la Fed avrebbe svelato una nuova “Reverse Twist” di QE per il suo bilancio (acquistando titoli del Tesoro a breve termine e Agenzia per il dumping MBS).

Naturalmente, come spiegato in precedenza, anche il tempismo dei commenti di Waller è conveniente in quanto lo spostamento delle posizioni nell’attivo della Fed verso i titoli di Stato a breve termine integra perfettamente l’intenzione recentemente dichiarata dal Tesoro. secondo cui la loro quota di Titoli a breve termine, ovvero i T-bills, salirà al di sopra della precedente linea guida del 20%.

In altre parole: il Tesoro emetterà più titoli di Stato a breve termine (T-bills), e anche la Fed ne acquisterà un numero maggiore.

I commenti di Waller arrivano mentre il capo della Fed di Dallas, Lorie Logan, ribadisce che probabilmente sarà opportuno iniziare a rallentare il ritmo con cui si restringe il proprio bilancio.

E i commenti di Waller arrivano proprio al momento giusto, dato che il sistema di pronti contro termine inverso della Fed ha visto un incredibile risucchio di liquidità di 128 miliardi di dollari negli ultimi due giorni (un calo del 22%) a fine mese...

Fonte: Bloomberg

Rimane quindi una eventualità da considerare che siano in arrivo le Idi di marzo ovvero una crisi di liquidità...

E così, in un solo istante. il mercato si è girato, e tutto era più alto...

Le azioni sono andate in verticale, l'oro è salito alle stelle, i rendimenti dei titoli del Tesoro sono crollati (e la curva dei rendimenti si è irripidita... in senso positivo), anche il petrolio è aumentato (e così hanno fatto le criptovalute, anche dopo la settimana trascorsa).

Le Small Cap hanno guidato il travolgente crollo settimanale (con il grande giorno del Nasdaq di oggi che lo ha portato ad un guadagno del 2% nella settimana). L'S&P è riuscito a guadagnare terreno nel corso della settimana (grazie al crollo di oggi), ma il Dow ha chiuso la settimana leggermente in ribasso...

Leggiamo ora anche, per chiarire ulteriormente, un secondo commento ai fatti di ieri, primo giorno di marzo del 2024. Ricordiamo di nuovo: i T-bills sono i nostri BOT.

Poco dopo un deludente rapporto dell’ISM Manufacturing (che ha dato inizio al calo dei rendimenti), il governatore della Fed Christopher Waller (silenziosamente) ha lanciato una vera bomba sui mercati per coloro che stavano prestando attenzione.

Riferendosi specificamente al documento della Fed "Quantitative Tightening around the Globe: What Have We Learned?", Waller ha dichiarato al Forum sulla politica monetaria statunitense del 2024 a New York che gli piacerebbe vedere due sviluppi chiave nel portafoglio della Fed:

"In primo luogo, mi piacerebbe vedere le partecipazioni in MBS delle agenzie della Fed andare a zero. Le partecipazioni in MBS delle agenzie sono state lente a uscire dal portafoglio, con una media mensile recente di circa 15 miliardi di dollari, perché i mutui sottostanti hanno tassi di interesse e pagamenti anticipati molto bassi. sono piuttosto modesti e ritengo che sia importante vedere una continua riduzione di tali partecipazioni.

In secondo luogo, mi piacerebbe vedere uno spostamento delle partecipazioni in titoli del Tesoro verso una quota maggiore di titoli del Tesoro a breve scadenza. Prima della crisi finanziaria globale, detenevamo circa un terzo del nostro portafoglio in buoni del Tesoro. Oggi, i titoli di stato rappresentano meno del 5% del nostro patrimonio del Tesoro e meno del 3% del nostro totale di titoli. Passare a un maggior numero di buoni del Tesoro sposterebbe la struttura delle scadenze più verso il nostro tasso di riferimento – il tasso overnight sui federal fund – e consentirebbe alle nostre entrate e spese di aumentare e diminuire insieme man mano che il FOMC aumenta e taglia l’intervallo target. Questo approccio potrebbe anche favorire un futuro programma di acquisto di asset perché potremmo lasciare che i titoli a breve termine scompaiano dal portafoglio e non aumentino il bilancio. Questa è una questione che il FOMC dovrà decidere nei prossimi due anni."

Traduzione: Waller accenna ad una “Operazione Reverse-Twist” che abbasserà i rendimenti a breve termine e renderà inclinata in modo positivo la curva dei rendimenti (tassi a lungo termine più alti dei tassi a breve termine) .

Ricordiamo che la Fed ha lanciato l'"Operazione Twist" nel secondo trimestre del 2012 (vendendo titoli del Tesoro a breve termine e acquistando titoli del Tesoro a lungo termine) per estendere il QE senza chiamarlo effettivamente QE.

Sebbene si sia parlato molto della riduzione del QT, ovviamente non chiameranno "Operazione Reverse Twist" con il suo nome proprio - QE - perché ciò riaccenderebbe ulteriormente gli spiriti animali e metterebbe la Fed nella scomoda posizione di acquistare obbligazioni a breve termine. allo stesso momento in cui gli uomini della Fed stanno aumentando i tassi ufficiali di interesse.

Naturalmente, anche il tempismo dei commenti di Waller è conveniente in quanto lo spostamento delle partecipazioni della Fed verso i Bills integra perfettamente l'aspettativa recentemente dichiarata dal Tesoro secondo cui la loro quota di Bill salirà al di sopra della precedente linea guida del 20%.

In altre parole: il Tesoro emetterà più titoli di Stato a breve termine (T-bills) e anche la Fed ne acquisterà un numero maggiore.

I commenti di Waller arrivano mentre il capo della Fed di Dallas, Lorie Logan, ribadisce che probabilmente sarà opportuno iniziare a rallentare il ritmo con cui si restringe il proprio bilancio.

Tutto ciò viene tempestivamente programmato proprio mentre il ritmo di erosione del prezzo consigliato è destinato ad accelerare dopo la crisi di fine mese e il piano BTFP della Fed è destinato a scadere.

Come ci si aspetterebbe, ciò ha comportato un calo dei rendimenti (soprattutto nel breve termine)...

... un immediato irripidimento della curva dei rendimenti...

E forse ancora più notevole, l’oro ha immediatamente accelerato verso l’alto…

Fonte: Bloomberg

Quindi la Fed avvierà il QE Reverse-Twist... e nel medesimo momento aumenterà i tassi ufficiali per frenare un'inflazione in ripresa grazie agli spiriti animali 2.0 spinti dal loro precedente pivot?

Noi ovviamente non possiamo essere certi che questi commenti, sintetici, a fatti del 1 marzo 2024, chiariscano del tutto la mente dei nostri lettori. Per questa ragione abbiamo cercato, e scelto, un ampio articolo (trovato sul Wall Street Journal) che vi spiegherà le ragioni per le quali c’è questa urgenza, all’inizio di marzo, di introdurre sui mercati nuovi “ammortizzatori”.

In inglese, si chiamano “shock absorbers”: a tutti voi, e noi, che operiamo sui mercati finanziari, diventa quindi obbligatorio chiederci: quale è lo shock che si vuole contrastare? Toccherà anche i miei soldi, questo shock annunciato dal WSJ in settimana?


Sta diminuendo la partecipazione al programma della Federal Reserve che ha aiutato il governo degli Stati Uniti a limitare i costi di finanziamento, uno sviluppo che secondo molti investitori presagisce tassi di interesse più elevati e oscillazioni più ampie nel mercato dei titoli del Tesoro da 26mila miliardi di dollari.

La struttura di riacquisto inverso overnight, conosciuta a Wall Street come reverse repo, consente alle grandi società finanziarie come i fondi del mercato monetario di scambiare brevemente liquidità extra con titoli di alta qualità nel bilancio della banca centrale e intascare alcuni interessi.

Il programma della Fed è stato utilizzato massicciamente negli ultimi anni, raggiungendo ad un certo punto i 2,5 trilioni (migliaia di miliardi) di dollari di saldi giornalieri, ma quel numero si è ridotto costantemente e recentemente è sceso sotto i 500 miliardi di dollari.

Molti analisti e gestori di portafoglio prevedono che l’utilizzo del programma continuerà a diminuire, il che, secondo loro, potrebbe limitare il funzionamento di un importante ammortizzatore nel mercato dei titoli del Tesoro statunitense.

Nello stesso momento, il Governo si trova ad affrontare costi di interesse più elevati nel tentativo di finanziare un deficit crescente, e gli osservatori affermano che saldi inferiori nel programma potrebbero significare una maggiore volatilità e un nuovo aumento dei tassi di interesse nel mercato che sostiene il sistema finanziario globale. "È senza dubbio più facile per il mercato assorbire l'offerta di Titoli di Stato se si dispone di una grande quantità di contanti in una struttura overnight in attesa di essere distribuita", ha affermato Michael de Pass, responsabile globale del trading di tassi presso Citadel Securities.

Sebbene oscuri al grande pubblico ndegli investitori, i pronti contro termine inversi (reverse repo) sono stati a lungo al centro del funzionamento del sistema finanziario e dell’economia statunitense.

Un comitato consultivo del Tesoro ha suggerito lo scorso autunno che l’enorme quantità di liquidità dei fondi del mercato monetario depositata presso la Fed potrebbe finanziare un’ondata di emissioni di titoli a breve termine: un cambiamento insolito che negli ultimi mesi ha consentito al governo di mantenere gli interessi a lungo termine. Mantenendo i tassi di interesse relativamente bassi nonostante l’accelerazione dell’emissione di debito statunitense.

Le vendite di buoni del Tesoro, che maturano in un anno o meno, sono aumentate durante la pandemia e poi di nuovo nel 2023. Ora ci sono quasi 6 trilioni di dollari di buoni del Tesoro sul mercato, rispetto a meno di 2 trilioni di dollari alla fine del 2017. Potrebbe sembrare uno sviluppo tecnico, ma è tutt’altro che adatto agli attori del mercato obbligazionario globale. Tutto questo debito a breve termine dovrà essere rifinanziato a tassi più elevati nello stesso momento in cui la Fed sta alzando i tassi di interesse di riferimento.

Mentre la vendita di Titoli a breve (T-bills) consente al governo di raccogliere denaro rapidamente, questo tipo di Titoli arriva presto a scadenza, costringendo a decisioni difficili su come raccogliere nuovamente fondi.

Molti investitori obbligazionari affermano che il Dipartimento del Tesoro alla fine dovrà fare i conti con il modo in cui intende pagare i suoi obbligazionisti nel lungo periodo, poiché il pagamento degli interessi diventa una delle maggiori spese nel bilancio federale.

