Quanto ci servirebbe Maurizio Crozza
 

Quando nel corso della settimana abbiamo letto questo titolo del Corriere della Sera, non siamo stati capaci di trattenere una risata.

Chiaro che i titoli devono offrire una sintesi. Chiaro che il titolista non è necessariamente uno specialista.

week_04_june_2019_059.png

Ma si può scrivere, nel 2019, una roba simile?

Ci servirebbe Maurizio Crozza, per fare uno di quei suoi abili giochi di parole che partono dai titoli dei quotidiani.

Dunque: se non ci sbagliamo, in Eurozona Draghi tiene il costo del denaro a MENO zero quaranta per cento, e da qualche anno. E, se non ci sbagliamo, la Germania e l’Italia oggi sono in recessione.

E allora, direbbe Crozza: tassi giù … dove? E per stimolare … che cosa? Ma chi volete prendere in giro?

week_04_june_2019_047.png

Davvero: è una comica.

E come scrive la Banca olandese Rabobank nell’immagine che vedete qui vicino, seguiranno altre cose comiche.

Nella politica monetaria, come anche nella politica fiscale. Come dice Rabo, non ci sarà nessuna ripresa, e nessuna “normalizzazione”, ma altre scelte di politica economica … da “Oggi le comiche”.

Stanlio ed Ollio, però, almeno erano simpatici.

Trump is missing. Ovvero: come perdere una scommessa
week_04_june_2019_028.png

Best economy ever.

week_04_june_2019_005.png

La migliore economia di sempre.

Trump non potrà utilizzare questo slogan, il prossimo anno. Per lui, che aveva scommesso tutto, ma proprio tutto, sul “fare il bullo” sull’economia, si tratta di una scommessa persa.

L’indice di Borsa S&P 500 non sarà sufficiente. Tutti ormai sono andati a vedere il bluff.

week_04_june_2019_048.png

E non c’è più un dato, un solo dato (fatta salva appunto la Borsa) nel quale sia visibile un effetto-Trump. Tutto ormai è tornato ai livelli del novembre 2016, quando Trump fu eletto. L’economia ha azzerato Trump.

In questo post, abbiamo selezionato una serie di dati e grafici che vi documentano come tutto, ma proprio tutto, è ritornato dove stava a fine 2016. Un buco nell’acqua totale.

Trump per conseguenza ngli ultimi mesi scrive Tweet su tutto, ma proprio tutto (ancora più spesso che nel 2018), tranne che sui dati dall’economia.

week_04_june_2019_017.png

Ed in effetti: a proposito di dati come quelli dei grafici proposti dal nostro Post, non c’è la necessità di scrivere nulla. Perché si commentano da soli.

week_04_june_2019_058.png

Nell’ultima settimana, mentre tutti scrivevano a proposito della Fed che “stimola l’economia”, sono stati pubblicati dati economici molto significativi: oltre agli indici PMI (più in alto), anche gli indici dell’attività economica che vengono calcolati dalla stessa Federal Reserve, e che leggete nel grafico qui vicino con un commento.

In particolare, per Donald J. Trump deve essere doloroso vedere che il suo stesso settore, il settore dove lui ha fatto fortuna (grazie al padre), che è il settore immobiliare, si trova e da molto tempo in una fase di declino, come noi vi documentiamo con il grafico precedente.

week_04_june_2019_020.png

Sarà opportuno, poi che Trump eviti anche di parlare degli utili delle Società: perché al di là dei benefici fiscali che lui ha regalato non c’è alcun segno di un effetto-Trump anche se si guarda all’andamento degli utili.

E’ vero che i margini di profitto delle aziende USA oggi stanno ai massimi (circa il 10%), ma nella sostanza il livello è il medesimo del 2007 e del 2014, la distanza non è significativa e potrebbe trattarsi di una semplice aberrazione statistica.

Nessuna novità, nessun cambiamento epocale in questo grafico per i profitti. Non vediamo la “migliore economia di sempre”. Questa che vendiamo è invece “la solita economia di sempre”. Che farà la solita fine di sempre.

Ma ciò che è più grave, per il nostro Donald, è constatare che nero su bianco la Federal Reserve ha certificato che non esiste un effetto-Trump sulla crescita del PIL degli Stati Uniti.

week_04_june_2019_027.png

Un PIL che, se tutto dovesse andare liscio, crescerebbe del 2% l’anno per tutti i prossimi anni. Lo vedete nel grafico che chiude il Post.

E adesso andatelo a spiegare a chi ha in mano lo S&P 500 a 2950 punti …

Ahi ahi ahi, quanto dovranno soffrire al risveglio …

Secondo semestre 2019: chi ha già esaurito le munizioni
 
week_04_june_2019_008.png

Scrive qui vicino nell’immagine Mohamed El Erian (a commento del titolo che anche voi potete leggere più in basso nella medesima immagine) che era inevitabile leggere commenti di questo tono.

Perché? Perché la Federal Reserve, la settimana scorsa, con le sue parole ha di fatto issato la bandiera bianca. Si è arresa, e più precisamente si è arresa alla pressione politica.

week_04_june_2019_052.png

Nell’immediato, sui mercati finanziari sono saliti i prezzi di tutto: delle obbligazioni, prima di tutto, ed in modo meno significativo anche i rpezzi delle azioni. E non soltanto negli USA.

