Happy Days? La Federal Reserve ci dice di no

Sui mezzi di infromazione, e nei commenti di molti tra gli operatori dell'industria del risparmio, circola una strana, e sospetta, compiacenza. Che poi vuole dire: tutti dicono che la situazione è tranquilla. E' veramente così?

Secondo la Federal Reserve, che è la Banca Centrale più potente al Mondo, e forse la sola che oggi conta qualche cosa per i mercati, non è così.

Dalla Federal Reserve, come tutti sanno, sono arrivati, negli ultimi mesi numerosi segnali "restrittivi", che indicano per il 2017 "almeno" tre rialzi dei tassi ufficiali. Sullo sfondo delle loro dichiarazioni (tutte, nessuna esclusa) resta sempre un nervosismo che sa di paura. E qualche volta, questa paura traspare in modo più evidente.

La settimana scorsa, il Governatore Evans della Fed di Chicago ha dichiarato:

“I believe that appropriate policy calls for a slow pace of normalization in order to give the real economy an adequate growth buffer to withstand downside shocks that might otherwise drive us back down” to a zero interest rate, Evans said Friday in Olympia Fields, Illinois. “My last submission was two hikes, but the way things are going, I could see three hikes. I could be comfortable with that,”.

Nella medesima frase, Evans cita sia i tre rialzi per il 2017, sia la eventualità di un ritorno a zero dei tassi ufficiali di interesse. Sarà bene ricordare qui che il ritorno a zero dei tassi ufficiali potrebbe essere giustificato soltanto da una nuova fase di panico (sia finanziario sia economico) come fu quella del 2007-2009.

Sanno qualche cosa che non sappiamo noi investitori? Oppure, semplicemente, sanno le medesime cose che sappiamo noi, ma le analizzano in modo non-convenzionale?

Il messaggio per tutti noi investitori è: non è questo il momento di abbassare la guardia.

Mercati oggiValter Buffo
Inizia la fine dei Fondi Hedge: chi cercherà l'Alfa? (parte 4)

Siamo certi che tutti i nostri lettori lo hanno compreso perfettamente: ma se proprio qualcuno, distratto oppore ostinato, si rifiutasse di capire, allora lo diremo in modo ancora più chiaro. Di che cosa si occupa questa serie di Post? Della sola cosa che conta.

La sola cosa che conta per noi investitori, sia professionali, sia privati, sia istituzionali è:

  • cosa è il "valore" in un investimento finanziario?; ovvero
  • come si determina quanto "valore" c'è in un investimento finanziario?

Ogni mattina, noi di Recce'd andiamo proprio alal ricerca di questo "valore", per conto dei nostri Clienti.

E cosa c'entrano i Fondi Hedge? I Fondi Hedge si sono diffusi negli Anni Ottanta proprio come "alternativi" e "decorrelati": che vuole dire "capaci di generare rendimento per chi ci investe, indipendentemente dagli altri a dai bassi degli indici di mercato.

E' una questione eterna. Da sempre, importante. Ma oggi, nel 2017, decisiva: la sola cosa che conta davvero. Cosa c'è di diverso in questo 2017? Lo ha spiegato, benissimo, un famoso gestore di portafoglio, Kyle Bass:

"I'm not saying the market's going to crash," Bass said. "I'm just saying it's going to have a real hard time generating positive real returns in the next few years."

Questa non è una scoperta fatta da Kyle Bass: tutto lo sanno, tutti lo dicono. E' una certezza che dopo i "mercati drogati" di Benanke, Draghi e Kuroda, ora il prezzo lo pagheranno gli investitori.

O meglio, quegli investitori poco attenti, pigri e magari anche ottusi, che continueranno con la "asset allocation", i Fondi Comuni e i Fondi di Fondi Comuni oppure le GPM di Fondi Comuni. Insomam tutti quelli che continueranno ad affidarsi alle soluzioni vecchie, quelle che "salgono sei i mercati salgono.

Ma allora, si chiederanno in molti, ci sarà a breve il "grande ritorno" dei Fondi Hedge? Lo sperano i gestori di quella categoria di Fondi, come Daniel Loeb:

"This environment is undoubtedly better for active investing – just as active investing was considered to be on its deathbed," Loeb wrote in a letter to clients of his $15 billion Third Point LLC Wednesday. A shift from government monetary stimulus to measures that will increase personal and corporate spending will create lower correlations between various types of securities and greater dispersion of results within them, such as stocks, Loeb said. Higher interest rates will also create investment opportunities, Loeb added.

