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Le performances di Recce'd 2018: il punto a metà marzo 2018
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Venerdì 9 marzo, sui mercati finanziari, si era diffusa di nuovo l'immagine di Goldilocks. L'immagine di Riccioli d'oro serve a descrivere un contesto (assolutamente falso ed artificiale) di Borsa che sale, tassi che scendono, volatilità a zero e valute immobili.

Come vedete sopra nel grafico, Goldilocks è stata azzerata in poche sedute. Siamo tornati, a una settimana di distanza, dove stavamo prima.

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La "narrativa" più diffusa è che sui mercati finanziari pesa come un macigno il rischio inflazione: nel grafico qui sopra, i dati dello scorso mercoledì 13 marzo per l'inflazione USA. Recce'd ha scritto più e più volte che il problema che pesa sul futuro dei mercati, e sulle performances degli investimenti, NON è l'inflazione.

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nelle ultime settimane, tutto il Mondo sembra essersi messi in attesa, dopo che in febbraio l'indice di Borsa S&P 500 è arrivato a perdere lo 11,2% dai massimi (intra-day) come vedete sopra nel grafico. L'attesa, come detto, a nostro parere esiste, ma NON è per vedere dove andrà l'inflazione.

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I dati per l'inflazione della settimana scorsa per l'Eurozona, che vedete qui sopra nel grafico, supportano la nostra affermazione. ma attenzione: perché questo NON significa (assolutamente NON significa) che sui mercati non ci saranno (grandissimi) problemi con la politica monetaria.

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Perché? Perché non è più evitabile la "normalizzazione" di cui Recce'd ha scritto in precedenti Post. E questo ha già fatto scattare una vera e propria "tenaglia".

Negli Stati Uniti si tornerà a discutere (molto presto) di una Federal Reserve che è "dietro la curva" ovvero in ritardo sul rialzo dei tassi ufficiali anche se il tasso di crescita NON aumenta ma al contrario diminuisce, come vedete sopra nel grafico. Non è necessario che l'inflazione salga al 4% per fare scattare questa reazione: il 2,5% è più che sufficiente, così come per l'Eurozona non serve certo il 2% (dato che, ricordatelo, Draghi tiene il costo ufficiale del denaro ancora oggi negativo, un autentica assurdità).

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Da qui deriva la spiegazione del perché come vedete qui sopra la "curva dei rendimenti" ovvero la differenza tra i rendimenti a breve e quelli a lungo termine continua a diminuire: come vi abbiamo segnalato molte volte, questo segnale in passato è stato un segnale non equivocabile di recessione. 

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E stranamente, anche se tutti scrivono che la recessione NON è imminente, allo stesso tempo sulle pubblicazioni delle banche di investimento e sui quotidiani la parola recessione si legge sempre più di frequente. Come nel grafico qui sopra, che è di ieri e di JP Morgan.

Nelle poche righe che avete letto in questo Post, potete vedere con chiarezza quanto sono ampie le opportunità per un investitore che: 

  • va in cerca del VALORE negli investimenti
  • punta sulla normalizzazione non solo delle politiche ma pure dei mercati
  • rifiuta di adottare tattiche che corrono dietro al trend
  • opera in modo contrario a tutti quelli che partecipano alla "corsa al rendimento" e si infilano così in un vicolo cieco si mercato
  • gestisce il rischio PRIMA che il rischio sia evidente (l'esempio di febbraio è molto concreto), lo gestisce in modo attivo e non con lo specchietto retrovisore, e non si fa certo mettere paura dalle "occasioni di guadagno che abbiamo perso"

Questo è proprio ciò che noi in Recce'd facciamo per i Clienti con la nostra gestione dei portafogli modello. Il 2018 potrebbe essere, per noi, un anno di abbondante raccolto.

Mercati oggiValter Buffo
La grande lezione che arriva dalla sterlina GBP
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Ne scriveremo, da lunedì 19 a venerdì 23 marzo, ogni giorno per i nostri Clienti in The Morning Brief. Di cosa? dell'insegnamento che arriva, per chi gestisce il portafoglio, dalla sterlina del Regno Unito. Perché è così, che si investe.

Ci chiamavano pazzi quando, a 1,200 contro dollaro USA, noi di Recce'd abbiamo sempre ripetuto che la sterlina è uno dei grandi "rifugi di VALORE" oggi disponibili al Mondo.

