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Vivendi-Telecom-Mediaset-Generali-Mediobanca: storie di ordinaria periferia (parte 2)

Vi rimandiamo al nostro Post del 16 agosto, dove avevamo proposto una serie di considerazioni che sono perfette anche a commento delle ultime notizie che riguardano Generali. Riportiamo qui solo un brevissimo estratto del 16 agosto scorso:

Generali-Mediobanca è quello che dal Dopoguerra è stato definito "il cuore del sistema": oggi, non è più il cuore perché non esiste più un sistema. L'Italia è debole a causa delle sue stesse scelte, del continuo "prendere tempo", della incapacità dei vari Governi di incidere, della incapacità del mercato di regolare le attività economiche (in Italia il fallimento di una banca è sempre un melodramma alla Giuseppe Verdi, e quindi "tutte le banche vanno sempre salvate", e con loro tutti gli Amministratori).

L'Italia si è condannata, da sola, ad essere "commissariata", certo a causa di venti e più anni di trascuratezza e lassismo, ma soprattutto utilizzando cinque anni di politiche monetarie ultra-favorevoli solo per conservare.

Per conservare le banche, i posti in Consiglio di Amministrazione nelle banche e i loro dirigenti, le aziende controllato dallo Stato; e i posti in Consiglio di Amministrazione di queste aziende e i loro dirigenti; e ancora le aziende che operano in regime di quasi-monopolio, protette da leggi e regolamenti, con i loro Consiglieri e dirigenti. Tutta gente che produce valore pari a zero.

Sia quindi chiaro a tutti. Gli interessi che oggi si dichiara di volere proteggere non sono "gli interessi dell'Italia", ma quelli di un gruppo ristretto, alcune decine, di persone, che vogliono mantenere la sedia in Consiglio, e da lì utilizzare la loro influenza per fare affari esclusivamente personali, come sempre hanno fatto da alcuni decenni a questa parte. Tutto come previsto. Così come è prevedibile il fallimento di questo estremo tentativo di "conservazione". a Roma arriveranno gli Unni.

C'è una sola domanda che a noi di Recce'd interessa davvero: dove ci porterà la (ormai inevitabile, e del tutto analoga) distruzione nel settore del risparmio? La prima grande SGR è già andata, quando toccherà alle altre, alle Reti di vendita, alle SIM?

Mercati oggiValter Buffo
Il fattore Trump e la strategia di investimento per la gestione del portafoglio (parte 3)

La fine del QE, e delle sue dannose implicazioni, risolverà anche il problema (gravissimo per tutti i gestori) del RISK ON - RISK OFF? Molti hanno scitto che con la Presidenza Trump i mercati torneranno ad essere più selettivi, meno "bimodali" (o tutto va bene, oppure tutto va male) come sono stati per anni a causa delle politiche monetarie "non convenzionali".

Per il momento, però, non è così. il comportamento dei mercati, almeno nelle ultime otto settimane, è stato ancora del titpo RISK ON - RISK OFF: prima, qualche seduta di euforia, poi tutto fermo, e correlazioni addirittura in aumento (tra azioni ed obbligazioni, ad esempio).

Anche la nostra gestione dei portafogli modello, quindi, rimane fino ad oggi caratterizzata da questo atteggiamento, ovvero si adatta all'ambiente che osserviamo. Ambiente che si può ricapitolare utilizzando la tabella chesegue, che presenta due scenari alternativi, opposti fra loro.

Il nostro parere è che nessuno di questi due scenari sarà poi ciò che vedremo nella realtà. dobbiamo però tenere in conto anche del fatto che sul mercato la gran parte degli operatori legge il futuro in questo modo, almeno fino a stamattina.

Mercati oggiValter Buffo
Inizia la fine dei Fondi Hedge: chi cercherà l'Alfa? (parte 2)

Nel primo Post della serie, qualche giorno fa, abbiamo accennato al fatto che Alfa in realtà non esiste. Alfa è un parametro statistico calcolato ex-post, e come tale poco o per nulla significativo per le nostre scelte di gestione del portafoglio.

L'Alfa secondo le convenzioni che prevalgono tra i gestori e sui mezzi di comunicazione è quello che si dovrebbe vedere in una tabella come quella che segue, pubblicata ieri dal Financial Times:

La tabella ci dovrebbe spiegare che NON c'è Alfa nei Fondi Comuni tradizionali, o attivi, o long-only: quattro su cinque non tengono dietro al loro benchmark di riferimento, e quindi, di fatto distruggono valore per l'investitore che ci ha investito.

Il Financial Times, correttamente, presenta questi dati all'interno di un articolo che è titolato come segue:

The end of active investing? 

Technology and low returns have delivered a killer blow to a once-dominant industry

L'impostazione è del tutto condivisibile: siamo alle battute finali di una Industria che un tempo fu dominante. Al tempo stesso, però, è utile (anche per noi, investitori finali) tenere ben distinto il problema di una Industria che ha fallito la sua missione dal problema gestionale. Ovvero, dal problema dell'Alfa.