Purtroppo per Daniel, non sarà così: ha ragione, quando parla di minore correlazione e di maggiore volatilità: ma i Fondi Hedge sono anche loro veicoli di investimento obsoleti, e quelle nuove opportunità potranno essere colte meglio, e più a fondo, da altri investitori.

Ad esempio: parlando della categoria Long/Short all'interno del Fondi hedge, è stato scritto di recente:

In this long bull market — which turns eight years old next month — hedge funds by nature will underperform, yet investors continue to benchmark performance as upside capture versus the S&P 500 — which is a misunderstanding of how most long/short funds operate. The product writ large is designed to reduce a diversified portfolio’s correlation to the market, lower standard deviation (thus increasing a portfolio’s Sharpe ratio) and ultimately deliver long-term returns in excess of the market. Investors today are redeeming money from long/short funds when those investments are likely to be needed most.

Tutto vero, tranne una cosa: i Fondi Hedge non hanno l'esclusiva di "ridurre la correlazione, abbattere la deviazione standard e generare rendimenti superiori ai mercati". Noi di Recce'd ad esempio lo facciamo per i Clienti, a costi molto inferiori e nella più totale trasparenza (che ai Fondi Hedge spesso è mancata).

Per chiudere, torniamo qui alla frase di Kyle Bass già citata:

"I'm not saying the market's going to crash," Bass said. "I'm just saying it's going to have a real hard time generating positive real returns in the next few years."

In Recce'd pensiamo che Bass ha ragione, ma che questo problema riguarda la maggior parte dei gestori professionali, non tutti. GPM, Fondi Comuni e Fondi Hedge avranno "grandi difficoltà a generare rendimenti positivi", è vero. Altre strategie no: noi in Recce'd ad esempio riteniamo che sarà più facile, per noi, rispetto all'ultimo decennio.

Mercati oggiValter Buffo
ROBO advisory: la festa è già finita (non è mai cominciata)

Quando, nel maggio del 2015, poco meno di due anni fa, noi vi scrivemmo a proposito di ROBO advisory che si era di fronte a una specie di "ultima moda" per re-impacchettare prodotti e metodi vecchi senza aggiungere valore, avevamo comunque in mente per questo comparto del mercato del risparmio un orizzonte di alcuni anni nei quali l'elemento della "novità" associato a parole difficili come "algoritmo" e "online" avrebbe garantito uno sviluppo importante.

Non è stato così: oggi, solo a 19 mesi di distanza, registriamo un passo indietro generale. Quella strategia di business è già dichiara fallita.

Da chi? Non da noi, certo: dagli stessi protagonisti di quella ondata di "novità", visto che è di oggi la notizia che il leader del mercato negli USA, Betterment, ha inserito i "consulenti" nel suo piano di sviluppo. Lo riporta tutta la stampa internazionale.

E' una contraddizione fatale. Volete rendervene conto? Fatevi due semplici domande:

  1. se il ROBO funziona, nel senso che l'algoritmo è uno strumento "superiore", a che cosa vi servirebbe il consulente? Che cosa avrebbe da dire, da aggiungere? Perché non se ne occupa, invece, proprio il ROBO? E chi lo decide, fino a che punto arriva il ROBO e quando ... non ce la fa più?
  2. ma se il ROBO invece NON funziona, nel senso che il consulente ne capisce di più, e deve correggere, integrare, supportare, capire ... allora a che cosa vi serve il ROBO? A chi serve? Serve al Cliente? Davvero? Oppure serve solo a quelli che lo hanno proposto al Cliente, per vedere in un modo diverso sempre le stesse storie?

Insomma: siamo già alle scene finali di questo film, ormai si è capito ... chi è l'assassino (e non è il maggiordomo).

Quanto alla grande quantità di soldi investiti in sofisticati computers, nello sviluppo dei famosi "algoritmi", e poi anche in marketing e pubblicità, beh ... quelli sono andati.

Noi andiamo di Recce'd avanti per la nostra strada: restiamo Quant, ma Quant non è solo ROBO, e ve lo dimostriamo da anni. Il nostro film è appena cominciato: come avete letto grazie al link, fin dal maggio 2015 questo è stato il nostro modo di "fare la differenza".