Per ora, gli Stati Uniti sono riusciti a mantenere felici gli investitori. A novembre, il Dipartimento del Tesoro ha manovrato per aggirare le preoccupazioni degli acquirenti sui limiti della domanda degli investitori per i titoli del Tesoro a lungo termine vendendo una quantità insolitamente elevata di titoli di Stato, dissipando i timori del mercato che la domanda di debito statunitense stesse diminuendo.

I funzionari della Fed hanno visto il minore utilizzo delle operazioni di pronti contro termine inverse come un segnale positivo del fatto che la liquidità in eccesso si sta facendo strada verso opportunità più attraenti nel mercato. Una volta che i pronti contro termine si saranno esauriti, la Fed si aspetta che il sistema bancario inizi a perdere riserve. Una banca utilizza le riserve, una forma di contante elettronico, per gestire le transazioni tra se stessa, i suoi clienti, altre banche e la banca centrale.

Mentre la banca centrale ha cercato di inasprire le condizioni bancarie per contribuire a raffreddare l’economia e quindi l’inflazione, i fondi del mercato monetario hanno ritirato liquidità dai reverse repo e reimmessa nell’economia, contrastando tale stretta.

I funzionari sono ansiosi di evitare che le riserve diventino sostanzialmente scarse, il che aumenterebbe il rischio di intoppi nei mercati monetari multimiliardari che potrebbero riversarsi nel sistema finanziario più ampio. Il crollo di Lehman Brothers nel 2008, il tentativo di inasprimento quantitativo della Fed nel 2019 e l’insorgenza del Covid-19 sono tutti temi che si collegano a questo di oggi.

Si prevede che quest’anno la Fed rallenterà il ritmo della stretta quantitativa in modo da poter monitorare potenziali tensioni.

Si prevede che quest’anno gli Stati Uniti spenderanno la cifra storica di 870 miliardi di dollari in interessi sul debito nazionale. Questo è anche più del budget della difesa. Dion Rabouin del WSJ spiega perché questi pagamenti di interessi continuano a crescere e cosa potrebbero significare per i mercati e per i contribuenti regolari.

“I titoli di Stato a breve termine possono rappresentare un ostacolo per il governo, poiché le esigenze di finanziamento si modificano in base alla riscossione delle tasse e alle esigenze di spesa”, ha affermato Jason Granet, responsabile degli investimenti di BNY Mellon. “Anche se si verifica una recessione che richiede una maggiore spesa pubblica, questo è il tipo di ambiente in cui le persone di solito desiderano più titoli del Tesoro”.

Gran parte dei flussi di reverse repo sono anche una funzione della liquidità record che gli investitori hanno investito nei fondi del mercato monetario, che ora detengono più di 6mila miliardi di dollari in asset. Limitati agli investimenti a breve termine con rating elevato, come buoni del Tesoro e operazioni di riacquisto, i fondi monetari hanno parcheggiato una parte di questi afflussi presso la Fed. Ora guadagnano un tasso annualizzato del 5,3% overnight con la controparte più sicura in circolazione.

Blake Gwinn, responsabile della strategia sui tassi statunitensi di RBC Capital Markets, ha dichiarato di aspettarsi che circa 100-200 miliardi di dollari rimarranno nel tempo nella struttura di pronti contro termine inversi della Fed. Se la Fed dovesse tagliare i tassi, inizierà immediatamente a pagare meno agli investitori in reverse repo.

Avere una fonte di liquidità overnight è un altro vantaggio. “Il Tesoro ha un orizzonte temporale molto lungo: stanno pensando a quanto costerà finanziare il governo in un periodo compreso tra 10 e 30 anni”, ha affermato Gwinn. “Non penso che siano molto preoccupati di perdere la domanda di T-bills”.

Scrivi a Eric Wallerstein a eric.wallerstein@wsj.com

Noi di Recce’d sicuramente ritorneremo su questo specifico tema, anche qui nel nostro Blog, ma soprattutto per i nostri Clienti nei nostri EXTRA e nel quotidiano The Morning Brief, oltre che ovviamente nelle molte occasioni di contatto diretto con ognuno di loro.

Con questi lavori, noi puntiamo ad offrire al nostro lettore, un concreto, e pratico (e gratuito) supporto nella gestione dei loro investimenti sui mercati finanziari: in estrema sintesi, vorremmo aiutarli a comprendere che si ritorna sempre, al medesimo problema, che è quello del grafico che segue, e che è lontanissimo dall’essere risolto.

In questo contesto, sia l’indice di Milano a 33000, sia l’indice di Tokyo a 40000, sia lo S&P 500 a 5100 punti, sono segnali di un problema grandissimo e che ogni giorno diventa più grave.

Per questa ragione, e solo per questa, alla Federal Reserve sono in allarme. E voi, amici lettori, voi siete in allarme, voi siete attenti, voi siete consapevoli di ciò che state facendo del vostro risparmio?

Valter Buffo
What were you thinking? (edizione del febbraio 2024; prima parte)
 


Non c’è nulla di nuovo. Noi di Recce’d non vediamo alcunché di nuovo. E per questa ragione, noi non siamo emozionati.

A voi lettori, fa paura Nvidia? L’ampiezza del suo movimento in Borsa? L’aumento della sua capitalizzazione? … “oddio, che treno che mi sono perso!”.

Nelle settimane precedenti, Recce’d ne aveva scritto, in diverse occasioni, alla pagina TWIT - TWOO del nostro sito. E persino alla pagina NEL MOTORE DELLA PERFORMANCE a cui tutti possono accedere dalla pagina MERCATI, e dove si possono leggere (sintetiche) considerazioni di carattere operativo. In merito alla operatività dei nostri portafogli modello.

Nei nostri portafogli modello non c’era Nvidia, prima della pandemia: a nostro giudizio, a quel tempo, il modello di business di Nvidia non giustificava un investimento di denaro sul titolo.

Che cosa è cambiato, con la pandemia?

Di sicuro, Nvidia (oppure Apple, oppure Google, oppure Microsoft) non producono vaccini.

Ma allora, che cosa spiega gli ab-normi rialzi dei prezzi di queste azioni?

Non un nuovissimo modello di business vincente: questo è del tutto evidente, perché nessuno dei modelli di business è cambiato, si è potenziato oppure arricchito. Neppure uno dei Magnifici Sette (Otto, Nove …).

Ciò che, invece, è cambiato grazie alla pandemia 2020, è soltanto la dimensione del debito, pubblico, privato, nazionale, internazionale.

Ma di questo, noi abbiamo già scritto (anche qui, nel nostro BLOG). Ne riparleremo: ci costringerà a farlo il comportamento dei mercati.

Ma non oggi. Non in questo Post.

Torniamo invece a ciò che si scriveva sopra. Nvidia non stava nel nostro universo investibile prima della pandemia, e anche oggi non ci sta.

Prima e dopo la pandemia, Nvidia produce schede e componenti grafiche per i videogiochi.

Il marketing delle banche di investimento, nel 2022, nel 2023, e nel 2024, ha capito che questo titolo poteva beneficiare, più di altri, della campagna mediatica architettata per trovare un nuovo tema che rilanciasse la Borsa. Tema che non è più il “boom economico” del 2021 (non esiste nessun “boom”, come tutti hanno visto); e non sono certamente i tassi in calo ed il soft landing.

Lo hanno trovato, ovviamente: e si chiama “AI”.

Su questo tema, etichettato come “AI”, potete leggere alla pagina TWIT - TWOO, dal 1 gennaio ad oggi, una serie di utilissime informazioni.

Oppure, ne potete leggere sul settimanale The Economist, anno 2015 (immagine di apertura del Post) oppure su Forbes, nell’immagine che segue (del 1999).

A che cosa serve “AI”? Oggi, in estrema sintesi, a creare nuovi giochi: dedicati però ai soli adulti. Senza fiamme, pupazzi, eroi e burattini, castelli e draghi.

Giochi dedicati a quegli adulti non ancora maturi. Che rifiutano di crescere. Ad adulti bambini.

Oggi, ci scrivono “finti testi universitari ed articoli”, e poi anche “finte risposte” che gli adulti immaturi trovano (chissà per quale ragione poi) “molto divertenti”. E infine “finti video” con finti animali, finte persone, anche pupazzi, e a piacere è possibile inserire anche stregoni ed ippogrifi.

Aumento della produttività o del benessere? Per ora è zero. Tempo perso.

La sola cosa aumentata fino ad oggi sono i costi per alcune Aziende.

Ed è proprio così, che deve essere spiegato il “miracolo Nvidia”. Quei costi addizionali diventano i ricavi di Nvidia. Il fatturato di Nvidia.

Perché allora ne scriviamo noi di Recce’d? Perché le dimensioni della cosa sono tali, che oggi per la gestione del portafoglio titoli questa storia di Nvidia per tutti i portafogli è un rischio di tipo “macro”: non è il rischio di un singolo titolo, ma si tratta invece di un rischio per l’intero mercato finanziario. Oggi, Nvidia è un rischio di instabilità, come in un recente passato è stata (a titolo di esempio) la guerra in Ucraina.

Su questo specifico aspetto della vicenda, ritorneremo, con un secondo Post, nei prossimi giorni.

Su questa vicenda, i toni, di tutti i media, come voi stessi constatate ogni mattina, sono esaltati, esagitati, i termini sono eccessivi ed allo stesso tempo molto indicativi (“Eldorado”: che infatti NON esiste), e si percepisce una esaltazione che purtroppo risulta molto vicina a quella di certi santoni allucinati (santoni che poi in alcuni casi spingono le persone a commettere gravissimi fatti di sangue, persino nella propria famiglia).

L’accostamento ai santoni per qualcuno potrebbe apparire eccessivo. E qui, di sangue non ne scorre.

Oggi, sicuramente no, nel prossimi futuro staremo a vedere: eccitazioni di massa, come la presente, sono a volta capaci di innescare reazioni di massa incontrollate.

Oggi, però, non ci interessa: noi oggi con il lettore, vogliamo trattare di altro.

E portare, proprio in questo Post, una prova decisiva che vi aiuterà a formare un vostro giudizio definitivo.

Partiamo dal condividere una lettura.

Nvidia: ecco perchè è, praticamente, una nuova asset class

23/02/202409:02 ALESSANDRO FUGNOLI

La prima società che superò il miliardo di dollari di capitalizzazione fu, nel 1901, US Steel, che John Pierpont Morgan formò fondendo tre gruppi siderurgici. Il più importante di questi era stato fondato da Andrew Carnegie, uno scozzese nato in una famiglia povera che aveva fatto mille mestieri (tra cui il venditore di bond) prima di diventare magnate dell’acciaio, uomo più ricco d’America e grande filantropo (donò in vita quasi tutto quello che aveva, denunciando la ricchezza come una grave disgrazia per chi se la ritrova).

