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Quando Jay va al Congresso
 
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La prossima settimana dei mercati finanziari globali sarà dominata da due fattori: il coronavirus, che è una vicenda ben lontana dall’essere risolta, e l’Audizione del Capo della Federal Reserve al Congresso. Audizione che è stata preceduta, come vi raccontano le due immagini di questo Post, da forti segnali di tensione.

Potrebbe quindi rivelarsi un momento di particolare importanza, nel quale si discuteranno alcuni aspetti del ruolo della Federal Reserve nell’economia degli Stati Uniti.

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Recce’d su questo tema ha scritto, in modo chiaro ed analitico, anche per il pubblico dei lettori (nel Blog) in molte occasioni.

Oggi lasceremo quindi al parola al Financial Times, riportando qui sotto un articolo che è stato pubblicato pochi giorni fa, e che abbiamo selezionato per voi lettori allo scopo di aiutarvi a chiarire le vostre idee, e le vostre posizioni, in vista degli sviluppi futuri di questa vicenda importantissima che come abbiamo appena spiegato potrebbe avere sviluppi significativi anche a breve.

Risk assets started this year on a tear. Before the coronavirus outbreak unsettled investors, global equity prices had risen by more than 10 per cent in three months while credit spreads were near record lows. This left institutional investors wrongfooted, as many were positioned conservatively back in the autumn.

To some, the explanation is obvious: no one expected the US Federal Reserve to restart “quantitative easing” a few months ago. The problem with this explanation is that it is wrong. The Fed is not doing QE. To see why, it is worth revisiting how this policy is supposed to work. In simple terms, QE can operate through three different channels. The first works by increasing the volume of reserves in the banking system. These are the balances that commercial banks hold at the central bank to settle transactions between themselves. Raising the amount of reserves in the system could encourage banks to increase their exposures to the rest of the economy, boosting the broader money supply.The second channel works by altering the mix of assets held by investors.

For example, if the Fed buys long-term Treasury bonds, it reduces the private sector’s exposure to interest rate risk. If some investors are required to hold these assets for regulatory purposes, a reduced supply should raise their price and lower yields. This in turn could support other asset prices, as a lower discount rate makes future streams of income more valuable today.Finally, QE might influence investors’ expectations about monetary policy.

Buying bonds could make the Fed’s commitment to keeping rates low that much more credible. This forward guidance should suppress interest rate expectations along the yield curve, elevating asset prices further.The Fed’s attempt to quell problems in the repo market — where investors borrow cash in exchange for collateral such as US government debt — works only through the first of these channels, and even then, only partially.

Since the middle of September, the Fed has lent up to $240bn to banks through repo operations and bought roughly $230bn of Treasury bills. Ordinarily, this would raise the value of reserves in the system by an equivalent amount, $470bn. Yet reserves have increased by just $220bn. The difference is mostly due to the Treasury overfunding the federal deficit, rebuilding the balance on its account at the Fed and withdrawing cash from the commercial banking system. In effect, this has offset 50 per cent of the increase in the Fed’s balance sheet.

More importantly, this is probably the weakest of the three channels outlined above. Reserves rarely constrain banks’ ability to lend. So it should be no surprise that the US banking system has not multiplied up the Fed’s injection of reserves. Instead, banks have increased their assets at a slower pace. Nor are there signs that other investors have exploited the Fed’s calming influence on the repo market to leverage up their positions. Aggregate repo volumes look to have declined since September.

The second channel outlined above does not apply in this case because reserves at the Fed are functionally equivalent to T-bills. Both are risk-free liquid assets, providing a similar rate of return, so the mix of risk in investors’ portfolios is unchanged. The only important difference is that T-bills settle a day later than reserves, meaning banks need to tap the repo market if they need to access intraday liquidity.The third channel is also moot — the Fed is not using its balance sheet to guide expectations for interest rates. More important were comments from Jay Powell, the Fed chair, in October, when he said it would take a “really significant move up” in inflation for the Fed to raise rates.

The best that can be said about the Fed’s actions is that they have headed off a tightening of monetary conditions. Perhaps we are getting too hung up on the details. A lot of clients have put it to us that if enough investors believe that what the Fed is doing is stimulus, then it is. Maybe so. The trouble with this logic is that it has been crafted after the event. As markets have rallied, investors have searched for a reason why. We struggle to remember anyone arguing that the Fed’s actions would boost risk assets back in September or October. It seems more like a classic case of rationalisation after the fact.

