Facciamo un po' di Accademia (parte 4)

In Finanza ci sono dibattiti perenni, che non finiscono mai: spesso, perché non possono trovare una fine, visto che il punto del contendere non è chiaro, non è ben definito.

Uno di questi è il dibattito tra "gestione attiva" e "gestione passiva": il trucco, in questo caso, sta nel fatto che i due concetti (gestione attiva e gestione passiva) cambiano continuamente.

Prendete la "gestione passiva": se parliamo di un solo indice di mercati, è tutto (quasi) chiaro. La gestione punta a replicare l'indice. Certo l'indice avrà in futuro entrate ed uscite, e quindi ... e poi, dovremmo tenere conto nel replicare del'indice della necessità di ribilanciamenti, e non potremmo farli ogni giorno, e meno che mai ogni cinque minuti. Insomma, ci sono alcune difficoltà, ma minori.

Se però invece parliamo di un portafoglio composto, magari da più indici oppure addirittura da più classi di attività, allora cade ogni certezza. I consulenti e i venditori dicono al Cliente che la scelta "ottimale" o meglio ancora "ottimizzata" è "replicare il mercato". Il punto è che questo "mercato" non lo ha mai definito nessuno: sono solo le azioni? E di che Paesi? E con quale peso sul totale? E quali indici e sottoindici? Oppure volte anche le obbligazioni? E le valute cash? le commodities? Gli alternativi? Insomma: che cosa diavolo è questo "mercato?

Ma non basta: qui la questione dei ribilanciamenti diventa seria, e può stravolgere la performance. Come se non bastasse poi quasi tutti ci mettono le "mosse tattiche", e tutto diventa ... una disastrosa insalata russa come in una puntata di Hell's Kitchen. Un caos a cui nessuno sa più dare un senso. Purtroppo, il caso viene fatto coi vostri soldi, e non con quelli di chi vi consiglia.

Quindi: l'investimento "passivo" è in realtà una cosa mal definita che produce ed ha prodotto in passato quasi sempre risultati negativi. Allora torniamo ad occuparci di investimento "attivi": sullo spunto di un lavoro recente pubblicato da AQR, la Società di Gestione di Cliff Asness, forse il più noto Quant del Pianeta.

Cliff ha scritto pochi giorni fa, introducendo questo tema:

The related topics of, “How much active management is necessary?” (and, conversely, “How much indexing would start to be a problem for market efficiency in both pricing accuracy and liquidity?”) and the more speculative, “What would happen if everyone indexed?” are perennials that have fascinated me and many others for many years. But all such discussion always runs into the problem of Bill Sharpe. Well, not Bill in general, but specifically his observation that, properly defined (no easy task itself since this involves proper definition of the all-encompassing capitalization weighted investable market portfolio), all active management must net to zero (before fees and trading costs; and thus lower than passive returns after these subtractions).

Qui Cliff parla di cose che furono pensate e scritte dal Nobel Bill Sharpe alla fine degli Anni Cinquanta, ovvero sessanta anni fa: eppure, all'interno dell'industria del risparmio, sia il top management sia tutte le Reti di vendita a tutto oggi fondano le loro politiche commerciali ancora sugli strumenti media/varianza che Sharpe elaborò sessanta anni fa. Da qui l'estrema attualità, perché in questo modo non si cerca di proteggere l'interesse dei Clienti bensì quello delle Case di gestione e delle Reti di vendita.

Come dice qui sopra Asness, se seguiamo le teorie di Sharpe, Markowitz e soci siamo costretti a concludere che "la somma dei risultati di tutti i gestori attivi fa sempre zero". Da qui, l'argomento commerciale che "è preferibile affidarsi alle gestioni passive": argomento che, purtroppo, è falso, perché al Cliente investitore invece interessa non la "somma zero", ma il modo in cui comprendere QUALI gestioni "attive" producono valore per il Cliente, e QUALI altre invece distruggono i soldi ed il valore del Cliente. L'argomento (di Jack Bogle ed altri grandi) che i Fondi Comuni attivi non hanno mai prodotto valore per i Clienti è indistruttibile, perché fondato su dati solidissimi. Ma questo argomento dice solo che la gestione "presunta attiva" di quei Fondi Comuni tradizionali distrugge valore: non dimostra che ogni gestione attiva distrugge valore. Anzi, il contrario.

Anche Asness, però, in questo 2016, arriva ad una conclusione simile, partendo da un lavoro del suo collaboratore Lasse Pedersen:

Lasse shows that once you add necessary turnover into real world indexing – which can come from additions and deletions to the index or from corporate actions – the ironclad tyranny of Bill’s math is broken. And once you add information asymmetry (not a big assumption as indexers, by definition, claim and have no information) you restore an important role for active management. Lasse also presents initial investigations of these more realistic cases, showing that the magnitude of the effects are not trivial (My first thought in reading Lasse’s draft was, “Sure, but this will be trivial.” Lasse says no!). Anyway, this is supposed to be an introduction to, not a full exposition of, Lasse’s work, which I obviously encourage you to read. I think it’s the beginning of an important, underappreciated line of thinking in a long, fascinating and important topic; and I think it achieves this by taking on something we all assumed was obviously true. How many of us often just cite “the average can’t beat the average” and move on assuming we’ve smashed whoever we were debating? I know I have done it many times. Sharpe’s insight is, in my opinion, likely still mostly true, perhaps entirely true. But Lasse has, at the very least, created some doubt for me in something I was pretty sure about.

Noi in Recce'd siamo assolutamente certi che la "gestione attiva" aggiunga valore al Cliente: non certo quella dei Fondi Comuni tradizionali (long-only) che è basata su presupposti che vanno CONTRO gli interessi dei Clienti che ci investono, ma quella consapevole ed innovativa che sfrutta ogni giorno i migliori strumenti di valutazione, alimentandoli con le migliori informazioni. Come in ogni altra professione del Pianeta, c'è chi lavora peggio e chi meglio, c'è chi arriva prima e chi dopo, c'è chi produce risultati positivi e chi ne produce di negativi e "spolpa" i propri Clienti. E' solo nel mondo della Finanza che c'è ancora chi perde tempo, ed energia, per convincere gli altri che non è così.