L’acciaio allora era tutto. Significava progresso e industria di pace, ma soprattutto cannoni e corazzate, ovvero il dominio militare sul mondo, che infatti era già passato agli Stati Uniti quando Carnegie, nel 1919, morì. Nel 1901 il valore di Borsa di US Steel raggiunse così una cifra equivalente a 50 miliardi di oggi. Lentamente, però, il miracolo appassì, indebolito dall’alto costo del lavoro prima e dalla concorrenza asiatica poi. Nel 2014 US Steel subì addirittura l’onta della cancellazione dall’indice S&P 500. Una lunga ristrutturazione e i dazi di Trump le hanno ridato vita, ma la sua capitalizzazione attuale, pari a 10 miliardi di dollari, è comunque un quinto, a dollari costanti, di quella di 123 anni fa.

La prima società al mondo che superò i 10 miliardi di capitalizzazione fu General Motors. Correva l’anno 1955 e l’auto, simbolo del benessere dell’Occidente, rappresentava la libertà e il futuro. Detroit era una città opulenta ed elegante, popolata da magnati, ingegneri e da un’aristocrazia operaia con redditi invidiabili. L’auto era oggetto di culto, ogni famiglia ne aveva almeno una e c’era chi la teneva addirittura in salotto.

Poi però arrivarono la crisi petrolifera, la sindacalizzazione esasperata, la concorrenza tedesca e giapponese e l’ecologia. GM attraversò un’esperienza di quasi morte nel 2009. Da allora si è rimessa insieme, ma i 46 miliardi di capitalizzazione odierna sono meno della metà dei 115 (l’equivalente in dollari attuali dei 10 del 1955) che aveva raggiunto 69 anni fa.

A superare i 100 miliardi di capitalizzazione ci pensò per prima General Electric nel 1995. A fare sognare i mercati, in questo caso, non era un prodotto (GE era una conglomerata industriale e faceva di tutto) ma uno stile di management, il Six Sigma, che era la rivincita americana sulla supposta superiorità dei modelli di gestione giapponesi che avevano dominato il decennio precedente.

In realtà, dietro al Six Sigma, c’era il pugno di ferro di Jack Welch, che chiudeva brutalmente e a rotazione i settori che producevano meno ritorni e ne apriva continuamente altri. Welch trovò poi un terreno fertilissimo nel vendor financing. Finanziava i compratori dei suoi prodotti, aumentando il fatturato e guadagnando sul finanziamento. Ci prese talmente gusto che GE si trasformò in una shadow bank con un allegato industriale, portando il valore di Borsa a 600 miliardi nel 2001. Il 2008 fece crollare il castello di carte. Da allora GE è ritornata faticosamente a fare umilmente industria e si è rimessa in piedi, ma in Borsa vale oggi solo 162 miliardi, contro i 202 (a dollari costanti) del 1995.

Il trilione fu raggiunto da PetroChina nel 2007, al momento della quotazione iniziale. Il petrolio era in una fase di forza, la Cina ne accumulava più che poteva e tutto il mondo voleva investire nel paese che ogni anno cresceva del 10 per cento. Da allora la Cina ha continuato a crescere, ma il petrolio è sceso e gran parte del mondo finanziario preferisce evitare di stare su un mercato che gli Stati Uniti amano ogni giorno di meno. PetroChina capitalizza oggi 212 miliardi, un quinto rispetto a 17 anni fa.

Apple, nel 2020, è stata la prima società a vedere crescere di un trilione la sua capitalizzazione in 8 mesi. La crescita, meno travolgente, è proseguita nel 2021. Da allora il titolo si è stabilizzato e vale oggi come alla fine del 2021.

Nvidia è oggi la seconda società a vedere crescere di un trilione in otto mesi in suo valore di mercato. Uno strategist non può, non deve e non vuole dare suggerimenti di acquisto o di vendita su singoli titoli e questa non è la sede per stabilire quanto potrà valere Nvidia fra 10, 50 o 100 anni. Ogni società fa storia a sé e analisi di questo tipo sono un compito che lasciamo volentieri agli analisti azionari.

Uno strategist, che si muove a livello di asset class, non può però fare a meno di constatare che, in questa fase, se Nvidia si muove come una asset class e influenza le altri asset come e di più di altre asset class allora, Nvidia va probabilmente considerata un’asset class a sé stante. Un insieme con un unico elemento, come l’oro.

In pratica Nvidia, in certi momenti, guida i Magnifici Sette, che guidano la Borsa americana, la quale guida le Borse mondiali, le quali influenzano al margine anche i bond e le politiche monetarie del mondo. È una situazione nuova, che ci limitiamo a registrare con meraviglia e curiosità.

Nvidia non produce direttamente intelligenza artificiale, ma è come i produttori di badili e setacci che vendevano i loro prodotti ai cercatori d’oro, i quali l’oro a volte lo trovavano e a volte no. E poiché i grandi gruppi che lavorano sull’intelligenza artificiale fanno anche molte altre cose, Nvidia è, al momento, il proxy più puro, tra i grandi gruppi, dell’intelligenza artificiale.


A cura di Alessandro Fugnoli, strategist di Kairos (rubrica Il Rosso e Il Nero)

Alessandro Fugnoli è l’Autore di questo testo. Si tratta di un professionista del settore del risparmio (lavora per una Azienda svizzera di Fondi Comuni) che è molto conosciuto e molto reputato. Noi stessi lo leggiamo spesso, e con attenzione.

Ovviamente ha scritto di Nvidia (come si può evitare l’argomento, in questo clima eccitato)?

Offriamo le sue riflessioni al nostro lettore. Fugnoli riporta alcuni dati molto significativi, nella prima parte del suo testo.

Ci pare però (e saremmo interessati a ricevere la vostra opinione, attraverso i canali del nostro sito) che ciò che Fugnoli ha scelto si raccontare porta il lettore alla conclusione OPPOSTA a quella che invece leggiamo nel titolo del brano.


Una nuova asset class? Nvidia non è nuova. Non è certamente una asset class: non ha senso. Ed è giustificato chiedersi se è ancora un asset (e non un biglietto della Lotteria Nazionale).


In sintesi, a noi sembra che in questa occasione Fugnoli sia cascato in confusione: noi di Recce’d, forse grazie al fatto che noi non abbiamo come obbiettivo quello di vendere “prodotti finanziari”, siamo sempre più chiari e più diretti.

La questione però è, ovviamente complessa: per questo il nostro Post che state leggendo è solo una prima parte.

Noi abbiamo scelto, per voi lettori, una serie di immagini (le avete viste più in alto) che vi aiuteranno a comprendere meglio le dimensioni, e le caratteristiche, di questo fenomeno: che è, prima di tutto, un fenomeno sociale, e forse psicologico.

Come abbiamo scritto poco sopra, il cuore di questo Post è una prova. Le prove sono la base sulla quale si formano (dovrebbero formarsi) i giudizi. In Tribunale (dovrebbero, ma non è sempre così) e nella mente degli investitori (ed in questo caso, la metà delle volte non funziona così).

In ciò che segue, leggete di un fatto storico, che noi qui ricostruiamo per voi.

Nell’anno 2000, tutti gli investitori del Mondo avevano già fatto conoscenza con i Magnifici Sette. Attenzione: avevano altri nomi. Ma la sostanza era la medesima. Esattamente tutto identico, a ciò che vedete oggi, nel febbraio 2024.

Quando, due anno dopo, di quei Magnifici Sette dell’anno Duemila non restava più nulla, alcuni dei personaggi che stavano ai Vertici di quelle Aziende cominciò a temere anche per la propria incolumità fisica, trovandosi di fronte ad una massa inferocita (da qui si va poi all’accenno fatto più sopra al “sangue”).

Tra quei Magnifici Sette dell’anno Duemila, uno si chiamava Sun Microsystem. Grazie al Web, potete trovare tutte le informazioni che preferite leggere a proposito di Sun Micro, e del suo CEO Scott Mc Nealy.

Il CEO, ovvero l’amministratore delegato, di Sun Micro nel 2002 si sentì di rivolegersi in modo diretto al pubblico. Al pubblico degli investitori che avevano perso quasi tutto con Sun Micro.

Nelle poche righe scritte allora dal CEO di Sun Micro trovate:

  1. la conferma che oggi (febbraio del 2024) c’è nulla di nuovo, non c’è motivo di agitarsi, non bisogna avere paura di avere “perso il treno” E soprattutto che Nvidia non è per nulla “eccitante: noi in Recce’d, infatti, siamo calmissimi, e sappiamo che Nvidia sta avvicinando i NOSTRI obbiettivi di mercato.

  2. la conferma che sui mercati finanziari c’è modo ed occasione di guadagnare sia nelle fasi di eccitato ed ab-norme rialzo sia nelle fasi correttive degli eccessi, e quindi di ribasso; e i guadagni sulle fase di ribasso, poi, restano nelle tasche dell’investitore, mentre gli altri … pufffffff [ovviamente poi ci sono quelli che comprano ai minimi e scendono dal treno ai massimi, e tutto sullo smartphone e grazie ai social: ma noi non ne scriviamo perché noi NON siamo adulti immaturi, così come non lo sono i Clienti di Recce’d]

  3. una valutazione del titolo in questione che è molto specifica, concreta, pratica, ed assolutamente adattabile al caso di Nvidia

  4. una indicazione concreta e pratica su come dovete posizionare oggi il vostro portafoglio titoli, in vista dei prossimi mesi.

Noi vi facciamo leggere questo brano (si tratta del testo originale) sia nella lingua (inglese: così NON perderete alcuna sfumatura) sia in lingua italiana (più immediato).

Non c’è necessità del nostro commento: il testo è chiarissimo. C’è qui una persona (molto bene informata dei fatti, ed in modo diretto) che chiede ad ognuno di voi:

a che cosa stavi pensando?

Leggendo questo brevissimo testo, vi è però richiesto di fare il piccolo sforzo di sostituire al numero 10, di cui parla il CEO per il rapporto P/S (prezzo su fatturato) di Sun Micro, il numero 42, che è il rapporto P/S attuale (febbraio 2024) di Nvidia.

Un pizzico di aritmetica, è persino divertente, durante il weekend.


Infamous letter from Sun Microsystems CEO to shareholders after DotCom burst

Sun peaked at a $200bn market cap in 2000 & then crashed and was finally sold for $7bn to Oracle a decade later. Their Price to Revenue ratio at the peak was only 10!