Rather than obsessing about fluctuations in the size of the Fed’s balance sheet, then, investors might be better off focusing on those things that have changed more fundamentally in recent months, and ask themselves the following questions. Will the stabilisation in global economic data result in a more pronounced upturn? Can corporate earnings recover? Have trade tensions been permanently put to bed? What impact will the coronavirus outbreak have? Attributing recent market moves to the Fed’s actions is alluring. But it could leave investors wrongfooted again when the central bank pares back its interventions later in the year.

The writer is chief economist at Absolute Strategy Research in London

Mercati oggiValter Buffo
Anche queste sono soddisfazioni
 

Distratti dai temi che oggi sono di prima pagina, pochi investitori hanno fatto caso a Brexit: che dopo essere rimasta nel congelatore per tre anni e mezzo, è arrivata (finalmente!) ad essere legge.

Per noi di Recce’d, è stata una soddisfazione. Per voi lettori, è stata una utile lezione di investimento.

A tutti farebbe bene rileggere, oggi, ciò che fu scritto di Brexit, delle sue implicazioni economiche e delle sue implicazioni per i mercati finanziari, nel luglio 2016. E poi dopo sei mesi, e poi dopo altri sei mesi, e poi dopo ancora sei mesi … sono stati annunciati disastri, disastri, e poi altri disastri.

Oggi, abbiamo Brexit: e domina una calma assoluta, non si registra alcun disastro, ed anche sui mercati finanziari del Regno Unito tutto è tranquillo. Fatto che spicca ancora di più, in un contesto internazionale in grande tensione.

Per tre anni e mezzo, il nostro lavoro, sul tema Brexit, è stato quello di

  1. mettere i nostri Clienti sull’avviso, del fatto che la gran parte delle cose dette e lette in quei mesi non trovavano alcuna corrispondenza con la realtà ( cosa sulla quale noi abbiamo insistito anche in questo Blog per anni)

  2. portare i nostri Clienti ad investire sugli asset che presentavano un VALORE, anziché sugli asset che in quei mesi erano consigliati dalle banche globali di investimento e dalle Reti dei promotori finanziari

Vedere oggi che Brexit diventa legge, che sui mercati non si registra alcuna tensione, che l’economia del Regno Unito sta benissimo, che il costo del denaro nel Regno Unito sta allo 0,75% (noi stiamo, invece, a MENO 0,40%, lo ricordate?) e la sterlina GBP è tranquillissima a 1,32 …

… beh, queste sono soddisfazioni per chi affronta in modo responsabile il proprio ruolo professionale.

E’ stato importante ricordare ai nostri Clienti che la realtà dei fatti prevale SEMPRE sulle bolle e gli eccessi di mercato, sia che operino in negativo, sia che agiscano in positivo.

Questo lavoro, il medesimo lavoro, Recce’d oggi lo sta facendo, per i propri Clienti, con riferimento a tutte le altre classi di attività: ed il risultato finale sarà del tutto simile.

Per tutti voi lettori, questa vicenda regala un importante lezione: su come si individua il VALORE degli investimenti, su come si evitano le trappole e gli inganno dell’industria del risparmio, su come si gestisce il proprio portafoglio prestando attenzione a ciò che succede nella realtà dei fatti.

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Mercati oggiValter Buffo
Coronavirus ed altri virus (parte 2)
 
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Come abbiamo fatto già sette giorni fa, anche oggi ci dichiariamo incapaci di affrontare nel modo che è appropriato il tema coronavirus. Tema serissimo, che va giustamente lasciato a chi di queste cose ne capisce.

Noi in Recce’d “ne capiamo”, ma di altre materie.

Ad esempio, ci è chiarissimo quale è il motivo della reazione (ampia, e significativa) dei mercati di Borsa alle notizie sull’epidemia.

Da almeno cinque mesi, sui mercati si è diffuso un altro virus: il virus diffuso dalle banche globali di investimento e generato nei laboratori segretissimi della Federal Reserve.

Si tratta di un virus che genera allucinazioni nel pubblico degli investitori, che si fa convinto (chissà perché, poi? non ci sarebbe ragione) che ormai gli uomini delle Banche Centrali dispongono di un potere assoluto, e non scalfibile, sui destini dei mercati finanziari.

Cosa che ovviamente è del tutto falsa, come dimostrano in modo concreto gli ultimi 20 anni di storia dei mercati.

