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L'Italia che aiuta i suoi nemici (parte 3)

Pochi giorni fa, il 17 settembre, nel Blog commentavano (nel secondo Post della serie) le più recenti prese di posizione del Governo italiano, in materia di politica economica, esprimendo la nostra preoccupazione per l'eventualità che accada qualche cosa di simile ad un "suicidio economico".

Abbiamo letto, negli ultimi giorni, una grande quantità di commenti: e tutti sono incentrati sugli aspetti "politici" della presa di posizione italiane verso Germania e Francia.

A causa, evidentemente, delle nostra aridità, quella di chi ogni giorno fa un mestiere "arido" come il nostro, non riusciamo proprio a capire. Ci sfugge questa dimensione "politica": e peggio che mai se poi la dimensione "politica" è quella interna.

Dai commenti che leggiamo sui nostri messi di informazione, manca invece sempre la sostanza del problema: che proviamo ad esporre qui. I mercati internazionali, gli operatori di tutto il Pianeta, vedono l'Italia come un debitore che è "garantito da terzi". Se non fosse "garantito da terzi" ci sono seri dubbi sul fatto che il suo debito continuerebbe ancora ad essere scambiato sui mercati.

Questo garante è la Germania: grazie alla sua garanzia, noi paghiamo pochissimo interesse su un debito mostruoso. Un debitore con "garanzia da terzi" ha solo due modi di uscire da quella situazione: cambia garante, oppure ripaga il debito.

L'Italia oggi non può fare né la prima cosa, né la seconda. Non c'è "politica", non ci sono "parole" né "peso elettorale" che possano risolvere questo punto: perché è una arida, aridissima questione di soldi.

Da qui la domanda, che ci ripetiamo ogni giorno. Dove stiamo andando, esattamente con questa linea di politica economica? E per cosa poi? Per fare ancora altri debiti? E' il modo migliore per fare felice il nostro nemico (chiunque esso sia).

P. S. Poi si dovrebbe parlare anche delle banche, ma allora non la finiremmo più ... e ci fermiamo qui.

 

Mercati oggiValter Buffo
La fine delle grandi banche (parte 2)

Nel primo Post di questa serie, lo scorso 14 settembre, abbiamo portato alla vostra attenzione un processo che ormai è avviato, per non dire maturo. I segnali sono troppi, per avere dubbi in proposito: e Recce'd da anni ve li mette in evidenza.

Oggi torniamo sul tema perché siamo del parere che la vicenda Wells Fargo sarà il definitivo punto di svolta. Ricordiamo rapidamente di che cosa si tratta utilizzando un articolo di CNN Money:

"Wells Fargo employees secretly opened unauthorized accounts to hit sales targets and receive bonuses," Richard Cordray, director of the Consumer Financial Protection Bureau, said in a statement. Wells Fargo confirmed to CNN Money that it had fired 5,300 employees over the last few years related to the shady behavior. Employees went so far as to create phony PIN numbers and fake email addresses to enroll customers in online banking services, the CFPB said. The scope of the scandal is shocking. An analysis conducted by a consulting firm hired by Wells Fargo concluded that bank employees opened over 1.5 million deposit accounts that may not have been authorized. The way it worked was that employees moved funds from customers' existing accounts into newly-created ones without their knowledge or consent, regulators say. The CFPB described this practice as "widespread." Customers were being charged for insufficient funds or overdraft fees -- because there wasn't enough money in their original accounts.

Il punto qui non sta in ciò che ha fatto, ed è documentato, Wells Fargo. Il punto qui è comprendere che cosa, di ALTRO, hanno fatto negli ultimi venti anni TUTTE le grandi banche, le cosiddette "banche globali", che grazie anche alla compiacenza delle Autorità Monetarie (che hanno puntato sula loro "collaborazione") negli ultimi venti anni sono cresciute a dismisura e sfuggendo a molti controlli.

Quella stagione ora è finita. Per sempre. Per noi investitori, il punto è comprendere IN CHE MODO si arriverà alla fine di queste grandi banche globali.

