Mania e panico
 

Non abbiamo idea di ciò che potrebbe succedere lunedì 3 febbraio, al momento della riapertura dei mercati finanziari in Cina (ma … riapriranno?).

Siamo certi che le Autorità cinesi hanno attivato, con largo anticipo, una serie di meccanismi di protezione, inclusa una ampia opera di persuasione rivolta agli operatori nazionali, il cui scopo è quello di limitare la caduta degli indici nazionali, che come si legge nell’immagine qui sotto potrebbe essere molto ampia.

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Siamo sicuri che questi interventi avranno almeno in parte successo, limitando le oscillazioni dei prezzi: ma quanto a lungo potranno durare, questi interventi a supporto?

Ad esempio: quale impatto avranno, le misure interne di espansione monetaria cinese, sul cambio dello yuan cinese, che proprio venerdì scorso era tornato sulla soglia di 7 nel cambio contro dollaro USA?

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Come scritto sopra, non non abbiamo idea di che cosa possa succedere: ma vogliamo sottolineare il fatto che chi gioca con gli eccessi deve poi accettare rialzi e ribassi.

Come tutti sanno, la MANIA di mercato che spinge gli indici verso “nuovi record assoluti”, scollegandoli dai supporti offerti dalla realtà del Mondo circostante, potrebbe facilmente dare origine ad episodi di PANICO.

Sono le regole del gioco, di questo nuovo gioco messo in piedi da Banche Centrali e grandi banche di investimento. Regole che vanno accettate “nella buona e nella cattiva sorte”, e che vanno affrontate con una strategia di gestione del portafoglio adeguata a questo nuovo contesto di mercato.

Mercati oggiValter Buffo
Mercati Emergenti: quota 24000
 

Quattro mesi fa, quando l’indice della Borsa di Milano era tornato ad avvicinarsi a quota 24000, abbiamo letto articoli di stampa, abbiamo ascoltato servizi delle TV specializzate, ed abbiamo registrato i commenti degli analisti, che tutti dicevano che stava per succedere qualcosa di importante. Più di 100 giorni fa.

Ai Clienti noi quattro mesi fa dicemmo: non sta succedendo un bel nulla. E suggerimmo di non cadere nella “suggestione dei numeri tondi”, e di dedicare al contrario la loro attenzione alla realtà, ed ai dati in uscita, incluso quello che vedete qui sotto che è dell’altro ieri.

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Il comportamento della Borsa di Milano, nell’ultima settimana di gennaio 2020, è la conferma tangibile non soltanto del fatto che non stava succedendo proprio nulla a quota 24000, ma pure del fatto che (come scriviamo da anni) Milano è una piazza che ormai va collocata … tra i Mercati Emergenti.

Le notizie sulle banche, in arrivo dalla BCE, martedì 29 gennaio (notizie rilanciate in prima pagina dai maggiori quotidiani in Italia) avevano spinto di nuovo il listino sopra i 24000 punti.

Anche se si trattava delle solite, vecchie notizie sui giudizi della BCE sui bilanci e il capitale a garanzia, e soprattutto in attesa di vedere “il rimbalzo di Wall Street”.

In curiosa contrapposizione, poche ore dopo, si leggevano poi le notizie sulla Popolare di Bari che leggete nell’immagine qui sotto.

Popolare di Bari che naturalmente era un “caso isolato”, che naturalmente non aveva rapporti con le grandi banche del sistema italiano, e che naturalmente non aveva suscitato alcuna attenzione alla BCE oppure in Banca d’Italia, dove però si “danno i voti” al Credem ed a Unicredit, e a Intesa, e così via, utilizzando il medesimo metodo di lavoro.

Ve lo ripetiamo anche oggi: se pure l’indice della Borsa di Milano domani risalisse sopra i 24000 punti, si tratterebbe di nuovo di un bel nulla. Di nulla. Sono gli alti e bassi di una Borsa Emergente.

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Valter Buffo
Coronavirus ed altri virus (parte 1)
 
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Non ci proveremo neppure: non siamo in grado di misurare la gravità della vicenda citata qui sopra dall’immagine.

Il dovere professionale ci impone, però, di prendere una posizione molto chiara in termini di gestione dei portafogli.

Ciò che noi oggi ci sentiamo di dire è che LA GESTIONE DEL RISCHIO nella gestione di un portafoglio titoli resta altrettanto importante che la caccia al rendimento più alto.

Moltissimi investitori, nel 2020, si sono lasciati attirare in una trappola: si sono fatti convincere, da una ampia campagna di stampa (quotidiani e TV) alimentata dalle cosiddette “ricerche” delle banche globali di investimento e delle Società di Fondi Comuni di Investimento che ormai “il rischio non esiste più”: E non esiste più perché “le Banche Centrali hanno il potere di azzerare i rischi”, incluso il rischio di recessione.