They had actual decent revolutionary products too: From Java programming language to SPARC processors, StarOffice, MySQL, Solaris OS, VirtualBox & ZFS! They were involved in all important areas of tech.

This is what the CEO wrote to bagholders:

“At 10 times revenues, to give you a 10-year payback, I have to pay you 100% of revenues for 10 straight years in dividends. That assumes I can get that by my shareholders. That assumes I have zero cost of goods sold, which is very hard for a computer company. That assumes zero expenses, which is really hard with 39,000 employees. That assumes I pay no taxes which is very hard. And that assumes you pay no taxes on your dividends which is kind of illegal. And that assumes with zero R&D for the next 10 years, I can maintain the current revenue run rate. Now, having done that, would any of you like to buy my stock at $64? Do you realize how ridiculous those basic assumptions are? You don’t need any transparency. You don’t need any footnotes. What were you thinking?”


Ed ecco il medesimo testo, tradotto da noi in italiano.


La famigerata lettera del CEO di Sun Microsystems agli azionisti dopo lo scoppio di DotCom

Sun raggiunse il picco di capitalizzazione di mercato di 200 miliardi di dollari nel 2000, poi crollò e fu infine venduta per 7 miliardi di dollari a Oracle un decennio dopo.

Il loro rapporto prezzo/ricavi al picco era solo 10!

Avevano anche dei veri e propri prodotti rivoluzionari: dal linguaggio di programmazione Java ai processori SPARC, StarOffice, MySQL, Solaris OS, VirtualBox e ZFS! Erano coinvolti in tutte le aree importanti della tecnologia.

Questo è quanto ha scritto l'amministratore delegato a quelli che sono rimasti con il cerino in mano:

“A 10 volte i ricavi, per darti un rimborso in 10 anni, devo pagarti il 100% dei ricavi per 10 anni consecutivi in dividendi.

  • Ciò presuppone che io possa ottenerlo dai miei azionisti.

  • Ciò presuppone che io abbia un costo pari a zero per la merce venduta, il che è molto difficile per un'azienda di computer.

  • Ciò presuppone zero spese, il che è davvero difficile con 39.000 dipendenti.

  • Ciò presuppone che non paghi tasse, il che è molto difficile.

  • E ciò presuppone che tu non paghi tasse sui tuoi dividendi, il che è in un certo senso illegale.

  • E ciò presuppone che con zero attività di ricerca e sviluppo per i prossimi 10 anni, io possa mantenere l'attuale tasso di entrate.

Alla luce di questi fatti, qualcuno di voi vorrebbe acquistare le mie azioni a 64 dollari? Ti rendi conto di quanto siano ridicoli questi presupposti di base? Non hai bisogno di alcuna slide a colori che te lo spiega. Non hai bisogno di note a piè di pagina.

A che cosa stavi pensando?"

E voi, amici lettori di Recce’d: proprio oggi a che cosa state pensando, oggi? Voi volete comperarla, Sun MIcro a 64$? Magari … lo avete già fatto!

Valter Buffo
Il fischio della pentola a pressione
 

L’idea della pentola a pressione la abbiamo presa a prestito da un collega, un gestore che opera dagli Stati Uniti: un vero gestore (non un venditore) che in una recente analisi, caratterizza la situazione attuale come “un’economia ad alta pressione”, a sua volta prendendo l’espressione a prestito dall’economista Arthur Okun.

Leggiamo.

Decenni fa, l’economista Arthur Okun – presidente del Council of Economic Advisors sotto Lyndon Johnson – sosteneva quella che chiamava “un’economia ad alta pressione”. Intendeva uno in cui le politiche espansionistiche potevano creare una crescita del prodotto interno lordo superiore alla media insieme a una bassa disoccupazione, determinando non solo un’economia forte, ma anche guadagni sproporzionati di posti di lavoro per i gruppi più vulnerabili. Questo è esattamente il tipo di politica che l’amministrazione Biden ha perseguito, finora con successo.

A gennaio sono stati aggiunti 353.000 nuovi posti di lavoro, il doppio di quanto ci si aspettasse, e gli incrementi sono stati riscontrati in quasi tutti i settori e le categorie di lavoro. L’America ha 1,4 posti di lavoro disponibili per ogni disoccupato, molto al di sopra della norma storica. Ciò rende questo il mercato del lavoro più forte almeno dagli anni ’60. Tutto questo, con l’inflazione tornata a livelli tollerabili e i mercati in forte espansione. Gli Stati Uniti stanno godendo, come ha recentemente affermato il segretario al Tesoro Janet Yellen, di una ripresa che è “notevole sia per la sua velocità che per la sua equità”.

Quindi, cosa c’è che non va nell’economia ad alta pressione?

Niente, tranne il fatto che i punti di pressione potrebbero non sempre inclinarsi al rialzo. A causa del livello altissimo dei mercati, della quantità di stimoli fiscali in gioco, della geopolitica estremamente imprevedibile e del fatto che né la recessione del 2020 né la ripresa sono state storicamente tipiche, l’economia ad alta pressione potrebbe facilmente sfogarsi in entrambe le direzioni.

Ci sono tre punti di pressione che sto osservando attentamente.

Il primo e più importante è il fatto che questo non è semplicemente un normale ciclo economico. Sebbene sia molto difficile sostenere che le nuove politiche economiche dal lato dell’offerta dell’amministrazione Biden non stiano funzionando, o che questa ripresa sia in qualche modo un miraggio, è anche importante ricordare che gli ultimi tre anni sono stati estremamente atipici a causa del Covid-19, la guerra in Ucraina e la crisi del debito cinese, tra le altre cose. Ciò rende molto più difficile utilizzare i dati storici per prevedere il futuro. Come ha affermato in una nota recente l’amministratore delegato per la macroeconomia globale di TS Lombard, Dario Perkins, ci sono ancora tutti i tipi di distorsioni macroeconomiche che si fanno strada nel sistema. Questi vanno dai grandi cambiamenti legati alla pandemia nella spesa dei consumatori (prima nei beni, ora nei servizi) e nelle catene di approvvigionamento, attraverso la domanda repressa derivante dall’eccesso di risparmio e dall’eccesso fiscale, alla distruzione di volume dovuta all’inflazione, ai segnali confusi provenienti dalla Cina e così via.

I consueti indicatori economici, come le curve dei rendimenti e i livelli dei prezzi, sono stati fuorvianti.

I cambiamenti demografici e la rivoluzione dell’intelligenza artificiale hanno ulteriormente complicato le cose. Chi avrebbe mai immaginato che la crescita della produttività sarebbe stata una delle più forti degli ultimi dieci anni, o che il pensionamento dei lavoratori più anziani non sarebbe stato un evento deflazionistico, ma inflazionistico, dal momento che i boomer ricchi di asset continuano a spendere durante i loro anni d’oro e i più giovani ottengono più potere contrattuale in un periodo successivo? mercato del lavoro caldo?

Un altro punto di pressione a cui penso è la differenza tra i dati e l’esperienza vissuta dall’economia. Le preoccupazioni sull’economia si sono attenuate poiché la continua crescita dell’occupazione e l’aumento dei salari hanno compensato una crisi del costo della vita che ha visto l’inflazione superare i redditi degli americani comuni. Ma mentre la fiducia dei consumatori è in aumento, c’è anche, a mio avviso, un senso più profondo e meno compreso di vulnerabilità economica a lungo termine nel pubblico americano. Vivono praticamente senza alcuna rete di sicurezza sociale in una delle società più rapacemente capitaliste del pianeta, dove assunzioni e licenziamenti rapidi con una buonuscita o nessuna indennità sono ancora la norma. E mentre le aziende attendono con ansia i guadagni di produttività dell’intelligenza artificiale, i lavoratori sono sempre più preoccupati per tutti i modi in cui cambierà i mercati del lavoro, in particolare per i lavori dei colletti bianchi della classe media. Nel frattempo, anche se l’inflazione primaria sembra essersi stabilizzata, il prezzo di tutti i beni essenziali della vita della classe media – come l’istruzione, l’edilizia abitativa e l’assistenza sanitaria – sta ancora aumentando più rapidamente del tasso di inflazione core. Le emergenze sanitarie e il debito sono una delle principali cause di povertà per le persone negli Stati Uniti, dove più della metà degli adulti che lavorano hanno difficoltà a far fronte alle spese sanitarie. Ciò sarebbe impensabile in Europa. L’America è un luogo in cui le persone possono appartenere alla classe media, anche alla classe medio-alta, e sentirsi comunque piuttosto vulnerabili dal punto di vista economico. Siamo ricchi rispetto al resto del mondo. Ma non siamo sicuri. E quando le persone cadono negli Stati Uniti, la strada verso il basso è molto lunga.

L’idea di cadere mi porta al terzo e ultimo punto di pressione, che è la natura dei mercati oggi. Sono stata una delle prime Cassandra riguardo alla “bolla globale” – dove i prezzi delle azioni, delle case e di altri beni continuano a salire – e ammetterò che di conseguenza sono stato costretto a mettere pazienza e tollerare le minusvalenze.

I profitti aziendali e le previsioni ottimistiche rappresentano la pietra miliare dei prezzi degli asset del momento. La massiccia concentrazione in una manciata di società di piattaforme tecnologiche non lo fa. Quando la capitalizzazione di mercato dei Magnifici Sette – Apple, Amazon, Alphabet, Meta, Microsoft, Nvidia e Tesla – è pari alla dimensione combinata dei mercati azionari di Canada, Giappone e Regno Unito, è necessario mettere in discussione le valutazioni.

O, per lo meno, chiedersi cosa accadrà quando le valvole di pressione verranno rilasciate.

Nel testo che avete appena letto, ritrovate cose che qui sul nostro sito leggete da molti mesi.

La situazione di oggi (economie da un lato, mercati finanziari dall’altro) è oggi in effetti piuttosto chiara e semplice: va diventando più chiara di settimana in settimana, ed oggi 17 febbraio 2024 crediamo proprio che tutti abbiano capito.

Fino ad oggi, al scelta della massa è: ok, abbiamo capito, ma facciamo finta di non vedere.

Non è questa la nostra scelta strategica. Non si ritrova questo atteggiamento nella nostra composizione dei portafogli modello. E le nostre prossime scelte operative, i prossimi cambiamenti sui portafogli modello, non andranno in questa direzione.

Come dicevamo, la situazione oggi è semplice da descrivere, come avete letto sopra, e non è difficile da gestire: c’è un solo fattore-chiave, oggi, che ci impegna e ci mette in difficoltà, ed è il timing. La direzione è molto chiara, e semplice, ma è necessario azzeccare il timing.