Abbiamo vinto la scommessa: e non sarà l'ultima. Oggi, nei nostri portafogli, è solo la forza dell'euro che tiene in basso il valore delle posizioni in GBP. Che contro dollaro USA hanno già azzerato ogni "effetto Brexit".

Vi suggeriamo di andare a rileggere sul Web le migliaia di migliaia di pagine scritte un anno e mezzo fa per spiegare che il destino della sterlina GBP era segnato, che sarebbe arrivata la recessione economica, la deflazione, la rovina del Regno Unito. A firma Goldman Sachs, UBS, Morgan Stanley, Deutsche Bank, JP Morgan e tutti gli altri.

Purtroppo molti di quelli che allora ne scrivevano non sapevano neppure di che cosa stavano parlando. Purtroppo per i loro Clienti, naturalmente. Il solo obbiettivo di quelle pubblicazioni è commerciale: è come la pubblicità degli aspirapolveri.

La sterlina GBP non sarà la sola scommessa che vinceremo, entro la fine del 2018.

Ma oggi ne parliamo in dettaglio non per compiacimento, ma perché la settimana prossima è importantissima.

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Ci saranno sia importanti appuntamenti per Brexit, sia la riunione della Bank of England, sia decisivi dati macro. E noi, come il grafico qui sopra, non escludiamo reazioni molto ampie del cambio.

Le nostre motivazioni? Di sicuro non Brexit, di cui Recce'd scrisse ormai quasi due anni fa che "si tratta di un fatto dalle implicazioni prevalentemente burocratiche e diplomatiche, un uno scarso impatto sull'economia reale.

Economia reale che, infatti, NON ci ha smentiti. Se volete capire dove va la sterlina GBP, buttate nel cestino sia i quotidiani sia le tv specializzate come CNBC, e guardate alla realtà. Ad esempio, al grafico qui sotto.

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Mercati oggiValter Buffo
Una storia importante (parte 1)
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Si tratta di una questione molto, molto, molto tecnica.

E per questo molto, molto, molto noiosa.

Ma tutte le crisi che noi abbiamo vissuto, e non sono poche, sono iniziate allo sesso modo: tensioni sui mercato interbancario.

Il grafico sopra che cosa dice? Che lo spread, ovvero il differenziale, tra tasso LIBOR sul dollaro USA e tasso OIS è tornato (improvvisamente) ai livelli del 2011. Che cosa è questo spread?

Il costo, per una banca, di prendere a prestito a brevissimo somme in dollari USA. Oggi, il costo è lo 0,50% (annualizzato). Era 0,10% solo poche settimane fa: è salito di quattro volte come vedete. Per trovare un valore analogo, bisogna tornare alla Crisi 2011 del debito in Eurozona.

Scrive Investopedia sul Web: "When the LIBOR-OIS spread rises significantly, it represents the worry that banks might not be able to pay down even their short-term debt obligations."

Per chi vuole approfondire c'è a disposizione il documento della Federal Reserve di St. Louis

Strano, anzi stranissimo: le Banche Centrali, tutte, dicono che intorno a loro c'è la totale, assoluta, assenza di tensione.

Cosa succede nella realtà?

L'esperienza passata del grafico sotto insegna qualche cosa?

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Mercati oggiValter Buffo
Cosa diavolo è la "narrativa"? (parte 3)

Allo scopo di informare il lettore sul tema della "narrativa" dominante sulla stampa specializzata e della massima attualità, riportiamo qui un estratto di un articolo di John Authers del Financial Times, a proposito del contributo del Nobel Robert Shiller proprio sul tema della narrativa.

This week's Long View covers Robert Shiller's interest in narrative economics, the likely subject of a forthcoming book. This was the subject of his address to the American Economic Association last year, which can be found here. In brief, he points out that over history, narratives tend to take hold, spread, and then die out following the same pattern as epidemics.

The mathematical tools used by epidemiologists also work beautifully for narratives. His address, he says, considers the epidemiology of narratives relevant to economic fluctuations.