Più e più volte, noi di Recce’d abbiamo messo in guardia i lettori, spiegando perché si tratta di una colossale sciocchezza.

Oggi, è proprio l’attualità a riportarci all’attenzione il fatto che le Banche Centrali non hanno il potere di azzerare il rischio per gli investitori.

E non stiamo parlando, ovviamente, soltanto dell’epidemia di corona virus.

Guardate alla crisi di liquidità sul mercato interbancario negli USA: cinque mesi di interventi quotidiani da parte della Federal Reserve, e dopo cinque mesi l’emergenza resta la stessa di metà settembre 2019.

E poi guardate ai dati per la crescita del PIL (quello per gli USA uscirà giovedì): dopo avere speso miliardi di miliardi di miliardi, perché siamo sempre così vicini allo zero?

Ed infine, guardate alla perdurante tensione politica e militare internazionale: siete davvero convinti che se la Fed continuerà a buttare denaro sui mercati, si risolverà la questione (ad esempio) tra IRAN e Stati Uniti?

In Recce’d non solo non ne siamo convinti: al contrario, noi siamo convinti dal fatto che c’è da fare bene, anzi benissimo, per i portafogli dei nostri Clienti proprio grazie la fatto che anche nel 2020, come già nel 2018, i mercati si risveglieranno alla realtà.

Mercati oggiValter Buffo
Due semplici operazioni fatte sul retro di una busta
 

Nelle ultime settimane, a favore dei nostri Clienti, abbiamo approfondito attraverso The Morning Brief il tema delle stagione delle trimestrali negli Stati Uniti.

Questo perché di fatto l’intero 2019 si è sviluppato, in ogni mercato finanziario del Pianeta, avendo come unico, solo, ingombrante riferimento l’andamento della Borsa di New York.

La prima parte del 2020, per questo motivo, ruoterà ancora intorno a ciò che succede alla Borsa di New York.

Il nostro lavoro su The Morning Brief si è chiuso, venerdì 24 gennaio, con un semplice esercizio, di semplice aritmetica: addizioni, sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni.

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Non serve essere un analista, e non serve una Laurea in Finanza, per leggere i dati del grafico qui sopra, e fare giusto due conticini semplici semplici, per capire che cosa avete in mano se siete investiti sui Fondi Comuni che oggi sono carichi di titoli della Borsa di New York.

Il grafico vi racconta la storia del rapporto P/E tra prezzo della Borsa di New York ed utili delle Società quotate alla Borsa di New York.

Fate anche voi qualche semplice operazione (addizione, sottrazione, moltiplicazione e divisione: non vi serve altro) e vedrete che vi sarà utilissimo, per capire dove andranno a finire i vostri soldi.

Lasciamo quindi ai lettori di fare i propri conti, semplici semplici: noi qui ci limitiamo a sottolineare il fatto che gli atteggiamenti definiti “speculativi” di certe categorie di operatori (pensiamo ad esempio ai Fondi Hedge di venti anni fa) oggi si sono trasferiti all’intera industria dei Fondi Comuni tradizionali.

E lo conferma anche il grafico che segue, che vi racconta la storia del rapporto tra il prezzo della Borsa di New York ed il fatturato delle Società quotate alla Borsa di New York.

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Fate i vostri conti.

Noi ripetiamo proprio qui che oggi il grandissimo pubblico dei risparmiatori è stato attirato in una trappola, che significa che è stato attirato a prendere posizioni ultra-speculative, ultra-azzardate, e tutto questo è avvenuto tenendoli all’oscuro dei fatti, grazie ad una campagna di stampa (quotidiani e TV) che ha puntato tutto sul mettere in evidenza la volatilità NEL PASSATO degli indici di Borsa, quando al contrario all’investitore finale interessa unicamente la VOLATILITA’ FUTURA, che sarà poi quella che determinerà le proprie performances, ed i propri risultati.

Pochissimi, oggi, fanno buon uso della loro memoria. Pochissimi, oggi, tra gli investitori, ricordano quanto rapidamente la situazione sui mercati finanziari si ribalta: moltissimi hanno del tutto rimosso persino i fatti di 13 mesi fa. Incredibile, ma è la realtà.

Sarà proprio la realtà, d’altra parte, a rinfrescare la memoria del grande “gregge” degli investitori, e a riportare tutti rapidamente con i piedi sul Pianeta Terra.

Mercati oggiValter Buffo
La trappola 2020 (parte 1)
 
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Non sono molti, tra gli investitori, quelli che hanno compreso la ragione per la quale la Federal Reserve a partire da settembre 2019 è tornata a fare operazioni di QE, ovvero ad acquistare sui mercati Titoli di Stato in cambio di liquidità.