Che questo 2024 sarà un anno memorabile, ve lo abbiamo già scritto prima di Natale, prima del Natale del 2023. Oggi in molti hanno colto segnali che vanno in quella direzione, tra i quali, come vedete sopra, Lombard Odier.

Da che punto ripartono, gli investitori?

Abbiamo documentato, nel nostro recentissimo documento sulle performances, che nessuno (tra GPM, Fondi Comuni, e Fondi Hedge) dal 2020 ad oggi è riuscito a guadagnare nulla, se non numeri poco significativi.

Nulla, con lo S&P 500 a 5000 punti!

Nulla: nonostante l’enorme baccano dei media e del Web a proposito di:

  • nuovi record delle Borse

  • AI

  • prima Tesla poi Nvidia

  • il Bitcoin

  • tassi ufficiali di interesse in discesa e soft landing e pivot

Per quale ragione i risultati della massa degli investitori stanno a zero?

Lo spiega in estrema sintesi il grafico che vediamo qui sotto.

E’ un grafico che, in estrema sintesi, spiega anche al lettore:

in quale modo si produce una performance positiva con la gestione di un portafoglio di investimenti finanziari.

Un modo, ovvero un metodo di lavoro, che Recce’d ha iniziato a illustrare alla pagina NEL MOTORE DELLA PERFORMANCE e ancora più in dettaglio alla pagina SCELTE DI PORTAFOGLIO del nostro sito. Questa settimana, poi, ne abbiamo accennato anche nella nostra Home Page.

Un modo, un metodo di lavoro che ha nulla a che vedere con argomenti come

  • nuovi record delle Borse

  • AI

  • prima Tesla poi Nvidia

  • il Bitcoin

  • tassi ufficiali di interesse in discesa e soft landing e pivot

Argomenti e temi di una “propaganda mediatica” che appartiene al mondo marketing, e non al mondo della gestione di portafoglio.

Ovviamente, noi non possiamo permetterci di ignorare del tutto i temi del marketing e dei media: un esempio è offerto dal grafico qui sopra, e dalle oscillazioni di umore dei mercati sul tema “futuri tagli dei tassi ufficiali di interesse”. Di tutto questo, ovviamente noi facciamo un quotidiano lavoro di analisi, e parte di questa analisi sarà pubblicata la settimana prossima, nel nostro quotidiano The Morning Brief.

Al tempo stesso, però, le nostre prossime operazioni sui portafogli modello NON saranno influenzate da questo fattore: le nostre scelte non terranno conto di quello che si dice nelle chat, nelle community, sul Web, su Milano Finanza, e tra i promotori finanziari, dei futuri tagli dei tassi ufficiali da parte di Fed e BCE.

Neppure terremo in considerazione S&P 500, ma anche di questo ci siamo ovviamente interessati, e parte di questo lavoro di analisi la avete letta proprio sette giorni fa qui nel BLOG. Inutile ripetere.

Segnaliamo però ai lettori che, quando vediamo un indice (anzi, il maggiore indice di Borsa al Mondo) chiudere esattamente a quota 5000 punti, come ha fatto mercoledì 14 febbraio 2024, noi abbiamo la certezza che quell’indice è manipolato. Non esistono tanti piccoli investitori nanetti che in modo del tutto casuale, con le loro piccole operazioni, fanno sì che l’indice chiuda la seduta esattamente a 5000 punti.

Ed anche voi, lettori di Recce’d dovreste … esserci arrivati da soli, ormai.

Il nostro quotidiano lavoro, per i portafogli modello e quindi per il Cliente, è quello di raccogliere e poi ordinare e poi analizzare un flusso selezionato di informazioni, e poi tradurre queste analisi condotte con metodo scientifico in previsioni di rendimento e stime di rischio, così da modificare i portafogli modello tempestivamente, ma se e solo se si presentano opportunità autentiche di garantire VALORE agli investimenti dei Clienti.

Il lavoro del gestore, ovviamente, è probabilistico: i mercati finanziari non ti consentono certezze (per nessuno) ma soltanto stime della probabilità di questo oppure quello scenario.

La situazione nella quale ci troviamo oggi, come oggi abbiamo scritto più sopra, è chiara e semplice, o almeno dovrebbe esserlo, per tutti gli investitori.

La situazione dei mercati, oggi, è il riflesso esatto di una “economia ad alta pressione”, che a sua volta è il risultato di scelte politiche contingenti: non è una naturale evoluzione dei prezzi sui mercati finanziari, è una situazione artificiale, che ha scopo che sono tutti politici, e non ha tra i suoi scopi la stabilità dei mercati finanziari.

Anche nell’ultima settimana, dal Governo degli Stati Uniti, è arrivata la “sanzione ufficiale” che esiste una cosa chiamata “soft landing”. Lo leggete sopra, dal Wall Street JournalAnche in Europa, tutti i politici (di sinistra, centro e destra) si ritrovano nel sostenere, disperatamente, la visione di un futuro fatto di soft landing.


Come spiegava il brano che avete letto più in alto, questa scelta politica aumenta la pressione nella pentola a pressione.

Ogni investitore non può ignorare il fatto che la valvola della pentola a pressione può attivarsi in ogni istante: e quindi, deve tenere le orecchie bene aperte, e cogliere il fischio nell’istante in cui arriva.

Un istante dopo, può essere troppo tardi. Le cose, accadono prima piano piano piano, e poi tutto d’un tratto, sui mercati finanziari. E da sempre.

A questo aggiungiamo poi un altro dato di fatto.

La storia dei mercati finanziari ci insegna che (in particolare su alcuni argomenti) i mercati sbagliano regolarmente.

Recce’d vi ha già documentato, in passato, che questa regolarità, la ripetizione sempre del medesimo errore, non è un caso. Si tratta di una scelta commerciale, imposta dal marketing dell’industria che si è sviluppata intorno ai mercati finanziari.

Ne ha scritto il Wall Street Journal in settimana, come leggete sotto.

Gli errori che la massa degli investitori (il cosiddetto “consenso”, dal quale Recce’d si tiene il più possibile distante) ha fatto quando si tratta di prevedere i futuri tagli dei tassi di interesse sono facilissimi da documentare, tanto che tutti i nostri lettori conoscono già questo grafico che il Wall Street Journal ha utilizzato tre giorni fa.

Altrettanto facile è documentare gli errori commessi a proposito della relazione tra i movimenti dei tagli ufficiali di interesse e la Borsa.

Il Wall Street Journal per ora non lo ha messo in prima pagina: ma ci arriveremo, e presto.

In questi dati, e nei dati che avete letto qui nel nostro Blog tra il 24 dicembre 2023 ed oggi, trovate espresse con grande chiarezza le basi sulle quali poggia la strategia di Recce’d per i portafogli modello 2024, dalla quale noi ci aspettiamo risultati importanti, in un anno che sarà ricchissimo di opportunità nuove.

Di queste nuove opportunità, due sono citate nell’immagine qui sopra. Tra gli “attuali temi di mercato” citati nell’immagine, ne leggete tre che conteranno nulla, per ciò che riguarda i vostri risultati del 2024.

Aggiungiamo che due dei cinque punti citano una “bolla”: ma in realtà, tutti e cinque questi punti sono conseguenze di una bolla, un’unica.

Voi avete fatto, con una biro ed un pezzo di carta, il vostro elenco dei “temi di mercato”? Dei “fattori determinanti”, secondo voi, per il vostro risultato del 2024?

Provateci: si tratta di un esercizio interessante, e produttivo.

Recce’d è anche oggi a vostra disposizione, sia per commentare questa immagine sia per offrire attraverso i portafogli modello una concreta possibilità di cogliere tutte le nuove opportunità. Ed anche per gestire la bolla: noi di Recce’d ci siamo già passati, e con notevole successo.

Cercando sempre, sui mercati finanziari, le VERE opportunità di creare VALORE: che hanno nulla a che vedete con gli argomenti che sono trattati nella chat, nella community, sui siti Web di trading-on-line, sul vostro quotidiano o settimanale, oppure dal vostro promotore finanziario. che a voi suggerisce di andare con la bolla.

Pensateci: il 2024, per tutti gli investitori, sarà un anno memorabile. Da ricordare, come fu il 2022: anzi, molto di più.

Voi tutti ricordate, vero?

Dopo il rosso del 2022, anno che non mancherà di essere ricordato nelle cronache finanziarie di quanti lo hanno vissuto in prima persona, il 2023 ha restituito un po’ di calma sui mercati. Come visto nelle precedenti analisi, a beneficiarne è stato in particolare il comparto azionario. Tuttavia anche i fondi obbligazionari hanno chiuso l’anno in evidente recupero dopo le perdite dell’anno precedente. Questo andamento positivo (soprattutto nell'ultimo trimestre) dell’anno appena concluso, si è riflesso anche nei fondi bilanciati e flessibili. Secondo l’analisi del team di FundsPeople su dati Morningstar Direct al 31 dicembre 2023, dei 322 fondi di società italiane (domiciliati in Italia) che rientrano nella categoria Morningstar “Allocation” soltanto nove (ossia il 2,8%) hanno mostrato rendimenti negativi, mentre più del 97% ha registrato performance positive (nel 21% dei casi, a doppia cifra), con una performance media per la categoria, pari al 7,56 per cento.

Nonostante ciò, l’andamento dei flussi in entrata non ha rispecchiato durante l’anno una preferenza degli investitori verso la categoria dei fondi bilanciati che, secondo i dati (preliminari) forniti da Assogestioni e riferibili allo scorso novembre, soffrivano deflussi per oltre 15,8 miliardi. Più critica la situazione dei fondi flessibili (assimilabili alla categoria Morningstar Allocation Flexible, presente nei dati analizzati da FundsPeople), per cui, sempre nello stesso periodo, i riscatti ammontavano a oltre 23,8 miliardi dall’inizio dell’anno.

Per chiudere, se proprio cercate una sintesi estrema, del tipo “oddio, va bene tutto, ma … io adesso come faccio?”, allora noi di Recce’d vi daremo un suggerimento del tutto gratuito: smettetela di occuparvi di politica monetaria, tassi ufficiali di interesse, dichiarazioni delle Banche Centrali e previsioni delle banche di investimento, ed occupatevi invece di cose reali, di cose che esistono, di cose che potete toccare con mano.

Per che motivo?

Ve lo facciamo spiegare dall’articolo che chiude il nostro Post di oggi. Vi invitiamo a leggere con grande attenzione: l’articolo è utile per comprendere se la pentola a pressione rischia di esplodere, ed anche per comprendere come utilizzare il rubinetto della doccia.

Ti sei mai imbattuto in un rubinetto della doccia inaffidabile? Gira leggermente e diventa troppo caldo. Tornare indietro, e ci vogliono anni per raffreddarsi.

