Chi ha guadagnato (davvero) nel 2021. Chi guadagnerà (davvero) nel 2022.
 

Sono numerosissimi, gli investitori che sono convinti di “avere guadagnato” nel 2021.

La maggior parte degli investitori è soddisfatta dei propri “guadagni” perché sul rendiconto della Banca vede le proprie posizioni valutate ai prezzi di mercato del 31 dicembre 2021, e quei prezzi al 31 dicembre erano più alti del 1 gennaio precedente.

Ci dispiace di disturbare gli amici lettori durante il loro sogno preferito, ma siamo costretti dal nostro ruolo professionale a riferire sempre la verità sui vostri investimenti.

Pochissimi di voi hanno guadagnato davvero: nelle attività di investimento (non soltanto negli investimenti finanziari, anche nell’investimento in opere d’arte oppure nell’acquisto degli immobili) si può dire di avere guadagnato sono nel caso in cui ciò che avete in portafoglio (inclusi gli immobili, le opere d’arte ed i francobolli) sia capace di preservare il proprio valore nel tempo.

Al contrario, tutti i rialzi dei prezzi del 2021 sono legati a fattori eccezionali, e non ripetibili: quei prezzi, che vedete sul vostro rendiconto bancario, non sono sostenibili perché sono fasulli. E ve ne renderete conto presto.

Ciò che è successo nel 2020 e poi nel 2021 è che sono state fatte scelte politiche finalizzate a gonfiare i prezzi dei vostri asset: non c’è stato alcun miglioramento delle economie duraturo e sostenibile, tale che le Aziende quotate in Borsa possano anche solo immaginare di sostenere gli attuali livelli di redditività e fatturato.

Insomma: state sognando ad occhi aperti.

Come dite? Potreste vendere tutto lunedì, e tradurre i vostri guadagni sulla carta in soldi veri?

No: non succederà.

Perché non è così che vanno le cose.

Le cose da sempre vanno in modo molto diverso: tutti venderete tutti insieme quando il sogno sarà svanito, ed allora tutti vi renderete conto che i guadagni erano solo sulla carta, e che … vi hanno fregati di nuovo.

Recce’d in questo Post invece vi racconta chi nel 2021 ha guadagnato davvero: e proprio sulle vostre spalle.

Ritornate indietro di qualche mese: solo pochi mesi fa, in piena euforia, ognuno si sentiva un genio. Chiunque avesse anche solo letto due o tre articoli di giornale, oppure magari un libro, scritto da un “guru di Wall Street” si sentiva sicuro di sé e in grado di fare tutte le migliori scelte di investimento.

A partire dagli IPO: i nuovi collocamenti in Borsa, che erano tutti, o quasi, delle vere e proprie “occasioni da non perdere”, in quella prima parte del 2021. “Come hai fatto a non vederli”, diceva quell’amico informatissimo?

Rileggiamo i numeri degli IPO dopo qualche mese, e facciamo il consuntivo del 2021.

Il grafico qui sopra vi racconta che a fine 2021 alla Borsa di New York la percentuale di nuovi collocamenti 2021 che aveva un prezzo superiore a quello del giorno di collocamento era del 34%. Il che significa: due terzi dei nuovi collocamenti il 31 dicembre 2021 trattavano sotto il prezzo di collocamento.

Ed ecco come si facevano davvero i soldi, nel mercato del 2021: piazzando, a due persone su tre, titoli sopravvalutati. Chi ha guadagnato davvero? I soci delle Società che sono state collocate sul mercato di Borsa, e poi i cosiddetti “underwriters”, ovviamente.

E precisamente: Goldman Sachs, JP Morgan, Morgan Stanley e tutte le altre banche di investimento. Quelli che … vi fregano sempre, e da sempre.

The best of times and the worst: It was the tale of two IPO markets this year on Wall Street.

Investment banks booked a record tally in revenue from initial public offerings in 2021, despite IPO performance that was the worst in at least three years for average investors, by one measure.

Underwriters, including Goldman Sachs Group Inc., JPMorgan Chase , and Morgan Stanley , among others, combined to register IPO revenue of about $9.8 billion, including special-purpose acquisition companies, or SPACs, according to data compiled by Dealogic for MarketWatch. The IPO revenue total compares with $4.995 billion from 2020, $2.1 billion in 2019 and $1.95 billion in 2018.

Even excluding revenue generated from SPACs, which have been one of the most popular ways for investors to take companies public in the past year or so, bankers accumulated a record fee sum. More traditional listings on public exchanges saw banks combine to post revenue of about $5.531 billion so far this year, with no other year coming close, including the dot-com era, when total IPO fee revenue for 1999 and 2000 were a combined $6 billion, using data going back to 1995.

Goldman booked the highest total in IPO fees, including SPACS, with some $1.456 billion in 2021, doubling its 2020 tally of $758 million. In fact, three banks made over $1 billion in fees, with JPMorgan booking $1.1 billion and Morgan Stanley seeing 2021 revenue of $1.025 billion, representing the other top two banks in what has been a bumper year for those underwriting newly public companies.

However, the record revenue from investment banks come as IPO performance has sorely lagged behind the broader market. The Renaissance IPO ETF , an exchange-traded fund that tracks the performance of new offerings, was down 11.3% on the year, as of Wednesday, which would represent its worst annual performance since 2018, when the ETF declined roughly 18%.

On top of that, the broader market handily beat returns of your average IPO, with the Dow Jones Industrial Average looking at a year-to-date gain of over 19%, the S&P 500 index up nearly 28% thus far in 2021 and the technology-laden Nasdaq Composite Index staring at a 22% return in the year to date, despite a number of hiccups for investing throughout the COVID-ridden period.

John E. Fitzgibbon, Jr., founder and editor of IPOScoop, an IPO data and rating service in Rahway, N.J., said that new issuances had a lot of support on the first day of trading but failed to maintain longer-term interest.

“After the hot money moved on, there was no aftermarket performance,” he said, referring to trading activity on the IPOs’ first sessions.

“You will see huge trading volume on the first day,” Fitzgibbon said, “and about half that on the second day, and after that, you’ll see about half the volume on the third day.”

MarketWatch’s Emily Bary reported that 2021 marked the strongest year for IPO listings and volumes in history, surpassing 1,000 offerings for the first time ever, according to Dealogic data, which showed a record $315 billion raised — when that total had never before hit $200 billion in a year.

Bary noted that more than half of those deals were SPACs, as 606 blank-check companies went public in 2021, with most of them heavily frontloaded into the beginning of the year — 298 of the SPACs that went public were in the first quarter of 2021.

Some of the notable companies that made their debut in 2021 to much fanfare, only to stumble, include Robinhood Markets Inc.,  Poshmark Inc., Bumble Inc. and Coinbase Global Inc.,  which went public through a direct listing. Los Angeles-based Honest Co., which sells environmentally clean baby and personal-care products, priced its IPO at $16 in May but was trading at about half that on Wednesday.

In fact, two-thirds of the companies that went public in 2021 are underwater relative to their IPO prices, The Wall Street Journal reported on Wednesday.

 Wells Fargo banking analyst Mike Mayo said that this year highlights a renewed bull market for Wall Street.

“The record year for IPOs reflected a period of bull-market banking,” he told MarketWatch.

He said, however, that there was little chance of the trend continuing into 2022.

“I have not spoken to one banker or investor who expects this pace of activity to continue, but it may stay above 2019 levels longer than people think,” he said.

Goldman, Morgan Stanley and JPMorgan officials either declined to comment or didn’t immediately return requests for comment.



I guadagni di cui si scrive qui sopra, nell’articolo, sono guadagni veri: mentre i vostri, amici lettori, sono guadagani finti. Loro, i soldi li hanno già messi in tasca, mentre voi li avete soltanto sulla carta (e difficilmente li vedrete nel vostro futuro).

E non ci sono soltanto gli IPO, ovvero i nuovi collocamenti. anche in altri comparti del mercato finanziario nel 2021 sono stati fatti dei grandi guadagni, e di nuovo alle vostre spalle.

Come leggete nel grafico qui sotto (Financial Times) le Aziende hanno raccolto nel 2021 ben 12 mila miliardi di fondi, di denaro, dai risparmiatori: e non solo collocando azioni (non solo gli IPO, bensì tutti i collocamenti anche di Società che erano già quotate), ma pure collocando obbligazioni, oppure raccogliendo denaro a prestito.

Denaro per 12 mila miliardi raccolto dalle Aziende in una situazione nella quale i tassi di interesse sono a zero, e quindi i rendimenti promessi dalle obbligazioni stanno vicini a zero, così come quelli dei prestiti, e per conseguenza pure i rendimenti delle azioni, calcolati come rapporto tra gli utili (futuri, promessi, incerti) ed il prezzo delle azioni stesse.

In sintesi, denaro che per scelta delle Banche Centrali e dei Governi è passato dal risparmiatore alla Società in condizioni decisamente penalizzanti per l’investitore: che a questi livelli di rendimento (obbligazioni) e di P/E (per le azioni) è praticamente sicuro che in futuro perderà soldi sull’investimento stesso.

Come vedete, c’è chi davvero ha approfittato alla grande, delle anomalie, degli eccessi e della follia di mercato del 2021: e non siete di sicuro voi, amici lettori, che sperate un domani di vendere le vostre quote dei Fondi a prezzi maggiorati. Ma quando mai? Continuate a leggere, e ve ne renderete conto, che state sognando.


Completiamo il nostro giro di orizzonte, sui guadagni del 2021, parlando di chi ci ha guadagnato più di tutti: ovvero le reti dei promotori Finanziari. Quelli che vi hanno piazzato le quote dei Fondi Comuni.

Come tutti sapete, i Fondi Comuni che investono in Borsa sono i più costosi: a voi costano, se va bene, il 2,5%, ma poi si sale, e ne trovate al 3,5%, al 4%, alcuni addirittura al 5%. Annuo: voi ogni anno pagate quella percentuale, sia che il Fondo salga sia che scenda (è questa la ragione per cui voi alla fine … non guadagnate mai).

Quei soldi li prende quasi tutti il commerciale, e non chi gestisce il Fondo: commerciale che si chiama a seconda delle volte promotore finanziario, consulente, wealth manager o private banker, ma alla fine è un venditore che si intasca le retrocessioni. Fa “la mezza”, come si dice. Lui sa poco o nulla di P/E, non capisce dove va l’inflazione, non ha idee sulla crescita futura dell’economia, ma a voi spiega che “è il momento di investire in azioni”, perché così lui prende più quattrini (e poi glielo ha detto Goldman Sachs).

Voi lettori, insieme a tutti gli altri investitori, avete buttato i vostri risparmi nei Fondi Comuni azionari ad un ritmo senza precedenti nel 2021: come è testimoniato sia dal titolo più sopra, sia dal grafico qui sotto, che ci racconta che negli Stati Uniti sono entrati più soldi nei Fondi Comuni azionari nel 2021 che nei 19 anni precedenti sommati fra loro. Ci potete credere?