Mercati oggiValter Buffo
Italexit: are you serious?

La stampa nazionale ha ripreso da una settimana il tema dell'uscita dall'euro. Questo risveglio a noi non sembra del tutto casuale: potrebbe (ma il condizionale è necessario in casi come questo) essere un segnale di Elezioni Politiche più vicine.

Sul tema dei benefici e dei costi dell'adesione alla Unione Monetaria, che implica il passaggio all'euro, il dibattito politico in realtà non si è mai spento. E ci sono ragioni forti sia da una parte sia dalla parte opposta.

Noi di Recce'd che guardiamo a questo tema esclusivamente dal punto di vista degli investimenti di portafoglio e dei mercati, ci sentiamo di affermare a proposito una sola cosa: oggi, l'Italia non potrebbe affrontare una uscita dall'Unione Monetaria, e quindi dall'euro, senza subire conseguenze dolorosissime, al limite dell'insostenibile.

La vicenda Trump ha insegnato al Mondo che oggi si possono vincere le Elezioni con slogan molto aggressivi, e con obbiettivi annunciati con grande clamore, che forse poi non verranno MAI raggiunti. Potrebbe accadere anche in Italia, che una parte politica vinca le Elezioni spingendo l'acceleratore su una uscita dell'euro: dovrebbe poi rendersi conto, una volta al Governo che ... semplicemente non possiamo farlo.

Su questo, nei dibattiti in tv non c'è mai il tempo di un approfondimento: dettano legge i "tempi televisivi" e poi gli argomenti con i numeri annoiano il pubblico: purtroppo però la questione sta tutta nei numeri (l'Unione Monetaria si libererebbe volentieri di un partner scomodo fin dai primi giorni).

Oggi 31 gennaio il Corriere della Sera, che sostiene anche lui la "di fatto impossibilità" per l'italia di uscire dalla Unione Monetaria, affronta la questione dei numeri:

(...) le porte dell’Unione si chiuderebbero quasi subito. Tornerebbero le barriere doganali verso i primi due mercati di sbocco: la Germania, verso la quale esportiamo per oltre 50 miliardi l’anno; e la Francia che assorbe 40 miliardi di made in Italy (con un forte surplus commerciale a nostro favore).  (...) Ci accorgeremmo presto di dover spendere almeno 14 miliardi di euro l’anno in più — secondo la visione di Trump — solo per garantire il nostro posto nella Nato. E vedremmo minacciato il nostro export verso l’America che oggi fattura 40 miliardi di euro l’anno (anche qui, con forte surplus a favore dell’Italia).

Tutte affermazioni condivisibili e puntuali: ma qui manca qualche cosa. Ed in generale, anche al di là di questo articolo, oggi nel dibattito in Italia prevale un atteggiamento che in Recce'd risulta difficile da capire.

Molti parlano come se fosse possibile "lasciarsi alle spalle il passato": intendendo i debiti. Sembra quasi che in molti si siano convinti che "quello che stato è stato": il debito accumulato non conta più, e "chi si è visto si è visto". Ce ne andiamo, e arrivederci.

A puro titolo di esempio, noi vi alleghiamo qui un nostro documento interno di lavoro, che presentiamo senza formalità, appunto come un appunto di lavoro. Si tratta di un articolo, annotato da noi di Recce'd (le note solo di colore rosso) durante uno scambio interno di opinioni, che poi è servito per altri scopi. Si tratta di un argomento "tecnico", ma allo stesso tempo di attualità, visto che tutta la stampa nazionale ha messo sulla prima pagina la frase di Draghi sui "350 miliardi di euro di debiti Target 2". 

L'articolo che abbiamo commentato e che trovate con il link è tratto da un sito che è italiano ma è basato a Bruxelles, e che opera probabilmente in quella città anche per esercitare un (legittimo) lobbying politico. Il sito si dichiara anti-euro: ma la pubblicazione di interventi così tanto imprecisi e grossolani, a nostro parere, è un danno per la stessa causa per la quale era stato scritto.

Recce'd in chiusura, e per ritornare alle tematiche di investimento, vi dice che la vera ragione per la quale l'Italia non potrà uscire dall'euro è la dimensione del debito. L'alternativa è quella di saldare prima i debiti, oppure pagare poi l'interesse sui medesimi debiti (contratti in euro).