Ebbene, questa è l’analogia che si dice che Milton Friedman abbia usato per spiegare le difficoltà nell’utilizzare gli strumenti della politica monetaria, che hanno ritardi “lunghi e variabili”, per indirizzare l’inflazione.

Ma sembra che abbiamo dimenticato gli avvertimenti di Friedman, secondo cui la politica monetaria è uno strumento ottuso.

In primo luogo, l’era di bassa inflazione dalla metà degli anni ’80 fino alla crisi finanziaria globale ha rafforzato la credibilità delle banche centrali, ma forse ne ha anche esagerato il potere.

In secondo luogo, dopo il crollo, le economie sono diventate più dipendenti da chi fissa i tassi, dato l’unico stimolo fiscale limitato. Sono stati introdotti programmi e strumenti quali il quantitative easing, il controllo della curva dei rendimenti e la forward guidance. Ciò ha aumentato l’influenza delle banche centrali sui mercati. Oggi, il sussurro delle banche centrali è un’occupazione a tempo pieno.

La regolarità delle riunioni del Comitato si è fusa con il trading ad alta frequenza, il ciclo di notizie 24 ore su 24 e i social media.

“I tassi di interesse cambiano ogni giorno, in parte in previsione di ciò che faranno le banche centrali dopo. Ciò trasferisce ricchezza attraverso i mercati finanziari”, ha affermato Ricardo Reis, professore alla London School of Economics. “Crea un’ossessione per la politica monetaria, anche se i piccoli movimenti giornalieri dei tassi hanno un impatto trascurabile sull’inflazione”.

L’inflazione sarebbe effettivamente più elevata oggi se le banche centrali non avessero alzato i tassi. Ma quest’ultimo episodio inflazionistico è stato causato da shock dell’offerta, a cui i tassi di interesse non possono porre rimedio direttamente e rapidamente. I banchieri centrali hanno commesso degli errori all’inizio di questo ciclo, ma le aspettative nei loro confronti erano troppo alte per cominciare. La politica monetaria ha un impatto sulla domanda in modo impreciso. Una variazione del tasso bancario o delle operazioni di bilancio influenza i prezzi del mercato finanziario. Ciò ha poi un impatto a catena sul costo del credito all’economia reale.

Ma il meccanismo è raramente fluido e varia a seconda del contesto macroeconomico. Questo ciclo di rialzi lo ha evidenziato.

In primo luogo, l’aumento dei prestiti a tasso fisso – e i risparmi legati alla pandemia – hanno frenato l’impatto degli aumenti dei tassi. Secondo Capital Economics, nel Regno Unito la quota dei mutui a tasso variabile è scesa dal 70% al 15% nel decennio fino al 2022. In America, i mutui fissi a 30 anni sono stati a lungo comuni, ma la quota dei nuovi mutui a tasso variabile è diminuita drasticamente a partire dagli anni ’80. Anche l’emissione di obbligazioni societarie statunitensi a tasso variabile è scesa da circa il 30% prima della crisi finanziaria del 2007-2008, a circa il 15% attuale, aggiunge Capital Economics.

In secondo luogo, anche la relazione della curva di Phillips – secondo cui una minore inflazione e un’elevata disoccupazione si accompagnano – non è stata affidabile in questo ciclo. Il mercato del lavoro post-pandemia è stato insolito a causa di una combinazione di tassi di partecipazione in calo, spostamento delle preferenze lavorative e accumulo di manodopera. Ciò potrebbe spiegare la resilienza del mercato del lavoro a fronte di tassi più elevati.

In terzo luogo, le aspettative del mercato hanno aggiunto complessità. L’indice delle condizioni finanziarie statunitensi di Goldman Sachs – un indicatore della tensione dei mercati finanziari – è tornato ai livelli dell’estate 2023. L’idea che la Federal Reserve americana avesse raggiunto il suo tasso massimo ha portato ad un rally nei mercati azionari e obbligazionari. Ciò ha un impatto anche sull’attività economica reale, con tagli dei tassi scontati che sostengono una ripresa nei mercati immobiliari.

Questi fattori hanno ridotto la potenza della politica monetaria in questo ciclo e potrebbero persistere. Il risultato è che i tassi devono aumentare per ottenere un determinato impatto economico, e i tempi – spesso stimati tra 18 e 24 mesi – richiedono più tempo. Sanjay Raja, capo economista britannico presso Deutsche Bank, afferma che ciò crea maggiore volatilità e rischio di errori. “Stimiamo che solo il 70% degli aumenti dei tassi [nel Regno Unito] si siano propagati all’economia”, ha affermato. Raja ritiene che il comitato di politica monetaria della Banca d’Inghilterra “corra il rischio di un inasprimento eccessivo”.

Un'altra lezione è che l'efficacia della politica monetaria dipende anche dai fattori economici strutturali che la circondano.

Dopotutto, l’era di inflazione favorevole prima della crisi finanziaria è stata sostenuta da una produzione elastica e da un approvvigionamento energetico.

Guardando al futuro, l’utilizzo di tassi con ritardi inaffidabili per influenzare la domanda è una ricetta per la volatilità, poiché gli shock dell’offerta derivanti dalla regionalizzazione, dalla geopolitica e da dati demografici meno favorevoli continuano, a meno che non vi siano guadagni di produttività compensativi.

Come ha osservato Friedman, la dipendenza dalla politica monetaria è destinata ad aggravare anziché migliorare il ciclo economico. La politica fiscale e quella dell’offerta devono ricevere maggiore enfasi nel dibattito sulla stabilità dei prezzi.

Dopotutto, un rubinetto difettoso è ancora più inutile se l’impianto idraulico è andato in rovina.

Valter Buffo
Indice S&P 5000
 

Come abbiamo scritto in decine di precedenti occasioni, e come abbiamo scritto anche ieri, alla pagina del sito che abbiamo chiamato TWIT - TWOO, i numeri tondi non ci emozionano. Ancora meno, i numeri tondi influenzano le nostre valutazioni dei mercati, dei singoli titoli, e soprattutto le nostre decisioni per i portafogli modello di Recce’d.

C’è un solo aspetto che ci interessa: si tratta del modo in cui la grande massa degli investitori reagisce, sul piano emotivo.

In Recce’d, svolgiamo un certo numero di pratiche, ogni giorno (e non soltanto quando arriva quota 5000) per misurare la “temperatura emotiva” della massa degli investitori. Non che questo fattore abbia un peso significativo, per le nostre scelte di investimento: per noi di Recce’d Tesla è una azione che rappresenta un’Azienda, e la valutiamo per i benefici che in futuro un investitore potrà ottenere investendo in quella Azienda. Per noi di Recce’d, Tesla vale esattamente lo stesso, sia che sul mercato vada fino a 400, sia che scenda poi a 100, sia che risalga a 250, sia oggi che vale 150 circa. Semmai, alla peggio, possiamo concludere che quel titolo lo escludiamo dall’universo investibile, dato che neppure la grande massa è in grado di dire se vale 400, oppure 100, oppure 200 dollari USA (ed una ragione, ci sarà).

Non è diverso per lo S&P 500: non ci sentiamo di escludere, oggi 11 febbraio, che 5000 di S&P 500 valga tanto quanto valeva, due anni fa, il segnale di Tesla a 400 dollari USA ed oltre.

Come tutti sapete, poi i media si adeguano, i titoli cambiano, sul Web si cambia idea, e poi l’amico alla macchinetta del caffé cambia idea. E i social? Al momento sono occupati con la Ferragni, ma domani?

Per la verità, ci sembra impossibile escludere che la situazione dello S&P 500 oggi sia ancora peggiore, rispetto a Tesla del gennaio 2022.

Come detto, in Recce’d ogni giorno abbiamo da svolgere una serie di pratiche disciplinate, per “misurare la temperatura” delle emozioni di massa.

E con riferimento a “quota 5000” ci siamo sforzati di leggere, in gennaio e nei primi giorni di febbraio 2024, quanti più commenti possibili.

A noi, in Recce’d, non interessano i contenuti di questi commenti. Noi in Recce’d li leggiamo tutti con attenzione, ma solo per comprendere come la storia viene costruita e confezionata.

Dalle nostre migliaia di letture degli ultimi dieci giorni, per il lettore del sito ne abbiamo scelta una di due giorni fa, che a noi risulta sufficientemente rappresentativa. La riproponiamo (dal sito Investing.com, frequentatissimo dai fai-da-te ma pure dagli investitori che si affidano alle Reti come Fideuram oppure FINECO oppure Mediolanum).

Leggiamo insieme.


Borse avanti piano. Gli indici mondiali flettono leggermente mantenendosi comunque sui massimi storici. L'S&P 500 ha superato la soglia dei 5mila punti, un segnale psicologicamente molto rilevante. Anche Milano ha chiuso in territorio positivo mantenendosi sopra la soglia dei 31mila punti, massimo da 16 anni. Ma sempre inferiore di oltre il 30% rispetto ai massimi storici. Torna il segno positivo per l’indice delle banche regionali statunitensi, che recupera dopo la crisi esplosa all’improvviso con il declassamento a “spazzatura” della New York Community Bank. Cattive notizie arrivano invece dalla Cina. Il dato sui prezzi al consumo ha deluso le attese dopo il crollo del pezzo del maiale. Sono diventati 16 i mesi consecutivi di calo dei prezzi. Il segnale che le pressioni deflattive che si stanno allargando oltre le previsioni. I cinesi viaggiano anche molto poco nonostante la stagione delle vacanze del capodanno lunare. Non è ancora chiaro se la debolezza sia temporanea o radicata a causa del sentiment debole dei consumatori cinesi post pandemia e la mancanza di iniziative politiche da parte del Governo. Anche in Europa l’inflazione è in calo ma non abbastanza per spingere la Bce ad abbassare il costo del denaro. Un segnale è arrivato questa mattina alle 8:00 con il dato sui prezzi al consumo in Germania a gennaio in linea con  l’attesa ovvero dato inferiore al 3% su base annua e dello 0,2% su base mensile. Alle 11:00 è atteso invece un riscorso del Presidente della Buba (la banca centrale tedesca) Nagel.