Voi tutti avete fatto questa scelta perché a voi è stato raccontato che “potete guadagnare più che con le obbligazioni”. C’è stato, forse, un velocissimo accenno al fatto che “potreste anche perdere soldi”, ma così, come si fa tanto per dire.

C’è solo un piccolissimo problema: voi che avete messo i vostri soldi nei Fondi Comuni azionari nel 2021 vi aspettate di guadagnare nel 2022, nel 2023, nel 2024, e così andando.

Sarà molto difficile, anzi impossibile: e lo sanno tutti. Gli estremi di valutazione toccati nel 2021 (e proprio grazie a voi ed ai vostri investimenti nei Fondi Comuni) NON si ripeteranno.

E proprio per questa stessa ragione: perché VOI non metterete altri soldi nei Fondi Comuni nel 2022. Voi NON guadagnerete per colpa VOSTRA.

E quindi: ci sarà sia il danno, sia la beffa.

Per fortuna, ci sono anche ALTRE strade percorribili, un ALTRO modo di gestire il risparmio e gli investimenti, ALTRI interlocutori che non sono obbligati a “piazzarvi la merce”. Contattateci, e vi aiuteremo ad uscire da questa vostra scomodissima situazione, dal vicolo cieco nel quale vi hanno cacciati.

Si potrà guadagnare, e molti soldi, nel 2022: ma soltanto se si ragiona, si valuta e si agisce nel modo esattamente OPPOSTO al modo che è stato adottato dalla MASSA degli investitori nel 2021 appena concluso.

Evitate di perdere i vostri soldi rimanendo ammassati nel gregge.

If there’s a single stat to capture the insatiable appetite for stocks this year, it’s the sum of cash that went into equity funds.

Investors have poured almost $900 billion into equity exchange-traded and long-only funds in 2021 -- exceeding the combined total from the past 19 years -- according to analysts at Bank of America Corp. and EPFR Global. 

It’s a data point that underscores just how extraordinary and record-breaking this year has been. The combination of cheap money and an economy roaring out of the pandemic set the stage of an unstoppable rally, with frenzied retail trading and a lack of other good investment options adding fuel to the fire. 

Source: Bank of America Corp.

The rally has left U.S. stocks teetering at record valuations and even some Wall Street analysts, usually a bullish cohort, are turning bearish for next year. For investors, the debate continues to be about how fast central banks will raise rates to combat sticky inflation, and how badly it could poentially erode economic growth.  

One possible sign of skittishness: investors have pulled money from stock funds only twice this year, and the second time was in the past week. Equity funds had $2.7 billion outflows in the week through Nov. 23, according to BofA.

Other highlights from BofA’s report: 

  • The amount of money moving into the stock market dwarfed anything else this year. Bond funds attracted just $496 billion and money market funds received about $260 billion.

  • ETFs continue to be the product of choice. Stock ETFs absorbed $785 billion inflows this year, compared with about $108 billion for long-only funds.

  • Equity sectors that saw record investments in 2021 include financial, consumer, energy, materials, real estate and infrastructure. Tech and healthcare had their second-best year.

Mercati oggiValter Buffo
Italia 2022
 

Oggi primo giorno del 2022 i quotidiani intrattengono il lettore con le “pagelle”: il calciatore più bravo del 2021, il film più bello del 2021, gli articoli più letti del 2021.

E poi, non può mancare, ci sono i voti ai politici.

La stampa generalista italiana si conferma anche oggi compatta nel supporto al Presidente del Consiglio in carica, come mai abbiamo visto nella storia recente e lontana dell’Italia repubblicana. Draghi prende voti alti, altissimi.

Come tutti sappiamo, anche i mercati finanziari esprimono giudizi: che non sempre coincidono con quelli dei quotidiani e delle TV.

Recce’d ne ha scritto nel Blog già la settimana scorsa, in questo Post, così come ne hanno scritto anche alcuni organi di informazione, in Italia ma soprattutto all’estero.

Vi abbiamo già messo in evidenza che il rialzo dello spread tra Italia e Germania, spread che ha chiuso il 2021 ai livelli massimi dell’anno (grafico sopra), ci colpisce soprattutto per una ragione: questo rialzo in genere è associato a momenti di visibile tensione sui rendimenti, tensione che invece è stata del tutto assente in dicembre.

Di certo, se ci limitiamo a leggere i dati del grafico qui sopra, non sembra proprio che dai mercati a fine anno sia arrivato un “8” in pagella per Draghi ed il suo Governo.

Forse, ci può essere utile allargare il periodo di osservazione? Guardiamo allora (grafico sotto) agli ultimi dieci anni,

Come vedete nel grafico sopra, il livello attuale dello spread è lo stesso della fine del 2019, e poi di inizio 2018, e poi anche del 2017, e del 2015.

Insomma, è il medesimo spread di numerosi precedenti periodi della storia economica italiana recente, e soprattutto è stato registrato con Governi in carica di diverso colore, e con diversi Presidenti del Consiglio.

Nel grafico qui sopra, non si vede alcun “effetto Draghi”. E quello che è peggio, non c’è alcun segno di “effetto Pnrr”. La sigla “Pnrr” sta a significare che dal cielo sono piovuti sull’Italia soldi in una quantità tale che, in assenza di una pandemia, mai avremmo potuto immaginare.

I media hanno fatto ogni possibile sforzo per spiegare al pubblico dei lettori che questo è il “punto di svolta per il Paese”. La stessa nomina di Draghi a Palazzo Chigi è stata spiegata da tutti i politici di ogni colore come mossa necessaria “per avere i soldi del Pnrr”.

E solo pochi mesi fa, tutti i quotidiani e tutti i TG avevano fatto i titoloni sull’effetto Draghi.

Poi si vanno a guardare i dati, e l’effetto Draghi non si trova.

Chi ha investito sull’effetto Draghi fino ad oggi ha fatto un buco nell’acqua: perde soldi su tutti i Titoli di Stato, e in aggiunta anche la Borsa di Milano è salita meno di altre Borse europee (pur partendo da livelli decisamente più bassi).

E adesso arriva il 2022: non c’è più un “effetto Draghi” né un “effetto Pnrr” a sostenere i mercati finanziari, e le Banche Centrali alzeranno i tassi di interesse ufficiali. Che cosa devo fare con i miei BTp? E con la Borsa di Milano?

I Clienti di Recce’d sono già da tempo posizionati, e nel modo migliore. Ai lettori del Blog, il suggerimento che possiamo dare oggi, 1 gennaio 2022, è di rileggere con grande attenzione l’articolo che segue, firmato da Carlo Bastasin e pubblicato da Repubblica, che in questo Blog noi abbiamo riportato la settimana scorsa, in questo Post .

A quella lettura, aggiungete questo nostro Post di oggi, ed i due articoli che nel Post di oggi vi mettiamo a disposizione.

E subito dopo, parlare di queste cose con i private banker, con il wealth manager e con il promotore finanziario: il quale sicuramente fino ad oggi con voi ha evitato accuratamente questo argomento.

Noi riprendiamo il nostro commento alla situazione dell’Italia e dei suoi mercati più in basso dopo l’articolo di Daniele Manca pubblicato sul Corriere della Sera che trovate qui di seguito.

Che qualcosa stia accadendo sui mercati finanziari, ancora una volta, ce lo segnala lo spread, il differenziale tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi. In altre parole, gli interessi in più che il nostro Paese deve pagare per farsi prestare soldi dagli investitori internazionali, dai risparmiatori e dalle istituzioni finanziarie italiane. Gli ordini di grandezza non sono nemmeno paragonabili ad altri periodi della storia quando si ragionava in termini di centinaia di punti. Al marzo scorso, lo spread viaggiava tranquillo attorno a quota 100. Una quota che gli analisti ritengono sia la corretta differenza di competitività tra il sistema Italia e quello tedesco. Ma dalla fine di novembre è iniziata una lenta quanto costante crescita fino a ieri mattina quando ha aperto a 143 punti.

E questo nonostante il Parlamento si appresti a dare il via libera alla legge di Bilancio. Legge considerata il prolungamento di una politica fiscale che da mesi sostiene la crescita dell’economia, condizione che i mercati considerano essenziale perché il debito sia sostenibile. Sarebbe poco saggio, allora, non tenere in conto che ci si sta avviando a un inizio di anno importante per l’assetto istituzionale del Paese. Gli ultimi due mesi le forze politiche, i partiti, li hanno trascorsi a discutere in modo più o meno palese di Quirinale. Prima chiedendo velatamente al premier Mario Draghi di chiarire le sue intenzioni. E poi reagendo con malcelata sopportazione alle parole del premier che ha ribadito come sia nelle mani del Parlamento e delle forze politiche l’onere della scelta.

È come se il messaggio che si sta dando ai mercati sia ancora una volta quello di un’Italia che considera il governo come un’attività di secondo piano. Di mera amministrazione se non attuazione di scelte politiche che possono prescindere dalla situazione del Paese. Come se avere un debito pubblico al 155% rispetto al prodotto interno lordo (la ricchezza che il Paese crea in un anno), sia lo stesso che averlo al 130 o addirittura sotto. Questo non per un generico richiamo al rispetto dell’equilibrio dei conti pubblici, o perché l’Italia non possa fare fronte alle prossime sfide. In questi mesi si è potuto vedere concretamente anche per merito dei partiti che hanno con responsabilità scelto di dare vita a un governo con una maggioranza non facile, che il Paese è meno diviso di quanto si pensi quando c’è da perseguire degli scopi che sono comuni. Ma se si torna a sentir parlare giustamente di «primato della politica», questo non può trasformarsi in astrazione dalla realtà della situazione. Siamo un Paese che sta godendo di un’inedita congiuntura positiva.

La Banca centrale europea con il suo ombrello di acquisti di debito pubblico ci sta dando una mano. Ma fino a che punto potrà farlo a fronte di un’inflazione che mostra chiari segni di ripresa? L’Europa ha finalmente compreso il valore della solidarietà che si è manifestata non solo con il Next generation Eu, ma anche con una certa disponibilità a rimettere in discussione le regole che sottendono all’Unione. Si inizia a intravvedere un percorso che può portare a una modifica delle regole di bilancio che hanno mostrato tutto il loro essere figlie di un’altra epoca. Il Patto di Maastricht data 1993. Di tutto questo c’è poca traccia nella discussione che dovrà portare a decidere assetti istituzionali importanti. Non si può pensare che basti decidere un nome per una carica o per un’altra senza che il tutto venga legato a politiche che necessariamente devono avere un orizzonte lungo per un Paese troppo spesso abituato a reagire alle emergenze. Affiora una certa superficialità nel parlare di incarichi istituzionali, di assetti di governo, come se non venissimo da durata medie degli esecutivi di circa un anno.

