Il fattore Trump nella strategia di investimento per la gestione del portafoglio (parte 2)
In un Post di due giorni fa abbiamo analizzato il "fattore Trump" all'interno della strategia di portafoglio: come è possibile "fattorizzare" un soggetto che fa proprio della imprevedibilità il suo marchio di fabbrica?
Ci troviamo qui a parlarne di nuovo perché, a nostro parere, la grandissima parte degli investitori non è stata aiutata a capire la dimensione del cambiamento in atto. Che non riguarda la persona di Trump né la sua presidenza né soltanto gli Stati Uniti.
Il cambiamento in atto rimette in disussione tutti i punti fermi che si credeva di avere trovato dopo il 2007-2009. Il Mondo che abbiamo ed avete di fronte è già cambiato.
La vignetta qui sotto, pubblicata proprio oggi alla viglilia dell'Insediamento di Donald J. Trump, è la più efficace sintesi che noi abbiamo incontrato, e ve la riproponiamo per questa ragione, proprio oggi 19 gennaio, giorno nel quale abbiamo assistito, in diretta da Francoforte, alla più impacciata e meno significativa delle conferenze di Mario Draghi, che ha in sostanza ammesso che la sua BCE oggi non agisce ma reagisce, e subisce.
Non esiste più quella figura superiore (nella sapienza, e nei mezzi a disposizione), che era stata inventata dai mezzi di comunicazione ma soprattutto dall'industria della Finanza per interesse diretto: il Banchiere Centrale.
E quindi non esiste più quell'ipotetico paracadute (che non ha mai funzionato, per la verità), come racconta qui sotto la vignetta. Adesso, si tratta di vedere chi pagherà il prezzo di questi sette anni: e la ruota sta già girando.