La linea "quello che è stato è stato" è del tutto irrealistica. Chi argomenta in quel modo (e parla ad esempio di "ridominare in lire il debito") non dispone delle conoscenze elementari di economia e finanza: non si rende conto che anche se l'Italia prendesse una strada tanto azzardata, verrebbe poi comunque ed in ogni caso costretta a pagare quanto dovuto.

Mercati oggiValter Buffo
Italia e le sue banche: affondare insieme?

Ne scriveremo durante la settimana del 30 gennaio 2017, nel nostro The Morning Brief: ci sono numerosi segnali, da qualche settimana, di una situazione italiana in rapidissima evoluzione.

Avevamo pronosticato che la temperatura si sarebbe alzata in gennaio: era un facile pronostico. Prima di tutti per il fatto che l'attuale Governo, e più in generale l'assetto politico nazionale, non godono di un sostegno ampio, ed è quindi nell'interesse di molti mettere in evidenza i punti deboli.

Si sviluppa in questo ambito, politico e non economico, anche la vicenda intorno alle Assicurazioni Generali: si legge sui quotidiani che si tratterebbe di una "difesa della italianità" e forse anche della "creazione di un campione nazionale del risparmio gestito", ma chi fa queste affermazioni lo fa in modo interessato. Deve essere per forza così, perché la sola alternativa disponibile è che questi commenti arrivino da persone che, pur occupando posizioni di elevata responsabilità non siano informate di ciò che nel mondo sta capitando al settore bancario e della gestione del risparmio. Altro che "campioni nazionali", qui è ora di chiudere bottega: se il pubblico non usa più la ferrovia perché è arrivata l'automobile, le ferrovie chiudono.

Nel coro delle banalità uscite, ad esempio, dalla annuale assemblea del Forex (che ricorda sempre di più una cittadella sotto assedio dove gli assediati si fanno forza gli uni con gli altri, sapendo che il destino è segnato)  spiccano queste parole lungimiranti del vertice operativo della Banca BPER, Vandelli:

Ci riempie di orgoglio leggere parole analoghe a quelle che Recce'd vi ha scritto da almeno cinque anni: è un modello di business che ha fallito, va spazzato via, e non è stato ancora spazzato via solo per una unica ragione, ovvero che è protetto da una Regolamentazione di settore che di fatto protegge un cartello.

Detto questo, la versione che Vandelli propone è molto "soft": l'analogia con gli aeroporti ci sta tutta, ma non è sufficiente. Non basta parlare di "equilibrio costi ricavi", perché a differenza degli aeroporti qui siamo di fronte a un gigantesco dissesto patrimoniale. Gli aeroporti anni fa erano strutture in difficoltà, le banche di oggi sono strutture che soffrono di un folle sovradimensionamento e che da tempo hanno smarrito la loro catena del valore. Sono una zavorra che trascina tutta l'economia nazionale a fondo. Vanno chiuse, a differenza degli aeroporti che comunque a qualche cosa servivano, la gente ci deve comunque passare. In banca, no.

Le parole di Visco, che alla medesima riunione ha addebitato questa situazione ad una "recessione mondiale senza precedenti", sono del tutto sbagliate e distorcono la realtà, che è quella di un sistema bancario che è stato gestito in modo non solo cattivo ma pure  distorto per soddisfare specifici interessi individuali, come in nessuno degli altri Paesi occidentali Sviluppati. Da persone che, in una buona parte, stanno ancora oggi sedute comode sulle medesime poltrone, da MPS a Unicredit a Cassa Depositi e Presiti, per fare solo tre esempi tra tanti. A queste persone va detto, e dovrebbe farlo proprio Visco, che la comodità è finita.

Fino a che la Banca d'Italia, nel suo più alto esponente, continuerà a creare una cortina fumogena, con atteggiamenti da corporazione come questi, sullo stato reale del sistema bancario, ingannando il pubblico sul fatto che "in Francia ed in Germania hanno i medesimi problemi", il disastro continuerà ad allargarsi: da questo punto di vista, una eventuale operazione Generali - Intesa - Unicredit non cambia nulla. La somma di due o tre soggetti malati non produce un soggetto sano, fa soltanto chiacchierare i quotidiani ed i TG, che volentieri partecipano a creare quella cortina fumogena sui problemi che vanno affrontati.

Mercati oggiValter Buffo