E come ricordava ieri Sabino Cassese, l’architettura istituzionale di un Paese è decisiva per garantire quella dialettica democratica alle quali le forze politiche si richiamano. Un sondaggio condotto tra gli operatori finanziari dell’associazione che li raccoglie (Assiom-Forex con il Sole24 ore Radiocor) si aspettava nei prossimi mesi uno spread sotto quota 150, ma sottolineando la volatilità dovuta proprio agli snodi che il Paese si appresta ad affrontare. Un antico detto in Borsa dice che i risparmiatori e gli investitori hanno memoria di elefante e gambe di lepre. Sono pronti cioè a fuggire in fretta quando si ritrovano a vivere situazioni di cui hanno già avuto esperienza. È vero che non possono essere i mercati finanziari a decidere le politiche di un Paese. Hanno logiche diverse da quelle di comunità estese come una nazione. Ma spesso funzionano da termometro. E se la temperatura sale lo segnalano.

Trovate in questo articolo una grande quantità di spunti, che vi lasciamo liberi di approfondire a seconda dell’importanza che voi attribuite ad ognuno. Noi oggi ci limiteremo invece a mettere in evidenza un aspetto di questa vicenda, che ha una validità più generale.

In particolare, i occuperemo in questo Post di narrativa, di informazione, e di comunicazione. Prendendo a spunto un recente articolo dell’ex-Direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, giornalista tra i più competenti, in Italia, in materia di economia.

Nell’articolo che noi riportiamo qui di seguito, trovate esposta in modo chiaro una linea di politica economica, che si traduce poi in una narrativa, che è quella che è stata scelta dall’Italia e da molti altri Paesi negli ultimi due anni.

Si tratta di una linea di politica economica che trova nella narrativa il suo principale supporto: De Bortoli spiega in modo chiaro che NON SI DEVE dire la verità, non si devono raccontare le cose come sono, bensì si deve raccontare un Mondo che non è quello nel quale tutti viviamo, bensì quello che POTREBBE ESSERE, più avanti, se tutti mantengono un buon grado di fiducia ed ottimismo.

Come i nostri lettori sanno, Recce’d è del tutto contraria a questa politica, e considera questa scelta una scelta irresponsabile. Che ha, a nostro giudizio, un obbiettivo preciso: ovvero mantenere il più a lungo possibile le cose come stanno oggi, conservando quindi le posizioni di maggiore favore a chi le occupa attualmente. Parliamo qui di individui, di Aziende, di Istituzioni: il cosiddetto status quo. Bloccare l’evoluzione del sistema socio-economico.

Si blocca un Paese, lo si congela, e gli si impedisce in questo modo di crescere, di evolversi, di eliminare gli scarti, le inefficienze, i difetti.

L’articolo che leggete qui sotto si apre con queste parole: “Se ci avessero detto, quasi due anni fa, che alla fine del 2021 saremmo stati ancora nel pieno della pandemia, alle prese con una quarta ondata del Covid, l’effetto depressivo sulla società e l’economia sarebbe stato ancora più devastante. Per fortuna non eravamo in grado di prevederlo e di temerlo.”.

Che questa sia stata una fortuna lo dice solo De Bortoli, e lo vedremo nel 2022: noi siamo del parere opposto, e siamo certi del fatto che se questa situazione fosse invece stata anticipata e prevista già due anni fa, avremmo potuto preparaci e contrastarla attivamente.

Al contrario, la scelta di Draghi, del Parlamento, del Corriere della Sera e di de Bortoli è andata in un’altra direzione: “facciamo finta che tutto è come prima, facciamo finta che tutto è risolto, facciamo ripartire gli stadi e le discoteche, facciamo festa grazie ad un debito pubblico al 150%”.

Ci sarà mai, nel futuro, un momento nel quale chi ha fatto queste scelte viene giudicato per le sue responsabilità? Noi crediamo di no. Non verranno mai chiamati a risponderne.

Ma dobbiamo segnalare che l’articolo di de Bortoli che leggete qui sotto si chiude con un importante richiamo: dice De Bortoli che “è ora di dire la verità”.

Commento di Recce’d: meglio tardi, che mai? Oppure “non è mai troppo tardi”? Oppure “ormai è troppo tardi”? Non sappiamo ancora. Di certo, noi riteniamo che questo Paese necessiti di un cambiamento profondo, delle persone che occupano posizioni di responsabilità politica, sociale ed economica. Necessità di una discontinuità con il passato, della politica, dei giornali e del management delle Aziende, e non di essere tenuto “nel congelatore” per preservare le posizioni di vantaggio in ogni settore della vita pubblica.

E’ un Paese che a nostro giudizio necessita di dirigenti politici, aziendali e sociali che non abbiamo la paura di dire la verità, ma fino dal primo giorno: non nei talk show in TV bensì direttamente al cittadino.

Lo dobbiamo chiedere anche tutti noi investitori: che nel recente passato abbiamo vissuto episodi come quelli che vi abbiamo messo in evidenza qui sotto nel grafico, e che siamo coscienti che ogni giorno che arriva potrebbe ripresentare situazioni come quelle che nel grafico sono evidenziate.

DEBITO E RIFORME

Tassi in rialzo? Perché l’Italia non deve farsi trovare impreparata

di Ferruccio de Bortoli

Se ci avessero detto, quasi due anni fa, che alla fine del 2021 saremmo stati ancora nel pieno della pandemia, alle prese con una quarta ondata del Covid, l’effetto depressivo sulla società e l’economia sarebbe stato ancora più devastante. Per fortuna non eravamo in grado di prevederlo e di temerlo. E se ci avessero raccontato che Paesi con i quali ci confrontiamo spesso in negativo — dalla Germania alla Francia, al Regno Unito — si sarebbero trovati ancora più in difficoltà di noi, non ci avremmo creduto. Non è finita. Non possiamo immaginare che cosa sarebbe accaduto se poi qualcuno fosse saltato fuori ipotizzando che i nostri partner europei avrebbero replicato alcune nostre misure, come il green pass o il super green pass, e che Angela Merkel lasciando la cancelleria avesse lodato l’Italia come un esempio. E poi l’Economist mai così tenero con l’Italia. Incredibile. Eppure è andata così. Questo dimostra il grado di adattamento del Paese alle difficoltà, la sua straordinaria capacità di affrontare le emergenze sprigionando risorse sconosciute. Se dovessimo dire qual è il portato più positivo di questa drammatica stagione di sofferenze sanitarie ed economiche, non esiteremmo a indicarne una. Una sola, la più importante.

Capitale sociale

La conferma della ricchezza di un capitale sociale, fatto di relazioni, sentimenti, solidarietà, non inscrivibile in alcun bilancio, ma essenziale per definire il grado di civiltà di un Paese che si è scoperto più disciplinato e responsabile di quanto non si pensasse. La forza delle comunità è un indiscutibile vantaggio competitivo. A maggior ragione nel momento storico nel quale cambia il paradigma economico e sociale dello sviluppo e si ridisegnano le regole del capitalismo. Le comunità più sensibili ed evolute — insieme alle imprese migliori — sono già avanti sui temi della sostenibilità, dell’inclusione e della transizione ecologica. Peccato solo che manchi una sintesi, un coordinamento, fatichino a fare rete, e molte di loro inseguano fatui localismi e illusioni federaliste che il Covid ha inevitabilmente schiacciato. I presidenti di Lombardia e Veneto, Attilio Fontana e Luca Zaia, hanno tentato, sul Corriere di giovedì scorso, una difesa delle ragioni dell’autonomia differenziata, ma la risposta alla pandemia, e alla conseguente crisi economica, è stata tanto più efficace quanto più coordinata a livello nazionale ed europeo. E il successo del Piano nazionale di ripresa e resilienza, pur essendo le Regioni tra gli enti attuatori, è nelle mani di una guida accentrata. Non dovremmo avere timore di eventuali commissariamenti.

Chi frena

L’Italia più efficiente — e che va bene — non può essere frenata da amministratori incapaci o distratti, per non dire peggio, solo per rispettare un’autonomia, forse virtuosa in condizioni normali ma non nello stato di emergenza prorogato alla fine di marzo del prossimo anno. Nel suo ultimo rapporto, pubblicato venerdì scorso, Prometeia stima una crescita italiana del 6,3 per cento quest’anno, contro una media europea del 5,2 per cento, mentre per il prossimo anno prevede un aumento del Prodotto interno lordo (Pil) del 4 per cento, in linea con la media Ue (4,1%). La ricerca, coordinata da Lorenzo Forni, dell’associazione bolognese, non esprime particolari preoccupazioni sull’andamento dell’inflazione ma richiama l’attenzione sull’andamento dello spread, cresciuto nelle ultime settimane a causa delle incertezze politiche sul rinnovo della presidenza della Repubblica e sul ruolo personale di Mario Draghi. Tutti i governi sono di fronte al grande dilemma del prossimo anno: come graduare gli aiuti a famiglie e imprese, che prima o poi andranno ridotti, se vi è il fondato pericolo, non solo per le varianti del virus, di frenare la ripresa o persino di spegnerla? Negli Stati Uniti — è scritto ancora nel rapporto di Prometeia — sono stati impiegati nel 2020 e nei primi mesi del 2021 circa 3 mila miliardi di dollari, pari al 15 per cento del Pil, senza contare le garanzie alle imprese. In Europa l’espansione fiscale, cioè la spinta all’economia, tra fondi comunitari e nazionali, è stata quest’anno pari all’1,75 per cento del Pil, del 2 per cento il prossimo anno.

Gli errori da non commettere

Ma se commettessimo — e qui arrivano le note negative a responsabilità solo di chi scrive — l’errore di ritenerci nelle stesse condizioni degli altri, dei partner europei (l’esempio americano è fuori scala), ci esporremmo a un rischio che questo periodo di bonanza (eccessiva) di risorse ha rimosso dalla memoria. Noi non siamo nelle stesse condizioni degli altri Paesi. Lo dimostra il fatto che risultiamo i maggiori beneficiari del Next generation Eu, proprio perché i più deboli (oggi non possiamo dire anche i più colpiti). Non va dimenticato che altri hanno preso solo i sussidi. Noi anche i prestiti. Conforta che il nostro debito pubblico sia cresciuto meno del previsto. Ma nell’ottobre scorso era comunque di 178 miliardi superiore a quello dello stesso mese dell’anno precedente pur essendoci una liquidità di cassa di 50 miliardi. In rapporto al Pil — è la previsione di Prometeia — si fermerà al 155,6% nel 2020 e calerà l’anno prossimo al 152,6. L’accelerazione della crescita nominale, anche grazie all’inflazione, crea una sorta di snow ball effect, di effetto palla di neve, questa volta positivo. Cioè il rapporto scende più velocemente. Ma nessuno può illudersi che se dovesse chiudersi più rapidamente del previsto la «finestra di luce» dei tassi bassi noi non ci troveremmo, nonostante tutto, in difficoltà. Con un brusco e improvviso cambiamento di clima. Sia la Federal Reserve, sia la Bce, anche se con tonalità diverse, hanno fatto capire che, con un’inflazione strutturale, la «finestra» è già socchiusa. Ma noi facciamo finta di niente, apparentemente convinti che quando i sostegni, le moratorie, gli anestetici verranno meno, saremo in grado di camminare con le nostre gambe, dimentichi di vecchi e radicati malanni.