Inizialmente, ai mercati è stato detto che si trattava di operazioni di “emergenza” il cui scopo era di rispondere ad una “temporanea esigenza di liquidità delle banche”.

Sono trascorsi cinque mesi: gli interventi della Federal Reserve proseguono, ogni giorno. La Banca Centrale degli Stati Uniti ha ripreso a fare operazioni di QE, senza spiegare il perché, e per un importo MOLTO superiore a quello (che è invece ufficiale) operato dalla BCE in Eurozona.

L’immagine di apertura ci ricorda che questa politica è già arrivata a toccare i propri limiti, e questo sta quindi per aprire una fase nuova, diversa, più problematica, come spiega il Wall Street Journal.

Gli investitori che fanno le proprie scelte senza avere consapevolezza di fatti come questi operano sui propri soldi senza sapere ciò che fanno.

Riteniamo un nostro preciso dovere professionale colmare (almeno in parte) questo vuoto informativo che unisce TV e quotidiani, Reti di promotori finanziari e Reti di private bankers.

Per questa ragione, mettiamo a vostra disposizione una analisi del noto analista Jim Bianco, pubblicata da Bloomberg.

Se siete lettori pigri, e vi fate scoraggiare dalla lingua inglese, potete scorrere rapidamente ed arrivare alla frase finale: che in modo efficace riassume tutto.

With their best intentions in mind, central banks and governments have instituted rules to ensure that financial institutions have enough liquidity to withstand another crisis. But liquidity coverage ratios, high quality liquid assets rules, Basel 3 compliance, global systemically important bank charges, and the soon-to-be-implemented net stable funding ratios have made supplying the all-important repo market’s needs so byzantine that no one really knows what exactly is required, least of all the Federal Reserve.

The Fed understood these new rules posed an uncertainty risk, which is why they regularly surveyed and consulted primary dealers for feedback. And yet, with no real experience with these new rules, everyone was essentially guessing. Add massive issuance of U.S. Treasury securities to meet trillion-dollar budget deficits and by mid-September the all-important repo market broke, unable to handle ever-increasing demand.

The simple fix is to roll back the regulations. Treasury Secretary Steven Mnuchin proposed just this in late October. That was quickly followed by a letter from presidential candidate Elizabeth Warren, who warned him that “These rules were designed to ensure that banks have enough cash on hand to meet their obligations in the event of another market crash,” and that “Banks are reporting profits at record levels, and it would be painfully ironic if unexplained chaos in a small corner of the banking market became an excuse to further loosen rules that protect the economy from these types of risks.”

Warren was not alone. Former Fed Vice Chairman Alan Blinder and former Federal Deposit Insurance Corp. head Shelia Bair also warned that the rules should remain in place.

Instead, the Fed intervened in the repo market by doing what it does best, burying a problem with more money until it goes away. It did this by supplying repo to the primary dealers directly and reserves to the banking system via Treasury bill purchases.

Unfortunately, the Fed made a critical design error in its daily interventions. They are offering to supply repo to the dealers at prevailing market rates. In other words, they are giving the dealers every incentive to take repo from the Fed as opposed to the market. In essence, the Fed has become the lender of first resort when it should be the lender of last resort and offer repo at a penalty rate. The Fed should be willing to help a dealer in need, but it should come at a price.

So, after four months of these Fed repo operations, new problems are emerging. More specifically, the Fed might be going too far and oversupplying this market. The effective federal funds rate is signaling there are enough reserves in the banking system. This month it traded at 1.54%, breaking below the interest on excess reserves (IOER) floor of 1.55% for the first time in 14 months. This is happening as the Fed announces it will continue to plow ahead with Treasury bill purchases and supplying hundreds of billions of dollars of repo supply until April, if not later.

What should the Fed do? It has already telegraphed it will raise the IOER rate by five basis points to 1.60% at the Federal Open Market Committee meeting next week. Presumably, it will also raise the repo offered rate by five basis points to 1.60%. Policy makers should raise the repo rate even higher. Stand ready to offer liquidity, but at a penalty rate.

This won’t fix the problems in the repo market; only rule changes can do that. But at least this will allow the Fed to identify how much supply is needed to get the market back in balance rather than risking a loss of control of the federal funds rate altogether.

The Fed should not be looking to permanently insert itself into the repo market via a standing repo facility. Repo is still a credit market, and, in times of stress, it requires a credit decision when deciding who gets a collateralized loan and at what terms. Central banks are not equipped to make these decisions, and their involvement could create a moral hazard, making things worse.

The repo market’s problems are far from over.

Mercati oggiValter Buffo