Al Congresso degli Stato Uniti, la settimana scorsa, il senatore Elizabeth Warren (insieme ad altri Membri del Congresso) ha sottoposto il CEO di Wells Fargo ad una serrata serie di domande, tutte di fatto rimaste senza risposta. Il Senatore Warren è anche professore di Economia, e quindi le domande risultavano particolarmente circostanziate.

Ed è stato messo in discussione lo stesso modello di business di quella grande banca, la più grande degli USA per capitalizzazione fino a pochi giorni fa. Noi oggi qui vi riproponiamo una parte della ricostruzione della rivista Esquire: che non è una pubblicazione specializzata, è una pubblicazione di costume, letta da lettori "qualsiasi", e presumibilmente quindi estranea alle logiche che condizionano la stampa specializzata. Ma in grado di riflettere dove va l'attenzione del pubblico generico.

She pilloried him with his own words, showing how he had used the success of this "cross-selling" to pump up Wells Fargo's stock and fatten his own wallet.

"Do you know how much value your stock holdings in Wells Fargo gained while this scam was under way?" Warren asked.

"First of all," Stumpf replied, "it was not a scam…"

At which point, I nearly fell out of my chair.

"Cross-selling is a way of deepening relationships with your customers."

At which point, SPW nearly fell out of her chair.

"We've been through this, Mr. Stumpf," she said. "I asked you a very simple question. Do you know how much the value of your stock went up while this scam was going on?"

"All of my compensation is in our public filings…"

"Do you know how much it was?"

"All in the public filings…"

"You're right. It is all in the public records because I looked it up. While this scam was going on, you personally held an average of 6.75 million shares of Wells stock. The share price during this time period went up $30. Which comes out to $200 million in gains, all for you personally."

Qui il Senatore Warren mette in discussione i criteri, il sistema di incentivi, su cui si basa l'intero meccanismo di business delle "grandi banche globali". La lettura è molto significativa, perché ci dice che, almeno negli Stati uniti, il grande pubblico è direttamente interessato a queste questioni. Come, d'altra parte, ha confermato in modo evidente tutta la campagna elettorale per la Presidenza: a cui partecipava come candidato Presidente (con un seguito significativo) anche Bernie Sanders, che proprio la settimana scorsa ha dichiarato:

Out of the stump, Bernie Sanders endlessly reminds his audience that, "The basic business model of Wall Street is fraud."

Il tono è diverso, ma la sostanza qui è la stessa delle dichiarazioni del Governatore Tarullo della Federal Reserve, proprio sul caso Wells Fargo, che Recce'd vi ha segnalato.

Tutto questo a noi significa una cosa sola: il processo è avviato, anzi è già maturo, e potrebbe presto accelerare. Auguriamoci che il processo rimanga controllato e gestibile.

I Clienti, e detentori di fondi Comuni, e tutti quelli che ancora pensano che il "grosso nome" possa mettere al riparo da sorprese adesso sono avvisati.

P.S. Purtroppo, non c'è alcuna speranza che in Italia, per MPS, si possano ascoltare in futuro domande così dirette e specifiche, o commenti così critici. Da noi, tutti sempre a dire che "va tutto bene".

Mercati oggiValter Buffo
Il quarto trimestre 2016 per i mercati finanziari

Nel nostro the Morning Brief, questa settimana, dedicheremo la sezione L'operatività ai temi forti dai quali dipende il livello di fine anno delle materie prime, delle valute, delle Borse e delle obbligazioni.

Il lavoro è diretto, come ci pare corretto fare sul piano professionale, ai nostri Clienti. Anche per ragioni di spazio, noi oggi 25 settembre ci limitiamo qui a offrire alcune sintesi.

In primo luogo, è bene chiarire subito che i fattori che decideranno se a fine anno le materie prime, il dollaro e lo yen, e le obbligazioni nei vostri portafogli sono sopra oppure sotto i prezzi di due giorni fa NON sono quelli che ogni giorno leggete sulla stampa.

Le Elezioni USA? Peseranno poco o nulla. Le Banche Centrali? Avete visto con i vostri occhi che cosa sono in grado di fare oggi, e solo pochi giorni fa. Il Referendum in Italia? Via ... siamo seri.