La verità da dire

Dire la verità per tempo sul fatto che bisognerà rientrare da un deficit stimato da Prometeia a fine anno all’8,4 per cento e che non lo si potrà fare accogliendo ogni richiesta, sarebbe un atto di prudenza e responsabilità. Sveglierebbe chi si adagia sui sussidi e conforterebbe, sulla serietà a medio termine dell’azione governativa, chi si è impegnato lodevolmente per far crescere il nostro capitale sociale. Nel suo rapporto, Prometeia loda la grande reazione dell’industria manifatturiera. «Concentrandosi sulla produzione industriale — si legge — il nostro Paese è l’unico tra i grandi quattro dell’area euro ad aver recuperato e sopravanzato i livelli pre-crisi, nonostante le difficoltà persistenti in termini di approvvigionamenti di semilavorati e di pressioni sui costi». Anche al netto dell’andamento dei mezzi di trasporto (il cui calo in altri Paesi è stato, vista l’importanza del settore, maggiore) emerge una vivacità che sorprende. Di buon auspicio. Segno di un’Italia che non ha paura né del mercato né della concorrenza. A dispetto di un’altra che li teme. Al pari di gran parte, purtroppo, dei partiti di maggioranza e opposizione.

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Mercati oggiValter Buffo
L'inflazione 2022? Non è importante
 

Fatto inimmaginabile solo pochi mesi fa, l’inflazione è diventata il solo ed unico tema di mercato dell’ultimo trimestre 2021.

Un mutamento di scenario improvviso, ed inaspettato per molti. Non per tutti.

Chi segue Recce’d con maggiore attenzione ricorderà che noi mettemmo lettori ed investitori in guardia già nel primo trimestre 2021, scrivendo in modo molto esplicito che la narrativa della “inflazione transitoria” era falsa, che si trattava una menzogna detta sapendo di mentire, allo scopo di raggiungere scopi politici ed illudere il pubblico.

Proprio come accadde per il COVID, quando nel giugno del 2020 si disse che “tra sei mesi sarà tutto come prima”.

Tornando all’inflazione, questo argomento ha danneggiato la credibilità di figure molto note, molto in vista, e dotate di una robusta reputazione: dai vertici delle Banche Centrali ai Premi Nobel (nell’immagine che segue l’autocritica tardiva e reticente di Paul Krugman, uno degli ultimi ad arrendersi alla realtà dei fatti)

Chi segue Recce’d con maggiore attenzione ricorderà però che mai, nel corso del 2021, noi abbiamo attribuito al tema “inflazione” una grande importanza, per ciò che riguarda i rendimenti attesi dai diversi asset finanziari, oppure per ciò che riguarda i rischi impliciti nelle diverse forme di investimento, e neppure per la gestione dei nostri portafogli modello.

La cosa diventa ancora più significativa oggi, all’inizio del nuovo anno: perché da più parti si leggere che “l’inflazione è il rischio numero uno per i mercati finanziari e gli investitori” (immagine qui sotto).

Non è vero: l’inflazione oggi NON è il problema numero uno per i mercati finanziari e gli investitori. I problemi che verranno all’attenzione nel 2022 sono altri, e di diversa natura.

L’inflazione nel 2021 è stata importantissima, ma come avete visto NON per i mercati finanziari. I rendimenti delle obbligazioni NON hanno reagito, e Recce’d giudica questo un segnale molto forte.

E facilissimo anche da spiegare e da comprendere: sui mercati nessuno ha mai creduto a quel “boom economico” che il vostro private banker, il vostro wealth manager, il vostro promotore finanziario vi voleva vendere fino all’estate scorsa, pochi mesi fa; quel “boom economico” che non si è mai manifestato.

Si è manifestata invece con forza l’inflazione, a ricordare al Mondo che quelle politiche (di “stimolo”, le chiamano) NON funzionano. L’inflazione ha messo il sigillo su questa sentenza.

Ma in futuro l’inflazione si curerà da sola: mentre ALTRI problemi NON si risolveranno, e verranno sulla prima pagina del vostro quotidiano nel 2022.

Si tratta di problemi, ma pure di grandi opportunità per guadagnare, e tutti i nostri Clienti lo sanno bene, perché nei loro portafogli oggi hanno le posizioni che sono OTTIME per affrontare i mercati del 2022, e tutto quello che ci sarà intorno. Noi, insieme ai nostri Clienti, NON siamo mai andati a ricorrere il boom economico né abbiamo mai avuto paura dell’inflazione.

Se voi lettori che sapete “fare da soli” volete sapere quali sono i veri problemi che i mercati finanziari affronteranno nel 2022, continuate a seguirci attraverso il sito.

In questo Post, noi vi regaliamo una anticipazione: l’articolo che segue vi dice di che cosa si parlerà nel 2022 sui mercati finanziari. E vi dice chiaramente, come si legge in chiusura: bisogna guardare ai numeri dell’inflazione per quello che ci anticipano sul futuro della nostra vita sociale.

Non sarà di sicuro questo il solo tema di investimenti, perché quello che avete davanti ai vostri occhi è un autentico “cambiamento di regime” (come spiega benissimo l’articolo che segue qui sotto): ma di certo resterà tra i più importanti per tutto il 2022 ed anche negli anni successivi.

By John Authers

December 27, 2021, 7:00 AM EST

In 2021, inflation returned. After a year-long debate, nobody can any longer deny this. Next year, we will discover whether it’s here to stay and how much bitter economic medicine will be required to quell it.

On this vital issue, opinion is as divided as ever. Optimists still maintain that even if inflation has turned out to be more than a transitory blip, it will soon die down. Whether they’re right depends on the outcome of some of capitalism’s most profound conflicts.

A number of factors will indeed combine to push downwards on inflation next year. Used-car prices doubled and gasoline prices rose by 50% last year. That’s not going to happen again. Bottlenecks in global trade have already begun to loosen up a little. And there is ample room for central banks to tighten monetary policy; so far, there has been no attempt to reduce demand by raising the price of money or cutting back on its supply. 

It’s encouraging that the bond market expects inflation to barely exceed 2% five years from now and the Fed’s interest rates not to rise even that high. Consumer expectations aren’t much different. If they were to change and become entrenched, then inflation would be hard to dislodge. But for now, investors believe that price rises can and will be brought under control relatively painlessly. 

Still, permanently higher inflation remains a possibility. Whether it comes to pass will depend on two core questions that have long plagued capitalism: Will labor gain a greater share at the expense of capital? And, if so, will companies absorb higher wage costs or pass them on to  customers?

Labor vs. Capital

Since the 1980s, capitalism has evolved to keep inflation under control. The risk now is that capitalism has embarked on a regime change.

Labor’s share of GDP held stable at somewhat higher than 60% for the five decades after World War II. But it started to decline sharply after the dotcom bubble burst in 2000 and fell further after the financial crisis in 2008. As Ellen Zentner, chief economist at Morgan Stanley put it, the historically “unprecedented” plunge in the labor share of GDP “marks a break in the fundamental structure of the economy.”

Workers Had a Worse Deal After the Crisis of 2008

Labor compensation share of U.S. GDP at constant prices

Source: Federal Reserve Bank of St. Louis


The increasing powerlessness of unions has made it harder for workers to negotiate collectively. Demographic factors have similarly diminished their bargaining power. While the baby boom generation was at peak working age, labor supply was ample. Companies’ ability to outsource production to countries with lower wage bills, particularly China, further inhibited wages, as did the influx of migrants from Mexico. 

What was already a bad deal for the worst-paid became a terrible one in the years after the 2008 financial crisis, as companies made increasing use of part-time workers who had fewer benefits and could be dismissed cheaply. For several years under President Barack Obama, part-time workers’ wages lagged far behind those of full-time workers, and also behind inflation: 

This malaise led to populist anger and the ascent of President Donald Trump. In the last year, though, the pandemic appears to have turned the labor market on its head. Following virus-related shutdowns, job vacancies have surged to near-record levels as companies have tried and failed to fill low-paid jobs.

The low-skilled, under-educated and poorly paid have gained more negotiating power — and used it. Now, they are getting the best wage deals in a generation; their salaries are rising faster than for the well-paid and expensively educated. Wage growth for women and non-whites has overtaken that for men and whites

Unfortunately for them, another pattern has also reversed. The extra wages they’ve negotiated are nowhere near enough to cover fast-rising inflation. Data produced by the Federal Reserve Bank of Atlanta show a sharp decline in real wages.

That gives workers even more incentive to push for higher wages next year, which would be a crucial building block for embedded inflation. It was data like this that prompted Jerome Powell, head of the Federal Reserve, to say at the central bank’s last meeting of the year, “The labor market is by so many measures hotter than it ever ran in the last expansion.” 

Who Pays?

If capitalists are forced to pay their workers a greater share of their revenue, they have two alternatives. One is to take the hit themselves, leave prices unchanged and make do with a tighter profit margin. The other is to pass on the wage increases to consumers by raising prices, if they can.

Will they, and do they have the power to do so? As Morgan Stanley’s Zentner puts it, this is the “thread the needle” moment for the Federal Reserve, which aims to balance full employment with price stability. If companies decide to take the hit, accelerating wages need not spill over into rising price inflation.

Until the last decade or so, history provided clear guidance. Over time, profit margins have been an almost perfectly cyclical, mean-reverting phenomenon. Margins improve when times are good and decline during recessions, as companies elect to take some of the hit from the economic downturn themselves.

But something has changed since the financial crisis. Margins for S&P 500 companies rebounded swiftly after 2008, aided by the stagnation in wages. On the eve of the pandemic, margins had avoided a major fall for a decade and reached a record. 

Since the pandemic, margins have strayed even further from the traditional pattern, suffering a mild decline (thanks to sweeping layoffs early on) and now surging back to reach a level of profitability never before seen.

Exuberant Profits

Companies are making more money than ever after the last recession

Source: Bloomberg



At this point, however, companies have to recruit more people to raise production. And it looks as though they will be unable to do so unless they raise wages. 

Executives are assuring investors that they are confident in their pricing power and Wall Street projects that margins should rise further next year. This provokes complaints from politicians, who suggest that heavy industry concentration, thanks to the mergers and acquisitions of the last few decades, have left companies with the discretion to charge whatever prices they like. 

This argument, long the stuff of academic papers and Davos panels, will come to a head next year. In the last few decades, the balance of capitalism has tilted sharply in favor of capital. One effect of this has been to keep inflation under control. Now, after a once-in-a-generation pandemic has roiled labor markets, workers, particularly the lowest paid, appear to be regaining strength.

The story of inflation in 2022 will also be the story of whether the regime of capitalism is really changing and returning to an arguably healthier balance. We should be watching prices not just for their impact on the economy, but for what they’ll tell us about the future of our societies. 

Mercati oggiValter Buffo
L'Italia quest'anno ha vinto 100 metri ed Europei: cosa vincerà nel 2022?
 

