(24/11 13:25) Quando Recce'd vi è particolarmente utile (11)
Ad inizio settimana, abbiamo dedicato ben nove tweet ad un articolo del Corriere della Sera, a nostro giudizio utilissimo per mettere in evidenza l’atteggiamento dei financial advisors in questa parte finale del 2022.
In sintesi, quando si presentano a casa del Cliente per il “ribilanciamento di fine anno” i private bankers ed i wealth managers ripetono (con piccolissimi aggiustamenti) quello che leggete sul Corriere della Sera.
Da dove prendono questo scenario? Viene prodotto dalle banche di investimento. Tutte le banche di investimento, americane ed europee, ripetono infatti la medesima storia, e descrivono il medesimo scenario.
I financial avisors non osano scostarsi, neppure di poco, da quello scenario (“e poi, chi li sente”) e quindi ripetono, e ripetono, e ripetono.
Ad esempio, sul futuro dei tassi ufficiali di interesse vi stanno tutti dicendo le stesse cose: le stesse che leggete qui sotto, nel testo del Corriere della Sera.
Che poi sono, nella sostanza, le stesse cose che a voi dicevano dodici mesi fa: ovvero, che “non c’è nessuna ragione particolare per preoccuparsi, saliranno ancora ma di poco, perché l’inflazione sta già scendendo”. Tutto sotto controllo, insomma.
(…) recente trend rialzista. Che «non sembra il classico rimbalzo del gatto morto, ma l’inizio di un nuovo capitolo: il tentativo dei mercati di proiettarsi verso nuovi equilibri», premette Emilio Franco, ad di Mediobanca sgr. «Lo tsunami dell’inflazione si sta finalmente infrangendo. I fattori di rischio sono numerosi, ma già ben riflessi nei prezzi. E alcuni venti contrari iniziano a cambiare direzione: Per esempio la Cina, che da 10 giorni pare aver ammorbidito la sua politica zero covid e ha dato ulteriore supporto al mercato immobiliare. In Ucraina, la diplomazia si sta muovendo. E forse abbiamo toccato il picco dell’inflazione, anche negli Usa. Questo aprirebbe la strada alla fine della fase più severa della stretta monetaria da parte della Federal Reserve».
Su questo punto, però, c’è disaccordo tra gli operatori. «Il mercato sembra chiamare un picco imminente nell’azione delle banche centrali — dice Marco Piersimoni, senior investment manager di Pictet am —. Ma ora i prezzi scontano una traiettoria dei tassi inferiore a quella che sarà annunciata a dicembre. Il rally rischia di incepparsi. Onestamente non correrei ad acquistare azioni Usa in questo momento. Anche perché la dinamica dei profitti non appare favorevole. Per gli Usa, è prevista una crescita degli utili del 4% nel 2023, a nostro avviso un po’ generosa». Tutto ruota attorno all’inflazione, che negli ultimi 10 giorni ha dato segnali importanti, lasciando presagire una possibile inversione di tendenza. Che deve però trovare conferma nei prossimi mesi.
Il dato del prossimo 13 dicembre sull’indice dei prezzi al consumo americani sarà cruciale. «Il rischio che l’inflazione rimanga strutturalmente più alta, attorno al 5% negli Usa, non va sottovalutato — avverte Flavio Carpenzano, direttore investimenti a reddito fisso di Capital Group —. Un mercato del lavoro Usa che resta rigido, a causa della carenza di manodopera, l’inversione del processo di globalizzazione e l’incertezza geopolitica sono fattori che esercitano pressione sui prezzi. Questo può creare problemi a tutti i mercati».