Tra i fattori che noi segnaliamo, ed ai quali guarderemo per la gestione dei nostri portafogli modello, Recce'd mette al primo posto la paura. Un sentimento che domina in molte delle scelte di ogni essere umano, e che spesso domina anche sui mercati. Vi facciamo riflettere sul "career risk", un rischio che nella parte finale dell'anno domina (molto più di Yellen) nella mente dei gestori di Fondi Comuni. Lo facciamo utilizzando un estratto qui sotto:

(...) at this time of year, it’s impossible not to start thinking about the end. How do we finish? For sure, the election could produce all manner of volatility, in addition to the dicketry going on overseas at all times. But the bigger trend is higher, for now.

And besides, chasing will be a big part of how we finish up. In my view, career risk is now at an all-time high. The outflows from professional managers have turned into a tsunami this year. Just last week, a net $7.7 billion was pulled out of US stock mutual funds. That’s in a single week! Redemptions from hedge funds have been historic all year too. And in the meantime, the major US averages are all more than 5% higher year-to-date. While the Fed just told us they’re on hold until at least December.

Putting these pieces together, my best guess is that a performance chase is more likely than not once again this fall. Charlie Munger talks about incentives being they key to almost everything and I agree. Keeping one’s employment in a high-paid job is the mother or all incentives, after, let’s say, life and sex.

So, the career risk trade is on.

Mercati oggiValter Buffo
Perché non la facciamo finita con la Borsa di Milano? (parte 3)

Il 4 agosto scorso, nel primo Post di questa serie, abbiamo in modo provocatorio ai nostri amici e lettori di riflettere. Perché una parte significativa dell'industria, in Italia, parte che comprende molti gestori, e moltissimi venditori (promotori e private bankers), e una buona fetta dei mezzi di informazione, continua a portare l'attenzione di chi investe, e quindi dei Clienti, sulla Borsa di Milano?

Oggi un investitore italiano, come abbiamo già spiegato nel dettaglio, non ha alcuna ragione forte per dare uno spazio significativo nel proprio portafoglio a strumenti finanziari italiani (che siano di Borsa, oppure Fondi Comuni, oppure obbligazioni).

Forse qualcuno vi racconta ancora che "sull'Italia abbiamo informazioni più dirette"? Ma davvero? E che cosa lo dimostrerebbe? Le performances? Quelle ... no di certo.

La Borsa italiana è stata, per decenni, utilizzata per ... scaricarci dentro di tutto, e non vediamo quindi ragioni di riconoscenza da parte degli investitori.

Da qui il nostro atteggiamento: l'italia nei nostri portafogli pesa quanto un Paese Emergente di medie dimensioni. Che poi, è ciò che siamo (da un punto di vista finanziario).

Il tema ci è tornato alla mente perché un amico ci ha segnalato un Post di Facebook apparso il 23 settembre 2016. E' una fotografia, con una riga di commento. Non conosciamo l'autore, né abbiamo alcuna relazione con lui. Semplicemente, ci ha fatto sorridere, e ci auguriamo che faccia arrivare un sorriso anche a chi ci legge.

Mercati oggiValter Buffo
Le ragioni di un (forte) ottimismo

I nostri portafogli modello hanno messo a segno, fino ad oggi, performances molto buone, e molto solide, nel 2016. Nonostante questo, riteniamo che faranno ancora bene nei prossimi quattro mesi.

Da dove nasce il nostro ottimismo? Come si spiega questo ottimismo che contrasta con un generale, e generico, pessimismo sui mercati? Perché riteniamo che oggi ci siano più opportunità che rischi?

Per rispondere a questa domanda, oggi Recce'd si concede un lusso: come i nostri amici sanno molto bene, noi non proponiamo mai ai nostri lettori analisi "a lungo termine". Mai: perché le riteniamo del tutto inutili, o meglio buone solo per certi commerciali, certi venditori che devono "tenere tranquilli i Clienti" raccontando come sarà il Mondo tra cinque anni. Cosa di cui, purtroppo, questi commerciali ed i loro analisti/strategisti "di sostegno" non hanno la più pallida idea.

Detto che questa è la nostra (rigidissima) regola, esistono anche alcune (poche) eccezioni: ed oggi faremo un'eccezione, per spiegare perché essere ottimisti.