The human brain has always been highly tuned towards narratives, whether factual or not, to justify ongoing actions, even such basic actions as spending and investing. Stories motivate and connect activities to deeply felt values and needs. Narratives “go viral” and spread far, even worldwide, with economic impact. The 1920-21 Depression, the Great Depression of the 1930s, the so-called “Great Recession” of 2007-9 and the contentious political economic situation of today, are considered as the results of the popular narratives of their respective times. Though these narratives are deeply human phenomena that are difficult to study in a scientific manner, quantitative analysis may help us gain a better understanding of these epidemics in the future.

It is worth reading in full, but I will quickly now offer some of his examples from his talk, as well as some new examples from a talk he gave this week at Columbia. A classic example of narrative that went viral is the Laffer Curve, the supply-side economist Arthur Laffer's idea that total tax revenue would vary according to the tax rate, with revenues of zero when taxes were at zero or 100 per cent (because at these levels taxes would have deterred everyone from productive work). It followed that tax rates might be set so high that a reduction in tax rates could lead to increased tax revenues. This idea had two great things going for it. One was that cutting taxes without cutting government spending might actually be a responsible thing to do. The second was that it came with a great story. Mr Laffer drew his curve on a napkin over dinner in a restaurant, according to that story. As a result, the Laffer Curve spread like a virus. Its popularity collapsed once the deficits that followed the Ronald Reagan tax cuts showed that tax rates had not been so high that cutting them could lead to greater revenues. But, like a medical epidemic, it has shown the propensity to recur.

Bob also applied this analysis to different popular macroeconomic models. Here we see the ebb and flow of IS-LM analysis (to which I had to devote two years while working for my degree in the 1980s, but which apparently is now out of fashion), along with other models, such as the multiplier-accelerator.

One further idea that came and went was the narrative that blamed "profiteers" for the brief but severe depression of 1921 (in which prices deflated by 15 per cent in a year). "Profiteers" had been blamed towards the end of world war one for making money at others' expense, and their narrative boomed in the early 1920s, after the war ended, as people became convinced that they were suffering due to others' greed. If this was not a Keynesian depression, as Bob put it, "it was an angry depression". The narratives from that depression dominated reactions to the next (Great) Depression, and helped lead to many policy mistakes.

One other interesting footnote is that the narrative of "peak oil" (that oil production has peaked and we have started a process of steadily running out of it, amid rising prices) recurs whenever the oil price rises, as it did in 1920. Bob refers to "dire predictions" by May 1920 from David White, chief geologist at the USGS, that oil production would peak “probably within five years and possibly in three years.” In fact, new oil discoveries brought the price of oil down after 1920, and peak oil production has still not been reached almost a century later, although epidemics of the narrative still recur.

One final example from his address concerns the Great Depression, which was almost never described as such while it was going on, but suddenly spiked in interest in 2008. This helped ensure that the label "Great Recession" stuck for the recession that ensued, even though on some sensible measures the recessions of the 1970s or the early 1980s could be said to be greater: Other nuggets that Bob has dug up from the archives include the fact that Karl Marx never took off as a narrative until decades after his death, and has never, at any point, attracted as much attention as the Greek god Zeus (even though Zeus, unlike Karl Marx, did not exist). He also found that it was popular both in 1920 and particularly in the Great Depression to blame automation for problems. Already in 1928 the unemployment rate was thought to be too high, thanks to advances that, in one popular narrative, meant that human beings were no longer required to fill cereal boxes in cereal factories. In fact, we now know, the process of automation had a lot further to run.

He has admitted under questioning that he had applied the analysis to his own narrative. Bob Shiller remains one of the world's most cited economists. His price/earnings ratio is now an ever more widely cited narrative, even though it is now under far more attack than it was when he first began promulgating it more than 20 years ago. His Case-Shiller house price indices, which once dominated attention as they arrived just in time to chart a collapse in the price of US homes a decade ago, have however gone into eclipse.

Some other narratives I would suggest he look at might include "Minsky Moment" (I got my degree in economics thirty years ago, when all the research for which Hyman Minsky made his name had already been published, without ever hearing the name Minsky mentioned); "Too Big To Fail"; hyperinflation (with a particular interest in Weimar Germany and Zimbabwe); "Black Swans"; and "The Phillips Curve". Any other suggestions out there? This is fascinating research, and worth your time.

