Oggi PIMCO torna su un tema già trattato qualche settimana fa, con maggiore dettaglio: il più grande gestore obbligazionario del mondo prevede un calo della ricchezza finanziaria, e rendimenti molto bassi per tutte le maggiori classi di attività nei prossimi cinque anni. Abbiamo già scritto, ma è il caso di ripeterlo qui, che i tempi sono cambiati, e anche i mercati sono cambiati: la performance del portafoglio non può più essere affidata alla performance dei maggiori indici, ma deve invece essere ancorata ad una strategia di gestione che possa garantire un rendimento assoluto.
Un recente intervento di Gavyn Davies sul FT riporta al centro del dibattito il "premio al rischio" ovvero lo ERP, che secondo la MPT, o Modern Portfolio Theory, è quel premio di rendimento che va aggiunto al tasso di interesse a breve termine che le azioni offrono per comepsare la maggioe volatilità. Questo premio sarebbe quindi sempre positivio, ed in media di 2-4 punti percentuali l'anno. L'esistenza di questo premio, in realtà, è stata contesta da numerosi studi accademici, e smentita dall'evidenza storica, in particolare negli ultimi 15 anni. Per queste ragioni, sostenere oggi che l'equity potrebbe continuare a salire, anche in presenza di un rialzo dei tassi reali di interesse, grazie al parallelo ribasso dello ERP, a noi pare un argomento superato dai fatti.
Tra i cambiamenti che hanno caratterizzato lepoca economica che stiamo attraversando, una delle più evidenti è la crescita delle dimensioni dei mercati finanziari: da qualche tempo, sia in ambito scientifico, sia in ambito giornalistico, si è aperto un dibattito sulle implicazioni di questa crescita dimensionale (grafico sotto), implicazioni che potrebbero non essere tutte positive. Il problema è troppo ampio per potere essere analizzato in un breve appunto: qui però ci pare utile segnalare che questo problema si interseca coi problemi di "instabilità strutturale" segnalati anche da Bernanke nell'ultima audizione al Congresso. La "Crisi Nascosta" del sistema bancario e finanziario espone il sistema economico a rischi maggiori proprio per la crescita dimensionale del settore negli ultimi 20 anni.
Sia Bill Gross sia Brett Arendts in una articolo pubblicato dal Wall Street Journal hanno previsto che chi detiene un portafoglio bilanciato è destinato a perdere soldi nel prossimo decennio: “[f]or the first time in 50 years, U.S. investors in a balanced portfolio of stocks and bonds face the near-certainty that they will lose money on a large chunk of their investments, after accounting for inflation — and a significant risk they will lose money on all of them.” Il fatto che l'intera industria del risparmio sia ancora fermamente ancorata i principi della Modern Portfolio Theory rischia perciò di diventare, nei prossimi anni, un fattore di rischio sistemico, perché si trata di principi che nei fatti impediscono all'industria di produrre valore aggiunto. Così come è stato dal 2007 ad oggi, un periodo in cui il rendimento generato non ha compensato il rischio sostenuto.
Negli Stati Uniti, la performance degli indici di Borsa (superiore al 10% nei primi quattro mesi del 2013) aumenta la pressione sui fondi bilanciati: si può prendere ad esempio questo recentissimo articolo di Learnbonds.
In realtà però le critiche al classico portafoglio "bilanciato" nascono molto prima, e sono molto più articolate, tanto che alcuni definiscono il portafoglio bilanciato "obsoleto".
L'industria del risparmio gestito ha risposto, negli ultimi anni, con prodotti il cui appeal commerciale sta soprattutto nell'etichetta perché la sostanza cambia solo in misura marginale: ne ha scritto di recente il New York Times.
Il nostro parere è che la tradizionale asset allocation azioni/obbligazioni, seppure arricchita prima col profilo "diversificazione internazionale" e poi col profilo "multimanager", ha nella sostanza fallito i suoi scopi: il principale dei quali era garantire un rendimento stabile, con meno rischio per chi investe.
Al contrario, quindici anni di storia dell'industria del risparmio testimoniano che si tratta di una soluzione che accolla per intero all'investitore finale i rischi delle asset classes senza produrre un rendimento significativo (da qui la definizione di "decennio perduto"). Abbiamo già toccato con mano, nel 2003 e poi nel 2009, quanto è grande il rischio dell'equity, e forse a breve saremo costretti a misurare quanto è grande il rischio dei bonds come già nel 1994.
Il portafoglio bilanciato è uno strumento adeguato a fasi storiche in cui ha senso parlare di "rendimenti medi decennali": e certo la fase che stiamo attraversando non ha questa caratteristica.