In tutto il Mondo, si utilizza l’immagine del calciatore Giorgio Chiellini che trattiene per la maglietta il giocatore dell’Inghilterra Saka al limite dell’area nel match di Finale dei Campionati Europei 2020, che si sono giocati nel 2021 per le cause a tutti voi ben note.

Ovvio che l’immagine ha fatto il giro del Mondo soprattutto perché lascia spazio al dubbio: questa trattenuta è da considerarsi dentro l’area di rigore, oppure fuori dall’area di rigore?

Non è certo il calcio il nostro argomento per questo Post. Ma c’entra l’Italia.

Non in quanto squadra nazionale di calcio: in quanto Paese, e sistema economico.

Siamo del parere che nel 2022 l’Italia verrà ad occupare spesso le prime pagine: e non sui quotidiani italiani, bensì soprattutto sui quotidiani esteri, dall’Asia all’America.

Nel frattempo, portiamo alla vostra attenzione il fatto che proprio sui quotidiani italiani sono apparse notizie come quella che potete leggere qui sotto.

Ma soprattutto, portiamo alla vostra attenzione un generale cambiamento di tono: in particolare, al proposito del Governo attualmente in carica, il Governo Draghi,.

Chi di voi ha maggiore memoria ricorderà che per l’intera primavera e nel corso dell’estate 2021 il Governo Draghi ha goduto di un unanimismo mai registrato prima: tutti i quotidiani nazionali a maggiore diffusione si schierarono a favore di Draghi.

Non solo: i quotidiani più diffusi in Italia, ovvero il Corriere della Sera e La Repubblica, insistettero per mesi su una immagine idealizzata, presentando Draghi come “il solo uomo che può salvare il Paese” ed anche come “l’uomo che risolve tutto ed ogni problema”.

Ovviamente, letto tutto quanto, noi in Recce’d ci siamo fatti convincere, del fatto che “Draghi non sbaglia mai, e non può sbagliare”.

Immaginatevi quindi il nostro stupore quando abbiamo letto il titolo che avete visto più in alto. "Draghi ha sbagliato”: che coraggio, scrivere una cosa del genere!!!

Frase che per di più stava su La Repubblica, il quotidiano del gruppo GEDI (Agnelli) che più di ogni altro si è schierato, con entusiasmo a volte fino al limite del fanatismo, a supporto di Draghi.

Dunque, da La Repubblica leggiamo che Draghi, almeno secondo alcuni “ha sbagliato”, e questo è già di per sé clamoroso (il titolo più in alto).

Ma poi leggiamo pure che, adesso, Draghi … non sappiamo bene dove piazzarlo da qui in avanti (il titolo che leggete proprio qui sopra.

A noi di Recce’d tutto questo sembra un segnale. Un segnale molto forte.

Un segnale di cosa? Del ritorno verso la normalità.

A noi fanno francamente sorridere le varie forme di idolatria, l’idealizzazione di un personaggio, la vendita a mezzo stampa delle figure che “risolvono tutto”.

Draghi era il meglio che c’era? Forse sì.

Era indispensabile? Sicuramente no, l’Italia ha sempre trovato una sua via di uscita, anche quando al Governo c’erano altri nomi, che non stiamo ad elencare … per carità di patria.

Draghi ha “risolto tutto”? Sicuramente no. Il giudizio di Recce’d è, al contrario, che Draghi ha fatto … ciò che era possibile fare, come fece quasi ogni suo predecessore nell’Italia della Repubblica. Il che significa: molto poco.

Di questo parere, nelle ultime settimane, sembrano essere alcuni operatori dei mercati finanziari.

Siamo certi che, immersi nel gioioso spirito del Natale, pochi di voi hanno dato peso, e spazio, alla notizia di cui leggete qui sopra.

Ve la segnaliamo perché, al contrario, in Recce’d noi abbiamo dato molto spazio, e dedicato molto tempo, alle notizie di questo Post e in particolare proprio a quella che leggete qui sopra.

Si tratta di una notizia rilevante, per la gestione del vostro denaro, e dei vostri investimenti, nel 2022.

Per i portafogli modello, abbiamo già fatto, ed altre mosse faremo a breve (forse anche nella settimana finale del 2021).

Il nostro suggerimento ai lettori è di seguire con attenzione i “cambiamenti di umore della stampa in Italia”, perché spesso anticipano processi politici che sono già stati avviati “nelle segrete stanze” (sempre ammesso che esistono) oppure magari all’Autogrill parlando con uomini dei Servizi Segreti la vigilia di Natale, come è stato documentato.

Tra i “cambiamenti di umore” più notevoli, vi abbiamo già scritto di quello di la Repubblica. Un “cambiamento di umore” autorevolmente testimoniato, e proprio a Natale, da un saggio articolo a firma Carlo Bastasin.

A che cosa vi serve leggere questo articolo che riportiamo per intero qui di seguito?

A riflettere. A riflettere sui vostri BTp, ma soprattutto sui vostri Fondi Comuni obbligazionari. Italiani, ed anche internazionali. Bastasin illustra in modo efficace ciò che “dovrebbe essere fatto”: se ci riflettete con attenzione, vi renderete conto con facilità di quanto sono elevate le probabilità che “ciò che deve essere fatto” venga poi fatto.

Poi, non venite a raccontarci che non ve lo avevamo detto …

Con il 2021 finiscono gli anni dell’indulgenza. Il biennio cioè in cui in Europa era possibile commettere errori politici senza portarne immediate conseguenze economiche.

Dal 2020, la politica monetaria molto concessiva della Bce, gli acquisti di titoli e i fondi europei sono venuti a soccorso di tutti e sono stati prevalenti rispetto a ogni scelta nazionale. Questa sospensione della realtà si chiuderà nei prossimi mesi, quando torneremo probabilmente ad affiancare ai tragici numeri quotidiani della pandemia quelli più prosaici dello spread.

L’Italia nel 2021 ha dimostrato di disporre ancora di energie e di una sua istintiva elasticità.

Non è purtroppo una garanzia sufficiente e ci sono vari eventi che possono accelerare in Italia l’uscita dal periodo della benevolenza. Una svolta elettorale che consegni il governo a partiti euroscettici; un cattivo impiego delle risorse europee che faccia rivedere al ribasso l’impatto di lungo termine sulla crescita dell’economia; una sorpresa dal lato dell’inflazione europea che costringa la Bce a inseguire le altre banche centrali nell’aumento del costo del denaro; un evento geopolitico che modifichi le prospettive dell’economia o interrompa le forniture delle catene del valore o, ovviamente, un peggioramento della situazione sanitaria.

L'impatto sull'Italia

Ogni evento negativo ha un impatto speciale sull’Italia a causa del suo alto debito. Nell’ultimo trimestre del 2021, il differenziale dei tassi italiani su quelli tedeschi è già tornato ad allargarsi. Con qualche approssimazione, si può stimare che il fattore principale dietro l’aumento dello spread sia stato il calo della crescita attesa nel mondo.

Sta cioè peggiorando il rapporto tra crescita e tasso d’interesse, quel semplice “indicatore dinamico” che usiamo come sintesi della sostenibilità dei debiti e che vede l’Italia unico grande Paese ad avere tassi d’interesse maggiori della crescita nelle stime del prossimo decennio, secondo il Fondo monetario. In pratica, ogni volta che gli investitori vedono peggiorare la crescita o aumentare i tassi, anche se non solo in Italia, riequilibrano i loro portafogli vendendo i titoli italiani prima di ogni altro.

Infatti, nell’ultimo trimestre del 2021, benché la crescita dell’Italia fosse maggiore di quella tedesca, lo spread è aumentato di 30 punti base. Da marzo finirà inoltre il programma della Bce di acquisto di titoli in risposta all’emergenza pandemica. Si è trattato di un programma che beneficiava l’Italia più degli altri Paesi. La sua integrazione con altri programmi non compenserebbe gli acquisti più che proporzionali di titoli italiani. Il reinvestimento da parte della Bce dei titoli in scadenza (nel 2022-23 stimati in circa 150 miliardi annui) offre uno spiraglio di impiego discrezionale che potrebbe contenere lo spread italiano.

Ma questo vale in teoria. In pratica, la Bce non potrà fare interventi troppo squilibrati a favore dell’Italia senza basi giuridiche solide, cioè senza condizioni eccezionali (un reale rischio di frammentazione dell’euro-area) o senza un programma di assistenza per il Paese beneficiario. Quest’ultimo requisito, tuttavia, non è immaginabile visto che è già in corso il Piano di riforma e resilienza con un dettagliato programma di riforme e verifiche.

Il sostegno politico alla Bce

Il sostegno informale che la Bce riceve dalle autorità politiche in Europa sarà anche rilevante. Il nuovo governo tedesco non farà mancare il supporto in caso di necessità, ma l’opposizione cristiano-democratica ha già manifestato intenzioni bellicose. Gli obiettivi italiani e tedeschi, d’altronde, se si considera il mix delle politiche fiscali e monetarie, non sono esattamente allineati. In Germania si può accettare più larghezza fiscale a fronte di maggiore restrizione monetaria, per l’Italia invece – potendo disporre dei fondi europei – sarebbe meglio il cocktail opposto: tassi d’interesse più bassi e una politica di rientro dei debiti.

Lo scenario del 2022 dovrebbe suscitare considerazioni a Roma in vista sia dell’elezione del Presidente della Repubblica – con ripercussioni per la guida del governo – sia della discussione sulle nuove regole di governance europea.

La futura presidenza della Repubblica deve garantire il vincolo più importante per la stabilità del Paese: l’impegno dei prossimi governi a convergere con gli altri Paesi europei.

Quanto alla prossima discussione sulle norme europee di governance, anziché domandare un allentamento dei vincoli di finanza pubblica, il governo italiano dovrebbe accettare che le regole – almeno quelle non irragionevoli – mantengano la loro credibilità. Dovrebbe inoltre proporre che le verifiche del Pnrr diventino pratica comune del “semestre europeo”. Questo renderà più facile, a una Banca centrale comunque ben disposta, proseguire sia gli acquisti di titoli, sia politiche di basso costo del denaro, giustificati dalla coerenza della politica di bilancio del Paese più critico.

Mercati oggiValter Buffo
Longform'd. Come investire con i matti
 

“Tin foil hat”.

L’espressione è utilizzata dagli anglosassoni, ed in particolare negli Stati Uniti, per definire una particolare categoria di persone con disturbi mentali.

Potremmo definirli, in modo un po’ grezzo, i “matti inoffensivi”.

Il “cappello di carta stagnola” di cui si parla è quello che servirebbe a proteggere il proprio cervello dall’essere influenzato e controllato da onde di sconosciuta natura in arrivo dall’esterno.

In questo post, Recce’d sicuramente si occuperà di “matti”, ovvero persone che soffrono di gravi disturbi mentali. Se poi le persone di cui scriviamo nel Post siano “inoffensive”, beh … questo giudicatelo voi.