Mercati oggiValter Buffo
Qualche suggerimento pratico (parte 1)

Nel corso della settimana che inizia domani, per i nostri Clienti offriremo in The Morning Brief una analisi, sintetica ma di dettaglio, dello stato della crescita economica, negli Stati Uniti e nel Mondo, anche (ma non solo) alla luce del dato di venerdì scorso per gli occupati USA.

Il potere, l'influenza dei media sui mercati finanziari è grande ed è crescente: ne abbiamo accennato nei nostri Post sulla "narrativa" (che continueranno). Il dato di venerdì ci offre un'occasione: per dare a chi ci legge qualche suggerimento pratico.

Dunque, il dato è risultato superiore alle attese. Arriva dopo tre dati che invece erano tutti e tre risultati inferiori alle attese. I titoli dei giornali hanno scritto che "supporta le aspettative di una crescita economica sostenuta".

La reazione dei mercati va analizzata con attenzione. Euforica? Per la verità NO: lo vedete nel grafico sotto, che la Borsa di New York è partita a razzo, ma nelle stesse ore il dollaro ha fatto ZERO, i tassi hanno fatto ZERO, e persino l'oro si è mosso ... ZERO. Evidentemente, ci sono punti di vista molto distanti, su quanto è importante il dato di venerdì 9 marzo.

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Ma merita attenzione la Borsa: e qui noi vogliamo suggerire, a tutti i lettori, di fare bene attenzione a certi meccanismo, che abbiamo spiegato in abbondanza in The Morning Brief. A partire da certi "rialzi del venerdì pomeriggio". Ce ne era stato un altro, proprio quindici giorni prima, e lo vedete nel grafico sotto. 

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Questa volta, si è aggiunto un "nuovo record" (che mancava da tempo): quello dell'indice Nasdaq, che poi è proprio l'indice su cui operano maggiormente i piccoli investitori in questi mesi (come nel Duemila). Adesso il peso della Tecnologia sull'indice S&P 500 è tornato ai livelli della fine del 2000, come vedete sotto. Dato che merita una riflessione? Vedete voi.

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Centinaia di volte, Recce'd vi ha suggerito di fare grande attenzione anche a "come funzionano i mercati". Nessun dubita che, nei rialzi stratosferici della Borsa USA nel 2017 hanno giocato un ruolo molto importante i piccoli investitori, quelli cosiddetti "retail", abilmente coinvolti (e sfruttati) per creare un clima di "euforia". Lo dicono i dati del grafico sotto, ma pure centinaia di altri. 

Normalissimo quindi che si facciano dei tentativi per ricreare quello stesso clima. Questo è uno: ce ne saranno anche altri nei prossimi mesi.

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La clientela retail, i piccoli investitori che "fanno da soli" spesso subiscono proprio la pressione dei media di cui scrivevamo sopra. Spesso si auto-convincono di cose che non esistono. Spesso manifestano comportamenti "da gregge". Il grafico che segue, che è molto conosciuto, racconta gli alti ed i bassi emotivi di questo "gregge". 

Va precisato qui, con grande forza, che i cosiddetti investitori "professionali", i gestori dei Fondi Comuni di Investimento, italiani ed esteri, soffrono di un comportamento molto simile: non si staccano mai dal gruppo, per paura di "perdere il posto" (quello che si chiama "career risk"). E lo vedete tutti, in modo facilissimo, esaminando le performances realizzate dai Fondi Comuni di Investimento. Un altro "gregge".

Va ancora aggiunto che sono moltissimi anche i consulenti che, per compiacere il Cliente e non perderlo, gli dicono sempre di "andare con il mercato", di stare "con il gruppo". Nel breve termine, non si rischia di fare arrabbiare il Cliente: ma nel medio termine, non si produce alcun valore, né per il Cliente, né ovviamente per il consulente.

Ma tornando all'oggi, negli Stati Uniti in particolare, è evidente il peso del "retail" sull'andamento del Nasdaq: che segue e seguirà nei prossimi mesi il grafico che vedete sotto.

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Ed ecco un consiglio pratico: levatevi dalla testa tutto quello che avete letto sul dato NFP, ed anche tutto quello che avete letto sulla media a 50 giorni. Tutta quella roba lì, non solo non vi aiuterà ma aumenterà la vostra confusione.

Il dato davvero importante, della settimana scorsa, lo leggete qui sotto. Il resto, sono tutte ... balle di fumo.

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Mercati oggiValter Buffo