Arrivano i gufi


In un rapporto diffuso tra i propri clienti
JPMorgan afferma che il rally dei mercati azionari degli ultimi 12 mesi ha il fiato corto. Secondo gli esperti: " il potenziale di aumento delle quotazioni azionarie da questo momento sembra limitato e prevediamo che i mercati azionari subiranno un calo del 20-30% rispetto ai massimi previsti nel 2024". Nonostante queste “fosche” previsioni, JP Morgan (NYSE:JPM) esprime un giudizio positivo sulle mid-small cap, suggerendo che questi titoli offrono una migliore possibilità di investimento rispetto alle loro controparti più grandi nelle economie avanzate, Giappone escluso. "Le azioni a piccola capitalizzazione – continua il rapporto - potrebbero sottoperformare di un massimo di 200-300 punti base, ma hanno il potenziale per generare un rendimento in eccesso del 34-59% nei prossimi due o tre anni". Una posizione condivisa da Integrae SIM che, con attraverso il proprio ufficio studi ha una copertura su circa 70 società quotate su Euronext (EPA:ENX) Growth Milan, le Pmi ad alto potenziale di crescita che dopo avere sottoperformato nel corso del 2023, trattano su valutazioni molto basse in assoluto ovvero cca 6 volte gli utili attesi nei prossimi 12 mesi, con la possibilità di essere “riscoperte” dagli operatori nella prospettiva di un calo dei tassi di interesse e soft landing.


Mamma li Houti


Moller-Maersk
, colosso danese del trasporto marittimo ha annunciato un piano di ristrutturazione per fare fronte degli alti livelli di incertezza nel Mar Rosso in seguito agli attacchi alle navi mercantili nel Golfo di Aden iniziati a novembre da parte dei pirati Houti. In particolare ha annullato il piano sul buyback da $1,6 miliardi e tagliato il pagamento del dividendo dell’88%. Il mercato ha reagito negativamente all’annuncio: le azioni sono crollate fino a perdere al 14% dopo aver ceduto il 29% nel corso dell’ultimo anno. Maersk ha affermato che se da un lato gli attacchi Houthi, compresi quelli contro due delle sue stesse navi, hanno favorito l’attività nel 2023 determinando un aumento dei prezzi dei noli, dall’altro l’incertezza rappresenta un rischio per l’anno in corso, soprattutto se combinato con una discesa più a lungo termine del settore. Gli analisti di JPMorgan si aspettano infatti che l’eccesso di offerta nel trasporto marittimo avrà probabilmente un impatto a lungo termine sui profitti di Maersk. Il Baltic Dry Index, che misura il prezzo dei noli di carichi secchi, ovvero i container, ha perso oltre il 2% nella giornata di ieri, portando la perdita da inizio anno al 30%.



Come vedete, si tratta di un articolo di cronaca. Racconta le cose, non ne fa un’analisi, e quindi non aiuta il lettore a capire meglio che cosa sta accadendo sui mercati finanziari, e ai suoi stessi soldi..

Allo stesso tempo, però, l’articolo ci racconta di una analisi. Ed è un’analisi che colpisce: perché arriva dalla banca più grande del Pianeta, e pure per il tipo di conclusione a cui arriva JP Morgan.

Se questo è il modo in cui JP Morgan (ed i Clienti di quella grande banca) vede le cose allora …CHI ha comperato, la settimana scorsa a Wall Street?.

Abbiniamo questo articolo ad un secondo articolo, pubblicato a fine gennaio, ma oggi ancora più interessante per la gestione del nostri portafogli modello.

L’articolo in questione, che noi qui riportiamo, è stato pubblicato dal Sole 24 Ore il giorno 29 gennaio scorso. Chi scrive è a capo della più grande Azienda di gestione di Fondi Comuni in Europa, che si chiama Amundi.

«Gli investitori stanno proiettando sul futuro uno scenario ideale, senza che vi sia una recessione significativa, né uno shock inflazionistico avverso, ma quello che vedo è una fiducia estrema e un eccessivo compiacimento». Dall’alto della propria esperienza Vincent Mortier non sembra proprio volersi fidare di un mercato che si attende un nuovo balzo degli utili societari, in media del 10%, per il 2024. Con la consueta calma che lo contraddistingue, ma anche con sicurezza e precisione il responsabile degli investimenti di Amundi è pronto a esporre le ragioni in base alle quali occorre procedere con massima cautela, passando in rassegna ciascun singolo settore.

I fattori esterni

«Gli eventi recenti in Medio Oriente rischiano di influire in modo di nuovo significativo sulla catena degli approvvigionamenti, mentre la rincorsa dei salari non si è certo arrestata, soprattutto in Europa dove il mercato del lavoro si aggiusta con un certo ritardo e le richieste dei sindacati sono ancora molto forti in Paesi come Francia e Germania», spiega in primo luogo Mortier a Il Sole 24 Ore, che lo ha incontrato a Milano nei giorni scorsi. Quello che l’esperto francese delinea è un tema legato ai costi delle imprese, che sono destinati a restare elevati «e che gli investitori stanno sottostimando nelle loro previsioni». Al tempo stesso l’inflazione potrebbe non essere del tutto domata e in questo modo «esercitare un impatto sulla capacità dei consumatori di continuare a spendere come nei mesi scorsi».

Logico quindi che vi sia più di un dubbio sulla possibilità di mantenere elevata la redditività tanto per le società del comparto industriale, quanto per chi è legato al settore dei consumi. Nel 2024 il vento soffierà invece un po’ meno contrario ai titoli del settore energetico, che hanno battuto in ritirata sugli utili lo scorso anno. “La nostra previsione – precisa Mortier - è che il prezzo del barile di petrolio si manterrà attorno ai 90 dollari: un livello ideale per le case produttrici, soprattutto per le maggiori, perché non eccessivamente elevato da influire sulla domanda e non troppo basso da rendere poco conveniente la produzione attraverso lo shale oil o impedire lo sviluppo di energie alternative e rinnovabili da parte delle compagnie che stanno provando a diversificare le fonti”.

Destino da decifrare

Resta ancora tutto da decifrare lo stesso destino di quel settore finanziario che ha tenuto in alto la barra nel corso del 2023 e contribuito a tirare la volata a Piazza Affari verso il record di profitti. In questo caso la sfida non si gioca però secondo Mortier soltanto sul piano dei margini e sulla capacità di mantenerli elevati anche dopo che la spinta del rialzo dei tassi garantita dalla Bce si sarà esaurita. «La redditività del comparto del credito – assicura – dipende in prima battuta dallo stato di salute del ciclo economico, perché se vi sarà recessione dovremo comunque mettere in conto un costo del rischio più elevato, soprattutto per le banche commerciali, che al momento il mercato non sta prendendo in considerazione».

Se al contrario dovessero prevalere segnali di tenuta della crescita, o si prospettasse il tanto auspicato «atterraggio morbido», le possibilità di vedere ancora una volta sovraperformare i protagonisti del settore finanziario riprenderebbero vigore. «In Europa le valutazioni restano a buon mercato e il rendimento cedolare vale in molti casi attorno al 6-7% annuo rendendo i titoli quotati una buona alternativa alle obbligazioni di livello senior», ammette Mortier, indicando nell’appena citata spada di Damocle del costo del rischio, oltre che nei vincoli «sempre più stringenti» della regolamentazione, i principali motivi della relativa sottovalutazione di parametri chiave quali il prezzo di Borsa delle stesse banche rispetto a utili o patrimonio netto.

Bicchiere pieno “solo a metà”

La prudenza riappare però inevitabilmente quando si vanno a tirare le somme finali sulla dinamica dei profitti delle società europee. «Il mercato tende a vederlo sempre mezzo pieno, ma a nostro parere il bicchiere resta comunque riempito fino solo a metà», sostiene Mortier, che fuori di metafora si dichiara pronto a scommettere sì su un segno «più» anche per il 2024 degli utili, ma preferisce accompagnarlo anche a un numero più vicino allo zero che alla doppia cifra: «Ci saranno vincitori – avverte - ma di sicuro anche perdenti nel mondo societario».

Come esempio dell’eccessivo ottimismo che si avverte sul mercato, soprattutto negli Stati Uniti, l’esperto di Amundi arriva a scomodare i quasi «intoccabili» big della tecnologia: «Gli investitori dei Paesi occidentali sembrano proprio non riuscire a vedere la crescente concorrenza che arriva dall’Asia - non solo Cina ma anche Taiwan, India, Corea e perfino Giappone - dove si sta investendo in maniera massiccia nello sviluppo di nuove tecnologie nell’ambito dei semiconduttori, degli smartphone, della batterie ma anche del commercio digitale» avverte Mortier, che invita a non dimenticare il precedente della fine degli anni 90: «Molte società ritenute leader nel settore internet adesso non esistono più - conclude - e questo potrebbe accadere in futuro anche ai vincitori di oggi».

Non ci dilungheremo oggi su questo argomento, che come abbiamo spiegato per noi di Recce’d rileva soprattutto sul piano della emotività collettiva. S&P 5000 non cambia le cose. Non cambia nulla, nella realtà delle nostre vite, nella realtà delle economia e nella realtà della geopolitica internazionale

Il nostro obbiettivo, che crediamo di avere raggiunto anche grazie ai due articoli che abbiamo riportato, è di spostare l’attenzione dei nostri lettori, allontanarli dai titoli dei siti Web, dalle chat, dai social e dalle community. Abbiamo inteso richiamare l’attenzione dei nostri lettori su uno degli aspetti notevoli della attuale situazione, che probabilmente a molti è sfuggito: il rialzo della Borsa americana di novembre 2023, dicembre 2023, e gennaio 2024, suscita ampie e profonde perplessità, anche tra coloro che (JP Morgan e Amundi) questo rally delle Borse lo devono vendere (perché vendono Fondi Comuni azionari in tutto il Mondo).

Vi invitiamo a fermarvi a riflettere, estraniandovi per mezz’ora dal chiasso dei media, dei giornali e dei social. E farvi una domanda: CHI sta comperando la Borsa di New York, negli ultimi tre mesi? E perché?

Noi in Recce’d ci siamo dati una risposta, e poi abbiamo deciso che cosa fare sui nostri portafogli modello..

Valter Buffo
NYCB 2024
 

Potrà apparire curioso, ad alcuni lettori. Ma soltanto se non sono stati attenti.

Alla fine di una settimana durante la quale noi investitori abbiamo dovuto affrontare la sfida di mettere insieme, in un unico quadro coerente_

  • i dati dalla Cina

  • il ribasso delle Borse in Cina

  • gli utili di Apple, Microsoft, Google, Amazon e Facebook

  • gli utili di altri colossi come UPS e General Motors

  • il dato USA per gli occupati e i salari

  • il dato USA per l’indice ISM

  • la riunione della Federal Reserve

  • la riunione della Banca di Inghilterra

  • un nuovo valore record per l’indice S&P 500 e per l’indice Nasdaq

alla fine di questo tipo di settimana (che eccezionale è dire poco) noi di Recce’d abbiamo scelto di dedicare un Post alle banche.

Per quale ragione?

Tenteremo di chiarire nel seguito.