Se Recce’d dovesse scegliere una sola immagine, con la quale commentare e riassumere tutto il 2021 dei mercati finanziari, sceglierebbe l’immagine che qui sopra accompagna il titolo di Bloomberg

Il titolo dice che tra gli investitori americani si è diffuso un nuovo stile di investimento. E lo battezza (Bloomberg) come stile paranoico.

Il sottotitolo poi aggiunge: “Nel 2021, profeti della finanza e casse di risonanza su Internet hanno preso il predominio sui mercati delle azioni e delle criptovalute, hanno gonfiato la bolla finanziaria, ed hanno aperto la nuova era dello “identity investing”.

In linea teorica, noi potremmo anche chiudere qui il nostro Post: quale sintesi potrebbe essere più efficace?

E tuttavia, abbiamo deciso di proseguire: la ragione? Presto spiegata: ci è venuto un dubbio.

Abbiamo dubitato, e più di una volta nel 2021, che il malessere mentale che Bloomberg ha messo in prima pagina non sia limitato ai soli Stati Uniti. Sicuramente, negli Stati Uniti è più concentrato e più visibile.

Sicuramente, nessun mercato al Mondo è così gonfio ed inflazionato come quello degli Stati Uniti. Il fenomeno dei “cappelli di stagnola” (tin foil hats) è concentrato negli USA: non ci sono dubbi.

Ma anche qui da noi, in Italia, abbiamo registrato qualche segnale che disturba: atteggiamenti del tipo “non ho ancora guadagnato abbastanza”, “si sarebbe potuto guadagnare di più” e così via.

La confusione tra “investire” e “guadagnare” è grandissima: si investe solo se e quando si è consapevoli di poter perdere denaro, solo se si prende da subito in considerazione il fatto che è necessario gestire delle minusvalenze, e soprattutto quando si è consapevoli che proprio dal fatto che si potrebbe perdere denaro deriva il fatto che dopo, e solo per alcuni, ci sarà una ricompensa, un rendimento, una performance.

Se al contrario si diffondono atteggiamenti che con l’attività di investimento hanno nulla a che fare, e che guardano soltanto il lato del guadagno, allora tutti noi sappiamo di essere in una nuova fase dei “cappelli di stagnola”. Proprio quello dell’immagine più sopra, quel cappello, e quel soggetto che c’è sotto.

Per questo ci siamo detto: questo è stato il tema più importante del 2021, per tutti gli investitori del Mondo, e lo sarà anche nel 2022, ma in modo del tutto diverso dal 2021.

Nel 2022 ci saranno quelle che si definiscono le “inevitabili conseguenze”.

Per questa ragione è utile, ai nostri lettori, approfondire. Vi invitiamo a farlo leggendo il qualificatissimo articolo che segue, e che Recce’d ha scelto per voi.

Il succo di questo bellissimo articolo, però, lo trovate nelle ultime righe: ragione per cui, se proprio avete fretta …

… ma è un peccato, se non leggete quello che viene scritto prima.

Every age has its peculiar folly; some scheme, project, or phantasy into which it plunges, spurred on either by the love of gain, the necessity of excitement, or the mere force of imitation.

Failing in these, it has some madness, to which it is goaded by political or religious causes, or both combined.”

--“Extraordinary Popular Delusions and the Madness of Crowds,” Charles Mackay

“When the going gets weird, the weird turn pro.”

-- “Fear and Loathing in Las Vegas,” Hunter Thompson

 

The year 2021 will be remembered as one in which markets tumbled down a rabbit hole and entered financial wonderland: A once-elite undertaking became more populist, tribal, anarchic and often downright bizarre.

Retail investors upstaged hedge funds, crypto squared up against fiat currencies and financial flows crushed fundamentals. Farewell stocks, hello “stonks”: Memes matter now.

Here’s a taste of the madness: Entrepreneur and social media puppet master Elon Musk became the world’s wealthiest person. Tesla Inc.’s market capitalization exceeded $1.2 trillion, more than the next nine largest automakers combined.

One of those others, Rivian Automotive Inc., went public in November and only recently started generating revenue. It was soon valued at $150 billion.

Hundreds of special purpose acquisition companies, or SPACs, together raised more than $150 billion to find a company to list on the stock exchange, with their targets often more of a business plan than a business.

SPAC Attack

Cryptocurrencies, the bulk of which have no intrinsic value, were at one point collectively worth more than $3 trillion. A non-fungible token artwork (NFT) — in this case, a JPG file by an artist named Beeple — sold at a Christie’s auction for $69 million.

Struggling video games retailer GameStop Corp. and cinema chain AMC Entertainment Holdings Inc. soared as much as 2,450% and 3,300%, respectively, when Redditors coordinated online to punish hedge funds that were betting on the companies’ demise. 1

And because there’s no gold rush without pickaxes, retail brokerage Robinhood Markets Inc. and crypto exchange Coinbase Global Inc. became two of the year’s biggest initial public offerings: At the peak they were valued at $59 billion and $75 billion. (In December the home of WallStreetBets, Reddit Inc, announced it had filed confidentially for an IPO)

Monthly active users measures how many customers interact with Robinhood services during a given month. It does not measure the frequency or duration of those interactions.

Investors have poured an astonishing $1 trillion of cash into equities funds in the past 12 months, or more than the combined inflows of the past 19 years. At the peak in January, retail investors accounted for almost one quarter of U.S. equities trading, according to Bloomberg Intelligence.

An estimated 16% of U.S. adults have invested in crypto, according to Pew Research Center; among twenty-something men, that proportion is closer to half. In 1929 shoeshine boys gave out stock tips; today’s teenagers ask their parents to open a crypto trading account on their behalf.

Crypto Demographics

The short explanation for all this feverish activity is that thanks to central bank and government stimulus, far too much money is sloshing around in the financial system. The aggregate money supply has increased by $21 trillion since the start of 2020 in the U.S., China, euro zone, Japan and eight other developed economies. “Stocks only go up” isn’t just a wry catchphrase: Essentially it’s been the lived experience of young investors this past decade. And so they ignore nosebleed valuations and buy the dip.

But something’s changed too in the culture of investing. It’s no longer enough to admire a company or asset and buy the stock or token. Some of the biggest investing trends have become an extension of personal identity, akin to your religion or your sports team. Sometimes that connection is overt: From Christmas Day the home of the L.A. Lakers will be renamed the Crypto.com Arena. Footballer Tom Brady has launched his own NFT collection.

These movements can be fun and empowering, but financial super-fandom can quickly become toxic. I worry that the same forces diminishing modern politics — partisan divisions, pervasive distrust, social media echo chambers, misinformation, cancel culture and conspiracy theories — are seeping into the investing world, where they’re warping capital allocation, inflating a series of bubbles and challenging the ability of regulators to protect investors and the markets.  

In some respects, this time really is different. Easy to use, commission-free brokerage apps like Robinhood have given millions of neophytes the tools to play at being a Wall Street trader.

Instead of sticking their money in a boring index fund, young investors are making concentrated bets on single stocks and using cheap short-dated out-of-the money call options (speculating the price of the stock will quickly increase before the option expires). It’s the financial equivalent of buying lottery tickets.

Options Mania

Shows small trader call buys to open minus put buys to open as % of NYSE share volume. Small trades defined as ten contracts or fewer, which is mostly retail order flow.

It can be an effective way to squeeze the underlying shares higher (because option sellers hedge their position by buying the stock). It often attracts momentum-buying from hedge funds and other institutional investors, which magnify the price moves. And options are also a huge money-spinner for digital brokerages. Problem is, inexperienced retail investors may not fully understand the risks, until it’s too late.

“It’s much more like gambling,” says Bloomberg Intelligence market structure analyst Larry Tabb. “The options premiums might seem pretty small but you can easily end up losing your entire investment.”

Speculative assets have evolved, too. In 2000 investors could easily comprehend the business model of a Pets.com, say. There’s now a much higher degree of financial abstraction: Think SPACs, NFTs, Web3, DeFi ( “decentralized finance”) and the metaverse. This abstraction excites intellectual curiosity but the harder something is to explain, the easier it is for promoters to hype it to people lacking a financial or technical background.

Fearing they’ll be accused of stifling innovation or capital formation, regulators have mostly allowed the party to continue. Digital assets typically aren’t registered and regulated as financial securities. Crypto trading often happens on opaque, offshore exchanges. SPACs can publish fantastically optimistic financial projections, which traditional IPOs avoid due to liability risks. It smacks of regulatory arbitrage on a grand scale.

Another important check on speculative excess, the short-sellers who think a stock is overvalued, had a difficult year. That’s not to say they didn’t enjoy some successes — former SPACs have been particular fertile ground for the shorts — but the market’s relentless rise and the danger of being caught up in a GameStop-like squeeze convinced some to give up the game entirely. To cap it all, much to the delight of the Reddit crowd, short-sellers now face a U.S. Justice Department criminal investigation into their activities.

The GameStop saga and similar events also torpedoed a key theoretical foundation of Wall Street — the notion that markets are efficient. Securities prices are supposed to reflect all known information and the discounted value of expected future cash flows. If prices rise more than is justified by financial fundamentals, more sophisticated investors should sell.

Defying Gravity

An emerging theory, the Inelastic Markets Hypothesis, postulates that retail buying is able to warp prices for prolonged periods because so much of the market is now passive, not actively managed, and is therefore insensitive to changes in prices.  

“Demand shocks and inelastic markets are the tissue that connects the meme stocks, Tesla and even crypto” says Philippe van der Beck, a researcher at the Swiss Finance Institute. 2 “Bitcoin can be seen as an extreme version of today’s stock market: it’s almost entirely detached from fundamental value as there are no cash flows for investors to discount. People are just betting on how they think demand for the asset will change in the future”

When flows trump fundamentals and financial prophets, not accounting profits, drive investment decisions, attention becomes the only trading currency that matters.

True, retail investors are a heterogenous bunch, and include green eyeshade value investors who pore over spreadsheets. But increasingly, the hallmarks of the retail investing world have been dizzy-eyed techno-optimism, tear-it all-down nihilism and cult-like fanaticism.

This transition shouldn’t come as a surprise. Not only have markets been roiled by the same events and forces that stoked fear, division, turmoil and mistrust in society at large, but the 2008 financial crisis set back a generation’s earnings prospects and engrained a feeling that Wall Street always wins. Politics appears irredeemably broken, mainstream media is no longer trusted, and technology upstarts that once promised a better and more equitable world have become impregnable behemoths. 

And that was before Covid hit.

Young people are starting careers with massive student debts and housing has again become crazy expensive: It’s no wonder they dumped their stimulus checks into the stock market and gamble to keep up. The FOMO is real.

Those who now proclaim a new financial dawn find a receptive audience. Hence the excitement around decentralized finance (who needs bankers?!), and the collective elation during the GameStop phenomenon: Ordinary investors suddenly feel incredibly powerful. “Professional investors would never have paid attention to Reddit boards two to three years ago,” says Tabb. Now they do. 

Of course it’s hard to fully rationalize buying a joke dog token or one named after a coronavirus variant — but you only live once (YOLO). And as long as the prices go up, who cares why?