Si può essere ottimisti prima di tutto se si conoscono bene, in dettaglio i problemi che abbiamo di fronte: che sono enormi, immensi. Ma risolvibili. leggete qui sotto:

But the greatest change has been the partial nationalisation of capital markets. It has always been true that the stock, bond, commodity and currency markets are influenced by the actions of central banks. But in recent years that phenomenon has reached new extremes, leading to massive, crippling distortions in the most important prices in our economy.

Nobody can possibly begin to work out what securities would be priced at if central banks’ monetary policies were neutral and in the absence of the expectation of endless intervention. Everything – from property to bonds – is being priced differently to what would otherwise

Quando Recce'd scriveva queste cose, dal 2013 in avanti, veniva accusato di "disfattismo", "pessimismo" o semplicemente di stupidità: eravamo noi i soli a non capire che era appena scesa la manna dal cielo, sotto forma di soldi dalle Banche Centrali.

Oggi, dopo qualche anno, lo scrivono tutti, ma proprio tutti, che l'esperimento non solo è fallito, ma è pure dannoso: lo scrivono le grandi banche globali di investimento, e lo scrivono i maggiori quotidiani, come The Telegraph qui sopra. Tutti, insomma, a parte i pochi ottusi che ancora venerano Draghi come in Giappone venerano l'Imperatore (per la verità, neppure più quello).

Questa è la prima ragione per essere ottimisti: il pubblico, i media, si sono resi conto. Sanno che il problema esiste. O meglio sanno che la cura per i problemi è diventata oggi lei stessa il più grande dei problemi. Bene, avanti così.

Se questa fosse la sola ragione, non sarebbe sufficiente: ce ne è però una seconda, molto più importante, che ci fu spiegata già nel 1930 da John Maynard Keynes:

“We are suffering, not from the rheumatics of old age but from the growing-pains of over-rapid changes, from the painfulness of readjustment between one economic period and another.”

Come alcuni altri, anche Recce'd ritiene che siamo da tempo in una fase di drammatico cambiamento: il leader del World Economic Forum la ha chiamata "la Quarta Rivoluzione Industriale". Il quotidiano The Telegraph la descrive così:

The financial crisis was a hugely traumatic economic event with deeply destructive consequences. It’s effects were dramatic and wide-ranging: much conventional economic thinking was turned on its head; governments were toppled throughout the world; and in advanced economies a vicious and lasting blow was dealt to economic progress.

Recce'd è tra quelli che ritengono che i primi dieci anni del Nuovo Millennio siano stati il decennio buio della storia economica del Dopoguerra: proprio quel decennio, iniziato con il crollo della bolla Dot.com, caratterizzato dal dominio delle banche globali sull'economia reale, dominio fatto a pezzi dalla Grande Crisi 2007-2009, che si è concluso poi con le prime operazioni di QE negli Stati Uniti. Dieci anni neri.

Ora tutto è tornato a posto? No. Ci saranno sofferenze e traumi? Sicuramente si. Ma forse, dopo le sofferenze ed i traumi si uscirà dalla palude in cui ci ha gettato quel decennio buio ed i suoi protagonisti. Ed è quindi giustificato pensare che ci sia così tanto pessimismo in giro perché ci commenta e chi scrive sui giornali è pessimista in conto proprio, ovvero teme di vedere sparire la propria comoda posizione di rentier sociale e di dover tornare a produrre valore per essere pagato dal Cliente. Quello fu, anche secondo il Telegraph, l'effetto più distruttivo della Grande Crisi 2007-2009.

We are also seeing some evidence of resumed “creative destruction” in the economy, by which weaker companies are allowed to go bust so that more competitive players can come to the fore. This too was put on hold by the financial crisis, when banks would typically “evergreen” their loans because they couldn’t afford to write them off. If this key driver of productivity growth is coming back, it’s all to the good.

Yet the prevailing economic narrative is still stuck in the deeply pessimistic language of “secular stagnation” and the “new normal” – a world of seemingly permanently low growth and frozen, if not actually falling, earnings and living standards.

Mercati oggiValter Buffo