Il fatto che questi Fondi cosiddetti "Attivi" non siamo mai riusciti a battere il loro benchmark dimostra, come detto, che si tratta di prodotti che distruggono valore. Ma non si tratta di Alfa: perché poi, in ogni caso, il Cliente investitore questi Fondi Comuni li ha sempre dovuti combinare tra loro: e ciò che conta, per ogni investitore, grande o piccolo, privato oppure Istituzionale, è il PROPRIO rendimento di portafoglio, e non è MAI il rendimento del singolo Fondo Comune.

Recce'd insiste su questo punto per una ragione forte: noi siamo nati, e cresciuti negli anni, puntando sul RENDIMENTO ASSOLUTO e non relativo, proprio perché siamo certi che Alfa, così come Beta, sono concetti inutili e sorpassati. Non è lo "Alfa rispetto al benchmark" che il Cliente chiede a gran voce, ma il "rendimento assoluto".

Da qui, l'interesse che nei decenni noi di Recce'd abbiamo destinato ai Fondi Hedge, il cui esplicito compito (almeno nelle intenzioni originarie, poi tradite da quella correlazione di cui si parla nel primo Post) era quello di generare "rendimento slegato da quello degli indici di mercato".

Ora che anche per i Fondi Hedge siamo all'inizio della fine (come ha spiegato Bloomberg dieci giorni fa), chi si occuperà dei rendimenti assoluti che il mercato cerca? E con quale strategia?

Questo a nostro parere oggi è il tema centrale, per chi investe sui mercati finanziari. E' più importante di Trump, della Cina, dell'inflazione, dei profitti societari, dell'Unione Europea. COME investiamo sui mercati finanziari? Con quali intermediari, servizi, prodotti, consulenti? ma soprattutto: con quale obbiettivo?

L'approfondimento di Recce'd proseguirà in queste due direzioni nelle prossime settimane.

Mercati oggiValter Buffo
Quant: che cosa sono oggi e perché perdono soldi (parte 5)

Questa serie di post ha due obbiettivi.

Il primo obbiettivo è combattere la campagna di marketing e la conseguente campagna di stampa che vuole fare credere al pubblico dei risparmiatori che si chiamano QUANT solo Fondi Comuni e consulenti che si affidano ad un modello per l'esecuzione automatica degli ordini basato su un algoritmo. E' del tutto falso (per fortuna). La Finanza Quantitativa è una realtà molto più ampia e molto più efficace di certi algoritmi automatici di gestione del portafoglio.

Il secondo obbiettivo invece è documentare quali risultati producono questi modellini chiamati QUANT dalle Reti di vendita: ed oggi possiamo proporvi dati aggiornatissimi, prodotti da JP Morgan proprio poche ore fa.

Ci sono due informazioni per voi in questi dati:

  1. la percentuale di Fondi chiamati QUANT che ha battuto il proprio obbiettivo di gestione o benchmark in misura superiore allo 1% è pari al 15% nel 2016: vuole dire che su sette Fondi QUANT solo uno ha fatto meglio del benchmark in misura superiore allo 1%; 
  2. le performances dei Fondi QUANT come potete vedere non sono diverse in una misura significativa dai Fondi Attivi tradizionali o long-only.

I dati sono una conferma materiale di ciò che noi di Recce'd abbiamo scritto (da anni) ovvero che questa ondata di prodotti con "una spruzzata di Quant" sono poco più che una moda imposta dal marketing (a corto di idee sul fronte dei Fondi Comuni tradizionali) e non sono in grado di creare valore per il Cliente che ci investe.

La soluzione? Come se ne esce? Molti dicono "con gli ETF, che costano poco". Vero, ma poi ... chi sceglierà gli ETF e la percentuale di ognuno in portafoglio?

Mercati oggiValter Buffo
Il fattore Trump nella strategia di investimento per la gestione del portafoglio (parte 2)

In un Post di due giorni fa abbiamo analizzato il "fattore Trump" all'interno della strategia di portafoglio: come è possibile "fattorizzare" un soggetto che fa proprio della imprevedibilità il suo marchio di fabbrica?

Ci troviamo qui a parlarne di nuovo perché, a nostro parere, la grandissima parte degli investitori non è stata aiutata a capire la dimensione del cambiamento in atto. Che non riguarda la persona di Trump né la sua presidenza né soltanto gli Stati Uniti.

Il cambiamento in atto rimette in disussione tutti i punti fermi che si credeva di avere trovato dopo il 2007-2009. Il Mondo che abbiamo ed avete di fronte è già cambiato.

La vignetta qui sotto, pubblicata proprio oggi alla viglilia dell'Insediamento di Donald J. Trump, è la più efficace sintesi che noi abbiamo incontrato, e ve la riproponiamo per questa ragione, proprio oggi 19 gennaio, giorno nel quale abbiamo assistito, in diretta da Francoforte, alla più impacciata e meno significativa delle conferenze di Mario Draghi, che ha in sostanza ammesso che la sua BCE oggi non agisce ma reagisce, e subisce.

Non esiste più quella figura superiore (nella sapienza, e nei mezzi a disposizione), che era stata inventata dai mezzi di comunicazione ma soprattutto dall'industria della Finanza per interesse diretto: il Banchiere Centrale.

E quindi non esiste più  quell'ipotetico paracadute (che non ha mai funzionato, per la verità), come racconta qui sotto la vignetta. Adesso, si tratta di vedere chi pagherà il prezzo di questi sette anni: e la ruota sta già girando.

Mercati oggiValter Buffo