Memes and in-group language foster a feeling of togetherness that people have missed during an insolating pandemic.

Online forums like r/wallstreetbets help day traders to share sophisticated ideas, champion the little guy (it’s often men) and humorously commiserate about spectacular losses.

Users of YouTube, TikTok, Discord, StockTwits and Twitter also push out a wealth of financial information that theoretically enables better investment decisions.

But there’s a catch. The retail investor commandment to “do your own research” sounds responsible, but financial influencers often hold positions in the assets they’re touting. A lot of digital financial content is little more than shilling.

Retail investors can also end up in digital echo chambers and fall prey to confirmation bias. “It can affect the information you see. A Tesla bull may only see positive news about the company whereas on the same day a Tesla bear’s news feed will tend to have much more negative news in it,” says Tony Cookson, an associate professor of finance at the Leeds School of Business, University of Colorado, who has researched this phenomenon. “It’s financially costly to selectively read things that reinforce your existing views.”

Moreover, some of the year’s defining financial obsessions pretend to be egalitarian and freewheeling but at their core are highly dogmatic. Don’t just take my word for it. “These days even the most modest critique of cryptocurrency will draw smears from the powerful figures in control of the industry and the ire of retail investors who they’ve sold the false promise of one day being a fellow billionaire. Good-faith debate is near impossible,” the co-creator of Dogecoin, Jackson Palmer complained in July. (Dogecoin is a joke cryptocurrency that became a $23 billion meme sensation when Musk touted it to his followers.) Palmer wasn’t done: 

The cryptocurrency industry leverages a network of shady business connections, bought influencers and pay-for-play media outlets to perpetuate a cult-like “get rich quick” funnel designed to extract new money from the financially desperate and naive.

— Jackson Palmer (@ummjackson) July 14, 2021

True believers seek to reinforce these financial echo chambers, by attacking even mild “fear, uncertainty and doubt” (FUD). And rather than engage with them, they often block out or cancel critics.

There are guides on how to troll “no-coiner” journalists like me — “have fun staying poor!” is a common refrain — and they emphasize the importance of getting information only from like-minded crypto people.

In this climate, scams and misinformation proliferate. New coins are pumped and then dumped by their creators. Retail investors are encouraged to HODL (never sell) and have “diamond hands,” even though if the price collapses they’ll be left holding the bag. “It’s typical of mania environments that the crowd is no longer capable of distinguishing the predators,” says Peter Atwater, president at Financial Insyghts LLC and an expert in social psychology.

A common enemy, real or imagined, disciplines the herd so investors don’t get bored and take their money elsewhere.

Bitcoin “maximalists” argue all other coins are inferior: In their laser-eyed view of things, central bank money-printing will end in ruin and Bitcoin is destined to become a new global reserve currency.

Digital Gold?

Goldbugs have been obsessed with sound money for decades, but their philosophy has now been more effectively weaponized. With crypto “we’ve decided to do the most American thing ever, to commoditize our rage at the financial system into a financial product,” writes the software engineer and crypto critic Stephen Diehl.

After raging against hedge funds that shorted GameStop, the “apes” shifted their ire to discount brokerage Robinhood Markets Inc, claiming it conspired with market-maker Citadel Securities to restrict their trading. “There are those who still refuse to believe an American landed on the moon,” Citadel tweeted in September lambasting “internet conspiracies and Twitter mobs” for ignoring the facts.

Similarly, hardcore AMC shareholders are obsessed with the idea that the mother of all short-squeezes (MOASS) will propel the stock to new, incredible heights. The stock has fallen more 50% since the June peak. Salvation must wait.

Waiting for MOASS

No wonder it’s hard for members of the financial elite to come across as authentic to retail investors — witness this cringe-inducing endorsement of Crypto.com by the actor Matt Damon.

Attracting ordinary investors can also backfire, as billionaire hedge fund manager Bill Ackman discovered this year when his $4 billion SPAC, Pershing Square Tontine Holdings Ltd., announced and then abandoned buying a stake in Universal Music, much to Reddit’s chagrin

But that hasn’t stopped establishment figures from trying to co-opt the retail wave for their own purposes: After all, the rewards can be huge.

Nobody has pulled this off better than the crypto-touting, master of memes Elon Musk. “If you drew a Venn diagram of every major financial theme in the past decade then you’d find Musk in the middle,” says Atwater. “Normally you can’t be folk hero and the richest person in the world, but he’s done a masterful job of selling people the dream they wanted to buy, at least for now.” And Musk seems very aware of his power. 

thinking of quitting my jobs & becoming an influencer full-time wdyt

— Elon Musk (@elonmusk) December 10, 2021

AMC boss Adam Aron embraced the “apes” and saved his company by selling more stock. Since then the cinema chain has jumped on seemingly every populist investing trend, from accepting meme coin Shiba Inu (SHIB) as payment to issuing NFTs.

Cathie Wood’s futuristic pronouncements made her a star on social media and sucked more cash into her risky Ark Investment Management strategies.

And former Facebook executive Chamath Palihapitiya parlayed anti-establishment rhetoric into a portfolio of SPACs — the “poor man’s” private equity, with as many egregious fees.

Politicians are catching on too. Donald Trump’s digital media venture struck a SPAC deal that seeks to harness the same tribalism he nurtured and exploited as president. So far, the price has risen five-fold. El Salvador’s “millennial authoritarian” president Nayib Bukele was embraced by the crypto crowd after he declared Bitcoin legal tender. When crypto prices crashed in early December, the head of state informed his social media followers that El Salvador was buying the dip...

As we neared the end of 2021, crypto, unprofitable tech and the meme stocks have all sold off, hurting retail portfolios. With persistent inflation bringing forward expectations of interest rate hikes, Wood’s Ark funds and Palihapitiya’s SPAC bets were among those caught in the downdraft.

Lifeboat Needed?

These bubbles may not have burst for good; retail investors may just have shifted their attention once more. They began feverishly buying Apple Inc. call options, for example, helping to push the iPhone maker’s valuation toward a mind-boggling $3 trillion. Shares of new Reddit favorite Ford Motor Co. have lately outperformed Tesla. 

Speculative excesses aren’t all bad: Some of the cash that’s poured into markets into 2021 will fuel real innovation — Musk’s technological achievements are impressive.

However, the longer manias persist, the more capital is misallocated and the greater the risks for financial stability. The implosion this year of property giant China Evergrande Group, family office Archegos Capital Management and U.K. fintech Greensill Capital revealed fragilities that ever-rising markets conceal, as well as the dangers lurking in leverage, derivatives and concentrated exposures. Moreover, today’s most speculative assets are often interconnected — people who own Tesla also own Bitcoin; indeed Tesla owns Bitcoin! 3 — amplifying potential volatility.

So I’m glad Gary Gensler, the new head of the U.S. Securities and Exchange Commission, has outlined an ambitious policy agenda, spanning the “gamification” features of trading apps, SPAC financial disclosures and “Wild West” crypto markets, including lending and so-called stable-coins (the most important of these, Tether, is supposedly fully backed by dollar financial reserves but not everyone’s convinced).

Here’s my non-virtual two cents: I think we need greater oversight of crypto trading platforms and more digital assets should be regulated as financial securities. And I’m in favor of tightening access to options trading to prevent inexperienced investors losing their shirts.

But let’s face it: Regulators can’t turn back the clock. It’s not their job to heal societal divisions and they can’t police everything investors do and say on the internet. Democratized finance is here to stay. We must learn to live with it.

In a world of social media hype and increasing financial abstraction, teaching basic financial literacy and how to find unbiased investing advice will be vitally important.

Sadly, I fear the current generation of young investors may have to learn the hard way. Eventually people will tire of phony financial prophets and pump-and-dump markets. And then, as everyone makes for the exit, of the losses that pile up in their Robinhood accounts.

L’articolo che avete appena letto (ci auguriamo che lo abbiate letto tutto) restituisce in modo efficace il clima che tutti hanno respirato, sui mercati finanziari, nel 2021.

C’è chi ha abboccato a queste esche, c’è chi ha esitato lasciandosi influenzare emotivamente, c’è chi ha resistito al richiamo di questi lustrini accattivanti.

La ragione, chi ce l’ha?

Ce lo dirà il 2022.

Nel mondo degli investimenti, i guadagni sono quelli che si misurano nella realtà, e non sulla carta.

Quando la fase di mercato dei “cappelli di stagnola”, a tutto oggi estremamente fragile (lo avete visto tutti nel dicembre 2021) si sarà completata, allora (e solo allora) si tireranno le somme.

Solo alla fine, quando sui quotidiani e ai TG si scriverà e si parlerà di una avvenuta “normalizzazione”, potremo dire con fondate ragione, chi ha avuto torto, chi ha saputo gestire gli investimento e chi invece si è soltanto molto agitato ed emozionato per qualche cosa che non è mai esistito.

La stessa cosa, ad esempio, la avete vista tutti con l’inflazione 2021: nel mese di aprile, tutti avevano ragione, sia chi sosteneva che a dicembre l’inflazione sarebbe scesa di nuovo al 2,5% negli Stati Uniti (ed a zero da noi) sia chi sosteneva che sarebbe salita ancora, magari al 7%.

Tra i due soggetto, però uno solo aveva ragione: l’altro, si sbagliava.

Ed è così, e sarà sempre così, anche nel mondo degli investimenti.

La linea di Recce’d, e la strategia che ne deriva per la gestione dei portafogli modello, è molto chiara e ben nota ai nostri lettori ed amici, e sicuramente non la abbiamo modificata per rincorrere quelli “con il cappellino di stagnola”.

Ci mancherebbe altro.

Il ruolo di ogni gestore di portafoglio che sia professionale e non spegiudicato, consapevole e non azzardato, orientato al rendimento e non alle scommesse di azzardo, in momento come questi è esattamente quello di pensare prima alla protezione dei patrimoni dei propri Clienti, e solo dopo all’inseguimento delle opportunità

E, lo ripetiamo ancora una volta, le opportunità di guadagno, quelle vere, partono dal COMPRENDERE la situazione 2021, e sfruttare le opportunità che ne DERIVANO.

Non fare la prima mossa: guadagnare con la SECONDA.

Di recente, ne ha scritto sul Financial Times persino lo strategista della divisione Fondi Comuni di Investimento (ovvero dei prodotti finanziari) di Morgan Stanley, la grande banca globale di investimento.

Persino loro, persino Morgan Stanley, uno dei player che hanno alimentato, nel modo più attivo, questa ondata di follia nel mondo degli investimenti, persino loro riconoscono (un po’ tardi, ma sempre meglio che niente ..) che il panorama del mondo degli investimenti nel 2021 è stato alterato, profondamente, dai comportamenti dei “cappelli di carta stagnola”.

Nell’articolo si parla degli investitori al dettaglio, e ricorre il termine “mania”: un termine che noi giudichiamo del tutto appropriato, per il 2021 dei mercati finanziari, e in questo ci sentiamo pienamente supportati dai dati che leggete qui sotto nell’immagine.