Ma il virus si diffonde, con le banche globali di investimento come agenti che governano la diffusione, e le Reti di promotori finanziari come distributori del contagio.

Come detto si tratta di allucinazioni: allucinazioni dannose, in quanto portano il grande pubblico degli investitori a fare le scelte più sbagliate all’interno del loro portafogli.

Poi che cosa accade? Perché questa piacevole illusione non dura per sempre?

Presto detto: accade che la realtà dei fatti ricorda a tutti che ci sono situazioni che non possono essere risolte con “immissioni di nuova liquidità nel sistema bancario”, e tanto meno con il QE.

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Accade anche che la realtà dei fatti ricorda a tutti che non sempre si possono “dirigere” le Borse pubblicando dei Tweet: ed infatti, come tutti avrete notato, certi Tweet da una decina di giorni sono del tutto scomparsi.

A quel punto, ognuno dovrà valutare se le scelte fatte sono le migliori, nel proprio interesse.

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Mercati oggiValter Buffo
Una farsa alle battute finali
 
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Si scrive qui sopra a commento dell’immagine “la divergenza tra redimenti obbligazionari ed indici delle Borse nel mese di gennaio è stata una farsa”.

Noi aggiungiamo: non soltanto nel mese di gennaio.

I mercati finanziari sono stati trasformati, da tempo ma in modo molto evidente negli ultimi 12 mesi, in una farsa che sarebbe anche comica … se non fosse tragica.

Una farsa che non potrà durare a lungo. Una farsa che già oggi è alle sue battute finali.

Ma andiamo sul concreto. Volete sapere … come si fanno i soldi, in questo 2020? E poi anche nel 2021, e 2022, e anni seguenti?

Mettetevi al lavoro, utilizzate il grafico che segue, aggiungete alcuni dei grafici che abbiamo pubblicato la settimana scorsa, e fate due conti sul retro della prima busta che avete a porta di mano.

Sta tutto scritto lì, e non vi serve una laurea in finanza (ed ancora meno in matematica).

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Mercati oggiValter Buffo
Possibile che non se ne sia accorto nessuno?
 

Vi invitiamo a non fare l’errore di credere che, siccome nei TG si parla unicamente di coronavirus, tutto il resto del Mondo si ferma.

Il Mondo va avanti, accadono fatti molto importanti, e vengono pubblicati dati importantissimi.

La settimana scorsa, ad esempio, ne sono stati pubblicati a decine, ed ognuno meriterebbe un Post di approfondimento.

Noi per voi abbiamo scelto il dato pubblicato giovedì 30 gennaio 2020, per il PIL degli Stati Uniti nel trimestre ottobre-dicembre.

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Se non arriva il Tweet di Trump, le televisioni come CNBC e i quotidiani non mettono il dato in prima pagina: eppure, questo dato ci ha detto cose molto importanti. Che riassumiamo qui.

La crescita, annualizzata, del PIL degli Stati Uniti nell’ultimo trimestre del 2029 è stata del 2,1%. Di questo 2,1%, lo 1,42% deriva da una sola componente, che è la bilancia commerciale.

In sostanza: il calo delle importazioni, che vedete sopra nel primo grafico, ha determinato una crescita del PIL degli USA dello 1,42%, mentre tutte le altre componenti insieme hanno determinato una crescita che, se riportata su base annua, è pari allo 0,7%.

Ma Trump non ha mandato il suo Tweet, e quindi nessuno ha ritenuto importante scrivere che questo dato anticipa una crescita vicina allo zero, nel primo trimestre 2020, che è il trimestre in corso.

Poi, il giorno dopo, è stato pubblicato anche il dato che vedete sotto.

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Il dato dell’immagine qui sopra, e quello dell’immagine che segue, meriterebbero un’analisi di dettaglio che non svilupperemo in questa sede: ma seppure ad un semplice sguardo, lanciano un messaggio che dovrebbe risultare piuttosto chiaro.

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Se poi aggiungete il dato di martedì scorso, 28 gennaio, per i beni durevoli, che ci ha detto che la spesa per investimenti delle Società negli Stati Uniti (esclusi gli aerei e la difesa) ha subito un CALO del 7% negli ultimi 12 mesi, allora il quadro è completo, e non ci vuole un economista per capire. Lo vedete nel grafico in basso.

Ma non arriva il Tweet, ed allora nessuno ne scrive e nessuno ne parla in TV, per ora. Ma vedrete che se ne parlerà, e molto presto.

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Mercati oggiValter Buffo