Anticipiamo solo che le banche hanno svolto un ruolo decisivo, questa settimana, sui mercati finanziari: se oggi vediamo il rendimento del Titolo di Stato USA al 4,02%, è spiegato unicamente dalle banche. Senza le banche, il rendimento sarebbe molto diverso.

Noi, come detto, tenteremo di chiarire. La materia però è molto complessa. Ne abbiamo accennato anche in alcuni dei Post di gennaio. Non potremo (non ne abbiamo il tempo) affrontare una analisi approfondita: che riceveranno poi, nelle prossime due settimane, i nostri Clienti nella Sezione Analisi del quotidiano The Morning Brief.

Al nostro lettori, noi dedichiamo un Post per spiegare (nei limiti imposti sia dalla sintesi, sia dal tempo che abbiamo a disposizione) che qualche cosa sta succedendo.

Di nuovo.

Avete già dimenticato febbraio e marzo del 2023?

Il fatto è ben descritto qui sopra nell’immagine.

Un fatto isolato?

Proprio no: un problema di carattere generale, e per l’intera economia.

Finirà come nel 2023? la Fed ci mette altri soldi, e via?

Forse.

Ma se succede questo, tutto il piano che è stato chiamato “soft landing” non funziona più. Perché un anno fa, nel marzo 2023, i prezzi delle merci erano in fase di discesa. Oggi non più.

Meglio, allora, iniziare ad approfondire subito. Noi di Recce’d, proseguiremo poi in The Morning Brief, ma pure in qualche Post successivo.

Per questa settimana ci limitiamo a ciò che segue: e la ragione di questo è che, durante gli ultimi otto giorni abbiamo analizzato e utilizzato per i nostri Clienti, i seguenti fatti

  • i dati dalla Cina

  • il ribasso delle Borse in Cina

  • gli utili di Apple, Microsoft, Google, Amazon e Facebook

  • gli utili di altri colossi come UPS e General Motors

  • il dato USA per gli occupati e i salari

  • il dato USA per l’indice ISM

  • la riunione della Federal Reserve

  • la riunione della Banca di Inghilterra

  • un nuovo valore record per l’indice S&P 500 e per l’indice Nasdaq

che adesso siamo pronti per tradurre in nuove operazioni sui portafogli modello di Recce’d.

Tutte quelle che abbiamo appena citato sono, infatti, opportunità per operare, come abbiamo scritto proprio ieri, 3 febbraio 2024, nella nostra nuova Lettera al Cliente.

L’articolo del Wall Street Journal (firmato Nick Timiraos) risale a una decina di giorni fa: prima della riunione della Fed e del crollo che vedete nel grafico.

Buona lettura.

Sebbene la Federal Reserve abbia smesso di aumentare i tassi di interesse la scorsa estate, sta silenziosamente inasprendo la politica monetaria attraverso un altro canale: riducendo di circa 80 miliardi di dollari al mese i suoi 7,7 trilioni di dollari di obbligazioni e altri asset.

Ora anche questo potrebbe cambiare. I funzionari della Fed avvieranno le deliberazioni sul rallentamento, ma non sulla fine, del cosiddetto inasprimento quantitativo non appena si terranno la riunione politica di questo mese. Potrebbe avere importanti implicazioni per i mercati finanziari.

La Fed può ridurre le sue partecipazioni vendendo obbligazioni o, come ha preferito, permettendo alle obbligazioni di maturare e “scappare” dal suo bilancio senza acquistarne di nuove.

Il deflusso aumenta l’offerta di obbligazioni che gli investitori devono assorbire, esercitando una pressione al rialzo sui tassi di interesse a lungo termine. Il rallentamento del deflusso riduce la pressione verso l’alto.

Ma mentre la Fed prevede di tagliare i tassi di interesse a breve termine quest’anno perché l’inflazione è scesa, la sua logica per ridurre il deflusso delle obbligazioni è diversa: prevenire disagi in un angolo oscuro ma critico dei mercati finanziari.

Cinque anni fa, nella parte finale del 2019, il deflusso dei titoli dal bilancio Fed scatenò uno sconvolgimento in quei mercati, costringendo ad una caotica inversione di rotta. I funzionari sono determinati a non farlo di nuovo.

Diversi funzionari presenti alla riunione politica della Fed del mese scorso hanno suggerito di avviare presto conversazioni formali, in modo da comunicare i loro piani al pubblico ben prima che eventuali modifiche abbiano effetto, secondo i verbali della riunione. I funzionari hanno indicato che i cambiamenti non sono imminenti e che si stanno concentrando sul rallentamento, non sulla conclusione, del programma.

La Fed ha iniziato ad accumulare la sua enorme scorta di obbligazioni durante la crisi finanziaria del 2008. All’epoca aveva già tagliato il tasso di interesse a breve termine quasi a zero. L’acquisto di obbligazioni, o “quantitative easing”, aveva lo scopo di fornire ulteriore stimolo abbassando i tassi a lungo termine.

Quando la Fed acquista un’obbligazione da una banca o da un cliente di una banca, la paga attraverso l’equivalente elettronico della stampa di denaro: accreditando il conto della banca presso la Fed. Man mano che le sue partecipazioni obbligazionarie crescevano, aumentava anche il contante elettronico, chiamato riserve.

Nel 2017, quando la Fed ha iniziato a ridurre le sue partecipazioni, ha anche prosciugato i depositi di riserva. I funzionari della Fed non erano mai riusciti a fare qualcosa del genere prima e non erano sicuri di quanto tempo far durare il processo.

Una banca utilizza le riserve per gestire le transazioni tra se stessa, i suoi clienti, altre banche e la banca centrale. I previsori della Fed e del settore privato ritenevano che le banche avessero molto più del necessario per questo scopo.

Ma nel settembre 2019, un’impennata brusca e inaspettata di un tasso di prestito overnight chiave ha suggerito che le riserve si erano ridotte al punto che erano troppo scarse o difficili da ridistribuire nel sistema finanziario. La Fed allora ha iniziato ad acquistare buoni del Tesoro per reintegrare le riserve nel sistema ed evitare ulteriore instabilità.

Nel 2020, la pandemia di Covid-19 ha creato un’enorme corsa ai dollari. Per evitare che i mercati si bloccassero, la Fed ha ripreso ad acquistare enormi quantità di titoli. Ha smesso di acquistare nel marzo 2022 e tre mesi dopo ha invertito il processo, riducendo ancora una volta il portafoglio.

I politici hanno diversi motivi per prendere in considerazione un rallentamento del deflusso. Innanzitutto, la Fed sta riducendo le sue disponibilità in titoli del Tesoro di 60 miliardi di dollari al mese, due volte più velocemente di cinque anni fa. Continuare a correre a questo ritmo aumenta il rischio che la Fed dreni le riserve così rapidamente da far salire i tassi del mercato monetario mentre le banche faticano a ridistribuire un’offerta in diminuzione di riserve.

Rallentare il ritmo del deflusso entro la fine dell’anno potrebbe consentire alla Fed di continuare il programma più a lungo del normale, “riducendo la probabilità che dovremmo fermarci prematuramente”, ha affermato il presidente della Fed di Dallas, Lorie Logan, in un recente discorso.

È probabile che le opinioni di Logan abbiano peso perché è stata la dirigente della Fed di New York incaricata di gestire il portafoglio della banca centrale tra il 2019 e il 2022.

In secondo luogo, ci sono segnali che il surplus di liquidità nei mercati monetari sta rapidamente diminuendo.

La Fed consente alle società del mercato monetario e ad altri di parcheggiare denaro extra che altrimenti finirebbe nelle riserve in un sistema di riacquisto inverso overnight. Dalla fine di agosto la struttura si è ridotta di circa 1.000 miliardi di dollari, arrivando a circa 680 miliardi di dollari. Logan ha appoggiato il rallentamento del deflusso una volta che la struttura sarà quasi esaurita di liquidità perché, in seguito, la previsione della domanda di riserve bancarie sarà più incerta.

In questi ultimi mesi, il calo più rapido del previsto dei saldi delle operazioni di riacquisto inverso overnight (ovvero Reverse Repo) sta stimolando il movimento della Fed verso una pianificazione di emergenza su come rallentare il deflusso.

​“È stata una sorpresa per tutti che i saldi di riacquisto inverso overnight siano diminuiti così rapidamente e che le riserve siano effettivamente aumentate in questo periodo”, ha affermato Brian Sack, che ha gestito il bilancio come dirigente senior presso la Fed di New York dal 2009 al 2012. .

In terzo luogo, i funzionari hanno indicato che lasceranno il sistema bancario con più riserve rispetto a quando hanno ridotto il bilancio cinque anni fa.

Una ricerca scritta nel 2022 da John Williams, presidente della Fed di New York, ha rilevato che la domanda di riserve da parte delle banche ha registrato una tendenza al rialzo negli ultimi dieci anni.

I tassi del mercato monetario hanno iniziato ad aumentare una volta che le riserve sono scese al di sotto del 13% delle attività totali delle banche.

Oggi ciò corrisponderebbe a 3mila miliardi di dollari, al di sotto degli attuali 3,5mila miliardi di dollari ma ben al di sopra degli 1,4mila miliardi di dollari (8% degli asset bancari) raggiunti a settembre 2019.

I funzionari affermano che faranno più affidamento sui segnali del mercato per identificare il giusto livello di riserve. “L’ultima volta, avevamo molte stime su dove pensavamo fosse il livello terminale delle riserve, e le nostre stime erano troppo basse”, ha detto il presidente della Fed di Filadelfia Patrick Harker in un’intervista di ottobre. “Alla fine, sarà il mercato a dettare la nostra posizione”.

Gli operatori di mercato affermano che la Fed deve gestire attentamente il deflusso di titoli dal proprio bilancio perché le banche potrebbero aver bisogno di più riserve di quanto si rendano conto.

Ciò è dovuto alle normative che impongono alle banche di detenere asset di qualità superiore per soddisfare richieste impreviste di liquidità. Inoltre, per 15 anni le banche hanno avuto così tanta liquidità a seguito delle operazioni della Fed che il mercato interbancario in cui le banche si prestavano reciprocamente le riserve si è atrofizzato.

Gli operatori di mercato e i funzionari della Fed sono meno fiduciosi che le riserve possano rapidamente passare dalle banche con extra a quelle che ne hanno bisogno.

Tuttavia, i funzionari della Fed probabilmente non sentono il bisogno di prendere una decisione affrettata, ha detto Sack. “A questo punto, non vediamo segnali che indichino che il deflusso dei bilanci debba essere rallentato immediatamente”, ha detto.

Scrivi a Nick Timiraos a Nick.Timiraos@wsj.com


Valter Buffo