L’articolo di Morgan Stanley che segue è rilevante per molte ragioni: tra le tante, vi segnaliamo l’accenno, importantissimo (e già fatto anche da Recce’d in questo Blog) ai problemi di natura sociale e soprattutto politica che verranno generati proprio da questa situazione anomala, ai limiti della follia, dei mercati finanziari.

Leggendo l’articolo che segue, vi convincerete che mai come nel 2021 era opportuno adottare criteri e strategie di investimento diverse dal solito, e protettive, e sganciate dagli indici dei mercati finanziari.

Esattamente ciò che Recce’d ha fatto, per i propri Clienti.


Arguably, the bull market of 2021 is the same one that started in 2009, with one big change. Retail investors, who sat on the sidelines for so many years, rushed in after the pandemic-induced flash crash last year and have since been buying every dip with mounting enthusiasm.

They represent not only a new cohort of investors but a new voting bloc, increasing the risk of populist backlash should one of the dips turn into another bear market. Remember that policymakers played a big role in starting this craze. Flush with government support cheques and fresh liquidity from central banks, new investors began pouring part of their income into markets, helping to turbocharge the bull run into a 13th year. More than 15m Americans downloaded trading apps during the pandemic, and surveys show many of them are young, first-time buyers.

Retail investors have also been hyperactive in Europe, doubling their share of daily trading volume, and in emerging markets from India to the Philippines. All told, US investors alone poured more than $1tn into equities worldwide in 2021, three times the previous record and more than the prior 20 years combined. After retreating last decade, US households overtook corporations as the main contributors to net demand for equities in 2020. They now own 12 times more stock than hedge funds.

Media coverage tends to peak at the zaniest moments, such as when the Robinhood crowd was going gaga for GameStop and other meme stocks last winter, but the craze never slowed. Retail investor “interest”, measured by internet searches for popular market news and trading outlets, has continued to climb skyward. US households bought at an astonishing pace throughout 2021, peaking in the third quarter when their stock holdings rose by more than 16 per cent over the previous year. That level of new retail flows matches the prior record, set in 1963.

Alas, going back to the crash of 1929, one common feature of bull markets is that retail investors catch on too late. Today, they continue to buy even as corporate insiders are selling in record amounts, with insider sales topping $60bn this year. And insiders have the opposite record: they tend to sell at the peak. Should the market turn sharply, the fact that high-profile CEOs moved to reduce their risks in time will only serve to encourage outrage among smaller investors who did not. Instead of counselling caution, however, Democrats and Republicans, in a rare bipartisan show of unity, have cheered the “democratisation” of markets and defended the right of Americans to speculate freely on meme stocks — even if it seems irrational. Another warning sign of impending trouble for the markets is heavy borrowing to buy stocks, or margin debt.

Net margin debt in the US now amounts to 2 per cent of GDP, a high since records began three decades ago. A large chunk of it is on the tab of retail investors: their borrowing to buy stock rose by more than 50 per cent over the past year to record levels, much as it did before the crashes of 2001 and 2008. Democratisation of markets would be an unalloyed good, if the risks were managed sensibly. Big players never had a corner on “smart money”, and that may be more true now than ever, since internet technology has at least partly equalised access to market intelligence for investors of all sizes.

Retail investors are hardly the only ones showing signs of mania, which are also visible in the markets for IPOs, mergers and art. But many retail investors are placing their bets in a highly speculative way, for example by buying one-day call options or stocks with low nominal value that are easy to lever up. It is a surreal sign of confusing times to hear avowedly socialist political leaders defend extreme capitalist risk-taking by a class of investors that includes many lower and middle-income voters.

The result is a market that is historically overvalued, over-owned and to a perhaps unprecedented extent, politically flammable. Americans now have an unusually high level of savings and the share of their portfolios that they hold in stocks now matches the all-time high, going back to 1950. None of this necessarily portends an imminent crash. There is still plenty of liquidity sloshing around the system and even some of the most sophisticated investors fret that there is no alternative to owning stocks with interest rates so low. But having done so much to inspire this retail investor mania, governments and central banks could face a major backlash when the next bear market inevitably arrives.

The writer, Morgan Stanley Investment Management’s chief global strategist, is author of ‘The Ten Rules of Successful Nations

Come avete letto nell’articolo di Morgan Stanley, fin dalla grande Crisi del 1929, una caratteristica ricorrente dei grandi disastri finanziari è che “i piccoli investitori al dettaglio arrivano alla festa sempre troppo tardi”.

A questo proposito. Noi abbiamo segnalato, ai nostri Clienti, attraverso il bollettino quotidiano che si chiama The Morning Brief, che ci sono stati negli ultimi due mesi alcuni segnali che si potrebbero definire “strani”: rispetto a ciò che abbiamo visto nel recente passato, ci è sembrati di cogliere in alcune dichiarazioni di alcune Autorità (politici e banche centrali) una sfumatura molto diversa, a proposito dei mercati finanziari. Ci è sembrato di leggere, tra le righe, che una “piccola crisi finanziaria” toglierebbe molte … castagne dal fuoco.

Siamo certi che tutti quelli del “cappello di carta stagnola” a questo non hanno pensato. E sono in tanti, col cappellino.

Ci ha pensato, invece, il Wall Street Journal, pubblicando il testo del qualificato articolo che trovate che segue qui sotto, e che è stato pubblicato subito dopo la riunione di metà dicembre della Federal Reserve, la riunione della ulteriore “svolta ad U” della Banca Centrale più grande del Mondo, ormai del tutto in balia degli eventi.

L’articolo che segue, e che chiude il Longform’d di oggi, vi può essere utile anche come introduzione al tema delle “financial conditions”, un indicatore che risulterà la chiave delle vostre performances nel 2022: forse, quello più importante in assoluto.

Oggi noi non abbiamo tempo e spazio per approfondire, in questo post, ma sicuramente lo faremo in un prossimo Post.

Nel frattempo, ne scriveremo ogni mattina in The Morning Brief, per i nostri Clienti.

Vi lasciamo alla lettura per poi proporvi, più in basso dopo l’articolo, le nostre conclusioni sul tema di questo Post.

The Fed May Have to Kill the Stock Market’s Rally to Quash Inflation

By Randall W. Forsyth

Updated Dec. 16, 2021 7:56 am ET / Original Dec. 15, 2021 6:46 pm ET

Inflation will ease markedly while interest rates remain historically low and negative in real terms, even as the labor market returns to full employment, according to the latest economic projections from the Federal Reserve.

This would be the best of all economic possible worlds. Indeed, it is a forecast worthy of Dr. Pangloss from Voltaire’s Candide, who called this the best of all possible worlds—in contradiction to the reality around him. 

In an apparent sigh of relief Wednesday, stocks reversed earlier losses following the widely anticipated announcement by the Federal Open Market Committee that it will taper its purchases of Treasury and agency mortgage securities twice as quickly as previously indicated, by a total of $60 billion per month in January. 

That, in turn, would set the stage for the initial liftoff in the federal-funds target rate, from the current rock-bottom 0%-0.25%, by the spring. According to the FOMC’s “dot plot” of forecasts of committee members, their median guess is for three quarter-percentage point increases by the end of 2022, with another three hikes in 2023 and two more by the end of 2024.

Conventional wisdom calls this a hawkish pivot, which it may be given that the Fed’s previous dots envisioned only a single quarter-point hike next year and maybe a couple more in 2023. But Fed Chairman Jerome Powell admitted inflation has proved anything but transitory (with the T word excised from the FOMC’s policy statement). And at his press conference, he acknowledged the labor market has made much faster progress toward the central bank’s goal of full employment than expected. 

“Powell did his job to explain how the world has changed and how a lot of their forecasts were based on assumptions that have proved incorrect,” Julian Brigden, head of Macro Intelligence Partners, told Barron’s. “He’s now addressing inflation and a labor market that for all intents and purposes has healed.”

What the markets fail to grasp, however, is that a far greater tightening of financial conditions will be needed to bring about the descent in inflation envisioned in the Fed’s Summary of Economic Projections, Brigden added.

The Fed’s preferred inflation measure, the personal consumption expenditure deflator, is expected to be cut by more than half next year, to 2.6% from the current estimate of 5.3% for 2021. From there, the PCE deflator is expected to enter a glide path to 2.3% and 2.1% in 2023 and 2024, respectively, or virtually spot on with the Fed’s long-run target of 2.0%.

Unemployment is forecast to fall from 4.3% at the end of 2021 to 3.5% in the next three years. Powell wouldn’t be pinned down about what would constitute the Fed’s goal of maximum employment, which he said at his Wednesday press conference couldn’t be captured in a single number, as with inflation.

Brigden says for all intents and purposes, full employment has been met. Powell himself took note of key indicators consistent with full employment, including wage growth and the quits rate. And as Joseph Carson, former chief economist of AllianceBernstein, points out in his blog, after a steep fall in the jobless rate this year, there are 11 million job openings, four million more than there are unemployed.

What the stock market doesn’t realize is how much financial conditions have to tighten to tamp down inflation as the Fed forecasts, Brigden says.

Even with its latest pivot, monetary policy will remain accommodative. The Fed will still be expanding its balance sheet (thus adding liquidity), only more slowly. Hiking the fed-funds rate three times, to 0.75%-1%, by the end of 2022, would leave this key rate still sharply negative in real terms (that is, well below the rate of inflation), an easy policy by any criteria.

Other components of financial conditions include the dollar’s exchange rate, short-term Treasury rates, longer-term Treasury yields, corporate-credit risk spreads, and, last but not least, the equity market. A significant correction in stock prices would be consistent with the requisite tightening in financial conditions needed to slow inflation, Brigden concludes.

The stock market’s post-Fed rally was based on the pleasant notion that the central bank would be able to achieve its objectives of bringing inflation back into line along with full employment, all while continuing easy financial conditions. In other words, the best of all possible economic and financial worlds, as seen by Dr. Pangloss.

Le conclusioni di questo lavoro sono le seguenti: quando sul mercato prevalgono i matti (come dice anche il titolo di Bloomberg qui sopra) allora anche noi, tutti noi investitori, al dettaglio oppure professionali, ogni giorno ed ogni ora siamo costretti a ragionare come ragionano i matti.

Per poi fare, naturalmente, tutto l’opposto di ciò che fanno i matti. Ma a questo, ci siete già arrivati anche voi lettori: camminare sui cornicioni dei palazzi di trenta piani, come tutti sanno, non è salutare, non lo è nel breve, non lo è nel medio e anche nel lungo termine.

Di questo tratterà la nostra Lettera al Cliente che verrà spedita la settimana prossima, che è l’ultima del 2021 e che anticipa le prime scelte operative del 2022. Un anno che sarà per i nostri Clienti e per noi un grande anno, un anno decisivo nella storia di Recce’d.

L’anno della riconciliazione, come spiegheremo proprio nella Lettera al Cliente di fine anno.

Mercati oggiValter Buffo