Come sempre scriviamo, e diciamo ai Clienti, queste reazioni immediate sono DEL TUTTO INSIGNIFICANTI.

La domanda che rileva, il punto che ha maggiore peso per le nostre scelte di portafoglio invece è la seguente: che segnale arriva, ai mercati che vedono quella bandiera bianca?

Abbiamo selezionato il testo che potete leggere qui vicino, che a nostro giudizio è molto efficace a questo proposito.

In modo particolare, quando parla di investitori innervositi perché guardano ad Europa e Giappone.

Ma non è soltanto il paragone con il Giappone e l’Europa a rendere meno luminoso il panorama per gli investitori.

Sugli scenari futuri, pesa e peserà molto la perdita di indipendenza della Banca Centrale rispetto al potere politico. Lo ha detto anche Stanley Fisher, ex vice-Chairman proprio alla Fed, negli ultimi giorni, come potete leggere sotto nell’immagine che segue.

Non siamo in grado di quantificare l’effetto di questa notevole variazione nello scenario; ma siamo certi che il mercato ha perso, a causa di questa mossa, un punto di riferimento, visto che da qui in poi il messaggio della Federal Reserve si confonderà con le spinte in arrivo dal mondo della politica,

week_04_june_2019_025.png

A peggiorare la situazione, in questo senso, arrivano poi le mosse di Trump, che studia come rimuovere Jerome Powell dalla sua attuale carica di Chairman.

week_04_june_2019_016.png

Le cose si complicano perché, ovviamente, i media di tutto il Mondo hanno già scatenato la caccia al possibile successore potenziale, e quindi da oggi, ed anzi da ieri, ogni dichiarazione dei diversi Governatori della Fed sarà letta coma un auto-candidatura. E ne avete già un esempio nel’immagine qui sotto.

week_04_june_2019_050.png
Secondo semestre 2019: quali sorprese dalle valute?
 

La sorpresa dell’ultima settimana è stato, senza dubbio, l’attacco diretto di Trump a Draghi ed alla BCE.

L’attenzione suscitata da questa mossa, inusuale e inattesa, la racconta bene il tweet che segue.

L’autore è uno degli economisti più autorevoli della nostra epoca, l’economista al quale si deve la (chiamata in causa quasi ogni giorno tra gli operatori di mercato di questi tempi) “Taylor rule”.

week_04_june_2019_022.png

Si parla, qui sopra, di una vera e propria “guerra delle valute”. Che eventualmente potrebbe prendere il posto nel secondo semestre 2019, della “guerra delle tariffe”.

Perché qualche guerra, di sicuro, Trump sarà costretto a farla, prima delle Elezioni.

week_04_june_2019_024.png

E sui mercati, tra gli operatori e tra i gestori di portafoglio, circolano tante voci: tra le quali, vi segnaliamo qui sotto quella che parla di “interventi diretti della Amministrazione Trump sul mercato dei cambi”.

week_04_june_2019_056.png

La banca globale HSBC qui sotto ci ricorda che (come sempre è stato) una azione politica per reprimere i cambi e deviarli dalla loro naturale direzione trasferisce semplicemente la volatilità dal mercato dei cambi all’economia reale sottostante.

Ci sono numerosi esempi, nella storia delle valute.

week_04_june_2019_055.png
Secondo semestre 2019: la sorpresa deflazione?
 
week_04_june_2019_013.png

Questo è un punto sul quale in Recce’d (pur lavorandoci ogni giorno con intensità e mezzi) NON abbiamo le idee chiare.

Per questo, noi fino ad oggi siamo rimasti FUORI dal mercato dei Titoli di Stato.

Il forte ribasso dei prezzi dei Titoli di Stato, fino ad oggi, è stato il prodotto di una visione del futuro che associa la RECESSIONE (nel senso del calo del PIL) alla DEFLAZIONE (nel senso di un calo dei prezzi al consumo).

Noi non siamo così convinti che le due cose procedano necessariamente in parallelo.

week_04_june_2019_015.png

Oggi le aspettative per l’inflazione sono quelle che vi racconta il grafico sopra, se guardiamo ai prezzi dei titoli sul mercato.

Il grafico sotto è qui vicino, perché su questo tema dice qualche cosa di non scontato.

Noi in Recce’d, come detto prima, non abbiamo le idee chiare. E preferiamo quindi non mettere a rischio il portafoglio modello, ed i soldi dei Clienti, se ci sembra che le prospettive siano confuse.

week_04_june_2019_018.png

E tuttavia, sia il grafico qui vicino, sia il grafico precedente, potrebbero con il passare delle settimane trasformarsi in una indicazione di tipo operativo.

week_04_june_2019_021.png

Ci pare che sia un errore accettare senza approfondire il collegamento diretto tra la recessione e l’inflazione, ed allo stesso tempo anche se ci concentriamo unicamente sull’inflazione ci sembra utile dare un peso, nel momento della valutazione, anche ad altri dati.

Come ad esempio quelli del grafico che chiude il Post, un grafico che analizza la serie storica dei dati per l’inflazione negli Stati Uniti e che ci fa pensare ad una tendenza di “ritorno verso la media”.